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[CONCLUSA] Chihiro Fujioka & Lancelot Moreau; 03/01/2021 - 08:30 PM

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    Lancelot aveva delle reazioni davvero interessanti e peculiari, era stato il pensiero di un Chihiro occupato ad osservarlo. Ogni suo gesto o parola non poteva che incitare la sua curiosità nei suoi confronti, il suo voler sapere di più, di scoperchiare cosa aveva da celare. Chihiro desiderava capire, comprendere meglio i pensieri degli altri, di un mondo e un modo di pensare diverso dal suo. Non avrebbe lasciato andare tanto facilmente, che ci mettesse giorni o anche mesi per riuscirci. Beh, sperando la sua attenzione o il suo interesse non calasse di punto in bianco ma non succedeva spesso con cose o persone che avevano davvero catturato il suo peculiare interesse. Erano le cose di poco valore che venivano messe in secondo piano, eclissate da qualcosa di più raggiante.
    «Eh, ma non stare lì in piedi, sei mio ospite non il mio valletto. Non ti mangio mica, non sono io il ghoul» gli disse sorridendo, proprio quando lo vide esitare per poi vederlo sedersi contro il muro lì vicino. Quello era un chiaro rifiuto al suo suggerimento.
    Chihiro scosse la testa per poi portare una mano al mento «Se vuoi rimanere lì lontano, almeno prendi una sedia o un cuscino, mettiti più comodo» aggiunse quindi con una risata sommessa, per poi prendere un cuscino dal divano in modo da passarglielo vicino, indicando infine con lo sguardo le sedie intorno al tavolo da pranzo lì dietro come altra opzione.
    Dopodiché Chihiro lo osserverò per qualche attimo ancora, per poi alzarsi dal divano con la lattina in mano, stando attento a non calpestare per sbaglio la sua piccolina, per poi dirigersi nella sezione cucina del soggiorno. Aprì dunque una delle ante, prendendo un bicchiere su cui versò un po’ del contenuto della sua lattina, giusto abbastanza per qualche sorso. Tornò poi indietro, appoggiando il bicchiere sul tavolino basso che si trovava di fronte al divano, nelle parte più vicina a dove si era messo seduto Lancelot, tornando infine al suo posto.
    «Non puoi saperlo finché non provi» gli disse quindi dopo essersi seduto nuovamente comodamente sul divano e aver dato una carezzina ad Azuki, tentando poi d'incrociare lo sguardo con l’altro. Gli sorrise quindi, incitandolo ad almeno provare il contenuto del bicchiere «E se fa completamente schifo, puoi dirmelo con certezza e senza esitare».
    Lo stette poi ad ascoltare con attenzione, naturalmente incuriosito dal discorso e dal poter ascoltare una prospettiva tutta sua della sua natura, cosa per cui avrebbe continuato a premere andando avanti. In futuro non gli sarebbe dispiaciuto attenere altre prospettive da ghoul diversi, pronto per un eventuale confronto d'informazioni. I ghoul lo affascinavano, nel bene o nel male.
    «Vomitare fa davvero schifo per tutti, eh» ci scherzò su per poi continuare con un sincero«Interessante da sapere, con tutte le informazioni che girano a volte è difficile sapere cose è vero e cosa no» dopo aver congiunto le mani sulle gambe, la lattina non ancora vuota lasciata per il momento sul tavolino. Beh, per reperire informazioni sui ghoul oltre a siti o blog discutibili o anche a determinate ricerche o tesi pubbliche, c’era anche il sito della CCG ma gli sembrava abbastanza ovvio che nemmeno quella organizzazione opposta a quelle creature rivelasse completamente tutto su di loro. Alcune cose, sapeva, era meglio tenerle nascoste. Poi preferiva sempre reperire informazioni di persona, era un esperienza completamente diversa toccare qualcosa per mano. Che finisse poi per bruciarsi, beh, ci avrebbe fatto i conti poi. Secondo lui ne valeva la pena, era un rischio che non gli dispiaceva prendere.
    «Quindi ci sono persone atipiche anche tra i ghoul» continuò, prendendo in considerazione la frase successiva pronunciata dal ragazzo
    «Ahah, esistono tipo i ghoul vegan?» chiese retoricamente con tono scherzoso per poi tornare serio, dopo aver annuito leggermente, aggiungendo un «È un sentimento che posso capire» in riferimento al odiare nutrirsi professato dall’altro, senza però elaborare oltre.
    Notando il disagio dell’altro, Chihiro gli sorrise appena decidendo che per il momento poteva anche bastare, ed era arrivato il momento di cambiare discorso. Ci sarebbe tornato poi, pezzo dopo pezzo, ma prenderlo troppo contropiede poteva essere controproducente. Questo lo sapeva bene. Se si chiudeva in sé stesso, come poteva ricevere altre risposte sincere e naturali da parte sua?
    «Ma dimmi un po’ come hai passato le vacanze invernali? Visitato un tempio? Fai ancora in tempo sennò» chiese quindi di punto in bianco con aria inquisitoria e con tutta la tranquillità dal mondo, come se fino a quel momento non avevano forse parlato di cosa mangiavano delle creature cannibali, andando poi a prendere un altro sorso dalla lattina.
    In realtà, si era quasi dimenticato del vero motivo perché Lancelot fosse lì con lui. E se lo si chiedeva a lui, quella motivazione in quel momento era davvero di secondo piano. Gli importava poco, anche perché se era importante glielo avrebbe già fatto notare, no? Per cui perdere tempo in discorsi non gli sembrava una cosa così malvagia, era infondo per lui tutto infinitamente interessante. Ogni piccola cosa o parola pronunciata poteva essere un prezioso pezzo del puzzle.
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    Io, leggendo questa frase "Avrebbe voluto essere un gatto, magari uno molto amato come Azuki.":
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    lance, io e chihiro tvb <3 *bacini*
     
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    Il cuscino era passato dalla mano protesa di Chihiro a quella incerta di Lance, che, vedendoselo passare, non seppe che altro fare se non accettarlo suo malgrado. C’era un limite a quanto poteva abusare della pazienza del padrone di casa prima di essere cacciato e Lance ovviamente non intendeva superarlo. Per quanto lo riguardava, quella non era una visita di cortesia ma vero e proprio lavoro.
    Invece di sedercisi sopra, tuttavia, finì per stringerlo con inaspettata delicatezza al petto. Non era il tipo che si crogiolava nelle comodità di una vita agiata, e il pavimento, per quanto scomodo rispetto a una sedia, gli andava più che bene. Stringere o aggrapparsi a qualcosa, invece, aveva un effetto quasi taumaturgico sulla sua psiche martoriata.
    Avrebbe voluto chiedere a Chihiro cosa fosse un valletto - non conosceva quella parola, non in giapponese, almeno -, ma la timorosità ebbe velocemente la meglio e la domanda morì ancor prima di essere formulata, complice l’inatteso mettersi in piedi dell’umano.
    “Questa persona non sa stare ferma…”
    Lance era piuttosto sgomento. Chihiro era evidentemente iperattivo, la stanchezza gli scivolava di dosso ad ogni stimolo che aveva la pessima idea di sfiorarlo. Sfortunatamente per il ghoul, senza che se ne rendesse conto lui stesso era una continua fonte di stimoli per lo scrittore.
    Per qualche secondo la sua attenzione fu completamente focalizzata sul bicchiere appoggiato sul tavolo, gli occhi vibranti di curiosità malcelata e al contempo di preoccupazione - non era affatto bravo a celare i propri stati d’animo, era facile da leggere al pari di un libro aperto. La tentazione di provare quel sapore nuovo tornò a fargli prudere le mani, ma ancora una volta il suo indottrinamento ebbe la meglio in un batter d’occhio. Meglio di no, almeno per ora…
    Piuttosto, scoprire che reperire informazioni affidabili sui ghoul non fosse semplice lo sorprese abbastanza. Non reputava ci fosse tanto da sapere sui ghoul, se non che erano mostri da evitare il più possibile. A dire la verità neanche lui ne sapeva poi così tanto sulla sua stessa razza, ma aveva la sensazione che Chihiro avrebbe insistito per centellinare ogni goccia di sapere che avesse potuto attingere da lui.
    Per Bondyè, poteva solo immaginare quanto gli sarebbe stato addosso…
    “Ahah, esistono tipo i ghoul vegan?”
    Appunto.
    L’espressione di contrita di Lance fu più eloquente di qualunque risposta.
    Non riusciva proprio a capire quando lo scrittore era serio o si prendeva gioco di lui; nel dubbio, decise di fingere di aver capito.
    «Hm… no. Di solito il maestro mi porta al tempio, ma quest’anno è stato molto occupato.» scosse lievemente il capo. «Non che abbia motivo di andarci… nel voodoo funziona in maniera diversa.» ma non aveva intenzione di mettersi a fare uno sproloquio sulle differenze tra religioni e culti.
    Pur essendo tecnicamente figlio adottivo di un professore di religioni, non ci avrebbe fatto una gran bella figura.
    Avrebbe voluto invece inserirsi nella conversazione con una domanda, non era giusto che solo lui subisse un interrogatorio, ma più pensava a come interagire in maniera normale con Chihiro, più la sua testa si abbassava e gli occhi affogavano nel cuscino.
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    Chihiro Fujioka
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    Come poteva non osservare Lancelot? Per Chihiro, il piccolo ghoul era proprio una fonte costante di stimoli. Come ghoul, come persona, lo incuriosiva parecchio, come se non fosse già abbastanza ovvio, e il ragazzino non sembrava nemmeno rendersi conto di quanto stesse facendo trapelare di sé solo esistendo lì di fronte a lui. E Chihiro era lì, ghiotto, che si mangiava ogni piccola informazione che gli veniva data.
    Il saper osservare era sempre stata una dote innata di Chihiro infatti, studiare quello che lo circondava, era quello che lo aveva portato a comprendere che il suo modo personale di vedere le cose il più delle volte cozzava con quello degli altri. Due mondi diametralmente opposti. Desiderava sempre vederli scontrare l’uno con l’altro.
    L’essere diventato uno scrittore, dunque, sembrava essere il fine giusto anche solo per potersi esprimere come meglio credeva senza darsi freno alcuno, di mettere ogni idea che lo intrigava su carta. E come aveva già stipulato nel suo contratto e come ricordava spesso alla sua manager, una delle poche persone che sapeva che Fujioka Chihiro fosse Fujishiro Emil (beh, in quella lista, ora doveva proprio includere quel gruppo di cui il ghoul che aveva di fronte faceva parte), se mai lei e la casa editrice li avessero vietato di scrivere quello che più voleva, beh, lui non avrebbe esitato a lasciarli. L’essere disinibito era il suo marchio di fabbrica dopotutto, si crogiolava nello scalpore che le sue parole creavano.
    Prese l’ultimo sorso della sua bevanda, per poi lasciare la lattina vuota sul tavolino e lanciare un’altra occhiata a Lancelot in attesa che parlasse o facesse qualcosa. Non che il silenzio gli dispiacesse veramente.
    «...».
    “Beh, meglio di niente” fu quello che pensò quando lo vide stringere il cuscino invece di sedercisi sopra. Sembrava proprio piccolo così, altro che diciassette anni. Forse avrebbe dovuto dargli un peluche come regalo di natale, sai che carino. Beh, c’era sempre il compleanno. Uhm, doveva proprio informarsi sulla data allora. Nota mentale: fatta.
    Comunque sia, il ragazzino non toccò il bicchiere che gli aveva passato, per suo disappunto. Piccoli passi piccoli passi, si disse mentalmente lanciando un’occhiata bonaria al ragazzo. C’era qualcosa che sembrava bloccarlo e che lo stava facendo esitare, anche se il suo interesse era a lui palese, ed era proprio curioso di capire perché e cosa. O per chi. Per il momento aveva solo delle ipotesi su cui basarsi, senza contare tutte le osservazioni che stava facendo.
    Dunque non insistette ma allo stesso tempo lasciò quel bicchiere lì, di fronte a lui. Un messaggio, un incitamento.
    Internamente sospirò, mentre la sua espressione non faceva trapelare niente dei suoi stessi pensieri. Cosa doveva fare per avvicinarsi di più a Lancelot? La risposta a quella domanda ancora non l’aveva, considerando anche che le amicizie che aveva le aveva coltivare con naturalezza. Era ancora tutto così superficiale. Per cui, ipotizzò, non poteva che fare altro che aspettare e continuare ad annaffiare quella piantina sperando sbocciasse. Forse andava a stagioni, oppure era una di quelle rare che fioriva una volta all’anno. Poco male, lui sapeva essere paziente quando lo voleva.
    «Oh, voodoo? Sei praticante? Parlamene un po’, sono curioso» gli chiese, come se quella curiosità non fosse già abbastanza evidente. Appunto, ecco che Lancelot lo incuriosiva con un argomento di cui effettivamente non sapeva molto di concreto. Per cui non si fece problemi a porre quella domanda, sperando che la famigliarità dell’argomento facesse rilassare un po’ Lancelot, che, almeno ai suoi occhi, sembrava ancora un po’ teso in sua presenza. Così non andava, no no.
    «È sempre interessante partecipare nelle tradizioni locali, che tu ci creda o meno» aggiunse poi, sorridendogli appena, per poi portarsi una mano al mento con aria pensosa prima di parlare di nuovo, battendo le mani con entusiasmo «Che ne dici se andiamo ora? C’è un tempio qui vicino» fu quello che gli propose, pensando al piccolo tempio che si trovava nelle vicinanze del quartiere. Che fosse ancora aperto o meno per le festività, rispetto a quelli principali, gli importava poco. C’era sempre un modo per intrufolarsi dentro.
    Tuttavia, lo osservò iniziare a chiudersi più in sé stesso, a diventare quasi un tutt’uno con quel cuscino. Ah, no, non era quello che voleva. Non voleva fuggisse via così presto, che si nascondesse da lui. Doveva fare qualcosa.
    «Se hai qualche domanda da pormi, chiedi pure» gli disse quindi con un sorriso dopo aver esitato per un attimo appena, la postura rilassata come suo solito, una mano al petto «Puoi anche chiedermi il colore delle mutande» aggiunse poi seriamente, per poi far passare qualche secondo di silenzio prima di aprire di nuovo bocca «Sono grigie, a tal proposito».
    Chihiro, please.
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    Lance Moreau 「 Calavera 」
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    A differenza di Chihiro, Lancelot non era bravo ad elaborare troppi stimoli. Lo stile di vita eremitico, intervallato dalle tanto occasionali quanto brevi visite delle poche persone consapevoli della sua esistenza, non gli forniva abbastanza occasioni per imparare a gestire una conversazione complessa. Di solito si limitava ad ascoltare in religioso silenzio, prendendo parola solo quando espressamente interpellato - proprio come era successo durante l’incontro tra il maestro e Chihiro; concentrandosi, poteva ancora sentire lo stress pungergli le braccia come un prurito gelido.
    Da quel punto di vista, Lance provava della sincera ammirazione nei confronti di Chihiro, la cui scioltezza mentale sembrava un obiettivo per lui irraggiungibile. A confronto con lo scrittore si sentiva piccolo, immaturo e insignificante, incapace persino di destreggiarsi nel momento in cui gli erano rivolte due domande anziché una sola.
    «È… un discorso lungo.» mormorò, la voce ridotta a un sibilo così stentato da essere a malapena udibile. «… e non credo sia il caso di andarci. Questa circoscrizione è troppo pericolosa per un ghoul.»
    Due sole domande l’avevano mandato in crisi. Affondò il volto nel cuscino, sentendo avvicinarsi inesorabilmente il momento in cui Chihiro l’avrebbe cacciato. Fine della sua missione. Il maestro sarebbe stato così deluso… forse stavolta sarebbe finito lui stesso sui tavoli dell’Albero della Vita. Non voleva morire, ma forse in fondo se lo meritava. A che cosa serve un ghoul incapace persino di rispondere a un paio di domande?
    In meno di un minuto Lance era passato dall’essere un insolente ghoul senza alcuna remora nel fissare con insistenza negli occhi qualcuno a un ragazzino visibilmente spaventato. Le spalle si chiusero ancor più serratamente intorno alla testa, mentre la voce tornava a levarsi, tremante, soffocata dal cuscino.
    «Per favore, non mi cacci...» sembrò quasi supplicare. «Ora mi calmo, lo prometto.»
    Non avrebbe dovuto fare promesse che non era sicuro di poter mantenere. Momenti del genere, in cui tutto sembrava improvvisamente annerirsi e la sua mente si lanciava in un denso overthinking, erano molto più ricorrenti nella vita di Lance di quanto avesse voluto. Di solito si rannicchiava in uno spazio angusto, ad esempio sotto il letto, e piangeva finché non si sentiva meglio o addormentava. Chiaramente ora non poteva farlo, quindi si sarebbe dovuto far andare bene lo spazietto che aveva reclamato per sé.
    Ricavò qualche centimetro tra il naso e il cuscino, quanto bastava per respirare, ed inspirò profondamente. Lo fece di nuovo, e di nuovo, e di nuovo, finché il cuore non cominciò a rallentare e il velo opaco che copriva gli occhi si schiarì. Non avrebbe saputo dire quanto tempo era passato, non avrebbe saputo dire se Chihiro avesse parlato nel frattempo, ma la prima cosa che fece fu chiedere scusa.
    «Mi dispiace...» la voce era ancora flebile, e di alzare lo sguardo non se ne parlava proprio, ma almeno aveva smesso di tremare. «Non… scusi se le ho fatto paura.» si morse le labbra.
    Scenate del genere accadevano in genere davanti al maestro e a Jacques - ovvero gli unici che lo andavano a trovare -, e il maestro era il solo capace di interagire con lui quando sprofondava nel panico. Lance avrebbe dato qualunque cosa per averlo lì, e invece…
    Invece c’erano solo Chihiro e Azuki, che non conosceva e che avrebbero avuto tutte le buone ragioni del mondo per scacciare alla velocità della luce un ghoul mentalmente instabile.
    No, non doveva lasciarsi andare ai pensieri negativi.
    Non di nuovo.
    Si morse le labbra con più forza.
    Doveva rimanere concentrato sul presente. Su Chihiro.
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    Chihiro Fujioka
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    «Non mi dispiace stare ad ascoltare» precisò Chihiro, con tutta l’intenzione e la voglia di stare a sentire cosa il ragazzino avesse da dire riguardo le proprie convinzioni, religiose o meno che fossero. E se tale discorso fosse finito per diventare lungo o meno, a lui non importava veramente, fin tanto fosse interessante per chi ne stava parlando. C’era qualcosa di affascinante nell’osservare le persone che parlavano di qualcosa con entusiasmo, con quella gioia quasi difficile da trattenere.
    «Ah… davvero?» mormorò poi, il tono un po’ deluso dal rifiuto che aveva ricevuto. Sotto sotto aveva sperato gli avesse detto di si. Insomma, girovagare di notte era uno dei suoi hobby preferiti. Dunque decise di non demordere subito, dandosi un’ultima possibilità con il suo asso nella manica, la sua tattica segreta: la sua espressione da cucciolo bastonato. Funzionava a meraviglia con il suo caro amico Minori. Un po’ meno con Makoto, ma era anche vero che il ragazzo il più delle volte lo assecondasse senza stare a pensarci su troppo.
    Tuttavia, prima che potesse attuare il suo piano di persuasione, lo notò quasi immediatamente affondare il viso nel cuscino. E gli fu ben presto chiaro che tale gesto non era dato dall’esasperazione che stava provando nei suoi confronti. Tutt’altro.
    Uh oh.
    La voce di Lancelot era flebile, quasi supplicante. La spalle che gli tremavano. E, a detta di Chihiro, la connotazione delle sue affermazioni era strana. Perché gli stava promettendo di calmarsi? Perché aveva paura lo cacciasse? Cosa c’era nascosto dietro le sue parole?
    In quegli istanti tante domande si erano formante nella sua mente. Ma lui era rimasto immobile, in silenzio. Aveva tuttavia distolto lo sguardo, in modo da dargli un briciolo di privacy per potersi calmare.

    Cosa doveva provare in quel momento?

    Quella era un chiaro attacco di panico e Chihiro non sapeva mai cosa fare in quel genere di situazioni. Era stato per colpa sua? Non ci prendeva di certo gusto a vedere le persone soffrire in quel modo. Era masochista, non sadico dopotutto. Anche se, beh, trovava interessante osservare le persone sofferenti. Erano emozioni, stati d’animo interessanti che non riusciva ancora a comprendere pienamente.
    Per questo a volte spingeva, senza rendersi conto che ci fosse un limite. Lancelot in quel momento gli sembrava davvero piccolo.
    Gli faceva quasi tenerezza.
    L’ultima volta che era stato partecipe, ma non lui l’istigatore, era stato ormai un anno prima quando era successo a Makoto ma, a differenza di quel momento, al tempo con loro c’era stato un pronto Minoru. Mentre lui era rimasto lì, immobile, ansioso. Come in quel momento. Almeno, era più capace a gestire i postumi, a consolare quando tutto era finito.
    Tuttavia, cosa aveva fatto anni addietro quando era stato Minoru che si era proprio presentato alla porta di casa sua, quando abitava ancora con i suoi genitori, in lacrime? Aveva aspettato, non se ne era andato. Forse bastava veramente quello?
    Una sensazione d'inadeguatezza emergeva ogni volta che non sapeva cosa fare. A volte trovava difficile rapportarsi ai sentimenti altrui. A volte anche capire le proprie emozioni gli sembrava impossibile.
    Decise dunque di stare ad aspettare in silenzio che il ghoul si calmasse da solo, la sua espressione che non sembrava far trapelare niente. Quando il ghoul parlò di nuovo, segnalando a Chihiro che fosse ancora vivo, lo scrittore si chinò a raccattare Azuki per poi alzarsi in piedi e andare ad inginocchiarsi nelle vicinanze di Lancelot.
    Gli lanciò un’occhiata, per poi passargli la gatta una volta averla spupazzata abbastanza per qualche secondo. La povera Azuki, d’altro canto, sembrava abbastanza confusa dalla situazione. Il suo umano era proprio strano.
    «Perché dovrei cacciarti? Quando non hai fatto niente di male per cui tu debba scusarti» disse poi Chihiro dopo altri istanti di puro silenzio, nel mentre giocherellava con la manica del suo maglione. Le sopracciglia leggermente corrucciate, la voce lieve.
    «Non mi hai fatto paura. Cosa credi di aver fatto di tanto sbagliato?» continuò poi dopo un battito di ciglia, cercando infine il celato sguardo dell’altro, il tono sempre gentile «Se vuoi possiamo anche non parlare e rimanere in silenzio».
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    Lance Moreau 「 Calavera 」
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    La sensazione di terrore non defluì del tutto dalla sua pelle, lasciandola coperta da un appena accennato velo di sudore freddo. Nonostante il respiro stesse gradualmente tornando ad un ritmo regolare e i tremori, dopo qualche ultimo spasmo improvviso, si fossero estinti da una manciata di secondi, Lancelot avrebbe impiegato del tempo per smaltire i postumi dell’attacco di panico.
    Era a un bivio ed entrambe le strade portavano a un dirupo da cui non sapeva come salvarsi.
    Da un lato avrebbe potuto rinchiudersi nella propria interiorità fino a placarne i moti, ma questo avrebbe implicato estraniarsi e probabilmente indispettire Chihiro. Dall’altro lato avrebbe potuto sforzarsi di rimanere concentrato sul presente, ma per farlo avrebbe dovuto fare i conti con i sussurri maligni che, appostati negli angoli più bui del salotto, ridevano della misera fine che avrebbe sicuramente fatto. Se possibile, si fece ancora più piccolo.
    Convivere con un cervello completamente andato non era affatto semplice.
    L’aria vibrò in seguito a un movimento di Chihiro, e Lancelot sobbalzò come se si fosse bruciato, senza però avere il coraggio di sollevare lo sguardo per affrontare le conseguenze delle sue azioni. Almeno finché non divenne necessario, dacché i suoi sensi ipersviluppati percepirono un odore strano, non umano. In effetti fino a quel momento non aveva dato troppa importanza alle caratteristiche di Azuki, e di gatti nella sua vita ne aveva avvicinati così pochi da non poter dire di averci familiarità.
    Con gli occhi gonfi e arrossati, Lance restò a fissare la gatta, sostenuta da sotto le spalle dalle mani di Chihiro. L’umano gliela stava chiaramente consegnando, ma Lance non ne aveva capito il motivo: non aveva paura di affidare il suo prezioso tesoro a una bestia che avrebbe potuto ucciderla anche solo stringendo un po’ la presa? Chihiro non aveva davvero la minima idea di che cosa aveva davanti, il maestro avrebbe dovuto metterlo in guardia durante il loro incontro.
    Fu solo quando udì le rassicurazioni di Chihiro che Lance osò riprendere fiato, certo di essere stato graziato dalla pietà dell’umano. Non poteva essere serio; aveva certamente notato i suoi errori ma aveva deciso di essere misericordioso.
    Un’azione tipica degli umani, Lance lo sapeva bene, perché gli esseri umani erano creature buone.
    In una situazione del genere il maestro lo avrebbe perdonato con benevolenza - e magari anche con una carezza sulla testa -, raccomandandogli di non farsi mai vedere in condizioni simili da nessun altro; anzi, sarebbe stato meglio se non avesse avuto contatti con nessuno e basta.
    Lance aveva udito quelle parole giuste e prudenti così spesso da non capire perché il maestro avesse comunque deciso di rischiare il tutto per tutto affidandogli la salvaguardia del loro prezioso scrittore. Tutte le motivazioni che aveva trovato tentennavano pericolosamente quando si ricordava di essere, in fondo, sempre e solo una bestia.
    Ma il maestro non poteva aver sbagliato. Il maestro non sbagliava mai, perché aveva davvero a cuore il suo benessere. Doveva averlo mandato lì per un valido motivo, perciò doveva smetterla di rifiutare ogni tentativo di Chihiro di stabilire un contatto con lui.
    Forse. Non era certo che il suo ragionamento avesse senso... era tutto così confuso e criptico.
    Finalmente accolse la piccola Azuki tra le braccia, appoggiandola al petto ancora scosso di tanto in tanto dai singhiozzi.
    Con un cenno del capo accettò più che volentieri la proposta di Chihiro di rimanere in silenzio, almeno per un po’. Non reputava di dover davvero rispondere alle sue domande retoriche, era ovvio dove avesse sbagliato… ma se proprio voleva…
    «Ho mancato di rispetto a un umano, rifiutando le sue gentili offerte e mettendo la mia volontà al di sopra dei suoi desideri.»
    Sembrava quasi un mantra, una risposta imparata a memoria e pronta ad essere tirata fuori allo stesso modo di una preghiera o un sutra.
    Con evidente titubanza si avventurò a passare una mano sul manto di Azuki, gli occhi dorati completamente rivolti al felino. Era davvero calda e morbida. Non c’erano tante cose calde e morbide nella sua vita.
    «Ho letto sui libri che i gatti fanno una cosa chiamata “purr”... non lo so dire in giapponese. Cos’è?»
    Finalmente era riuscito a farla anche lui, una domanda.
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    Dopo qualche interminabile istante, Lancelot aveva finalmente sollevato lo sguardo, che posò sulla gatta che gli stava porgendo. Non incrociarono lo sguardo ma quello era bastato a Chihiro per notare i suoi occhi arrossati e gonfi. Ignaro dei pensieri del ghoul, lo stette ad osservare per qualche altro istante, fino a quando non lo vide annuire alle sue parole, acconsentendo di rimanere in silenzio per il momento, per poi prendere con delicatezza tra le braccia Azuki.
    La gatta era rimasta un po’ immobile tutto il tempo, ormai abituata a venir manovrata dal suo strambo padrone ma nemmeno lei aveva smesso di prestare attenzione al piccolo ghoul, in ogni caso ancora guardinga dalla sua presenza. Nonostante ciò, una volta che era stata presa in braccio, aveva finito per rilassarsi dopo quei primi attimi di rigidità. Non solo quella persona dall’odore strano ma anche Chihiro le sembrava teso, e se mai fosse successo qualcosa era pronta a saltare in aria.
    Poi non è che Chihiro si stava facendo problemi a rimanere in silenzio seduto lì a terra nelle vicinanze di Lancelot, anche perché miracolosamente, se la situazione lo richiedeva, a volte riusciva a rimanere zitto per più di cinque minuti. Tuttavia, quella momentanea quiete fu interrotta dalle successive parole pronunciate da Lancelot, una risposta così precisa e meticolosa alle sue domande che dovevano essere rassicuranti, una ricerca di risposte, che non poté che lasciarlo basito. E profondamente preoccupato.
    «...eh?» mormorò quindi Chihiro, la sua espressione apatica per qualche istante momentaneamente contorta. Si portò una mano al viso, in modo da coprirla per quei istanti che gli sarebbero serviti per controllare lo shock, sperando che Lancelot non la notasse, troppo preso dalla sua adorata gatta. Non doveva fargli notare quello che stava provando, cosa quelle parole avevano scatenato in lui. Non voleva andasse nuovamente nel panico.
    Quelle parole secondo lui avevano delle implicazioni ben chiare, non poteva interpretarle diversamente. Se le stava ripetendo mentalmente in loop senza pace. Sottomissione, asservimento. Una visione diversa di sé e degli altri, specialmente gli umani. Il tono con cui le aveva dette, studiato, come se non fosse la prima volta che lo facesse. Come se le avesse imparate a memoria, come soggiogato. Da chi, però? Quello non era sicuramente un pensiero che si inculcava, così, da soli senza pressioni esterne.
    E Chihiro era furioso, con la mente che andava alla velocità della luce nel tentativo di dare un senso al tutto.
    Cosa doveva rispondere? Quali erano le parole giuste?
    «Che male c’è nel mettere la propria volontà al di sopra di quella degli altri? Non succede niente se mi dici di no» fu quello che disse non appena aprì bocca, con il tono più leggerò che riuscì ad invocare, la mani appoggiate sotto i mento e i gomiti sulle ginocchia portate al petto. Come se in quel momento non avesse veramente capito appieno cosa l’altro avesse appena professato, un velo di finta ignoranza. Non voleva la situazione diventasse ancora più tesa.
    Il cambio di discorso fu dunque una benedizione per lui, prima che aprisse bocca di nuovo e dicesse qualcosa veramente di troppo, qualcosa di più intimo e tagliente. Qualcosa che di certo non poteva rimangiarsi se l’altro l’avesse presa male portandolo ad una agitazione più profonda.
    Non era quello il momento giusto. Era sicuro che se avesse insistito, il ragazzo, invece di aprirsi con lui, si sarebbe chiuso in sé stesso ancora di più. E quello era sarebbe stato infinitamente peggio. Per ora voleva solo farlo stare bene in sua presenza.
    «Le fusa?» specificò con un leggero sorriso divertito nell’osservare lo sguardo infatuato che Lancelot aveva per Azuki nel mentre la accarezzava con delicatezza, contento che finalmente gli avesse anche lui fatto una domanda. Era un passo avanti e di quello non poteva che esserne grato.
    «È un rumore che fanno i felini per comunicare anche se non sappiamo ancora precisamente cosa li spinga a farlo, vedendo che non lo fanno solo quando sono rilassati o felici» aggiunse poi, alzando un dito per aria durante la sua breve spiegazione, sistemandosi i suoi invisibili finti occhiali.
    Vederli insieme, Lancelot e Azuki, gli faceva tenerezza e messi l’uno accanto all’altro, beh, non poteva che confermare la somiglianza per quanto riguardava la colorazione. Erano così carini! Voleva spupazzarli tutti e due!
    «Chi è la mia adorata batuffolina? Azu-nya!» disse poi con entusiasmo, allungandosi quel tanto che bastava per darle delle carezzine sotto il mento, nel tentativo di farla rilassare abbastanza. E non solo per lei, ma anche per Lancelot stesso. Come se tutto fosse normale e non fosse successo niente di troppo strano. In quello era bravo, dopotutto.
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    Nonostante gli sforzi di Chihiro di passare inosservato, quelle parole Lancelot le aveva sentite benissimo. Eppure non ne aveva colto il senso, come se un blocco mentale gli avesse impedito di arrivare alla conclusione a cui lo scrittore voleva guidarlo. Ovviamente non poteva sottrarsi alla volontà di un essere umano, perché l’essere dotati di intelletto e di meccanismi di contenimento dell’istinto li metteva al di sopra dei ghoul, che al contrario incarnavano la controparte più bruta e primitiva.
    Era semplice logica, Lance non capiva quale parte del ragionamento sfuggisse a Chihiro. Magari era cresciuto in un contesto talmente lontano dalla realtà dei ghoul da non aver avuto bisogno di imparare quelle basi fondamentali, che al contrario avevano accompagnato Lance per tutta la vita. In effetti, lo stesso Chihiro aveva ammesso di non aver mai parlato con un ghoul prima di conoscere lui.
    “Non hai bisogno di imparare le differenze tra umani e ghoul se non hai mai a che fare con i ghoul.”
    Sbatté le palpebre e aggrottò la fronte, pieno di dubbi ma ancora troppo spaventato per alzare lo sguardo; aveva paura che, se avesse osato farlo, avrebbe trovato un’espressione furiosa sul volto dell’umano. Non riusciva a fidarsi della voce gioviale o delle parole incoraggianti, non poteva riuscirci considerando quante volte aveva assistito a condanne a morte pronunciate sul fiorire di un sorriso.
    Il mondo era crudele, ma Chihiro forse non lo sapeva. Oppure faceva solo finta di non saperlo. Troppi interrogativi a cui Lance non sapeva dare risposta, la testa gli sarebbe scoppiata presto o tardi.
    In ogni caso, lo avrebbe comunque appreso dal racconto del maestro, di certo non da lui. Lui non ne voleva parlare, perché parlare dei problemi li rende molto più reali. Voleva solo continuare a coccolare Azuki, a crogiolarsi nella rassicurante sensazione di morbidezza e calore sotto i palmi delle mani.
    Era ancora troppo turbato per osare un accenno di sorriso, ma tentò comunque di cancellare i segni della crisi battendo le palpebre finché non sentì gli occhi bruciare di meno; anche le guance parevano meno in fiamme, così come il cuore aveva ripreso a battere a una velocità quasi normale. Stava meglio. Non bene, ma meglio.
    «Anche Azuki-san fa le “fusa”?»
    Non gli sembrava troppo propensa, anzi la sentiva ancora un po’ rigida tra le sue mani; probabilmente l’istinto animale le suggeriva che ci fosse qualcosa di sbagliato nella persona che aveva davanti, perciò non riusciva a rilassarsi abbastanza da fare le fusa.
    Fu fulminato da una curiosità. «Anche i cani fanno le fusa? E i pappagalli?» Chihiro a volte usava parole difficili, quindi non capiva proprio tutto dei suoi discorsi.
    Lancelot aveva pochi ricordi dei suoi primi anni di vita, quelli passati a New Orleans; i traumi avevano saggiamente cancellato quasi ogni cosa, compresi gli animali domestici se mai ne aveva avuti. Nei suoi viaggi col maestro aveva poi visto centinaia di animali, alcuni addirittura esotici, ma non aveva avuto contatti diretti con praticamente nessuno. Azuki gli stava quindi aprendo un mondo, e il fatto che Chihiro non avesse ai suoi occhi quell’aura di sacralità che aveva invece il maestro lo incoraggiava a fare domande senza paura di deluderlo o apparire stupido.
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    Edited by Yukari - 18/12/2021, 15:30
     
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    Lancelot era davvero adorabile, gli veniva voglia di prendere le sue guance a pizzicotti. O peggio, a morsi. Ora che ci pensava, i suoi denti avrebbero lasciato una traccia sulla pelle di un ghoul? Se non ricordava male, aveva letto in giro online che i ghoul dovevano essere particolarmente resistenti o meglio, che avevano capacità rigenerative fuori dal comune. Chissà fino a che punto, forse un morso da parte sua non era poi niente di grave. Chissà, invece, cosa sarebbe successo se quello ad essere morso fosse lui stesso? Cosa doveva aspettarsi? Qualcosa alle leggende folkloristiche su i vampiri? Ed ecco un’altra nota mentale presa. Voleva proprio provare ma dubitava Lancelot gli avrebbe detto di si a prescindere.
    Era una richiesta strana, quella di chiedere di farsi prendere a morsi. E non sarebbe nemmeno stata la prima richiesta bizzarra che faceva a qualcuno. Ma quello non era di certo il momento, nemmeno per scherzare. Insomma, quella era una conclusione a cui molti arrivavano, nonostante lui fosse sempre serio e sicuro di quello che chiedeva. Scoprire che non gli piaceva faceva parte dell’esperienza dopotutto.
    Considerando che il cambio di discorso aveva avuto successo e che il ragazzino sembrava lentamente riprendersi, Chihiro decise dunque di assecondarlo ancora per un po’ anche perché si sentiva un po’ in colpa di non poter fare altro per lui «I gatti fanno le fusa anche quando sono spaventati, è un luogo comune che lo facciano solo quando felici o rilassati. Ho letto che in questi casi sia per alleviare la tensione o auto rassicurarsi» gli spiegò quindi, il mento appoggiato sulle ginocchia e una mano ancora sotto il mento della gatta. Deliziato dal poter risponde alle sue domande, domande che gli stava finalmente facendo. Era non poco estasiato per l’opportunità, c’era sempre qualcosa da scoprire anche così.
    «No no» ridacchiò poi, trovando la sua innocenza affascinante. Quella era in fondo una cosa, una differenza che tutti i ragazzi della sua età dovrebbero sapere, in maniera generale. Davvero curioso, come se Lancelot avesse vissuto in una bambagia, sotto una cupola chiusa per tutto quel tempo e stesse scoprendo solo il mondo che lo circondava in quel momento. Era anche peggio di lui stesso.
    In background la sua mente stava lavorando in overdrive.
    «Solo la famiglia dei felini, che oltre i gatti comprendono anche per esempio le linci e i puma, fanno le fusa. Quindi niente per cani e pappagalli. Beh, non tutti i felini in realtà, anche se è più comune nei gatti domestici, molti riproducono solo suoni simili. È ancora un po’ un mistero l’origine delle fusa» riprese poi, cercando d'imitare il suono in questione con poco successo, considerando che sembrava più si stesse strozzando che altro. In suo soccorso arrivò proprio Azuki che, un po’ più rilassata rispetto a poco prima, aveva proprio iniziato a fare le fusa, chiudendo gli occhi. Un po’ come ad accontentarlo.
    Chihiro smise di darle delle carezzine, lasciandola alle balie del ghoul, per poi lanciare una veloce occhiata proprio al volto di Lancelot con un leggero sorriso soddisfatto.
    «Vedi?» disse poi, riabbassando lo sguardo e riportandolo alla punta dei suoi calzini, appoggiando poi la testa contro le braccia incrociate sulle ginocchia, lanciando un’altra occhiata di sottecchi al piccolo ghoul, aspettando una sua reazione. Azuki non faceva mai le fusa per molto, per cui doveva proprio godersi quei momenti. Era una gatta che a volte sapeva essere pestifera, specialmente per dare contro al suo umano padrone.
    Doveva proprio andare a cercare una coperta per Lancelot, pensò poi Chihiro, così da avvolgerglielo intorno. L’immagine mentale di lui e la gatta in un bozzolo di coperte era proprio tenera. Mancava solo il caminetto che ahimè nel bel mezzo di Tokyo era cosa rara, specialmente in un appartamento.
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    Le pupille di Lancelot si ingrandirono tanto da inghiottire l’oro delle iridi, lo sguardo ancora puntato su Azuki ma l’attenzione completamente dedicata alla spiegazione di Chihiro. Non era solito a considerare oro colato qualunque cosa gli venisse detta, a meno che ovviamente non fosse il maestro a parlare, ma in quel momento di forte vulnerabilità aveva bisogno di aggrapparsi ad ogni fatto o certezza a sua disposizione, anche se si trattava di una lezione sui motivi che inducono i felini a fare le fusa.
    Con un timido cenno del capo, niente più di un movimento appena percettibile teso ad annuire, comunicò di aver compreso. Parlare liberamente gli era ancora difficile, richiedeva un’attività preparatoria di comunicazione tra cervello e bocca che non era certo di poter garantire.
    Avere una risposta a una delle mille domande che avrebbe voluto porre a tutti su tutto era già tantissimo. Avrebbe voluto esprimere gratitudine, ma l’unico modo che gli veniva in mente per farlo era accettare il bicchiere che ancora giaceva sul tavolo - quindi, in soldoni, obbedire a quello che il suo cervello aveva registrato come il desiderio di un essere umano, sottomettersi di nuovo. In preda alla confusione, giunse alla conclusione che la soluzione più semplice in quel caso potesse essere anche la migliore.
    «Merci beaucoup.» mugugnò senza preoccuparsi di aver usato il francese, avendo già appurato che Chihiro ne capisse abbastanza da non rimanerne sconvolto.
    Chi rimase davvero sconvolto, e glielo si poteva facilmente leggere negli occhi sgranati, fu invece lo stesso Lance quando sentì Chihiro strozzarsi. Non avendo mai udito il suono delle fusa, aveva ricondotto quel verso alla prima cosa che gli aveva ricordato e di conseguenza temuto per la vita dell’umano. Che però sembrava in perfetta salute. Lancelot era… era confuso, davvero tanto confuso.
    Inaspettatamente, la stessa Azuki venne in suo soccorso. La vibrazione che si sollevò dalla gatta, giungendo amplificata al suo udito da ghoul, fece luce non solo sul mistero delle fusa, ma anche su cosa Chihiro stava tentando di fare con quel verso inquietante.
    Lancelot rimase ad ascoltare quasi incantato, il panico completamente defluito e un’espressione di puro stupore sul volto, fin quando il momento idilliaco non finì e il silenzio tornò ad imporsi. Almeno finché un altro suono completamente inatteso non si espanse: una timida risata da parte del ghoul, che morì con la stessa rapidità con cui era nata.
    «Quindi quella era un’imitazione delle fusa? Era tanto disastrosa che temo Azuki-san si sia offesa…»
    Nella mente del ghoul Azuki aveva cominciato a fare le fusa per insegnare al padrone come farle in maniera decente. Perlomeno, adesso Lance si sentiva decisamente meglio.
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    Al “merci” mormorato da Lance, Chihiro gli sorrise leggermente di rimirando. Almeno quello poteva capirlo senza problemi, sapeva perfino cosa “beaucoup.” significasse, vedendo che alcune parole o modi di dire base li aveva dopotutto imparati passivamente nel corso degli anni. Faceva parte del business. Ora che ci pensava, se doveva passare più tempo in futuro con il ragazzo, non sarebbe stata una cattiva idea provare ad acquisire qualche nozione in più di francese, almeno per provare a capirlo meglio. Forse, tale gesto, lo avrebbe reso felice?
    «Eheh~» disse quindi con il suo solito tono monocorde, una mano sotto al mento, facendo poi una linguaccia e lanciando infine un occhialino proprio a Lancelot in risposta alla sua esclamazione, estasiato da averlo sentito ridere anche se per quel breve istante. La sua reazione alla sua fallita imitazione e alla successive fusa di Azuki, era stata impagabile. Oltre che adorabile. Ne era valsa la pena solo per quello.
    Abbassò poi lo sguardo proprio per ammirare la sopracitata gatta dal pelo rossiccio «Amore mio, ti sei offesa?» le disse quindi, una mano ora al petto, l’altra all’angolo di uno degli occhi come ad asciugarsi una finta lacrima «Se mi odi tu, cosa dovrei fare?» continuò a piagnucolare per finta, un leggero sorrisetto divertito sulle labbra.

    Dopo un po’ si erano entrambi ricordati della busta con cui il ghoul era entrato nell’appartamento dello scrittore, stata abbandonata sopra un mobile in seguito alla serie di eventi in cui Lancelot era stato coinvolto proprio da Chihiro.
    Una volta nelle sue mani, il nostro caro scrittore poté appurare che busta conteneva una scatola di, se il nome non lo stava ingannando, una pasticceria. Chihiro spostò di lato il biglietto con cui era stata abbinata, per poi andare ad aprire con curiosità la scatola una volta stata appoggiata sul tavolo quadrato della zona cucina, rivelando quella che doveva essere una torta al cioccolato. Con tutta probabilità gli era stata data per il suo compleanno, più che per festeggiare l’anno nuovo. Gli sembrava più attinente.
    «Per il mio compleanno?» chiese quindi per esserne certo, lanciando un’occhiata a Lancelot nel mentre attendeva una risposta, per poi andare in cucina, a recuperare un piattino, un coltello e una forchettina. A quanto pare il ghoul aveva preso il suo lavoro da stalker seriamente, il tipo di torta era proprio nelle sue corde.
    Tolta la torta dalla scatola, Chihiro andò dunque a tagliare una fetta di piccole dimensioni per poi spostarla sul piatto, sedendosi infine su una delle sedie libere. Con la forchetta andò quindi a prenderne un pezzetto, così da provarla. «Da solo non la finirò mai…» mormorò dopo aver ingoiato il boccone, guardando la torta con preoccupazione. Si sentiva già pieno così e di sicuro non ne avrebbe consumata molta nei giorni successivi. Beh, l’avrebbe di sicuro condivisa con Minoru e Makoto. E dai discorsi fatti precedentemente con lui, poteva dedurre che con tutta probabilità Lancelot non avrebbe provato il dolce. Un po’ un peccato a detta sua, come torta era molto buona.
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    “Per il mio compleanno?”
    «Da parte del maestro.»
    Lancelot aveva ripreso un po’ di colore. Pur essendo ancora visibilmente provato dall’attacco di panico, l’incarnato delle guance era tornato a tingersi di un rosa tenue, gli occhi non erano più arrossati e persino le mani non tremavano più; insomma, per i suoi standard stava una meraviglia.
    Probabilmente la presenza di un’altra persona gli aveva fatto bene, evitandogli di passare le ore successive a crogiolarsi nell’ansia, come invece accadeva quasi sempre. Era abituato a resistere, a cercare conforto negli altri solo in caso di estrema necessità; il maestro era una persona troppo impegnata per mollare tutto e correre da lui a calmarlo, mentre gli altri… semplicemente non c’era un rapporto abbastanza stretto o un interesse abbastanza profondo nei suoi confronti.
    Perciò, nonostante la stretta al cuore, Lance si sentiva stranamente sollevato.
    Togliere gli occhi di dosso ad Azuki era quanto di più difficile avesse mai sperimentato, ma dovette farlo per raggiungere Chihiro al tavolo su cui aveva appoggiato la busta. Se ne erano entrambi completamente dimenticati a causa delle pulizie, c’era da sperare che l’essere stata tenuta così a lungo fuori dal frigo non l’avesse rovinata - Lancelot sapeva che molti cibi umani funzionavano in quel modo, proprio come la carne.
    Prese silenziosamente posto di fronte a Chihiro, osservando la torta con una certa curiosità. Sembrava gustosa, si vedeva che il maestro si era premurato di ingaggiare una pasticceria rinomata. Ovviamente gli sarebbe piaciuto provarla, mangiare sempre la stessa cosa per tutta la vita era davvero stancante, ma non poteva e non valeva la pena di sentirsi male per assaggiare qualcosa che comunque avrebbe avuto un brutto sapore.
    La vita dei ghoul faceva davvero schifo.
    Pertanto si cucì le labbra, sperando che Chihiro non fosse una di quelle persone a cui dà fastidio essere fissati mentre mangiano, e si fece piccolo piccolo sulla sedia, inclinando appena la testa nel sentire la considerazione dell’altro.
    «Potrebbe portarne una fetta a Morinaga Minoru-san e Hirase Makoto-san.» suggerì, alzando gli occhi al soffitto. «Immagino che sia bello festeggiare il proprio compleanno con gli amici. Io non credo di aver mai avuto amici, spero di non farla sfigurare se mai dovessi incontrare i suoi. A tal proposito, il maestro mi ha detto di provare a pensare a un pretesto per giustificare la mia presenza in futuro.»
    In realtà ci aveva già pensato ed era giunto a una soluzione molto semplice, che però non sapeva quanto potesse essere credibile.
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    «Dovrei ringraziarlo allora» disse quindi Chihiro alla precisazione fatta del ghoul e ormai gli era abbastanza chiaro che il “Maestro” a cui ogni tanto Lancelot si riferiva, era lo stesso uomo che aveva incontrato ormai svariate sere prima. Gli sembrava una conclusione ovvia da quello che aveva potuto appurare personalmente.
    «Ma se la torta è da parte del Maestro, da parte tua cosa ho?» aggiunse poi, alzando le sopracciglia e sogghignando appena, non esitando dal prendere la palla al balzo e prendere giusto un po’ in giro il ragazzino. Non si aspettava una risposta, o qualcos’altro da parte sua. La sua presenza lì era già abbastanza, poter stare in sua compagnia basava come “regalo”. In fondo le sue reazioni gli piacevano non poco, alla stregua di prendere in giro il suo caro e vecchio amico.
    E parlando di amici «A Minori e Mako-chan? Ci stavo giusto pensando» gli disse poi, addolcendo lo sguardo, andando a dividere con la forchetta un altro pezzo dalla fetta che aveva precedentemente tagliato. Di sicuro da solo non avrebbe mai finito quella torta e con tutta probabilità avrebbe a malapena preso un’altra fetta, dando il resto proprio agli altri due in un secondo momento. O meglio, conoscendolo, la maggior parte se la sarebbe presa quel ingordo di Minoru.
    Ecco, non si era nemmeno sorpreso che l’altro sapesse il nome intero dei suoi due amici, considerando tutte le informazioni su di lui che apparentemente già sapeva. Era proprio curioso di sapere quando profondamente le informazioni in suo, in loro possesso fossero. Ma tutto a tempo debito.
    Sulla corda del pensiero del ghoul, andava detto che Chihiro non era affatto una di quelle persone a cui dava fastidio essere osservati mentre mangiavano. Tutt’altro, nemmeno ci faceva poi molto caso, ormai anche troppo abituato a sottostare allo sguardo del suo amico o anche dei suoi genitori che si assicuravano sempre mangiasse almeno qualcosa.
    Alzò quindi lo sguardo dal piatto, posandolo sulla figura del ghoul che si era seduto dall’altra parte del tavolo, Azuki che gli osservava dallo schienale del divano dove si era messa comoda. Chihiro gli sorrise, per poi allungare la forchetta che teneva un pezzetto della torta nella sua direzione «Ne vuoi assaggiare un pezzo?» gli chiese, non aspettandosi veramente che l’altro gli disse di si. Considerando che non aveva nemmeno toccato il bicchiere che gli aveva posato di fronte ormai svariati minuti prima.
    «Yup, è piuttosto divertente» annuì per poi andare a sgranare gli occhi e andare a esclamare con un tono che doveva sembrare dispiaciuto ma allo stesso tempo fermo, sicuro, come fosse un ovvietà che non gli costasse niente «Oh no, triste! Possiamo essere noi i tuoi amici! Quand’è il tuo compleanno?».
    Si ritrovò poi a crucciare le sopracciglia, continuando ad ascoltare le parole dell’altro «Un pretesto? Ne serve veramente uno?» sottolineò con un velo di confusione. Anche perché, insomma, conoscendo come agiva Chihiro, nessuno si sarebbe sorpreso o avrebbe battuto ciglio, se di punto in bianco venisse affiancato da un perfetto sconosciuto. Beh, a Minoru sarebbe preso un attacco ma era una cosa talmente tanto “alla Chihiro” che, anche senza una vera spiegazione, avrebbe lasciato correre. Prestando solo più attenzione e dopo varie intimidazioni, un po’ come aveva fatto in precedenza con il teppistello di strada che era stato Makoto. Insomma, non era la prima volta che Chihiro raccattava gente per strada per la sua “combriccola”, uno in più non avrebbe fatto male a nessuno. O quasi, bastava non lasciarlo solo con il suddetto nuovo elemento.
    Troppo tardi Minoru, sorry~
    «Hai qualcosa in mente, Lancelot-kun?» chiese infine, curioso di vedere se il ragazzino avesse qualcosa da dire, vedendo che era dopotutto una questione che aveva tirato in ballo lui.
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    Lance, stai attento che se vai avanti così ti adottano nella loro combriccola e Chihiro non ti alscia più lol
     
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    La domanda di Chihiro era puramente provocatoria, ma Lancelot non lo capì. L’espressione mortificata, l’improvviso rossore che coprì le gote e gli occhi gialli sgranati misero subito in chiaro quanto quell’interrogativo lo avesse colto di sorpresa. Effettivamente si era concentrato solo sul sopravvivere alla gita nel mondo umano, in una circoscrizione pullulante di Investigatori, e di consegnare la torta, senza chiedersi se gli usi della società umana prevedessero che portasse un dono anche da parte sua. Il punto era che non capiva se Chihiro lo stava prendendo per l’ennesima volta in giro o fosse serio, ma nel dubbio preferiva dare per scontato di aver commesso un altro errore stupido.
    Chinò la testa, mogio: ormai era tardi per scusarsi. Non gli rimaneva che sperare nel buon cuore dell’umano e rimediare il prima possibile, pur non avendo la minima idea di come fare. Non aveva soldi propri e non sapeva neanche fare la spesa, figurarsi andarsene in giro per negozi alla ricerca di un regalo per una persona tanto eccentrica.
    Chihiro era così complicato, realizzò con un sospiro affranto, anzi tutti gli esseri umani erano complicati.
    Sollevò con deliberata lentezza gli occhi, aspettandosi un’espressione imbronciata e magari anche una ramanzina, e invece vide che il maledetto scrittore pazzo era tornato a sorridere bonariamente come se niente fosse accaduto, prendendo un altro boccone dalla torta.
    “Bondye, che soggetto…”
    Lance aveva ormai perso il conto delle volte in cui si era sentito confuso da quando aveva messo piede in quell’appartamento. La convinzione che presto o tardi Chihiro l’avrebbe fatto impazzire - come se non lo fosse stato già di suo - continuava a mettere radici sempre più profonde in lui. Per il momento decise di mettere da parte la questione regalo, o almeno queste furono le sue intenzioni finché, passato qualche secondo, Chihiro non allungò verso il centro del tavolo la forchetta con un pezzettino di torta trapassato dai rebbi. L’odore era terribilmente forte, tanto da spingere il ghoul ad arricciare un po’ il naso. Esattamente com’era accaduto con la dottoressa Pepper, Chihiro glielo offrì a cuor leggero e Lance rimase a fissarlo, a corto di parole ma con le sopracciglia aggrottate sopra gli occhi ridotti a schegge, meditabondo.
    Sarebbe stato male, non c’era alcun dubbio. Ma forse…
    “Quand’è il tuo compleanno?”
    «Il sette di luglio.»
    “Un pretesto? Ne serve veramente uno?”
    «Sì, per ogni evenienza.»
    Non capitava spesso che Lance rispondesse così prontamente, senza prima arrovellarsi su cosa fosse meglio dire per compiacere l’interlocutore, ma durante quel breve botta e risposta i suoi occhi erano rimasti incollati sulla fetta di dolce ancora sospesa a mezz’aria. Uno sguardo eloquente, che scivolò sulla figura di Chihiro solo quando ottenne il suo silenzio, ignorando - o forse fraintendendo - l’ultima domanda.
    «Vuole vedere cosa succede se un ghoul mangia cibo umano? Non mi dispiace fare da cavia per soddisfare una sua curiosità, se lo considera il mio regalo di compleanno.»
    Aveva parlato lentamente, faticando a trovare le parole adatte per esprimere in giapponese un concetto abbastanza delicato. Sapeva a cosa andava incontro, ma di sacrifici per soddisfare gli umani ne aveva fatti già molti in passato. Al dolore ci era abituato, tanto da affrontare l’attesa di un responso di Chihiro con un angolo delle labbra sollevato in un sorriso sornione.
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    «Parlato.»
    "Pensato."
    Ghoul
    Is it mad to pray for better hallucinations?
     
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    Per certi versi Lancelot sapeva essere davvero innocente, era stato il pensiero di Chihiro osservando la sua ormai famigliare reazione alla domanda retorica che gli aveva fatto. Se era così credulone, come era riuscito a sopravvivere nel mondo di fuori? O era forse stato protetto e tenuto lontano da influenze esterne, tenuto nascosto sotto una campana di vetro fino a quel momento? Forse era proprio quello il problema, forse si era isolato così tanto dalla società che non l’aveva mai vissuta sulla sua pelle, per capire come in certi versi il mondo girava. In pratica Lancelot era quasi peggio di Chihiro riguardo questa questione.
    «Facile da ricordare» commentò quindi tutto contento della scoperta, quando l’altro gli rivelò la sua data di nascita. Se la sarebbe ricordata, anche perché si era già appuntato mentalmente di festeggiare quel giorno in grande, di fargli una festicciola tutta per lui, in special modo dopo che l’altri gli aveva rivelato non avesse mai festeggiato con degli amici. O meglio, a quanto pare di amici non ne aveva proprio.
    «Non che cambi qualcosa se hai una scusa o meno, basterebbe dire sei un mio amico o qualcosa del genere» continuò quindi, sempre con il pensiero che non sarebbe importato, che nessuno si sarebbe fatto due domande se di punto in bianco avesse qualcuno di nuovo alle calcagna. Tranne Minoru, ma questi sono dettagli per un secondo momento.
    «Puoi sbizzarrirti~» aggiunse, nonostante le parole dovevano sembrare una battuta il tono della sua vcoe non diceva niente di speciale, inclinando la testa di lato, la mano con la forchetta sempre tesa verso Lancelot, in attesa. Una risposta non tardò ad arrivare e per sua somma sorpresa, il ragazzo aveva acconsentito. O meglio, gli aveva chiesto se voleva vedere cosa sarebbe successo se avesse mangiato veramente quel pezzo di torta.
    Lancelot gli aveva già spiegato cosa sarebbe potuto succedere se un ghoul avesse mangiato altro rispetto a carne umana, una reazione di rigetto, di dolore. Nausea. Ecco, un conto erano le parole, un conto avere conferme concrete. Era quindi impossibile Chihiro rispondesse con un “no”.
    «Okay, for science» gli disse quindi annuendo appena, lo sguardo curioso fisso negli occhi del ghoul «Ma prendi giusto un pezzettino, non vorrei che poi stai troppo male. A pulire non ci vuole niente» continuò ricambiando il sorriso sornione dell’altro con uno più leggero, gli angoli della bocca leggermente sollevati e le sopracciglia leggermente corrucciate. Nonostante la curiosità, non gli piaceva vedere le persone soffrire veramente. Ma di certo non lo avrebbe fermato.
    Ah, se solo potesse leggere la sua mente! Era proprio curioso di sapere cosa era vorticato nella sua testa, cosa aveva pensato per fargli una proposta del genere se fino a svariati minuti prima era stato più restio!
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