Delivery Food Panda

[CONCLUSA] Chihiro Fujioka & Lancelot Moreau; 03/01/2021 - 08:30 PM

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    Altra neve, altri brividi; e poi c’era il naso di Lancelot, rivolto al cielo imbiancato, che minacciava di spezzarsi e schiantarsi al suolo come una stalattite. Si poteva vivere senza naso? Di posti in cui le temperature precipitavano durante l’inverno ne aveva visitati tanti e di certo Tokyo non rientrava tra i casi più estremi, tuttavia il clima della Louisiana gli era rimasto addosso come una seconda pelle, finendo per influenzarlo anche a distanza di anni e paralleli.
    E pensare che in quel momento avrebbe potuto essere avvolto in un turbine di coperte calde e soffici, magari con una tazza di caffè bollente tra le mani. Come un burrito. Ecco cosa voleva diventare da grande: un burrito di ghoul. Un ghourrito.
    E invece no: il maledetto scrittore pazzo lo aveva strappato alla sua sospirata routine e costretto a uscire di casa nel bel mezzo di una nevicata. In realtà a costringerlo ad uscire di casa nel bel mezzo di una nevicata per raggiungere casa Fujioka era stato Levon Moreau, ma Lancelot non avrebbe mai biasimato l’uomo che gli aveva salvato la vita e dato uno scopo. Era più comodo scaricare la colpa su colui che era diventato un argomento troppo ricorrente nelle conversazioni col maestro per non suscitare la gelosia di Lance.
    Non era la prima volta che qualcuno catturava in modo quasi magnetico l’attenzione ballerina del maestro, eppure di rado Lance si era sentito tanto infastidito. Poteva vantare un invidiabile sesto senso - che, ovviamente, attribuiva alla sua natura bestiale - e il suo sesto senso gli gridava che qualcosa non andava. Aveva un mauvais pressentiment che gli artigliava la schiena con troppa insistenza per scrollarselo di dosso, e questo non poteva che intensificare la frequenza dei brividi che lo scuotevano mentre aspettava che Chihiro Fujioka rincasasse.
    Il che, in realtà, era questione di pochi minuti: giusto il tempo di finire la spesa, sperando che sulla strada non si imbattesse in niente che lo incuriosisse.
    Chissà se Chihiro Fujioka si era accorto di quanto fosse stato tenuto d’occhio nell’ultimo periodo, soprattutto dal momento che si era dimenticato di informarli del suo rapporto d’amicizia con uno studente dell’accademia della CCG. Lancelot non voleva averci niente a che fare, ma il maestro aveva deciso che l’ingrato ruolo di guardia del corpo del maledetto scrittore pazzo sarebbe spettato proprio a lui. Perché aveva catturato l’attenzione dello scrittore, aveva spiegato, e non doveva giocarsi quella ghiotta opportunità; lo stomaco del rosso si era annodato per bene nel realizzare l’importanza del suo incarico. E così aveva passato l'ultima settimana a prepararsi psicologicamente al ritorno di Chihiro Fujioka, del quale era stato informato appena un’ora prima mentre era in procinto di trasformarsi in un ghourrito.
    Era quindi stato scaricato sul posto - il condominio abitato dalla sua nemesi - il più velocemente possibile, e prima di abbandonarlo allo spaventoso mondo degli umani gli avevano consegnato un sacchetto di carta con sopra la stampa di una famosa azienda di food delivery: Food Panda. Gli piacevano i panda, erano grassi e stupidi; sì, questo era stato il suo primo pensiero. A sua insaputa, l’interno del sacchetto conteneva non solo una torta di compleanno affidatagli da Levon Moreau, ma anche un biglietto con due parole per Chihiro.
    Entrato nel condominio e trovato l’appartamento senza troppe difficoltà, Lance si era appoggiato di schiena al muro e aveva rivolto lo sguardo alla finestra imbiancata dalla condensa. Era nel mondo degli umani. Da solo. Il cuore gli avrebbe presto sfondato la cassa toracica, a meno che il nodo alla gola non fosse stato più rapido nel togliergli il fiato; in ogni caso sarebbe morto ed era meglio così, la paura di cedere a chissà quale istinto folle ed attaccare qualcuno lo stava divorando.
    “Perché hai mandato me? Tra tutti proprio me...” domandò col pensiero, neanche il maestro fosse stato lì presente.
    La punta del piede sinistro picchiettava sul pavimento, sintomo di evidente nervosismo. Come se non bastasse, il cioccolato della torta pizzicava con insistenza il suo olfatto sensibile.
    Non poteva sopravvivere a quella storia.
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    Quell’ultima settimana di festeggiamenti era proprio volata, tra il suo compleanno e le festività dell’anno nuovo. Si era divertito e passare tempo con le persone a cui teneva, i suoi amici e i suoi genitori, era sempre bello specialmente perché erano tutti riuniti nello stesso luogo. Il regalo migliore secondo lui. La gita alle terme era stata molto, beh, rinfrescante, un bel bonus.
    Aveva ormai salutato i suoi genitori da diverse ore e insieme agli altri era tornato a Tokyo, a quella frenetica metropoli. In fondo la vita di tutti i giorni era lì che li aspettava. Ovviamente aveva guidato lui, tra loro rimaneva quello che sapeva guidare meglio e quello che effettivamente possedeva un auto. Già, non lo avrebbe mai detto nessuno.
    Lasciò quindi Minoru, Makoto e la madre (più cagnolino) di quest’ultimo nelle vicinanze delle loro abitazioni prima di avviarsi verso la propria. Fece però un detour per il supermercato che si trovava lì vicino, ricordandosi che, oltre alle cose che gli avevano dato i suoi genitori, in casa le cose essenziali scarseggiavano. Non che gli servisse molto di principio, per quel poco che mangiava (insomma, i suoi genitori avevano provato a nutrilo il più possibile fintanto era con loro), ma doveva comunque comprare qualche scatoletta in più di cibo premium per la sua piccolina. A lei solo il meglio.
    Parcheggiata la macchina nel garage del condominio, Chihiro prese alcune cose dal portabagagli da portare subito in casa tra cui il trasportino che conteneva Azuki, la sua tracolla da viaggio e la spesa. Il resto lo avrebbe preso non appena avrebbe appoggiato il resto in casa, erano solo qualche scatolone con cibo e altre cose che gli avevano dato i suoi genitori, tra cui alcuni dei suoi vecchi quaderni.
    Una volta nell’ascensore, premette il bottone contrassegnato dal numero del suo piano, studiando poi i numeri che salivano fischiettando il motivetto che accompagnava quel breve viaggio. Ma una volta arrivato al piano e aver messo piede nel corridoio, fu sorpreso di trovare una figura ormai quasi famigliare lì ad aspettarlo.
    «Stalker-kun! Guarda tesoro, è lo stalker di cui ti parlavo» esclamò quindi per poi posare lo sguardo sul trasportino che stava tenendo in mano, ridacchiando appena a quella pseudo presentazione. Alzò poi un sopracciglio, riportando lo sguardo sul ragazzino dai capelli rossi, un leggero sorriso soddisfatto ad adornargli le labbra. Che fosse contento di vederlo era palese, in fondo si era messo già l’anima in pace sul fatto che probabilmente gli avrebbero spedito qualcun altro per fargli da guardia. Beh, con la sua presenza lì, non poteva che interpretare la situazione diversamente. Si stava proprio chiedendo quando si sarebbero fatti sentire nuovamente.
    Inserì la chiave nella porta d’ingresso, inserendo poi il passcode dello smart lock, aprendola così con un cigolio. Accese poi le luci e il riscaldamento non appena mise piede in casa, rabbrividendo appena per l’aria fredda che permeava l’appartamento. Ah, gli sarebbe poi anche toccato pulire e spolverare. Ma tutto a tempo debito.
    «Accomodati pure» disse quindi a Lancelot, nel mentre Chihiro, dopo aver appoggiato la borsa per terra e la busta della spesa sul mobile dell’ingresso, fece uscire Azuki dal suo trasportino in modo da farle sgranchire un po’ le zampette nel tempo che ci avrebbe messo a prendere le altre cose dall’auto.
    «Anzi, ora che sei qui, vieni a darmi una mano. Ho altre cose in macchina da prendere» chiese infatti pochi istanti dopo, non aspettandosi un rifiuto da parte sua a quella innocua richiesta, girandosi nuovamente nella sua direzione «Appoggia pure quella busta su questo mobile» aggiunse poi con un sorriso, notando cosa l’altro tenesse in mano.
    Aspettò quindi che Lancelot fece come gli aveva detto prima di uscire dall’appartamento e dirigersi nuovamente verso l’ascensore, premurandosi di chiudere la porta di casa una volta furono entrambi fuori, salutando per il momento Azuki con un bacino. E di avere le chiavi con sé.
    «Come sei riuscito ad entrare nel condominio? Ti ha aperto qualcuno? O hai fatto il ninja da bravo stalker?» chiese poi genuinamente curioso, una mano al mento, ridacchiando appena al pensiero, nel mentre l’ascensore li riportava al piano interrato.
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    Alla fine non mi sono voluta allungare troppo su cosa è successo durante le festività, vedendo che a una certa dovrei pubblicare una oneshot proprio su questi dettagli lol


    Edited by alyë - 14/9/2021, 02:22
     
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    I nervi di Lancelot esplosero nell’udire il silenzio riempito dal suono del motore dell’ascensore. Con una sorta di risucchio, l’ascensore cominciò una lenta discesa. Ad averlo chiamato era stato Chihiro Fujioka, un altro inquilino o, peggio ancora, un inquilino dello stesso pianerottolo dello scrittore? Lancelot aveva i minuti contati prima di scoprirlo e, nel peggiore dei casi, raccogliere il poco coraggio di cui era capace per apparire convincente come omino delle consegne. Non era poi così strano trovare rider appostati fuori dagli appartamenti, in attesa che qualcuno aprisse loro la porta; o almeno, così gli era stato spiegato da Jacques, per ovvi motivi Lancelot non aveva mai ordinato del cibo.
    Sarebbe andato tutto bene.
    Tutto bene, sì.
    Adesso doveva solo convincere le sue mani a smettere di tremare. Se la torta gli fosse caduta lo avrebbero di certo punito...
    Si strinse il pacco al petto, confidando più nella fermezza delle braccia che delle mani; meglio una torta un po’ schiacciata che una a pezzi. Non c’era da sorprendersi che stesse riscontrando tante difficoltà nel prendersi cura di un oggetto fragile, abituato com’era ad essere usato come arma piuttosto che portapacchi.
    Rimase paralizzato, le spalle curve in avanti come a volersi accartocciare e sparire, e il viso pallido, ben lontano dall’ideale di tediosa routine che avrebbe dovuto trasmettere impersonando un rider. Quando le porte dell’ascensore si aprirono, gli occhi sbarrati di Lancelot incontrarono la faccia da schiaffi di Chihiro Fujioka. Proprio lui, la persona che stava aspettando, accessoriata di pacchi e gatto ingabbiato.
    Il ragazzino esplose in un sospiro sollevato, che non perse tempo a diventare un soffio stizzito quando Chihiro aprì la bocca. Non si erano neanche salutati e Chihiro si era già guadagnato un’occhiata torva, arricchita sopracciglia aggrottate e labbra cucite per non rispondere in modo sgarbato.
    «Bonsoir.» borbottò, come all’hotel.
    Stesso saluto, tono decisamente meno affabile. Non intendeva nascondere quanto poco gradisse il soprannome affibbiatogli dal maledetto scrittore pazzo, d’altro canto, però, non era vero che lo aveva seguito e spiato? Tuttavia avrebbe preferito essere chiamato per nome - meglio ancora per cognome, ma per il momento non poteva rivelarlo.
    Gli occhi serpentini del ghoul non scivolarono dalla figura di Chihiro finché non entrò in casa. A quel punto fu inevitabile per Lance scoccare un’occhiata all’interno: l’aveva spiato a lungo, ma non aveva mai pensato che un giorno avrebbe visto quell’appartamento così da vicino, e lo stesso valeva per la gatta, che non appena fu lasciata libera divenne il centro della sua attenzione.
    «Permesso...» si annunciò sottovoce, osando poi muovere appena un paio di passi dentro.
    Faceva freddo ed era ovvio, data la lunga assenza di Chihiro, eppure Lance se ne meravigliò. Chihiro era la persona più anormale del mondo, ma quando pensava a quelle quattro mura le immaginava calde. Con la torta ancora stretta al petto, si guardò intorno con la curiosità di un bambino e le pupille dilatate al massimo, fossilizzando infine la propria attenzione sul batuffolo di pelo rosso che fu liberato dalla sua gabbia: dal vivo era persino più bella che nelle fotografie, pensò, meravigliato.
    Fu Chihiro a riportarlo a galla per la seconda volta, dandogli un ordine che Lance, abituato ad obbedire, eseguì immediatamente. Dopodiché lo seguì in silenzio, rimanendo però immobile nel corridoio a fissare il profilo della gatta finché non sparì oltre la porta chiusa.
    Si era innamorato. Di un gatto.
    Peccato che ora fosse di nuovo solo col padrone, che seguì controvoglia nell’ascensore mettendo di nuovo su il broncio che ormai era irrinunciabile quando erano soli e al sicuro dallo sguardo indagatore del maestro. Entrato nell’ascensore, una gabbia in cui l’odore di carne umana era così forte da dargli le vertigini, si addossò ancora una volta a uno dei quattro angoli, la testa bassa e l’atteggiamento di assoluta chiusura che richiamavano la scena in automobile.
    «Gradirei essere chiamato col mio nome, soprattutto in circostanze in cui qualcuno potrebbe fraintendere. E comunque niente arti ninja. I ninja sono… cool, ecco. Gli stalker invece sono brutte persone.» ribatté appena le porte si chiusero, senza cercare lo sguardo di Chihiro; era infatti impegnato a cercare qualcosa sul fondo della tasca destra dei pantaloni, che appena trovò mostrò all’altro: un mazzo di chiavi. Quelle del portone d’ingresso. «Ho solo usato le chiavi.»
    Non era poi un grande colpo di scena, a meno che non si considerasse che, in qualche modo, il maestro era entrato in possesso delle chiavi di un condominio. Levon Moreau non si stava facendo problemi a mostrare a Chihiro quanto in là si spingessero le sue risorse.
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    Chihiro sorrise beatamente a Lancelot, come a ricambiare il suo saluto non curandosi più di tanto della sua aria un po’ infastidita. Niente di troppo diverso dal solito, dunque. Poi trovava il broncio carino. Gli ricordava il suo amico Minoru alla sua età. Ma ora che ci pensava, quanti anni doveva effettivamente avere Lancelot? Chihiro gliene dava 16. Ma forse era solo basso. Doveva chiederglielo, era curioso ma tutto a tempo debito, prima dovevano andare a prendere le cose che aveva lasciato in macchina.
    L’ascensore continuava a scendere, i piani fino a quello sotterraneo non erano poi tantissimi, per cui la discesa non sarebbe durata troppo. A fargli compagnia per il tragitto non c’era più solo il motivetto ma la personcina che gli era stata gentilmente recapitata di fronte a casa sua. Che fortuna, non poteva essere solo una coincidenza fortuita. Tecnicamente per proteggerlo e tenerlo d’occhio, non che a lui importasse veramente. Si sarebbe divertito con lui, era quello che secondo lui contava. Hashtag priorities.
    «Non ti piacciono i soprannomi? A me si e Stalker-kun ti calza a pennello» commentò quindi Chihiro alle parole dell’altro, inclinando un poco la testa di lato dopo avergli lanciato un’occhiata divertita «Ma va bene, Lancelot-kun, mi sforzerò. E non ti preoccupare se qualcuno fraintenda, do soprannomi a tutti» aggiunse poi, senza promettere niente di concreto. Dare soprannomi era piè forte di lui e la maggior parte delle volte venivano integrati così tanto nella sua vita che diventava difficile non usarli. Li trovava simpatici.
    «Ninja, stalker, di base sono simili. Vuoi essere invece chiamato Ninja-kun?» chiese dopo un battito senza aspettarsi una vera risposta dall’altro, la domanda retorica, ridacchiando appena nel mentre l’ascensore si stava fermando e le porte erano in procinto di aprirsi.
    Una volta usciti, posò lo sguardo sul mazzo di chiavi che Lancelot aveva tirato fuori dalla tasca dei suoi pantaloni così da mostrarglielo, incuriosendolo «Copiate? Rubate?» domandò quindi, roteando le sue di chiavi su un dito andando poi ad aprire la porta che li avrebbe fatti entrare nel garage sotterraneo del condominio.
    «Sai anche il pass-code della porta di casa? Beh, ora lo hai visto~» continuò, nel mentre con passo sicuro si era avvicinato a dove aveva parcheggiato la sua automobile, una Toyota Yaris grigio scuro che aveva comprato non da moltissimo dopo aver venduto la sua vecchia auto. Fortuna che il viaggio fino ad Ibaraki non era stato lunghissimo, perché si, un po’ stretti erano stati. Specialmente al ritorno.
    Passate le altre auto degli inquilini ed essere arrivati alla sua, aprì quindi il portabagagli, studiando per un attimo le due scatole. Quale delle due scatole era quella più pesante? Chihiro, debole com’era, avrebbe sicuramente scelto quella meno pesante per sé, affidando poi l’altra a Lancelot. Dopotutto, il ragazzino non era un ghoul? Per quando ne sapeva doveva essere certamente più forte di lui. Forse anche più forte del “piccolo” Makoto. Alla fine, con fatica, passò al rosso quella contenente tutti i suoi libri e la borsa con tutte le cose di Azuki appoggiata sopra. Chihiro, tutto paonazzo in volto, prese quella con il cibo, chiudendo poi la portiera con attenzione, riavviandosi verso l’uscita e poi all’ascensore.
    Una volta dentro al vano, appoggiò per il momento la scatola a terra, cercando di recuperare il fiato nel mentre l’ascensore saliva. Almeno con la presenza dell’altro si era salvato un viaggio. E più fatica. In una situazione normale ci sarebbero stati Minoru e Makoto, i due palestrati, ad aiutarlo ma quella sera erano entrambi occupati, per cui non poteva farci molto.
    Risaliti al piano, Chihiro sospirò, prendendo a trascinare la scatola fuori dell’ascensore, per poi lasciarla per qualche istante lì nel mentre andava ad aprire e bloccare la porta del suo appartamento in modo che potessero entrare senza troppi problemi, Azuki che li aspettava seduta sul gradino che separava l’ingresso dal salotto, come la regina che era.
    Dopodiché Chihiro, con fatica e testardaggine, andò a riprendere la scatola, guidando il ragazzino all’interno del suo appartamento, togliendosi le scarpe con gesti studiati con i piedi, infilandosi in un paio di ciabatte che aveva lasciato lì, accanto a quelle per gli ospiti. Azuki si spostò, facendoli passare. Almeno, in quei minuti di assenza, l’appartamento si era un po’ riscaldato.
    «Appoggiala pure qui e lascia pure il tuo capotto nell’attaccapanni all’ingresso» disse a Lancelot con il fiato corto, appoggiando la scatola nel bel mezzo del salotto, tra il tavolo da pranzo e il divano. Le avrebbe smistate poi, spostando infine le scatole vuote nello sgabuzzino all’ingresso.
    Soddisfatto, andò a chiudere la porta di casa, togliersi il capotto e recuperando la borsa della spesa che, dopo essere tornato nella sala principale abbandonò sul tavolo, lasciando anche la sua tracolla sopra uno dei due scatoloni.
    «Dovrei pulire casa» mormorò, pensoso, ragionando sul da farsi e come organizzare il tutto, specialmente ora che aveva un ospite speciale in quelle quattro mura, non poteva di certo lasciare la casa impolverata «Se ti approva, gioca con Azuki nel mentre. Intanto che ci sei prova a darle da mangiare, trovi tutto nella busta della spesa e le ciotole pulite in uno degli armadietti bassi della cucina, il secondo dalla sinistra» gli disse quindi, tutto allegro e sorridente. Aveva infondo notato lo sguardo adorante che il ragazzino aveva mostrato quando aveva notato la sua piccolina e secondo lui era importante si conoscessero. Soddisfatto, andò a prendere stracci e altre cose per pulire dallo sgabuzzino.
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    Edited by alyë - 17/9/2021, 22:20
     
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    Lance Moreau 「 Calavera 」
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    Poco avvezzo alla compagnia, la quantità di stimoli di cui Chihiro lo bombardava erano estenuanti per Lance. Bastò infatti una manciata di minuti perché le sue batterie sociali, già poco performanti per difetto di fabbricazione, si esaurissero miseramente; oltretutto, Lance era abbastanza sicuro di avere delle batterie di riserva a cui attingere.
    Aveva faticato a seguire ogni spostamento dello scrittore mentre erano in casa: non perché non ne fosse capace - anzi, essendo un buon cacciatore aveva parecchia esperienza nel tracciare le prede -, ma perché la situazione del tutto nuova lo scombussolava. Quella non era una caccia e Chihiro Fujioka non era la sua prossima vittima. Benché la sua vita fosse stata un susseguirsi frenetico di trasferimenti e nuove esperienze, Lance non aveva mai imparato ad affrontare con filosofia e serenità i cambiamenti.
    Il terrore di commettere un errore lo tormentava in forma di un dolore allo stomaco, come se le sue stesse viscere si stessero autofagocitando; la paranoia che lo consumava era visibile nel modo in cui picchiettava ansiosamente il tallone destro con il pavimento dell’ascensore, mentre si mordeva le pareti della bocca nonostante non avesse fame.
    Ne aveva visti tanti di mostri come lui sparire tra le fauci dell’Albero della Vita. Se vivere era una sofferenza che scontava come una pena per essere nato ghoul, di morire non ne aveva il coraggio: quel che lo aspettava dopo la morte era di certo stato il peggio che potesse essere riservato a un’anima. Per questo pregava Bondyé di non fare errori e che Chihiro non giocasse con la sua lucidità com’era accaduto l’ultima volta.
    Per una volta la fortuna fu dalla sua parte e, teso come una corda di violino, scrollò le spalle alla domanda sul passcode. «L’ho visto, ma non lo sapevo. Mi è stato ordinato di non invadere la sua privacy fino a questo punto.»
    Il ghoul seguì l’umano attraverso il parcheggio, si caricò di un pacco con dentro libri e una borsa senza alcuna fatica, tornò nella gabbia metallica sempre più satura del profumo della carne e accompagnò Chihiro fin dentro casa. Il tutto in rigoroso silenzio: avrebbe potuto vincere il premio Anima della Festa 2021, ma farglielo notare sarebbe stato solo come infierire su un moribondo, bastava uno sguardo al volto esangue per capirlo.
    Solo quando furono di nuovo al sicuro tra le pareti dell’appartamento Lance si lasciò andare a un sospiro sollevato. Era grato a Bondyé per non avergli fatto incontrare altri esseri umani e aver evitato che Chihiro gli giocasse altri brutti scherzi. La casa era pure un po’ più calda di prima.
    E a proposito di Chihiro, non poté fare a meno di rimanere a fissarlo mentre riprendeva fiato, le sopracciglia aggrottate dalla sorpresa e le labbra socchiuse come se avesse voluto dire qualcosa. Sembrava esausto, come se nello scatolo fossero state contenute pietre, non semplice cibo. Aveva evitato di chiedergli se volesse affidare entrambi i pacchi a lui per non sembrare troppo servizievole - era per Levon Moreau che lavorava, non per Chihiro Fujioka -, ma vederlo tanto affaticato lo faceva sentire in colpa.
    “È davvero fragile. Molto più fragile di qualunque umano abbia conosciuto.” considerò mentre appendeva il cappotto, per poi ricordarsi che gli umani che aveva conosciuto in diciassette anni di vita, prede escluse, li poteva contare sulle dita di una mano. Il suo non era certo un metro di giudizio affidabile.
    Dando l’ennesima conferma di quanto corretto fosse il parallelismo con Azuki, Lancelot continuò a seguire in silenzio ogni movimento di Chihiro finché non ricevette nuovi ordini.
    «Très bien.» disse, per poi sospirare stizzito con se stesso: ricordarsi di parlare in giapponese era così ostico nei momenti di stress. «D’accordo.»
    Per fortuna Chihiro non era apparso infastidito dalla frequenza con cui ricorreva al francese, almeno finora. Essere nato nell’unico quadrato di terra statunitense in cui si parlava più in francese che in inglese ed essere stato cresciuto da un uomo che, con annessi subordinati, usava quasi sempre il francese aveva reso Lancelot più francofono di un cittadino parigino.
    Nuova missione: farsi notare dalla creatura che gli aveva rubato il cuore. Seguendo le istruzioni nello stesso ordine in cui erano state date, il ragazzino tirò fuori dalla busta della spesa le bustine di cibo per gatti, dopodiché, discreto e attento a non guardare mai la gatta per paura di indispettirla, studiò per un momento la disposizione dei mobili per individuare quello giusto, aprì lo sportello e appoggiò sul ripiano della cucina una ciotola pulita.
    Infine ebbe la brutta idea di leggere il retro della bustina per accertarsi di non sbagliare le dosi.
    E fu il panico.
    Rivolse alla gatta uno sguardo perplesso, quasi preoccupato.
    «… qui dice… credo… due bustine e mezzo ogni quattro chili? Quanto pesa Azuki-san?» gli occhi confusi di Lance vagarono per l’appartamento alla ricerca di Chihiro: aveva bisogno di aiuto e in fretta, prima che Azuki lo odiasse. Dov’era finito il maledetto scrittore pazzo?
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    «Très bien» imitò con un forte accento nel mentre si stava avviando verso lo sgabuzzino all’ingresso. Non era infastidito dall’uso che il ragazzo stava facendo del francese, il problema si sarebbe creato se avesse fatto interi discorsi in una lingua che non capiva. Si sarebbe sentito escluso e non era bello sentirsi esclusi, no? Poi non è che conoscesse molte lingue, anche perché non si era mai veramente interessato ad impararne altre. Infatti, oltre la sua madrelingua, sapeva solo l’inglese.
    La luce che pendeva nello sgabuzzino si accese sfarfallando, doveva proprio cambiare quella lampadina, e con gesti pratici prese a tirare fuori i vari prodotti da usare da uno desgli scaffali sopra la lavatrice. Aveva deciso d'iniziare dal bagno, per poi passare alla sua camera da letto e infine alla sala principale dove si trovavano il soggiorno e la cucina. Per il momento gli interessava fosse tutto pulito e senza polvere, grazie al cielo era una persona ordinata già di suo e quindi il lavoro da fare non era molto. Al contrario del suo BFF.
    Presi stracci e prodotti, uscì quindi dallo sgabuzzino spegnendo per il momento la luce. Ci sarebbe tornato poi, aveva l’aspirapolvere e il mocio ancora da recuperare ma per quelli ci sarebbe passato una volta finito tutto il resto. Passando dal soggiorno, l’attenzione di Chihiro fu catturata da un perplesso Lancelot con le buste di cibo per gatti in mano e dalla sua innocua domanda.
    «Non si chiede il peso ad una fanciulla, vero tesoro mio?» commentò quindi un Chihiro che a malapena stava trattenendo un sorriso, lanciando poi uno sguardo d’intesa alla gatta che era intenta invece a studiare lo sconosciuto a debita distanza di sicurezza.
    Chihiro ridacchiò dopo qualche istante per poi avvicinarsi al ragazzino abbastanza da poter sussurrargli un «4,5 kg circa» nel mentre annuiva con convinzione per poi andare ad aggiungere dopo un battito, a tono di voce normale «Dagliene quanto indicato, non succede niente se gliene dai poco più o poco meno» per poi ritornare a fare quello che stava facendo con tutta la tranquillità del mondo.
    Al limitare del corridoio tuttavia, Chihiro si voltò di nuovo nella sua direzione ponendo la domanda che gli era venuta in mente meri minuti prima «Ah giusto, ma quanti anni hai, Lancelot-kun? Io te ne do 16, ci ho preso?» chiese quindi, genuinamente curioso della sua risposta, non che gli cambiasse veramente qualcosa. Prima di sparire, tuttavia, avrebbe aspettato che l’altro rispondesse.
    Dopodiché, per scrupolo, gli disse anche «Non farti problemi a guardarti in giro o guardare la TV con Azu-nya» come a ricordargli di rilassarsi e di non preoccuparsi, di fare come fosse a casa sua. Detto ciò, raggiunse il bagno alla fine del corto corridoio e, dopo essersi rimboccate le maniche del maglione ed essersi messo i guanti, con prodotto e panno in mano prese dunque a dare una pulita generale alla stanza. Il bagno non era enorme ma era tipicamente diviso in due, con la vasca e doccia in un’altra stanza dietro una porta scorrevole.
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    Lance Moreau 「 Calavera 」
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    Lancelot era nel panico. Tanto per cambiare. Il tempo scorreva implacabile e presto, se non fosse corso ai ripari, Azuki lo avrebbe certamente odiato, spazzando via l’unico aspetto positivo del dover fare da balia a Chihiro Fujioka.
    Non poteva di certo prenderla in braccio, la gatta non avrebbe acconsentito a lasciarsi toccare da un estraneo e non era neanche certo di saper maneggiare qualcosa di delicato come un essere vivente. I pochi contatti fisici che coloravano la sua vita erano quasi esclusivamente violenti, in ogni modo possibile; persino le carezze del maestro talvolta si trasformavano in vere e proprie morse da cui era impossibile districarsi. No, decisamente il contatto fisico non faceva per lui, era già tanto che fosse riuscito a recapitare una torta integra, non avrebbe allungato neanche un dito su Azuki.
    In suo soccorso intervenne Chihiro, o almeno questa fu la sua speranza, che si infranse contro il muro di un rimprovero inaspettato. Le guance del ragazzo si imporporarono vistosamente, gli occhi dorati dardeggiarono sulla bustina di cibo per gatti evitando il contatto visivo con Chihiro.
    «Non… lo sapevo.» tentò goffamente di giustificarsi.
    Non aveva idea che alle donne non si chiedesse il peso. Sapeva che, in generale, era sgarbato porre domande sull’età, ma nessuno lo aveva mai ammonito riguardo il peso. La possibilità che Chihiro si stesse prendendo gioco di lui lo attraversò solo quando lo sentì vicino, troppo vicino per i suoi gusti. Come già dimostrato in precedenza, Lance non aveva alcuna voglia di dividere lo spazio personale con un essere umano, e anche in quest’occasione non perse tempo ad arretrare un paio di passi, la testa incassata tra le spalle curve in avanti e tutta l’aria di chi si aspetta di essere colpito a tradimento.
    Ciò che invece accade fu solo un sibilo: quattro chili e mezzo. Il ghoul riaprì gli occhi e sollevò lo sguardo, ritrovando la faccia da schiaffi dello scrittore che, ancora una volta, l’aveva preso in giro.
    Deglutì, visibilmente esterrefatto. “Di questo passo mi farà diventare matto. Come se non lo fossi già.” la consapevolezza era sempre il primo passo.
    Dimentico della povera gatta che aspettava pazientemente la sua cena, seguì con occhi attenti l’umano che si avviava verso il corridoio. Se uno sguardo avesse potuto uccidere, quello che Lance rivolse a Chihiro avrebbe compiuto una strage.
    «Diciassette.» asserì, dopodiché tornò al suo incarico senza ulteriori commenti.
    In meno di un minuto la ciotola fu riempita con la dose consigliata nelle istruzioni: due bustine e mezzo; quella in eccesso fu chiusa e riposta nella confezione, assieme alle altre ancora integre. Non sapendo dove si trovasse la spazzatura, né quale contenitore fosse destinato alla raccolta della plastica, per il momento lasciò sul tavolo le buste vuote, quindi adagiò sul pavimento la ciotola e si allontanò con passo felpato per lasciare ad Azuki tranquillità.
    Chihiro l’aveva invitato ad esplorare l’appartamento o guardare la TV con la gatta, ma Lancelot non sapeva usare il telecomando né aveva intenzione di darsi al voyeurismo. Marciò attraverso il corridoio con passo svelto, dritto dove Chihiro aveva cominciato le pulizie.
    Con un briciolo di imbarazzo - lo metteva a disagio guardare qualcuno pulire - si fermò sull’ingresso, le braccia incrociate al petto e lo sguardo contrito. Sembrava voler dire qualcosa, ma le parole tardarono a sfondare il muro delle labbra.
    «Perché fa così? Non è gentile!» e quello voleva suonare come un rimprovero, ma sembrava più un pigolio lamentoso. «L’altra volta ha detto di non avere paura di me perché non le avevo dato motivo di averne. Ci tiene così tanto a darmi un motivo per darle un motivo? … mi sono spiegato malissimo.» la voce era andata sbiadendo a metà discorso, persa nei meandri di una logica che gli era completamente sfuggita di mano. Si costrinse a prendere un lungo respiro prima di tornare a parlare. «Quel che volevo dire è che non dovrebbe avvicinarsi troppo a me. Sono un ghoul, dovrebbe bastare.»
    Ma sapeva che con Chihiro non sarebbe bastato, per questo doveva convincerlo della sua visione.
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    Edited by Yukari - 27/9/2021, 14:48
     
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    «Circa uno in meno di Mako-chan quindi» aveva mormorato tra sé e sé pochi istanti dopo che il ragazzino aveva risposto alla sua domanda, prima di effettivamente sparire per il piccolo corridoio che separava la sala principale dall’ala notte. Beh, non ci aveva preso ma sicuramente c’era andato vicino! Non gli cambiava poi molto quanti anni effettivamente lui avesse, nella sua testa ormai Lancelot si era focalizzato come un piccolo gattino irrequieto con il broncio. L’immagine mentale lo fece velatamente sorridere, era buffo. Che avesse degli artigli molto affilati era di secondo piano.
    Si era messo dunque a pulire, partendo dal lavabo ma fu presto preso completamente di sorpresa, troppo concentrato nel cercare di raggiungere la parte superiore del mobiletto dove sapeva la polvere era usuale condensarsi, non si era accorto che il ragazzino lo aveva seguito dopo poco, facendolo quasi sobbalzare dallo sbigottimento. Azuki era dietro a pochi passi di distanza da Lancelot, lo aveva seguito poco dopo aver finito di mangiare. Forse per preoccupazione per il suo padrone, riconoscendo l’altra persona troppo simile ad un umano come una possibile minaccia. O forse no, era solo curiosità.
    Chihiro si voltò quindi nella direzione della porta, dei ciuffi di capelli che gli erano sfuggiti dalla coda di cavallo gli oscurarono parzialmente la visuale, che scostò dietro un orecchio con una mano, posando poi lo sguardo su Lancelot che lo stava guardando con il sopracitato broncio che aveva iniziato a ricollegare alla sua persona.
    Ascoltando le parole dell’altro, la sua espressione neutrale cambiò in una di confusione. Non riusciva a comprendere cosa l’altro volesse intendere con le sue parole, gli mancava il nesso. Insomma, non gli sembrava ci fosse stato nessuno catalizzatore per il suo scoppio emotivo. Quindi si, Chihiro non poteva che essere confuso ed era proprio da lui interpretare tutto il contrario, arrivando così alla conclusione che il ragazzino si sentiva messo da parte. Da solo, non preso in considerazione. Poverino. E doveva essere lui quello intelligente.
    Per cui fece la cosa che sapeva fare meglio: aprire bocca senza starci a pensare troppo su.
    «Sei mio ospite e mi stai simpatico, non mi dispiace passare del tempo con te» gli disse quindi, sorridendo appena come se quello potesse certamente spiegare tutto, mancando completamente il punto della situazione e finendo anche per ignorare il resto che il ragazzo aveva da dire «Ma se vuoi così tanto darmi una mano, in due si fa prima» aggiunse poi, allungando nella sua direzione quello che stava tenendo in mano, spruzzino e strofinaccio.
    «I ghoul sanno pulire, vero?» si ritrovò a chiedere dopo qualche istante di silenzio con molta serietà. Era anche vero che non ne sapeva molto di come si comportavano i ghoul e ora che ne aveva finalmente uno di fronte (o meglio, uno di cui sapesse la natura) era forse arrivato il momento d'interrogarlo.
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    Edited by alyë - 27/9/2021, 20:06
     
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    Lance Moreau 「 Calavera 」
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    La poco convincente determinazione di Lancelot si scontrò con la visibile confusione di Chihiro. Sebbene mantenere troppo a lungo un contatto visivo lo imbarazzasse inevitabilmente, il ghoul si sforzò di ignorare la lama di vergogna che gli logorava lo stomaco e attese, in rigoroso silenzio, una reazione dello scrittore, senza distogliere gli occhi dai suoi.
    Odiava quella decina di centimetri di statura che li separava e lo costringeva a guardare Chihiro dal basso verso l’alto - o meglio odiava essere basso, per una miriade di motivi che andavano dal semplice vantaggio strategico nei combattimenti al potersi dare un contegno in situazioni in cui voleva risultare convincente. Di fatto però rimaneva un ragazzino minuto e con evidenti problemi; se non fosse stato un ghoul non avrebbe fatto paura a una mosca.
    Se la prima affermazione pronunciata da Chihiro ebbe un briciolo di attinenza con l’argomento, ciò che seguì smentì che avesse compreso anche solo una virgola di quel che Lancelot aveva detto. Anzi, se possibile Chihiro aveva addirittura aggravato la sua posizione, sostenendo di avere in simpatia un mostro da cui sarebbe dovuto scappare a gambe levate.
    D’accordo, pensò Lancelot, si era spiegato male, ma non così tanto male. Almeno secondo la sua visione, che però si era rivelata fallace come al solito, avendo come risvolto un unico sospiro traboccante di esasperazione.
    «… oui.» la disperazione nella sua voce era quasi palpabile.
    Prese a massaggiarsi le tempie con movimenti lenti e ripetitivi, indeciso se sentirsi lusingato o sbraitargli contro che era un idiota. Alla fine prevalse lo scarso amore per se stesso, e involontariamente finì per crogiolarsi nella strana e non del tutto piacevole sensazione di aver catturato le simpatie di qualcuno.
    Considerando chi era il qualcuno in questione il maestro ne sarebbe stato felice, i suoi nervi un po’ meno.
    «Oui, so pulire.» ripeté con tono più clemente, afferrando lo spruzzino e lo strofinaccio che Chihiro gli aveva passato. «Vivo da solo, devo saper tenere una casa. Da dove vuole che cominci?»
    L’agitazione che si dibatteva in fondo allo stomaco non aiutava la mente di Lancelot, già poco avvezza alle relazioni umane, a formulare discorsi che esprimessero appieno la sua complessa interiorità.
    Quel che aveva voluto dire era tanto semplice da suonare quasi inverosimile nella sua banalità: aveva paura - no, era assolutamente terrorizzato dall’idea - di fare per l’ennesima volta del male a un innocente. Per quanto Chihiro Fujioka fosse probabilmente la persona meno innocente del mondo, sotto certi punti di vista. Ma sembrava proprio che quell’argomento sarebbe stato affrontato un altro giorno.
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    Ecco, udire quella punta di disperazione nella voce dell’altro era a conti fatti una cosa alquanto famigliare per Chihiro e quasi non ci diede peso. Perché dovrebbe? Bastava averla riconosciuta e catalogata. In fondo l’aveva sentita abbastanza spesso nel corso degli anni, specialmente da parte del suo amico Minoru. A un certo punto quest’ultimo aveva pure smesso di farsi domande, evitando un sacco di mal di testa sul nascere anche se così nonostante, la cosa poteva finire per essere una lama a doppio taglio.
    Chihiro lo osservò quindi massaggiarsi le tempie per poi rispondere alla sua domanda, prendendo infine le cose che gli aveva porto. Intanto che c’era, Chihiro gli passò anche un paio di guanti che teneva nell’armadietto sotto il lavabo come riserva, un po’ più consumati. I ghoul si rovinano le mani? Si chiese, appuntandosi mentalmente di fargli anche quella domanda in un secondo momento sperando se lo ricordasse.
    «Che bravo, un piccolo ometto tutto fare!» disse quindi, sorridendogli appena mentre da terra recuperò anche una bacinella dove aveva lasciato altri stracci e prodotti.
    «Da solo? A Tokyo?» commentò poi, lanciandogli un’occhiata sorpresa dopo aver aperto la porta che separava i due spazi del bagno «A 17 anni da gaijin... i tuoi genitori si devono fidare parecchio di te» continuò, portandosi una mano al mento. Gli sembrava una cosa abbastanza inusuale, almeno secondo i suoi standard, per quanto strano possa sembrare conoscendolo. Un ipotesi che si fece era che i genitori del ragazzino erano quasi sempre fuori (a fare cose losche, fu la sua congettura), lasciandolo perlopiù da solo. Per cui era come se vivesse effettivamente da solo! Poverino! Nemmeno lui aveva iniziato a vivere da solo fino ai vent’anni, più che altro perché prima di allora non aveva avuto un vero motivo per farlo ma dopo che i suoi genitori si erano trasferiti e avevano venduto la loro vecchia casa, non aveva avuto molta scelta.
    «Continua pure qui, se ti serve altro trovi tutto appoggiato sul mobiletto. Io penso all’ala della vasca» fu quello che disse dopo qualche istante di silenzio in risposta alla domanda che Lancelot gli aveva fatto. Secondo lui, dividendosi il lavoro così, avrebbero fatto prima. Almeno per il bagno.
    «A passare lo straccio, ci penserei dopo aver sistemato anche la camera da letto e il salone» specificò infine, accendendo la luce della doccia e preparandosi ad iniziare a pulire anche lì, un altro spruzzino in mano.
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    Lance Moreau 「 Calavera 」
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    L’ennesima occhiata rovente fu aggiunta all’ormai sterminato catalogo della scontrosità di Lance nei confronti di Chihiro Fujioka: ometto avrebbe potuto dirlo a un bambino di dieci anni, lui ne aveva diciassette. Aveva l’impressione che lo stesse trattando - sottovalutando - come un bambino, quando in diciassette anni di vita aveva visto cose che Chihiro non si sarebbe mai sognato.
    Ci teneva davvero così tanto a farlo innervosire? O forse… poteva, quello, essere semplicemente il suo vero carattere? E se Chihiro Fujioka fosse stato solo un caso umano che si comportava da caso umano? Lo conosceva ad un livello troppo superficiale per affermarlo con certezza, ma a giudicare dai suoi romanzi, che Lance aveva letto, si sarebbe detto tutt’altra persona.
    Si trattenne dal correggere cinicamente che i suoi genitori non avrebbero avuto motivo di fidarsi di lui se fossero stati vivi, ma, dopo aver socchiuso le labbra, ci ripensò e si dedicò ad indossare per bene i guanti, facendoli aderire alla pelle.
    Presto o tardi Chihiro avrebbe scoperto comunque che era orfano, ma non era un argomento che desiderava affrontare mentre si chinava a raccogliere spruzzino e strofinaccio che aveva appoggiato sul pavimento.
    Lasciò cadere l’argomento e si dedicò alle pulizie.
    Non lo pagavano abbastanza per quel lavoro.

    Non sapeva quanto Chihiro impiegasse di solito per far tutto da solo, ma secondo il modesto parere di Lancelot erano stati abbastanza rapidi, e lui non si sentiva per niente stanco. Con le mani ancora inguantate - a un certo punto si era dimenticato di indossare dei guanti - strette a pugno sui fianchi, passò in rassegna con occhi attenti la cucina, decretando la fine del suo lavoro con un cenno compiaciuto del capo.
    «L’odore della candeggina mi sta dando la nausea, ma ne è valsa la pena!» disse ad Azuki. «Adesso puoi sporcare tutto, se ti va.»
    Non sapeva neanche lui quando aveva cominciato a parlare più con la gatta che con l’umano. A un certo punto era successo e non gli dispiaceva: Azuki era una compagnia costante e silenziosa, proprio come piaceva a lui. Si piegò sulle ginocchia, sedendosi sui talloni davanti a lei pur rimanendo a debita distanza, con un sorriso increspato sulle labbra.
    Pareva essersi dimenticato che il padrone di casa non era il gatto.
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    Chihiro quasi non ci aveva fatto caso quando Lancelot aveva preso ad ignorarlo invece di dargli corda, troppo concentrato a finire il lavoro di pulizia del suo appartamento. Insomma, prima finiva prima poteva tartassarlo, gli sembrava logico. Non gli sarebbe sfuggito tanto facilmente, aveva domande da porgli!
    «Ottimo lavoro» esclamò un soddisfatto Chihiro, dopo ormai un’ora buona di lavoro da parte di entrambi. Le lenzuola e i vestiti erano già a lavare nella lavatrice e lo straccio era stato passato, il pavimento in parquet che quasi luccicava. Si era poi messo dunque a raccattare ogni straccio e altri prodotti che avevano usato, in modo da riporre tutto nello sgabuzzino.
    «Passami i tuoi guanti» disse quindi a Lancelot allungando una mano nella sua direzione, mentre con l’altra teneva ferma al suo fianco la bacinella. Non appena l’altro gliele avesse passati, avrebbe portato tutto al loro posto nello sgabuzzino all’ingresso.
    Fosse stato da solo, in quel momento sarebbe probabilmente andato a farsi un bel bagno serale come di abitudine ma non gli sembrava una cosa carina da fare, specialmente dopo che si era convinto il ragazzino si sentisse solo. Come poteva lasciarlo da solo? Chihiro non era quel tipo di persona, quella che lasciava gli altri da soli nei momenti bui. E poi era un animale notturno, che adoperava più di notte, per cui la doccia poteva anche farsela direttamente prima di andare a dormire.
    «Azu-nya, mia adorata, non lo stare ad ascoltare, lo so che sei brava» disse ridendo rivolgendosi alla gatta che nel mentre era rimasta a debita distanza del ghoul, ancora non sicura della sua presenza. Il suo umano ogni tanto portava sempre altri umani strani a casa, per cui non c’era niente da preoccuparsi? Anche se quello che aveva di fronte era diverso, glielo dicevano i suoi istinti. Istinti che a differenza del suo padroncino, non ignorava. Ma in fondo, non era ancora successo niente e gli aveva dato da mangiare. Ecco, quindi, un po’ più vicina poteva andarci. Doveva sentirsi onorato.
    Nel mentre, Chihiro si era avvinando al frigo, assettato dopo tutto quel lavoro «Lancelot-kun, vuoi qualcosa da bere? Abbiamo acqua, tè, caffè, pepsi, latte… uhm, i ghoul hanno delle preferenze?» gli chiese quindi, scrutando il contenuto del frigo che era stato sistemato meri minuti prima con i contenitori di cibo che gli aveva dato sua madre e che lui, con tutta probabilità, non avrebbe mai finito da solo. Gli altri contenuti della scatola piena di cibarie, quelli che non andavano nel frigo, erano stati poi riposti in uno dei mobiletti della cucina stessa. Nel bel mezzo della sala era rimasta solo la scatola che conteneva vari libri e altre cianfrusaglie ma per quelli poteva pensarci anche in un secondo momento.
    «La Dr. Pepper è mia» commentò poco dopo prendendo la lattina, ignorando bellantemente le cose da mangiare anche se onestamente, era da varie ore che non mangiava qualcosa. Quel pensiero, tuttavia, gli fece venire in mente una semplice domanda che gli sembrava opportuna chiedere per, beh, rompere il ghiaccio di quello che sarebbe ben presto diventato il suo abituale interrogatorio: «A tal proposito, è vero che i ghoul possono mangiare solo carne umana? Nemmeno quella degli animali?».
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    Edited by alyë - 8/10/2021, 20:10
     
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    “Passami i tuoi guanti”.
    E a quell’esortazione Lancelot scattò in piedi come se si fosse trattato di un ordine. Quando nella vita non fai altro che prendere ordini, decifrare sfumature tanto sottili diventa tutt’altro che facile. Pur non mancando di obbedire immediatamente, il ghoul non dimenticava che quello non era il suo padrone, ma un estraneo che aveva il dovere di compiacere affinché fosse quanto più propenso possibile a collaborare.
    Avere la conferma dell’ottimo lavoro svolto lo riempì d’orgoglio: non per la casa pulita, quella non era di certo una grande impresa, quanto perché sentiva di aver compiuto un piccolo passo avanti nell’interazione con persone all’infuori della sua comfort zone. Non aveva avuto particolari momenti down o sbalzi d’umore estremi - complice anche la compressa che aveva preventivamente assunto per non evitare la tentazione della fame -, quindi si poteva dire soddisfatto.
    C’era solo da sperare che Chihiro non decidesse di rovinare tutto.
    Avere fiducia in Chihiro sapeva un po’ di ultima spiaggia.
    Dando ancora una volta dimostrazione di quanto fosse azzeccata l’analogia tra lui e Azuki, Lance seguì con attenzione felina i movimenti di Chihiro al ritorno dall’ingresso. Se Chihiro avesse proiettato la luce di un laser su un muro, non c’era dubbio che Lance ne avrebbe seguito la scia come se ne fosse dipesa la sua vita - e lui era lo stesso ghoul che faceva a pezzi a sangue freddo i suoi simili.
    «… chi è la dottoressa Pepper? Sta venendo qui?» reclinò la testa, cercando istintivamente con sguardo preoccupato la porta.
    Naturalmente non aveva capito quasi niente del discorso di Chihiro. Sapeva vagamente cosa fosse la pepsi - una bevanda gassata che non aveva mai assaggiato -, ma non aveva mai sentito parlare della Dr. Pepper e, dato il titolo, gli era parso logico credere che si trattasse di un’altra ospite. In tal caso avrebbe dovuto concordare con Chihiro come organizzarsi in merito alla sceneggiata per giustificare la sua presenza o levare le tende il prima possibile.
    Prima, però, senza muovere un passo da dov’era stato per tutto il tempo, rispose con tono asciutto alla curiosità dell’umano. «I ghoul possono mangiare tutto quello che vogliono, ma digeriscono solo la carne umana.»
    Sembrava una risposta preregistrata, priva di sentimento, ma uno sguardo attento avrebbe colto nella serietà di Lancelot un guizzo di qualcosa: disgusto.
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    Chihiro Fujioka
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    Una volta aperta la lattina con un sonoro pop, Chihiro prese a sorseggiarla andando poi a piazzarsi comodamente sul divano, incrociando le gambe l’una sull’altra. Azuki, dopo aver scrutato ancora per un po’ il ghoul tra loro, lo seguì, andando poi a sedersi sopra le ciabatte pelose che aveva abbandonato sul pavimento vicino ai suoi piedi. Voltandosi poi nella direzione dove si trovava ancora Lancelot, Chihiro diede una pacca al posto libero accanto a sé, come ad incitarlo di mettersi seduto vicino a lui. Gli faceva un po’ pena a vederlo lì in piedi, gli sembrava un cagnolino sperduto.
    Alle parole del ragazzino, tuttavia, il nostro caro scrittore quasi non si strozzò dal ridere. Le spalle che gli stremavano, la tosse che non voleva smettere per colpa delle sue risate sommesse che non riusciva a trattenere. Il contenuto della lattina che per qualche miracolo non era finito rovesciato a terra.
    Ci impiegò dei lunghi istanti prima di calmarsi «Che carino» commentò quindi con troppa onestà (perché si, lo pensava veramente; ghoul spaventoso, dove? Non qui! Gli faceva tenerezza) dopo un po’, la voce un pelo roca, asciugandosi le lacrime intorno ai suoi occhi «No no, è una bevanda gassata alla ciliegia» gli spiegò poco dopo, mostrandogli la lattina che aveva in mano, o meglio, la sua etichetta con un sorriso divertito «Vuoi provarla?» aggiunse infine, intenzionato avesse detto si di fargliela provare. Perché a quanto pare, non l’aveva mai provata, non riconoscendo nemmeno il nome, e Chihiro voleva rimediare.
    Detto ciò, Chihiro lo scrutò con attenzione, assimilando ciò che gli aveva detto, incuriosito dal suo modo di fare. Voleva saperne di più, per cui era pronto a non lasciar cadere la questione Prese un altro sorso della bevanda, per schiarirsi la gola «Ah, davvero? Così è un po’ vago, cosa succede se provate a mangiare altro? E tipo le preferenze, tu ne hai?» gli chiese quindi, come se l’altro non gli avesse appena detto che i ghoul digerivano effettivamente solo carne umana, con la naturalezza di una persona che chiede la cottura preferita per un pezzo di bistecca al ristorante. Che in quel contesto, beh, sarebbe stato lui stesso, la bistecca, ma dettagli! Chihiro, please.
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    *kaguya-sama "o'kawaii koto" intensifies*


    Edited by alyë - 19/10/2021, 17:06
     
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    Lance Moreau 「 Calavera 」
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    Chihiro aveva un modo strano di sedersi. Cioè no, ma sì. Quel modo di incrociare le gambe e distendere la schiena non era affatto nuovo a Lancelot, lo facevano tutti, tranne lui. Lui non riusciva mai a raggiungere un tale stato di relax da abbassare completamente le difese, doveva essere pronto a scattare in piedi e fuggire persino quando sedeva sul proprio divano di casa. Immaginava fosse una cosa tipica degli umani, perché anche Jacques e gli altri ghoul con cui aveva collaborato avevano comportamenti simili ai suoi.
    Dunque lo osservò curiosamente, così come seguì gli spostamenti pigri di Azuki dalla cucina fino alle pantofole, sulle quali si accoccolò suscitando in Lancelot un altro flebile sorriso. Avrebbe voluto essere un gatto, magari uno molto amato come Azuki.
    Il sorriso però morì non appena la mano di Chihiro batté qualche colpo sulla seduta del divano, gesto che Lance impiegò alcuni secondi per decifrare. In un primo momento rimase immobile, come paralizzato, a fissare il posto con evidente incertezza. Chihiro non gli era sembrato più pericoloso del solito, ma non si fidava abbastanza di se stesso da rischiare di fargli del male. La tentazione di accettare l’invito quindi scivolò via dal suo sguardo, sostituita da una cocente malinconia; scosse debolmente la testa e si sedette per terra, accartocciandosi contro il muro con le braccia strette intorno alle gambe.
    Da lì poteva vedere ed essere visto senza alcuna difficoltà, in questo modo avrebbe anche tutelato Chihiro.
    «È meglio che le stia lontano.» bofonchiò, una magra giustificazione priva però di spiegazione.
    La vicenda si ripeté quando gli fu offerto da bere: negli occhi di Lance si riaccese un barlume di entusiastica curiosità, che però fu subito soffocato da troppi pensieri controproducenti. Per quanto desiderasse fare nuove esperienze - odiava i cambiamenti, ma non poteva negare che l’ignoto avesse un suo fascino - trovava sempre un motivo per tirarsi indietro.
    «Non penso che mi piacerebbe, ai ghoul non piacciono le ciliegie. Sarebbe solo uno spreco.» e gli era parso di capire che Chihiro fosse appassionato di quella bevanda, non ne valeva proprio la pena di condividerla con qualcuno che non era fisicamente capace di apprezzarla.
    Ancora una volta, il suo modo di pensare non avrebbe potuto essere più distante da quello dello scrittore; ogni tentativo di Chihiro si infrangeva contro un muro costruito in dieci anni di convinzioni radicate attraverso il terrore.
    Lancelot era però abbastanza disposto a chiarire i suoi dubbi in merito ai ghoul, immaginando che si trattasse di naturale curiosità nei confronti di qualcosa con cui non tutti avevano modo di interagire nella vita. Non in maniera tanto pacifica, perlomeno. Chissà, magari avrebbe anche scritto di un ghoul nel suo prossimo libro?
    «Se un ghoul mangia qualcosa che non sia carne umana o ghoul...» non riusciva proprio a usare il noi ed includersi in quel cancro che divorava il mondo. «poi lo deve… ehm, come si dice vomir... vomitare? Altrimenti va in tilt. È molto disgustoso e doloroso, ma alcuni si allenano per imparare a nasconderlo e vivere tra gli umani.»
    Non pensava che fossero informazioni così difficili da reperire, ma conosceva troppo poco del mondo umano per regolarsi su cosa fosse di dominio pubblico e cosa no. Sentirsi chiedere quali fossero le sue preferenze, però, lo mise profondamente e visibilmente a disagio; gli occhi dorati crollarono, incapaci di sostenere quelli di Chihiro. Avrebbe dato qualunque cosa per poter condividere la torta regalata dal maestro come un qualunque altro essere umano, e invece si ritrovava a pensare che nel mondo, in fin dei conti, non ci fosse niente di buono da mangiare.
    «No, non ho preferenze. Odio mangiare e basta.» scosse con veemenza la testa, la voce tremula. «Come si fa ad avere preferenze su qualcosa di tanto abominevole?»
    Eppure sapeva che molti ghoul avevano eccome preferenze, che alcuni addirittura mangiavano solo determinate parti di corpo scartando il resto. Per lui era inconcepibile, irrispettoso e profondamente disumano.
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    «Parlato.»
    "Pensato."
    Ghoul
    Is it mad to pray for better hallucinations?
     
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