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[INATTIVA] Akemi Mori & Tetsuya Azusa @Ginza Six (centro commerciale) - 6/12/19, dalle 14.30- SOLE (13°C)

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    Una meravigliosa giornata di inizio Dicembre, la prima settimana era sul finire e Natale si stava avvicinando. Pericolosamente. Naturalmente l'incubo dei regali aveva colpito anche lei e la sua mattinata sui social era stata la conclusione di un paio di settimane trascorse principalmente a discutere con i follower sul regalo perfetto per ciascuna persona. Lei e la sua trent-quarant-cin-- quello che era il suo gruppetto di affezionatissimi.
    Ovviamente non aveva mancato di dire dove voleva andare nel pomeriggio, cosa che faceva sempre quando andava in qualche luogo pubblico. Ancora non aveva i problemi di troppa notorietà da cui fuggire e quindi non si faceva certo pregare nel condividere i suoi piani e progetti, anche se questo poteva comportare attenzioni potenzialmente indesiderate.
    Lei amava così tanto i suoi follower <3
    Dopo la condivisione del meraviglioso pranzo messo in tavola da Nonna Mori, prontamente fotografato, il programma prevedeva la ricerca dell'abbigliamento.
    Era così faticoso stare dietro a quella vita, ma obbligatoriamente irrinunciabile se voleva risalire l'arduo sentiero verso la vetta del successo.
    I vestiti sparsi sul letto in uno scatto potevano far ben capire il dilemma esistenziale da risolvere prima di mettere piede fuori casa. Circa venti minuti dopo il vincitore venne postato in un discutibile scatto allo specchio, con espressione "di vittoria": skinny jeans in washed light blue e una morbidosissima felpa rosa con tascone frontale, coniglietto sul cuore e orecchie lunghe e flosce sul cappuccio. Naturalmente parte del tempo speso era stato spiegato nel commento: aveva provato praticamente tutto ciò che la rendeva indecisa e una volta convinta si era anche pettinata e truccata. Mica poteva postare senza essere davvero pronta!
    Per di più non aveva la minima intenzione di portarsi un giaccone, che di sicuro sarebbe stato fastidioso da avere addosso nella mecca degli acquisti, perciò si era vestita calda e sotto la felpa aveva un altro paio di maglie più sottili ma abbastanza calde da permetterle di girare in quella splendida giornata e godere di ogni raggio di sole che sarebbe riuscita a catturare gironzolando.
    Tracolla in spalla, ampia e rigorosamente di un rosa abbinato alla felpa, capelli sciolti e decorati giusto da un paio di hairpins rosa e azzurro incrociati sul lato sinistro del volto, uscì di casa dopo aver salutato Nonna Mori.
    Decisamente quello stile di vita era impegnativo e talvolta frustrante, ma il sorriso e la spigliatezza erano indispensabili in ogni momento.
    Il tragitto con i mezzi si rivelò più divertente del previsto, con addirittura una richiesta di selfie, che istantaneamente finì sui social tra tag e commenti. Poi raggiunse la sua meta.
    Ginza poteva dirsi un paradiso per lo shopping, anche se ogni tanto i prezzi su certi articoli le facevano venire il capogiro, un po' quello che succedeva camminando lungo Rodeo Drive a LA.
    Era tentata di girarselo tutto, si era programmata almeno due ore di libertà totale lì dentro e doveva rientrare circa per le 17-17.30 al massimo. Aveva altri impegni per la serata. Però c'era la questione regali da risolvere, così si limitò ad una sorta di veloce camminata giusto negli spazi di questa o quella firma nel settore abbigliamento: un razzo rosa con le orecchie da coniglio, in pratica.
    La vera prima meta, infatti, poteva dirsi lo spazio Starbucks all'interno di Tsutaya Books: Americano grande, perché ogni tanto era necessario ritornare alle origini e quello era sempre un buon modo. Naturalmente una bella foto della sua mano con la cups, logo verso l'obiettivo, e sullo sfondo l'insegna luminosa Tsutaya Books. Condividi con "una carica di energia necessaria!" e poi via, verso l'avventura.
    Già il settore dei gift nella libreria era un'ottima meta, mentre il caffè si volatilizzava con una velocità spropositata dal suo contenitore saldamente stretto tra le dita.
    Gli occhi saettavano dai portachiavi a forma di coniglio, a quelli da gatto passando per alpaca fin troppo kawaii per essere veri.
    Sicuramente una cosa del genere non sarebbe stata l'ideale per nonna Mori e neppure per mamma, figurarsi per papà. Onestamente nessuno dei suoi conoscenti avrebbe mai ricevuto da lei quel genere di regalo.
    «Devo provare con i peluche...»
    Un bisbiglio tra sé e sé, prima di quasi finire quel caffè e guardare tutte le agende per l'anno nuovo, sicuramente una cosa più utile per i suoi adorati parenti in attesa di festeggiare il Natale.

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    Non era passato molto tempo dal suo compleanno -era stato giusto negli ultimi giorni del mese precedente e per sua somma irritazione, coincideva pure con l’anniversario del quasi completo sterminio del suo clan e la relativa morte dei suoi genitori, l’aria cupa che si andava a creare ogni volta lo indispettiva come non mai- ma la stagione dei regali non era ancora finita. No no, vedendo che ora era il suo turno farli in vista del natale ovvero la stagione dedicata alla famiglia. Di sangue o meno che sia. Una grande rottura se chiedete a lui! Oltre a ciò non poteva nemmeno riciclare le stesse idee dell’anno precedente, sennò chi li voleva sentire quegli idioti lamentarsi per la sua “indolenza”. Doveva dimostrare gratitudine, gli aveva detto il caro Andrej, rapporti solidi e di reciproca fiducia si costruivano anche così.
    Ed era per questa ragione che quel freddo giorno di inizio Dicembre si era diretto nella seconda circoscrizione, nel pieno del territorio della CCG, per il semplice motivo che lì c’era Ginza. Oh si, quel distretto di lusso sembrava proprio la meta adatta. Se voleva fare un regalo, voleva farlo bene. Ed essere quindi ringraziato per la sua benignità! L’onore che dovevano provare!
    Si era addirittura vestito di tutto punto per l’occasione: berretto nero a coprirgli i capelli legati dietro la testa, uno dei ciuffi che gli contornavano il viso tenuto fermo su un lato da delle mollette colorate (la piccolina del clan le aveva lasciate a casa sua, di sicuro si era pure dimenticata della cosa, e a lui sembrava la giusta punta di colore tra tutto quel nero, poi rendeva il suo outfit un poco più cute), giacca di pelle scura con cappuccio su cui sotto un maglione grigio e dei jeans mezzi strappati e, infine, i suoi fidati stivali ai piedi. Ovviamente tutto di marca. Ah, che belli che erano gli sponsor! Oltre a ciò, al collo aveva quel piccolo crocifisso che indossava abitualmente, quell’importante cimelio di famiglia che per qualche ragione non riusciva a buttare via, vari piercing alle orecchie e qualche anello alle dita. E, giustamente, come poteva dimenticare gli occhiali da sole a coprire i suoi occhi violetti dall’accecante luce del sole. Beh, più che altro, erano comodi per poter osservare la gente senza farsi notare facilmente.
    Dopo aver salutato Drev, che aveva invece deciso di passare la giornata libera a leggere comodamente in salotto, si era diretto alla stazione più vicina. Considerando stava andando da solo e la patente mica ce l’aveva, non è che avesse altra soluzione a parte i mezzi pubblici e quel giorno non aveva timore di venir riconosciuto, anche perché rispetto al solito non si era impegnato a celare granché la sua identità, ma considerando la sua meta poteva essere facilmente scambiato per un normale giovane alla moda qualsiasi. Giovane alla moda con i soldi, sottolineiamo. Mal che andava, sarebbe stata un po’ di pubblicità. Per qualche ragione la gente sembrava amare vedere i loro idoli fare cose “normali”.
    Il viaggio in treno fu dei più tranquilli, poco affollato anche considerando l’ora (aveva perfino trovato posto a sedere!) per cui aveva passato il tempo a giocare ai rhythm-games delle sue amate idol ma fu alla stazione di Chuo che venne intercettato. Due ragazze lo avevano fermato urlando il suo nome, facendo girare la testa anche ad alcuni degli altri passanti che tuttavia non badarono molto alla scenetta, alcuni sembravano solo sconsolati. Lui si girò lentamente verso di loro, il sorriso pronto e raggiante sulle labbra. Tirò fuori tutta la poca gentilezza che aveva in corpo quel giorno e tra chiacchiere, concesse loro anche un (1!) selfie con la promessa, tuttavia, che le due non andassero immediatamente sui loro social a scrivere fosse lì. Almeno non subito. Riuscì poi a svignarsela con un occhiolino come saluto e delle strette di mano, riuscendo anche a perderle senza intoppi tra folla che era comparsa tra le strade in cerca di posti dove andare a mangiare. Grazie al cielo! Non era esattamente ancora nel mindset per interagire con i suoi amatissimi fans. Ciononostante, aveva imparato, bastava davvero poco per accontentarli.
    Si era già fatto un programma per il giorno, doveva essere efficiente se voleva fare tutto in un unico pomeriggio. Se fosse stato fortunato, avrebbe trovato i regali perfetti al primo colpo. Sarebbe stato bello, peccato non succedesse mai. Comunque sia, la sua prima meta era una, ovvero il Ginza Six e i suoi relativi negozi. Ma prima di tutto aveva bisogno di un bel caffè in corpo.
    Una volta aver oltrepassato le porte d’ingresso, si diresse subito nella direzione di Tsutaya Books e del suo Starbucks. Si mise in fila con l’ordine già deciso, un bel triplo e via, pronti per l’avventura!
    Sorseggiando beatamente la calda ma costosa bevanda, intanto che c’era, iniziò a guardarsi un po’ intorno. Già in quel negozio c’erano cose che almeno in parte potevano andare ma peccato che, tra agende e portachiavi, aveva fatto regali simili l’anno precedente. E ciò non andava affatto bene perché doveva sorprendere! Doveva reinventarsi! Per cui, nah, quelle cose erano quasi un pass certo ma mal che andava, sarebbero stati degli extra carini. Tipo quel portachiavi a forma di topolino. Conosceva qualcuno che lo avrebbe apprezzato.
    Si mise a guardare i contenuti dei vari scaffali, fermandosi poi di fronte ad uno di essi ed accanto ad una ragazza che aveva indosso una orribile felpa rosa con le orecchie da coniglio. La marmocchia qual’era Rosaliya adorava quel tipo di cose, kawaii allo sfinimento (nonostante ultimamente stava provando a sembrare più “cool” e, a detta sua, fallendo) e per lui erano solo un pugno in un occhio ma ahimè era anche vero che a lavoro a volte veniva costretto ad indossare tali capi in base al tema dello shooting. Beh, non che ci stesse male, anzi, ma semplicemente non era il suo genere.
    La guardò di traverso per qualche istante e fu lì, ora abbastanza vicino, che notò due cose: il suo odore e il volto a lui famigliare. Come poteva non riconoscerla, sapeva perfettamente chi lei fosse anche perché la sopracitata ragazzina non faceva che parlare di lei e, per questo, un po’ fan lo era diventato anche lui. Giusto un po’, eh, non ditelo a nessuno. Almeno in quello lei rientrava nei suoi gusti: le idol. Perché era quello che la ragazza era, una idol anche se sulla piattaforma qual’era youtube, sempre idol rimaneva.
    Ma la cosa che più lo stava incuriosendo era un’altra: il suo odore, quello tipico dei ghoul che solo il loro olfatto sviluppato riusciva a distinguere da quello umano. No, non era solo quello. C’era qualcos’altro. Era il fatto che tale odore fosse più famigliare di quello generico della loro specie e, nonostante non fosse immediatamente chiaro nella sua mente, aveva un nome che ci aveva associato e gli era subito balenato in testa. Doveva accertarsene, giusto per essere sicuro. Che cosa curiosa. Già il fatto che Akemi Mori, giovane idol, fosse un ghoul era una informazione più che succulenta. Tuttavia...
    Prese un altro sorso dalla cannuccia per poi sorridere e con un tono sorpreso ma comunque un po’ incerto aprì bocca «Ehi, ma tu non sei Akemi? La idol-tuber?» le chiese quindi, cercando di catturare la sua attenzione.

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    Edited by alyë - 29/2/2020, 15:02
     
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    Era necessario ammetterlo, le agende erano carine e per l’anno nuovo erano sempre una cosa utile. A disposizione poi ce ne erano di estremamente cute.
    Sfilò ancora il telefono dalla tasca della felpa, prendendo un sorso di caffè mentre prendeva una inquadratura sbieca di un paio di agendine con copertine dai colori vivaci e frasi motivazionali glitterate. Andavano postate su ogni profilo social in una foto correlata di commento su quanto fosse indecisa su prenderne una come regalo a se stessa.
    Un passo più in là ed ecco anche il panorama di quaderni e bujo con copertina rigida dalle decorazioni artistiche. Uno di quelli forse poteva andare bene per mamma, le piacevano tanto in particolare quelli con le opere di grandi artisti impressionisti.
    Non stava facendo molto caso a chi le girava intorno, era troppo impegnata a scrutare con giusta attenzione ogni cosa disposta con ordine sui ripiani degli articoli regalo, concentrata fin troppo in quella attività prettamente da Akemi.
    Almeno fino a quando il suo orecchio non fu solleticato proprio dal nome che stava portando in quel momento.
    Ancora con la cannuccia tra le labbra, si voltò verso chi l’aveva riconosciuta. Liberato l’ostaggio, sorrise con un pizzico di allegria a chi aveva davanti.
    «Uh… pensavo in Giappone fosse più comune niconico.»
    E chi se l’aspettava che pure Tetsuya Azusa sapesse chi era lei! Ora c’era da chiedersi se lui era abituato ad avere a che fare con chi non aveva reazioni da panico e tremarella alle gambe in sua presenza. I follower di Akemi però sapevano che c’era pure un suo poster in camera, ogni tanto finiva parzialmente inquadrato negli scatti postati, forse era pure presente nel riflesso dello specchio di quella mattina.
    «Ma non dovrei stupirmi se segui anche le piattaforme internazionali, vero?»
    Dire quel nome ad alta voce avrebbe significato attirare attenzioni non necessariamente desiderata e che già l’aver evitato sistemi di camuffamento poteva ben portare.
    Con la giusta disinvoltura si allungò a prendere dallo scaffale uno dei quaderni rilegati, con sulla copertina la riproduzione della celebre ”Notte stellata” di Van Gogh. Di per sé una banalità, ma restava un’opera affascinante anche quando abusata.
    Voleva giusto controllare la grana della carta e la tipologia di pagine, se puntinata poteva essere una buona alternativa, anche se non il dono ottimale.
    «Anche tu alla ricerca dei regali dell’ultimo minuto?»
    Spigliata, rilassata e assicurandosi di non parlare ad un volume troppo alto, si rivolgeva a Tetsuya come se fossero amici quando in realtà non gli aveva mai rivolto neppure una parola in vita sua. L’ultima cosa che avrebbe fatto era davvero quella di reagire come una fangirl impazzita… la penultima era invece postare istantaneamente l’avvenimento sui social.


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    Dopo che aveva provato a catturare l’attenzione della ragazza, Tetsuya era rimasto fermo nella stessa posizione: l’espressione che sottolineava una lieve incertezza, la testa un poco inclinata di lato con la cannuccia un pelo dalle sue labbra. In attesa, appunto, di una reazione da parte sua.
    Quando qualche secondo dopo Akemi gli rivolse la parola, si portò una mano dietro alla testa al suo commento, ricambiando il sorriso con lo stesso livello di (finta) allegria «Eh, dipende dal contenuto» le rispose lui, il tono era più colloquiale e sicuro, come se si fosse ripreso dalla relativa sorpresa e paura di starle dando fastidio grazie anche alla disinvoltura dell’altra.
    Scrollò quindi le spalle, mordendosi leggermente il labbro inferiore «Però si, mi piace rimanere aggiornato» aggiunse poco dopo, annuendo con la testa. Quel secondo commento fatto della ragazza era stato troppo specifico per essere stato buttato lì a caso, per cui dedusse che era stato riconosciuto anche lui. Non poté che esserne lusingato, bastava solo non fosse una sua hater. Ci sarebbe mancato solo quello! Ma se non ricordava male, Rosaliya non gli aveva detto che la ragazza era sua fan? Aveva un suo poster o qualcosa del genere. Beh, ciò non era assolutamente un problema, non è che gli cambiasse i piani e, anzi, poteva tornargli utile. Intanto che c’era, dopo aver abbassato leggermente gli occhiali da sole, le regalò un occhiolino d’intesa. Solo per lei.
    «Ammetto che sono sempre curioso di leggere anche i commenti dei miei fans all’estero» commentò pacato, con il tono un po’ imbarazzato di chi non si capacitava ancora di avere fan anche fuori dal Giappone. Aveva una facciata da mantenere, per cui Yuya, da brava star nascente, sapeva prendere la palla al balzo e quindi si premurava di lasciare sempre un piccolo commento in inglese su i suoi social anche per loro. Far contenti i suoi fans faceva in fondo parte del pacchetto.
    Imitando Akemi, prese anche lui in mano uno dei quadernini da ammirare più da vicino. Caso volle che la sua mano cadde sopra una super glitterrata con paillettes dai colori dell’arcobaleno. Ugn, gli facevano male gli occhi solo a guardarlo. Però, c’era sempre quella personcina che era sicura l’avrebbe adorato. Per cui la rimise al suo posto, lontano dai suoi delicati occhi. No, non le avrebbe preso quello. Non era abbastanza.
    «Dubito non sia così anche per te» aggiunse poco dopo, girandosi verso di lei con un sorrisetto divertito. In fondo, non conosceva un collega che non controllasse almeno ogni tanto l’opinione che avevano di lui online. Era difficile non farlo.
    «Parlando di fans, ti ho riconosciuta subito solo perché la mia cuginetta è una tua grandissima fan» ammise poi sottovoce, come se le stesse rivelando un così grande segreto (non è che lo fosse ma questi sono dettagli), portando la cannuccia più vicina alle sue labbra, il caffè ormai tiepido «Non smette di ripetermi quanto sei brava» “La sentissi quando prova ad imitarti” pensò ma non disse, anche perché era sicuro di non riuscire a trattenere per bene il sarcasmo che voleva balzare fuori con quella frase.
    «Eh si, ogni anno è sempre un dramma. Colpa del proposito che ho di superarmi con i regali ogni volta» rispose così alla sua domanda, ridacchiando un poco dopo un sospiro sconsolato «Fossero pure pochi!».
    Dopo qualche istante di silenzio, deciso d'interromperlo con un «Ehi» atto a catturare di nuovo la sua attenzione «Che ne dici se facciamo un giro insieme tra i vari negozi? Forse riusciamo ad aiutarci a vicenda» fu la sua proposta accompagnata da un piccolo sorriso complice, per poi continare con «Potrebbe essere diverte e conoscersi un po’ meglio non fa mai male, no?» prendendo poi un altro sorso della sua bevanda.
    Basta convenevoli, ora si passa al dunque. Se voleva scoprire se quell’intuizione che aveva avuto poco prima fosse verra o meno, beh, doveva rimanrle accanto ancora per un po’. Poi, quella gli sembrava una scusa perfetta, creare un legame professionale incluso.

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