To the Very Ends with You

Alexandre De Lacroix & Lazar Khabarov | Minato-city @Streets | 20/04/2020 NIGHT ; 21:30~

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  1. Yukari
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    Lazar S. Khabarov 「 Echo 」
    Le geometrie dei grattacieli sul labirinto di strade offrivano interessanti vie di fuga, che Lazar si era messo d’istinto a studiare appena indirizzato lo sguardo fuori. Ora che aveva appurato di starci con la testa, doveva recuperare abbastanza lucidità da tracciare una rotta nel mare di luci che potesse ricondurlo a casa; che fosse sicura era di secondaria importanza, la situazione era troppo disperata per perdere altro tempo.
    Sarebbe stato un bel vantaggio se i soliti ghoul piantagrane avessero approfittato di quell’inaspettata adunanza della CCG per scatenare una guerriglia urbana, dopotutto non erano distanti da Shinjuku e quel postaccio pullulava di psicopatici con un forte desiderio di morte. Allo stesso tempo, non poteva neanche escludere che Ninel’ fosse ancora nei paraggi; l’unico pratico in famiglia degli ingressi per la ventiquattresima circoscrizione era infatti lui.
    Né consolato né scoraggiato, Lazar socchiuse gli occhi mentre un dolore lancinante gli trafiggeva una tempia. Una vena pulsava contro la pelle come se avesse voluto strapparla, come se il suo intero corpo non fosse già stato un’orchestra di fitte con sottofondo di nausea. L’invito di Alexandre a restare assumeva una sfumatura sempre più dolce e invitante, ma riempiendosi i polmoni con un sospiro si appellò a quel poco di fermezza che gli rimaneva e levò gli occhi dalla strada al volto del ricercatore.
    Era stanco, Alexandre. Più lo guardava, più diventava palese. Stanco di chissà quante cose, implicazioni su cui Lazar non poteva al momento riflettere; non ne aveva il lusso, perché era un ragazzo abbastanza sveglio da poterle immaginare, ma realizzare qualcosa impone anche di farci i conti. E quello non era il momento di fare i conti con la consapevolezza di essere l’ennesima delusione per qualcuno.
    Si sarebbe levato di torno più in fretta possibile, quantomeno per restituire ad Alexandre la libertà di poter fare qualunque cosa volesse in casa propria senza sentirsi giudicato, anche solo indossare indossare un pigiama coi Pokémon. E il giorno dopo gli avrebbe portato qualunque farmaco di cui avesse bisogno, stavolta non se lo sarebbe dimenticato.
    Per uno scherzo del destino, però, l’attimo in cui il ghoul fece per congedarsi con un mesto saluto fu lo stesso in cui il francese lo fermò un’ultima volta, avanzando una richiesta che fu accolta con un cenno della testa alquanto titubante. Che altro poteva esserci? Il senso di aspettativa nacque come un crampo nello stomaco del russo, mentre i suoi pensieri tornavano immediatamente alle sirene giù in strada, alle frotte di gente armata che lo crivellavano di colpi, al profumo della carne che si mescolava a tutte quelle nefandezze olfattive che il corpo umano è capace di produrre.
    Il fantasma del tradimento di Alexandre picchiettava ancora il suo cervelletto, mettendolo in allerta come se fosse stato ancora ─ o già ─ per strada a lottare per la propria vita.
    Lo seguì con gli occhi finché non fu scomparso oltre la soglia, poi con l’udito, concentrandosi per cogliere quelli che, senza alcun dubbio, erano i suoni di un rovistamento tra i cassetti. O aveva un secondo cellulare nascosto, oppure Alexandre era innocente e lui si stava dimostrando per l’ennesima volta un infame malfidato.
    Il destino conclamò che Lazar Khabarov era un infame malfidato quando Alexandre tornò in sala stringendo nell’unica mano sana una maschera da ghoul.
    “È una maschera non registrata qui in Giappone.” gli spiegò, ma l’attenzione di Lazar era tutta per il cimelio di un nero sbiadito venato d’oro, in una maniera che avrebbe forse dovuto emulare uno scheletro, ma che lui non riusciva a non ricollegare al kintsuji.
    Doveva essere appartenuta a qualcuno di importante ─ e con le informazioni che era riuscito a intuire o ricostruire, Lazar temeva di poter abbozzare un’ipotesi ─, perciò l’avrebbe trattata col massimo riguardo. Ma, più di ogni altra cosa, non l’avrebbe indossata davanti a lui. La sua povera psiche aveva preso abbastanza bastonate per quella sera.
    «Grazie.» rispose semplicemente mentre prendeva la maschera, perdendosi qualche secondo a fissarla.
    Un angolo della bocca si arcuò in una smorfia, tradendo come la sua mente fosse satura di pensieri inespressi.
    Si sforzò comunque di elaborarli nella forma di parole, perché neanche un infame malfidato se ne sarebbe andato in quel modo spartano e ingrato.
    «Per… aver sostanzialmente commesso una sfilza di reati pur di impedirmi di morire.»
    Nei suoi piani iniziali avrebbe dovuto adottare un tono molto più serio, ma a metà frase era stato inevitabile che una risata gli graffiasse la gola.
    Si schiarì la voce. «Non lo vanificherò.»

    «Parlato.»«Pensato.»
    OBY4acW
    GHOUL
    Learn to love your inner monster.
     
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