To the Very Ends with You

Alexandre De Lacroix & Lazar Khabarov | Minato-city @Streets | 20/04/2020 NIGHT ; 21:30~

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  1. Yukari
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    Lazar S. Khabarov 「 Echo 」
    Prima di andarmene è il minimo che ti pulisca la doccia, i vestiti te li riporto domani mattina e… e che cos’altro voleva dire? Cosa voleva dire? Cosa doveva dire?
    Le iridi di Lazar vibravano di un tremore quasi impercettibile, rivolte verso terra come se il pavimento fosse stato improvvisamente coperto dal sangue sgorgato dalla doccia che non era riuscito a pulire. Così come non era riuscito a salvare Ninel’ o evitare che Vika venisse ferita, non era riuscito a pulire quella dannata doccia.
    Si portò una mano alla tempia destra, sfiorando la pelle che non avrebbe dovuto essere già coperta di sudore, per di più freddo. Per quanto si sforzasse di ricordare, Lazar non riusciva proprio a dare forma all’ultimo alito di fiato rimasto sulla punta della lingua, tra le labbra dischiuse nell’atto di aggiungere un’altra clausola al suo discorso patetico.
    Forse era più stanco di quanto pensava. Il punto era che pensava di essere stremato, e cosa c’era oltre lo stremato? Il delirante? Il non autosufficiente? Quello sarebbe stato un problema, perché Shibuya era piuttosto lontana e lui doveva tornarci a tutti i costi senza creare altri disagi a nessuno.
    Alexandre parlò, ma Lazar non fu certo di aver sentito le stesse parole che il ricercatore aveva pronunciato. “Sei quasi doccia e ti preoccupi per la mia morto” ─ aveva senso? No, non credeva, a meno che non avesse di punto in bianco dimenticato il giapponese.
    Eppure qualche lobo del suo cervello doveva ancora funzionare, perché, dopo un flebile «Eh?», il ghoul capì che si parlava di pulire la doccia. E rieccolo al punto di partenza, col bisogno di ricordare cosa aveva dimenticato di dire che tornava a colpirlo come un uroboro che si morde la coda.
    Sciolse il breve contatto visivo instaurato con Alexandre, che a giudicare da come si massaggiava le tempie sembrava avere a sua volta un bel mal di testa, per allungare un’occhiata obliqua alla stanza che si era lasciato alle spalle. Riusciva a vedere poco del bagno, appena un rettangolo alto e stretto che si allungava dalle piastrelle alla doccia ─ attraverso l’anta aperta poteva scorgere il piatto ancora rosato, nessuna magia l’aveva sbiancato ─, per poi risalire fino al soffitto schiarito dal vapore.
    «… sì.» ribadì Lazar, un monosillabo buttato fuori come se fosse stato concreto quanto un conato di vomito, cercando di mascherare la confusione che gli annebbiava la mente.
    Sì, per ripagare il disturbo, i danni fisici e psicologici avrebbe pulito la doccia e lavato i vestiti che indossava, i quali avrebbe restituito l’indomani mattina assieme alle medicine di cui Alexandre aveva bisogno. Dio, finalmente se l’era ricordato. Le parole che fiorirono spontaneamente nella sua mente gli diedero sollievo e un pizzico di euforia: ci stava ancora con la testa, era solo molto confuso.
    “Non posso fare niente per convincerti a non andartene, vero?”
    Questo l’aveva sentito bene, forse perché era ciò che desiderava sentirsi dire.
    Abbozzò un sorriso, che però Alexandre non avrebbe probabilmente visto. «Non c’è niente che vorrei più di scappare dalle mie responsabilità, credimi.» sospirò. «Ma non posso.»
    Aveva imparato a convivere con il dolore che gli avviluppava le viscere ogni volta che ci pensava. Da ormai molto tempo aveva imboccato quella strada di sacrifici e autodistruzione, doveva solo persuadersi di nuovo che ne valesse la pena. Era l’unico modo a sua disposizione per sopravvivere.
    Con uno sforzo e una cacofonia di dolori su tutto il corpo si staccò dal muro per affiancare Alexandre e scostare la tenda con un movimento discreto. Guardò fuori: il mondo quella notte gli sarebbe stato nemico come non era mai accaduto.

    «Parlato.»«Pensato.»
    OBY4acW
    GHOUL
    Learn to love your inner monster.
     
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