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[CONCLUSA] Darien Lockwood & Alina Dušana, magazzino abbandonato, 12/03/2021 dalle 22:30, sereno

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  1. yumæchu`
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    Dopo che i denti di Darien affondarono nella carne del collo del ragazzino, tutto ciò che era intorno a lui era sparito. Gli capitava di rado di mangiare in quel modo, senza che ci fossero sua madre e Gloria a decidere come, quando e cosa dovesse mangiare. Lasciarsi andare a quell'irrefrenabile voglia di carne umana era ormai diventato difficile, quasi un'imposizione: mangiava solo quello che Gloria portava a casa, e ogni tanto mangiava qualcuno che, dopo dovute ricerche, bocciava dal diventare cibo da ristorante. Insomma, la vita monotona l'aveva ormai sopraffatto e quel momento di pasto doveva goderselo bene. Era il suo momento, solo suo, solamente suo. Di nessun altro.
    Dopo essersi rivolto ad Alina, infatti, era ritornato ad ignorarla, come se lei non esistesse minimamente. L'avrebbe lasciata pulire quel pasticcio di sangue, così come poi l'avrebbe esortata a pulire la pozza di sangue che stava creando anche lui in quel momento.
    Ma mangiava, mangiava, mangiava. Non faceva altro che affondare i denti sul corpo del ragazzino, con una frenesia tale che pareva fosse più spinto dall'adrenalina del momento, piuttosto che da vera e propria fame e desiderio di cibo.
    Più passava il tempo, più le urla del ragazzino perdevano vigore e s'affievolivano. Non era una cosa che si aspettava durasse in eterno, ad essere onesti, ma mangiare con le sue urla in sottofondo era decisamente più bello.
    Quando l'enorme sala si svuotò da quel suono straziante, e Darien sentì il corpo del bambino afflosciarsi contro il proprio petto, fu abbastanza chiaro e lampante ciò che era successo: l'aveva ucciso.
    Si scostò dal corpo ormai morto di lui, si pulì gli angoli della bocca strofinando la manica della felpa contro la propria bocca e, di punto in bianco, si mise ad esaminare il corpo, completamente privo di anche solo una goccia di rimorso. Il rimorso e il pentimento erano riservati ai deboli, a chi come lui non poteva far altro che accettare di essere un ghoul e che cibarsi di carne umana era nella loro natura, ma che decideva di autoproclamarsi un mostro. Quella gente era debole. I veri mostri erano quelli che non accettavano la loro natura, e quindi meritavano di soccombere.
    «Uffa, è morto.»
    Il sonoro sbuffo di Darien riecheggiò nella stanza. Forzato come poche cose, era tutta una scenata. Non aveva avuto modo di godersi abbastanza il soave suono delle urla altrui ed ora che erano finite molto prima del previsto, il suo divertimento era andato a rotoli. Che disdetta.
    Lasciò andare il corpo mangiucchiato, pieno di morsi ovunque gli avesse tolto i vestiti e, con fare estremamente indignato, Darien si alzò in piedi, pulendosi le mani contro la propria felpa. Tanto l'avrebbe buttata via, insomma, non c'era niente che potesse fare.
    «Tu!» tuonò ad un certo punto, girandosi a guardare la sua schiava. Era arrivato il momento che più desiderava: mostrarle chi comandava sul serio e, di conseguenza, cominciare a farla sgobbare come meritava.
    «Non ho più voglia di questo qui, quindi mangiatelo tu.»
    Non era un gesto di magnanimità, tutt'altro: era dimostrare di essere una persona capricciosa e schizzinosa, che perdeva interesse nel proprio cibo se quest'ultimo non risultava come se l'aspettava. Era dimostrarle che lui era il padrone e lei era il cagnolino che doveva spazzolare via i suoi avanzi.
    All'inizio era meglio, ma una volta morto aveva perso importanza. Assurdo.
    «Pulisci tutto questo casino, mangia e poi vammi a comprare una felpa dal primo negozio tarocco che trovi.»
    No, al contrario di quel che Alina pensava, Darien non aveva voglia di spendere fior fior di quattrini per una semplice felpa nera. Doveva andare in giro a cacciare, non doveva andare a fare lo splendido: per quanto Darien fosse una persona estremamente fissata con l'apparenza, quando era la sua natura di ghoul a doversi spostare per tutta Tokyo, i soldi non erano quello che doveva prevalere, in nessun modo. Doveva dare l'idea di non essere facilmente riconducibile ad una persona benestante, doveva risultare il più anonimo possibile. Quindi, per quanto fosse estremamente selettivo e schizzinoso, non avrebbe permesso che la sua mise da ghoul potesse essere un indizio per ricondurre più facilmente a lui. E, oltre a ciò, sapeva perfettamente che Alina non poteva permettersi di mettere piede in un negozio di marca: non le avrebbe consegnato la sua carta, non le avrebbe permesso di vivere una finta vita agiata anche solo permettendole di andare a comprare cose per lui. Lo shopping serio lo faceva da solo. E poi era un modo per umiliarla maggiormente: era come se le stesse comunicando, implicitamente, quanto lei non avesse alcun valore, indi per cui nessuna possibilità di anche solo sperare di mettere piede in una boutique di lusso. Non avrebbe potuto farlo per se stessa, e non lo avrebbe fatto per lui.
    «Io me ne vado» comunicò dunque, sfilandosi la felpa e gettandola per terra, come se fosse improvvisamente diventata uno straccio qualunque, «ricordati di comprarmene una nuova.»
    Detto questo, dopo aver preso le sue cose ed essersi opportunamente rivestito (facendo anche attenzione a rimettere la parrucca che aveva indossato per rapire gli Yamashita), Darien abbandonò la stanza, senza neanche salutare Alina. Il suo lavoro, per quella sera, era finito lì. Sarebbe stato lui a ricontattarla una volta deciso quando era pronto per darle una mano con il suo piano di vendetta.

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