[QUEST] Dance, dance! 'Till your feet bleed

26/04/2020 20:30 circa @Palazzo Onishi Reinosuke

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    ONISHI SHINSUKE

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    QUINQUE
    KOUKAKU (TENGU)

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    SECONDO GRADO

    eUcWowh
    Alla proposta del cugino di passare il loro turno di sorveglianza al piano superiore annuì, approfittando così della sua proposta di avvisare subito il Caposquadra Yamamoto e rendere il più veloce possibile il loro spostamento.
    Al piano superiore, dalle balconate che affacciavano sulla sala principale di quel ricevimento, il panorama aveva qualcosa di divertente e allo stesso tempo nauseante.
    Gente di alto livello, invitati di pregio nei loro abiti costosi e rifiniti, investitori di alta classe e persone di potere, mescolati da chi invece talvolta non riusciva a mascherare bene il suo disagio tra tutti i pezzi grossi, neo-diplomati all'accademia, reclute, investigatori in dovere di partecipare quando avrebbero preferito magari andare in un qualsiasi locale a bere alcolici di minor pregio delle bollicine che riempivano i calici offerti su vassoi lucidi, portati da camerieri impeccabili con mani guantate di bianco candido.
    Con una certa deferenza osservava la disomogenea massa di partecipanti, quelli più intenti a fare conversazione, quelli in disparte, con il collega di squadra altrettanto a disagio. Era sicuro di poter anche riconoscere chi ancora frequentava l'accademia o ne era appena uscito, dall'aria sognante intenta a guardare quegli investigatori di alto grado che si erano distinti in qualche incarico, catturando qualche ghoul di rank elevato... sopravvissuti a differenza di altri che invece erano semplicemente stati depennati dagli elenchi degli attivi.
    Non voleva soffermarsi però sui sorrisi di coloro che mostravano maggior agio in quella situazione, li avrebbe identificati per lo più come ignoranti o, in alternativa, ipocriti.
    Erano solo pensieri, ormai affrontati sufficienti volte da non creare più alcun tipo di emozione. Semplice constatazione neutrale, nessun fastidio, era solo un addetto alla sicurezza che osservava dalla balconata con deferenza gli invitati al gala, volgendo periodicamente lo sguardo anche intorno a sé, su quel parziale piano rialzato su cui si affacciava il terrazzo con vista sul solitario ciliegio, il silenzioso vecchio saggio che aveva provato per lunghi anni a mostrare agli uomini l'ineffabile significato della perfezione.
    «Speriamo continui ad essere una serata tranquilla.»
    Era sicuramente una di quelle tradizioni che non apprezzava, uno sfoggio di superiorità stupida, soprattutto quando nel concreto non trovava ragioni per festeggiare. Una grande villa con troppe stanze e ampi spazi da controllare, un numero di persone esorbitante... un solo piccolo errore e tutto poteva finire nel peggiore dei modi. La responsabilità, in quel caso, naturalmente non sarebbe caduta su chi aveva deciso di organizzare l'evento, ovvio, ma sulle pedine sacrificabili su cui poggiava insistentemente quell'impero.
    Pensieri che si erano affacciati nella sua mente diverso tempo addietro e che si erano ripresentati quando era stato annunciato, ripetuti quando era stato selezionato anche lui per prestare servizio, nuovamente ricomparsi mentre si preparava e ormai archiviati in un angolo per far spazio ad una severa, ma discreta, attenzione al comportamento generale degli invitati. Sul tetto un'altra squadra doveva pensare a tenere sotto controllo il parco che circondava la villa, corridoi e stanze erano perlustrati dalla terza. Lui rientrava in quelli che dovevano ammirare gli ingenui invitati, intenti in convenevoli e conversazioni, spesso futili e con il solo scopo di scatenare invidia nell'interlocutore. Avrebbe fatto il suo lavoro con un leggero sorriso sulle labbra, lo sguardo serio e attento, Tengu nella sua custodia sulla spalla a rammentargli con il suo peso che i rischi esistevano anche quando tutto sembrava fatto a regola d'arte.
     
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    Milo Onishi

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    Rinkaku (Mazikeen)

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    La serata sembrava trascorrere stranamente tranquilla, e a questo punto, se erano in qualche film d'azione, era proprio il momento perfetto per qualche scontro rocambolesco: per fortuna non erano in un film, era la realtà, e sopratutto sperava davvero fosse una serata tranquilla...non aveva intenzione dopotutto che qualcosa andasse storto: più per la sua sanità mentale in realtà che per l'incolumità degli ospiti...ah, se solo avessero potuto leggergli la mente sarebbe già finito a calci fuori con disonore probabilmente, per fortuna che non erano adolescenti mutanti guidati da un dottore leggimente.
    Quando qualcuno poi si dimostrava gentile con lui, difficilmente gli veniva da essere scorbutico, non ci sarebbe riuscito con Hinata, che con il suo entusiasmo e il suo sorriso alle volte lo metteva a disagio, perchè lui non era così propositivo nel fare un buon lavoro, o meglio, farlo ma solo per tenere la sua testa attaccata al collo e evitare che la famiglia entrasse troppo nella sua sfera personale più di quanto non facesse già.
    Dunque per forza di cose doveva fare un buon lavoro, ma accennò un leggero sorriso, annuendo a quelle parole: Hinata e Shinsuke erano probabilmente gli unici che gli stavano simpatici tra tutti gli Onishi, dunque fu sollevato in parte di aver avuto l'occasione di poter lavorare con loro e non con completi sconosciuti.
    Fu sorpreso da quell'esternazione, a quanto pare non era l'unico a pensarla così, e questa cosa in parte lo rincuorò: grazie anche a Shinsuke, era riuscito piano piano a fidarsi, forse anche per questo ora, nonostante tenesse una guardia ancora molto alta, riusciva a credere possibile che Hinata avesse un pensiero molto simile al suo e non stesse mentendo. Dunque un po' meno paranoie per Milo, anche se erano costanti nella sua vita.
    «Strano paragone» Commentò, facendosi scappare quasi una risata. «Ma alle volte ci si sente davvero così» Per quanto non ci fosse nulla di male, Milo vedeva sempre e comunque tutto come una costrizione, qualsiasi cosa legata a quella famiglia o al suo lavoro, dunque tendeva sempre a vedere il lato peggiore. E sapeva sopratutto che una famiglia come la loro non contemplava molte cose, se la verità fosse venuta a galla un enorme scompiglio si sarebbe creato di certo.
    «E tu?»
    Aveva chiesto istintivamente: chissà se Hinata si sentiva così alle volte, soffocato da tutto quello, da uno sguardo superficiale a Milo sembrava sempre che fosse tutto ok, ma sapeva bene che se si scava più a fondo qualcosa avrebbe trovato.
    Era dell'idea che tutti infondo, nascondevano qualcosa.
    Arrivarono in poco tempo per fortuna sul tetto: si guardò attorno fino a vedere Sugihara Miki avvicinarsi a loro con un altro sorriso smagliante: tutti quei sorrisi quella sera lo avrebbero ucciso, pensava.
    «Roger»
    Commentò, prendendo uno dei binocoli con la visione notturna che gli furono consegnati: ogni tanto non riusciva a trattenere dentro di se la sua parte americana, ma alla fine erano lì per lavorare, non per prestare attenzione ai suoi scambi linguistici.
    Sul tetto c'erano dei tavoli e qualche sedia, che avrebbero anche potuto usare per riposarsi qual'ora ne avessero avuto bisogno.
    Fu così che andò verso la parte destra del tetto, come gli era stato precedentemente detto di fare: la prima cosa che fece fu istintivamente avere una panoramica generale fino a che il suo sguardo riusciva a vedere...purtroppo anche gli alberi facevano la loro parte, non permettendo una completa visuale: si riusciva però a vedere la ronda iniziata da terra e sembrava che tutto si svolgesse per il meglio.
    «Nei film americani il tetto è uno dei primi bersagli, sempre il solito bastardo fortunato» commentò su se stesso, a bassa voce seppur in maniera ironica, mentre osservava dal binocolo notturno. Non voleva di certo chiamarsela, ma era a conoscenza anche della sua sfiga: una parte di se, se non tutta, implorava che almeno quella serata passasse in fretta e senza intoppi.


    «Parlato»
    ''Pensato''

     
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    Zhang Hui (Onishi Hikaru)

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    ukaku (Guanyin)

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    secondo grado

    mIV4VrF
    Una volta avvertito il loro Caposquadra della loro scelta tramite la ricetrasmittente, Zhang Hui seguì suo cugino Shinsuke tra gli invitati e poi su per la scalinata che si trovava sul fondo della sala, di fronte alle vetrate che davano sul giardino. Da sopra la balconata poteva ammirare l’interezza dell’enorme sala gremita di gente. Assottigliò lo sguardo, un braccio dietro di sé e l’altro a tenere la cinghia della custodia della sua arma ferma sulla spalla.
    Da quando aveva fatto il suo debutto nella società, aveva partecipato a diversi eventi simili. Il primo era stato per mostrare al mondo chi era l’erede Zhang nonostante l’aria di lutto che ancora aveva dovuto mantenere. Perdere un fratello così, in un incidente, non era cosa di tutti i giorni. Tuttavia, non era riuscito a comprendere il dispiacere che vedeva nel volto degli altri perché, in fondo, non avevano mai conosciuto Lian. Aveva poi partecipato ai successivi come sorta di accessorio di suo padre, fino a quando non era stato iscritto ufficialmente all’Accademia. Quel giorno aveva ricevuto fin troppe congratulazioni.
    Con sé aveva comunque sempre avuto la musica. Quell’arte che gli era stata imposta e aveva imparato ad apprezzare. L’ultima volta era stato obbligato a suonare anche un duetto. Quello non gli era piaciuto. Preferiva suonare da solo.
    Comunque sia, aveva ormai compreso che quel genere di eventi non era solo sfoggio di potere ma era lì che ogni volta si riconsolidavano i legami di lavoro. Quello che li circondava, in fondo, era atto solo a ricordare agli altri chi deteneva veramente tutto quel potere e quella ricchezza. Secondo la sua bassa opinione, sarebbe tuttavia stato più sicuro svolgere quel gala in una delle sale della sede centrale. Un po’ come in madrepatria. Non che potesse influenzare le alte sfere in qualche maniera. Doveva solo rimanere in silenzio e fare quello che gli era stato ordinato.
    Si voltò verso Shinsuke quando parlò. Gli sorrise in risposta, lievemente ma sempre con la sua solita aria gentile «Lo spero anche io» gli disse quindi, distogliendo poi lo sguardo da lui per poi portarlo sopra le teste degli altri presenti del piano di sotto.
    No, non lo sperava. Lui…
    Zhang Hui inclinò un poco la testa, facendo qualche passo per la parte di balconata in cui si trovavano. Il suo sguardo vagò, per poi soffermarsi su una delle vetrate da dove poteva vedere il vecchio ciliegio ormai non più in fiore. Sua nonna non gli aveva raccontato una storia a tal proposito?
    ...ma non se la ricordava. Ormai non la ricordava più. Quanti anni erano passati da quando le aveva detto addio? Aveva potuto visitare la sua tomba solo una volta a Tokyo. Non ricordava nemmeno più perché gli era così importante visitarla.
    Sempre con un sorriso piantato sulle labbra, riportò lo sguardo per la sala. Strinse una mano a pugno, per poi rilassarla poco dopo. Sarebbe bastato un attimo di distrazione per rovinare tutto. Lo sapeva bene.


    Edited by alyë - 5/5/2020, 21:28
     
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    Onishi Hinata

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    Ukaku (Leviathan)

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    Terzo Grado

    s2uwHjd
    «Strano paragone, ma alle volte ci si sente davvero così. E tu?»
    Avrebbe dovuto aspettarsi la domanda, tuttavia per dare una risposta a Milo ci dovette effettivamente pensare. Come se avesse davvero avuto bisogno di un attimo per chiarire e riordinare le idee.
    «Penso di aver trovato il giusto equilibrio.»
    Essere un Onishi non era facile. Era una conclusione a cui era arrivata quasi subito, sin da quando aveva potuto vedere come quella famiglia si muoveva e formulare giudizi.
    L'eredità di quel cognome piombava sulle spalle come macigni, e come tali spaccavano le ossa prima di essere forti abbastanza da sostenerla.
    Se Milo reagiva con rabbia, però, Hinata aveva sempre accettato di non essere all'altezza con disperata rassegnazione.
    «Anche se ci ho messo un po'. Non mi salverò mai dalle critiche, ma non c'è molto da fare per quello...»
    Potevano solo peggiorare, considerate le sue idee utopiche. Conoscendoli, avrebbero probabilmente commentato la mela non cadeva troppo lontana dall'albero, considerato che tipi di genitori aveva. Tanto utopisti da aver girato il mondo, pur di cercare una soluzione per far convivere umani e ghoul. Quanto disprezzo ricevettero al loro ritorno, poi, perché avevano inseguito un'idea assurda e continuavano ad avere solo molti sogni e speranza.
    E ovviamente Hinata non voleva rimanere a piangersi addosso, non quando poteva impegnarsi per cambiare le cose. Le rivoluzioni interne ogni tanto partono da ragazzini appena maggiorenni, dai capelli tinti di rosa, che non s'impegnano neanche ad apparire seri investigatori di ghoul.
    Perché Hinata era troppo ottimista per il suo stesso bene, dicevano spesso. Così tanto un giorno sarebbe stata la sua rovina.
    Beh, avrebbe fatto in modo quello non fosse il giorno.
    «Forza, andiamo a metterci in posizione!»
    «Roger»
    «Roger alla seconda.»
    Ma-
    Aveva già preso il binocolo le aveva dato Miki, e non si era fatta ripetere due volte di mettersi in posizione e cominciare il giro di ronda. Dapprima giusto per capire il perimetro, farsi un'idea generale di cosa c'era da tenere d'occhio... ed era possibile arrabbiarsi con la flora? Perché quegli alberi erano leggermente in mezzo alla visuale. Tanto in mezzo alla visuale.
    Un problema non da poco, era come avere delle telecamere con un punto cieco. E cosa si andava a sfruttare, di solito, per gli attacchi cattivi? Bravi, bambini, si vede fate i compiti: I PUNTI CIECHI.
    Osservò per un attimo una delle squadre di ronda per il terreno, non potendo evitare un sospiro.
    Avrebbe evitato di stare sotto la luce artificiale delle lampade, facendo molta amicizia con le ombre. Prima di iniziare la ronda vera e propria, poi, si sarebbe premurata di controllare bene la visuale, proprio quella bloccata da Madre Natura e i suoi Alberi, per vedere non ci fosse qualche punto di vista santificato dove migliorasse un attimo.
    Altrimenti si sarebbe messa l'anima in pace, continuando la sua ronda tenendo comunque conto di quel punto cieco.
    Sperando non sarebbe arrivato il momento in cui si sarebbe dovuta più affidare a Leviathan che un binocolo a visione notturna, ma in caso era pronta.
     
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    I could be so much worse and I don't get enough credit for that.
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    VICTOR KRIEGER

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    Yokoyama Masaki sembrava scocciato. Poverino. Ma Victor poteva capirlo. Convenevoli, sorrisi di circostanza e cortesie non facevano per tutti, era semplice. Tristemente però, l'ex-soldato non l'avrebbe mai saputo: erano lì per lavorare, non per consolarsi a vicenda e le probabilità che i due sarebbero potuti effettivamente andare d'accordo sarebbero rimaste un mistero per i secoli a venire.
    Kimiko Takeda era una donna, e già questo era sufficiente ad invalidare metà del suo operato. Ovviamente però, l'ex-soldato non avrebbe detto una parola a riguardo: purtroppo era una convinzione così ben radicata nel suo animo che non si rendeva neanche conto di pensarlo.
    Come preannunciato nelle numerose riunioni che si erano susseguite nelle settimane precedenti, erano stati divisi in gruppi e quei due erano i colleghi con cui Victor avrebbe dovuto "pattugliare" il palazzo. Erano sotto il comando di Reynolds, vertice della squadra Phi, nient'altro che la sua squadra, quella di cui era membro. Beh, non che Victor percepisse chissà quale grande senso d'appartenenza a quel plotone, conosceva gli altri membri di vista e non credeva d'aver mai scambiato più di qualche parola con nessuno di loro. In più quell'americano dai capelli biondi gli puzzava di falso lontano un miglio e gli faceva venire la nausea, ma almeno non era fastidioso; insomma, poi quello era un altro discorso. Il caposquadra aveva lasciato loro due mazzi di chiavi: a prenderli era stato Masaki, ma Victor non aveva visto se li aveva poi spartiti o meno con la collega, perché, ricevuto l'ordine, dopo aver augurato uno sbrigativo "buon lavoro" al capo ed agli altri gruppi, si era subito diretto verso la libreria. Si era anche preso la sacrosanta libertà, visto che nessuno lo aveva fatto prima di lui, di socchiudere la porta ed accendere la luce: essa aveva illuminato scaffali ricolmi di libri (e sicuramente, polvere), alcuni divanetti sparsi per la stanza, un caminetto spento ad angolo ed una scala a chiocciola in legno, che Victor intuì portasse al piano superiore, rammentando di esser passato nei pressi dell'ingresso secondario della libreria quando si era diretto verso la terrazza.
    Yokoyama e Kimiko lo raggiunsero in fretta, e Victor mise piede all'interno della stanza quasi sorpreso di non trovarci un pesante tappeto damasco in terra. Il primo scosse la testa sconsolato, probabilmente stava pensando cosa cavolo mai avrebbero dovuto controllare in una libreria e Victor stava sostanzialmente facendo lo stesso: la vita gli aveva insegnato a non prendere mai nulla sottogamba ed a non dare niente per scontato, eppure un po' di disagio non poteva far altro che provarlo. Non si era mica unito alla CCG per stilare cataloghi della libreria degli Onishi.
    In ogni caso, quei due erano suoi superiori, eppure nessuno pareva aver intenzione di dargli ordini particolari. Victor li squadrò velocemente, scrutandoli con i suoi occhi dorati da sotto la capigliatura dal colore sbiadito, e poi decise che avrebbe preso la sua situazione in mano da solo, se quelli erano i piani.
    «Se non vogliamo stare qui tutta la sera.» bofonchiò, rispondendo alle parole del collega maschio, adocchiando le chiavi che il ragazzo portava in mano. Victor era sempre stato piuttosto sbrigativo quando si trattava di lavoro. Non per questo significava che lo svolgesse male, era più corretto dire che non amava perdersi in chiacchiere.
    «Controllo il piano superiore. - disse, per poi lanciare un veloce sguardo in direzione della scala e cominciare a far pendere l'ago della bilancia verso uno dei piatti. Lui era favorevole a dividersi. - Controllate qui e l'altra sala, e usate le trasmittenti se ci sono problemi.» concluse, e senza troppe cerimonie si impossessò del mazzo di chiavi in mano a Masaki, senza strapparglielo di mano, ma ci andò molto vicino. Seppur le parole di Victor non fossero ordini, poiché conscio di non essere nella posizione di poterli dare, il suo tono di voce, imperativo, tradiva la sua deformazione professionale. Si vedeva, era autoritario, ed abituato a stare nella posizione di chi può permettersi di dire agli altri cosa fare. Ovviamente i suoi colleghi non erano a conoscenza dei suoi trascorsi militari, ma quello era il suo modo di dire che era perfettamente in grado di badare a sé stesso: perché chi si preoccupava era sempre il primo a lasciarci la pelle.
    Victor avrebbe comunque aspettato per sentire se qualcuno dei suoi compagni avesse avuto qualcosa da ridire ed, in caso, avrebbe ascoltato (anche se non era detto che avrebbe poi obbedito), altrimenti, dopo un rapido cenno d'assenso, avrebbe imboccato la scala a chiocciola che portava al piano superiore. Si diede dieci minuti di tempo per finire il tutto. Per quanto individualista era sempre meglio non rimanere separati troppo a lungo. Lo sapeva fin troppo bene.
     
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    Takeda Kimiko

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    Primo Grado

    Il momento che avevo atteso era arrivato: il turno di ronda aveva avuto inizio. Mi ero subito riunita ai miei colleghi e, dopo un semplice «Agli ordini.» mi ero diretta verso la biblioteca, il primo luogo che era stato ordinato alla mia squadra di esplorare. Mi mossi verso l’obiettivo con discreta velocità, per iniziare i miei compiti quanto prima, e fui abbastanza contenta di vedere che il mio sottoposto si fosse dimostrato non più lento di me. Ero consapevole di essere stata un Secondo Grado fino a poco prima ma, per quanto quel tipo di considerazioni da parte mia sarebbero state meglio se supportate dal mio pari grado Yokoyama o, meglio, da un mio superiore, trovai il suo comportamento accettabile. Camminammo fianco a fianco, alla stessa velocità, e, una volta arrivati a destinazione, fu lui ad aprire la porta e ad accendere la luce.
    Non appena lo fece, ci si parò davanti un’enorme stanza con altrettanto grandi librerie, una scala a chiocciola e un camino spento. Tramite una porta, inoltre, si poteva accedere a un’altra stanza.
    «Da dove vogliamo iniziare? Ci dividiamo?» Il mio pari grado propose quel piano, forse per controllare in maniera più efficiente l’ambiente circostante. Era una strategia che personalmente approvavo, ma ero ben conscia del rischio di quel piano e decisi di provare a minimizzarlo con una semplice raccomandazione. «È un buon piano, ma non dimentichiamoci di tenerci in contatto periodicamente.» Avevamo tre possibili aree da controllare, per il momento, ed eravamo in tre: dividercele ci avrebbe potuto consentire di tenere sotto controllo più posti contemporaneamente e avrebbe aumentato il livello di sicurezza complessivo dell’edificio. Era un buon piano, ma era troppo generico e non avevamo ancora dei ruoli assegnati.
    Stavo per suggerire una possibile divisione degli incarichi quando fui interrotta dal Secondo Grado Krieger, che prese con insistenza un mazzo di chiavi dalla mano dell’altro nostro collega per iniziare la sua ronda. Il mio sottoposto era stato autoritario, rigido e abbastanza brusco. Dai suoi modi sembrava molto sicuro di sé: o sapeva bene che cosa stesse facendo o era un arrogante che si sarebbe cacciato nei guai. Non sapevo da quanto il mio collega fosse nella CCG, ma la nostra differenza d’età era evidente e, non essendo io l’anziana, non seppi quale delle due opinioni avvalorare. Era pur sempre vero che ci fossero pochi miei pari grado della mia età e che io fossi stata promossa molto prima rispetto al Secondo Grado medio, ma non mi sembrava che un mio collega potesse rimanere di quel rango fino all’età del mio interlocutore senza qualcosa di strano dietro. Tuttavia i suoi modi rigidi mi ricordavano molto mio padre e la vita verso cui lui aveva cercato d’instradarmi fin da piccola.
    I suoi modi burberi non mi suscitarono alcuna reazione: avevo qualcuno come lui in famiglia e non mi sarei fatta intimidire da una presa di posizione di un mio sottoposto. Non apprezzai, però, le raccomandazioni fattemi da lui: mi sembravano quasi fuori posto e andavano oltre il semplice “fate attenzione”. Cose del genere dovevano essere impartite da un comandante ai suoi sottoposti, non il contrario. Io non l’avevo mai fatto con i miei superiori e non mi sarei mai permessa, ma per lui doveva essere diverso. Eppure non sembrava stupido o arrogante: mi parve troppo a suo agio nel farlo per esserlo. Doveva aver avuto qualche esperienza di comando, ma dove? Certamente, però, sembrava che una scarsa comunicazione non l’avesse mai portato troppo vicino al perdere qualche suoi compagno di squadra e che volesse semplicemente essere lasciato in pace. Lo capivo, ma la Prima Classe Shimizu e la quasi perdita del Secondo Grado Yukimura mi avevano insegnato quanto tenersi in contatto fosse importante, seppure anche io preferissi lavorare da sola.
    Scacciai i pensieri sul Secondo Grado Krieger e mio padre dalla mia testa: dedicai loro pochi istanti, ma erano comunque distrazioni e non potevo permettere che m’impedissero di pensare chiaramente durante la missione. Avrei fatto il possibile per tenerli alla larga da me in futuro, anche perché, onestamente, Krieger era solo uno dei miei tanti colleghi e, per quanto i suoi modi e quelli di mio padre si assomigliassero, indagare oltre non sarebbe stato importante. Non m’importava di lui e non doveva importarmene.
    «Proceda pure, Secondo Grado Krieger.» Gli dissi, con un tono serio, senza lasciar trasparire niente di ciò che avevo pensato su di lui. «Io controllerò la sala dietro quella porta. Primo Grado Yokoyama, se è d’accordo, controlli Lei questa sala. Suppongo sia logico che io prenda le chiavi.» Dissi, per poi cercare di prendere educatamente le chiavi dal mio collega. Se me le avesse date, cosa sulla quale contavo, mi sarei mossa verso la porta interna alla sala e avrei cercato di aprirla, pronta per iniziare la mia ronda.



    «Parlato»
    "Pensato"
    «Parlato di Victor»
    «Parlato di Masaki»


    Edited by Antoil69 - 7/5/2020, 09:22
     
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    Fine Turno 03 > Inizio Turno 04

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    + YOKOYAMA MASAKI (NPC)
    Aegis (Koukaku)
    WILFRED REYNOLDS

    Okay che prima di lasciarli andare il Prima Classe Reynolds avesse dato le chiavi a lui ma prima di prenderle, almeno avere la premura di chiedere, no? Stupidi gaijin e le loro maniere!
    La frangia che copriva la parte superiore degli occhi di Masaki celò a malapena l’incredulità che stava provando nel mente guardava Victor allontanarsi con il mazzo di chiavi che gli aveva quasi strappato dalle mani. Se fossero all’interno di uno dei suoi dating-sim, poteva già immaginare il -10 lampeggiare sul lato dello schermo.
    Sbuffò, scuotendo leggermente la testa per poi voltarsi verso Kimiko «Come vuoi, Primo Grado Takeda» le disse quindi, porgendole educatamente le chiavi in mano «Teniamoci aggiornati e rincontriamoci qui dopo aver finito la perlustrazione dell’area» aggiunse salutandola con un cenno della testa. Mano in tasca, la presa salda sul suo taglierino portafortuna, prese a camminare per l’enorme libreria, lanciando anche un’occhiata al piano superiore, dove era sparito l’altro agente.
    Chissà se c’erano dei passaggi segreti! Di solito negli rpg c’erano poi quel posto era antico. O qualcosa del genere. Ma era anche vero che aveva studiato la mappa del palazzo con gli altri e, per questo esatto motivo, sapeva bene che passaggi del genere non erano presenti. Davvero un peccato, se lo si chiedeva a lui, ma questo non lo fermò da controllare meglio il caminetto. Non si sa mai, eh.



    Il giro per le cucine fu breve, avendo lasciato la stanza una volta essersi accertato facendo qualche rapida domanda ai pochi cuochi presenti, rimasti a cucinare le ultime pietanze per la seconda parte della serata, che tutto fosse apposto. Quando passò accanto ad alcuni camerieri, che stavano facendo avanti e indietro insieme a vassoi ora di nuovo ricolmi, li salutò educatamente con un cenno della testa, avviandosi poi per il corridoio, fermandosi solo per accertarsi che le porte che incontrava fossero ancora ben chiuse.
    Fu per il tragitto che lo avrebbe portato alle stanze state adibite a magazzini per quell’evento che incrociò uno degli inservienti intento a trasportare una scatola. Nel mentre ascoltava della musica tramite i suoi airpods. Lo osservò per qualche istante, studiandone il volto nel mentre si avvicinava: era sicuro di averlo intravisto in uno dei facsicoli. Comunque sia, con un sorriso cordiale, andò quindi a fermarlo ma vedendo che il ragazzo non stavo prestando molta attenzione a dove stava andando, quest’ultimo sobbalzò dallo spavento non facendo cadere il contenuto della scatola per miracolo, iniziando poi subito a scusarsi con lui per la figuraccia che aveva appena fatto.
    Trattenendo l’irritazione, prima di tutto Wilfred gli sorrise per poi dirgli che era tutto apposto, che non doveva preoccuparsi, in fondo lo aveva fermato solo per chiedergli se tutto stesse procedendo bene ma fu lì che il ragazzo si fermò, per poi voltarsi come a cercare qualcosa. O qualcuno. Quando non la trovò, prese guardarsi meglio intorno, l’espressione preoccupata.
    «Hiro?» chiamò il ragazzo ma, tuttavia, non ricevette risposta.
    Con un sopracciglio alzato, Reynolds lo fermò con una mano portando poi l’altra alla sua ricetrasmittente, con l’intenzione di chiedere agli assistenti se avessero visto qualcosa. Con tutta probabilità, era solo l’amico del ragazzo che gli stava tirando uno scherzo. Niente di allarmante.
    Però, nemmeno lui ricevette una risposta.
    «Assistenti? Maeda, Itou?» ripeté di nuovo ma il risultato non cambiò.
    Il suo stato di allarme, lasciato fino a poco prima in secondo piano, crebbe e non scese nemmeno quando sentì la voce di Yuka fare una domanda simile. L’esito, tuttavia, non cambiò.
    Il problema, allora, non era la loro connessione al canale. Qualcuno aveva compromesso gli assistenti stessi. Com’era possibile? Non aveva senso considerando anche tutte le loro precauzioni, tranne se…
    Si girò verso il ragazzo, cercando di tranquillizzarlo spiegando che avrebbe cercato lui il suo collega e di ritornare al lavoro, forse si era solo perso. Ne dubitava. fortemente.
    Lo guardò allontanarsi, per poi riportare una mano all’orecchio «Siamo stati compromessi» furono le sue parole dirette ai suoi due colleghi. Sapevano bene cosa fare e come procedere, tutti e tre.
    Tolse la sua pistola dalla custodia nascosta sotto la giacca e, impugnandola saldamente con una mano, Wilfred proseguì il suo avanzamento con i sensi sull’allerta, sempre vigile.
    Forse era tutto un falso allarme. Forse era solo la sua paranoia.
    Come no! Pensò, digrignando i denti.
    Era stato lui quello che non aveva dato troppo peso al tono di voce più mite dell’Assistente Maeda, considerando anche che sapeva che non stava molto simpatico alla donna. Sul momento non ci aveva dato peso. Quello era un dettaglio che lui avrebbe dovuto notare subito, gli altri impegnati.
    Ti sei rammollito, Will.
    «Codice giallo, tenetevi pronti per la prossima fase» comunicò ai suoi sottoposti, la voce ferma e calma, tutto l’opposto di quello che provava veramente, nel mentre si affacciava sull’angolo di uno di un corridoio. Via libera.
    «Continuate la perlustrazione, occhi ben aperti!».


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    + FRANCESCA SILVESTRI (NPC)
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    NAME
    Eichi Yamamoto

    AGE
    33 y.o.

    QUINQUE
    Ukaku (Jikininki)

    RANK
    Prima Classe

    Dopo qualche altro istante di silenzio, Hanamori Kveta prese abbastanza coraggio da riuscire a parlare di nuovo, le mani appoggiate al petto sopra al vestito blu scuro «Volevo ringraziarvi di nuovo, di persona, per il supporto che lei e gli altri due Prima Classe mi avete dato nell’ultimo anno» fu quello che gli disse. Parole a lui famigliari, già sentite. Li aveva già ringraziati, in fondo, mesi prima ma percepiva che sotto c’era qualcosa in più.
    «Non avrei mai pensato di rivivere l’esperienza della mia infanzia in questo modo» continuò la ragazza, il viso parzialmente coperto dai suoi corti capelli chiari «Credevo fosse un capitolo chiuso, specialmente dopo aver perso anche-» scosse la testa, per poi alzarla e sorridergli di nuovo «È un mio grande onore poter lavorare al vostro fianco, anche con il poco che posso personalmente fare» finì la ragazza, timidamente, le gote leggermente arrossate.
    Uh. Okay. Grazie? Si era fatta così tanti problemi solo per dirgli questo? Apprezzava la gratitudine, certo, ma gli sembrava così strano ricevere quelle parole proprio in quel momento.
    Dopo un attimo di esitazione, Yamamoto le sorrise, l’espressione del suo volto gentile «È il nostro dovere, quello di aiutare le persone come te che hanno perso qualcuno d’importante e hanno bisogno di un nuovo scopo per andare avanti» furono le parole che le disse, nel mentre si sistemava meglio gli occhiali sul naso (le lenti erano non graduate, vedendo che durante le missioni si era abituato a portare le lenti a contatto) «La giustizia ha diverse forme, la tua, a quanto pare, è quella di fare da sostegno a chi la esegue».
    La ragazza lo osservò per qualche istante, il sorriso sempre presente sul suo volto. Era un sorriso freddo, non veramente caloroso, come se si stesse trattenendo dal non crollare. Eichi ricambiò lo sguardo ma quando la ragazza provò ad aggiungere qualcosa, lui la interruppe con un gesto della mano, la sua attenzione ora sul canale di comunicazione con gli altri capisquadra.
    Trattenne il respiro mentre ascoltava, per poi espirare con lentezza. Scosse la testa, per poi riportare di nuovo la sua attenzione alla ragazza. Le sorrise, scusandosi con lei. Il dovere chiamava, avrebbero continuato quel discorso un’altra volta. In risposta Kveta gli disse di non preoccuparsi, che andava bene così, per poi allontanarsi, lanciandogli un’ultima occhiata prima di riunirsi al suo gruppo di amiche.
    Eichì riportò una mano all’orecchio, accedendo all’altro canale «Codice giallo, siamo stati compromessi. Tenetevi pronti per la fase tre, nel mentre continuate a sorvegliare la sala e gli invitati» fu quello che comunicò ai suoi attuali sottoposti, per poi andare ad aggiungere ordini più specifici tra cui «Secondo Grado Silvestri cerca un membro del nostro staff medico e portalo dai due Secondo Grado Onishi, lo accompagneranno poi loro alla sala di controllo» nel mentre abbandonava la sala, con calma, cercando di non catturare troppo l’attenzione dei presenti. Ora doveva solo raggiungere Reynolds.
    «Shimizu, già fatto. Willy, arrivo».

    CCG
    Status: 100%
    Damaris 1&2 (Bikaku)
    + SUGIHARA MIKI (NPC)

    In ginocchio, Shimizu Yuka osservava. Non le era mai piaciuto il buio ma lo spazio aperto in cui si trovava e la luce emanata dalle lampade era sufficiente a darle conforto. Le sue paure nel corso degli anni non si erano affievolite ma, più semplicemente, aveva imparato a conviverci.
    Il suo sguardo vigile su ciò che la circondava, per ora non c’era niente da segnalare. Eichi era più bravo per quel tipo d’incarico ma, una delle pretese della Vice Direttrice, chiesta proprio quella mattina, era stata che a rimanere nella sala fosse stato lui e non lei.
    Aguzzò le orecchie non appena sentì la voce famigliare di Wilfred provenire dalla ricetrasmittente, curiosa di sapere cosa avesse da chiedere. Rimase ferma mentre ascoltava e con un po’ di timore pronunciò un «Assistenti, rapporto» sperando in una risposta diversa da quella del collega.
    Tuttavia, alle sue orecchie, arrivò solo il silenzio. No, non di nuovo!
    Yuka si alzò in piedi, facendo poi un lungo sospiro. Strinse la presa sul binocolo, per poi andarlo ad appoggiare su un tavolino lì vicino. Prese in mano la sua valigetta per poi portare l’altra mano all’orecchio, accendendo l’altra ricetrasmittente.
    «Possibile codice giallo» disse dunque ai suoi sottoposti. La voce ferma, senza tradire la sua preoccupazione. Erano stati compromessi, dovevano agire, accertarsi e neutralizzare. La situazione era assurda ma avevano comunque vari piani di azione a loro disposizione.
    «Secondo Grado e Terzo Grado Onishi, con me! Voi altri dividetevi meglio per il perimetro! Tenetevi pronti per la fase tre» continuò, voltandosi poi nella direzione delle scale, una volta essersi assicurata che chi aveva richiamato avesse ricevuto l’ordine.
    «Primo Grado Sugihara, lascio questa squadra sotto il tuo comando» aggiunse infine rivolgendosi alla ragazza, la cui risposta fu un sicuro “Si, Prima Classe Shimizu!”.
    Ora dovevano solo sbrigarsi e raggiungere la sala di sorveglianza. I fantasmi non esistono, dovevano accertarsi cosa fosse effettivamente successo prima di scegliere con cura le loro mosse successive. Non era ancora troppo tardi.
    «Yamamoto, per ogni evenienza, chiedi a qualcuno dei tuoi di cercare tra gli invitati qualcuno del reparto medico» furono le sue parole, dirette al suo collega, quasi sussurrate nella ricetrasmittente che li collegava.



    Turno 04.

    Uh oh. Qualcosa non va. Agenti, tenetevi pronti!

    Victor, Kimiko e collega, sono pregati di proseguire la loro perlustrazione in altre zone: in fondo, sia al piano superiore della libreria che nell’enorme sala da pranzo a quello terra (una volta aperta l’enorme porta), non c’è niente fuori dall’ordinario. Ora cosa vogliono fare? Proseguire per il piano inferiore, sul retro dalla sala, oppure procedere per le stanze del primo piano? Non perdete troppo tempo!

    Alister e Milo sono, invece, pregati di seguire Yuka giù per le scale che dal tetto arrivano al piano inferiore, in modo da raggiungere la sala di controllo che si trova sul quello stesso piano, sulla sinistra (orientativamente sopra la sala del gala). La loro azione deve fermarsi qui a pochi metri dalla stessa.

    Infine, Shinsuke e Hui sono pregati di accompagnare il membro del personale medico, trovato e accompagnato all’ingresso della sala dalla collega, nella direzione della sala di controllo. Possono passare dall’androne. Il termine dell'azione è lo stesso dal gruppo precedente.

    Se i vari gruppi riescono a incrociarsi o meno, è a descrizione dei partecipanti.

    Descrizione sala da pranzo (Kimiko).
    La sala da pranzo è molto spaziosa ma di dimensioni minori rispetto alla sala da ballo (quella dove si sta tenendo il Gala): al centro della stanza spiazza un lungo tavolino coperto da una tovaglia bianca mentre ai lati ci sono delle colonne; su un estremo della sala è possibile trovare un altro caminetto con sopra un altro ritratto, questa volta di famiglia mentre sul lato opposto vi è un altro portone.




    Edited by alyë - 12/5/2020, 15:49
     
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    ONISHI SHINSUKE

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    25 y.o.

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    KOUKAKU (TENGU)

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    SECONDO GRADO

    eUcWowh
    Ecco, per l'appunto, le ultime parole famose che puntualmente anticipavano lo stravolgersi della situazione.
    Non era superstizioso, non credeva minimamente che a portare il peggioramento di una situazione potesse essere l'augurarsi che ciò non accedesse, al massimo poteva contemplare la coincidenza. Prima di questa, però, contemplava quanto per diverse ragioni non fosse appropriato predisporre un così ghiotto raduno di personalità di rilievo e personale della CCG disarmato tutto in un unico posto. Un bersaglio vistoso, soprattutto quando non si poteva dare certezza alcuna di perfezione nella sicurezza di un edificio tanto grande.
    Ci si poteva impegnare, certo, ma gli imprevisti esistono da sempre e mai si potranno evitare, indipendentemente dalla preparazione che si può sfoderare.
    La comunicazione che giunse all'orecchio non prometteva bene: gli ordini erano stati chiari, il problema restava solo che non c'erano informazioni.
    Recuperare un elemento dello staff medico e portarlo alla sala di controllo. Prepararsi alla fase tre. La parte peggiore era che non era stato detto perché proprio dovevano portarlo in quella stanza o cosa avesse fatto scattare il codice giallo.
    La sicurezza era stata compromessa, ma in che modo? Le supposizioni non avrebbero mai preso posto nei suoi pensieri, non era lì per sprecare attenzione nel chiedersi cosa o come, soprattutto considerata l'assenza di informazioni.
    Lanciò giusto uno sguardo in direzione del cugino, annuendo mentre alla ricetrasmittente comunicava la ricezione di quell'ordine dal suo superiore e si avviava poi verso quel punto d'incontro con l'altra collega che doveva rintracciare un medico.
    Si sistemò meglio sulla spalla la quinque e a passo svelto, ma senza eccessi per non attirare l'attenzione di nessuno, raggiunse il punto d'incontro fuori dalla salone.
    L'intenzione era ovviamente quella di salire la scalinata nell'androne e seguire il corridoio fino alla porta della sala di controllo, limitando le conversazioni al minimo indispensabile. Già normalmente preferiva ascoltare al parlare, abitudine radicata da anni di convivenza con una famiglia di cui preferiva conoscere i dettagli piuttosto che rivelare le sue preferenze, ma nelle occasioni di tensione era ancora più semplice limitare la parola al solo necessario e mantenere la concentrazione sull'azione in corso. Eventuali spiegazioni, qualora necessarie per il medico, si sarebbero ridotte ad una esplicitazione di potenziale necessità: non aveva idea del perché servisse, ma se il caposquadra lo aveva richiesto allora forse oltre quella porta qualcuno poteva averne bisogno... Quello era senza dubbio allarmante, ma restava una ipotesi e non era previsto farne, avrebbe scoperto le cose una volta raggiunta la sala di controllo.

     
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    Milo Onishi

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    Sembrava tutto calmo e tranquillo, quasi stava per ricredersi sulla sua ultima infelice battuta sui film americani: stava infatti ripensando alle parole di Hinata, e in parte aveva ragione...non ci si poteva salvare dalle critiche di famiglia, si poteva forse evitarle in altri modi, ma di base arrivavano sempre. Bisognava forse evitare di ascoltare? Dopo anni Milo però lo trovava alquanto difficile, ma forse avrebbe dovuto prendere con più calma tutto e allentare la presa?
    Temeva che farlo troppo avrebbe potuto compromettere lui e tutto ciò per cui aveva faticosamente lottato: non ebbe il tempo di pensare ad altro che ...qualcosa era andato storto.
    Furono richiamati così dal proprio superiore Shimizu: un codice giallo, per una volta avrebbe voluto fortemente sbagliarsi, ora bisognava stare ancora di più in allerta.
    «Roger, arriviamo»
    Commentò istintivamente, posando in una delle tasche il binocolo e cercando Hinata con lo sguardo, e poi cercò di raggiungere Shimizu, non prima però di aver commentato fra se e sè.
    «Non è stato il tetto...strano»
    Si premunì di dirlo a bassa voce, ma quello era il suo modo personale di stemperare la tensione che di lì a poco ci sarebbe stata, perchè un codice giallo era pur sempre un avvertimento, magari non era niente, ma se così non era...be', diciamo che gli sarebbe servito rimanere più freddo e lucido possibile, dunque si vedeva giustificato ad alleggerire un po' la tensione per se stesso.
    Avrebbe dunque raggiunto la ragazza, non avevano molte informazioni e quella cosa gli piaceva ancora meno.
    «Speriamo non sia nulla di grave»
    Commentò ad Hinata, quasi come una confidenza, voleva quanto meno cercare di godersi la serata, ma il brutto presentimento non aveva finito di certo di essere presente.
    Di nuovo Milo assunse quel passo veloce senza neanche pensarci, concentrato su ciò che si sarebbero potuti trovare davanti, non avevano assolutamente idea, e forse chiederlo al suo superiore non sarebbe neanche servito a nulla visto che sarebbero dovuti andare a controllare personalmente.
    Scesero dunque le scale che avevano ripercorso poco prima, fino al piano inferiore: quando si guardò attorno notò che nessuno sembrava allarmato, l'eventuale ''minaccia'' era stata contenuta o quanto meno, e anche giustamente, non era il caso già di creare il panico o far svuotare la sala, sarebbe stato solo peggio.
    Dovevano assicurarsi che tutto andasse bene o eventualmente sistemare l'inghippo, prima di poter anche solo pensare di far evacuare tutti, lui in parte sperava non ce ne sarebbe stato bisogno e che avrebbero potuto continuare a sorvegliare il tetto con tranquillità.
    Girarono a sinistra, e a qualche metro davanti a sè, potè vedere la porta che cercavano, doveva essere quella della sala di controllo. Era forse quello il momento della verità?
    Fino ad arrivare lì non c'era stato niente di sospetto...non ancora almeno.


    «Parlato»
    ''Pensato''

     
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    fearful necromancer
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    Zhang Hui (Onishi Hikaru)

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    Ne minuti successivi Zhang Hui rimase sempre vigile, a pochi passi dal cugino. Non sapeva bene cosa pensare di lui, avevano tratti in comune ma non poteva fare a meno di pensare che in realtà, fuori dal loro guscio, non potessero che essere più diversi. Rimasero dunque in silenzio, senza perdersi in inutili chiacchiere. Non poté che apprezzare quel momento.
    Con una veloce occhiata, appurò che i loro colleghi si erano ormai tutti posizionati nei punti da loro scelti, in modo da tenere sempre un occhio attento non solo alla sala stessa ma anche agli invitati e ai possibili punti critici.
    Tuttavia, quello che non doveva succedere, beh, alla fine successe. La voce del Prima Classe Yamamoto, proveniente dalla ricetrasmittente, era chiara come lo erano i suoi nuovi ordini. Un codice giallo, era dunque successo qualcosa. Qualcuno si era intrufolato all’interno del palazzo e qualcuno era stato ferito? Com’era possibile senza che nessuno se ne fosse reso conto? E se fosse stato solo un falso allarme? Atto a distrarli? Tutte congetture, quello che potevano fare era solo appurare la situazione.
    Scambiò uno sguardo con Shinsuke, nel mentre quest’ultimo confermava la ricezione dei loro nuovi ordine al loro Caposquadra. Annuì, seguendolo, si avviò giù per le scalinate verso l’entrata della sala, andando incontro alla loro collega che nel mentre era riuscita a recuperare un confuso membro dell’equipe medica.
    Con la custodia della sua quinque ben salda in spalla, lo guidò insieme a Shinsuke per l’androne e poi su per le scale nella direzione in cui sapevano si trovasse la sala di controllo improvvisata per quella serata.
    Riuscì a trattenere il sorriso che voleva capitolare sulle sue labbra, sapendo bene sarebbe risultato fuori posto in quella specifica situazione. Se qualche ghoul si fosse veramente intrufolato a quel gala, se ne sarebbe occupato prontamente. Una piena offesa alla sua famiglia, ne andava del loro onore, no?
     
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    If you think you're a hero, then die like one
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    Onishi Hinata

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    Terzo Grado

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    Quella era pur sempre la sua prima missione su larga scala. Cosa poteva sottolineare meglio il suo battesimo di fuoco, del resto, se non un codice giallo? Ora dovevano agire in fretta, per capire quale fosse il problema e arginarlo nel miglior modo possibile. Non bisognava perdere tempo.
    Avere più informazioni sarebbe stato utile, e visto si era solo detto c'era una situazione di emergenza non si sarebbe potuta accontentare nemmeno delle briciole. Hinata, di questo, non era molto contenta.
    Non voleva nemmeno fare congetture, prima che farsi un'idea prematura potesse compromettere il connettere i puntini dopo. Non si sapeva mai, bisognava essere pronti a tutto.
    «Secondo Grado e Terzo Grado Onishi, con me!»
    Non se lo fece ripetere due volte, scattando come una molla. Una brava soldatina.
    «Ricevuto.»
    In caso la sua quinque era di tipo ukaku, ma aveva l'aspetto di una spada: poteva adattarsi sia a uno scontro ravvicinato che uno a distanza, pronta per ogni evenienza. E nonostante tutto sperava ancora di poter risolvere senza ricorrere alle armi, come la brava sognatrice che era. Troppo ottimismo, come suo solito, ma non aveva tempo per preoccuparsi con i se e con i ma.
    «Speriamo non sia nulla di grave»
    Ah, no, aspetta: il tempo di considerare il cugino doveva per forza trovarlo, altrimenti qui si perdeva di vista l'essere civili.
    Tanto avevano tutte le scale da fare, quelle non le potevi fare troppo al volo. Meno male non aveva più la gonna vaporosa di prima!
    «Cerchiamo di capire di cosa si tratti.»
    Le speranze era ottime, anche lei aveva sempre molte speranze, ma non portavano a nulla di concreto. Era stata comunque una risposta gentile, un po' come quando aveva detto a Milo di fare un buon lavoro.
    Solo quello era un codice giallo, e per quanto il giallo fosse un bel colore in quel caso non aveva un significato molto solare. In situazioni del genere era meglio essere un po' più pragmatici, il fallimento non era contemplato.
    Perché era una Onishi, perché anche un piccolo fallimento in una situazione del genere -troppe persone riunite e soprattutto disarmate, lì per un gala- significava una perdita enorme. Era diventata un'investigatrice di ghoul per difendere gli altri, non per permettere altre perdite.
    A dirla tutta, era un non voler permettere altre perdite da entrambi i fronti: umani e ghoul, ma non diciamolo troppo a voce alta. Hinata non avrebbe potuto fare nulla, però, se non fermando i ghoul più violenti, ecco perché voleva fare carriera. Le missioni più pericolose erano per i rank più alti, agenti molto più competenti di quanto fosse lei al momento.
    Aveva sempre più l'impressione quella missione sarebbe stata un battesimo di fuoco, per lei, e non ne era del tutto entusiasta. Voleva solo fare un buon lavoro. E di certo la situazione d'emergenza non si sarebbe fermata perché lei non era pronta, era un agente di terzo grado proprio perché doveva imparare sul campo.
    Ora doveva scoprire cosa stesse succedendo, soprattutto vedere quanto in fretta, ma con efficacia, si potesse risolvere il problema.
    L'avrebbe fatto una volta arrivata alla sala di controllo, mettendosi al lavoro cercando di massimizzare velocità ed efficacia nel migliore dei modi.
    Per il momento non poteva ancora teletrasportarsi, grande peccato, ma la sala di controllo non doveva essere troppo lontana. Leviathan era ancora assicurata alla cintura, insieme al resto dell'equipaggiamento, ed era pronta a scattare una seconda volta in caso d'imprevisto.
    A parte perché non sapeva per quale motivo fossero in codice giallo, la prudenza non era mai troppa, era proprio perché in una situazione d'allarme la prudenza non era mai troppo.
    Quindi anche puntando a volare verso la sala di controllo, era sia pronta a difendersi che acciuffare la ricetrasmittente per avvisare tutti.
    L'essere in codice giallo andava trattato con la giusta serietà.
     
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    I could be so much worse and I don't get enough credit for that.
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    VICTOR KRIEGER

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    Codice giallo. L'indice ed il medio accostati all'orecchio dove portava l'auricolare, Victor rimase in ascolto per una breve frazione di secondo. Codice giallo. Due parole che avrebbero fatto impallidire almeno la metà dei normali agenti della CCG. Tenetevi pronti per la prossima fase. Un allarme, un avvertimento, qualcosa che non andava. Oh...
    Aveva sentito quella frase così tante volte.
    Il piano superiore si era rivelato tranquillo, ordinario, niente che non fosse comune. Niente, tranne il perverso ghigno che si era appena dipinto sul volto di uno degli agenti della CCG che sicuramente normale non era. Victor non cercava mai la battaglia, peggio: la bramava come dell'acqua in un deserto, da quando era stata lei a trovare lui. Era un concetto un po' distorto, ma il pericolo era una delle poche cose in grado di farlo sentire davvero vivo. Il pericolo, il sangue, la violenza, il dolore, inferto, ma anche ricevuto, la paura, l'angoscia di essersi cacciati in qualcosa da cui si rischiava di non uscire vivi: un agglomerato di negatività; gli nutrivano l'animo, ne bastava una goccia e sul suo viso cominciava ad aleggiare quella folle ombra della soddisfazione. Per quello sorrideva, affondare le mani nel sangue lo eccitava e gli faceva perdere la calma, come uno sfogo, era la cosa più vicina alla felicità che aveva imparato a conoscere.
    Il fatto che stesse succedendo qualcosa di non previsto era negativo di per sé: era stato annunciato un codice giallo, ma non era stato detto per quale motivo e Victor non riusciva a fare a meno di vederci qualcosa di interessante. Era molto probabile che le informazioni mancassero anche al loro caposquadra che aveva comunicato l'allarme. Nasconderle, in una situazione rischiosa, non avrebbe avuto senso. Victor almeno non lo avrebbe fatto; lui, che tendeva a proiettarsi in situazioni di comando anche quando non gli appartenevano, in caso si sarebbe aspettato una performance eccellente da tutti i suoi sottoposti e le informazioni erano spesso la prima miniera d'oro dalla quale poter partire con il piede giusto.
    Tuttavia le sue erano pur sempre le emozioni di qualcuno che era entrato nella CCG non perché veramente interessato alle sorti dell'umanità, ma solo ed unicamente alla propria, e pertanto non si preoccupava delle conseguenze che delle considerazioni, banali o meno che fossero, avrebbero potuto avere sull'umore altrui. Anche perché l'umore in servizio non serviva e basta, farsi distrarre dagli stati d'animo era inconcepibile. Le parole di Reynolds lo avevano riscosso dal torpore della serata, ma... quanto sarebbe durata? Aveva bisogno di sapere cosa stava succedendo, se l'americano aveva trovato qualcosa fuori posto significava che i problemi erano dove era lui, o perlomeno che provenivano da là, e lui non poteva stare a perdere tempo in una libreria.
    E non lo perse. La libreria era immacolata, ma i suoi ordini non erano cambiati: doveva finire la sua ronda. Passo svelto, Victor si affacciò all'uscita della libreria del piano superiore, rammentando anche la mappa che avevano studiato in precedenza. Ricordava che c'erano svariate stanze su quel piano, ma sapeva che erano state in parte controllate - o che almeno, avrebbero dovuto essere state controllate - in precedenza da chi aveva fatto il primo giro di perlustrazione. Victor decise d'inoltrarsi lungo il corridoio. Aprire di nuovo tutte le porte chiuse non avrebbe avuto senso, era passato troppo poco tempo. Si sarebbe limitato a controllare che le stesse fossero ancora ben sigillate, soffermandosi se ne avesse trovata qualcuna aperta o manomessa, proseguendo con la sua ricognizione.
    «Takeda. Masaki.» chiamò, alla trasmittente, dando per scontato che la comunicazione fosse arrivata anche a loro.
    «Qui è tutto in regola. Il piano terra? Proseguo per di qua, non credo d'aver bisogno d'aiuto. — asserì, prima d'incominciare ad incamminarsi lungo il corridoio con l'obiettivo di controllare le prime porte. Victor aveva riflettuto che prima o poi sarebbe dovuto scendere in ogni caso, e quindi era meglio farlo passando a controllare anche le stanze del primo piano, in tal modo il tragitto sarebbe stato più o meno equivalente ed avrebbe avuto modo di controllare se anche lì fosse tutto in regola. — Se non ci sono problemi troviamoci di nuovo nella sala principale e da lì controlliamo un'altra area.» disse, la voce piuttosto calma e molto in contrasto con il fatto che stava letteralmente fremendo.
    Una parte di lui, per quanto piccola, voleva sapere dov'era Reynolds. La cosa era totalmente ed ovviamente disinteressata, aveva fretta di finire la ronda, mica sperava che non gli rubasse tutto il divertimento. Assolutamente no.
    Perché diavolo non gli davano dei sensori a GPS?
    Che stronzate.
    Sì avviò mentre attendeva risposta. Imponendosi di nuovo di metterci meno tempo possibile. Se non fosse incappato in nessun tipo di problema o non fosse stato fermato da nessuno, una volta controllate le stanze, raggiunte le scale principali sarebbe sceso nuovamente al pianterreno.
     
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    And the curtain fell
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    Primo Grado

    Una volta ringraziato il mio pari grado per avermi ceduto le chiavi, mi diressi verso la porta che mi avrebbe portato nella sala adiacente. Aprii la porta senza problemi, ritrovandomi all'interno della sala da pranzo. Era innegabile il fatto che essa fosse grande ma, per fortuna, non era niente che non potessi gestire da sola. Un lungo tavolo mi si parò davanti non appena entrai e, ai lati della stanza, potei osservare delle colonne. Su una parete laterale, inoltre, si poteva notare un camino con sopra quello che sembrava essere un ritratto di famiglia. Nel lato opposto, invece, un altro portone indicava una via d'uscita diversa da quella dalla quale provenivo. Iniziai subito a controllare la parte della sala a me visibile, poi mi concentrai sul tavolo, coperto da una tovaglia bianca. Facendo attenzione, piegai le gambe in posizione di squat e spostai la tovaglia, in modo da poter notare l'eventuale presenza di oggetti sospetti nascosti. Non ero lì alla ricerca d'indizi, ma era comunque mio dovere controllare ogni minimo dettaglio: la sicurezza degli altri invitati dipendeva dall'efficacia del mio lavoro e non avrei lasciato che niente, nemmeno la cosa più apparentemente insignificante, passasse inosservata. Era tutto tranquillo ma, se non lo fosse stato, ci sarebbero state troppe vite in gioco per permettere eventuali errori.
    Il mio controllo non portò alla luce eventuali anomalie, quindi proseguii. Avevo ancora il camino da controllare, poi avrei potuto proseguire. Anche quel controllo non portò a niente, quindi presi il taccuino e segnai il luogo e l'orario del mio controllo e il fatto che tutto fosse nella norma. Portai, poi, le dita alla ricetrasmittente, pronta a comunicare il mio prossimo spostamento, ma qualcuno parlò prima di me.
    «Codice giallo, tenetevi pronti per la prossima fase.»
    Era il mio superiore, il Prima Classe Reynolds. Con un tono calmo, ci venne comunicato un fatto abbastanza allarmante: era possibile che fossimo stati compromessi. «Continuate la perlustrazione, occhi ben aperti!»
    Forse eravamo stati compromessi, il che significava che era il caso di comportarsi come se lo fossimo stati. «Qui Takeda. Ricevuto.» Mi affrettai a dire mentre la mia mano libera veniva portata verso la mia quinque. Non la sfoderai, ma il semplice toccarne l'impugnatura, così ruvida da non permetterle di scivolarmi dalle mani nemmeno nello scenario peggiore possibile, mi mise sicurezza. Sapevo di potermi fidare della mia arma e che essa mi avrebbe permesso di compiere un ottimo lavoro. Essa mi avrebbe protetta, in caso di necessità, e avrebbe difeso anche tutti i miei colleghi e gli invitati al gala. Dovevo solo essere abbastanza calma da poterla utilizzare, ma mi ero preparata per quel momento e sarei stata in grado di usarla al meglio. Eravamo io, la mia quinque e la mia pistola e ciò sarebbe bastato a compiere il mio dovere.
    Stavo per continuare a parlare quando venni interrotta nuovamente dal mio sottoposto. Il suo essersi dimenticato i gradi mi costrinse a interrompermi, per paura che gli fosse successo qualcosa di grave e avesse avuto bisogno dei suoi superiori.
    «Qui è tutto in regola. Il piano terra? Proseguo per di qua, non credo d'aver bisogno d'aiuto.»
    Avevo iniziato a preoccuparmi per la sorte del Secondo Grado Krieger, pensando che avesse qualcosa da dire riguardo al codice giallo e, per quanto fui sollevata dal sapere che non fosse così, una parte di me aveva considerato la situazione eccessiva. Per me dimenticarsi i gradi era sinonimo del bisogno di comunicare velocemente un'emergenza e, se quello non fosse stato il caso, non vedevo perché ometterli. Normalmente avrei preferito ricordargli l'uso dei gradi, come avevo fatto da Secondo Grado e come sarebbe stato giusto continuare a fare, ma eravamo in emergenza ed era il caso di lasciar correre: un battibecco avrebbe potuto coprire comunicazioni più importanti. E poi, almeno aveva usato il mio cognome, invece che chiamarmi Secondo Grado Kimiko.
    «Se non ci sono problemi troviamoci di nuovo nella sala principale e da lì controlliamo un'altra area.»
    Anche quelle parole non risuonarono bene con me: le sue iniziavano a essere direttive e, da sua superiore, non potevo permetterlo. Non mi sarei mai permessa di comandare un mio superiore, quindi mi aspettavo lo stesso dai miei sottoposti e non potei negare un po' di fastidio, in quanto ancora non ero del tutto convinta delle capacità del Secondo Grado Krieger. Lui stava iniziando a prendersi un po' troppe libertà e la sua insubordinazione non mi piaceva. Tuttavia era necessario che vedessi oltre il mio interlocutore e mi concentrassi sul suo messaggio. Prestai attenzione a ciò che aveva da dirmi, scoprendo in lui troppa voglia di fare le cose da solo. Avevo paura che lui fosse solo un mio sottoposto presuntuoso, capace di pensare di poter comandare me o il mio pari grado per via dell'anzianità, che però contava comunque meno del grado. Giunsi alla conclusione che il suo piano fosse per la seconda volta corretto. Avrei anch'io agito in quel modo, ma non sapevo quanto qualcuno con quel comportamento fosse affidabile. Decisi, dunque, di rispondergli, conscia del fatto di essere in emergenza e di non aver tempo per inutili litigi coi miei sottoposti.
    «Qui Takeda. Per ora è tutto nella norma. Procedo oltre la sala da pranzo. Approvo il piano, Secondo Grado Krieger. Rendez-vous nella sala principale.» Tenni a specificare via radio il fatto che approvassi il piano per due motivi. Il primo era il fatto che io fossi la superiore e che non avrei mai lasciato che il mio sottoposto mi desse degli ordini veri e propri. Non mi sarei fatta mettere i piedi in testa da qualcuno la cui esperienza era dubbia. Tuttavia era necessario sfruttare il fatto che il secondo Grado Krieger avesse elaborato un piano non fallace. Essendo io una sua superiore era mio dovere valorizzare le sue abilità e riconoscergli quelli che pensavo fossero i suoi meriti. Tuttavia quella era la mia prima missione importante da Primo Grado e sapevo che il mio collega più anziano avrebbe potuto avere da ridire. Chi però aveva importanza vitale seguire e assecondare era il Prima Classe Reynolds, che sperai approvasse a sua volta. Altrimenti avrei semplicemente ritrattato.
    «Primo Grado Yokoyama...» Continuai a dire, senza interrompermi. «... continui la ronda ma resti in una posizione intermedia tra noi, per precauzione. Non allontaniamoci troppo, colleghi. Passo.» Cercai di usare un tono serio per comunicare coi miei colleghi, mentre mi muovevo verso la porta ancora chiusa, sperando che la decisione che avevo preso - e che avrei preso comunque - fosse davvero quella giusta. Un codice giallo avrebbe significato un rischio non da poco e, essendo di grado maggiore rispetto a Krieger, lui era una mia responsabilità. Non fare niente per limitarlo sarebbe stato inutile quanto stroncarlo sul nascere. Per il momento, quindi, decisi di provare ad aprire quella porta e a non agire nei confronti del mio sottoposto, ma la cosa non sarebbe continuata per molto. "Su di lui ho un brutto presentimento."



    «Parlato»
    "Pensato"
    «Parlato di Victor»
    «Parlato di Masaki»
    «Parlato di Reynolds»


    Edited by Antoil69 - 14/5/2020, 11:10
     
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    fearful necromancer
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    Fine Turno 04 > Inizio Turno 05

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    + YOKOYAMA MASAKI (NPC)
    Aegis (Koukaku)
    WILFRED REYNOLDS

    Nel mentre controllava il piano terra della biblioteca, Masaki aveva continuato a tendere un orecchio alla ricetrasmittente, in modo da non perdersi niente di quello che i sue due colleghi avessero da dire. Tuttavia, la prima cosa che sentì dopo qualche minuto fu la voce del loro Caposquadra e la brutta notizia che aveva portato loro. Un codice giallo!
    Si fermò per qualche secondo nel bel mezzo della sala, assottigliando lo sguardo e stringendo la presa sul suo taglierino portafortuna. Dopo qualche istante si rivolse anche lui ai suoi due colleghi, la voce sempre civile nonostante tutto «Tutto nella norma anche da me. Secondo Grado Krieger, mi trovo d’accordo con il piano e, Primo Grado Kimiko, ricevuto!» per poi proseguire la sua ronda per le altre stanze del piano terra. Qualunque cosa fosse successa, dovevano stare attenti e in allerta. In fondo, era come se fossero in un rpg con la permadeath e ulteriori errori non erano permessi.



    Mezzo nascosto dietro al muro, solo parte della sua testa a fare capolino, Wilfred studiò con attenzione ogni particolare di quel corridoio. Non c’era nessuno, era via libera. Il suo sguardo vagò, per poi soffermarsi prima su dove sapeva si trovava una delle telecamere di sorveglianza di quell’area, la cui lucina era... spenta. Aggrottò le sopracciglia, spostando poi lo sguardo su una porta che notò essere socchiusa. Una scatola riversa a terra, contenente utensili utili alle cucine, a mantenerla in quello stato.
    Con prudenza e con passo fermo, si avvicinò lentamente alla porta cercando di fare il meno rumore possibile. Cercare di cogliere di sorpresa un possibile ghoul con i sensi più sviluppati dei suoi era una bella impresa ma valeva la pena provarci comunque.
    Con una piccola spinta di un piede, aprì infine la porta, spostandosi prima di lato in modo da cercare di sfuggire a un colpo che, tuttavia, non arrivò. Sospirando, entrò nella stanza, buia, per poi andare a studiare prima con attenzione ciò che lo circondava, specialmente i possibili punti in qualcuno avrebbe potuto nascondersi. Non riusciva a trovare l’interruttore.
    Il suo sguardo cadde poi sulla figura riversa a terra di un ragazzo, la cui divisa lo identificò subito come uno dei camerieri, probabilmente il collega di quello che aveva incontrato poco prima. Comunque sia, non notò ne segni evidenti di colluttazione, ne tracce di sangue. Strano, pensò.
    Tuttavia, non fece nemmeno in tempo ad abbassarsi a controllare che il ragazzo stesse ancora respirando che sentì del movimento dietro di sé, una porta cigolare e il peculiare rumore della formazione di una kagune.
    Sfoderò prontamente la sua quinque giusto in tempo per parare l’attacco di un tentacolo, che spinse via. Ne parrò un altro con il suo fidato scudo, approfittando poi di quei secondi d’intervallo tra un colpo e un altro per lanciare contro il suo assalitore una delle lame nascoste di Aegis. Con uno slancio di gambe, usufruendo di quell’attimo di distrazione che aveva appena creato, si lanciò nel corridoio, provando a colpire quello che era chiaramente un ghoul, il volto semi scoperto, il distintivo kakugan ben visibile.
    E tale ghoul sembrava intenzionato a volerlo incapacitare, già pronto ad attaccarlo di nuovo ma a salvarlo, per il momento, fu il distintivo suono di uno sparo che partiva da qualche parte dietro di lui.

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    Damaris 1&2 (Bikaku)
    + SUGIHARA MIKI (NPC)

    Una volta scesa al secondo piano, Yuka rallentò il passo nei pressi della stanza stata adibita alla video sorveglianza del palazzo. Con un gesto della mano indicò agli altri agenti che la stavano seguendo di rallentare e fermarsi a poca distanza, in attesa di entrare in azione se necessario.
    Si avvicinò con prudenza alla porta che trovò essere socchiusa. Trattenendo il fiato, la sua pistola in una mano e la sua valigetta ben salda nell’altra, diede una leggera spinta alla porta, aprendola dopo essersi spostata di lato.
    Tuttavia non successe niente e con cautela sbirciò l’interno della stanza ma quello che ci trovò, non fu quello che si era aspettata: niente segni di colluttazione evidenti, niente sangue e nessuno in agguato ad aspettarla. Lì dentro non c’erano luoghi in cui potevano facilmente nascondersi.
    I due assistenti erano apparentemente svenuti, uno a terra e l’altro accasciato su un tavolo. Con attenzione Yuka si avvicinò loro, spostandoli con delicatezza quel tanto che bastava per controllare i loro segni vitali. Respiravano ancora entrambi. Tirò un sospiro di sollievo, per poi osservare con più attenzione i vari schermi e le console appoggiate su dei tavoli: erano spenti. O, almeno, la parte legata alle telecamere lo era. Avvicinandosi provò a premere un pulsante ma non successe niente. Non era un’esperta in materia, per cui non provò altro onde evitare ulteriori disastri.
    Aggrottò poi le sopracciglia, recuperando la valigetta che aveva appoggiato ai suoi piedi. Tornò fuori, facendo segno altri agenti di avvicinarsi e fu lì che notò gli altri due Onishi accompagnare il medico che aveva richiesto a Eichi. Salutò i nuovi venuti con un cenno della testa, spiegando loro cosa era appena successo.
    «Qualcuno si è apparentemente introdotto all’interno del palazzo bypassando i nostri sistemi di sicurezza, compromettendo dunque la nostra operazione. Ho appena appurato che gli Assistenti Maeda e Itou sono stati attaccati non letalmente» aggiunse con un lieve sospiro, lo sguardo che non riusciva a celare completamente la sua preoccupazione. Guidò poi il medico all’interno della stanza in modo da accertarsi definitivamente della condizione dei due assistenti, prima di trasferirli in un luogo più sicuro con l’aiuto degli altri.
    Tornando fuori si rivolse di nuovo ai quattro agenti che erano lì con lei «Teniamoci pronti, occhi vigili» disse loro ma fu appena finì di pronunciare quelle parole che la sua attenzione fu all’improvviso riportata alla ricetrasmittente che la collegava con gli altri due colleghi.

    CCG
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    + FRANCESCA SILVESTRI (NPC)
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    Eichi Yamamoto

    AGE
    33 y.o.

    QUINQUE
    Ukaku (Jikininki)

    RANK
    Prima Classe

    Eichi prese la mira con Jikininki per poi premere il grilletto. Il dardo formato da cellule RC solidificate colpì con precisione la spalla del ghoul mascherato, al momento distratto dai colpi che stava scambiando con Wilfred. Quest’ultimo prese la palla al balzo e con un colpo secco della sua quinque, cercò di andare a colpire la nuca del loro avversario nel tentativo di stordirlo. Tuttavia, il ghoul fu più veloce di lui, riuscendo a evitare il colpo di striscio spostandosi quel tanto che bastava di lato, ferendosi solo la guancia.
    «Ahi!» disse dunque il ghoul nel mentre con una mano estraeva il dardo dalla sua ferita che, tuttavia, non si rimarginò subito, per poi tirarlo nella direzione di Eichi una volta fatto qualche passo indietro. Il dardo fu prontamente fermato dallo scudo di Wilfred ma, nel mentre, il ghoul aveva approfittando di quei secondi di distrazione per correre via, ridendo.
    Senza scambiare una parola (quello, in fondo, non era il momento), presero entrambi immediatamente ad inseguirlo nel mentre Eichi, a qualche passo dietro al compagno, aveva un importante messaggio per la loro collega: di prepararsi. E in fretta.
    Con la quinque ben salda nelle sue mani prese di nuovo mira. Quel corridoio non era l’ideale per la sua quinque ma a lui bastava indirizzarlo dove voleva andasse. Quel ghoul non doveva sfuggirgli e, tra l’altro, lì dentro, non aveva molti posti dove fuggire. Wilfred era più veloce di lui ma quel ghoul non scherzava in fatto di agilità. Dovevano solo coglierlo di sorpresa.




    Turno 05.

    Here comes a new challenger!

    La voce dei tre caposquadra è chiara nelle orecchie di tutti, poche parole che racchiudevano tutto: la fase tre ha dunque inizio. Ogni agente in posizione ha quindi iniziato a mobilitarsi, avviandosi nelle nuove aree designate. In sala, la Vice-Direttrice è stata prontamente avvisata ed è quindi pronta a spiegare ai presenti cosa sta succedendo e di rimanere calmi, adempiendo così ai primi passi del piano di evacuazione.

    Sotto le direttive della Prima Classe Shimizu, tutti i membri della squadra d'assalto sono pregati di riunirsi nell'androne: il vostro obiettivo è quello di sbarrare la strada a questo strano Ghoul Misterioso e, possibilmente, catturarlo! Il Prima Classe Yamamoto vi raggiungerà a breve e Reynolds ha velocemente avvertito gli agenti sotto di lui di dirigersi nella nuova location.

    Tempo di mettere in atto delle ottime strategie!

    Good luck ~



     
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    ONISHI SHINSUKE

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    25 y.o.

    QUINQUE
    KOUKAKU (TENGU)

    RANK
    SECONDO GRADO

    eUcWowh
    Raggiungendo la sala di controllo, ormai aperta da chi li aveva preceduti, la caposquadra in poche parole confermò la situazione. Semplicemente non aveva senso per un intruso chiudersi lì dentro, con due potenziali finali: essere catturato o sacrificarsi per intrattenere chi sarebbe giunto a controllare perché i due assistenti non rispondevano più.
    La conclusione per Shinsuke era semplice: la presunzione aveva creato una falla da qualche parte. Quel gala non s'era da fare, ma figurarsi se si poteva dire a voce. Avrebbe tenuto per se i pensieri, mentre gli ulteriori ragionamenti erano a prescindere rimandati alla fine dell'evento, non era né il momento né il luogo per farlo.
    Nell'arco di poco tempo la situazione era destinata a peggiorare, o meglio la conferma che qualcuno era lì in giro.
    Lo spostamento, seguendo gli ordini, doveva essere rapido e scendendo le scale con gli altri, una domanda sorgeva spontanea: che senso aveva per un ghoul da solo introdursi lì e ferire non letalmente i due addetti alla sorveglianza?
    «Non può essere l'unico.»
    O in alternativa avevano qualche talpa, chi poteva garantire il contrario? Magari non poteva dire quanto trovava sbagliato aver scelto quella villa per il gala, solo per le banali ostentazioni di potere a discapito di una sicurezza molto più gestibile, però quella banalissima conclusione poteva esprimerla a voce alta, dava per scontato anche altri ci fossero arrivati.
    Quindi bisognava fermare la sua corsa, che a quando pare era stata direzionata verso l'androne, e allo stesso tempo evitare sia una possibile fuga che l'infilarsi nel salone dove erano riuniti tutti gli invitati, compiendo una bella strage magari, e dove poteva trovarsi un potenziale complice? Facilissimo.
    Aveva solo atteso di essere arrivato in fondo alla scalinata prima di liberare la quinque dalla custodia sulla schiena, facendo scattare la chiusura, studiata per velocizzare quell'azione, e accompagnandone lo scivolamento a terra con la mano. Dovevano fermare qualcuno, limitandone le vie di fuga, tanto valeva approfittare dello spazio nell'androne per usare la sua arma principale.
    «Stringiamo ad imbuto la via di fuga e lo accerchiamo?»
    Aprendo il tessen, con il pavese rivolto verso il basso ad appoggiarsi al pavimento su alcune punte delle stecche, il semicerchio raggiungeva un'apertura sufficientemente ampia da fungere da paravento e, quindi, sia riparare il portatore che bloccare parzialmente una delle alternative di percorso.
    Era rimasto a filo con l'ultimo gradino delle scale, pronto eventualmente a ruotare il grande ventaglio per estendere verso l'alto la sua protezione. Non era stato costretto ad allenarsi nella gestione di quell'affare a caso e fortunatamente gli spazi della villa in quel punto non lo rendevano troppo scomodo.

     
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