Un corpo per uno...non fa male a nessuno.

[INATTIVA] Junko Tachibana & Tsukiko Kurosawa | Vicolo poco trafficato - 04/02/2019 23:00

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  1. Antoil69
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    And the curtain fell
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    Tsukiko Hayashi Kurosawa
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    "E... Invio!" Pensai, cliccando una casella nella schermata del mio laptop, quella che avrebbe riconsegnato al mio ennesimo cliente una traduzione dall'inglese al giapponese relativa a ciò che, una volta impaginato, sarebbe diventato un libro di storia della musica occidentale. Quel lavoro era stato lungo, ma la ricompensa offertami era stata lauta ed io avrei presto goduto del frutto del mio lavoro. I due terzi restanti del prezzo del mio lavoro, come pattuito, mi sarebbero dovuti arrivare il giorno dopo e, nonostante non sapessi bene come sfruttarli, averli mi sarebbe potuto tornare utile. Mi preparai una tazza di caffè, la seconda di quella mattina, per festeggiare il completamento di quel lavoro, poi decisi di prendermi il resto della giornata per me. Una volta terminato, non avendo nessun disegno da ultimare e non potendo passeggiare per via della pioggia, decisi di ricominciare uno tra i miei libri preferiti: il ritratto di Dorian Gray. Adoravo quel libro e le sue tematiche, nonché il fatto che chiunque potesse, in qualche modo, riflettersi nel personaggio principale. Chiunque aveva una doppia vita, esattamente come quella di Dorian, che teneva nascosta al pubblico, ma che viveva senza conseguenze, fino a quando, nel tentativo di eliminare il proprio doppio, il bell'uomo aveva finito col distruggere sé stesso.
    Se mia madre fosse stata ancora in vita, mi sarebbe piaciuto poter parlare con lei della tematica del doppio in letteratura inglese, rapportandola al nostro essere ghoul. "Chissà quale conversazione si sarebbe venuta a creare..." Non l'avrei mai saputo, ma, per quanto la sua esperienza superasse la mia, avevo abbastanza strumenti per formulare delle tesi anche senza di lei. Innanzitutto, molti di noi, quelli interessati, come Dorian, a vivere nella società, indossavano una maschera per cacciare, mentre lui la indossava nell'alta società, mostrandosi più bello di quanto fosse realmente. Tutti noi, inoltre, nascondevamo dietro un'apparenza a volte amichevole, a volte professionale, o, a volte, semplicemente umana, il nostro andare nei vicoli per uccidere dei poveri malcapitati, seguito da un semplice posare la maschera e vivere come se il delitto da noi commesso non fosse mai stato fatto. Anche io, in effetti, avevo ucciso per mangiare e, se avessi avuto l'opportunità di tornare indietro, avrei rifatto qualunque spargimento di sangue da me commesso. L'unica differenza sostanziale tra il protagonista del racconto e la mia vita era la motivazione che spingeva entrambi a macchiarsi la coscienza fino a farla sparire: io ero nata ghoul e sapevo di dover vivere mangiando carne umana, altrimenti sarei morta. Dorian Gray, invece, aveva una scelta ed aveva optato per una vita edonistica, mentre io avevo semplicemente scelto l'unica vita che avrei potuto vivere, aiutata non da Lord Henry ma da una donna che conosceva tali personaggi meglio di me. "E se anche Oscar Wilde fosse stato un ghoul?" Non avrei mai saputo la risposta a quella domanda, ma tutte le parole da lui usate, una dopo l'altra, mi rispecchiavano perfettamente, quasi come se le avessi scritte io. "Ogni ghoul dovrebbe leggere il Ritratto e Doctor Jekyll e Mr. Hyde." Pensai, dato l'impatto che le due storie avevano avuto su di me. "Peccato solo che entrambe finiscano in tragedia..."
    Continuai la lettura fino alle sei di sera, ora in cui decisi di dedicarmi al disegno. Decisi di disegnare il soggetto della mia lettura precedente, immortalandolo nel momento in cui fissava il quadro fatto da Basil Hallward, col soggetto del dipinto ormai logorato dall'età e dal vizio, mentre il vero protagonista rimaneva giovane e bello. Incominciai un disegno a matita, finendo poi per colorare lo sfondo ed il protagonista, ma lasciando il quadro in bianco e nero. Mi accorsi che, mentre la mia mano si muoveva sul foglio, emettendo il classico suono della grafite che sfrega sulla carta, anche il mio stomaco aveva iniziato a lamentarsi, chiedendo in maniera sempre più forte del cibo. Erano solo le 19:30 quando ciò accadde e, per quanto fossi tentata dall'uscire fuori e soddisfare la mia fame, decisi di rimanere ancora per un po' a disegnare, in attesa della notte. Sapevo bene, ormai, che la mia voglia di carne non avrebbe cessato, se non nell'unico modo possibile e, per il bene della mia vita, avrei dovuto terminare l'esistenza di qualcun altro. Se avessi aspettato oltre, la fame mi avrebbe logorata sempre di più, così come il vizio aveva corrotto l'anima di Dorian Gray, ma in maniera molto più dolorosa: non era il caso di aspettare che tale evento si verificasse di nuovo.
    Alle 22:30, decisi che era il momento. Tirai fuori da sotto il mio letto un borsone da palestra, adibito alla conservazione del mio segreto più oscuro, poi presi un foglietto da sotto un cassetto del mio studio. In quel foglio, avevo scritto le circoscrizioni in cui avevo cacciato, mese dopo mese. L'avevo fatto seguendo un consiglio di mio cugino, che mi aveva detto che, cacciando con il suo metodo, l'unica cosa che la CCG avrebbe potuto sapere su di me sarebbe stata il fatto che non avrei cacciato due volte di fila nella stessa circoscrizione. Così facendo, avrei potuto depistarli, a patto che non tralasciassi nessun distretto cittadino. Controllando la mia "cronologia", notai che era già da sei mesi che non cacciavo nel mio quartiere di residenza e che, data la pioggia, che non accennava a smettere, sarebbe stato meglio potermi bagnare il meno possibile e tornare a casa quanto prima. Mi diressi, quindi, verso un edificio abbandonato di mia conoscenza, armata della sacca e di un ombrello. Una volta lì, in barba al freddo pungente delle notti piovose, tirai fuori dal borsone i miei abiti da caccia e me li misi, conservando, poi, i miei abiti civili. Lasciai anche l'ombrello insieme alle mie cose, nascoste in un angolo di una stanza senza porta, poi uscii, sentendo l'acqua bagnare i miei vestiti ed il mio cappuccio. Sarebbe stato meglio, per me, tornare a casa quanto prima, ma non avrei mai fatto ritorno a stomaco vuoto.
    Cacciare con la pioggia non era impossibile, per me, ma non era neppure ideale: una volta abituatami all'acqua che mi colpiva senza pietà, dandomi solo un leggero fastidio, avrei dovuto fare i conti con il mio senso dell'olfatto, al quale l'odore degli essere umani veniva, in parte, nascosto da quello della terra bagnata. "Per non parlare, poi, del fatto che chi può, quando piove, tende a restarsene a casa..." Passai almeno una buona mezz'ora a cercare una potenziale preda, vagando per dei vicoli in cui, però, io ero la sola cosa antropomorfa. Nemmeno nello stabile abbandonato relativamente vicino a casa mia avevo trovato qualcuno, ma non era il caso di rimandare all'indomani, a meno che non volessi passare una giornata d'inferno. Ad un certo punto, dopo essermi bagnata abbastanza da oscurare un vestito già nero di suo, rendendomi ancora meno visibile, sentii un urlo provenire da un posto che doveva essere relativamente vicino. Non sapevo chi avesse urlato, ma, forse per via della fame, pensai che fosse stata un'umana, trovata da qualcuno più fortunato di me. L'urlo era molto vicino e, per quanto mi struggesse il fatto di non aver trovato una preda prossima alla mia posizione, decisi di tenere tali pensieri per me e di andare a verificare la situazione. Avrei dato solo un'occhiata, sperando di trovare qualcosa da mangiare, poi, se avessi intravisto un mio simile, avrei forse cercato di fuggire o, forse, avrei combattuto: sarebbe dipeso tutto dal caso. Avrei preferito una preda un po' più sicura, ma la fame e le condizioni meteo mi spinsero verso quel posto senza che io potessi opporre resistenza. Mentre camminavo il più furtivamente possibile, cercando di tenermi pronta per ogni evenienza, notai una ragazza, con i vestiti macchiati di sangue. La vidi correre come se qualcosa l'avesse spaventata a morte, ma, nonostante questo suo evidente trauma, non riuscii a provare empatia nei suoi confronti: l'odore di cibo, amplificato da quella macchia di sangue, mi aveva fatto capire una cosa: era la mia occasione. L'attaccai senza pensarci due volte, sfruttando tutta la velocità tipica di noi ukaku. La presi di peso e la spintonai con forza, riportandola all'entrata del vicolo da cui l'avevo vista spuntare fuori. Già pregustavo il mio pasto, arrivando con gli occhi dove la mia bocca, coperta dalla maschera ma sempre più pronta ad aprirsi ed ad addentare, non era ancora giunta. La raggiunsi pochi attimi dopo, poi tirai fuori un'ala e, nella foga del momento, la colpii con le lame che la circondavano, mentre l'odore di cibo diventava via via più forte.
    L'avevo ferita gravemente e, presto, la mia preda sarebbe morta, ma decisi di aspettare il suo trapasso, prima di morderla. Avrei potuto mangiarla viva, ma avrei ottenuto lo stesso effetto, causando solo più sofferenza e più urla, che avrebbero attirato su di me prima la polizia e, poi, la CCG. L'adagiai sul terreno, come per un atto di pietà nei confronti di chi sarebbe morto per me. Forse, una parte della ragazzina di quattordici anni che aveva pianto a lungo per la prima umana che aveva visto morire non era mai morta... o, forse, pensai che, non avendomi lei fatto nulla, avrei potuto cercare di ucciderla senza farle più male del necessario. Fatto sta che, mentre lei perdeva i sensi, dentro una pozza di sangue misto ad acqua piovana, io mi voltai in direzione del vicolo, intenzionata a portare la mia preda più in profond-
    "Merda!" Quel pensiero, pensato con la stessa intensità di un urlo, pervase la mia mente, mentre i miei occhi, neri come la notte e rossi come il sangue, notavano due sagome vicino a me, troppo somiglianti alla sottoscritta ed alla sua preda. Ero finita nel terreno di caccia di una ghoul, probabilmente quella da cui la mia umana stava scappando. Cercai di rimanere calma, mentre diressi lo sguardo alla sagoma antropomorfa in piedi. Istintivamente, per prepararmi ad un suo attacco, feci sì che anche la mia ala destra, finora celata sotto la mia pelle, bucasse quest'ultima in modo da formare una piccola punta dietro la mia scapola, pronta ad aprirsi in caso di emergenza. Non dissi niente, ma, con la testa girata verso l'interno della stradina, cercai di far palesare il fatto che io avessi visto la scena di fronte a me. Ero pronta a combattere, se necessario, ma ero solamente intenzionata a saziarmi ed ad andarmene il prima possibile e lei avrebbe potuto accontentarsi del cadavere ai suoi piedi, se avesse voluto. Un finale pacifico sarebbe stato possibile, ma, per esperienza, preferii prepararmi al peggio e tenermi pronta per ogni sua mossa, avvicinandomi, seppur con un piccolo passo, alla ragazza, ormai più morta che viva, che avrei fatto in modo di mangiare a qualunque costo. "Vediamo che cosa hai intenzione di fare..." Pensai, rivolta all'unica persona visibilmente viva davanti a me, sperando che anche lei volesse solo mangiare e levarsi dai piedi, data la pioggia e l'urlo di poco prima che, se fosse stato sentito, avrebbe potuto attirare le forze dell'ordine o le colombe, che, se necessario, avrei certamente preferito combattere a stomaco pieno.

    When you look at things from above, you realize how meaningless they are.

    Ghoul
    Ukaku
    RANK B
    Icarus

     
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11 replies since 7/2/2019, 17:42   371 views
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