Teamwork is dreamwork! ... I guess.

Makoto Hirase & Shinobu Hanyuu | 12/05/2021, dalle 9:30 | soleggiato, 21°C

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    Quel giorno era addirittura arrivata in ritardo.
    Non che la situazione fosse stata diversa tutto il mese precedente: il suo anno accademico era iniziato da nientemeno che un misero mese, ma era già stata in grado di costellare figure barbine una dietro l'altra, molte delle quali erano quasi sempre dovute al ritardo.
    Una volta era per i mezzi pieni, un'altra perché si era svegliata tardi... quel giorno, invece, perché si era persa in chiacchiere durante la colazione. Ma insomma, ascoltare il fantastico racconto di Kaileigh e la sua nuova fiamma era di certo imperdibile, e conoscendo le abitudini della più grande delle sue coinquiline, non era certa che avrebbe potuto ascoltare quel che aveva da raccontare dell'apparentemente "notte-flop" passata dalla straniera.
    E sì, certi fatti sembravano essere più importanti che arrivare in orario all'accademia.
    Era entrata nell'aula con la testa bassa, ignorata dall'insegnante ormai abituato a quel genere di cose. Almeno compensava in tutto ciò che era teorico, e quello era già di per sé un ottimo "escamotage ― se così poteva definirlo ― per evitare che l'attenzione degli istruttori si concentrasse solo sulla serie quasi infinita di fallimenti che aveva conquistato.
    Prese posto in aula, quatta quatta, tentando di non rendersi ancor più sgamabile di quanto già non fosse con la sua testa tinta di biondo, e cercò di rimettersi in pari con il discorso che aveva già intrapreso l'insegnante da ― guardò l'orologio ― circa dieci minuti. Almeno non era poi così tanto in ritardo, dai. Questo dovevano concederglielo.
    «Quindi,» l'istruttore continuò, «da oggi cercherete di lavorare in coppia, per assicurarvi di comprendere al meglio i metodi adottati dalla CCG. Collaborare con il vostro compagno è uno dei modi più efficaci che avrete per ottenere risultati. Mettete da parte l'individualismo e cercare di andare d'accordo.»
    "... ah." Quindi non solo quella era l'ennesima lezione pratica, ma dovevano anche collaborare con qualcuno, quindi? Shinobu si guardò attorno, nella speranza di capire se era l'unica preoccupata dalla situazione ― e anche per capire, nell'effettivo, se quello che avrebbe dovuto fare sarebbe stato scegliere un compagno, o se avrebbe dovuto aspettare altre direttive. Ovviamente saltare dieci preziosissimi minuti di spiegazione non l'avrebbe di certo aiutata a fare mente locale.
    L'istruttore appese alla lavagna un foglio, scostandosi poi leggermente dalla cattedra, indicandolo. «Qui trovate le coppie. Sono state scelte per compensare debolezze e punti di forza.»
    "... ah. parte due"
    Prima di alzarsi dalla propria postazione, Shinobu tirò un sospiro. Era giusto così, pensava, in fin dei conti era il modo migliore per imparare più in fretta. Doveva lasciare da parte la sua indole fin troppo buona, rimboccarsi le maniche e lavorare sodo per fare qualcosa di positivo ― e magari per lasciare il segno. Non andava bene essere eccellenti solo nella teoria, dopotutto.
    Tirò un sospiro, a metà tra lo sconsolato e il sollevato, quindi si alzò e raggiunse la lavagna per poter capire effettivamente con chi avrebbe dovuto fare coppia. Dapprima alzandosi sulle punte dei piedi ― maledicendo la sua altezza per nulla favorevole a situazioni simili ― e poi cercando di farsi strada per poter leggere meglio, fu finalmente in grado di leggere il proprio nome, affiancato da...
    "... Hirase Makoto."
    Okay, doveva fare mente locale. Non era intelligente abbastanza da aver imparato i nomi di tutti, a maggior ragione pensare di aver imparato i nomi di tutti ed essere in grado di associarli ad un volto. Quindi si voltò, cercando di individuare il suo compagno. Fu aiutata da un ragazzo che le stava affianco, che lo aveva indicato poco distante da loro.
    «O-oh, grazie!» squittì, chinando il capo più e più volte per enfatizzare il ringraziamento, dopodiché si avviò per raggiungere tale "Hirase Makoto".
    «Yo!» salutò molto casualmente, alzando la mano destra a mezz'aria ed inclinando il capo verso sinistra, cercando di mostrargli un sorriso tranquillo. Fortunatamente non era il tipo da lasciarsi intimorire, perciò parve essere piuttosto sciolta e rilassata nell'approciare il ragazzo, con il quale non aveva mai effettivamente scambiato una singola parola, nemmeno un «ciao, come va?»
    Niente di niente. Zero assoluto.
    «Pare che saremo compagni, per ora» commentò piuttosto tranquilla. «Hanyuu Shinobu, piacere di conoscerti. Spero che potremo lavorare bene insieme~»

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    Edited by yumæchu` - 1/11/2022, 18:30
     
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    Makoto si era svegliato presto come ogni mattina e come da routine, dopo aver sistemato il suo futon e aver preparato una semplice colazione, era andato a svegliare sua madre. O meglio, a tirarla giù dal letto e accompagnarla al piccolo tavolo dell’angolo cucina, in modo da accertarsi mangiasse qualcosa prima di uscire. Lavati i piatti e dopo essersi cambiato e sistemato al meglio, la solita combo di jeans e felpa scura, era arrivato il momento di mettersi in viaggio verso Bunkyo. Almeno, da Adachi, il viaggio non era poi così lungo e con i mezzi pubblici sarebbe arrivato giusto in tempo per fumarsi una sigaretta nel tragitto dell’uscita della metro all’entrata dell’Accademia.
    Ormai era diventata anche quella una routine, andare a lezione, non capirci niente nella parte teorica, andare fin troppo bene in quella pratica e farsi gli affari suoi senza interagire con i suoi compagni di classe e perdere tempo facendo quattro chiacchiere. Certo, alcuni ci avevano provato, ma dopo aver notato che nonostante tutto Makoto continuava a esprimersi a monosillabi avevano lasciato perdere. Beh, erano quelli completamente nuovi all’ambiente, non poteva biasimarli, erano ragazzini come altri, che volevano fare solo i grandi o cambiare qualcosa in quel mondo. Altri Makoto li aveva riconosciuti, erano gli stessi con cui era andato al liceo negli anni precedenti, per cui sapevano già che non ne valeva la pena, fare gli amiconi con lui. Un altro pregio era che Makoto stesso, con tutte quelle cicatrici e aria truce, non risaltava più di tanto, in fondo non era nemmeno l’unico che aveva un tragico trascorso che si palesava nel suo aspetto fisico. Anche se sapeva che alcuni si erano convinti fosse per mano di ghoul, che in un certo senso era anche vero, ma chi glielo voleva dire che la maggior parte era per mano umana?
    Raggiunta l’aula, si era messo su uno dei banchi nel retro come suo solito e aveva tirato fuori dalla tracolla libro e quaderno, insomma, anche se non ci capiva niente doveva pur provarci. Lo aveva promesso a sua madre, che per lui voleva solo un buon futuro e, anche se non gradiva quella scelta, comunque lo supportava nel percorso, e per contratto a suo padre, che lo voleva lì per i suoi scopi. E Makoto voleva solo essere lasciato in pace dall’altra parte di quella famiglia e aiutare sua madre.
    Il professore era entrato in perfetto orario e dopo un primo appello, aveva iniziato la lezione, Ah, era di pratica. Che gioia, niente mal di testa di prima mattina! Sbuffando, un po’ rincuorato, chiuse quindi quaderno e libro, cercando comunque di prestare attenzione a quello che il professore aveva da dire. Dopo svariati minuti fu distratto da una delle porte sul retro aprirsi, notando la solita ritardataria dai capelli biondi sgattaiolare dentro mogia mogia. Ormai ella aveva lasciato una certa impressione su tutti, ormai non si giravano nemmeno più a guardarla entrare.
    Il professore non si era nemmeno interrotto nel suo spiegone, proseguendo come niente fosse successo per il momento, rivelando infine cosa avrebbero fatto quel giorno, mostrando a tutti la lista delle coppie state redatte. E, a quanto pare, quel genere di pratica non sarebbe stata l’ultima e nel corso dei mesi seguenti, avrebbero cambiato partner in modo da abituarsi a cambiamenti improvvisi e ad ogni evenienza.
    Makoto si era alzato come tutti gli altri, ma non si era accalcato alla lista, rimanendo in disparte, cercando di sbirciare il suo nome dalla sua posizione, i suoi occhiali da vista sul naso. Beh, mal che vada chi era stato accoppiato con lui si sarebbe fatto vedere per primo, anche perché non è che riuscisse ad associare un nome ad un volto, e infatti. Eccola lì, la sua nuova partner, la bionda ritardataria di poco prima. Chi lo avrebbe mai detto. Makoto sbuffò, portandosi una mano al fianco nel mentre l’osservava dall’alto. Certo che da vicino sembrava ancora più bassa.
    «Ciao. Hirase Makoto, piacere» le disse annuendo appena, cordiale, indicando poi il suo banco a qualche metro di distanza, in modo da farle intendere di riunirsi lì, almeno era un po’ più tranquillo che nei posti sul fronte dell’aula «Dovremmo conoscerci meglio a quanto pare, imparare a compensare conoscendo i nostri punti forti e non. I risultati di entrambi saranno contati insieme. O qualcosa del genere» aggiunse poi, con aria un po’ sconsolata perché nonostante tutto non si era aspettato la giornata sarebbe andata così. Poteva andare peggio, certo. Almeno non era una lezione di biologia con il suo adorato fratello maggiore. Gli vennero quasi i brividi al solo pensiero, detestava quella classe ma almeno era diventato bravo a far finta di niente.
    «Tipo, io faccio schifo in teoria. Specialmente biologia ghoul. Mentre in pratica me la cavo» riprese, mettendosi nuovamente seduto al suo posto, con una scrollata di spalle, lanciando un’occhiata alla razza di cui ora conosceva il nome. Hanyuu Shinobu, a cui prima d’ora non aveva prestato molta attenzione. Beh, ora erano un po’ obbligati ad interagire. Chissà cos aspetterà loro andando avanti.
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    La lampante differenza d'altezza fu per Shinobu un fulmine a ciel sereno che, dopo essere quasi zompettata allegramente nella direzione di quel gigante, si era effettivamente resa conto di quanto dovesse alzare la testa per guardare in faccia quel ragazzo.
    Normalmente ci avrebbe fatto poco caso, doveva ammetterlo, ma fu effettivamente destabilizzante una volta notato, e soprattutto molto difficile da mandare giù. Non importava quanto latte avesse trangugiato fin dalla tenera età, il fatto stesso che optasse per qualche cartoncino di banana milk da bere piuttosto che i drink energizzanti ― che chissà quanti coloranti strani contenevano ―, non si alzava nemmeno di un millimetro da che ne aveva ricordo. Gli allungamenti in palestra non erano nemmeno riusciti a smuovere la situazione.
    Trattenne una smorfia addolorata, anche se il dover piegare il collo così tanto per guardarlo in faccia poteva essere una buona scusa, nel caso qualcuno si fosse domandato per quale motivo sembrava così sofferente, ma piuttosto che lamentarsi, decise di seguire il ragazzo verso il suo banco e, una volta raggiunto, rimase in piedi.
    No, non si sarebbe seduta, non avrebbe di nuovo fatto in modo che la loro lampante differenza d'altezza venisse messa in evidenza così facilmente, nossignore. Sarebbe rimasta in piedi, evitando l'imbarazzo di dover di nuovo piegare il collo all'indietro per guardarlo dritto in faccia.
    «Già» aveva mormorato di fronte alla constatazione altrui, guardandosi intorno per qualche istante mentre i compagni in aula trovavano il proprio partner e cominciavano a mettersi d'accordo. Un po' si sentiva in imbarazzo, perché temeva di trascinarlo in una qualche situazione spiacevole visto com'era iniziato quell'anno accademico, ma ehy! Non poteva scoraggiarsi, non adesso che aveva modo di dare il meglio di sé, proprio per evitare che simili cose accadessero. Un conto era se l'imbarazzo e il demerito lo subiva lei, tutt'altra storia era, invece, nel caso in cui i suoi pasticci avrebbero irrimediabilmente trascinato il suo partner giù con lei. «Ma sarà divertente, no? Giocare di squadra rende le cose più movimentate.»
    Commento che si poteva risparmiare, ma Hanyuu Shinobu doveva essere riconoscibile e non poteva di certo gettar via la sua indole chiacchierona e loquace. Neanche una persona tanto taciturna da essere intrattenente quanto un muro bianco poteva fermarla dal parlare. Il fatto era che si stava pure trattenendo.
    Fino a che Makoto non le rivelò quello che avrebbe sempre voluto sentire: era così impegnata a biasimarsi per i suoi già celebri fallimenti che non aveva minimamente avuto tempo di guardare i compagni di corso e i loro risultati, ma sentir Makoto dire che se la cavava con la pratica le aveva risollevato lo spirito. Anche troppo.
    Se fosse stato possibile, probabilmente in quell'istante gli occhi verdi di Shinobu avrebbero brillato di luce propria.
    Un sorriso raggiante si manifestò un secondo più tardi.
    «Ma è fantastico, Hirase-kun!» esclamò, riuscendo a trattenere la voce quel poco che bastava perché non si girassero tutti a guardarla. «Possiamo davvero aiutarci a vicenda! Sai, io non me la passo benissimo con la pratica, la mia unica qualità è la resistenza... però so correre! E saltare in alto.»
    Cose che non sapeva bene quanto potessero tornarle utili.
    «Ma con la teoria vado alla grande! Non il top del top, ma insomma, so cavarmela» aveva continuato, portandosi una mano al petto con un che di fierezza sia nel tono della voce che nella posa che aveva assunto. «Potremmo aiutarci a vicenda, che ne so... magari io posso renderti lo studio più semplice, conosco qualche metodo infallibile, eheh~»
    Poi, un lapsus improvviso.
    «Oddio scusa, ci ho fatto caso adesso! Prima presa dall'emozione ti ho dato troppa confidenza, forse? Credo? Non lo so. Come preferisci che ti chiami? Così evito di farti sentire a disagio, ahaha...»
    Chiaramente l'aspetto forse minaccioso di Makoto non l'aveva destabilizzata neanche un pochino. Zero. Shinobu era capace di fare amicizia pure con una roccia se solo le si fosse data l'occasione, quindi non aveva granché da temere. Rimaneva il temibile tarlo dell'altezza che la faceva sentire uno gnomo in confronto, ma l'avrebbe superato! Era forte, lei: se era riuscita ad arrendersi al fatto che persino i fratelli più piccoli erano più alti di lei, sarebbe stato più semplice ingoiare la pillola con un compagno di corso.

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    Edited by yumæchu` - 1/11/2022, 18:34
     
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    Certo, non poteva negarlo nemmeno lui che la loro differenza d’altezza era quasi ilare vedendo che, ad occhio e croce, si toglievano circa una trentina di centimetri. Ecco, una volta che si era seduto almeno potevano guardarsi in volto senza farsi venire il torcicollo. Shinobu l’aveva dunque seguito fino alla sua fila ma invece di sedersi accanto a lui, aveva deciso di rimanere in piedi. Beh, era vero che la differenza tra loro sarebbe così rimasta ma scrollando le spalle e dando una pacca al banco, preferendo si mettesse più comoda, le indicò così di sedercisi sopra. Non che a lui cambiasse qualcosa
    «Da qualche parte devi pur compensare» commentò poi lui con un piccolo sorrisetto sornione alle parole della collega, dopo che ella gli aveva rivelato che a differenza sua, lei almeno nella teoria ci arrivava anche se la pratica era il suo punto debole. Secondo lui, saper correre veloce era un pregio vedendo che riuscire a muoversi in fretta era una buona qualità in una lotta.
    «Mi faresti un favore, certi concetti sono troppo complicati per me» aggiunse annuendo appena, con aria quasi sconsolata e frustrata. Insomma, fino a quel momento era stato aiutato dai suoi amici, ma almeno per diversi argomenti dell’Accademia, non potevano essere troppo di aiuto.
    «Non sono mai stato un così grande intellettuale» continuò, passandosi una mano tra i capelli mezzi scuri e mezzi biondi. Da quello che avevano spiegato, era proprio quello lo scopo di quella attività di gruppo, imparare a compensare le lacune dei propri colleghi e valorizzare i loro pregi al meglio. Il lavoro di un Investigatore, a quanto pare, era un gioco di squadra, atto a controbilanciare le differenze di razza tra umani e ghoul, e lavorare da soli era sconsigliato oltre che essere un detrimento.
    «Chiamami pure Makoto, non è un problema. Tu come preferisci essere chiamata?» le chiese poi, incrociando il suo sguardo smeraldino. Non gli importava come lo chiamava, alla fin fine non trovava “Hirase-kun” così fuori luogo, erano comunque compagni di classe di più o meno la stessa età, ma sapeva che altri erano più riservati di lui e si potevano anche un po’ offendere per una apparente mancanza di rispetto o presa di posizione e famigliarità. Insomma, era stato anche chiamato in tanti modi diversi nel corso della sua vita, alcuni meno lusinghieri di altri.
    «Allora da cosa vogliamo iniziare?».
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    Al contrario di quel che l'aspetto suggeriva ad un'occhiata superficiale, Hirase Makoto non sembrava una cattiva persona, tanto da essersi premurato di indicarle il banco come invito a sedersi.
    Sì insomma, luogo molto singolare ― a parer suo ―, ma era pur sempre un invito che Shinobu, in fin dei conti, non poteva proprio rifiutare.
    A ben pensarci, tra sedia e banco preferiva sicuramente il banco, almeno poteva scansare ancora una volta il pensiero del collo dolorante solo per il tentativo di guardare in faccia il ragazzo. E così Shinobu si sedette sul banco con un balzo, mormorando un goffo «grazie», soffocato nel quasi impercettibile sbuffo di una risata, che soffocò solo perché riteneva inopportuna.
    Una volta seduta, tutto quel che Shinobu fece fu ascoltare il breve discorso dell'altro, cercando di fare mente locale su tutte le informazioni che poteva assimilare: già si aspettava di dover progettare un qualche piano o programma per agevolare il loro lavoro e fare in modo che ci fosse una tabella di marcia fissa da seguire, così da ottimizzare i tempi e creare un programma che potesse conciliare l'apprendimento teorico di Makoto con quello pratico di Shinobu, senza trascinare l'altro indietro e viceversa. Insomma, dovevano collaborare, riuscire a migliorare laddove avevano delle mancanze e, se possibile, migliorare ed esaltare i loro punti di forza attraverso l'allenamento e il lavoro di squadra.
    Shinobu non era una sapientona, dopotutto era una normale ragazza con un'intelligenza nella media, e che tendeva a compensare pensando molto. Pensare era la più grande forma di aiuto che poteva darsi per conseguire determinati risultati, ma quando doveva applicarlo alla pratica, purtroppo, faceva abbastanza schifo ― dopotutto doveva essere sincera.
    «Tanto meglio allora» aveva commentato lei, mostrandogli un sorriso allegro, completamente indifferente al commento circa il dover "compensare", anche perché Makoto aveva effettivamente ragione.
    «Makoto sia» aggiunse qualche secondo più tardi, mentre recuperava un quadernino ad anelli di dimensioni non troppo grandi né troppo piccole, «puoi chiamarmi tranquillamente Shinobu.»
    Chiamarsi per nome rendeva tutto più semplice! Le norme sociali non erano mai state il suo forte ed essendo una persona particolarmente espansiva, con la tendenza ad affezionarsi alle persone ad una velocità impressionante, Shinobu aveva sempre trovato scomoda ogni forma di cortesia, dal linguaggio più formale agli onorifici, quest'ultimi in particolar modo le stavano stretti. Fosse stato per lei lo avrebbe persino chiamato Mako-chan, ma erano chiaramente troppo sconosciuti perché potesse permettersi una tale confidenza.
    Superato lo scoglio dei nomi, quindi, Shinobu aprì il quaderno che aveva afferrato da poco, tirò fuori una penna dall'astuccio che aveva recuperato e, una volta aperta, la puntò sul primo foglio bianco che aveva trovato, senza però scriverci ancora nulla.
    «Penso che come prima cosa dovremmo stilare una lista delle cose che riteniamo sia giusto affrontare, soffermandoci su quelle a cui vogliamo dare una priorità.»
    E quali dovevano essere quelle cose? Shinobu, dopo aver guardato il foglio per qualche istante, aveva rivolto di nuovo lo sguardo al suo compagno, lasciando che il sorriso allegro di prima sbiadisse in un'espressione pensosa. «Tipo, una cosa importante credo possa essere come trasporre le nozioni teoriche nella pratica, e qui ci agganceremmo nell'aiutare te con lo studio della teoria, o me nella pratica.»
    Breve pausa di riflessione. Non che avesse timore di star dicendo delle cavolate, più che altro quell'inevitabile sensazione di star straparlando stava, improvvisamente, facendosi strada dentro la testa di Shinobu, calciando con prepotenza ogni pensiero logico. Fortunatamente non era il tipo di persona che si lasciava influenzare così facilmente dai dubbi.
    «Questo ci aiuterebbe anche ad apprendere le cose più facilmente, suppongo» proseguì poco dopo, riprendendo la parola come se non fosse successo assolutamente nulla ― il che era vero. «Tu cosa ne pensi? Magari se ci sono uno o più argomenti nello specifico che vorresti trattare meglio perché ti risultano più complicati, possiamo concentrarci su quelli... oppure non saprei. Hai altre idee?»
    Avrebbe aggiunto un "tutto fa brodo, poi possiamo sempre centellinare e riorganizzare il programma al meglio", ma aveva come l'impressione di aver parlato decisamente troppo e non voleva che Makoto uscisse da quell'aula con il mal di testa soltanto perché non era riuscita a tenere la lingua a freno.

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    Alla fine la sua nuova collega aveva deciso di sedersi, anche se sul banco che le aveva indicato anziché sulla sedia rimasta vacante accanto a lui. Come preferiva lei, almeno così potevano conversare più a quattrocchi senza troppi disagi. Il professore non se la sarebbe presa troppo, no? Fin tanto che stavano facendo cosa era stato richiesto loro.
    Makoto annuì leggermente alle parole di Shinobu, lo sguardo vagamente posato su di lei. Insomma, a convenevoli sui nomi finiti, era arrivata l’ora di passare ai fatti. Alla domanda dell’altro si fermò un attimo pensoso nel mentre l’osservava aprire il suo quaderno e prendere una penna.
    «Mi sembra una buona idea» disse poi, crollando leggermente le spalle e inclinando la testa di lato.
    Era anche vero, dopotutto, che erano ancora agli inizi del programma, l’anno accademico solo iniziato da circa poco più di due mesi. Erano partiti dalle basi, sia teoriche che pratiche. Per quanto riguardava concetti riguardanti la lotta e relative azioni ci stava, insomma, non era niente di tanto diverso dal normale. Tranne imparare ad saper usare forme diverse delle quinque, o anche semplici armi da fuoco. Quelle non le aveva mai usate prima di quel momento dopotutto.
    Il problema, almeno al momento, era più sulla biologia o anche le varie procedure da tenere, tra cui i vari diritti redatti dalla CCG che bisognava imparare. Le disse proprio quello, cercando di essere il più chiaro possibile con quelle poche frasi trascinate che era riuscito a mettere insieme. Insomma, non era mai stato un così grande chiacchierone, non era mai stato particolarmente loquace.
    «Tu da cosa vuoi partire? Io mi adatto» chiese poi, passandosi una mano tra i capelli scuri e mezzi biondi, con un sospiro, appoggiando infine gomito e testa sul banco «Non mi cambia molto se vuoi iniziare da altro». Dopotutto, alla fin fine, dovevano rivedere e trattare un po’ di tutto del programma attuale. Meglio togliersi i punti dolenti da subito, andando avanti sarebbe più difficile da recuperare.
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    Per quanto Makoto non fosse la persona più loquace del mondo, in realtà il fatto stesso che non parlasse poi così tanto le tornava... utile, diciamo. Lei straparlava, Makoto compensava dicendo poche cose ed andando sempre dritto al punto della situazione, il che era ottimo anche per lei che si doveva segnare tutto ciò che era importante.
    La loro fortuna era, ovviamente, quella di essere ancora agli inizi di un percorso accademico che avrebbe dovuto toccare molti più argomenti e discipline di quelle che avevano potuto affrontare in quei due mesi di presenza, il che riduceva lavoro e sforzo al minimo. Potevano quindi colmare le proprie lacune senza trascurare l'elemento fondamentale di quell'esercizio: collaborare e fare lavoro di squadra.
    Prese a scrivere quel che Makoto le riferì circa le sue preferenze, sottolineando biologia ghoul e procedure → diritti, accompagnandosi con la propria voce mentre scriveva sul foglio con una calligrafia non delle più ordinate e piuttosto raffazonata. L'importante era che lei riuscisse ad interpretare i suoi geroglifici, il resto poteva passare in secondo piano.
    Finito di segnare quei due punti focali che Makoto le aveva comunicato, chiuse la penna premendo sul pulsantino apposito, per poi poggiarla sopra il quaderno, la quale rotolò verso sinistra fino a rimanere "incastrata" nella fessura formata dalle due pagine.
    «Direi che con questo abbiamo fatto» annunciò con un sorriso allegro, rimanendo ad osservare il compagno che nel frattempo si era poggiato con gomito e testa sul banco. Quando l'altro le chiese da cosa volesse partire, quindi, Shinobu rimase qualche attimo a riflettere su cosa effettivamente le sarebbe tornato più comodo e, dopo una manciata di secondi passati a portare lo sguardo al soffitto e a pensare intensamente, accompagnata da un intenso «mmmmh» a sostenere il proprio pensiero, si riprese da quel breve momento di "distrazione", riportando lo sguardo verso Makoto.
    «Beh, tu hai citato la biologia e io non sono molto brava nel combattimento... le due cose si potrebbero collegare. Sai no, io ti aiuto a studiare e faccio un ripasso di quel che abbiamo affrontato di biologia e tu mi aiuti nella lotta integrando le nozioni base di biologia e anatomia, come per esempio i punti deboli da tenere in considerazione durante uno scontro...» aveva mormorato, dando uno sguardo agli appunti che si era segnata sul quaderno poco prima.
    Poi sospirò. «Non so se si è capito cosa intendo... giuro che nella mia testa ha tutto senso, ahaha!»
    Si portò la mano sinistra dietro la testa, tentando di sfumare la risata d'imbarazzo che era nata poco dopo aver realizzato che effettivamente non poteva dare per scontato che il ragionamento che aveva fatto avesse un che di logico o se era solo lei a trovare un collegamento intelligente tra lo studio teorico della biologia e la pratica sulla lotta.
    «Le procedure invece sono più una cosa che va imparata a memoria, un po' come se ne dipendesse la tua vita... è la roba più noiosa, ma basta trovare un buon metodo di memorizzazione che funzioni e passa la paura~»

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    Nel mentre aveva esposto la sua prospettiva, Makoto aveva osservato Shinobu scribacchiare le sue parole sul suo quaderno a mo’ di memo. A dirla tutta, quella era una cosa che lui stesso non faceva spesso, anzi, era già un problema cercare di prendere appunti chiaramente a lezione, non riuscendo a prestare attenzione a svolgere entrambe le cose contemporaneamente.
    Preferiva registrare la lezione per poi riascoltarla mentre lavorava o si allenava, in un vano tentativo di cercare di ricordare i vari concetti con la ripetizione. Certo, tecnicamente non era loro permesso registrare niente, a quanto pare in modo da evitare certe informazioni venissero diffuse, e anche per quello aveva poi smesso di farlo, onde evitare di mettersi nei guai venisse scoperto. Ne andava della promessa fatta con suo padre, dopotutto. Ma allo stesso tempo si era creato quel problema per lui, per cui il massimo che era riuscito a fare era stato appuntarsi qualche concetto in modo da ricordarsi cosa doveva rivedere a casa. Tra l’altro i primi esami si sarebbero tenuti tra qualche mese.
    «Potrebbe funzionare» le disse poi, dopo aver ponderato con attenzione la sua proposta, cercando di dare un senso al suo sproloquio. Era vero che in precedenza, anche solo per diplomarsi con il minimo sindacale, era stato aiutato dai suoi amici in modo che riuscisse ad imparare e ricordare lo stretto indispensabile per passare i vari esami del liceo. Li doveva proprio ringraziare ancora, senza il loro aiuto non sarebbe stato lì in quel momento, anzi sarebbe stato ancora in alto mare a cercare di recuperare gli anni persi durante quel suo precedente buio ed imbarazzante periodo della sua adolescenza.
    «Imparare a memoria non è mai stato il mio forte, ho sempre imparato meglio con la pratica. Gli schemi aiutano però» aggiunse poi con un sospiro «L’importante credo sia per me capire almeno cosa è veramente importante per fare il mio futuro dovere come si deve».
    Tra l’altro, almeno secondo lui, se doveva essere un gioco di squadra, almeno con tutta probabilità sarebbe stato affiancato da qualcuno che ricordava tutte quelle leggi e diritti meglio di lui e avrebbe potuto dichiararli sul posto quando necessario. L’importante era che lui si rendesse sufficientemente capace da orientarsi compensando la sua ignoranza con altro. Dopotutto, come avevano loro spiegato, essere un Investigatore non comportava essere solo capaci nel combattimento ma avere, come l'appellativo suggeriva, sufficienti abilità investigative da essere capaci di scovare ed indagare nei diversi casi, perché niente a quel mondo era semplice.
    «Se abbiamo un piano possiamo intanto riferirlo al professore, che se servono permessi è meglio organizzarci subito».
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    Il volto di Shinobu si contrasse in un'espressione ricolma di orgoglio quando Makoto le disse, molto semplicemente, che il suo piano avrebbe potuto funzionare. Proprio come se da quello ne dipendesse la sua intera esistenza, il sorriso che curvava le sue labbra sembrava essere il più felice del suo repertorio, gli occhi socchiusi nel tentativo di ostentare sicurezza accompagnavano il tutto con quasi innata superbia, mentre il petto si gonfiava, completamente sopraffatta da quel senso di soddisfazione. Dalle labbra leggermente socchiuse si lasciò sfuggire una risatina soddisfatta, tipica di una persona che era pronta a donarsi delle incoraggianti pacche sulle spalle, seguito da un ipotetico «HAH, sono proprio brava!»
    Fortunatamente Shinobu si era fermata alla risatina, altrimenti il resto sarebbe risultato forse fin troppo ridicolo e a tratti patetico. Meglio non rovinarsi ulteriormente la purtroppo non-immacolata reputazione che aveva, già bastava essere bollata come quella che ritardava due giorni sì e uno no.
    «Scherzi a parte» mormorò una volta ripresasi dal momento di vanto che aveva sfoggiato fino a qualche istante prima, «non sono una cima a fare schemi, ma sono brava con i riassunti. Potrebbe tornare utile per schematizzare il tutto, così riusciamo ad aiutarti in maniera più immediata. Tanto basta fare collegamenti tra argomenti e definizioni e il gioco dovrebbe essere fatto.»
    Essere sempre stata una studentessa quasi-modello tornava utile in occasioni come queste. Nonostante avesse sempre dato anima e corpo alla pallavolo, aveva una promessa con i suoi genitori da mantenere, ovvero quella di uscire con ottimi voti agli esami per assicurarsi una buona posizione qualora avesse scelto di frequentare un'università. Perché le raccomandazioni sportive potevano rivelarsi la rovina di uno studente, qualora ci fossero stati infortuni o imprevisti cambi di rotta.
    Probabilmente sarebbe stato sufficiente impegnarsi un po' di più e imparare a fare schemi decenti per aiutare il suo compagno di squadra.
    La coltre di pensieri venne spazzata via dalla voce di Makoto, che riportò alla realtà Shinobu suggerendo di esporre ciò che avevano pensato fino a quel momento ad uno degli istruttori. Con un rapido e vigoroso cenno affermativo del capo, Shinobu saltò giù dal banco del compagno, sistemandosi i vestiti.
    «Andiamo insieme?»
    Makoto non sembrava un tipo loquace, probabilmente non avrebbe spiccicato chissà quante parole nel riportare all'insegnante quel che avevano pensato fino a quel momento. Però era anche vero che andare insieme avrebbe dato l'impressione di un nascente affiatamento tra i due, e di certo questo non avrebbe fatto schifo al professore. Dare solo l'impressione di aver formato un buon legame di collaborazione a parole non era sufficiente.
    Quindi Shinobu aspettò e, nel caso in cui la risposta altrui si fosse rivelata affermativa, avrebbe cominciato a camminare verso il professore, con l'obiettivo di raccontare quel che lei e Makoto avevano pensato fino a quel momento. Anche perché, nell'eventualità in cui avrebbero dovuto fare uso delle sale per gli allenamenti, sicuramente avrebbero avuto bisogno di qualche permesso, proprio come aveva detto Makoto in precedenza.

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    Edited by yumæchu` - 1/11/2022, 18:44
     
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    Il suo assenso in risposta alla proposta dell’altra, sembrava aver avuto un effetto positivo sulla ragazza. Insomma, non poteva di certo fraintendere la sua reazione soddisfatta per altro, dal palese gonfiarsi del suo petto all’espressione fiera che era sbocciata sul suo volto. Makoto la osservò un po’ divertito, ridendo appena anche lui, un suono sommesso, per poi scuotere leggermente la testa «Vediamo, non è mai stato semplice per me» riprese poi commentando la spiegazione dell’altra, grattandosi un po’ la testa. Non voleva di certo sminuire l’altra, aveva fiducia nel fatto che sapeva chiaramente quello che stava facendo, sicuramente più esperta di lui in materia, ma Makoto, dopotutto, si era sempre ritrovato un po’ in difficoltà con lo studio, indipendemente dal metodo che gli veniva proposto. L’importante era che riuscisse a fare del suo meglio senza buttar giù il risultato finale del loro piccolo team.
    Raccattò quindi le sue cose, rimettendole nella tracolla che aveva raccolto da terra, mettendosela poi in spalla seguendo poi la collega dal loro professore che era rimasto nelle vicinanze della cattedra ad osservare il resto dell’aula e le altre coppie all’opera. Makoto si guardò intorno, notando che erano tra i pochi che erano già riusciti a trovare un compromesso o punto da cui partire. Dopotutto quella classe era variegata, gli studenti non erano solo delle età più disparate ma venivano tutti da background diversi, con motivazioni anche contrastanti sul perché erano lì. Quel tipo di esercizio, il lavoro di squadra anche contro le avversità, sembrava inevitabile se si voleva istruire tutti a fare il meglio per il loro futuro dovere di Investigatori.
    Makoto lasciò parlare perlopiù Shinobu, ma non esitò a commentare per aiutarla a spiegare in breve al professore il loro piano, in quale sembrava già soddisfatto avessero trovato qualcosa da cui cominciare senza troppi intoppi. L’uomo comunicò poi loro che erano disponibili diverse aule d’addestramento quella mattina, che bastava dare il foglio da lui stato appena compilato e consegnato loro alla receptionist al piano sotterraneo.
    Makoto annuì alle sue parole, ringraziandolo con cortesia. Il vero esercizio dato loro iniziava da lì, e solo con la pratica e i fatti avrebbero potuto appurare se il loro piano avrebbe funzionato o meno. O se dovevano partire da altro. Makoto aspettò che anche Shinobu avesse recuperato le sue cose e usciti dall’aula, fece dunque strada all’altra di seguirlo al piano di sotto dove si trovavano le palestre e le altre aule apposite.
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    Poteva solo immaginare le effettive difficoltà di Makoto, per cui al suo commento si riservò la decenza di rimanere in silenzio. Non le piaceva mettere a disagio gli altri, per questo gli comunicò di aver capito soltanto con un sorriso, un po' come se volesse confortarlo.
    A dire il vero non sapeva dire se fosse effettivamente capace di aiutare gli altri. Era un concetto fin troppo labile, mutevole, dipendeva troppo da tantissimi fattori diversi, dalle persone, dalle condizioni, dal genere di lavoro che si doveva fare. Avere la sicurezza di riuscire ad aiutare qualcuno in qualsiasi contesto aveva un nome solo, e non era sicuramente «certezza» o «fiducia nelle proprie capacità», quanto più «presunzione». E fortunatamente l'ex pallavolista non ne peccava.
    Raggiunto il professore, quindi, finirono per spiegargli il loro piano, quali fossero le loro intenzioni e tutto quello che credevano gli servisse per riuscire a svolgere il loro lavoro al meglio. Fu felice di notare come l'istruttore fosse piacevolmente sorpreso dal progresso fatto in un tempo tanto breve, cosa che inevitabilmente si tradusse in un sorriso brillante sul volto della bionda, sorriso che rivolse anche al suo compagno per una frazione di secondo.
    Una volta ricevute le direttive e i fogli da consegnare alla reception, Shinobu si apprestò a raggiungere il banco dove aveva lasciato tutte le sue cose, indicando a Makoto di aspettarla fuori e, dopo aver recuperato tutto e sistemato ciò che non era necessario tenesse in mano nello zaino, infilò la bretella destra dello zaino sull'omonima spalla, raggiungendo il collega e seguendolo verso il piano sotterraneo, dove avrebbero finalmente attuato il loro sperava-efficente-programma.

    «Non ti nascondo che pensavo ci avremmo messo di più a venire a galla con qualcosa» gli rivelò, lasciando che il commento fosse seguito da una risata divertita. «Ora dobbiamo solo sperare che sia efficace per entrambi e, se così non fosse, abbattere gli ostacoli e trovare delle soluzioni migliori.»
    Raggiunto il piano inferiore, Shinobu si affrettò a raggiungere la reception, spiegando alla signora seduta alla scrivania quello che lei e Makoto dovevano fare. Lasciate delle firme dove richiesto, la donna indicò loro una delle porte che costellavano il corridoio, invitandoli ad accomodarsi all'interno.
    Shinobu ringraziò con un energico cenno del capo e, dopo essersi accertata che anche Makoto avesse terminato di consegnare tutto ciò che doveva, si appropinquò verso la stanza designata e, una volta aperta la porta ed essersi opportunamente guardata attorno, ebbe la bella idea di...
    ... di sedersi per terra. Già.
    Gambe incrociate come una brava signorina non avrebbe dovuto fare ― e di cui sinceramente non si preoccupava minimamente, erano lì per allenarsi dopotutto ―, lanciò uno sguardo a Makoto e con la mano destra gli indicò di raggiungerlo e sedersi di fronte a lei.
    «Aaaaaaallora» cominciò, lasciando per terra lo stesso quaderno sul quale prima si era appuntata tutte le cose fondamentali da tenere a mente, mentre andò a legarsi i capelli biondi in un minuscolo codino all'altezza della nuca, «pensiamo. Da cosa reputi sia meglio partire? Le cose considerate più facili, così andiamo più spediti, o ci togliamo il tasto dolente per primo? Della serie, “via il dente, via il dolore”?»
    Per lei ogni cosa sarebbe andata bene, l'importante sarebbe stato fare il punto della situazione. E se Makoto aveva difficoltà, preferiva metterlo più a suo agio possibile: ne andava del futuro di entrambi!

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    Edited by yumæchu` - 1/11/2022, 18:47
     
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    MAKOTO HIRASE
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    «Non cantiamo vittoria troppo presto» fu il suo commento alle parole dell’altra, pronunciate con tono sciolto, non un vero ammonimento, nel mentre finiva di compilare i moduli, statogli porti dalla receptionist messa già al corrente di tutto, con i suoi dati per l’uso di una delle sale.
    Aver trovato un punto d’incontro prima degli altri, o anch avere una linea base per il loro piano d’azione, era stato un bene e, almeno per quello, sarebbero stati tranquilli almeno per un po’ con uno spazio privato adibito alle loro esigenze. Da qualche parte dovevano pur iniziare, e si rendeva conto che, se fossero stati tra gli ultimi, avrebbero dovuto arrangiarsi con quello che era ancora disponibile quella mattina. Forse quello era anche parte della lezione e del compito loro stato affidato.
    Ora dovevano solo mettere tutto in atto. Più facile a dirsi che a farsi, fu il suo pensiero.
    Seguì quindi Shinobu all’interno dell’aula stata loro indicata, adibita di tutti gli strumenti del caso, da armi in legno al distributore dell’acqua. Lo osservò mettersi seduta a terra con una naturalezza estrema, gesto che lo fece un po’ sorridere. Lasciò cadere la sua tracolla a terra, per poi mettersi anche lui seduto sul pavimento seguendo il gesto di Shinobu, appoggiando le mani a terra dietro di lui in modo da sostenersi e stendendo le lunghe gambe.
    Girò la testa di lato, lanciando una corta occhiata alla ragazza prima di rispondere alla sua domanda «Meglio partire dal difficile, almeno possiamo toglierci il pensiero e lavorarci subito se è la parte più tosta, e lasciarci il leggero per dopo» fu quello che le disse dopo qualche istante di silenzio che aveva usato per ragionare sul da farsi, grattandosi leggermente il naso con aria pensosa. Gli sembrava una proposta piuttosto normale e logica, ma allo stesso tempo non era da solo, per cui l’opinione dell’altra era comunque ugualmente importante.
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    Shinobu Hanyuu
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    Mentre Makoto prendeva posto sul pavimento come gli aveva indicato, Shinobu si perse a guardare la stanza nella quale erano stati indirizzati: attrezzatura di ogni tipo riempiva le pareti, lasciando pochi buchi liberi. Armi di legno, macchinette di servizio, strutture per allenare il corpo: sembrava di trovarsi in una palestra, con l'unica differenza che ogni singolo oggetto al suo interno era pensato per allenare le reclute ― e non solo ― a diventare degli investigatori degni di quel nome.
    Per Shinobu tutto ciò parve surreale: solo fino a pochi mesi prima si immaginava all'interno di un posto simile, con l'incertezza di potercela fare, ed ora era seduta lì, con un collega, a fare del suo meglio per poter rendere fieri i suoi genitori, i suoi istruttori, ma sopra ogni altra cosa la sua amica Maya. Proprio per lei aveva sempre un pensiero, una speranza che tutto ciò che stava facendo avrebbe portato dei risultati, conducendola alla verità e dando così pace non solo al suo cuore, che da tempo non aveva più avuto modo di sentirsi davvero leggero, ma anche ai signori Kotobuki, a cui doveva davvero molto.
    Ma la voce di Makoto catturò l'attenzione di Shinobu: gli occhi che fino a poco prima dardeggiavano la stanza nel tentativo di memorizzare quante più cose vi erano al suo interno, vennero attratti verso la figura del ragazzo, al quale prestò ascolto in religioso silenzio. La teoria del «prima ciò che è difficile» la convinse subito: per quanto per lei non ci sarebbe stata alcuna differenza, quello era il modo migliore per aiutare entrambi. In fin dei conti era meglio fare qualcosa bene, che fare tante cose in maniera approssimativa, no?
    «Per me non c'è problema, mi trovi d'accordo su tutta la linea» rispose semplicemente, prendendo quindi quel libro di biologia ghoul che si portava sempre dietro come se ne dipendesse la sua vita. Non a caso era una materia piuttosto difficile, anche per una ragazza studiosa come lei risultava una gatta da pelare non indifferente.
    «Allora io direi di partire da un progetto specifico: dobbiamo trovare il modo di aiutare entrambi in due cose diverse, collegandole. Come dicevi, per te è più facile assimilare le cose con la pratica, per cui se io in questo momento ti chiedessi a cosa mireresti durante uno scontro, mi sapresti rispondere perché prenderesti proprio quella scelta, a livello teorico?»
    In quel momento, Shinobu lasciò il libro aperto su una pagina a caso che spiegava la composizione della kagune e le cellule RC, alzandosi da terra e dando qualche breve colpetto ai propri vestiti per pulirli da eventuale sporcizia.
    «Per esempio, fingiamo che io sia un ghoul... con una kagune di tipo ukaku. Quale sarebbe la prima cosa che cercheresti di fare e perché?» domandò, allargando le braccia ed agitandole debolmente come se volesse imitare la forma e il movimento delle ali. Una visione piuttosto buffa, considerato quanto lei avesse preso piuttosto seriamente quel compito, al punto da aver abbandonato il precedente sorriso sul volto in favore di un'espressione più determinata.

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    Edited by yumæchu` - 1/11/2022, 18:48
     
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    Dovevano pur iniziare da qualche parte e ora che erano d’accordo sul da farsi, fu di nuovo Shinobu la prima a mobilizzarsi andando a recuperare uno dei libri che aveva nel suo zaino che, dopo averne intravisto la copertina, Makoto riconobbe come quello di biologia ghoul. La sua materia preferita, eggià. E nel mentre Shinobu spiegava il suo pensiero su come potevano procedere, lui la osservò spaginare quel libro fino a fermarsi su una pagina in particolare per poi posarlo a terra tra loro due.
    «Ci posso provare» commentò quindi Makoto annuendo appena con disinvoltura e una pigra alzata di spalle. Non era bravo a spiegarsi o ad esprimersi, non lo era mai stato, ma doveva comunque provarci vedendo che, dopotutto, ne andava del voto finale di entrambi per quel quadrimestre. Anche perché non poteva permettersi di fallire più di tanto, aveva firmato un contratto con suo padre, un contratto che voleva vedere realizzato il prima possibile.
    La osservò quindi balzare poi in piedi iniziando ad imitare rozzamente quello che doveva essere l’imitazione di un ghoul ukaku. Tale visione lo fece quasi ridere e infatti riuscì a malapena a trattenere il sorriso sornione che si stava formando sulle sue labbra, anche perché allo stesso tempo non voleva di certo offenderla. Anche se, beh, lui un ghoul ukaku lo aveva visto in azione, e con tutta probabilità il suo amico Rei era quello che si sarebbe offeso a vederla. Per lui era solo divertente.
    Ma senza perdere ulteriore tempo, una mano appoggiata dietro di sé in modo da sostenere il peso della sua schiena e lo sguardo nocciola ancora puntato sulla ragazza, Makoto si diede qualche istante per pensarci su «L’ukaku è un attaccante a distanza, no? Dovrebbero avere anche alta mobilità se non ricordo male» fu quello che le disse inizialmente, spostando lo sguardo di lato e portandosi l’altra mano al mento con aria pensosa, per poi riportarla poco dopo al suo grembo «La risposta però cambierebbe dal mio ruolo o dalla mia quinque, o da chi sarebbe il mio partner… ma prima di tutto, se c’è distanza tra di noi, cercherei di trovare riparo e allo stesso tempo cercare di trovare un modo per avvicinarmi. Con un’incognita serve cautela, ma poi andrei a cercare di toglierli più spazio di manovra possibile» continuò annuendo appena, per poi inclinare la testa di lato, decidendo di rigirarle quella domanda «Tu cosa faresti?».
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    Shinobu Hanyuu
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    Ignara di ciò che avesse pensato Makoto vedendola imitare blandamente quello che all'apparenza doveva sembrare un ghoul ukaku, Shinobu si lasciò andare ad un sorriso divertito quando vide l'altro trattenere il suo. Fortunatamente non era tipa da offendersi e anzi, sapeva che probabilmente quella sua rozza imitazione la stava ridicolizzando.
    Non lo avrebbe mai trasformato in un problema, o in un qualunque motivo per offendersi. Ci voleva leggerezza, e il modo migliore per imparare le cose, constatò, era proprio quello di trovare un appiglio divertente, un modo di giocare e ricollegare gli argomenti ad un ricordo felice o divertente, perché il cervello lo avrebbe riportato alla luce più facilmente.
    Alle parole dell'altro, però, decise di fermarsi e rimanere ad ascoltarlo. Soltanto quand'ebbe finito, Shinobu riprese il suo posto sul pavimento con una certa fretta, annuendo con vigore.
    «Sono d'accordo con quello che hai detto» rispose, tornando un po' più seria mentre incrociava le gambe nella posizione più comoda che riuscì a trovare ― il pavimento, dopotutto, non era mai stata la cosa più comoda su cui sostare. «Il fatto è che, come dici tu, ci sono incognite e troppe varianti: due ghoul con lo stesso tipo di kagune, in verità, potrebbero utilizzarle in maniera differente, in base a come si sono abituati o a com'è "costruita" la kagune in sé; o ancora il tipo di quinque che possiedi, o il modo di combattere del partner. La prima cosa da fare, secondo me, è riuscire ad elaborare una strategia di attacco o controffensiva sulla base di una prima analisi della situazione e del ghoul che si deve affrontare, tenendo in considerazione i punti forti e i punti deboli comuni a tutti i tipi di kagune.»
    Si prese un attimo di pausa per riprendersi dal discorso appena formulato, approfittando della breve pausa per sfogliare nuovamente il libro, fermando la pagina proprio su un approfondimento sui ghoul ukaku. Il dito indice della mano destra andò a puntare proprio una riproduzione realistica di una kagune di tipo ukaku, raffigurazione posta a sinistra della pagina, lasciando lo spazio alle spiegazioni del caso.
    «Un ghoul di tipo ukaku, oltre a basarsi sull'attacco a distanza, è molto improntato sulla velocità. Di contro, però, difficilmente resiste a lungo ad un combattimento, e se si riesce a protrarre lo scontro lo si metterà in difficoltà.»
    Il volto prima rivolto al libro tornò a guardare Makoto, a cui rivolse un sorriso rilassato.
    «Però è anche vero che protrarre uno scontro potrebbe risultare dannoso anche per noi, che non abbiamo le capacità fisiche di un ghoul. Quindi, come dicevi tu poco fa, ci sono molte varianti da considerare, per cui non puoi basarti soltanto sul tipo di kagune che ha un ghoul. Secondo me è una risposta intelligente, dovresti essere fiero di te.»
    Makoto le aveva esposto il suo problema a ricordare la teoria, specialmente ciò che risultava più difficile. Eppure la sua risposta, se ragionata mettendo in mezzo la pratica, non era così lontana dalla verità. Bastava solo trovare le giuste meccaniche per aiutarlo a ricordare le cose più importanti.
    «Quello che dobbiamo cercare di ricordare in questo caso sono i punti deboli e i punti di forza di ogni singola kagune. Purtroppo sul campo non potremmo mai adattarci in base al ghoul che ci ritroveremo ad affrontare, ma conoscere la teoria ci aiuta anche a tenere in considerazione le varianti e ad elaborare una strategia sulla base dell'analisi del contesto e della situazione. Perciò» s'interruppe, schiarendosi la gola e chiudendo la mano destra in pugno, portandola vicino alle labbra come se stesse tenendo stretto un microfono invisibile, «signor Hirase, abbiamo detto che un ghoul ukaku ha come punto di forza al velocità, mi sa dire qual è il punto di forza di un ghoul koukaku?»
    Ovviamente la domanda, inizialmente posta con il tono più serio che riuscì a riprodurre, sfumò in una risata sul finale.
    Niente, Shinobu era proprio stupida.

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