Mortal Reminder

[CONCLUSA] Alina Dušana & Darien Lockwood-MAGAZZINO ABBANDONATO(ADACHI)-11/03/2021 SERA (DALLE 21.00), sereno)

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    Alina Blažková Dušana
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    Ne parleremo da vicino. A giovedì.



    E quel giovedì alla fine era arrivato senza neanche troppi intoppi, e sopratutto molto lentamente, almeno per lei: le prudevano quasi le mani, perchè voleva agire, ma sapeva di non poter buttare tutto al vento per la sua fretta e frenesia di ottenere vendetta.
    Anche il primo nome della lista era stato sancito, e per quanti non fossero tanti, voleva occuparsi di persona di ognuno di loro e distruggere le loro vite, come era stata distrutta la sua.
    Sperava di non avere problemi, sopratutto con il suo complice, che sembrava tutto furchè una persona facile da gestire: poteva insultarla, dire e fare di tutto, purchè arrivasse al suo obbiettivo.
    Alina poteva sopportare tutto. Lo aveva fatto per anni, e non sarebbe stato uno come Darien Lockwood a farla cedere così facilmente, anche lui si sarebbe ritrovato un muro piuttosto difficile da scalfire.
    Era arrivata in anticipo, odiava i ritardi, e voleva sfruttare ogni secondo che aveva, anche perchè il soggetto sembrava facilmente incline alla noia, e visto che forse avrebbe avuto la sua attenzione per massimo 10 minuti come un bambino o un cagnolino distratto dall'auto gialla di passaggio, doveva approfittarne.
    Sperava solo che non fosse tutto più difficile.
    Quel giorno si era lasciata i capelli sciolti e morbidi cadere sulle spalle, e visto l'atteggiamento di Darien del loro primo incontro aveva pensato di mettersi dei vestiti quanto meno decenti. Non le importavano molto queste cose, ma se era un modo per tenere Darien ben disposto o quanto meno buono per qualche minuto lo avrebbe fatto.
    Si era messa infatti una giacca nera con una camicia bianca e pantaloni neri. Niente di che, ma almeno non erano jeans e maglietta o felpona.
    Non era neanche roba firmata, e probabilmente a prescindere avrebbe avuto da ridire, ma almeno poteva fare qualche tentativo.
    Il posto era grande, isolato e facilmente accessibile per loro: nessuno li avrebbe disturbati, e per quanti anni erano passati si era mantenuto piuttosto bene, senza contare che quello era una delle ex proprietà del padre, di conseguenza era un po' suo quel posto.
    Almeno filosoficamente parlando, sarebbe stato poetico quasi consumare lì la sua vendetta.
    Nei giorni in cui era rimasta libera, invece di rilassarsi, aveva ben pensato di ripulire la zona in cui lei e Darien avrebbero lavorato, così da trovare un posto quanto meno dignitoso. Non avrebbero avuto problemi per il sangue o strumenti, su quelli nel tempo ne aveva fatto una piccola collezione sfruttabile, non potendo utilizzare una kagune come tutti gli altri.
    Dubitava che a Darien servissero...ma a lei sicuramente si se voleva partecipare, quanto meno in parte: non si andava mai senza essere armati, lo aveva imparato a sue spese.
    Così dopo avergli mandato la posizione qualche giorno prima, aveva aspettato davanti ai cancelli, nell'ombra, senza farsi vedere: non che passasse nessuno da quelle parti in realtà, ma meno si faceva notare, meglio era.
    Anche se dovevano solo parlare e organizzarsi, era pronta a partire in azione anche subito probabilmente, ma dubitava che accadesse anche quello, almeno per quella sera.
    Darien sembrava un ragazzo piuttosto volubile, dunque sperava che fosse nel mood giusto per iniziare.

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    Si era ripromesso non avrebbe fatto cose troppo strane o pericolose, ma Darien Lockwood non sapeva trattenersi se una signorina gli si avvicinava e gli chiedeva di uccidere delle persone, piuttosto che un caffé al bar.
    Insomma, Darien Lockwood, signore e signori, un pazzo dalla personalità fin troppo egocentrica che trovava divertimento solo nella caccia e nell'assassinio. E poi parliamoci chiaro: chi non lo trovava divertente stava chiaramente mentendo.
    Quel giorno aveva deciso di vestirsi nella maniera più casual che poteva, per non dare nell'occhio: occhiali da sole scuri, felpa e pantaloni a sigaretta neri, scarpe da ginnastica ovviamente nere ed un marsupio dove aveva tenuto conservata alla bell'e meglio la propria maschera e la fascia per capelli, le chiavi di casa, il portafogli ed il case per le airpods. Il cellulare, ovviamente, soggiornava nell'enorme tasca della felpa, che gli creava un leggero bozzo sull'addome.
    Insomma, Darien non si era premurato di presentarsi in chissà quale costoso outfit, l'unico accessorio degno di nota era proprio quel marsupio di Versace comprato un po' di anni prima, leggermente usurato dal tempo, ma questo perché lo trattava come se non ci avesse speso soldi sopra.
    Prendere i mezzi fu un inferno. Darien era realmente abituato a girare solamente col taxi, con la propria moto (che spesso utilizzava per andare in università e sfoggiare tutto il suo grande charm) oppure in macchina accompagnato da Gloria. I mezzi pubblici li aveva sempre evitati come la peste, perché di salire su mediocri vetture piene di gente e che puzzavano di sudore non se ne parlava proprio. Quel giorno, però, aveva fatto il grande sacrificio, un sacrificio necessario perché potesse dire «impossibile! Io non mi confondo con la massa in questo modo orribile, i mezzi sono roba da poveracci.»
    ... e infatti indovinate chi non possedeva alcun abbonamento e aveva dovuto davvero comprare dei biglietti alle macchinette? Proprio Darien. E ci aveva pure messo un po' a capire come funzionassero, non le aveva mai usate prima di allora.

    [ ... ]

    Dalla stazione della metropolitana al luogo designato, aveva dovuto camminare un bel po'. Si era perso a guardare ciò che lo circondava, le mani a sprofondare nell'ampia tasca della felpa e le cuffie nelle orecchie a pompare la tipica musica che da un ragazzo vestito tutto di nero non ti aspetteresti: le voci acute di un gruppo idol rimbombavano nella sua testa come se ne valesse della sua intera esistenza. Ascoltare le AKB48 era sicuramente un modo interessante per far passare il tempo di quella noiosa passeggiata.
    Quando arrivò sul luogo indicatogli da Alina, vide la ragazza in lontananza. Un ghigno si fece spazio sul volto diafano, mentre sfilava la mano destra dalla tasca. Sfilò uno degli auricolari e poi portò il pollice e l'indice della mano alla bocca, inserendo le punte delle due dita nella fessura creata dalle proprie labbra e lasciando andare un fischio piuttosto acuto.
    Ecco come aveva intenzione di attirare l'attenzione di Alina, fischiando come si faceva ad un cane. Anche perché non aveva la benché minima idea di come si chiamasse, nonostante glielo avesse detto. L'unica cosa che ricordava era sicuramente il nome che iniziava per A, ma perché il firmarsi come "A." lo aveva fatto sganasciare dalle risate in maniera inverosimile. Con che razza di persona si era invischiato? Boh, non ne aveva la benché minima idea. Quantomeno era un soggetto dal "perculo-facile", nel senso che era divertente prenderla in giro in tutti i modi possibili, tanto non aveva il coraggio di reagire.
    Mosse gli ultimi passi verso di lei, constatando che si era vestita in maniera quantomeno decente. Non bella, poteva carpire informazioni di un certo tipo anche solo squadrandola una o due volte: abiti di seconda mano (tu devi essere un Weasley-- ah no, universo sbagliato), i tessuti sicuramente non della migliore della qualità.
    Il punto era: in camicia in un contesto del genere, sul serio? Forse aveva preso sul serio le parole circa i suoi vestiti, la prima volta che lo aveva avvicinato.
    «Quanto sei sottona» commentò trattenendo tra i denti quella che doveva essere la risata più fragorosa di sempre, «sei così out of context, ti prego: pensavi di venire a fare un colloquio di lavoro?»
    Erano già cominciate le prese in giro, perfetto.

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    Alina Blažková Dušana
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    «Mi cade la mascella per quanto sto ridendo»
    Commentò, con le mani in tasca e sbuffando: eccolo, era arrivato quanto meno, anche se come al solito con il suo pessimo carattere... non aveva funzionato, sapeva che doveva venire con la felpa, se lo sentiva.
    Promemoria, alla fine, fare come le pareva. Aveva fatto la sua prova e avrebbe agito di conseguenza.
    In verità era stata punta un po' nel vivo: ma piuttosto sarebbe morta che dare la soddisfazione a Darien di averla infastidita, sapeva che ci avrebbe goduto solamente di più oltre che a ridere di lei maggiormente, ancora peggio di come stava facendo in quel momento.
    Non le mancava per niente il suo senso dell'umorismo, ma si ripeteva che doveva sopportare: si, doveva farlo per arrivare al suo obbiettivo, quello era più importante, lei era molto più forte. Se solo avesse avuto la forza, avrebbe potuto far chiudere il becco a Darien, si, un po' desiderava farlo, ma al momento era l'unico in grado di aiutarla e tanto pazzo da assecondare la sua vendetta.
    Senza quinque però, non eri nessuno.
    Lei non era nessuno, e ne era perfettamente consapevole.
    E probabilmente, ciò la rendeva sottovalutabile e molto più pericolosa degli altri, perchè era disposta a sacrificare tutto: ma era anche abbastanza sveglia da sapere che fisicamente era molto più debole.
    «Forza entriamo dentro...e abbassa quella voce ...»
    *...da gallina* terminò la frase tra se e sè, si morse quasi la lingua per non dirlo, perchè alle sue orecchie in quel momento, forse ancora pungolata per poco prima, era tremendamente fastidiosa.
    Aveva fatto però un patto col diavolo, quella voce da gallina sarebbe stata sempre presente nella sua vita per perseguitarla, lo sapeva.
    Meglio abituarcisi in un certo senso.
    Fu così che entrò senza riserve oltre l'asta dell'ex guardianina che c'era fuori, prima di ritrovarsi davanti ad un'entrate enorme e chiusa: ovviamente l'aveva già aperta, e per fortuna la forza da ghoul non le mancava, motivo per cui dopo aver poggiato la mano sulla maniglia, la aprii lateralmente come se non pesasse poi così tanto.
    «Dopo di te»
    visto che faceva tanto la prima donna, tanto valeva trattarlo come tale.

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    Darien Lockwood
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    Il primo commento di Alina fu rilevante a tal punto che Darien fu subito distratto dalla musica che ancora pompava a tutto volume nel proprio orecchio sinistro: ancora una volta le AKB48 lo avevano stordito con le loro acutissime voci da criceti. E quando partiva Heavy Rotation era sempre un trauma.
    «Ahi ahi, che sbadato» commentò, tornando a cercare il cellulare nella tasca della felpa per poter porre un freno a quelle voci assordati, spegnere la musica per poi riporre nella loro custodia le airpods. «Ho tenuto la musica accesa e non ho minimamente sentito quello che hai detto.»
    In realtà aveva sentito eccome, ma l'ego di Darien non era solo spropositato, ma anche d'acciaio: c'erano davvero poche cose che scalfivano la sua presunzione, e sapere di non aver fatto minimamente ridere l'altra non rientrava tra queste. Anzi, era perfettamente consapevole del fatto che non avrebbe riso e il suo commento prima di ogni altra cosa non era volto a strapparle una risata. Le aveva dato della sottona, cosa c'era di più umiliante di essere riconosciute come persone che scodinzolavano con sguardo sognante dietro qualcuno di cui si riconosceva la superiorità? Niente. Darien si sarebbe indispettito a trovarsi in una situazione simile, ma era anche molto difficile che accadesse. E non perché si riteneva superiore a chiunque, era abbastanza intelligente da capire che in giro c'erano persone più forti, più belle, più intelligenti e migliori di lui in tutto. Era la sua indole particolarmente menefreghista a giocare a suo vantaggio: non gli importava se gli si mettevano i piedi in testa, né si stupiva se qualcuno di palesemente più forte di lui lo trattava come se avesse lo stesso valore di un calzino bucato, perché se c'era qualcuno di più forte di lui voleva dire che se lo meritava e che doveva impegnarsi per diventare più forte.
    Chi se la prendeva per gesti di superiorità, che lui avrebbe definito più che giustificati, probabilmente avrebbe soltanto perso il suo tempo a piagnucolare e a prendersela per cose di poco conto, anziché realmente concentrarsi sull'obiettivo. Darien credeva che le persone permalose non fossero risolute abbastanza.
    ... e se Alina se l'era presa, allora non valeva davvero la pena averci a che fare. Piuttosto che prendersela per il suo commento avrebbe dovuto riconoscere di essergli inferiore, abbassare la testa e annuire come il cane che era. Non era più di quello, agli occhi di Darien. Anzi, forse era persino un'esagerazione, darle del cane... un cane quantomeno gli avrebbe fatto le feste e lo avrebbe accolto come meritava, anziché presentarsi in quella maniera e con la faccia di una a cui avevano ucciso qualcuno-- ops, era proprio così.
    Che simpatico.
    Ignorati i commenti di Alina, la seguì verso l'ingresso di quell'enorme palazzo abbandonato. A giudicare dall'aspetto esteriore, quell'edificio si era mantenuto bene e probabilmente non erano passati troppissimi anni dall'ultima volta in cui qualcuno ci aveva svolto attività dentro in via del tutto ufficiale. Aveva sicuramente un'aria trasandata e vissuta, ma non era poi così male. E poi i luoghi come quello, dall'aspetto trascurato e anonimo, erano i luoghi che gli piacevano di più per svolgere le sue "attività illecite".
    Osservava il luogo con aria concentrata, il ghigno di poco prima completamente levatosi dal suo volto per lasciare spazio all'espressione della serietà. Probabilmente di primo acchito nessuno avrebbe mai immaginato Darien con quell'espressione seria in volto, ma era quel genere di persona che quando aveva un compito lavorava come se ne dipendesse la sua intera esistenza. E rimanere concentrato ad osservare ogni minimo particolare per lui era importante tanto quanto eseguire alla lettera ciò che gli veniva chiesto di fare. Analizzava il terreno, osservava le pareti e gli infissi esterni dell'edificio, anche per capire come avrebbero potuto muoversi. Era un luogo isolato, e forse avrebbero davvero potuto fare come gli pareva, ma era certo di una cosa: ci voleva cautela, una cura dei dettagli maniacale ed un'attenzione non indifferente. Perché, lo sapeva, i posti abbandonati come quelli erano la prima scelta di ogni persona che avesse desiderato fare qualcosa di losco e sbagliato, per cui erano anche i luoghi principali su cui venivano puntati i riflettori in caso ci fosse stato il bisogno di indagare su qualcosa.
    All'invito ad entrare di Alina, fece come detto, sorpassandola e mettendo piede dentro l'edificio che, per quanto malandato, aveva comunque un aspetto quasi curato, come se qualcuno lo avesse tenuto bene in vista di quanto sarebbe accaduto di lì a breve. Darien non emise una sola parola, piuttosto si perse a continuare la propria analisi, muovendo passi lenti e calmi in giro per quella che doveva essere la reception di un'agenzia: sul lato sinistro c'erano dei divanetti rovinati ed ammuffiti, mentre sulla destra c'erano degli ascensori probabilmente fuori uso. Davanti a loro vi era una sezione circolare che probabilmente ospitava i computer dei segretari incaricati di dare il benvenuto a chiunque fosse entrato, mentre poco più avanti vi erano tre porte ed una vetrata che dava a quello che aveva tutta l'aria di essere un giardino, ormai pieno di erbacce alte abbastanza da coprire la visuale.
    «Cos'hai intenzione di fare?» chiese di punto in bianco Darien, dopo essersi accucciato verso il terreno per controllare se ci fosse qualcosa che gli era sfuggito alla vista, mentre la propria voce riecheggiava per la grande sala. Si perse per qualche istante a guardare il proprio riflesso sfocato nelle piastrelle della pavimentazione e la sua mente viaggiò verso una miriade di pensieri sconnessi tra loro: quello sarebbe stato il luogo dove molte tragedie si sarebbero consumate, e se Alina avesse avuto intenzione di ridare vita a quel luogo, probabilmente ciò che avrebbero fatto avrebbe macchiato irrimediabilmente la sicurezza di quel posto. Il pensiero di avere la possibilità di divertirsi così lo eccitò, e lo si denotò da quel ghigno che curvò piano piano le sue labbra, mentre una mano sembrava quasi accarezzare il proprio riflesso. Non era il gesto di un narcisista, ma quello di un pazzo che aveva tutta la voglia di mantenere quel ghigno soddisfatto e divertito sul proprio volto. Si piaceva così, e aveva voglia di rimanere con quell'espressione in viso quanto più poteva.
    In quel momento realizzò: Darien non vedeva l'ora di mettersi in gioco.

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    Alina Blažková Dušana
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    Per la prima volta Alina rimase sorpresa dal suo cambio di atteggiamento: era diventato incredibilmente serio, certo con uno sguardo da pazzo, ma si vedeva che aveva finito di scherzare, ma che anzi, era entrato in una modalità ben diversa.
    Sembrava essere completamente a suo agio in quel contesto, e dubitava che avrebbe provato rimorso o disagio per quello che aveva intenzione di fare o che gli avrebbe proposto.
    Era quel tipo di persona che per il suo divertimento avrebbe fatto qualsiasi cosa, e quello poteva tornarle a suo vantaggio: se avesse saputo sfruttare bene anche il suo egocentrismo, forse avrebbe avuto qualche carta in più da giocare.
    Per adesso però doveva andare con i piedi di piombo: oggettivamente quello era un posto perfetto, avrebbero avuto anche il retro da sfruttare se volevano agire indisturbati a torturare qualcuno, o a tenere rinchiusi ostaggi, insomma, avevano un bel po' di spazio da sfruttare, e una piccola sala di torture che potevano smantellare o abbellire a seconda di quello che avrebbero deciso...o meglio, a seconda di quello che faceva più comodo a Darien, lei per quanto volesse partecipare avrebbe potuto fare relativamente poco, sebbene voleva essere parte attiva di tutto.
    «Voglio costringerlo a condannare la sua stessa famiglia» Ovviamente lui non si sarebbe salvato: aveva testimoniato il falso, distruggendo suo padre dietro compenso, costringendolo ad uccidere sua madre, e anche lei sebbene non ci era riuscito, per poi suicidarsi...ma non gli avrebbe dato quel privilegio.
    La sua morte se l'era meritata.
    «Ho un suggerimento in merito...vorrei che fosse costretto ad uccidere sua moglie pensando così di poter salvare i suoi figli, voglio vederlo disperato e supplicare» Sadismo? Probabile, se lei aveva sofferto in quel modo atroce, che diritto aveva lui di una morte veloce e indolore?
    «Sopratutto quando toccherà a loro»
    Non c'era spazio per la pietà, non per Alina in quel momento: in parte spiegare le sue intenzioni era anche un test per lo stesso Darien, voleva vedere quanto gliene fregasse. Dubitava che avesse una morale in merito, ma meglio esserne sicuri, e poi i testimoni erano anche scomodi...
    «Inoltre, voglio che sappia il perchè gli è successo tutto questo prima di morire, e voglio filmare tutto»
    Non per un suo strambo piacere nel riprendere la morte delle sue vittime, ma perchè voleva mandare un piccolo regalino al vertice della lista una volta che avrebbe raccolto abbastanza filmati da montare insieme, una cosa probabilmente stupida o infantile, ma era anche un ulteriore avvertimento, visto che prima di arrivare a lui, altri sarebbero scomparsi, e avrebbe saputo che stavano arrivando a stanarlo.
    «Dopo passeremo al prossimo della lista, ho stipulato un ordine preciso, dal più facile al più difficile» Almeno così, anche Darien si sarebbe potuto divertire aumentando di difficoltà.
    Per quanto non volesse scendere nei dettagli, e dubitava che a lui importasse il vero motivo, quanto meno si era sentita di spiegargli il suggerimento che aveva in mente: voleva che ci fosse una sorta di karma in tutto quello.
    «Può andare bene?»
    Voleva credesse che fosse lui a ''decidere'', visto come si era posto nei suoi confronti, visto che voleva pensare di avere la massima libertà, che in realtà avrebbe avuto, voleva solo che si rispettassero certe cose, per il resto Darien aveva davvero carta bianca...e altri suggerimento o licenze poetiche da parte sua, poteva accettarle.
    Dopo aver deciso quella modalità sarebbero passati al piano di cattura, che visto le abitudini dell'obbiettivo, non sarebbe stato per nulla difficile per loro prenderli.


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    Darien Lockwood
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    A Darien piaceva sporcarsi le mani al posto di altri, era un dato di fatto. Anche se si stentava a crederlo, non era il tipo di persona che preferiva agire dietro le quinte e sguinzagliare galoppini che facessero il lavoro al posto suo, voleva essere in prima linea, perché era divertente. Semplice e banale, eppure era genuinamente divertito dall'idea di essere lui l'artefice delle sofferenze altrui.
    Eppure, ascoltando Alina, dovette trattenere una smorfia di disgusto: più parlava, più quella ragazza gli sembrava il classico personaggio di fantasia buono ma vendicativo, le cui brutte azioni erano mosse da un forte desiderio di vendetta e niente più. Uno di quei personaggi che partiva come buono e che poi si macchiava di crimini orribili nel nome della vendetta.
    A Darien, Alina piaceva sempre meno. Ma si sforzò di non darlo a vedere, piuttosto si tirò su da terra e si poggiò al banco informazioni vuoto e leggermente impolverato, incrociando i piedi davanti a sé e poggiando i gomiti sul piano, rivolgendo il suo sguardo alla ragazza, non emettendo un fiato per evitare di interromperla.
    Se aveva ben capito, quella ragazza aveva intenzione di uccidere l'intera famiglia. A quella realizzazione, Darien storse il naso, evidentemente indispettito dalla cosa.
    «Mmmh... ho una proposta.»
    Non voleva andarci d'accordo e il fatto che la sua indole giocherellona fosse stata completamente oscurata da una personalità più fredda e metodica voleva solo dire che aveva tutte le intenzioni di impegnarsi nel portare a termine quel lavoro. Ciò non voleva dire, comunque, che l'avrebbe risparmiata: era solo una piccola tregua, tutto qui.
    «Innanzitutto merito il mio compenso, quindi uno dei figli diventerà la mia cena» asserì pacato, imprimendo particolare enfasi nel sottolineare come uno dei ragazzini se lo sarebbe mangiato soltanto lui, era una sua esclusiva, «e so come fare per ottenere quello che voglio ma infliggere un dolore più grande.»
    Darien non era abituato alle torture, lui cacciava le persone e poi se le mangiava, o le portava al ristorante dove avrebbero fatto, probabilmente, una fine decisamente peggiore di quella di finire nel suo stomaco. Non mangiava da un po', ormai, quindi un ragazzino sarebbe bastato come tappabuchi.
    «Partiamo dal doverlo costringere ad uccidere la moglie per aver salvi almeno i figli» ripeté per avere un quadro completo della situazione, in modo tale che Alina potesse seguire i suoi passaggi e non rischiare di confondersi, «e una volta uccisa la moglie, sorpresa! moriranno anche i suoi figli. Ma» si interruppe da solo, perché se c'era una cosa a cui Darien piaceva, era la teatralità e mettere particolare enfasi nel narrare cose di quel genere, anche per infondere la giusta suspance a chi lo ascoltava. Era una cosa frivola e sciocca, ma a lui piaceva e non c'era niente di meglio che vedere le espressioni degli altri che cercavano di seguire i suoi discorsi stralunati. «... gli daremo la possibilità di salvarne uno solo, facendogli scegliere tra i figli quello che preferisce. Quello che sceglierà diventerà il mio pasto.»
    Illudere l'uomo che aveva puntato Alina come suo primo obiettivo a credere di avere ancora una speranza, ma infliggendogli la peggiore delle torture: scegliere il preferito tra i figli. Lo aveva visto con i suoi occhi quanto un genitore potesse avere delle preferenze, preferenze che forse potevano far sentire in colpa i più coscienziosi, ma non abbastanza da sopprimere quella preferenza. Un sacco di sue conoscenze avevano fratelli con i quali spesso sorgeva una sorta di sfida per accaparrarsi l'attenzione dei genitori. Li aveva visti fin da bambino i ragazzi che lottavano per ricevere più amore possibile dai genitori. E questo faceva stare male tutti, chi più e chi meno.
    «Immagina quanto dev'essere brutto essere costretto ad infliggere un dolore così grande ai tuoi figli, scegliendone uno piuttosto che un altro... che scena divertente potrà mai essere?»
    Darien non aveva una coscienza. O almeno, ce l'aveva in parte, ma non era abbastanza forte da porgli un freno. Il buonsenso non sapeva cosa fosse, ed era ciò che gli permetteva di sviluppare pensieri fuori dal normale come quelli: per lui era estremamente facile e normale, altri invece lo avrebbero scambiato per uno psicopatico. Il tutto stava nel sapersi regolare in contesti pubblici, ma quello non lo era e per quanto Alina fosse la brava ragazza macchiata dall'odio e dalla vendetta, non aveva timore di dimostrarsi per quello che era: uno psicopatico a cui piaceva divertirsi in modi alquanto bizzarri e discutibili. Lei stava progettando di torturare i suoi obiettivi, quindi di cosa avrebbe dovuto avere paura? Niente, appunto.
    «Ci stai? Anche se la risposta fosse no, uno dei bambini voglio mangiarmelo lo stesso. Mi auguro non siano rinsecchiti, sai com'è, è brutto quando c'è poca polpa.»
    Il tono di Darien non si incrinava neanche un po': non batteva ciglio, era perfettamente a suo agio mentre parlava di distruggere una famiglia a suon di torture.

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    Per la prima volta, Darien avrebbe potuto vedere Alina sorridere: essere felici parlando di argomenti del genere sicuramente implicava qualche disturbo parecchio pesante, ma per la ragazza la proposta di Darien sembrava quasi poesia per le sue orecchie. Stava già pregustando quel momento, e per quanto fosse un tipo particolare che non avesse grande considerazione della ragazza, aveva ottime idee, ed una mentalità perfetta.
    Aveva proprio scelto la persona giusta. Si poteva dire che Darien avesse superato a pieni voti il test di follia e sadismo necessari per una crudeltà del genere.
    «Ci sto» Non le fregava nulla del pasto, personalmente lei non voleva digerire uno di loro, ma avrebbe lasciato a Darien piena libertà, per quanto la riguardava, avrebbe potuto mangiarsi pure tutti quanti, ma lei sarebbe andata avanti.
    «Puoi avere anche l'altro se vuoi, non ho problemi»
    Se voleva fare l'ingordo le andava anche bene, infondo, se l'era meritato.
    «Quando iniziamo allora? Qualsiasi cosa ti serva, dimmelo, me la procurerò per tempo» dubitava avesse bisogno di qualcosa, ma anche se fosse stato un caffè o qualsiasi altra stronzata non avrebbe battuto ciglio. Gli avrebbe dato quel che voleva, e poco importava la reputasse una sottona, una schiavetta, ma dopotutto...le stava dando la sua vendetta, e quindi, lei doveva fare la sua parte.
    Forse sul sadismo e sulle torture si sarebbero trovati stranamente d'accordo, che quello fosse un punto in comune molto discutibile era un altro discorso.

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    Probabilmente quella sarebbe stata una delle tante occasioni in cui finalmente qualche emozione diversa dalla ovviamente spropositata voglia di vivere di Alina si sarebbe mostrata nel suo volto. Per quel poco che la conosceva, Darien si era convinto che non provasse nulla, neanche la minima emozione, oltre a quell'irrefrenabile e disgustoso desiderio di vendetta che gli stava dando la nausea. E, conseguentemente a quel pensiero, dubitava fortemente i suoi muscoli facciali funzionassero per curvare le labbra in un sorriso. Credeva che le uniche cosa che i suoi muscoli erano in grado di fare fossero battere le palpebre come un cerbiatto e muovere la bocca per parlare o masticare.
    E invece aveva sorriso, wow, il miracolo! I ruoli si erano effettivamente invertiti: il sorriso di Darien era quasi praticamente svanito per lasciare spazio al volto della serietà, mentre Alina, sempre seria e noiosamente composta, stava sorridendo.
    «C-che mi venga un colpo!» esclamò particolarmente agitato, fingendo quasi di scivolare a terra perdendo la presa sul bancone circolare sul quale si era poggiato. «N-non credevo che una c-creatura come te... i-insomma... s-s-sapesse s-sorridere!!»
    ... addio serietà. Lo era stato fin troppo, seppur per una manciata di minuti, quanto bastava per analizzare la situazione e rendersi conto di cosa avrebbe dovuto fare, per poi lanciare la sua egoistica e sadica proposta di tortura. Darien, per quanto fosse una persona particolarmente dedita a quel genere di attività, lo era semplicemente per il proprio divertimento. Quando il suo divertimento era finalmente stato assicurato, aveva completamente smesso di reputare necessario mantenere una parvenza di normalità. Lui non era normale ed era felice di non esserlo. Odiava conformarsi a ciò che la società dettava come normale, preferiva di gran lunga lasciarsi andare alla sua indiscutibile follia, che lo rendeva ciò che era, un mostro senza cuore e che traeva gioia e piacere in azioni poco legali come quelle. In fin dei conti, dopotutto, non era lì per procurarsi del cibo come le leggi della natura avevano deciso: si parlava di torturare, massacrare e poi uccidere delle persone che, per quanto non fossero innocenti, non sarebbero necessariamente diventate il loro pasto. In realtà sperava vivamente che quella ragazzina fosse abbastanza cosciente da rendersi conto di poter conservare i corpi e mangiarseli quando avrebbe avuto fame-- anzi, in cuor suo lo dava per scontato. Se così non fosse stato, Darien avrebbe avuto la prova definitiva che Alina era una persona detestabile, mossa solo ed esclusivamente da quel senso di vendetta. E doveva ammetterlo, era una cosa terrificante: già faceva fatica a cacciare, se pure rinunciava a sfruttare quei corpi al meglio delle loro potenzialità, allora voleva dire che era una sciocca, stupida ed ingrata, la rappresentazione in carne ed ossa del genere di persone che detestava. Persino gli esseri umani li trovava più affascinanti di lei.
    «Okay okay, tornando seri» bofonchiò passandosi con particolare grazia una mano tra i capelli, per scostarli dalla propria fronte e lasciar scoperta quell'enorme macchia che imbianchiva il suo viso ancor più di quanto la sua carnagione rosea e pallidina non facesse già da sola, «bisogna organizzare una strategia di cattura: uno di noi deve catturare l'obiettivo principale, un altro deve pensare alla famiglia.»
    Darien aveva già in testa come fare, il punto era la differenza di forza: per quanto anche lei fosse un ghoul, era inevitabilmente più debole fisicamente di quanto poteva esserlo lui, ghoul di sesso maschile che frequentava pure una palestra per mantenersi forte e in forma. La scelta più plausibile sarebbe stato auto-incaricarsi di catturare l'uomo, e lasciare moglie e figli ad Alina. Ma a Darien le cose troppo facili non piacevano e voleva vedere quanto riusciva ad impegnarsi Alina pur di portare a termine la propria missione.
    Il sorrisetto che curvò le sue labbra non lasciava presagire nulla di buono.
    «Tu ti occuperai del bavoso obiettivo, sono certo che le ragazze gli piacciano abbastanza da lasciarsi abbindolare da una giovincella come te» mormorò con una tale noncuranza che sembrava quasi invitare a prenderlo a schiaffi, «io penserò alla famiglia, sono molto esperto e so attirare le donne molto più di quanto potresti fare tu, sicuramente.»
    Era spocchioso? Probabile. E forse poteva anche essere più viscido di chiunque altro per aver davvero lasciato la patata bollente ad Alina soltanto perché donna: aveva implicitamente invitato Alina ad usarsi come oggetto sessuale per attirare l'attenzione di un uomo su con l'età per attirarlo nella loro trappola.
    «Se hai da ribattere va bene, ma credo che sia la strategia migliore, non credo che un uomo sposato riuscirebbe mai a seguire di sua spontanea volontà un bel ragazzo come me, a meno che non sia segretamente gay.»
    Forse il sorriso di Alina si sarebbe spento dopo quelle parole. Gli fregava qualcosa? Assolutamente no.

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    «Come tutti» Commentò alzando un sopracciglio, ma poteva vagamente intuire il perchè di tutta quella sceneggiata, solo che non credeva ci fosse qualcosa per cui sorridere...fino a quel momento.
    Avrebbe voluto aggiungere che così almeno non sprecava i sorrisi inutilmente, o che non c'era molto da sorridere, ma sapeva che dire qualcosa del genere avrebbe procurato soltanto altre prese in giro e pesantezza di cui nessuno aveva bisogno, per cui se lo tenne per sè.
    «Vedila come una perla rara»
    Poteva anche lei non prendersi troppo sul serio, sapeva farlo, sebbene non lo facesse spesso e sopratutto non con tutti: doveva ancora imparare come interfacciarsi con un tipo folle come Darien Lockwood.
    Era fiduciosa che con tanta pazienza forse in parte ci sarebbe riuscita.
    «No, sono d'accordo, non ho da ribattere» forse sarebbe rimasto sorpreso? Non si considerava come un oggetto sessuale, ma... «Gli uomini sono davvero stupidi quando si tratta di donne» Ecco, o almeno era quello che cinicamente pensava: il sorriso purtroppo per Darien, non era scomparso, era forse più affilato.
    Era brutto forse pensare così che tutti gli uomini non ragionassero con il cervello, senza contare che era molto cinico come pensiero: non voleva fare di tutta l'erba un fascio, ma diciamo che aveva la glaciale convinzione che la maggior parte , o almeno molti di quelli che aveva incontrato fino a quel momento fossero così. Non era la prima volta che si doveva acchittare per attirare le attenzioni di un uomo e avere informazioni.
    Si domandava anche se Darien era stupito quanto quegli uomini quando si parlava di donne, ma su questo preferì tacere.
    «Sono sicura poi che non avrai problemi con la signora...» C'era poco da fare, per essere obbiettivi, Darien era bello, ed era particolare, questo non poteva di certo negarglielo: se potevano sfruttare anche quello a loro vantaggio, tanto meglio.


    «Parlato Alina»
    *Pensato Alina*
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    Quasi non cadde davvero quando la ragazza disse sul serio, in riferimento al suo sorriso, di vederlo come una... perla rara. Quella ragazza stava sinceramente dando troppo valore al proprio sorriso, non c'era alcun dubbio in merito. Ciononostante si morse la lingua pur di non fare alcun genere di commento, non aveva bisogno di renderla ancora più insopportabile offendendola nuovamente, non ne aveva motivo. Piuttosto decise di concentrarsi sul resto, scoppiando a ridere quando constatò ciò che più desiderava: la sua approvazione. Cioè, non che l'approvazione di Alina fosse importante, ma si sarebbe risparmiato la fatica di costringerla ad indossare abiti attillati e fare da esca per attirare un uomo di quarant'anni. Insomma, niente lagne e solo un "sì padrone", suonava deliziosamente bene alle sue orecchie.
    Batté le mani per qualche istante, muovendo qualche passo verso la ragazza, mantenendo una certa distanza, senza togliersi quel sorriso beffardo che illuminava il suo volto di una palese follia. Era molto probabile che avesse già ampiamente dimostrato di non essere una persona normale, ma si rendeva conto che non tutti i criminali avevano quel terrificante bagliore nello sguardo. Darien, in quel momento, aveva tutta l'aria di essere una persona terribile e cattiva, uno di quelli a cui chiunque sarebbe stato alla larga pur di avere salva la pelle.
    «Oh, sei una di quelle femministe che crede gli uomini siano tutti dei porci?» domandò con fittizio interesse, la sua era ovviamente una domanda retorica e la risposta non gli interessava minimamente, se doveva essere onesto. Però ammetteva che non aveva tutti i torti, l'uomo sapeva fare davvero schifo. E in fin dei conti, sotto certi aspetti, lui non era tanto diverso, con l'unica differenza che a Darien non fregava un accidenti, l'importante era sempre e solo divertirsi, oltre che trarre vantaggi da qualsiasi situazione.
    «Senza dubbio me la caverò egregiamente, ho una bella faccia e so come usarla» ammise senza remore, enfatizzando la consapevolezza di essere bello e saper sfruttare la propria bellezza scandendo bene le sillabe tra di loro. Era importante che fosse evidente la sua sicurezza e che si capisse. «Perciò, dobbiamo solo metterci d'accordo per quando agire.»
    A lui sarebbe bastato disdire qualunque impegno avesse e nell'eventualità in cui qualcuno si fosse permesso di lamentarsi, avrebbe come sempre usato fascino e influenza per rigirare la frittata come sapeva fare soltanto lui. Era bravissimo anche in questo e con le sue insignificanti conoscenze era sempre riuscito ad avere la meglio.
    «Perciò... domani? Avevi detto che quel tipo aveva un meeting o qualcosa del genere, magari riesci a combinare qualcosa approfittando della situazione.»
    Per quanto riguardava lui, non credeva affatto sarebbe stato difficile: bastava presentarsi a casa loro e fingere di essere uno stagista sotto la guida di quel tizio, si sarebbe in qualche modo guadagnato la fiducia della donna e poi avrebbe agito in modo tale da portare tutti in quel posto.

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    Alina Blažková Dušana
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    «Non tutti, ma la maggior parte» Alzò le spalle come se alla fine non fosse effettivamente affar suo: dopotutto non era una cosa che le tangeva più di tanto, per quanto in realtà alla fine il suo odio fosse riservato in maggior parte a degli uomini.
    «Non vedo però come la mia opinione sul sesso maschile possa essere rilevante» In verità probabilmente lei sarebbe stata pure il tipo di persona che si sarebbe divertita in contesti romantici o di relazioni, di certo non una persona così dura e rigida, ma appunto, non aveva avuto modo di lasciarsi andare. Non poteva finchè quegli esseri avrebbero respirato e vissuto felici su quella terra insieme a lei.
    «Domani direi che è perfetto» Su quello si poteva dire si trovavano, e per quanto cercasse di avere un contegno, era chiaro che fosse elettrizzata all'idea di iniziare.
    Probabilmente Darien non era l'unico che non stava bene con la testa, e ad Alina non importava un accidenti. A nessuno dei due importava, e forse era quello che li rendeva un team molto pericoloso.
    «Ho già in mente qualche idea, non avrò problemi a portarlo qui...dovrebbe uscire per le 22.00, quindi il tempo di arrivare qui»
    Nessuno aveva mai rifiutato un passaggio ad una bella ragazza in difficoltà, sopratutto con un vestito corto e tacchi a spillo. Per quanto non avesse vestiti firmati, qualcosa di carino l'aveva, e non era la prima volta che adescava qualcuno per la sua vendetta.
    Si poteva dire che era un compito anche fin troppo facile per lei.
    «Per te può andare bene?»
    Sempre meglio chiedere, visto il personaggio, e visto che credeva di avere il comando, ma non credeva avrebbe fatto storie visto che il giorno lo aveva proposto lui.
    Era sinceramente curiosa di sapere come avrebbe convinto la moglie ad uscire insieme ai figli, ma quello era un problema di Darien, non suo: allo stesso tempo, avrebbe dovuto mantenere la calma e non voler subito aggredire l'uomo...dopotutto, la vendetta stava finalmente arrivando.

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