Votes given by Ryuko

  1. .
    CITAZIONE (Ryuko @ 26/10/2023, 21:54) 
    CITAZIONE (Viktoria Farron @ 26/10/2023, 14:40) 
    Quest'anno ho soffiato 10 candeline da quando sono entrata nel mondo GDR (vi ho visto sudare),

    t3qkhrohrh321

    Ciao Victoria, piacere di conoscerti, io sono Ryuko e non ho assolutamente pensato tu avessi dieci anni per mezzo secondo.
    Meme a parte.
    Benvenuta, spero ti troverai bene qui, ti auguro una buona permanenza e ci si becca on-game,, cià. 💖

    AHAHAHAHAHAHAHAH ho salvato il salvabile in tempo.
    Comunque ti ringrazio per l'accoglienza con i meme, è sempre molto caloroso.
  2. .
    Lazar S. Khabarov 「 Echo 」
    Le geometrie dei grattacieli sul labirinto di strade offrivano interessanti vie di fuga, che Lazar si era messo d’istinto a studiare appena indirizzato lo sguardo fuori. Ora che aveva appurato di starci con la testa, doveva recuperare abbastanza lucidità da tracciare una rotta nel mare di luci che potesse ricondurlo a casa; che fosse sicura era di secondaria importanza, la situazione era troppo disperata per perdere altro tempo.
    Sarebbe stato un bel vantaggio se i soliti ghoul piantagrane avessero approfittato di quell’inaspettata adunanza della CCG per scatenare una guerriglia urbana, dopotutto non erano distanti da Shinjuku e quel postaccio pullulava di psicopatici con un forte desiderio di morte. Allo stesso tempo, non poteva neanche escludere che Ninel’ fosse ancora nei paraggi; l’unico pratico in famiglia degli ingressi per la ventiquattresima circoscrizione era infatti lui.
    Né consolato né scoraggiato, Lazar socchiuse gli occhi mentre un dolore lancinante gli trafiggeva una tempia. Una vena pulsava contro la pelle come se avesse voluto strapparla, come se il suo intero corpo non fosse già stato un’orchestra di fitte con sottofondo di nausea. L’invito di Alexandre a restare assumeva una sfumatura sempre più dolce e invitante, ma riempiendosi i polmoni con un sospiro si appellò a quel poco di fermezza che gli rimaneva e levò gli occhi dalla strada al volto del ricercatore.
    Era stanco, Alexandre. Più lo guardava, più diventava palese. Stanco di chissà quante cose, implicazioni su cui Lazar non poteva al momento riflettere; non ne aveva il lusso, perché era un ragazzo abbastanza sveglio da poterle immaginare, ma realizzare qualcosa impone anche di farci i conti. E quello non era il momento di fare i conti con la consapevolezza di essere l’ennesima delusione per qualcuno.
    Si sarebbe levato di torno più in fretta possibile, quantomeno per restituire ad Alexandre la libertà di poter fare qualunque cosa volesse in casa propria senza sentirsi giudicato, anche solo indossare indossare un pigiama coi Pokémon. E il giorno dopo gli avrebbe portato qualunque farmaco di cui avesse bisogno, stavolta non se lo sarebbe dimenticato.
    Per uno scherzo del destino, però, l’attimo in cui il ghoul fece per congedarsi con un mesto saluto fu lo stesso in cui il francese lo fermò un’ultima volta, avanzando una richiesta che fu accolta con un cenno della testa alquanto titubante. Che altro poteva esserci? Il senso di aspettativa nacque come un crampo nello stomaco del russo, mentre i suoi pensieri tornavano immediatamente alle sirene giù in strada, alle frotte di gente armata che lo crivellavano di colpi, al profumo della carne che si mescolava a tutte quelle nefandezze olfattive che il corpo umano è capace di produrre.
    Il fantasma del tradimento di Alexandre picchiettava ancora il suo cervelletto, mettendolo in allerta come se fosse stato ancora ─ o già ─ per strada a lottare per la propria vita.
    Lo seguì con gli occhi finché non fu scomparso oltre la soglia, poi con l’udito, concentrandosi per cogliere quelli che, senza alcun dubbio, erano i suoni di un rovistamento tra i cassetti. O aveva un secondo cellulare nascosto, oppure Alexandre era innocente e lui si stava dimostrando per l’ennesima volta un infame malfidato.
    Il destino conclamò che Lazar Khabarov era un infame malfidato quando Alexandre tornò in sala stringendo nell’unica mano sana una maschera da ghoul.
    “È una maschera non registrata qui in Giappone.” gli spiegò, ma l’attenzione di Lazar era tutta per il cimelio di un nero sbiadito venato d’oro, in una maniera che avrebbe forse dovuto emulare uno scheletro, ma che lui non riusciva a non ricollegare al kintsuji.
    Doveva essere appartenuta a qualcuno di importante ─ e con le informazioni che era riuscito a intuire o ricostruire, Lazar temeva di poter abbozzare un’ipotesi ─, perciò l’avrebbe trattata col massimo riguardo. Ma, più di ogni altra cosa, non l’avrebbe indossata davanti a lui. La sua povera psiche aveva preso abbastanza bastonate per quella sera.
    «Grazie.» rispose semplicemente mentre prendeva la maschera, perdendosi qualche secondo a fissarla.
    Un angolo della bocca si arcuò in una smorfia, tradendo come la sua mente fosse satura di pensieri inespressi.
    Si sforzò comunque di elaborarli nella forma di parole, perché neanche un infame malfidato se ne sarebbe andato in quel modo spartano e ingrato.
    «Per… aver sostanzialmente commesso una sfilza di reati pur di impedirmi di morire.»
    Nei suoi piani iniziali avrebbe dovuto adottare un tono molto più serio, ma a metà frase era stato inevitabile che una risata gli graffiasse la gola.
    Si schiarì la voce. «Non lo vanificherò.»

    «Parlato.»«Pensato.»
    OBY4acW
    GHOUL
    Learn to love your inner monster.
  3. .
    Lazar S. Khabarov 「 Echo 」
    Prima di andarmene è il minimo che ti pulisca la doccia, i vestiti te li riporto domani mattina e… e che cos’altro voleva dire? Cosa voleva dire? Cosa doveva dire?
    Le iridi di Lazar vibravano di un tremore quasi impercettibile, rivolte verso terra come se il pavimento fosse stato improvvisamente coperto dal sangue sgorgato dalla doccia che non era riuscito a pulire. Così come non era riuscito a salvare Ninel’ o evitare che Vika venisse ferita, non era riuscito a pulire quella dannata doccia.
    Si portò una mano alla tempia destra, sfiorando la pelle che non avrebbe dovuto essere già coperta di sudore, per di più freddo. Per quanto si sforzasse di ricordare, Lazar non riusciva proprio a dare forma all’ultimo alito di fiato rimasto sulla punta della lingua, tra le labbra dischiuse nell’atto di aggiungere un’altra clausola al suo discorso patetico.
    Forse era più stanco di quanto pensava. Il punto era che pensava di essere stremato, e cosa c’era oltre lo stremato? Il delirante? Il non autosufficiente? Quello sarebbe stato un problema, perché Shibuya era piuttosto lontana e lui doveva tornarci a tutti i costi senza creare altri disagi a nessuno.
    Alexandre parlò, ma Lazar non fu certo di aver sentito le stesse parole che il ricercatore aveva pronunciato. “Sei quasi doccia e ti preoccupi per la mia morto” ─ aveva senso? No, non credeva, a meno che non avesse di punto in bianco dimenticato il giapponese.
    Eppure qualche lobo del suo cervello doveva ancora funzionare, perché, dopo un flebile «Eh?», il ghoul capì che si parlava di pulire la doccia. E rieccolo al punto di partenza, col bisogno di ricordare cosa aveva dimenticato di dire che tornava a colpirlo come un uroboro che si morde la coda.
    Sciolse il breve contatto visivo instaurato con Alexandre, che a giudicare da come si massaggiava le tempie sembrava avere a sua volta un bel mal di testa, per allungare un’occhiata obliqua alla stanza che si era lasciato alle spalle. Riusciva a vedere poco del bagno, appena un rettangolo alto e stretto che si allungava dalle piastrelle alla doccia ─ attraverso l’anta aperta poteva scorgere il piatto ancora rosato, nessuna magia l’aveva sbiancato ─, per poi risalire fino al soffitto schiarito dal vapore.
    «… sì.» ribadì Lazar, un monosillabo buttato fuori come se fosse stato concreto quanto un conato di vomito, cercando di mascherare la confusione che gli annebbiava la mente.
    Sì, per ripagare il disturbo, i danni fisici e psicologici avrebbe pulito la doccia e lavato i vestiti che indossava, i quali avrebbe restituito l’indomani mattina assieme alle medicine di cui Alexandre aveva bisogno. Dio, finalmente se l’era ricordato. Le parole che fiorirono spontaneamente nella sua mente gli diedero sollievo e un pizzico di euforia: ci stava ancora con la testa, era solo molto confuso.
    “Non posso fare niente per convincerti a non andartene, vero?”
    Questo l’aveva sentito bene, forse perché era ciò che desiderava sentirsi dire.
    Abbozzò un sorriso, che però Alexandre non avrebbe probabilmente visto. «Non c’è niente che vorrei più di scappare dalle mie responsabilità, credimi.» sospirò. «Ma non posso.»
    Aveva imparato a convivere con il dolore che gli avviluppava le viscere ogni volta che ci pensava. Da ormai molto tempo aveva imboccato quella strada di sacrifici e autodistruzione, doveva solo persuadersi di nuovo che ne valesse la pena. Era l’unico modo a sua disposizione per sopravvivere.
    Con uno sforzo e una cacofonia di dolori su tutto il corpo si staccò dal muro per affiancare Alexandre e scostare la tenda con un movimento discreto. Guardò fuori: il mondo quella notte gli sarebbe stato nemico come non era mai accaduto.

    «Parlato.»«Pensato.»
    OBY4acW
    GHOUL
    Learn to love your inner monster.
  4. .
    Lazar S. Khabarov 「 Echo 」
    La mezz’ora più lunga degli ultimi anni di vita di Lazar Stefanović fu dilazionata come segue: due minuti per prendere confidenza con l’ambiente del bagno, capire dove si trovava tutto ciò di cui avrebbe avuto bisogno e come ridurre allo stretto indispensabile il casino che avrebbe combinato; dieci minuti sotto l’acqua, che in realtà sarebbero stati anche di meno se non ne avesse spesi un paio a buttare fuori con rabbia le lacrime che aveva trattenuto; otto a pulire via con scarsi risultati il sangue, che nonostante i suoi sforzi aveva colorato di una dolce sfumatura di rosa il piatto della doccia; un minuto per vestirsi e toccare con mano quanto fossero differenti per costituzione lui e Alexandre; il resto se ne andò per asciugare almeno un po’ i capelli, prima che il freddo di aprile mettesse fine alla sua campagna per salvare Ninel’ con un bel febbrone da cavallo.
    Perché Lazar non aveva intenzione di rimanere in quella casa un minuto di più, ovviamente. Di problemi ne aveva causati già abbastanza a tutti, il senso di colpa gli annodava ancora lo stomaco e Viktoriya lo aspettava a casa col fiato sospeso. Non poteva abbandonarla a piangere da sola, perché era certo che l’avrebbe fatto: per quanto si sforzasse di nasconderlo, Vika non era affatto incrollabile come sembrava.
    Dopo aver messo via il phon, per poi fermarsi a fissare passivamente il bel rosa del fondo della doccia contro cui aveva lottato fino allo strenuo, Lazar si accorse di faticare a tenere gli occhi aperti: era stanco, tanto stanco da non avere la certezza di riuscire a trascinarsi a casa.
    Non poteva fermarsi proprio ora, si ripeté appoggiando il braccio ancora dolorante allo stomaco.
    Le ferite avevano già cominciato a rimarginarsi, ma continuava a esserci qualcosa di rotto che non riusciva a guarire. Qualunque cosa fosse, avrebbe dovuto aspettare… e non era certo la prima volta.

    Uscì dal bagno senza preoccuparsi del rumore prodotto dallo schiocco della serratura. Di norma, dato l’orario, avrebbe dato fondo al suo passo felino per non disturbare nessuno, ma al momento era così stravolto che persino aggirarsi per casa senza saggiare ogni angolo con una spallata gli sembrava una vittoria personale.
    Fu più l’olfatto che il raziocinio a guidarlo fino al salotto, dove Alexandre sedeva sul divano, preso da qualcosa sul suo smartphone e…
    Fermo sulla soglia, Lazar si appoggiò al muro incrociando le braccia e assottigliò gli occhi: quello strano uovo rosa munito di corna simili a coralli era forse un Pokémon? Non se ne intendeva di manga, ma lo stile dei Pokémon era abbastanza inconfondibile.
    Alla fine si lasciò sfuggire uno sbuffo di risata. «Carino, anche mia sorella ha un pigiama con… come si chiama… quello che somiglia a Pikachu ma è tipo horror.»
    Impeccabile descrizione di Mimikyu.
    «Senti, prima di andarmene è il minimo che ti pulisca la doccia. Dove trovo la candeggina?» proseguì, tornando serio. «Ah, i vestiti te li riporto domani mattina e…»
    E si era dimenticato cos’altro voleva dire, realizzò abbassando lo sguardo.

    «Parlato.»
    «Pensato.»
    OBY4acW
    GHOUL
    Learn to love your inner monster.
  5. .
    Lazar S. Khabarov 「 Echo 」
    Lazar non sapeva più cosa stesse facendo. Logicamente parlando, rivelare così tante informazioni su di sé a un dipendente della CCG era la cosa più stupida che un ghoul potesse fare. Eppure quella cascata di parole aveva furiosamente premuto contro le sue labbra per essere rivelata a qualcuno dopo tanti anni di silenzio, qualcuno che non poteva essere un membro della famiglia, ma neanche Rodion - perché sarebbe stato da stronzi caricarlo di quella confessione piena di rimorso dopo quanto aveva già sopportato -, né Kohaku - che della natura di ghoul del ragazzo per cui spasimava non sapeva niente - e che, infine, per uno scherzo del destino si era rivelato Alexandre De Lacroix.
    Era stato liberatorio? Solo in minima parte, perché mettersi a nudo non significava risolvere i propri problemi. Aveva a malapena dato loro forma attraverso le parole e un ascoltatore a testimoniare i suoi moti interiori, ma ciò non lo avrebbe svincolato dalle responsabilità, dalle colpe e quant’altro lo annichiliva.
    In quel momento Lazar avrebbe dato qualunque cosa per spegnere il cervello e i pensieri intrusivi, e invece più cercava di imporsi il silenzio interiore e concentrare lo sguardo sul liscio biancore dell’intonaco del soffitto, più qualcosa dentro di lui urlava che Ninel’ era da sola da qualche tra le strade di Tokyo, sperduta e corrosa dalla rabbia. Per colpa sua.
    Troppo stanco per ribattere, con un granello di gratitudine lasciò volentieri ad Alexandre le redini della discussione, ponderando con umiltà che le sue parole potessero essere più veritiere dei suoi sensi di colpa.
    In un’altra situazione avrebbe forse obiettato aspramente che non era così, che i ghoul non avevano la garanzia di una vita lunga come gli umani e che, quindi, alla sua età si era già adulti fatti e finiti. Ma forse… forse per la prima volta nei suoi vent’anni passati sulla terra, Lazar sentiva di aver bisogno di comprensione e indulgenza, di una carezza gentile e non di una mano che lo aiutasse a rialzarsi.
    Decise che ci avrebbe pensato. Avrebbe dato una chance alle convinzioni di Alexandre e, se alla fine ne avesse comprovato la validità, le avrebbe fatte proprie. Ma non ora, non in quella cucina dove l’odore del suo sangue pizzicava le narici.
    Accettò in silenzio la proposta di farsi una doccia, ma solo dopo aver visto lo smartphone scivolare di mano al ricercatore accanto ai fornelli. Con l’ennesimo sforzo si mise in piedi, inspirando a denti stretti per non farsi scappare neanche un lamento; era già abbastanza patetico così, senza che il dolore che lo trafiggeva fosse reso palese.
    Strinse la mano attorno al braccio destro, che nonostante avesse riportato chissà quali danni aveva continuato a usare fino allo svenimento sul pavimento di casa De Lacroix. Fissò allora Alexandre, e se questi glielo avesse concesso avrebbe incontrato il suo sguardo col proprio, ancora troppo esausto per accendersi di qualunque vitalità.
    Prese un respiro profondo, difficile per chissà quale motivo, e in quell’orchestra di dolori si concesse un’unica parola: «Grazie.»
    Lazar Stefanović Khabarov era un mostro e un assassino, ma non un ingrato. Alexandre si era guadagnato di essere buttato fuori a calci dalla lista dei suoi prossimi pasti.

    «Parlato.»
    «Pensato.»
    OBY4acW
    GHOUL
    Learn to love your inner monster.
  6. .
    Lazar S. Khabarov 「 Echo 」
    Che cosa doveva fare adesso? Un interrogativo che continuava a tormentare la mente stanca di Lazar come un pensiero intrusivo, difficile da ignorare e man mano più persistente, incombente e spaventoso. Fino a quando gli sarebbe stato concesso di rimanere lì? E se la sua reticenza avesse fatto perdere le staffe ad Alexandre e fosse stato sbattuto fuori di casa con ancora la CCG a infestare le strade?
    Ora che si era finalmente fermato a riposare, cominciava inoltre a sentire la tensione nervosa pervadere e irrigidire i muscoli. Non c’era parte del suo corpo che non fosse stata sottoposta a uno sforzo eccessivo e adesso ne avrebbe pagato le dure conseguenze. Letteralmente dure, perché se avesse avuto dei macigni al posto degli arti non avrebbe fatto alcuna differenza. Faceva male, faceva tutto così tanto male da non capire neanche come muoversi senza che improvvise fitte di dolore gli togliessero il fiato. Ormai persino il più innocente e breve dei dolori risuonava per tutto il suo corpo facendogli digrignare i denti.
    Un bendaggio avrebbe in effetti aiutato, ancor più spogliarsi e lavare via il sangue che, come colla, aveva fatto aderire la stoffa alle ferite. Ma non avrebbe fatto niente di tutto quello, non finché non si fosse sentito al sicuro, perché Alexandre, nonostante si fosse accucciato come un cucciolo inoffensivo, rimaneva di fatto un agnello affiliato ai cani da caccia.
    Quindi cosa doveva fare adesso? Forse levare il disturbo di sua spontanea volontà, rassegnandosi a cercare un posto isolato in cui attendere che la rigenerazione facesse il suo corso, un po’ come i cani che scelgono la solitudine quando sentono la morte in agguato.
    “Posso farti una domanda?”
    La testa del ghoul si inclinò quanto bastava per includere il profilo del volto pallido di Alexandre nel proprio campo visivo. Anche in quelle condizioni pietose non sembrava in grado di perdere la sua innata gentilezza. A differenza di lui, che nei momenti più duri si trasformava in una bestia. Una visione che pungeva come la punta d'un ago.
    Lazar era già pronto a sentirsi chiedere conferma riguardo il loro primo incontro e borbottare qualcosa di sarcastico sul fatto che sì, il ghoul di Shinjuku era ovviamente lui, e che non c’era mai stata reale amicizia tra loro, ma solo la paziente attesa di un predatore in agguato. Avrebbe continuato a infierire su quel povero umano nonostante fosse in realtà lui ad avere il coltello dalla parte del manico, perché in fondo ormai non gli importava di essere consegnato alla CCG.
    L’unica cosa che aveva sempre avuto a cuore era la salvaguardia della sua famiglia, perciò la domanda, quando infine gli solleticò l’orecchio, lo sorprese ma non suscitò alcuna reazione emotiva in lui. Non era abituato a pensare a se stesso, perché pensare a se stesso e a come si era ridotto faceva male e a nessuno piace soffrire.
    Quello di Alexandre era però un dubbio più che lecito.
    «Lo troveresti deludente.» anticipò con uno sbuffo di risata amara, troppo stanco per ridere ma non per trafiggere il ricercatore con uno sguardo pungente. «Un ghoul. A quelli come te di solito basta.»
    Si riferiva più agli umani che alla CCG, per una volta. Come dimenticare le innumerevoli volte in cui bastava accendere la televisione per essere sommersi da servizi carichi di disinformazione e odio?
    Alexandre però gli aveva provato sin dai loro primi appuntamenti di non essere uguale a tutti gli altri: era ingenuo, tanto ingenuo da credere che l’unica colpa di un ghoul fosse nascere con un apparato digerente diverso, tanto ingenuo da abbandonare una carriera da Investigatore perché reputava che uccidere sulla base di differenze biologiche fosse sbagliato. Una visione così semplicistica, così… dannatamente irritante, perché sfuggiva a tutto quel che Lazar aveva imparato dai Khabarov e da Opera. Alexandre era diverso. E accettare ciò che è diverso non è semplice per nessuno, indipendentemente dalla buona volontà che ci si mette, Lazar non si sarebbe macchiato di ipocrisia affermando il contrario.
    Voleva la verità? Allora gliel’avrebbe gettata addosso come una doccia fredda.
    «Se devo essere più preciso… sono l’erede di un clan di ghoul russi. Fico, no?» un’altra risata amara. «Nah, lascia che te lo dica: è una merda. Immagina di non poter spendere un solo giorno della tua vita come desideri, di essere nato per diventare la replica di una persona che disprezzi tanto quanto lui disprezza te.»
    Era sempre lì, suo nonno: a svettare con quello sguardo sprezzante tra i suoi pensieri, a giudicarlo dal fondo della tomba, a incarnare la sua folle paura di fallire e deludere le persone che amava.
    «Sono venuto in Giappone per un motivo… avevo una missione, ma non ti dirò di più al riguardo. Pensavo di poter finalmente respirare… di poter essere me stesso, almeno per un po’. E invece è andato tutto a rotoli, ogni cosa… gli sforzi per non deludere le aspettative, i sacrifici per essere come mi volevano… le persone importanti a cui ho rinunciato.»
    Non avrebbe pianto.
    La voce poteva spezzarsi, gli occhi bruciare e le mani tremare.
    Ma non avrebbe pianto.
    «Ne è valsa la pena? Sì, cazzo, ne è sempre valsa la pena di annullarmi se era per la mia famiglia! Non c’è niente al mondo che ami più di quelle persone!» incrinata dalla rabbia, la voce di Lazar si sollevò e poi abbassò. «Ma ora… ho rovinato tutto. Sarei dovuto morire per mano di quei due Investigatori e smetterla con questa farsa!»
    La mano destra si infranse in un pugno sul pavimento.
    Per tornare a parlare fu necessario un sospiro lunghissimo.
    «Sono sempre stato bravo a riempirmi la bocca di belle parole, ma la verità è che sono diventato tutto ciò che non volevo essere. Quindi se mi chiedi chi sono veramente… la risposta è che non credo di saperlo più io stesso, mi spiace.»
    E così com’era cominciato, si sciolse in una risata amara e una scrollata di spalle, che ancora una volta lo avviluppò in un mantello di fitte di dolore. Adesso era stanco anche mentalmente.

    «Parlato.»
    «Pensato.»
    OBY4acW
    GHOUL
    Learn to love your inner monster.


    Edited by Yukari - 15/3/2023, 10:12
  7. .
    Lazar S. Khabarov 「 Echo 」
    Il tempo sembrò dilatarsi in un battito di ciglia, probabilmente a causa dello sfinimento di cui non si sarebbe liberato assopendosi qualche minuto per aver oltrepassato il limite della sua resistenza.
    La luce esplose nell’appartamento come un fulmine a ciel sereno, bruciando gli occhi sensibili e abituati al buio del ghoul. Lazar li socchiuse istintivamente, lasciandosi scappare un mugugno contrariato e flebile, niente più di un soffio che faticò anche solo a risalire la gola. Razionalmente sapeva che quel momento sarebbe arrivato, ma la sua mente annebbiata faticava a carburare. Riemergere dall’intontimento si stava rivelando più ostico che mai, e dire che c’erano stati momenti in cui la morte l’aveva sfiorata ben più da vicino di così.
    Le ferite del corpo avevano già cominciato a rimarginarsi, erano quelle della mente a rallentare i suoi movimenti, a intorpidire i ragionamenti e farlo reagire all’accensione di un paio di lampadari come se fossero stati gli ennesimi proiettili da sopportare stringendo i denti. E Lazar strinse i denti, con l’atroce dubbio di star di nuovo sbagliando tutto a pizzicargli la pelle e farlo rabbrividire per il freddo.
    Avrebbe dovuto ignorare il monito di Alexandre. Sarebbe dovuto tornare a casa a sincerarsi delle condizioni di Viktoriya o, in alternativa, all’inseguimento di Ninel’, sebbene questo implicasse correre enormi rischi. Perché quello era il suo ruolo. Era per quello che l’avevano messo al mondo. Avrebbe dovuto fare qualunque altra cosa utile alla famiglia, non rannicchiarsi come un bambino spaurito nella cucina sconosciuta di un umano che non era riuscito a uccidere un’infinità di volte.
    Era così vergognoso, così inadeguato.
    “Avresti dovuto preoccupartene prima, non credi?”
    C’erano così tante cose di cui avrebbe dovuto preoccuparsi, così tante che Alexandre neanche immaginava.
    Gli occhi cristallini e arrossati del ghoul seguirono il profilo delle fughe delle mattonelle, ancora troppo doloranti per fronteggiare la luce.
    «Mi dispiace…» fu tutto ciò che riuscì a dire, la voce graffiata e roca ben lontana dallo squillo melodioso che era di solito.
    Almeno di quello si dispiaceva davvero: non era stata sua intenzione imbrattare di sangue l’appartamento di Alexandre, ma era lurido, ridotto a un colabrodo e a stento capace di muoversi. Se non avesse implicato spostare la rete e creare una via di fuga a Julian, sarebbe rimasto sul balcone anche a costo di doversi nascondere dagli elicotteri della CCG. Alla fine, in un modo o nell’altro di problemi ne aveva creati comunque. Come con Ninel’. E ancora prima quando aveva coinvolto Milo nelle indagini sui Kiriyama, facendo infuriare Viktoriya. Creare problemi doveva essere diventata la sua specialità.
    Alexandre si inginocchiò davanti a lui, gesto a cui Lazar rispose levando gli occhi dal pavimento per incontrare il suo sguardo.
    Il ricercatore non era messo meglio di lui, non solo per il braccio fasciato e il colorito cereo. Il suo cervello poteva essere in tilt, ma l’empatia rimaneva una delle sue caratteristiche fondamentali e non faticava a riconoscere una persona profondamente turbata. Sebbene avesse pronunciato quel segreto come se fosse stata la più innocua delle informazioni, al pari di una qualunque data su un libro di storia, Alexandre sembrava ferito da quella rivelazione ben oltre il comprensibile. Lazar non poteva né voleva immaginare il motivo, non in un momento in cui il mondo intero era terrificante.
    «No…» il suo era stato poco più di un sussurro, seguito da un irrigidirsi delle braccia e un incurvarsi delle spalle che urlavano chiusura. «Non potresti comunque farci niente.»
    I rimedi tradizionali avevano ben poco effetto sui ghoul e Alexandre doveva saperlo bene, probabilmente meglio di lui. Inoltre non si fidava abbastanza da farsi mettere le mani addosso, fosse stato anche solo per controllare che avesse tutti gli arti ancora attaccati.

    «Parlato.»
    «Pensato.»
    OBY4acW
    GHOUL
    Learn to love your inner monster.
  8. .
    Esposizione banners!

    È imbarazzante ammetterlo, ma la vostra Alye è scema e si è dimenticata fino a tipo ieri che non aveva mai pubblicato i banner stati richiesti, rimasti a prendere polvere per più di un anno praticamente quasi finiti! Esatto, quasi finiti!! Per un anno!!!! Ecco, spero mi perdoniate per l’imbarazzante ed enorme scivolone ma come si dice, meglio tardi che mai? Yay?
    Dunque, ho ultimato quelli richiesti dagli utenti ancora attivi, sperando vi piacciano! Se avete richieste per delle modifiche o dettagli che non vi piacciono nel risultato finale, non esitate a dirmelo ed eseguo veloce! Insomma, è il minimo! Inoltre, per scusarmi, potere richiedere un ulteriore banner a piacimento con quello che volete 🙇

    Per Ryuko.
    UHfNgl2

    Per yumæchu`.
    vo3toaT

    Per Ninechka.
    JBObh9x

    Per »¢H˧HήË.
    nEyjq8h

    Per Yukari.
    LR7E1HD

    Per alyë.
    FQXB05d



    Edited by alyë - 18/1/2023, 21:02
  9. .
    Lazar S. Khabarov 「 Echo 」
    Fidarsi era una delle cose che Lazar trovava più difficili.
    Era cresciuto guardandosi le spalle da uno dei due uomini che avrebbero dovuto incarnare l’ideale di sicurezza e protezione, col cervello saturo di moniti contro il mondo esterno, aspettative di persone che non voleva deludere e obblighi che gli avevano strappato di mano la sua bussola morale, modellandolo in un giovane uomo in cui non sempre si rispecchiava.
    Lazar era stanco, stanco dentro e fuori, e aveva freddo.
    Un russo che sente freddo ad aprile in Giappone.
    Buttò fuori lo sbuffo di una risata amara: «Patetico.»
    Nascosto nel buio dei dintorni, aveva consumato in fretta il braccio dell’Investigatore caduto e occultato i resti, ovvero l’osso insanguinato. Con un po’ di fortuna ci avrebbe pensato il mare a cancellare le prove. Non aveva onorato una delle regole dei Khabarov, ma al diavolo: non era il luogo né il momento per le sottigliezze. Non sapeva neanche se avrebbe rivisto il cielo tingersi dei colori dell’alba e… non gli importava. La consapevolezza che non gli importasse avrebbe dovuto preoccuparlo, e invece generava in lui solo altra sterilità. Desiderava unicamente stendersi e piangere fino ad addormentarsi, oppure lanciarsi in un folle inseguimento di Ninel’ che, come aveva detto Alexandre, si sarebbe di certo trasformato nel suo epitaffio.
    Naturalmente aveva ancora lo stomaco mezzo vuoto, quel braccio non era che uno spuntino utile a lenire i morsi della fame. Ma doveva accontentarsi, non avrebbe potuto permettersi più di tanto con le orde di Investigatori in quegli stessi minuti mobilitati verso Minato.
    Il fischio delle sirene delle ambulanze fu il sottofondo del suo claudicante e sofferto procedere verso un luogo che non pensava avrebbe mai visitato in circostanze simili. Ogni movimento causava un dolore così diffuso da avergli fatto perdere la cognizione della posizione e dello stato di ogni ferita; con ogni probabilità avrebbe impiegato tutta la notte e non solo a rimettersi in sesto.
    Terzo palazzo, ultimo piano, la finestra aperta.
    L’umano più stupido di Tokyo aveva offerto il proprio appartamento come rifugio di emergenza a un mostro e il mostro aveva paura di entrarci.

    Arrampicarsi fino all’ultimo piano di un palazzo non era mai stato difficile per Lazar, neanche prima che la sua rinkaku fosse del tutto formata e affidabile. Quelle scalate avevano sempre divertito lui e inorgoglito i parenti, tra chi lo definiva iperattivo e chi un talento naturale. Adesso invece era estenuante e doloroso, ogni metro tirava i muscoli delle braccia come se avesse voluto strapparle via, una punizione più che adeguata per i peccati di quella notte.
    Come anticipato da Alexandre, il balcone era off-limits a causa della rete. Lazar fece anche troppa attenzione a evitarla, come se la sua sola presenza avesse potuto rovinarla. Non voleva far scappare il gatto di Alexandre… Julian, se ricordava bene. Non voleva far scappare Julian. Non voleva causare altri problemi, altra sofferenza.
    Una volta scivolato attraverso la finestra si lasciò cadere pesantemente sul pavimento, accorgendosi solo allora di aver dato fondo alle sue energie. L’oscurità quasi totale dell’appartamento non celò il fruscio inconfondibile di zampette sulle mattonelle, doveva aver spaventato il gatto.
    «Scusa, Julian…» biascicò con un filo di voce il ghoul.
    Nell’abbraccio consolatorio del buio e della solitudine, dove nessuno l’avrebbe visto e giudicato per la sua debolezza, Lazar poté finalmente fare ciò che desiderava: rannicchiarsi contro il muro e piangere.

    [...]

    Un’ora più tardi, il suono di passi lungo il corridoio e il successivo scatto della serratura costrinsero Lazar a riemergere dall’assopimento. Aveva davvero pianto fino ad addormentarsi, e adesso oltre che stanco si sentiva anche intontito. Una vera fortuna, perché altrimenti realizzare che Alexandre era rincasato l’avrebbe fatto scappare per la paura di scorgere alle sue spalle orde di Investigatori.
    Il ricercatore ebbe invece tutto il tempo di entrare, farsi odiare dal gatto rimasto a secco di cibo e indugiare col dito sull’interruttore, mentre il ghoul sollevava la testa dalle braccia incrociate sulle ginocchia e si schiariva la vista sbattendo le palpebre.
    “Lazar…?”
    Colto alla sprovvista, Lazar rispose con la dolce spontaneità per cui era conosciuto. «Non volevo sporcare…» e così era rimasto proprio sotto la finestra, col volto pallido, gli occhi ancora rossi e capelli e vestiti imbrattati di sangue.
    Niente di troppo diverso da un qualunque randagio che Alexandre avrebbe potuto portare a casa.

    «Parlato.»
    «Pensato.»
    OBY4acW
    GHOUL
    Learn to love your inner monster.
  10. .
    Lazar S. Khabarov 「 Echo 」
    “No.”
    Il ghoul si voltò molto lentamente, il profilo del volto reso ancor più ferino dalle ombre ispessite dalla debole luce soffusa. Se quello fosse stato un film, Lazar sarebbe stato il pazzo maniaco in procinto di aggredire un povero passante. Se quello fosse stato un documentario, Lazar sarebbe stato un predatore un attimo prima di sparire dal focus della telecamera per riapparire con le fauci spalancate su un arto della preda. Un equilibrio precario tra uomo e animale che sembrava propendere sempre più per la seconda categoria.
    «… No?» ripeté con voce riarsa, come invitando l’umano a ripetere cosa aveva appena detto.
    Continuare a tenergli testa, a sfidare la sua indiscussa superiorità, poteva rivelarsi una pessima idea. Ma Alexandre doveva essere specializzato nello zittire quel briciolo di buonsenso che la natura gli aveva donato, e col corpo tremolante si era erto in piedi come a rimarcare la sua determinazione: non importava quanto Lazar fosse minaccioso, lui non gli avrebbe dato retta.
    Hm, patetico.
    Era solo un umano, e gli umani non armati di pezzi di ghoul erano fragili come il cristallo. Lazar non avrebbe neanche avuto bisogno di sfiorarlo per farne polvere. Alexandre avrebbe dovuto ringraziarlo di non averlo già fatto a pezzi, ma evidentemente neanche i due cadaveri smembrati in mezzo a cui stava arrancando riuscivano a mettergli in moto il cervello.
    Idiota, non poteva essere altro che un idiota.
    Lo lasciò libero di avanzare verso di lui finché avesse voluto, per ammirare meglio le sue sciocche illusioni di amicizia scontrarsi col muro della realtà e fare la fine che meritavano: frantumarsi violentemente. Non avrebbe però inferito con sorrisi crudeli o parole insensibili, non si stava affatto divertendo a ricoprire il ruolo che gli era stato cucito addosso sin dalla nascita. Se Alexandre si aspettava di vederlo arretrare o, peggio, mostrare segni di cedimento o rimorso, Lazar gli avrebbe invece scagliato contro uno sguardo glaciale quanto il luogo in cui era nato.
    La forza con cui il ghoul stringeva il braccio strappato al cadavere aumentò, fratturando l’osso con un suono sinistro che inondò il vicolo, segno della sua crescente irritazione.
    Ma fu allora che, di tutte le cose che Alexandre avrebbe potuto fare, fece l’unica che il ghoul non avrebbe potuto prevedere in alcun modo: afferrò il braccio penzolante e lo strattonò verso il basso, costringendo Lazar a sbilanciarsi in avanti, avvicinarsi a lui e… gli assestò una testata. Una sonora testata. Che in realtà al ghoul fece praticamente il solletico, ma non era questo il punto.
    Gli occhi chiari di Lazar si spalancarono e riempirono di sorpresa, quella sincera e quasi innocente sorpresa che era l’ultima cosa che ci si sarebbe aspettati di vedere sul volto di un ghoul infuriato. Per un breve momento Alexandre avrebbe avuto uno scorcio del ragazzo genuino con cui parlava di gatti e serie TV.
    «Что за хуйня?!» era sempre il momento giusto per un signorile ma che cazzo? «Ma allora sei davvero creti─!» sbottò, ma il fiume di parole del francese fu più rapido a sommergerlo.
    Dire che la bocca dell’umano non avesse pronunciato solo sacrosanta verità sarebbe stato mentire. Era vero che a qualcuno importava ancora di lui: la sua famiglia, Viktoriya, Kohaku, Seiji… e persino quell’incosciente, sembrava, sebbene la sua mente cinica continuasse a ripetergli che era tutta una farsa, che Alexandre avrebbe venduto lui e Ninel’ alla CCG alla prima occasione. Era vero che senza un piano ben congegnato sarebbe finito nelle grinfie degli Investigatori prima dell’alba. Era vero che necessitava disperatamente di riposo. C’era solo una cosa che non tornava…
    «Questo casino non si risolverà da solo, e lo sai benissimo.» ribatté, graffiante.
    Un ghoul capace di fare a pezzi due Investigatori e ridurre in quel modo un passante innocente non era un casino risolvibile con la facilità prospettata da Alexandre. Sarebbe stato costretto a nascondersi per giorni, in attesa che le acque si calmassero. Che ne sarebbe stato allora di Ninel’? Che ne sarebbe stato della sua famiglia?
    Pensieri che si scontrarono con una realtà che assumeva forme sempre più incomprensibili per Lazar, e queste forme erano incarnate nell’atteggiamento enigmatico di Alexandre, che dopo aver cominciato a piangere si era appoggiato alla sua spalla per poi spingerlo via. Ancora una volta, la già scarsa forza fisica di un umano debilitato dalle ferite ebbe lo stesso effetto di un refolo di vento contro la solidità di una montagna, ma Lazar, già profondamente scosso, a questo punto si ritrovò a corto di parole: era troppo stanco per cercare i significati nascosti nei gesti di Alexandre. Si reggeva a stento in piedi, ancor più a stento tratteneva i morsi della fame che gli urlava di dare un senso ai residui di vita di quel patetico umano trasformandolo in nutrimento.
    Inconsapevolmente mosse un passo indietro.
    Quando se ne accorse si sentì travolgere dalla vergogna.
    Dio, non sarebbe mai stato abbastanza.
    Non disse una parola di più, ma memorizzò le informazioni sull’appartamento. Era una trappola, ne era sicuro. Ma ci avrebbe comunque provato perché, in fin dei conti, non aveva una cazzo di scelta. Si defilò in silenzio, col passo felpato dei cacciatori, abbandonando senza ripensamenti l’umano al suo destino.

    «Parlato.»
    «Pensato.»
    OBY4acW
    GHOUL
    Learn to love your inner monster.
  11. .
    Approdo in un gdr play by forum per la primissima volta nella mia vita ruolistica che ormai si corona di ben 15 anni di attività (ero una giovane pulzella all'epoca, sì) e che ora sembra voler giungere ad un punto di svolta. O almeno ci provo, ecco!! 😅

    PASSIAMO ALLE PRESENTAZIONI!! Sono Giulia, ruolo da diverso tempo ormai e mi reputo una persona tranquilla e che non ha voglia di rotture e drama se non nel gioco (perchè traumatizzare i pg è divertente!) e ringrazio chiunque di voi sarà così paziente con me da aiutarmi in questa nuova traversata.
    Baci stellari
  12. .
    Lazar S. Khabarov 「 Echo 」
    Dieci file da dieci corpi appesi, allineati con cura quasi maniacale ad eccezione del quarto sulla terza linea da destra. Carne appena consegnata, probabilmente conservata di fretta da un tirocinante non meticoloso quanto il macellaio capo. Kuznetsov, se ricordava bene; l’aveva visto solo una volta, ovviamente: mica ci capitava tutti i giorni, a Mosca. Quella macelleria però rimaneva una delle più grandi e fornite con cui i Khabarov avessero collaborato, incredibile che non fosse mai stata scoperta. Opera aveva i suoi mezzi, diceva sempre il nonno: Opera era capace di farti sparire senza che neanche la tua famiglia se ne accorgesse.
    Mani chiuse a pugno sul fondo delle tasche, volto nascosto fino al dorso del naso in una sciarpa ancora intrisa del calore dell’impianto di riscaldamento dell’auto, sguardo come sempre torvo e la sgradevole sensazione dei capelli impregnati di umidità incollati alle guance, Lazar aveva aspettato davanti a quella cella frigorifera una manciata di minuti, osservando in silenzio il viavai di tirocinanti che prelevavano pian piano i corpi. Alla fine il freddo cane aveva avuto la meglio sulla sua pazienza, convincendolo a raggiungere suo padre nel cuore del mattatoio. Una zona che conosceva bene, ma che lui, così come nessuno sano di mente, avrebbe frequentato volontariamente. Gli affari erano però affari, gli ripeteva Stefan quando lo sconforto aveva la meglio persino sui suoi nervi saldi ispessiti dall’esperienza. Un giorno l’avrebbe capito anche lui, ma per il momento poteva godersi i suoi diciassette anni ed evitare di parlare di soldi davanti a gente che tirava budella fuori da corpi umani sventrati come se fossero state salsicce.
    La sosta davanti alla porta della cella frigorifera, tuttavia, per quanto breve aveva impresso alla perfezione nella memoria fotografica di Lazar il torbido spettacolo di dieci file da dieci corpi appesi, cerei come la neve e rigidi come il ghiaccio, coperti da un sottilissimo strato di brina traslucida sul quale spiccava la cascata di rosso del sangue sgorgato là dove l’uncino aveva perforato la carne. Di tanto in tanto oscillavano come pendoli, con un moto grottesco e aggraziato che Lazar non avrebbe mai dimenticato.
    Era esattamente così che avrebbe voluto vedere ridotto Alexandre De Lacroix.

    “Lasciami. Andare.”
    Sotto la cascata di capelli scuri e impiastricciati di sangue, le sopracciglia del ghoul si aggrottarono sulla linea degli occhi nuovamente fiammeggianti. La pressione sugli arti di Alexandre, fino un attimo prima più morbida, tornò solida e prepotente: impossibile scappare.
    «Non prendo ordini da te, umano
    La voce era sempre la stessa, roca e graffiata dalla sete, ma il tono era profondamente diverso: impositivo, distaccato, ma non crudele. Sì, c’erano indubbiamente tante cose che Alexandre non conosceva di Lazar. Anzi, volendo essere più specifici le cose che Alexandre sapeva erano ben poche: amava i gatti e non rifiutava mai un caffè, studiava moda e voleva diventare stilista, era russo ma innamorato della Francia, sapeva modellare il suo carattere per adescare le prede.
    Lo stallo sarebbe potuto durare in eterno, non fosse stato per un un lontano lamento di sottofondo che giunse con largo anticipo alle orecchie del ghoul: l’inconfondibile sirena delle forze dell’ordine, con ogni probabilità accompagnate dai cani da guardia della CCG… di cui il bastardo sotto di lui faceva parte. Lazar dardeggiò con lo sguardo in direzione della strada. Digrignò i denti, facendo risuonare chiaro il suo disprezzo, quindi tornò a concentrarsi su Alexandre, lasciando finalmente andare il braccio martoriato per tappargli la bocca.
    Ridusse la distanza col suo volto fino a incombere su di lui, in un tentativo di prevaricazione tanto fisico quanto psicologico.
    «Stammi bene a sentire.» ordinò, non senza fatica; non c’era zona del suo corpo che non chiedesse pietà. «Io non morirò qui. Non mi scuserò per quel che ho fatto, non cercherò giustificazioni, non chiederò la tua pietà. Se vuoi denunciarmi, denunciami. Non mi importa più cosa ne sarà di me. Ma finché non salverò mia sorella non esiterò a massacrare qualunque ostacolo sulla mia strada, che sia la CCG, l’esercito o chiunque altro. Te compreso.»
    Un discorso raffazzonato, ma comprensibile. Purtroppo le sue facoltà cognitive non erano al massimo della forma. Finalmente la pressione sul corpo di Alexandre venne meno e Lazar si tirò in piedi con la sensazione di avere un corpo fatto non di carne e ossa, ma di tonnellate d’acciaio. Odiava mostrarsi debole, ma in quel momento il suo orgoglio non era certo la priorità.
    Senza togliersi di dosso l’espressione cinica e carica di diffidenza che era il suo vero volto, con una mano stretta attorno al braccio dolorante Lazar arrancò fino a uno dei morti, il primo che aveva mietuto, e senza tante cerimonie si chinò in avanti, gli piantò un piede sulla schiena e afferrò il braccio destro. Lo rivoltò all’indietro e staccò con la facilità con cui un bambino avrebbe strappato lo stelo di un fiore da terra. Il rivoltante rumore di stoffa, carne e ossa che si spezzavano inondò il vicolo. Sarebbe stato niente più di un misero spuntino, ma non poteva attardarsi in quel posto.

    «Parlato.»
    «Pensato.»
    OBY4acW
    GHOUL
    Learn to love your inner monster.
  13. .
    Ho fatto la visita per l'operazione di cheratocono. Non ho ancora una data, ma ho altre visite e le istruzioni da fare prima dell'operazione. Ye,
    La mia situazione personale invece fa schifo.
    Anche in previsione dell'operazione, preferisco assentarmi a tempo indeterminato. Il periodo sarà lungo, scusate.
    Ciao.

    Saltatemi alle mission, va bene.
    (Ryuko, l'ultimo post con Hibiki te lo scrivo in settimana e poi avviso per la chiusura della role. Np, lo faccio volentieri)
  14. .
    Mi sono dimenticata di aggiornare il mese scorso? Si, però ora ho rimediato!

    Comunque, score system ancora non funziona (e in supporto niente), per cui mi sa che si fa prima a toglierlo perché così è inutile lol
  15. .
    Lazar S. Khabarov 「 Echo 」
    Troppo alienato per riconoscere colui che stava schiacciando fino a sottrargli il fiato, Lazar aveva affondato gli occhi in un mare verde e si era lasciato affogare in una violenza primordiale senza neanche provare a rimanere a galla.
    In quel momento stava combattendo due guerre: una nel mondo reale e una nella propria mente. Se la prima volgeva al termine dopo un bagno di sangue, la seconda era appena cominciata e lui, sfortunatamente, di energie non ne aveva più. Le aveva consumate per non lasciarsi annientare dalla consapevolezza che una delle persone per lui più importanti l’aveva dato in pasto al nemico senza pensarci due volte.
    Non c’erano parole per descrivere quanto Ninel’ e Viktoriya fossero fondamentali per lui, anche più dei genitori e di tutta la maledetta famiglia Khabarov: amiche, complici, confidenti, pilastri della sua vita. Da un lato l’affidabile e responsabile Viktoriya, dall’altro l’esuberante Ninel’ e la sua insistente speranza di sentirsi prima o poi eleggere sorella preferita. Un legame speciale coltivato da sempre tra mille difficoltà, che Lazar non aveva mai neanche pensato di poter replicare. E ora tutto sembrava gettato alle ortiche, finito a causa di uno stramaledetto umano a cui avrebbe dovuto strappare la testa dal collo senza dargli il tempo di conoscere sua sorella…
    Aveva solo ventun anni e per la sua famiglia aveva già sacrificato più di quanto dovuto: la serenità all’insegna della quale sarebbero dovute trascorrere l’infanzia e l’adolescenza, vissute invece tra le grinfie di un nonno spietato, e poi il più grande amore della sua vita, che per qualche insensato motivo gli aveva sorriso dolcemente sentendosi dire che il clan avrebbe sempre avuto la precedenza. Come se ciò non fosse stato abbastanza, vedere Viktoriya crollare sotto il peso delle responsabilità lo aveva recentemente portato a riconsiderare la decisione di lasciarle il trono di erede.
    Fosse stato necessario, Lazar avrebbe sacrificato la sua intera vita per il bene dei Khabarov… chiedeva solo che ne valesse la pena. E in quel momento non ne valeva affatto la pena, non con Viktoriya ferita e Ninel’ dispersa.
    No, non poteva finire così.
    Piuttosto avrebbe ceduto alla tentazione di recidere l’ultimo contatto con una realtà che faceva troppa paura e si sarebbe lasciato guidare dall’istinto, che in quel momento si traduceva in una fame vorace.

    “Lazar...! Lazar! Fermati, sono io! Vuoi accarezzarmi la guancia e sparire di nuovo, è così che funziona?”
    Quello era un pessimo momento per costringerlo a tornare in sé. Il ghoul aveva risposto al richiamo prima che l’umano al suo interno riemergesse dallo stato di shock. La mano libera si chiuse con la violenza di una cesoia sul braccio che gli arpionava la maglia e lo torse all’indietro con un movimento deciso, infischiandosene del rischio di romperlo.
    Del resto, perché avrebbe dovuto importargli?
    Ironia della sorte, comprese molto presto perché avrebbe dovuto importargli.
    Seppure con qualche secondo di ritardo, quel briciolo di coscienza che gli era rimasto riconobbe il suono del suo nome, poi il tono d’urgenza con cui era stato pronunciato - qualcuno aveva bisogno di lui -, quindi la richiesta di fermarsi e, infine, una voce. Una voce che conosceva troppo bene per i suoi gusti, e che per qualche motivo era accompagnata da un brusio di fondo che era… musica?
    Lazar sbatté le palpebre come se avesse avuto la vista offuscata, e dal modo in cui gli occhi gli si sbarrarono subito fu chiaro che fosse di nuovo lì, in gabbia in quell’inferno. La persona sotto di lui… la persona sotto di lui era Alexandre, convenientemente colui su cui si sarebbe sfogato più volentieri in quel momento, ma… anche se la sua mente gli ripeteva queste esatte parole, per qualche motivo il suo corpo era immobile. E non si trattava solo di stanchezza fisica.
    La presa sugli arti di Alexandre si fece più molle, così come la pressione del ginocchio contro lo stomaco. Ma il pericolo di scatenare la bestia era ancora lì, pronto a trasformarsi in tragedia per mano di un ragazzino traumatizzato in procinto di scoppiare a piangere.
    Ovviamente non lo avrebbe fatto, non avrebbe pianto: questo gli ripeteva la sua mente, mentre sentiva le guance bagnarsi. Il suo cervello e il resto del corpo avevano evidentemente smesso di comunicare.
    Avrebbe dovuto fare qualcosa─ doveva fare qualcosa. Uccidere Alexandre, idealmente. Oppure lasciarlo andare e avventarsi sui cadaveri per soddisfare quella fame che lo stava mandando fuori di testa. O ancora fuggire, sperando che Alexandre non allertasse i suoi colleghi prima che lui avesse il tempo di mettersi in salvo con Viktoriya.
    Avrebbe dovuto fare qualunque cosa, qualunque cosa.
    E invece era ancora lì, immobile, a cercare di emettere un suono che non fosse un singhiozzo intriso di rabbia.

    «Parlato.»
    «Pensato.»
    OBY4acW
    GHOUL
    Learn to love your inner monster.
361 replies since 27/10/2013
.