To the Very Ends with You

Alexandre De Lacroix & Lazar Khabarov | Minato-city @Streets | 20/04/2020 NIGHT ; 21:30~

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  1. Yukari
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    Lazar S. Khabarov 「 Echo 」
    Che cosa doveva fare adesso? Un interrogativo che continuava a tormentare la mente stanca di Lazar come un pensiero intrusivo, difficile da ignorare e man mano più persistente, incombente e spaventoso. Fino a quando gli sarebbe stato concesso di rimanere lì? E se la sua reticenza avesse fatto perdere le staffe ad Alexandre e fosse stato sbattuto fuori di casa con ancora la CCG a infestare le strade?
    Ora che si era finalmente fermato a riposare, cominciava inoltre a sentire la tensione nervosa pervadere e irrigidire i muscoli. Non c’era parte del suo corpo che non fosse stata sottoposta a uno sforzo eccessivo e adesso ne avrebbe pagato le dure conseguenze. Letteralmente dure, perché se avesse avuto dei macigni al posto degli arti non avrebbe fatto alcuna differenza. Faceva male, faceva tutto così tanto male da non capire neanche come muoversi senza che improvvise fitte di dolore gli togliessero il fiato. Ormai persino il più innocente e breve dei dolori risuonava per tutto il suo corpo facendogli digrignare i denti.
    Un bendaggio avrebbe in effetti aiutato, ancor più spogliarsi e lavare via il sangue che, come colla, aveva fatto aderire la stoffa alle ferite. Ma non avrebbe fatto niente di tutto quello, non finché non si fosse sentito al sicuro, perché Alexandre, nonostante si fosse accucciato come un cucciolo inoffensivo, rimaneva di fatto un agnello affiliato ai cani da caccia.
    Quindi cosa doveva fare adesso? Forse levare il disturbo di sua spontanea volontà, rassegnandosi a cercare un posto isolato in cui attendere che la rigenerazione facesse il suo corso, un po’ come i cani che scelgono la solitudine quando sentono la morte in agguato.
    “Posso farti una domanda?”
    La testa del ghoul si inclinò quanto bastava per includere il profilo del volto pallido di Alexandre nel proprio campo visivo. Anche in quelle condizioni pietose non sembrava in grado di perdere la sua innata gentilezza. A differenza di lui, che nei momenti più duri si trasformava in una bestia. Una visione che pungeva come la punta d'un ago.
    Lazar era già pronto a sentirsi chiedere conferma riguardo il loro primo incontro e borbottare qualcosa di sarcastico sul fatto che sì, il ghoul di Shinjuku era ovviamente lui, e che non c’era mai stata reale amicizia tra loro, ma solo la paziente attesa di un predatore in agguato. Avrebbe continuato a infierire su quel povero umano nonostante fosse in realtà lui ad avere il coltello dalla parte del manico, perché in fondo ormai non gli importava di essere consegnato alla CCG.
    L’unica cosa che aveva sempre avuto a cuore era la salvaguardia della sua famiglia, perciò la domanda, quando infine gli solleticò l’orecchio, lo sorprese ma non suscitò alcuna reazione emotiva in lui. Non era abituato a pensare a se stesso, perché pensare a se stesso e a come si era ridotto faceva male e a nessuno piace soffrire.
    Quello di Alexandre era però un dubbio più che lecito.
    «Lo troveresti deludente.» anticipò con uno sbuffo di risata amara, troppo stanco per ridere ma non per trafiggere il ricercatore con uno sguardo pungente. «Un ghoul. A quelli come te di solito basta.»
    Si riferiva più agli umani che alla CCG, per una volta. Come dimenticare le innumerevoli volte in cui bastava accendere la televisione per essere sommersi da servizi carichi di disinformazione e odio?
    Alexandre però gli aveva provato sin dai loro primi appuntamenti di non essere uguale a tutti gli altri: era ingenuo, tanto ingenuo da credere che l’unica colpa di un ghoul fosse nascere con un apparato digerente diverso, tanto ingenuo da abbandonare una carriera da Investigatore perché reputava che uccidere sulla base di differenze biologiche fosse sbagliato. Una visione così semplicistica, così… dannatamente irritante, perché sfuggiva a tutto quel che Lazar aveva imparato dai Khabarov e da Opera. Alexandre era diverso. E accettare ciò che è diverso non è semplice per nessuno, indipendentemente dalla buona volontà che ci si mette, Lazar non si sarebbe macchiato di ipocrisia affermando il contrario.
    Voleva la verità? Allora gliel’avrebbe gettata addosso come una doccia fredda.
    «Se devo essere più preciso… sono l’erede di un clan di ghoul russi. Fico, no?» un’altra risata amara. «Nah, lascia che te lo dica: è una merda. Immagina di non poter spendere un solo giorno della tua vita come desideri, di essere nato per diventare la replica di una persona che disprezzi tanto quanto lui disprezza te.»
    Era sempre lì, suo nonno: a svettare con quello sguardo sprezzante tra i suoi pensieri, a giudicarlo dal fondo della tomba, a incarnare la sua folle paura di fallire e deludere le persone che amava.
    «Sono venuto in Giappone per un motivo… avevo una missione, ma non ti dirò di più al riguardo. Pensavo di poter finalmente respirare… di poter essere me stesso, almeno per un po’. E invece è andato tutto a rotoli, ogni cosa… gli sforzi per non deludere le aspettative, i sacrifici per essere come mi volevano… le persone importanti a cui ho rinunciato.»
    Non avrebbe pianto.
    La voce poteva spezzarsi, gli occhi bruciare e le mani tremare.
    Ma non avrebbe pianto.
    «Ne è valsa la pena? Sì, cazzo, ne è sempre valsa la pena di annullarmi se era per la mia famiglia! Non c’è niente al mondo che ami più di quelle persone!» incrinata dalla rabbia, la voce di Lazar si sollevò e poi abbassò. «Ma ora… ho rovinato tutto. Sarei dovuto morire per mano di quei due Investigatori e smetterla con questa farsa!»
    La mano destra si infranse in un pugno sul pavimento.
    Per tornare a parlare fu necessario un sospiro lunghissimo.
    «Sono sempre stato bravo a riempirmi la bocca di belle parole, ma la verità è che sono diventato tutto ciò che non volevo essere. Quindi se mi chiedi chi sono veramente… la risposta è che non credo di saperlo più io stesso, mi spiace.»
    E così com’era cominciato, si sciolse in una risata amara e una scrollata di spalle, che ancora una volta lo avviluppò in un mantello di fitte di dolore. Adesso era stanco anche mentalmente.

    «Parlato.»
    «Pensato.»
    OBY4acW
    GHOUL
    Learn to love your inner monster.


    Edited by Yukari - 15/3/2023, 10:12
     
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