Paradise is burning

Kiriyama Tsukasa & Zhu Xiang - 20/02/20 @Café (Dalle 17:00, Nuvoloso, 12°)

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    Il suo gruppo era stato decimato. Morto.
    Comprensibile, quelle non erano le attività del club ed erano nel pieno delle vacanze di primavera. Le vacanze vanno vissute al massimo. O qualcosa del genere.
    Gli avevano fatto tanti discorsi sul vivere la propria gioventù al massimo, ma Tsukasa non era mai stato troppo attento.
    «Secondo voi si metterà di nuovo a piovere?»
    Lo sguardo venne alzato dai libri al cielo, oltre il vetro della finestra. Più esattamente aveva alzato lo sguardo verso le nuvole, perché di effettivo cielo c'era ben poco da vedere.
    «Ma speriamo proprio di no.» Hiromitsu, voce della verità, non aveva nemmeno alzato lo sguardo. Non a torto, insieme a Setsuna erano il motivo per cui erano lì.
    Setsuna voleva compagnia nello studio, Hiro stava facendo un disastro: aveva così tanti libri aperti davanti a sé non si capiva a cosa stesse dando importanza. E questo dopo un'intimidazione di Tsukasa ad avere più ordine e organizzazione, altrimenti non lo avrebbe aiutato.
    Gli esami d'ammissione all'università sarebbero andati benissimo, se si riducevano così quasi all'ultimo.
    Era finito a studiare lì, in un locale abbastanza vicino all'università Keio, solo perché non sapeva dire di no.
    Erano riusciti a sfruttarlo di nuovo con sorprendente facilità.
    «Spero Shoko non abbia dimenticato l'ombrello...»
    Ad aver sicuramente dimenticato l'ombrello era proprio lui, ma non se n'era ancora accorto. Era stato troppo occupato a ricordarlo a Shoko.
    Non voleva neanche arrivare a casa troppo tardi, aspettando finisse di piovere. Aveva sempre libri da leggere, l'aspettare in sé non sarebbe stato un problema, ma c'erano gli allenamenti nello shogi delle più piccole a cui pensare. I Kiriyama riuscivano a fare pressioni tremende già per cose di poco conto, negli allenamenti davano il peggio di sé.
    Anche Tsukasa avrebbe dovuto allenarsi, in vista delle partite ufficiali. Ma comunque.
    Ma comunque era finito in una sessione di studio matto e disperatissimo, in vista degli esami di ammissione alla facoltà di lettere. Si era sentito in dovere di aiutare.
    E poi c'era la compagnia, un attimo di pausa dalla sua vita di ghoul, il suo amato studio e… un piatto di takoyaki a sorpresa. Perché di lì a poco Setsuna, con un grande sorriso, avrebbe avuto la brillante idea di mettergli il piatto accanto. Stando comunque ben attenta ai libri, perché era brava.
    Tsukasa guardò quei takoyaki nemmeno fossero sbucati dal nulla. Molto confuso e nascondendo la disperazione.
    «Questo è per te, Tsucchan!»
    Non aveva ordinato nulla. Né chiesto di ordinare nulla, quando Setsuna e Hiro avevano deciso -a un passo dalla fine dello studio matto e disperato- avevano fame e volevano ordinare ancora, questa volta puntando agli okonomiyaki.
    Per una volta era stato convinto di essersene scampato.
    Una volta.
    Solo una.
    Una misera volta.
    E invece.
    «Ultimamente stai mangiando davvero poco, sei pallido.»
    «Ah.»
    Setsuna si impegnava troppo.
    «Grazie.»
    Se possibile, il sorriso della ragazza divenne anche più radioso. Come se avesse temuto Tsukasa potesse davvero rifiutare, quando stava diventando tradizione glieli offrisse.
    «E poi sembravi molto preoccupato, è una sorpresa per rallegrarti almeno un po'!»
    I takoyaki, poi, erano i suoi preferiti. Stando a Setsuna, se n'era convinta.
    Ma certo.
    Amava il profumo di quei cosi con tutto se stesso, proprio, come negarlo.
    No, forse sarebbe stato anche buonissimo fosse stato umano, ma purtroppo Tsukasa era un ghoul. Che schifo.
    FAQ: Perché sono nato ghoul e non umano. Solo perché.
    Con un pensiero tanto gentile, poi, era ancora più difficile rifiutare.

    "Finiamo tra poco e poi torniamo tutti a casa".
    E comunque non aveva avuto il tempo materiale di andare in bagno e vomitare. Il cibo umano gli era rimasto sullo stomaco, una cosa del genere sarebbe stata più comprensibile avesse davvero mangiato macigni.
    Ma non aveva mangiato macigni, quindi non aveva nemmeno la scusa.
    Aveva salutato Setsuna e Hiro da poco, aggiungendo sarebbe rimasto lì ancora per un po'. Gli erano arrivati i libri di shogi e sociologia che aveva ordinato, aveva detto, quindi doveva per forza passare in libreria. Già che era di passaggio, insomma, giusto per non fare giri in più.
    Poi aveva sospirato.
    Il tempo gli serviva per riprendersi.
    Adesso era lui quello morto, e non si stava impegnando per nasconderlo. A quello ci avrebbe pensato più tardi, ora voleva morire in pace.
    Il fatto dovesse passare in libreria era vero, lo studio delle strategie dello shogi non finiva mai, ma era anche vero al momento non ne aveva la minima voglia. Ci sarebbe comunque andato, perché per una cosa del genere -non prendere i libri di shogi!- poco ci mancava lo diseredassero.
    Sigh.
    Aveva solo bisogno di quei cinque minuti per riprendersi e riprendere a dare l'impressione, come al solito, stesse bene. Non c'era alcun problema nella sua vita, era tutto così sotto controllo non era vero. Perché intanto avrebbe maledetto la sua natura di ghoul per tutto il tempo.
    Stava solo sfruttando il locale fosse ancora aperto per studiare, ovviamente. Per fortuna avevano scelto, con la premessa sarebbero rimasti un bel po', un tavolo in fondo rispetto all'entrata, uno di quelli vicini alla finestra non per la gioia di Tsukasa.
    E come locale era decisamente molto accogliente e informale, gli avevano praticamente detto poteva stare quanto tempo desiderasse. E buona fortuna nella carriera scolastica, hai proprio l'aria intelligente!
    Che imbarazzo.

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    Break di metà inverno, qualche giorno di pausa da poter spendere come meglio credeva, ciò ovviamente prevedeva farsi giretti per la città dopo le solite raccomandazioni di zio An.
    Qualcosa tipo non mettersi nei guai, ormai era tutto sintetizzato in una frese simile, giusto perché andava detta e non perché ce ne fosse davvero bisogno.
    Era giorno e quindi, naturalmente, non aveva totale voglia di mettersi nei gua-- ma chi vogliamo prendere in giro?!
    Non faceva mai differenza, se i guai lo volevano non dovevano far altro che presentarsi davanti a lui, non si nascondeva mica.
    Per di più non aveva ben deciso perché spingersi fino a Minato, era andato alla stazione fuori casa, aveva preso il primo treno e arrivato alla stazione di Shibuya era stato spontaneo prendere le solite coincidenze, solo che una volta raggiunta la Meguro station aveva invertito la direzione abituale. Puff, 3rd Ward, eccoci qui!
    Certo non era mattina e certo, aveva provveduto allo studio regolare anche in una giornata di festa, non voleva mica farsi trovare impreparato al rientro dopo quel breve break.
    Il cielo era una coltre di nuvole, non gli piaceva molto quando il tempo era così indeciso, a tratti sembrava dovesse piovere e un attimo dopo quella sensazione svaniva e al massimo erano scese tre gocce di numero, giusto quanto bastava per far aprire l'ombrello a quei creduloni che volevano fidarsi delle nuvole.
    Ma lui, il piccolo pestifero, camminava con la sua solita grazia molleggiata, mani infilate nella tasca del giaccone, cappuccio ben calato sulla testa e tra le labbra spuntava il bastoncino di un leccalecca.
    Oh, sì, aveva una delle ultime leccornie di casa Double Heart in bocca in quel momento, una sorta di sottile caramella che non era nulla di più se non una rielaborazione in cellule RC, perciò di un bel colore rosso trasparente, con l'effetto della patina per le papille gustative, che sembravano spegnersi nella percezione dei sapori, e il deglutire portava nello stomaco la versione sciolta delle pasticche digestive. Usare il nome scientifico non era da lui, se doveva spiegare come funzionavano quelle cose preferiva essere pratico e usare parole semplici per tutti.
    Comunque... Alla fine era sceso ad una stazione solo perché si era fatto trascinare da una ispirazione, neanche stesse cercando di attirare l'attenzione di qualcuno dei suoi grandi e famosi clienti affezionati. Dettagli, ma aveva davvero qualche cliente affezionato a Minato.
    Quando era a caccia, non di cibo, si lasciava guidare da istinto e naso. Anche se non si trattava di cibo, perché persino quando non era per cibo bisognava comportarsi circa come in caso di cibo. Ma sia chiaro, se già non lo fosse, che qui non si parla di cibo. La caccia del giorno era verso nuovi interessati avventori delle magiche caramelle che portava con se, almeno quanto necessario per far provare i famosi campioni gratuiti che poi era difficile non diventassero una necessità.
    Aveva quasi esaurito il suo meraviglioso leccalecca insapore e sotto l'ennesima minaccia di pioggia si infilò in quella caffetteria che era diventata base per una sessione di studio di gruppo.
    Ah, il calore del locale, la gentilezza di camerieri e avventori, l'educazione e civiltà di tutt--- dettagli.
    Trovò un angolo in cui accasarsi per almeno una mezz'ora tranquilla e beata, ordinando un meraviglioso frappè banana e cocco, per poi godersi in santa pace una partitina ad uno dei giochini sullo smartphone, sempre di grande compagnia.
    In santa pace, ultime parole famose.
    L'ordinazione era arrivata insieme ad una avvincente conversazione sull'alimentazione nel tavolo vicino. Perché ovviamente mica poteva andare a sedersi dall'altra parte del locale, aveva proprio scelto di starsene anche lui nella zona dove la bella e vivace tavolata di studio aveva deciso di fare qualche spuntino simpatico.
    Sembravano cibi invitanti, gli studenti magari, ma non era certo adatto a sbilanciarsi in opinioni culinarie derivate da quell'odore intenso e per nulla stimolante. La Double Heart doveva assolutamente inventare qualcosa anche per far sparire gli odori, per tempo limitato naturalmente, o almeno attenuarli. Erano quelli a rovinare il gradevole nulla che sentiva bevendo quel frappè banana e cocco. Beh, nulla, ne sentiva la consistenza naturalmente, scivolare in gola come una densa spuma.
    Dalla sua posizione, nei momenti di caricamento del gioco e tra una sorsata e l'altra, si guardava intorno alla ricerca dei chiari segni di chi poteva essere interessato alla sua mercanzia. In senso medico, malpensanti!
    La tavolata più vicina studiava e mangiava, qualcuno in lontananza si limitava ad un caffè, rifiutando per la quarta volta di ordinare anche il dolce del giorno, da un'altra parte la famigliola poco felice con papà appresso a giornale e mamma disperata ad evitare che i figli spalmassero di panna ogni superficie.
    E lui si rilassava con un frappè.
    Il tempo del riordino dal cumulo di libri di testo fu in effetti l'unico momento di vera rottura della strana routine che aveva preso. Batteria al 65% ed era partito appena ricaricata. Meh...
    Spense la partita, distraendosi girando la cannuccia in quel fondo di frappè rimasto. Mica si era accorto di averlo quasi finito, alla faccia del fare attenzione.
    Non tutti gli studiosi se n'erano andati, l'ultimo rimasto non sembrava decisamente l'emblema della salute in quel momento.
    Chissà se...
    Di sicuro era più interessante del tizio che ordinava solo caffè e se n'era già fatto cinque tazze leggendo il giornale. Sì.
    Infilato il telefono nella tasca del giaccone, scivolò via dal suo angolino, ancora con il bicchiere tra le dita e il rimasuglio di poltiglia biancastra alla banana e cocco al suo interno, mescolato dalla cannuccia.
    Si avvicinò con fare molto easy e sorriso sulle labbra, pronto a rivolgere quella fantasiosa e del tutto inimmaginabile domanda di rito per cui, in realtà, non servivano risposte.
    «Tutto bene?»
    Xiang era solo un totale estraneo, presumibilmente quasi-circa-forse coetaneo, che citava la battuta più banale dell'universo. Nulla di cui preoccuparsi!


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    Kiriyama Tsukasa
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    «Tutto bene?»
    Quella era una domanda retorica, vero?
    Doveva proprio dire addio al suo buon proposito di passare inosservato. Anche perché non succedeva mai passasse inosservato, in qualche modo -che Tsukasa non si spiegava nemmeno bene- finiva sempre con l'attirare più attenzione di quanto avrebbe voluto.
    Chiedere una vita tranquilla non avrebbe dovuto essere così impossibile.
    Ma quello era stato un ottimo ritorno alla realtà, ricordandogli avrebbe dovuto darsi un minimo di contegno. Nascondere quanto stesse male avrebbe dovuto essere il minimo.
    Mostra le tue debolezze e porgerai al nemico la lama con cui potrà ucciderti. Gli insegnamenti dei Kiriyama non andavano mai ignorati.
    E in quel caso Tsukasa era già morto, in quanto Izanami se ne vergognava molto.
    Alzò lo sguardo dal libro, incrociandolo con quello verde di un ragazzino che doveva avere, giusto per fare una stima, più o meno la sua età.
    Ok, sii pronto a reagire in ogni circostanza, ma lì anche lui era un attimo spiazzato. Non negava per colpa dell'educazione impostagli sembrava un po' tanto estraneo alla modernità, ma quello rimaneva un comportamento abbastanza maleducato, giusto?
    Però si era preoccupato per lui, con la domanda molto retorica, quindi era stato un gesto carino.
    Tsukasa era molto confuso, quindi si sarebbe limitato a essere gentile come faceva sempre. Problema risolto, fine.
    «Certo,»
    Stava andando tutto bene, proprio. Se quello che stava cercando di fare era raggiungere Akira nell'aldilà, dove comunque si sarebbe sentito uno schifo per i sensi di colpa: un vero peccato non credesse nell'aldilà.
    Chiuse il libro, perché a quanto pareva il tempo di leggere era finito.
    «solo a questo punto spero di dare presto gli esami d'ammissione. Non sto dormendo molto.»
    Sì, diamo la colpa alla mancanza di sonno. Rivolgere un sorriso affabile al tuo prossimo non ti salverà per sempre, Tsukasa.
    In realtà lo sapeva benissimo, prima era pur sempre stato molto impegnato a morire in pace: era tristemente ovvio non stesse bene, i takoyaki erano stati la sua morte. Non gli costava nulla, comunque, cercare di mitigare il danno. Anche solo in parte.
    Tanto era anche vero non dormiva. "Dormi più di quattro ore e non passerai gli esami" era un po' il mantra per chi voleva entrare in università.
    C'era la carriera scolastica, il lavoro come giocatore professionista di shogi, i suoi allenamenti, quelli delle sorelle. Una vita sociale. Cercare di sopravvivere sia alla CCG che al proprio clan, perché la famiglia può ucciderti.
    Come al solito doveva fare l'equilibrista tra i settantamila impegni.
    E la libreria aveva degli orari di chiusura, anche se stava malissimo doveva riprendersi in fretta. Per fortuna non era in ritardo, anche un imprevisto come quello non l'avrebbe ridotto all'ultimo minuto.
    «Mi spiace ti sia preoccupato per nulla. Ti offro qualcosa, se vuoi.»
    Un caffè, magari? Lo poteva vedere da solo Xiang aveva già ordinato qualcosa, di sicuro non era stato ad aspettare un aspirante universitario qualunque gli facesse l'offerta che avrebbe potuto rifiutare. Però, boh, sembrava un ottimo modo per riparare all'averlo disturbato. Perché in pratica l'aveva disturbato.
    Così magari metteva del tutto via i libri e gli appunti, sebbene quello che stringeva attualmente tra le mani avesse poco del libro di testo e molto della letteratura.
    Osamu Dazai avrebbe dovuto aspettare.

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    Stava bene, certo. E lui era la Fata Turchina in visita in Giappone.
    Rimestando con la cannuccia nel fondo del bicchiere, non distolse lo sguardo neppure per mezza parola mentre gli veniva fornita una spiegazione in realtà più che plausibile per un possibile crollo dopo chissà quanto tempo sui libri non solo in quel particolare giorno. La sfiga stava nel fatto che aveva osservato cosa accadeva intorno a lui, dedicando al gioco su smartphone in realtà solo parziale attenzione.
    Quindi esami di ammissione, che se l’età era stata immaginata vicina alla sua poteva voler dire una cosa sola, o almeno una a lui era venuta istantaneamente in testa.
    «Mmh… mi hanno detto la vita da universitari non è tanto meglio, dovrai abituarti.»
    Non aveva certezza su alcuna cosa, doveva trovare le vie traverse per dissipare i dubbi e giungere alla verità. Purtroppo in un locale con cucina era anche più complicato far fede ai sensi sviluppati, l’odore di cibo umano era così fastidioso e nascondeva quello che avrebbe potuto chiarire da entrambe le parti che ”ehi, siamo simili! Basta storielle, ok?”
    Purtroppo l’odore dei takoyaki aveva travolto anche lui quando la cameriera era passata accanto al suo tavolo per portare quelle palline di polpo a quella persona che diceva di star bene ed essere solo stanco per lo studio.
    Era però stato onesto, gli avevano detto di prepararsi per quando sarebbe giunto il momento e arrendersi al fatto che la sua vita sarebbe andata quasi in pausa per il tempo dell’università. Peccato che Xiang non aveva minimamente intenzione di mettere tutto in pausa: aveva un’attività da mandare avanti, i film da vedere e rivedere, i giochi da completare e platinare… Come poteva mettere tutto in pausa? Piuttosto non avrebbe dormito, nessun problema.
    Tornando al presente e alla conversazione in corso, a quanto pareva si era preoccupato per nulla e gli veniva pure offerto qualcosa, neanche fosse stato necessario scusarsi per apparenze sbagliate. Aveva davanti un buono, a quanto sembrava.
    «No, grazie, in realtà stavo per andare è solo che… »
    Appoggiò il bicchiere quasi vuoto del frappè su un tavolino poco distante, stringendosi poi nelle spalle ritornando a dare attenzione completa al suo interlocutore.
    «...mi ha trattenuto un’impressione sbagliata, a quanto pare.»
    Lo sguardo era diretto, il capo leggermente inclinato e un sorriso leggero, comprensivo, sulle labbra.
    «Ah, semmai dovrei essere io ad offrirti qualcosa, visto che ti ho interrotto, ma sai… l’impressione sbagliata...»
    Nella frase sospesa era stato diretto, più diretto di quanto probabilmente avrebbe dovuto, ma c’erano molte giustificazioni plausibili e umane da poter sfoderare. A lui venivano in mente da quelle legate allo stress per lo studio, fino al fatto che magari qualche parte del cibo ingerito era fastidioso… O anche poteva riconfermare che era stata solo un’apparenza sbagliata e che lo aveva davvero interrotto e lo stava ancora facendo.
    Beh, ormai il danno era stato fatto…
    «Per cosa ti stai preparando?»
    Aveva deciso di dare uno sguardo, pieno di tutta la mancanza di rispetto che normalmente era più riscontrabile in bambini viziati, a quanto era rimasto sul tavolo che non molto prima era stato invaso da libri e quaderni.
    «Oh, sono Xiang.»
    Perché ormai era giusto anche presentarsi, almeno come forma di cortesia dopo aver interrotto, disturbato e curiosato nella vita del rosso.


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    Il ragazzino era un ghoul. Ne era quasi certo, come era certo stava sbagliando a definirlo un ragazzino, visto doveva avere più o meno la sua età.
    Se non fosse stato tanto male l’avrebbe saputo con certezza. Gli avevano insegnato a essere impeccabile, il fallimento non era contemplato, persino in un momento del genere essere limitato era frustrante.
    I sensi più sviluppati erano diventanti un’arma a doppio taglio, almeno più del solito, con molti pochi vantaggi e molti motivi per stare peggio. Non sopportava più la puzza del cibo umano.
    Le informazioni sensoriali non erano abbastanza per un ragionamento logico, quindi ci era arrivato per istinto. Per sesto senso, una definizione poco lusinghiera per dei processi di elaborazione delle informazioni con base scientifica.
    Non che risolvesse la cosa, l’aveva messo persino più all’erta. Bene, quasi perfetto, erano in una partita di shogi e non era stato il primo a muovere le pedine.
    Se quel ragazzo fosse stato umano, ipotesi aveva quasi del tutto scartato, avrebbe avuto paura di ritrovarsi con la CCG dietro le sue tracce, giusto il tempo di una mossa falsa. In quel caso sarebbe stato da solo.
    Ma il suo istinto gli diceva aveva davanti a sé un ghoul, di questo si fidava. Per cui c’era da chiarire cosa volesse da lui, avvicinarlo in un momento di debolezza aveva tutto l’aspetto di qualcosa di progettato, per cui aveva atteso Tsukasa rimanesse da solo.
    Non poteva andarsene solo con la scusa era in ritardo per comprare i libri, in pratica, ma non avrebbe accettato di aver perso così in fretta.
    Se Tsukasa doveva stare attento, aspettandosi il peggio, sperava di non essere stato trovato da un incosciente.
    «No, grazie, in realtà stavo per andare è solo che… »
    Erano pur sempre in un locale, quindi il massimo sarebbe dovuto essere una guerra fredda. Lo sperava.
    Ma aveva anche quasi sperato di non aver problemi, quel giorno, invece doveva rimanere sempre e comunque estremamente all’erta. Anche di più nella norma, considerato quanto potesse essere vulnerabile in un momento simile.
    Si era mutilato da solo, poco prima, come tutti i bravi scemi.
    «...mi ha trattenuto un’impressione sbagliata, a quanto pare.»
    Era tutto un agire nel dubbio.
    «Ah, semmai dovrei essere io ad offrirti qualcosa, visto che ti ho interrotto, ma sai… l’impressione sbagliata...»
    Ma nel dubbio si era comunque mostrato abbastanza confuso, cercando in ogni caso di ricambiare il sorriso gli era stato rivolto. Non doveva fingersi il povero studente interrotto, senza capire il motivo di una simile interruzione, perché di base lo era.
    Ma no, grazie, per l’offrirgli qualcosa era a posto così. L’offerta di prima era già stata di troppo, non aveva bisogno di provare a nessuno di essere un ghoul. O di essere ancora più vulnerabile.
    In sintesi, voleva essere lasciato in pace. Non poteva avere una vita normale, almeno quello avrebbe dovuto essere il minimo.
    «Per cosa ti stai preparando?»
    Si era anche spostato leggermente, quel che bastava per permettere a Xiang di vedere meglio la mole di libri e appunti. Dove comunque non avrebbe avuto modo di capire, visto gli esami d’ammissione erano -in maniera molto diplomatica e semplice- su tutte le materie.
    A giudicare dagli appunti, e il libro in quel momento aveva in mano, ci si poteva anche sbagliare. Ad esempio dando a Tsukasa dello studente di letteratura.
    «Mi sto preparando per filosofia, ma devo ripassare l’intero programma. Non è un problema, sono abituato a ritmi massacranti.»
    Poco ci mancava lo dicesse a bassa voce, ma era comunque stato udibile. Udibile dicendo praticamente fuffa, era stato tentato di specificare anche l’università, come si faceva di solito, ma aveva desistito.
    Se quel ragazzo era un pericolo non voleva dargli troppi indizi. Sarebbe stato un nuovo porgergli la lama per ucciderlo.
    Ma quando Xiang si presentò il sorriso gli rivolse fu sincero, ben più sicuro di quello accennato poco prima.
    «Piacere di conoscerti.»
    Il nome era cinese. Fu la prima cosa che notò, chiedendosi comunque se quello non fosse un modo come un altro per fargli abbassare la guardia.
    Non sarebbe successo.
    «Io sono Kiriyama Tsukasa. “Kiriyama” scritto con i kanji di paulownia tomentosa e montagna, “Tsukasa” invece si scrive con il kanji di amministratore.»
    ...
    «Un nome un po’ troppo altisonante, temo.»
    Ma decisamente adatto, considerato quanto era stato formale anche in circostanze simili. Un breve cenno del capo aveva sostituito il tipico inchino giapponese.
    Poi era tornato a mettere via Ningen Shikkaku, insieme a tutto il resto dei libri.
    «Ma non mi hai interrotto, tra un po’ sarei andato via anch’io, non hai motivo di disturbarti.»
    Quindi poteva evitare di offrirgli qualcosa.
    Decisamente.
    Anzi, tra un po’ gli chiedeva di evitarlo con tanto di per favore. In realtà no, era tanto per dire. Aveva già fatto abbastanza errori per non farne anche di cretini e senza senso.
    Il suo re non sarebbe caduto tanto facilmente, né avrebbe ammesso la sua sconfitta.
    Ma capire cosa volesse Xiang da lui sarebbe stato un buon inizio, per dirne una.

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    Ah, i ritmi massacranti.
    Quante connotazioni poteva avere quella definizione? Già umanamente diverse e comprendendo l'ipotesi ghoul la panoramica diventava ancora più ampia. Quindi, se si voleva intendere il discorso entro i limiti da cui era partito, doveva tradursi nei ritmi massacranti dello studente modello, chino sui libri oltre ogni misura, al punto da quasi rinunciare al cibo e questo era il motivo dello spuntino a cui, nella sua innocenza di spettatore, Xiang aveva dato la responsabilità di un apparente malessere.
    Eppure aveva frainteso ed era solo stanchezza per quei ritmi massacranti. E il cinese in realtà era la Fatina Turchina.
    Ne era troppo convinto, troppa sicurezza dovuta da come aveva acchiappato al lazo diversi degli altri clienti sul suo libro paga.
    Aveva però annuito, fingendo tranquillamente di credergli.
    «Capisco. Per fortuna sei abituato, se si può definire così.»
    Presentarsi era poi d'obbligo, dato il fastidio che aveva creato, una forma di cortesia attraverso cui aveva introdotto un dettaglio per il suo gioco di strategia. Dal principio aveva usato una pronuncia appena sporcata del suo vero accento, dopotutto il nome era cinese e non aveva senso fingere di non essere di quella parte di mondo. Chi aveva davanti, nonostante i colori particolari, aveva invece tutta l'aria di essere giapponese.
    Kiriyama quindi, quel nome mancava ancora dal suo elenco, come naturalmente molti altri. Suonava altisonante, da famiglia patriarcale con tradizioni e blablabla... Era un must have ora o almeno poteva provare a farlo finire in quella lista clienti. Sempre se fosse stato sicuro fosse una buona idea e ancora non ne era convinto appieno.
    «Beh, io invece dovrei portare fortuna.»
    O anche essere un buon auspicio, anche se rosso e quindi non sempre così ben augurante.
    Sorrise un po' più apertamente mentre i libri e quaderni finivano riposti e scopriva che anche lui stava per andarsene. Ah, esattamente quello che sperava, poter uscire da quel posto, respirare aria, magari approfittare di un po' di quella incredibile educazione e cortesia. Aveva davanti un buono, dopotutto, o almeno così sembrava.
    «Allora forse c'è davvero un po' di fortuna...»
    Quella parola, così tanto ripetuta.
    «In che direzione vai? Magari, se non ti dispiace, potremmo fare un tratto di strada insieme. Penso sia chiaro che non sono di qui, tu invece sì, potresti suggerirmi qualche cosa interessante da fare o vedere in zona.»
    E l'oscar per la miglior performance di turista minorenne va a... No, non era un attore, ma non stava neppure mentendo così tanto, quindi una certa dose di credibilità doveva averla. Poteva anche sembrare il ragazzino disperato che cerca di fare amicizia? No, quello no, era troppo spigliato per apparire disperato, ma sul voler fare amicizia... suspance!.

    STAI ATTENTO, STAI BEN ATTENTO SE DELLA VITA LA CONTINUAZIONE A CUOR TI STA.

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    Kiriyama Tsukasa
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    Se non ti dispiace, potremmo fare un tratto di strada insieme.
    Pensare di potersi liberare subito del problema, in effetti, sarebbe stato troppo semplice.
    Era solo un tratto di strada insieme, e del resto quello sembrava solo un tentativo più che valido di fare amicizia. Non era abbastanza per zittire i mille campanelli d'allarme di Tsukasa, che in quei casi -nonostante l'apparenza tranquilla- arrivava ai livelli della paranoia. I Kiriyama non avevano la miglior reputazione del Giappone, non era un cognome che permetteva di stare tranquilli.
    E comunque in quasi diciannove anni di vita non era mai uscito da Tokyo, per quanto potesse sembrare almeno per metà gaijin dire di non essere del posto sarebbe stato ridicolo. Non amava nemmeno mentire, almeno non più del necessario per poter sopravvivere. E anche in quel caso finiva col dispiacersene pure troppo, tipo ogni volta finiva col sentire un discorso anti-ghoul da parte di una sua amicizia.
    Avessero saputo probabilmente non lo avrebbero trattato con tanta gentilezza, ma più come il mostro che era.
    Come consapevolezza faceva abbastanza male, ma proprio sapendo quanto gli altri potessero cambiare doveva stare attento.
    «Certo, non c'è problema.»
    Xiang sembrava solo voler far amicizia, rifiutare sarebbe stato un comportamento troppo sospetto, in più era molto scortese.
    Gli avevano detto un giorno la gentilezza sarebbe stata la sua rovina, ma non aveva avuto idea sarebbe stato così presto.
    Beh, anche rifiutare i takoyaki offerti da Setsuna, prima, sarebbe stato un gesto scortese. Quel modo di pensare lo portava sempre a ottime scelte di vita.
    In quel caso non doveva essere da meno, era proprio buono fino a rasentare l'idiozia.
    «Devo solo fermarmi per un po' al sesto distretto.» i libri di shogi lo attendevano. Andava bene lo studio e la filosofia, ma fino a prova contraria le partite ufficiali erano il suo lavoro. Riceveva anche uno stipendio mensile non da poco e il clan gli faceva pressione per avanzare nella lega, quindi doveva proprio trattarlo come un lavoro.
    Wow, che novità, Tsukasa che comprava altri libri. L'immagine dello studente modello era a dir poco perfetta per lui, non aveva nemmeno bisogno d'impegnarsi.
    Diede un'occhiata quasi distratta al telefono, lo schermo s'illuminò giusto il tempo di permettergli di leggere l'orario.
    «Ma non ho fretta.»
    Concluse così. Erano nel settimo distretto di Roppongi, raggiungere il sesto era davvero il tempo di svoltare un angolo.
    In quel modo aveva tutto il tempo che voleva da dedicare a Xiang, e per quanto fosse teso quanto una corda di violino sperava più nel bene, che nel male.
    Ormai era abitudine essere sempre pronto a scattare, non è che si potesse fare molto, ma non lo rendeva comunque meno stancante. Sperava di starsi sbagliando, una volta tanto. Principalmente perché al momento poteva considerarsi una bestia ferita, non aveva un'idea molto buona di quanto si sarebbe potuto difendere.
    Ma intanto era meglio uscire, aveva sensi troppo fini per sopportare la puzza di cibo umano ancora per molto. Un gesto appena accennato fu giusto per avvisare Xiang che stava cominciando ad andarsene, e di seguirlo. Il conto era stato pagato prima, quindi si limitò a salutare educatamente chi era di turno dietro al bancone, augurando buona serata.
    Si fermò vicino l'uscita, lasciandola comunque libera per non disturbare nessuno. Il tramonto era vicino, le nuvole filtravano gli ultimi raggi di sole in un gioco di colori caldi quasi calmante. Quasi.
    Prese una boccata d'aria fresca, i sensi troppo fini anche per la norma ghoul finalmente un po' in pace.
    Aveva avuto in parte ragione, Xiang era effettivamente un ghoul. Nessun dubbio a quel punto anche lui era stato riconosciuto.
    Ora tutto dipendeva da cosa voleva quel ragazzino.
    Ci sarebbe stato da sospirare, non fosse troppo impegnato a portare avanti la finta di studente modello che non aveva nulla da preoccuparsi. Non si mostra debolezza, non si mostra paura.
    Ci si mostra sempre padroni della situazione, indipendentemente da tutto.
    «A Tokyo trovi qualcosa per tutti i gusti, basta sapere cosa cercare.»
    E cosa stava cercando Xiang?

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