[QUEST] Hanami by night

[ROLE EVENTO 02] 27/03/2020 19:00 circa [sereno] @Koishikawa Korakuen Garden

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    ROLE EVENTO: Hanami by night

    Sparsa nel mondo è la consapevolezza di un evento che ogni anno si ripete in questo periodo, la cui meraviglia attira molti turisti in Giappone: l’Hanami, occasione in cui osservare i fiori diventa momento di unione per locali e stranieri.
    Come è possibile, infatti, non essere ammaliati dall’abito di primavera di pruni e ciliegi, ora che la bella stagione inizia ad abbracciare il mondo?




    2020, a Tokyo è giunto in anticipo, rispetto allo scorso anno, il periodo di fioritura e questa settimana l’apice della meraviglia si è palesato.
    27 marzo, ore 19.00
    Il culmine del tramonto colpisce la città inondandola di una calda luce rossastra. Mentre le sfumature del cielo tendono inesorabili verso l’oscurità di una notte tempestata di stelle, le luci dello Yozakura si accendono nei migliori luoghi per godersi l’Hanami in notturna.
    Dalle sponde del fiume Meguro, impreziosite dagli oltre 800 ciliegi, fino al famoso parco Ueno, passando per le rive del fiume Sumida da cui ammirare oltre alla fioritura anche il profilo della città, i posti per restare abbagliati sono numerosi in questi giorni, ma la nostra attenzione è tutta rivolta all’eccezionale occasione al Koishikawa Korakuen

    Splendido parco nella circoscrizione Bunkyo, a ridosso del famoso Tokyo Dome, il Koishikawa Korakuen Garden è la perfetta rappresentazione di un giardino in stile Edo, ricco di atmosfera creata con il giusto equilibrio tra alberi, laghetti e ponti, definito per di più come uno dei più spettacolari giardini giapponesi esistenti nel presente.
    Luogo da visitare in ogni momento dell’anno, i periodi migliori sono però indubbiamente l’autunno, per la varietà di tinte con cui la natura lo riveste, e quello attuale.
    Un’occasione speciale però è quella presente, da stasera, per tutta la nottata, le porte del parco saranno aperte senza il consueto biglietto d’ingresso (solitamente di 300yen, misera somma), per permettere a tutti di ammirare nel suo splendore non solo i ciliegi, ma anche i giochi di luce che sono stati sparsi per rendere il Koishikawa Korakuen un ambiente magico in cui vivere un’avventura lunga una notte.
    Le tradizionali lanterne sono state appese ai ciliegi, sparsi in tutto il parco, così da creare la caratteristica aura bianco-rosata che molti sono abituati a vedere durante lo Yozakura.
    Nel resto dell’area verde sono state costituite quattro aree con sfumature di luci diverse: una in varie gradazioni di blu, con sculture artistiche rappresentanti coralli, alghe e delicati pesci variopinti sono stati appesi ai rami degli alberi; una dalle tinte rosso, arancio e gialle, tra fiumi di lava e imitazioni di fiamme create con tessuti mossi da getti d’aria; una terza area in rosa e azzurro pastello rappresenta un paese di caramelle, con sbuffi di finto zucchero filato a creare nuovi cespugli e grandi bastoncini di zucchero e lecca lecca a far da aggiunta agli alberi decorati con bon bon semi trasparenti che riflettono le luci colorate; ultima è un’area in cui si mescolano luci verdi e nere (con lampade UV) per ricreare un ambiente futuristico, in cui la natura viene vista a intermittenza tra pareti di metallo e vetro, con spiragli attraverso cui poter scappare per cercare rifugio altrove.
    Naturalmente intorno ad ogni area è presente sufficiente spazio per trovare dove stendere una coperta e rilassarsi nel più tradizionale aspetto del parco, dove i sentieri restano illuminati dalle lanterne e la pace regna quasi sovrana. In ogni area, infatti, una musica accompagna il viaggio dei visitatori, leggera e rilassante, attraverso piccoli ma potenti altoparlanti sparsi per tutto il parco.
    Una ulteriore aggiunta, da parte dell'organizzazione dell'evento, è stata l'allestimento di una piccola zona ristoro nello spiazzo adiacente il souvenir store.
    Godetevi la nottata e gioite della bellezza della primavera ~



    INFO

    ❖ Lo scopo principale è naturalmente godere delle bellezze del parco e della fioritura dei ciliegi. L'evento nello specifico è ambientato nella notte tra il 27 e il 28 marzo (tra le 19 e le 8 del mattino dopo).
    ❖ L'evento è aperto a tutti, senza iscrizione.
    ❖ È possibile partecipare con quanti personaggi si desidera, l'importante è riuscire a gestirli senza rallentare gli altri partecipanti.
    ❖ La quest non viene gestita da turni del fato e l’ordine di post è libero, è quindi possibile postare più volte di fila, ma necessariamente va indicato a chi ci si rivolge nel post, per favorire una più veloce risposta al vostro intervento.
    ❖ La role evento avrà termine il 30/04 alle 24, quando verrà chiusa con un post finale riassuntivo del fato. Tuttavia, se vediamo che serve del tempo in più per concludere al meglio tutto, è possibile allungare la durata di un'altra settimana.
    ❖ Ricordiamo inoltre che questa quest andrà ad influenzare il GdR stesso ed i vostri PG, essendo un evento "reale" nella loro vita.
    ❖ Per questa role evento è possibile ottenere la EXP di partecipazione come ogni normale quest MA bisogna postare almeno due (2) volte. Per spiegare meglio: i primi 50 EXP si ottengono, appunto, dopo aver postato due volte mentre i 50 EXP di conclusione si ottengono una volta che la quest è giunta a conclusione e l'utente è considerato ancora attivo.
    ❖ Siete liberi di usare codici personalizzati da voi ma più in basso vi proponiamo dei codici appositi per la role evento, per chi non ne dispone di propri. Si prega, tuttavia, di utilizzare il code proposto per indicare verso chi ci si sta rivolgendo con il proprio post, per evitare confusione.
    ❖ Per ulteriori chiarimenti contattate uno staffer o utilizzate la sezione "SUPPORT".


    Codici Role

    CITAZIONE
    Si prega di utilizzare questo codice in cima al proprio post quando si sta interagendo con uno o più PG, onde evitare confusione e sapere sempre chi si sta rivolgendo a chi, e segnalare la posizione attuale del vostro personaggio nel parco.

    SPEAKING TO
    NOME PG
    LOCATION
    DOVE


    CODICE
    <div class="hanapoint"><div class="hanam1">SPEAKING TO</div><div class="hanam2">NOME PG</div><div class="hanapoint1"><div class="hanam1" style="float: right">LOCATION</div><div class="hanam2" style="float: left">DOVE</div></div></div>


    CITAZIONE
    #ROLE HANAMI (LIGHT PINK)
    L'immagine è 150x200
    Cambiare "background: TIPOPG" con:
    - "background: darkred" per i ghoul
    - "background: navy" per gli investigatori
    - "background: green" per gli umani

    NOME COGNOME 🌸
    TYPE
    GHOUL

    AGE
    XX Y.O
    Lorem ipsum dolor sit amet, consectetuer adipiscing elit. Aenean commodo ligula eget dolor. Aenean massa. Cum sociis natoque penatibus et magnis dis parturient montes, nascetur ridiculus mus. Donec quam felis, ultricies nec, pellentesque eu, pretium quis, sem. Nulla consequat massa quis enim. Donec pede justo, fringilla vel, aliquet nec, vulputate eget, arcu. In enim justo, rhoncus ut, imperdiet a, venenatis vitae, justo. Nullam dictum felis eu pede mollis pretium. Integer tincidunt. Cras dapibus. Vivamus elementum semper nisi. Aenean vulputate eleifend tellus. Aenean leo ligula, porttitor eu, consequat vitae, eleifend ac, enim. Aliquam lorem ante, dapibus in, viverra quis, feugiat a, tellus. Phasellus viverra nulla ut metus varius laoreet. Quisque rutrum. Aenean imperdiet. Etiam ultricies nisi vel augue. Curabitur ullamcorper ultricies nisi. Nam eget dui.


    CODICE
    <div class="hana"><div class="haname">NOME COGNOME <a style="padding: 0px; float: right;" href="linkscheda">&#127800;</a></div><div class="hanaimg" style="background: url(http://via.placeholder.com/150x200) no-repeat;"><div class="hanainfo"><div class="hanainfo1" style="float: left;">TYPE</div><div class="hanainfo2" style="background: TIPOPG; font-weight: bold; text-align: right;">GHOUL</div>
    <div class="hanainfo1" style="float: right;">AGE</div><div class="hanainfo2">XX Y.O</div></div></div><div class="hanarole"><div style="overflow: auto; height: 155px; padding-right: 5px">TESTO ROLE</div></div></div>




    Edited by alyë - 2/4/2020, 16:52
     
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    Fuyuko Enaga 🌸
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    Non poteva mancare, no, decisamente...aveva ancora qualche anno a disposizione, certo...ma non voleva decisamente perdere l'occasione proprio adesso!
    L'aveva segnata nella sua lista, e nonostante fosse una delle cose in cima sapeva che mai nessun anno sarebbe stato uguale al primo: doveva però stringere la cinghia, troppe cose da vedere prima del fatidico giorno, ecco perchè aveva deciso di andare subito appena le si era presentata l'occasione giusta.
    Voleva vedere i fiori di ciliegio e non solo, avrebbe potuto aggiungere anche la visita al parco! Insomma, combo fondamentale e perfetta per lei.
    E poi, la notte la faceva in parte sentire agitata: quando aveva espresso il desiderio di andare a vederli, come per chiedere il permesso di poter uscire ad un orario insolito e restare fuori tutta la notte, la risposta era stata qualcosa come ''E perchè devi andare? Cosa li vedi a fare? Tanto presto non ci sarai più..non è meglio avere meno ricordi possibili della tua presenza qui?''.
    Ecco, quella cosa l'aveva scossa ancora di più: non aveva detto nulla, abbassando lo sguardo e tornarsene in camera: forse i suoi parenti credevano di averla dissuasa, invece avevano solo fatto crescere in lei la frustrazione, le lacrime si, ma anche la rabbia.
    Lei sarebbe andata.
    Ne era certa adesso: aveva fatto quello che faceva di solito quando doveva uscire di nascosto, come nei migliori film americani e adolescenziali, aveva chiuso la porta a chiave dicendo che avrebbe visto un film in camera e sarebbe andata a dormire.
    Aveva messo il film, sapendo che la tv si sarebbe spenta in automatico dopo un po', e dopo essersi preparata, aveva aperto la finestra e si era calata da lì, tra tegole, tubi e piante rampicanti.
    Non era facile per nulla, sopratutto senza fare rumore o svegliare una famiglia intera di ghoul! Alla fine però era riuscita a toccare terra, e istintivamente si era messa a correre più lontano che poteva: semmai si erano svegliati, era certa che non l'avrebbero raggiunta subito, sebbene temeva potessero raggiungerla all'evento stesso.
    Non voleva pensarci.
    Direzione Koishikawa Korakuen Garden!
    Era arrivata circa verso le 20.00, era già tutto cominciato, c'erano già tante persone, ma si era messa in fila, trepidante d'attesa prima di poter finalmente entrare.
    Chiuse appena gli occhi, godendosi quel chiacchiericcio piacevole attorno a sè, quante persone! Quanta gioia! Era qualcosa di indescrivibile!
    Istintivamente, le venne da sorridere, e guardò quella linea invisibile davanti a sè che la separava dall'entrare in quella nuova avventura: prendendo tanto coraggio e entusiasmo, avanzò un passo, e quando si ritrovò dentro, ebbe come la sensazione ce il fiato le fosse stato tolto per qualche minuto.
    Sorrise, ancora più caldamente, pieno di gioia, ce l'aveva fatta! Era lì!
    Rischiò di bloccare più volte le persone dietro di sè, perchè si bloccava ogni volta a guardarsi attorno, con gli occhi pieni di meraviglia: quasi le brillavano per tutto quello.
    Si può dire che le scaldò il cuore: aveva in mano la sua fidata macchinetta fotografica, che tremava leggermente, emozionata, temeva di non sapere dove girarsi, dove fare foto.
    Camminava lentamente la ghoul, si sentiva come in quel film...come si chiamava...quello con le lanterne e la strega cattiva che la teneva rinchiusa nella torre!
    Ah, quante volte aveva visto quel film, e quante volte si era sentita come la magica protagonista per certi versi!
    In quel momento, quelle lanterne erano davvero qualcosa di magico per lei.
    Di nuovo, rimase a bocca aperta, i suoi occhi schizzavano da un punto all'altro, in quell'atmosfera marina in cui era appena capitata: c'erano così tante gradazioni di blu, pieno di coralli e pesci che sembravano volare per davvero!
    Fece qualche foto, non riuscendo a tenere il viso abbassato, lo alzava in continuazione, forse tenerlo così fisso verso il cielo le avrebbe procurato anche un mal di collo, ma non le importava!
    Voleva riempirsi lo sguardo di tutto quello, e per una volta, desiderò davvero di poterci rimanere per sempre: per la prima volta forse, pensò che andava bene anche se non poteva condividerlo con nessuno, non voleva essere malinconica, voleva solo godersi la gioia che quel momento era riuscita a regalarle.


    «Parlato»
    ''Pensato''






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    Tadashi Satou 🌸
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    Quella giornata era stata di recupero, decisamente: tornato da due serate di fila piuttosto movimentate, aveva deciso che almeno per quella giornata l'avrebbe dedicata egoisticamente solo a se stesso.
    Lasciando i panni di Yoshi, e tornando ad essere Tadashi, ogni volta lo assaliva un retrogusto amaro, come se fosse consapevole di come nella realtà Tadashi non piacesse proprio a nessuno.
    Yoshi poteva essere chi voleva per gli altri, Bones era violento e irritabile, Tadashi....Tadashi era semplicemente sgradevole, o almeno era la sensazione che gli altri riflettevano quando parlavano con lui, dunque non ci aveva messo molto a rassegnarsi a quell'idea.
    Ricordava di un preciso periodo della sua vita dove nulla di tutto quello era reale, ma allo stesso tempo, gli sembrava come se non fosse mai esistito per quanto fosse lontano nella sua memoria.
    Aveva deciso di partecipare all'Hanami: erano...quanti anni che non ci andava? Troppi, era stato così impegnato che non aveva più avuto voglia ne tempo di andare, vedere tutte quelle coppiette felici, illuse e troppa gioia lo mettevano a disagio...che fosse diventato tipo Ebenezer Scrooge? Si, ma sperava in una versione più sfavillante e meno scema visto come alla fine si era evoluta la storia.
    Ah giusto, ma ora era Tadashi, non doveva far finta che tutto gli andasse bene: quasi gli veniva un sorriso malevolo, ma essendo che non voleva guai, avrebbe mostrato il pessimo lato di se stesso semplicemente se qualcuno lo avesse irritato.
    Però magari, poteva incontrare qualcuno di interessante e la cosa non poteva che stuzzicarlo, ma oramai pensava che di gente interessante per lui ce ne fosse davvero poca.
    Visto che tutti sembravano portarsi le cose per il picnic, o almeno da quel che ricordava, lui decise di portarsi il suo personale cestino fatto di martini, olive e un piccolo kit con bicchieri in più per sicurezza, giusto per farsi qualche bevuta magari sotto l'albero di ciliegio a giudicare in silenzio e per i fatti suoi le persone che passavano.
    Una serata probabilmente deprimente per uno come Yoshi o Bones, ma Tadashi aveva necessità di qualcosa di semplice e anche di stupidamente infantile per alleggerire la sua testa.
    Stiamo messi bene insomma, un ''bellissimo'' soggetto.
    Era arrivato in tempo per l'apertura, quella forse era deformazione professionale essere sempre dove dovevi essere al momento giusto: alla fine infatti era entrato esattamente per le 19, e c'era però già tanta gente.
    Evitando come la peste le persone, cercò di farsi un giro per vedere come avevano sistemato quell'anno quel parco: una cosa doveva ammetterla, era tutto spettacolare e meraviglioso, non poteva dire che era brutto, per niente, la bellezza era ovunque e quello...quello lo metteva a disagio.
    Qualcosa di così bello, con cui lui non poteva vincere, non aveva confronto, e per uno che aveva problemi con il suo stesso aspetto era forse qualcosa di folle paragonarsi a tanta bellezza, ma sapere che si sarebbe perso in essa, e che nessuno lo avrebbe notato perchè avevano altro da guardare di nuovo, lo irritò.
    La frustrazione era qualcosa a cui non gli piaceva abituarsi, in effetti forse doveva restarsene a casa invece di essere lì, forse era stata una pessima idea venire.
    Più andava avanti, più se ne rendeva conto.
    Allo stesso tempo, di tornare a casa così presto non ne aveva voglia, così aveva deciso di fermarsi in un'area che sembrava rispecchiare il mood del momento, una zona dalle sfumature dal rosso all'arancio al giallo, con tessuti che simulavano fiamme e finti fiumi di lava.
    Non volendosi sporcare i suoi pantaloni nuovi, aveva sistemato un asciugamano su una panchina, sedendosi e accavallando le gambe: aveva aperto il suo cestino per prepararsi il suo cocktail con il suo mini kit di emergenza, e quella sembrava averne tutti i tratti per lui.
    Appena fu pronto, rimise a posto le cose per futuri drink che era certo sarebbero arrivati, e non ci volle molto per vedere già coppie felici che si professavano amore eterno sotto i ciliegi di fronte a lui: fece girare l'oliva con lo stuzzicadente prima di berne un sorso.
    «Oh cielo, cosa ho fatto per meritarmi questo...» Disse, tra se e sè, alzando gli occhi al cielo, prima di potersi rispondere da solo. «Oh giusto dimenticavo!» Aggiunse, ridendosela da solo e bevendo un altro po' del suo martini. La serata iniziava davvero bene insomma.


    «Parlato»
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    I could be so much worse and I don't get enough credit for that.
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    VICTOR KRIEGER🌸
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    Il fatto che Victor considerasse il tedesco come lingua madre, rispetto all'olandese, non era poi così difficile da comprendere, una volta capita la sua mentalità: era la lingua con cui parlava con sua sorella, l'unica importante e quella che ironicamente stava tentando di parlare anche in quel momento, pur senza tanto successo.
    La cosa difficile da spiegare era, invero, il motivo per il quale sua sorella parlasse il giapponese meglio di lui a dispetto del suo stare chiusa in casa ventiquattr'ore su ventiquattro. Forse perché si era messa a studiare la grammatica e la cultura del paese con una notevole dose di impegno, cosa che Victor - come si suol dire - aveva beatamente ignorato e dedotto da solo dopo un po' di tempo passato a batterci la testa.
    In ogni caso, lui preferiva parlare tedesco, almeno a casa, sua sorella giapponese e tutte le occasioni erano buone per tentare di costringerlo a migliorare la sua, secondo lei, pessima pronuncia. Anche una semplice e comune chiamata al telefono, che proprio comune, in realtà, non era.
    Erano circa le 19.45, e Victor si trovava al Korakuen Garden nella circoscrizione di Bunkyo, per un motivo molto basilare: era il periodo della fioritura dei ciliegi (hamami, lo chiamavano?) e, sebbene a lui importasse meno di niente, importava a sua sorella.
    Era stata la psicologa di Momo a suggerirgli di fare, di tanto in tanto, dei tentativi per provare a convincerla ad uscire di casa oltre che al parlarle spesso di cosa c'era fuori, e Victor lo faceva con costanza, seppur tutti i suoi successi al momento si erano limitati al far avvicinare Momo sulla soglia della porta.
    E quel giorno era andata all'incirca allo stesso modo.
    Era stata Momo ad iniziare il discorso sull'Hamami, in realtà. Pochi giorni prima, visto il periodo, durante la cena, ed aveva fatto la classica lezioncina scolastica sul suo significato e quel che rappresentava per i giapponesi, che a modo suo era stata comunque utile visto la competenza in materia del fratello. Victor ne aveva approfittato e le aveva chiesto se non le sarebbe piaciuto uscire a vederlo dal vivo, che tanto sarebbe stata al sicuro, perché c'era lui. E nonostante il vacillare iniziale, Momo aveva detto di sì. Eppure, una volta arrivato il momento di sorpassare la soglia... si era bloccata. Come succedeva tutte le volte.
    Ovviamente Victor non gliene faceva una colpa, non poteva, succedeva spesso che Momo si preparasse per uscire, ma che si tirasse indietro al momento cruciale. Ogni tanto lui ci sperava che riuscisse a superarla quella dannata porta, ma poi le vedeva la paura negli occhi e allora lasciava perdere, le dava un abbraccio ed usciva da solo, come sempre.
    Alla fine però, per evitare di sentirla scoppiare a piangere appena chiusa la porta - non sapeva davvero spiegarselo, quella cosa gli faceva più male di tutte le ferite che si fosse mai fatto - aveva avuto un'idea e si era messo d'accordo per chiamarla non appena giunto al parco, con una specie di FaceTime in modo che Momo potesse almeno vedere quello che inquadrava la fotocamera del suo cellulare, ed ormai stavano conversando da almeno quindici minuti, alternando un po' di giapponese e tedesco per fare contenti entrambi. Victor aveva passato un po' di tempo a girare a vuoto, fino al fermarsi, addossato ad una ringhiera, in un'area del parco che sembrava uscita direttamente dalla favola di Hänsel e Gretel, con i cespugli a forma di zucchero filato e le caramelle appese ai rami degli alberi: onestamente, gli dava il voltastomaco e voleva solo fumare.
    «Stai facendo le foto?» borbottò la voce di Momo, all'altro capo del cellulare. Victor stava tenendo la fotocamera interna al momento e vedeva metà della camera della sorella, la quale invece avrebbe dovuto invece vedere un po' quello che c'era nei suoi dintorni.
    «....è un po difficile se devo tenere la chiamata attiva e considerarti. Ma dopo le faccio, sono sicuro che ti piacerebbe.»
    «E a te piace?»
    «Decisamente no. Troppo rosa.»
    «Mh, perché il rosa è un colore da femmina?» canzonò lei, con un pizzico d'ironia che Victor colse al volo, abbozzando il primo sorriso della serata.
    «Soprattutto perché è un colore da femmina.» disse, tornando a guardare i ciliegi. Vestito di nero com'era, con il cappello ed una delle sue solite giacche lunghe che pareva un mantello, Victor sembrava un po' il ragazzino emo in mezzo alla classe dove tutti hanno i capelli colorati.



    «Parlato Momo»
    «Parlato Victor»

    59ULVmk


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    ALEXANDRE ROMAIN DE LACROIX🌸
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    Alexandre non sapeva di preciso che ore fossero, ma era certo che passare ventidue minuti a fare la fila per prendersi un frappè alla fragola fosse una follia che non meritava di essere raccontata in giro.
    Onestamente non si aspettava di trovare tutta quella gente, ma la dicitura dei "biglietti gratis" doveva aver attirato... più persone del previsto. Il parco di Bunkyo era ghermito di gente, lì per ammirare l'Hamami - o meglio Yozakura, visto che ormai era sera - stranieri o giapponesi che fossero vedere tante persone riunite in un posto solo era sempre impressionante. Lui era da solo e non aveva in programma di incontrare nessuno, ed anche se ultimamente uscire da solo non lo faceva sentire tranquillissimo, si era detto che in un parco grande come quello niente sarebbe potuto andare storto.
    Non voleva perdersi un evento simile, la fioritura dei ciliegi era uno dei suoi periodi preferiti dell'anno ed i parchi addobbati ed illuminati dalle classiche lanterne giapponesi avevano un'aria così... tradizionale che Alexandre non poteva proprio resistergli.
    Si era vestito in modo semplice, con dei pantaloni simil-jeans di colore beige ed una maglia bianca a collo alto, sovrastata da una giacca rosata di pelle.
    In realtà gli era sempre piaciuto fare il tour dei parchi in quel periodo, anche se solitamente andava con qualcuno (più perché da solo si sentiva stupido che altro), quel giorno aveva deciso di cambiare tattica. Non c'era un particolare motivo dietro se non il fatto che voleva davvero stare solo, perché la solitudine per lui, al contrario di molti, era terapeutica.
    Il fatto che avesse optato per il parco di Bunkyo, era una coincidenza, anche lui attirato lì dalla fantomatica entrata gratuita (non che gli pesasse pagare 300 yen, intendiamoci ma gratis è sempre gratis).
    L'altra cosa che gli piaceva era la simbologia del fiore di ciliegio, che aveva scoperto da molto poco ad essere onesto, ma la sua delicatezza e la sua brevità era per i giapponesi il simbolo della fragilità e della rinascita. In qualche modo... ultimamente ci si era sentito molto affine.
    In ogni caso, simbologia, traumi, incidenti o meno, la cosa di cui non poteva assolutamente fare a meno, soprattutto se era da solo, erano i dolci. Non avrebbe cominciato il suo giro nel parco senza di essi, potesse cascare il mondo li avrebbe presi. Il primo passo, beh, l'aveva superato - aveva il suo frappè alla fragola - ora mancavano gli Hanami-Dango, doveva solo trovare chi li vendeva, perché era impossibile che non ce ne fossero. Il cielo si era già scurito e la tenue luce delle lanterne rendevano l'atmosfera molto gradevole.


    A quanto pare sono la prima, (eheh scherzo ignorate la parte barrata) quindi beh, se volete interagire con queste bestie ditemelo pure, ci possiamo accordare oppure vi arrangiate! Al solito, mi scuso per i pochi spunti, ma sono introduzioni, vvb comunque ❤
     
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    Alexandre Romain De Lacroix
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    Kyoko Ishikawa 🌸
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    GHOUL

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    «Hai… hai visto? Quest’anno l’Hanami arriva prima. Immagino che a Tokyo ci sia grande fermento.»
    «Mh, come ogni anno.»
    «Magari potrei venire e stare insieme per quei giorni, i biglietti sono convenient-»
    «Piuttosto che vedere i ciliegi con te ci vado col gatto.»
    L’ultima cosa che sentì fu la voce di sua madre dirle qualcosa, ma ormai aveva allontanato il cellulare dall’orecchio. Chiuse la chiamata e si sdraiò sul letto, la faccia le sprofondò tra i cuscini in un attimo.
    Kyoko non vedeva sua madre dal suo ultimo compleanno, un anno prima ormai, e non aveva alcuna voglia di rivederla. Farle prendere un biglietto last minute e farle fare due ore e mezza di viaggio solo per sentirsi dire “No ma’, vacci da sola a guardare i fiori.” non era giusto, non era giusto neanche verso quella donna irresponsabile.
    Si rigirò e guardò il display del suo cellulare: 26 marzo, ore 20:46. Troppo tardi per invitare le sue compagne di squadra, sicuramente si erano già organizzate. E suo padre? No, avrebbe avuto gli straordinari come al solito. Solo in quel momento l’attenzione di Kyoko venne attirata da un suono familiare: le fusa di Onigiri, la sua gatta siamese acciambellata accanto a lei. La micia ricevette due carezze.
    Forse sarebbe davvero uscita con la gatta il giorno dopo.

    Maglione color pesca più grande di lei di due taglie, pantacollant blu scuro (che Kyoko confonde puntualmente con il nero perchè, testuali parole “tanto è uguale”) e zainetto trasformato in comodo trasportino e si va a guardare i ciliegi in fiore.
    L’Hanami era sempre stato un evento importante per lei, non solo per il valore simbolico vicino ed amato dalla cultura nipponica. Per una come lei, cresciuta in mezzo al verde, avere la possibilità di stare a stretto legame con la natura durante il massimo del suo splendore era il massimo. Per Kyoko era come una boccata d’aria fresca presa dopo tanto tempo in apnea. Pur essendo da sola si sarebbe goduta quella lunga passeggiata serale, in compagnia della sua amica più fidata: Onigiri.
    Era sempre bello portare a spasso Onigiri. Fin da quando era stata adottata, la gatta venne abituata da Kyoko ad uscire con lei in braccio o al guinzaglio e adesso era talmente brava e buona da rimanere impassibile anche davanti ai cani o ai rumori assordanti della caotica Tokyo. A confronto era proprio la padrona ad essere colta di sorpresa dai rumori cittadini, nonostante vivesse lì da ormai sette lunghi anni.
    Era dopo entrata al parco quando le arrivò un messaggio da parte del padre, il quale le chiedeva un piccolo omaggio, visto che lui l’Hanami lo poteva vedere solo dalla finestra del suo ufficio. D’accordo, prima di cominciare con la passeggiata sarebbe andata a comprargli qualcosa per evitare di lasciarsi prendere dalla bellezza dei fiori e dimenticarlo.
    Ormai arrivata agli stand quando sentì un miscuglio di odori piuttosto forti, poco gradevoli. Dovevano aver allestito dei banchetti con del cibo per i visitatori. Sarebbe stato bello mangiucchiare qualcosa durante la serata, ma per lei le uniche cose disponibili erano le dita dei venditori.
    Si avvicinò comunque, essendo le bancarelle dei souvenir proprio lì accanto. Fu in quel momento che Onigiri uscì dal suo zainetto/trasportino, zompettando tra la folla. Purtroppo Kyoko se ne accorse dopo un po’, impegnata dall’acquisto del pensierino per il padre, e dovette mischiarsi tra la folla in fila alle bancarelle per ritrovare la gatta. Onigiri in tutto questo si era messa a giocare con i piedi di un passante, un ragazzo dai lunghi capelli rossicci.
    La ragazza si scapiccolò, tendendo una mano verso il povero malcapitato
    «M-mi scusi!»
    Fortunatamente lo raggiunse e subito acchiappò la micetta ai suoi piedi, stringendola forte tra le braccia. Si inchinò immediatamente, senza neanche dare il tempo al ragazzo di guardarla in faccia «Mi perdoni, mi perdoni ancora. Non volevo disturbarla, mi dispiace.»
    Essere cresciuta in una famiglia tradizionale ti rende una macchina da scuse e buone maniere, forse un po’ all’antica. Molto all’antica.
     
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    Alexandre adorava i dango. Primo perché erano buonissimi (ogni tanto si chiedeva come aveva fatto a vivere quasi vent'anni in Francia senza conoscerne l'esistenza), secondo perché erano esteticamente perfetti da vedere. Quelli primaverili, poi, avevano dei colori così carini e pastello che si era ripromesso che prima o poi ne avrebbe comprati alcuni finti da tenere come soprammobile in cucina.
    Era sicuro che se da qualche parte ci fosse stato un paradiso, lì gli alberi avrebbero avuto la forma di un hanami-dango. Facendosi largo fra la folla, rischiando probabilmente qualche gomitata nello stomaco, Alexandre riuscì a scrutare abbastanza bancarelle da scorgere, infine, quella che stava cercando. Sakura-Mochi e Hanami-Dango, due in un colpo solo, e pensò che con quello aveva probabilmente esaurito tutta la fortuna della settimana.
    Poco importava, anche se alla fortuna aveva iniziato a crederci eccome, visto che poco più di un mese prima era scampato al... famelico forse no, ma sicuramente all'attacco di un ghoul. Forse alla fine poteva prendere anche qualche Mochi, avrebbe potuto fargli la foto e inoltrarla a Chinatsu, solo per ricevere in risposta tutte le sue maledizioni sul fatto che non aveva mai un singolo brufolo in faccia e non ingrassava di un singolo chilo, non importava quanti dolci mangiasse. Probabilmente il metabolismo di Alexandre era la cosa più sbagliata e meno sana sulla faccia della terra, ma mangiava davvero pochissimo di tutto il resto, era certo che il giorno in cui gli sarebbe venuto il diabete sarebbe morto di fame.
    Senza pensarci ulteriormente però, si era già messo in fila - se fila si poteva chiamare, era più una calca di gente e basta - alla bancarella designata, sguardo alto verso i ciliegi in lontananza, mentre stringeva il frappè con la mano sinistra. Ne aveva bevuti solo pochi sorsi perché non voleva finirlo prima di entrare in possesso degli altri dolcetti. Si accorse che qualcosa non andava solo quando percepì qualcuno tirargli i lacci delle scarpe. Abbassò lo sguardo d'istinto solo per ritrovarsi sotto gli occhi un... gatto.
    Aspetta, un gatto? Che ci faceva lì un gatto?
    Era un randagio? Oppure... era uno di quelli che appartenevano ad una colonia come gli aveva mostrato Lazar? Doveva ammettere di non sapere onestamente quanto fosse diffuso il fenomeno, ma quella del giovane russo era anche la prima con cui entrava in contatto quindi... forse non troppo?
    Fissò il felino con aria dubbiosa, non che gli desse fastidio che stesse giocando con le sue scarpe, in un certo senso era abituato, ma... che fare? Shibuya era piuttosto lontana da lì, anche se fosse stato un randagio dubitava di poterlo prendere e dire a Lazar di potersene occupare visto quanto erano territoriali i gatti. Non lo avrebbe mai lasciato lì per principio, lui adorava i gatti, e la sua mente ritornò automaticamente a quando Julian si era perso. E se era scappato a qualcuno? Magari aveva fame o aveva paura, ed il suo proprietario o proprietaria che fosse stava attraversando il suo stesso panico da "perdita di animale domestico" ed era un brutto panico.
    Alexandre fece per chinarsi ed accarezzare il felino, ma fortunatamente non ne ebbe bisogno. Tempo pochi secondi, ed una voce concitata raggiunse le sue orecchie accompagnata dall'improvvisa comparsa di una figura femminile con ogni probabilità molto più giovane di lui. La ragazza cominciò subito a scusarsi ed acchiappò il gatto, prendendolo in braccio, momento nel quale Alexandre realizzò che doveva essere la sua padrona.
    «Ah-! Oh, n-non preoccuparti!» mormorò, socchiudendo gli occhi verdi e passandosi una mano sulla nuca, per poi rivolgere un sorriso alla ragazza, come a volerla tranquillizzare, quando in realtà quello lievemente impacciato e che si era appena tranquillizzato era lui.
    «Mi piacciono i gatti, anche io ne ho uno. Ed una volta è scappato anche a me.» aggiunse poi, sperando che si alzasse anche senza che lui avesse bisogno di dirglielo. Non era proprio una cosa di cui vantarsi, ma era una spiegazione sufficiente a far capire che non aveva alcun problema con la situazione.
    Alexandre scrutò appena la giovane. Sì, era decisamente più giovane di lui, ed aveva dei bellissimi capelli biondi.
    Certo che... ultimamente incontrava un sacco di adolescenti alle prese con i gatti.


    Edited by Ryuko - 4/4/2020, 12:30
     
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    Per sua fortuna Onigiri non aveva importunato uno di quei folli terrorizzati dagli animali. Le era capitato fin troppo spesso che signore un po’ troppo sensibile la rimproverassero perché teneva la sua “bestiaccia” semplicemente al guinzaglio e non nel trasportino come tutti i gatti normali. A quei rimproveri Kyoko voleva rispondere solo con un bel morso alla giugulare, ma di morire non le andava perciò… no, niente morsi alle signore rompiscatole, purtroppo.
    “Ah-! Oh, n-non preoccuparti!”
    Il ragazzo si premurò di tranquillizzarla subito mentre lei era ancora china con la gatta che si divincolava tra le sue braccia. Solo in quel momento Kyoko si sentì in diritto di alzarsi, sicura di aver ottenuto il perdono del suo interlocutore.
    Era un ragazzo umano abbastanza alto, i capelli tanto lunghi da poter sembrare quelli di una ragazza. A Nanjo non aveva mai visto un uomo con i capelli tanto lunghi e anche lì a Tokyo non era così comune. I tratti e la pronuncia le fecero intuire che fosse straniero ed era abbastanza sicura fosse anche più grande di lei, avrebbe dovuto mantenere un tono più referenziale per rivolgersi a lui. Dannate convenzioni sociali insegnatele dai suoi nonni.
    La ghoul gli rispose con un sorriso, sinceramente sollevata «Meno male, venir rimproverata anche sotto i ciliegi per colpa di questa discola proprio non mi andava e… A-aspetti.»
    La gatta continuava a divincolarsi, emettendo miagolii lamentosi. Fosse stato per lei sarebbe andata in giro per tutto il parco da sola, saltando da un ramo all’altro.
    Kyoko si inginocchiò per terra e tolse lo zaino dalle spalle e dopo aver smanettato un po’ con il guinzaglio -ed essersi fatta graffiare sulle mani, Onigiri fu nuovamente al suo posto dentro il suo trasportino a cielo aperto. Adesso solo il muso bianco chiazzato era visibile dallo zainetto sulle spalle della ragazza.
    Kyoko si ritirò su, potendosi rivolgere in pace al ragazzo. Era stato gentile a non arrabbiarsi, nonostante le sue scarpe fossero state a rischio artigliate feline.
    Nel frattempo la calca era aumentata e i due, rimasti fermi per il piccolo incidente, vennero superati da un bel po’ di persone. La ragazza fece due più due, se lui era lì fermo stava sicuramente facendo la fila e per colpa sua aveva perso il posto, doveva rimediare.
    «Vorrei comunque sdebitarmi per il disturbo… Visto che siamo qui, posso offrirle qualcosa?»
    Dall’esterno una pessima tecnica di rimorchio, dall’interno un pessimo modo per scusarsi. Kyoko era molto più brava a fare evoluzioni con il nastro e ad addestrare i gatti che ad avere a che fare con gli altri. E pensare che da bambina lavorava a stretto contatto con altre persone… sì, forse proprio dopo tutto quello che aveva passato in fattoria era diventata molto più solitaria.
    Fatto sta che si era appena offerta di comprare cibo al suo potenziale cibo. Incredibile.
    L’odore dei dolci però la nauseava, in particolare il frappè che il ragazzo teneva fra le mani. L’odore di fragola chimica era fra i peggiori e il latte di mucca non aiutava di certo a renderlo meno nauseante. Le ricordava tanto il frullato di yogurt e latte umano che le faceva sua nonna, insaporita con un po’ di sangue, una vera leccornia. E adesso le era venuta voglia di berlo, maledizione.
    «Ehm… io mi chiamo Ishikawa Kyoko, e lei?»
    Con tutti questi “lei” uno dietro l’altro Alexandre si sarebbe sentito vecchio. Poverino.
     
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    Erwann Hræsvelgr era di ritorno da un convegno di terrapiattisti, di conseguenza non poteva che essere di ottimo umore. Tra professori luminari della scienza che inneggiavano al complotto, alla dittatura dei poteri forti e ad un allunaggio in realtà mai avvenuto, Erwann non aveva semplicemente toccato il cielo con un dito: era asceso. Non aveva mai partecipato con tanto entusiasmo ad un’assemblea, almeno finché le risate trattenute non lo avevano costretto ad uscire dalla sala per sventare un principio di soffocamento. La sezione aurea non era mai stata usata come argomento di dibattito in modo tanto sexy.
    Decisamente i 2,500 yen meglio spesi della sua vita.
    Uscì alle diciannove e trenta dalla sede dell’incontro, un deprimente locale al piano terra di un’altrettanto deprimente palazzina dalla deprimente facciata annerita dai gas di scarico. Prima di andarsene però non mancò di scattare un selfie, sorriso a trentadue denti e pollice in su, davanti a un foglio A4 appiccicato con dello scotch al portone d’ingresso, che recitava “Convegno terrapiattisti →”. La mascherina che gli copriva bocca e naso naturalmente non serviva a schermarsi dallo smog, ma dalle scie chimiche supertossiche, come testimoniò nella didascalia corredata di hashtag fantasiosi.
    Il mi piace di Kamui fu quasi istantaneo.
    Aw, lui sì che lo capiva, non aveva neanche un difetto!
    La serata era piacevole, la luce del sole piuttosto calda e lo spettacolo degli hanami raccoglieva per strada famiglie e coppiette. Un vero schifo, insomma. Dal momento che si trovava a Shinagawa e suo padre si rifiutava di dargli le chiavi della macchina dopo l’episodio della rotonda presa dritta, non gli restava che prendere la metropolitana per rientrare a Bunkyo.
    Affrontò il tragitto con le orecchie tappate dalle in-ear, in riproduzione una playlist di remix di brani di Vivaldi - che probabilmente non sarebbe stato felice di sentire le proprie composizioni distorte in quel modo. Mani in tasca e cappuccio calato sulla testa, sembrava proprio uno di quei liceali delinquenti stigmatizzati dalla società giapponese.
    Una volta a Bunkyo, il passo già svelto di Erwann quasi si trasformò in una marcia. Quanta. Gente. La sua allergia ai comuni mortali rischiava di provocargli uno shock anafilattico.
    Se si fermò all’entrata del Koishikawa Korakuen Garden, il maestoso giardino Edo che aveva visitato ben due in oltre un anno di permanenza a Tokyo, fu solo grazie all’icona che fece in quel momento capolino sul display del suo smartphone.
    Non gliene fregava niente dei ciliegi in fiore, non gliene fregava niente della bella serata: gli interessava solo sapere che c’era uno Spiritomb in quel parco.

    E fu così che Erwann Hræsvelgr conobbe Fuyuko Enaga: grazie a Pokémon GO.
    «Hey tu, sta’ ferma.»
    Le era arrivato alle spalle, un metro di distanza e il braccio leggermente proteso in avanti. Benché il suo accento fosse una mescolanza di fin troppe parlate, era chiaro come il sole che fosse straniero. Forse questo l’avrebbe convinta a non muoversi: Erwann non sopportava alcun tipo di interruzione o imprevisto quando catturava Pokémon, soprattutto nel caso di semi leggendari come lo Spiritomb ai piedi della ragazzina che con aria stralunata si guardava intorno scattando foto a ogni cosa.
    La prima pokéball non durò neanche un paio di secondi. Non sarebbe stato facile portarselo a casa. Se la ragazza si fosse voltata proprio in quel momento, avrebbe avuto una perfetta visuale sul sorriso pregno di maligna soddisfazione di Erwann.
    Spiritomb, il Pokémon proibito di tipo spettro-buio… era così edgelord, così spigoloso… doveva assolutamente essere suo.

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    «Parlato.»
    "Pensato."
     
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    Alister H. Onishi 🌸
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    Aspettava quel momento con ancora più impazienza del suo compleanno. Alister era già di norma un uragano costituito di gioia e ottimismo assurdo, ma durante l'hanami dava il meglio di sé. O il peggio, a seconda dei punti di vista.
    Poteva divertirsi con gli accessori a tema, i vestiti a tema, le esclusive a tema. Tutto a tema, anche il tema era a tema, in un incredibile rosa. Perché a quanto pareva avere i capelli tinti di rosa non era più abbastanza.
    Del resto era giustificato, visto l'intero mondo si tingeva di rosa! Più o meno.
    I suoi aspettavano un suo ritorno a casa da giorni, pronti a vedere il figlio tuffarsi nella sua ampia scelta di vestiti. Perché dire si sarebbe tuffato nell'armadio era, per essere gentili, a dir poco riduttivo.
    «Fa attenzione a non mimetizzarti», fu l'avvertimento di sua madre. Non si era nemmeno girata, impegnata a preparare il tè: un tentativo come un altro, alla fine, di dare una scusa perché il figlio rimanesse a casa più del necessario.
    Avrebbe scoperto poco dopo essere stato inutile, perché Alister starebbe stato ore a capire solo come vestirsi quella sera. Senza ancora aver pensato minimamente agli accessori. Il che era grave.
    Christina lo raggiunse in camera per portargli il tè verde, senza stupirsi dell'aspetto catastrofico in cui era stata riversata la camera da letto. Non sembrava nemmeno fosse stata svaligiata dai ladri, i ladri in confronto sarebbero stati più gentili e ordinati.
    Mentre Alister era seduto a gambe incrociate, su un pavimento che tra tutta quella stoffa a malapena si vedeva. L'espressione corrucciata del ragazzo, come se fosse sovrappensiero, era premonitrice di una frase estremamente classica. A tal punto Alister e Christina la dissero all'unisono.
    «Non ho nulla da mettermi»
    Con l'unica differenza Alister alla fine aveva sbuffato, davanti alla consapevolezza era stato prevedibile quanto lo era stato l'arrivo dell'hanami.
    «Ma non ho DAVVERO nulla da mettermi!»
    Si lamentò, accettando la tazza gli venne offerta non potendo evitare di sorridere. Ringraziò di cuore.
    «Vuoi ti aiuti?»
    Mai parole furono più adatte, in quel momento. Così almeno si poteva essere sicuri che, tra tutti i fiori di ciliegio in fiore, Alister Onishi sarebbe comunque stato visibile.

    A dispetto del non avere nulla da mettersi, era tanto in tema con l'occasione sembrava aver preparato quell'outfit anni prima. Aveva un kimono corto, bianco e rosa pastello, decorato con fiori di ciliegio. La stoffa non era né troppo pesante né troppo leggera, così da prevedere la notte avrebbe fatto più freddo.
    Gli orecchini erano semplici, dorati, così da abbinarsi al rosa e il dorato degli occhiali tondi. Ormai era capace di correre anche in geta, quindi in quel momento era più che a suo agio.
    La mattina aveva ammirato i fiori di ciliegio insieme a mamma e papà, nonostante gli sbuffi di quest'ultimo perché il figlio era di nuovo vestito da ragazza. Era stato divertente.
    Ma quella sera aveva una missione importantissima, una a cui non poteva rinunciare in assoluto.
    Purtroppo non aveva ancora mai avuto occasione di parlare a Zhang Hui, di cui a dire la verità sapeva davvero poco. Almeno, fino a quel momento non aveva ancora avuto modo di parlargli come si conveniva, il che gli era sempre dispiaciuto tantissimo. Sia perché Alister tendeva a voler far amicizia pure con le pietre, sia perché ci teneva a dare a Hui un buon benvenuto a Tokyo.
    Che scusa migliore, quindi, attaccare bottone con l'invitarlo a vedere i fiori di ciliegio? Il suo primo hanami era importante, bisognava fare le cose in grande.
    Era anche importante mantenere buoni rapporti tra parenti, gli era stato insegnato, e Zhang Hui era pur sempre del ramo cinese degli Onishi. Qualcuno di importante, sembrava.
    «Se vuoi puoi anche portare il tuo migliore amico!»
    Aveva aggiunto, con un sorriso, all'invito. Dimostrando non aveva capito proprio nulla di Hui, visto come aveva definito quel poveraccio di Wei Xuan. Da fedele attendente ad amichetto in fondo è un attimo.
    Per fortuna Hui aveva accettato, invece di mandare a quel paese Alister come si sarebbe ben meritato. Incredibile, prova i miracoli esistono.

    Quella sera era una fortuna non avesse già mitragliato Hui di domande sulla Cina, dall'alto della sua curiosità a volte morbosa. Voleva viaggiare il mondo, ma al momento non aveva messo mezzo piede fuori il Giappone: i racconti dei gaijin sembravano un buon modo per iniziare a conoscere cosa c'era fuori la realtà nipponica.
    Ma tutto a suo tempo.
    Si doveva concentrare sul dare un buon benvenuto in Giappone.
    Pensò, in un buon proposito degno di nota, ma che mandò subito a quel paese a forza di entusiasmo. Vedere come avevano decorato quel parco gli fece illuminare il volto di gioia.
    «Ma quelle sembrano proprio fiamme! Hai visto?»
    No, tesoro, Hui non le ha viste. Da ora evidentemente tuo cugino è cieco.
     
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    Fuyuko Enaga 🌸
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    Non aspettandosi di sentire una voce così vicino, la povera Yuko aveva rischiato di far cadere la piccola macchina fotografica che si era portata, riuscendo però a tenerla saldamente tra le mani, e facendola sospirare di sollievo.
    Si era girata dunque verso la voce che aveva sentito: perchè doveva stare ferma?
    Aveva una voce strana, forse per colpa dell'accento, di certo era diverso da quei pochi che aveva sentito sempre attorno a sè!
    Era talmente strano che forse non era di lì...possibile che fosse uno straniero? Perchè no? Ma sapeva parlare giapponese? Questa cosa la stupiva parecchio, una volta aveva provato anche lei a imparare qualche lingua straniera, sebbene con scarso successo credeva...non poteva parlarle con nessuno, quindi un po' aveva lasciato perdere, seppur la cosa continuasse ad affascinarla, quanto meno imparare l'inglese ... non che avrebbe mai avuto modo di sfruttare la cosa.
    Il fatto che fosse straniero le parve chiaro alla fine, sebbene poteva pure esserci una percentuale in cui si sbagliava alla grande e aveva preso magari un granchio...e allo stesso tempo accese altrettanto la sua curiosità: se era di fuori ...significava altri posti oltre al Giappone! Sarebbe stato invadente bombardarlo di domande? Probabilmente si.
    Oltre che inquietante forse, insomma, una totale sconosciuta che si entusiasmava con poco e chiedeva mille cose: visto che sapeva non avrebbe mai più potuto viaggiare le sembrava normale, o quasi...
    Se lo ritrovò praticamente a quasi un metro di distanza, e vedendo come armeggiava il telefono ancora non capiva cosa stesse facendo, facendola incuriosire maggiormente.
    Neanche il suo aspetto la spaventò davvero: ah, come si vedeva che non sapeva nulla! Era un po' come quel tipo...di quella serie...come si chiamava? Qualcosa con la neve...
    Be' non se lo ricordava comunque e probabilmente detto da lei sarebbe suonato ancora più strano.
    Forse qualcun altro si sarebbe spaventato, magari prendendo l'altro per un membro di qualche gang giovanile, ma come al solito, Yuko non conosceva abbastanza il mondo lì fuori, se non quello attraverso la sua cameretta, quindi era difficile che pensasse a qualcosa di negativo e neanche forse era capace di pensare qualcosa di simile.
    «Oh...ok!»
    Forse non doveva interromperlo...? Il suo sorriso aveva un che di altrettanto strano, ma, visto che si parlava di Yuko e del fatto che conoscesse davvero poco delle persone e della vita, le parve quasi normale...come se tutti potessero sorridere in quel modo.
    «Cosa stai facendo?»
    No, proprio non ci era riuscita a stare in silenzio per più di 5 secondi, però si ricordò di non muoversi, almeno quello. Gli sorrise, incuriosita, per nulla disturbata da tutto quello.
    «È una cosa divertente?»
    Cavolo, se era una cosa divertente voleva farla anche lei! C'erano così tante cose che doveva mettere nella sua lista delle cose da fare prima del grande giorno!
    Si trattenne giusto in tempo per il ''voglio provare anche io!'', anche perchè a conti fatti non aveva la minima idea di cosa stesse facendo l'altro, ma se sorrideva così doveva essere per forza divertente...giusto?
    Inoltre, il ragazzo avrebbe avuto tutto il diritto di scappare a gambe levate da un comportamento così strano da parte di qualcuno, o almeno era quello che un po' temeva.


    «Parlato»
    ''Pensato''

     
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    ALEXANDRE ROMAIN DE LACROIX🌸
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    Okay, vero. Glielo doveva concedere. Ormai non era più così giovane da poter essere etichettato come tale, ma sentir usare tutte quelle formalità da una ragazza che probabilmente aveva tre o quattro anni meno di lui gli passò addosso con la stessa leggerezza di un trattore su un campo di grano.
    «A-Alexandre. - mormorò per niente pronto a sentirsi storpiare il nome in dieci modi diversi o al sentirsi ricoprire di domande su quale fosse "la pronuncia esatta". - Ma puoi chiamarmi Alex se è troppo difficile.»
    Se Kyoko era tipa da farci caso probabilmente avrebbe infatti notato una debole differenza fra la pronuncia del nome ed il resto del saluto, perché Alexandre era ovviamente abituato a pronunciare il suo nome con l'accento della sua terra d'origine. Beh, per il resto non ci voleva molto ad intuire che fosse straniero, bastava guardarlo e forse la giovane se era già resa conto, quindi non aggiunse altro. Probabilmente anche lei lo era, Alexandre non aveva mai visto una giapponese con i capelli biondi, i suoi non sembravano tinti ed aveva un accento un po'... particolare.
    «E, uhm, non importa che usi tutte queste formalità, d-davvero.» aggiunse, dopo un istante. Non che fosse in imbarazzo o simile, semplicemente sperare che iniziasse un discorso senza inciampare sulle sue stesse parole era una specie di utopia, a meno che non dovesse parlare con colleghi a lavoro o insomma materie in cui era competente.
    Nel caso ve lo steste chiedendo, parlare con le persone non era una cosa in cui si riteneva competente, esatto.
    «Apprezzo il pensiero, grazie, ma non c'è bisogno.» sorrise, in seguito, rifiutando la proposta di Kyoko. Era stata molto gentile ad offrirgli qualcosa, ma Alexandre non aveva davvero fatto niente per aiutarla, non aveva nemmeno fermato il gatto, era solo successo che fosse al posto giusto nel momento giusto, se così si poteva dire, e non voleva approfittare della sua gentilezza. Anche perché non voleva che la ragazza vedesse tutto quello che aveva intenzione di comprare. Decisamente no.
    Quindi prima che potesse anche solo provare ad insistere, decise di virare il discorso su un argomento su cui si riteneva molto più ferrato.
    «Come si chiama? Posso accarezzarlo?» chiese, sperando di non sembrare indiscreto, facendo un lieve cenno verso il gatto con la mano che non reggeva il frappè. «Penso che se provassi a portare il mio in questo modo mi spezzerei la schiena.» rise, poi. Già sette chili e mezzo di gatto non erano proprio una passeggiata, era praticamente come portare in braccio un bambino, ed Alexandre non era nemmeno sicuro di sapere come fare a tenerne uno in braccio, di bambini. Beh, da una parte era grato del fatto che non avrebbe mai dovuto pensare a quel problema.
     
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    C’erano diverse cose che Zhang Hui non aveva ancora mai fatto o nemmeno mai visto di persona. La lista era lunga ma tra queste c’era proprio partecipare all’Hanami: quella tradizione che il popolo giapponese ha di ammirare gli alberi in fiore, in particolar modo i fiori di ciliegio, in compagnia della propria famiglia o di un gruppo di amici gustando anche un delizioso picnic all’aperto.
    Quello non era di certo un concetto a lui sconosciuto vedendo che, in fondo, era una cosa che faceva abitualmente in quel periodo dell’anno, la primavera, poiché amava meditare o suonare in mezzo a tutti quei bellissimi fiori colorati. O seduto sulla veranda della sua stanza che dava su una parte dell’immenso giardino, gustando del tè con Wei Xuan ammirando, in silenzio, la fioritura degli alberi di prugno e ciliegio che circondavano quell’ala della magione.
    Tuttavia, era vero che non aveva mai partecipato ad un evento del genere insieme a qualcun altro o, specialmente, con la sua famiglia (il suo attendente, in fondo, non contava). Non era qualcosa che gli Zhang facevano, passare il tempo insieme, vedendo che ognuno aveva le proprie mansioni e i propri ruoli da adempiere. Le interazioni, i gesti di affetto tra loro, erano solo una perdita di tempo, un’inutilità senza valore.
    Per cui l’invito di suo cugino Alister -o meglio, Hinata, come aveva preso a chiamarlo lui (il nome occidentale al momento per lui un po’ difficile da pronunciare correttamente, per cui era stato facile optare per il secondo nome)-, dal ramo secondario degli Onishi, di andare insieme allo Yozakura allestito al Koishikawa Korakuen, beh, non poté che coglierlo di sorpresa e ciò fu evidente non solo dall'inarcamento delle sue sopracciglia ma anche dal leggero inclinamento della sua testa e dalla bocca leggermente schiusa. Una proposta inaspettata, quello era sicuro.
    Ma la sorpresa non fu solo una prerogativa di Zhang Hui vedendo che, ben presto, fu il turno del suo fedele attendente Wei Xuan. Nessuno dava molta peso alla sua presenza, specialmente nella loro madrepatria, per cui, essere interpellato per lui era una piacevole novità. Era lì per servire (essere un complice) non per fare amicizia ma era anche vero che, ora che erano entrambi lontani dalle pressioni di Nonno e Papà Zhang, potevano fare quello che volevano. Giustamente, sempre secondo certi limiti. In oltre, non era importante mantenere un buon rapporto con quel lato della felice famigliola?
    Poi, uh, migliore amico. Certo.
    Per cui, con una mano appoggiata delicatamente dietro la schiena di Zhang Hui, Wei Xuan accettò la proposta di unirsi a loro, ricambiando con facilità il sorriso del ragazzo dai capelli rosa. Era deciso, sarebbero andati allo Yozakura tutti e tre insieme.
    Quella stessa sera, dunque, si ritrovarono entrambi con il dilemma di scegliere cosa indossare per la peculiare occasione. Il solito hanfu ornato per il signorino e abiti occidentali per l’attendente? Tuttavia, dopo una pacata discussione e una tazza di tè di dopo, per porre omaggio alla tradizione giapponese, avevano dunque deciso di indossare entrambi un kimono. Niente che i soldi degli Zhang, o meglio, degli Onishi non potessero comprare.
    Per Zhang Hui, giustamente, era spettato quello più complesso e ornato: un kimono dal taglio semplice, di colore blu, ma allo stesso tempo articolato con le sue delicate decorazioni floreali di un colore leggermente più scuro mentre, sulle maniche, erano di colore argentato. Un hakama in stile sendaihira (a righe) grigio scuro gli partiva dalla vita e le sue spalle erano coperte da un haori nero all’esterno e bianco all’interno, dove sgargianti motivi floreali con delle gru decoravano il tutto.
    Per Wei Xuan, invece, era spettato per scelta personale un kimono più basilare: rosso scuro e a righe con semplici e poco appariscenti decorazioni di koi e fiori di loto, tenuto fermo da un obi nero, lo stesso colore del suo semplice haori.
    Ovviamente, non potevano mancare i calzini tabi e i sandali zori ai piedi di entrambi.
    Wei Xuan si era perfino premurato di acconciare i lunghi capelli di Zhang Hui in una crocchia alta, tenuta ferma da dei fermagli, con una ciocca di capelli lasciata libera di cadere su una spalla. Era uno stile prettamente femminile, questo lo sapevano entrambi, ma a detta di Wei Xuan stesso, quello stile gli donava essendo non troppo dissimile da quello che portava di solito durante le sue esibizioni. A Wei Xuan, invece, sarebbe bastato legare i suoi capelli in una coda alta con un nastro rosso.
    Arrivò, dunque, ben presto la fatidica sera di qualche giorno dopo, ritrovandosi a passeggiare tra gli alberi di quel magnifico giardino di Bunkyo, decorato a puntino per quell’occasione annuale.
    Al fianco di Alister, Zhang Hui si guardava attorno meravigliato, ammirando ciò che lo circondava. Wei Xuan era rimasto qualche passo dietro di loro, seguendoli nel mentre si guardava intorno con celato disinteresse.
    Zhang Hui aveva dovuto lasciare il suo guzheng nella sua stanza, troppo pesante e ingombrante da portare in giro per quella serata, per cui aveva invece optato per un più leggero guqin, lo strumento basilare che ogni membro del Clan sapeva suonare. Non era maestoso come il suo guzheng ma, a detta di Wei Xuan che al momento ne stava trasportando la custodia, sapeva fare la sua figura specialmente se era lui a suonarlo.
    «Uh? Dove?» disse quindi Hui all’esclamazione di Alister, un attimo confuso da cosa il coetaneo volesse fargli vedere. A salvarlo fu, come sempre, il suo (odiato) attendente che, con una leggera pacca sul suo braccio, una volta essergli passato accanto, gli indicò dove andare a posare lo sguardo.
    «Ohh» si ritrovò quindi a dire, con poca convinzione, lanciando nel mentre un’occhiata di sottecchi a Wei Xuan prima di girarsi di nuovo verso Alister. Si, quell’effetto era bello da vedere ma non riusciva bene a capire cosa dovesse trovarci di così tanto incredibile in tessuti colorati che muovendosi dovevano simulare del fuoco. Era una cosa così inusuale? Ma non voleva offenderlo, per cui non disse niente.
    Dopodiché, con un sorriso, andò a chiedergli innocentemente «Hinata, dimmi, cosa si fa di solito all’Hanami? Non ho mai fatto niente del genere con la mia famiglia».


    Edited by alyë - 5/4/2020, 03:04
     
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    And the curtain fell
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    Tsukiko Kurosawa 🌸🎵
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    Quella giornata era stata uguale a tutte le altre. Mi ero svegliata presto, approfittando del fatto di non essere andata a cacciare quella notte, per poi iniziare a lavorare alla traduzione di un libro giallo dall'inglese al giapponese. Amavo il mio lavoro perché, seppur prendesse tempo, mi permetteva di leggere tanto, nonostante la maggior parte dei testi non fosse degna di nota. Tradurre mi permetteva, inoltre, di ricordarmi molto bene quello che stavo leggendo. Una volta, guardando un TED Talk, una giornalista aveva detto che i migliori ascoltatori fossero gli incaricati a trascrivere. Aggiungendo i traduttori, attenti a far sì che il significato originale dei testi rimanesse il più possibile invariato, non potevo che darle ragione.
    Quel racconto riguardava un omicidio a Shanghai a opera di un presunto ghoul molto violento. Continuando, quella squadra investigativa della CCG si ritrovava a scoprire dettagli sempre più macabri e sempre meno legati a noi esseri dall'alto fattore RC. Era scritto davvero bene e molte cose sui ghoul lì citate erano anche corrette. Era un libro un po' sospettoso, ma concessi il beneficio del dubbio all'autore, in quanto aveva espresso la sua gratitudine, anche nell'introduzione, alla moglie, biologa impiegata alla CCG. E poi, anche se lui fosse stato un ghoul, a me cosa sarebbe cambiato? Avrei comunque tradotto quel libro, cercando di fare un lavoro eccellente per far conoscere al popolo nipponico una storia tanto bella quanto ben fatta.
    Dedicai anima e corpo a quel progetto finché non si fecero le 16:30. Avrei avuto una lezione un'ora e mezza dopo e avrei dovuto essere pronta. Mi feci una doccia, poi mi misi un maglione rosso porpora, un paio di jeans blu e delle polacchine marroni. Infilai, poi, il mio laptop all'interno di uno zaino sempre nero, ricordandomi solo allora di un evento in programma per quella sera: il Koishikawa Korakuen Garden avrebbe aperto le porte gratuitamente al pubblico, per permettere a quante più persone possibile di ammirare l'hanami. Ci sarebbero state molte persone, ma, soprattutto, i ciliegi in fiore, che avrei potuto disegnare da un'angolazione particolare. Inoltre, le pubblicità dell'evento avevano promesso delle aree a tema in mezzo ai ciliegi. Avrei potuto disegnare qualcosa di unico e, se tutto fosse andato per il verso giusto, mi sarei portata a casa un'opera degna di nota. Presi, quindi, il mio equipaggiamento per i disegni all'aperto, composto da un album A4, una custodia con dentro un cavalletto pieghevole, un po' di cancelleria, delle matite colorate e una tavola di legno da usare come piano d'appoggio. Raccolsi, poi, i capelli in due twin tails, usando due elastici neri, poi uscii, diretta alla biblioteca dove avevo fissato l'appuntamento per la lezione di quella sera.
    Finii di lavorare verso le 18:30, con già tutto il necessario per trasformare qualche ciliegio in fiore in un disegno destinato a durare poco più del suo soggetto rappresentato. Una volta raggiunto il posto e superata la fila di persone che, come me, erano state attirate dall'evento, potei iniziare a guardarmi intorno, alla ricerca di qualcosa da ritrarre. Fu così che notai un'area in cui i ciliegi in fiore, misti a elementi sterili e senza vita come il vetro e il metallo, erano illuminati dalle lampade di Wood e da alcune luci verdi. L'atmosfera futuristica di quell'area, che rappresentava la lotta della natura contro l'avanzare dell'inurbamento, m'ispirò non appena la vidi. Cercai, quindi, un angolo dal quale potessi avere una vista dell'area abbastanza grande da fornire abbastanza dettagli per la rappresentazione di un paesaggio, cercando di non dare fastidio a eventuali passanti. Mi sarei dedicata a quell'opera per tutto il tempo necessario, poi sarei passata a un'altra area e, se ne avessi avuto voglia, avrei disegnato anche quella.



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    Kimiko Takeda 🌸🎵
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    «Mi aspetto che tu venga, Kimiko. Sai che ci tengo.» Purtroppo, non potei dirle di no.
    Mia madre era sempre stata fuori per lavoro, mio padre era sempre in turno in caserma e, nell'unica occasione negli scorsi anni in cui entrambi fossero liberi, avevo finto un malore per restare a casa quanto servisse a poter uscire poi, in sicurezza, e raggiungere quel vecchio gruppo di perditempo. Ero tornata tardi, quella sera, e avevo litigato coi miei, che mi avevano aspettata svegli fino al mio ritorno. Avevo manifestato anche la mia riluttanza al partecipare a occasioni come quella, definendole stupide, e mia madre non me lo aveva mai perdonato. Dopo la notte in cui Kaoru mi aveva attaccata, ero in parte riuscita a ricucire il mio rapporto con lei, ma la sua vita la portava spesso fuori da Tokyo, i turni di mio padre non erano cambiati e io, ormai, vivevo per la CCG. Eppure, per lei, fare quell'attività in famiglia era un desiderio troppo grande, per il quale non avrebbe guardato in faccia a nessuno.
    Quell'anno, lei aveva avuto una settimana di ferie proprio a fine marzo e, nel primo giorno libero di mio padre, aveva già deciso che saremmo andati tutti e tre al Koishikawa Korakuen Garden. Mia madre mi aveva chiamata durante il suo primo giorno di riposo, per informarmi del fatto che, tre giorni dopo, saremmo andate a vedere l'hanami insieme a mio padre. Solitamente, avrei utilizzato il fatto di essere di turno per poter rimanere nel mio appartamento a riposarmi, in vista dell'indomani, ma, non appena provai ad accennarle al fatto che sarei rimasta a lavorare e che non avrei preso un giorno di permesso per essere libera quella serata, lei iniziò a rinfacciarmi il mio comportamento di anni prima, facendomi sentire in colpa. Non ebbi altra scelta che dirle di sì, rassegnandomi al fatto di dover andare da lei dopo il lavoro.
    Quel giorno, la mia sveglia suonò alle sei, come sempre e, con l'eccezione di una nuotata di primo mattino, il mio turno di lavoro mi occupò la maggior parte della giornata, precisamente dalle 8:15 alle 18:00. Non avevo fatto altro per tutto il giorno se non catalogare ed esaminare prove relative a un ghoul non-identificato di ipotetico Rank A, nella speranza che da esse potesse emergere qualche indizio che avrebbe potuto far proseguire l'indagine. Avendo un appuntamento coi miei genitori mezz'ora dopo, andai da loro direttamente dopo il lavoro, trovandoli già pronti per uscire.
    Arrivammo alla nostra destinazione, il Koishikawa Korakuen Garden, mezz'ora più tardi, con l'ausilio della macchina di mio padre. Già fuori dal parco, mentre facevamo la fila, potei osservare mia madre, felice come l'avevo vista soltanto poche volte, cercare di non mettere troppo in mostra il fatto di essere riuscita a riunire la sua famiglia per andare a osservare i ciliegi in fiore. Era bello vederla in quello stato d'animo. Mio padre, invece, era rimasto rigido, come se non gli importasse di tutto ciò. Probabilmente era vero, ma sapevo quanto tenesse a mia madre e che, semmai ciò non gli fosse andato a genio, lei avrebbe ripagato quel favore.
    Da quando ero arrivata a casa, mio padre non aveva aperto bocca se non interpellato. Mi aveva giusto salutata, poi non mi aveva mai rivolto la parola. Ormai ci ero abituata, ma vedere la contentezza di mia madre accanto ai suoi modi quasi freddi mi faceva uno strano effetto. Stranamente, sembrava lei quella fuori posto: io ero seria come al lavoro, seppur fossi contenta di passare del tempo con lei. Mio padre, invece, aveva continuato a trattarmi come la delusione che ero ai suoi occhi. Ero venuta a quell'appuntamento per farmi perdonare da mia madre per il litigio di anni prima, ma non credevo che mio padre avrebbe mai perdonato il fatto di aver scelto la CCG e non una qualunque forza armata.
    Dopo un'attesa abbastanza lunga, data dal fatto che lo sconto del 100% sui biglietti avesse attirato molti visitatori al parco, riuscimmo finalmente a entrare. Probabilmente, mia madre avrebbe voluto vedere l'intero parco, approfittando della presenza di tutta la famiglia. Bisognava solo vedere da dove avrebbe cominciato. Se non avessi trovato io qualcosa che valesse la pena di essere vista, li avrei semplicemente seguiti. Mio padre sembrava dello stesso avviso, dato che, cambiando mano alla busta con la coperta che aveva portato, ruppe il silenzio per dire: «Dove vogliamo andare?» Spinti da mia madre, ci muovemmo verso un'area del parco con alcuni effetti speciali ricordanti il fuoco e la lava. Iniziai a osservarla, ammirando la bellezza dei ciliegi e, poi, delle decorazioni, senza mai perdere d'occhio chi mi avesse portata lì. Dopotutto, stavo partecipando per loro.



    «Parlato»
    "Pensato"
    «Parlato della madre di Kimiko»
    «Parlato del padre di Kimiko»


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    Her "friends"
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    Hedvig Forsberg 🌸🎵
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    «That's amazing! I can't wait!»
    "Helvetes jävlar sk..."

    Ero davvero stata costretta da quelle... bestie ad andare con loro all'hanami. Se solo Keira non avesse avuto parenti ai piani alti della CCG statunitense, avrei mostrato loro quanto fosse efficace scaricare la tensione sulle proprie prede. Avevo già programmato di andarci, ma volevo farlo da sola, per poter pedinare qualcuno e tornare a casa a stomaco pieno. Purtroppo, però, quelle tre avevano deciso di organizzare l'ennesima uscita di gruppo e d'invitarmi, «nella speranza che tu non ci pianti in asso col primo che ti offirirà da bere.»
    Da dopo la serata all'Utopie ero passata dall'essere l'unica altra persona del gruppo con la testa sulle spalle, secondo Saki, a quella che si era comportata peggio, sparendo dalla circolazione e lasciandola da sola a gestire due ragazze troppo eccentriche per lei. Certo, era stato un evento isolato, ma riconquistarmi la sua fiducia fu abbastanza arduo. Aveva passato un brutto quarto d'ora, dopo essersi resa conto della mia scomparsa. Solo Keira e Inés erano riuscite a fermarla dal farmi una ramanzina di fronte a Lazar, cosa che avrebbe potuto trasformarla, qualche giorno dopo, in una poltiglia informe o in un pasto vivo. Tuttavia, una volta uscita dal locale, mi toccò sorbirmi tutta la sua frustrazione. Le altre due, invece, essendo di natura più festaiola, si fecero subito una ragione dell'accaduto e, dopo un semplice richiamo a non sparire più inavvertitamente, mi lasciarono andare.
    Saki non mi rivolse la parola per qualche giorno, dopo il quale, approfittando del fatto che le altre due non volessero che il gruppo si sciogliesse, riuscii a farla tornare amichevole. Tuttavia, non volle più uscire con noi in posti troppo eccentrici, come discoteche o altri locali notturni nei quali potessimo fare cose troppo rischiose.
    Fu lei, però, a proporre l'hanami, in quanto, convintasi che l'evento con Lazar fosse stato un caso isolato, pensò che, se non avessimo bevuto più di un bicchiere e non ci fossimo allontanate inavvertitamente, ci saremmo divertite. «Inoltre, ogni straniero dovrebbe vederlo, almeno una volta.»
    Qualche giorno più tardi, approfittando del fatto che i biglietti del Koishikawa Korakuen Garden fossero gratuiti, io e le mie umane da compagnia ci mettemmo in fila, questa volta tra persone normalmente vestite e senza più profumo del necessario. Dopo aver superato così tante pietanze da avermi messo un certo appetito, finalmente riuscii a entrare nel parco. Tutti quei ciliegi in fiore mi ricordavano Kungsträdgården e, guardandoli, la nostalgia della Svezia iniziò a farsi sentire. Certo, qui in Giappone avevo più libertà, potevo mangiare chi e quando avessi voluto e rincorrere il mio obiettivo di diventare una ghoul forte e temibile, capace di banchettare di chi volessi senza che la CCG o gli altri ghoul potessero interferire, ma Hive mi mancava. Mi mancavano la sua palestra, i tränare al mio servizio e avere una ricompensa anche pecuniaria per ogni uccisione, cosa che si sommava al semplice piacere di quel lavoro bellissimo, che sembrava fatto apposta per me. Inoltre, per quanto rigido fosse l'inverno svedese, il caldo giapponese mi piaceva anche meno e, se avessi potuto scegliere, sarei tornata in Svezia il giorno stesso. E poi c'erano i ciliegi anche a Stoccolma, quindi perché avrei dovuto per forza andarli a vedere lì?
    Tuttavia, l'hanami doveva essere meraviglioso per Hedvig: lei era in Giappone per scelta e per vedere tutto ciò che la cultura nipponica avesse da offrire e andare a vedere i semplici ciliegi doveva sembrarle la cosa più bella del mondo. Iniziai, dunque, a fingere stupore non appena entrai, spalancando gli occhi e sussurrando «De är så...» con voce sottile e rotta, come se stessi vedendo per la prima volta qualcosa d'incredibile. Certamente erano incredibili le aree tematiche, che in Svezia non avevano mai pensato di fare. Attratte dalla troppa sdolcinatezza dell'area decorata con tutte quei dolciumi, per fortuna finti, le mie umane da compagnia si diressero verso l'area rosa, dove le seguii, in quanto non avevo niente di meglio da fare. Da lì, avremmo deciso il da farsi, con la Sottoscritta che sperava di non doversi avvicinare all'area ristoro che già avevo visto in lontananza.



    «Parlato»
    "Pensato"
    «Parlato di Inés»
    «Parlato di Keira»
    «Parlato di Saki»



    Note per il lettore:
    -"Helvetes jävlar skit" è un'imprecazione abbastanza rude, che non tradurrò;
    -Kungsträdgården e la fioritura dei ciliegi a Stoccolma;
    -"De är så..." (Sono così...)


    Le PG sono presenti all'hanami per completare una sottotrama che può essere diversa a seconda delle loro interazioni coi vostri personaggi (o dalla mancanza di esse). Se volete interagire con loro, sono a vostra disposizione. Chiamatemi, se vi va.
     
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    Alexandre Romain De Lacroix
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    Kyoko Ishikawa 🌸
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    21 Y.O
    “A-Alexandre. Ma puoi chiamarmi Alex se è troppo difficile.”
    Sì, era sicuramente straniero. Forse… francese?
    Kyoko non era mai stata brava con le lingue, era già un miracolo che avesse imparato due parole di inglese in croce. Nonostante le influenze americane, l’isola di Okinawa non brillava certo per multiculturalità e sono una volta giunta a Tokyo la ragazza si era dovuta interfacciare con un ambiente ben più internazionale. Riflettendoci, avrebbe dovuto approfondire la sua conoscenza dell’inglese se avesse voluto entrare di prepotenza nel circuito internazionale di ginnastica ritmica. Non avrebbe perso per nulla al mondo la possibilità di chiacchierare con qualche promettente ginnasta russa… ma imparare il russo è fuori discussione.
    E comunque no, anche Alex era troppo difficile. Nella sua mente Kyoko cercò in tutti i modi di capire come pronunciare quella “x” ma più ci pensava e più le veniva innaturale: ics? its? No, meglio stare zitta e risparmiarsi una figura barbina, il suo gatto aveva dato già abbastanza spettacolo per quel giorno. Così la ghoul rispose semplicemente con un lieve inchino ed un sorriso.
    Peccato che subito dopo il ragazzo aggiunse di non usare tanta formalità nei suoi confronti.
    Dopo un inchino formale.
    Il polline dei ciliegi le aveva dato alla testa.
    Non fu difficile per Kyoko rendersi conto del lieve disagio che scorreva nelle parole del ragazzo, o almeno così interpretò i suoi balbettii appena accennati. Escluse immediatamente la poca abilità nella lingua, se era riuscito a comprenderla nonostante l’accento doveva aver imparato bene il giapponese. Forse si era sbagliata e il rosso non era così tanto più grande di lei o forse era il suo essere straniero a renderlo meno avvezzo alle formalità.
    Man mano che parlavano la calca scorreva verso i banchetti, e più scorreva più lo stomaco di Kyoko si chiudeva. I profumi che le bancarelle emanavano per lei erano peggio dei miasmi di una discarica, una discarica molto dolce. Fu quasi un bene che Alexandre la fermasse dal comprargli qualcosa, se si fosse avvicinata troppo avrebbe rischiato più di un conato -e avrebbe dilapidato la sua paghetta settimanale.
    Ovviamente la ragazza non si esimè dal protestare ma lo straniero non solo abbondava di modestia ma anche di sagacia, dirottando il discorso su qualcosa di meglio.
    Gatti. Che belli i gatti.
    Alla sua richiesta Kyoko si voltò, dando al ragazzo le spalle e l’opportunità di accarezzare la gatta, pronta con la testa fuori dal trasportino.
    «Si chiama Onigiri, sai, per via del manto bianco e delle macchie più scure. Mia unica accompagnatrice in questo Hanami notturno.»
    Una spiegazione che aveva dell’infantile, eppure quella gatta era arrivata in casa solo da qualche anno. Una Kyoko diciannovenne le aveva dato quel nome. Puerile.
    «Il tuo invece come si chiama? Potresti portarlo al guinzaglio, ti farebbe compagnia. Mi sa che anche tu sei solo oggi.»
    Non pensava ci fossero altri coraggiosi (o sfigati) che fossero soli durante l’Hanami, ma almeno Kyoko si sentì meno stupida ad essere uscita con il gatto. Per un momento.

     
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    She knows
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    LAKESIDE, under a cherry tree

    IZUMI KAORU🌸
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    HUMAN

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    23 Y.O
    Fujiwara Reika era una donna gentile, ma quando si trattava di lavoro era capace di trasformarsi in un vero e proprio rullo compressore.
    «Stiamo parlando di marketing.»
    Sempre la stessa storia: sfruttare le occasioni pubbliche per mostrarsi in giro e ottenere una briciola in più di visibilità. Come se condividere le millemila foto dei mici di casa Izumi, insieme alle sue di vita quotidiana e joie de vivre non fosse abbastanza.
    «Nnnh.. devo proprio?»
    Era pomeriggio, giornata rilassante e aveva trascorso la mattinata nella sua routine preferita: sgolarsi con la playlist dei Queen per le pulizie, danzando con Freddy-l'aspirapolvere e igienizzando ogni santa superficie di casa, con maniacale attenzione per rendere perfetta soprattutto la stanza dei gatti, mentre questi lo fissavano dai loro rifugi sulla parete, appena puliti naturalmente.
    Ora stava al telefono, seduto sul divano a gambe incrociate, con nello spazio che si era andato a creare i suoi affezionatissimi Niwa e Azusa, acciambellati insieme e in piena modalità fusa. Fandango si era trovato un angolo sullo schienale e fissava Lily mentre riportava la pallina a Kaoru fin sul divano, miagolando complimenti di gioia ogni volta che lei tornava da loro.
    Kaoru era così impegnato in quel momento: una mano a coccolare i mici in braccio, una a lanciare la pallina e l'auricolare per la telefonata con la manager.
    «Devi.» Imperativa, come sapeva essere spesso necessario con lui. «Vuoi davvero essere l'unico a non uscire per l'Hanami? Con tutti gli eventi sparsi per la città in questa ricorrenza, tutte le celebrità più o meno famose approfitteranno per farsi un po' di pubblicità gratuita a spese della popolazione. Pensa anche solo alle condivisioni sui social!»
    Tutte le celebrità...
    Il resto della frase era andato scemando abbastanza in fretta.
    Tutte le celebrità...
    In lontananza sentiva ancora la voce di Reika parlargli, affermare che la concorrenza ne stava già approfittando. Fandango miagolò di nuovo, Lily aveva riportato la pallina e Kaoru gliela lanciò, prima di fare una coccola a Niwa e soffermarsi per un grattino sotto il muso di Azusa, che ricambiò il suo sguardo con estrema intensità.
    Tutte le celebrità...
    «Okey, ci vado!»

    [...]

    Hanami, fioritura, notte, lanterne, parco, potenziali incontri... La lista di variabili era così lunga che a pensarla tutta ci poteva mettere una vita intera e non aveva tutto quel tempo per decidere cosa mettersi.
    Una volta conclusa la telefonata con Reika aveva trascorso ancora un'ora abbondante con i gatti, dialogando con loro proprio sulla scelta dell'abbigliamento. Casual semplice? Modaiolo? Pazza gioia con le griffe di tendenza? Beh, quello era ovvio, a meno che non volesse puntare sul vintage... AH, che vita difficile! E lui che voleva starsene sul divano, con una felpa larga e comoda, i capelli raccolti e le fusa dei felini a fargli compagnia.
    Niente, alla fine aveva deciso di optare su qualcosa che rappresentasse la normalità, perché anche le celebs dopotutto sono persone e in quell'occasione voleva ispirarsi ad una frase di un film che aveva visto da bambino e gli era rimasta particolarmente impressa.
    "Il fiore perfetto è una cosa rara. Se si trascorresse la vita a cercarne uno, non sarebbe una vita sprecata."
    Perciò sarebbe stato nulla di più di una persona comune - o almeno poteva provarci - che approfittava della fioritura dei ciliegi per cercare il famoso fiore perfetto.

    [...]

    Jeans dal colore slavato, un pullover stretto grigio con una serie di righe orizzontali (nera la prima e le quattro seguenti bianche) e una giacca in eco pelle nera alla fine. Capelli sciolti, liberi di ondeggiare in tutta la loro leggerezza post balsamo e olio districante.
    Era alla fine arrivato un po' dopo l'orario ufficiale di apertura dell'evento, si era tranquillamente infilato tra la gente in costante afflusso in quello splendido parco e aveva pure scambiato le classiche quattro chiacchiere di rito - e selfie - con chi lo aveva riconosciuto.
    Savoir faire e disponibilità erano all'ordine del giorno quando si trattava di lavoro e, come Reika si era premurata abbondantemente di ripetergli quel pomeriggio, anche quell'uscita era per lavoro e non poteva esimersi dall'eseguirlo in maniera quanto più impeccabile possibile.
    Era passato anche dall'area ristoro, con pazienza infinita dato che non era stato l'unico a pensare bene di procurarsi subito qualche spuntino da consumare durante la serata in giro. Con i tradizionali hanami-dango e qualche altro dolcetto, accompagnati da una necessaria bottiglietta d'acqua, nella borsa di tela presa al gift shop appena prima (niente biglietto, ma un piccolo contributo al parco lo voleva dare), Kaoru pensò bene di seguire un flusso di corrente di persone e avventurarsi nell'area marina, sentendo in seguito il desiderio di distaccarsi dalle principali attrazioni del luogo per puntare su qualcosa di un po' più pacato. L'acqua però restava nel suo pensiero e le indicazioni che si trovò davanti lo condussero al grande lago al centro del Koishikawa Korakuen.
    C'era musica nelle aree tematiche, ma a quanto pareva era presente anche al di fuori, la differenza stava tutta nel non trattarsi di altoparlanti. Anche lui, come qualche altro passeggiatore tra i ciliegi in notturna, aveva finito con l'avvicinarsi a quella ragazza che conosceva, anche se non di persona, e che aveva deciso di trovarsi un angolo di parco sotto i ciliegi per fare un po' di musica.



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    SPEAKING TO
    TADASHI
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    RED ZONE

    ZHU AN 🌸
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    GHOUL

    AGE
    29 Y.O
    «E` quel periodo dell'anno... La primavera esplode, la città si tinge di rosa e bianco, l'amore è nell'aria...»
    Xiang sembrava annoiato nel decantare la tiritera da trailer romantico, guardando fuori dalla finestra mentre An, comodamente stravaccato sulla poltrona e col portatile in grembo, fissava con attenzione le righe di codice che ogni volta facevano tornare alla mente del ragazzino i protagonisti di Matrix davanti ai monitor con le cascate di cifre verde fluo su sfondo nero: guardare mondi invisibili a tutti gli altri.
    «Mmmh...»
    Un assenso lontano, An lo stava ascoltando senza prestare davvero attenzione.
    «Stasera ci sono anche consegne da fare... dividiamo?»
    «Ovvio.»
    Stringato, doveva finire la schedule di lavoro fissato per quella giornata e poi poteva dirsi libero, non gli mancava molto.
    «Probabilmente dopo resto fuori per un po'.»
    Lo sguardo si assottigliò nel trovare un errore che gli fece storcere il naso e le dita corsero veloci sui tasti per sistemare quell'oscenità. Aggiunse un paio di appunti in commento, salvò il lavoro e aprì un file di testo dove teneva l'elenco delle cose da fare di volta in volta: qualche riga per ritrovare il giorno dopo il punto di partenza e un paio di tagli sulle cose appena terminate.
    Arresta il sistema.

    [...]

    La sera non sarebbe stato un grande problema, le consegne che aveva in programma erano veloci, anche se in punti sparpagliati per la città: insomma era più che altro una scocciatura farsi le lunghe corse con i mezzi da una parte all'altra, ma erano state organizzate in modo da avere un unico tragitto. L'ultima era stata a poca distanza dal parco dove era in corso lo Yozakura con aggiunta di aree tematiche a colori vari. Non era stato un caso, aveva ben pensato di farci un giro dopo, un po' per curiosità e un po' perché alla fine non aveva altro da fare e una boccata d'aria male di sicuro non poteva fargli.
    Entrare al Koishikawa Korakuen non fu troppo faticoso, attraversare la zona ristoro un po' di più, soprattutto svincolarsi tra tutto il cibo umano che girava, con l'odore pungente di troppe cose insieme che lo infastidiva. Scartò una delle caramelle DH per contrastare la nausea che iniziava a crescere in lui e la lasciò sciogliere con la giusta calma, rigirandosela in bocca.
    Il resto del parco se non altro era più gradevole e le aree tematiche erano uno svago interessante. Girò abbastanza rapidamente quella rosa, per quanto alla fine le caramelle facessero ben parte della sua vita, anche se non quelle reperibili in qualsiasi negozio umano, per poi seguire le indicazioni verso le fiamme dell'inferno o qualsiasi cosa fosse l'area rossa.
    Si era addentrato da un po' in quel tripudio di colori focosi, camminando lentamente e prestando attenzione al modo in cui le persone interagivano tra loro e nell'ambiente. Coppiette, gruppetti, famiglie, solitari impegnati a bere con eleganza su una panchina.
    Tu guarda, una faccia nota~
    Senza chiedere alcunché, si andò ad accomodare ad un lato della panchina, appoggiando il gomito dal lato di Tadashi sullo schienale e rivolgendogli mezzo sorriso di saluto nel parlargli.
    «Il rosso ti dona...»
    Outta nowhere, anche se mancava la serietà e allo stesso modo il sarcasmo. Voleva forse essere una battuta? Forse. Forse~
    Spostò poi lo sguardo sul panorama intorno, le fiamme di tessuto, le luci calde, la gente che passeggiava e contemplava installazioni e natura.
    «Anche tu in giro a godere dell'esplosione della primavera, sbocciare di fiori e spargimento d'amore?»
    Aveva non a caso citato, più o meno, le stesse parole dette dal nipote in precedenza e con un simile tono: cantilenante, annoiato e sfumato di nausea sul finire. In realtà l'ultimo punto era tutto personale.



    ---------------------------


    SPEAKING TO
    NOBODY
    LOCATION
    GREEN ZONE

    ONISHI SHINSUKE🌸
    TYPE
    CCG

    AGE
    25 Y.O
    Era un'occasione degna di nota e per quanto diversi fossero i luoghi meritevoli di tale avvenimento, la possibilità di godere di una combinazione simile era da cogliere al volo: un parco storico, lo Yozakura, una dimostrazione di arte contemporanea incastrata con le bellezze della natura.
    A differenza di molti, però, Shinsuke aveva ben pensato di andare con largo anticipo al parco, desiderando anche pagare quel biglietto d'ingresso e godendo dello sfumare dei raggi del sole sopra le fronde degli alberi.
    Aveva incastrato i turni in maniera calibrata, così da poter svolgere appieno le sue mansioni e potersi cambiare direttamente alla CCG, prima di andarsene a zonzo per la città. Il piano era semplice: visitare un paio di luoghi di rito per l'Hanami, mangiare qualcosa camminando per le vie costeggiate da ciliegi in fiore e procurarsi qualche altra delizia da tenere nello zaino che aveva con se. Vista la situazione, la comodità doveva regnare sovrana, tra jeans e felpa navy sufficientemente calda per non costringerlo a fastidiose giacche, con i capelli legati in una coda per rendere più semplice evitare finissero intrappolati dagli spallacci dello zaino.
    Era a conoscenza della bellezza del parco, non era la prima volta che ci andava e non sarebbe stata neppure l'ultima. In una zona così centrale era facile poterlo raggiungere anche durante le giornate libere o quando i turni gli permettevano orari corrispondenti all'apertura al pubblico.
    Visitarlo in quel momento di transito tra giorno e notte, durante il tramonto, aveva però qualcosa di sublime. La gente non mancava, ma come la luce del giorno andava a spegnersi, quelle artificiali delle lanterne sui ciliegi si accendevano e le aree tematiche prendevano sempre più vita in contrasto con la notte.
    Surreale. Aveva del surreale e allo stesso tempo Shinsuke trovava quell'idea ottimale per avvicinare ancor più persone alla bellezza del luogo, anche solo per quella notte di spettacolo.
    Decise di costeggiare il lago e seguire le indicazioni per affrontare prima l'area rosa del paese dello zucchero filato e in seguito quello rosso dei fiumi di fuoco e lava. L'area blu aveva finito con essere l'ultima, perché in lontananza l'aura verde lo aveva attirato in modo particolare.
    Non era un particolare fan della fantascienza, ma l'effetto delle luci UV accostato a quel colore a cui un po' si sentiva legato era affascinante, così come osservare attraverso i vetri e gli scorci creati dalle strutture che delineavano un percorso attraverso gli alberi.
    Per evitare di stare proprio in mezzo al sentiero che si snodava per quella zona, si accostò ad una delle panchine del parco, restando in piedi, per osservare con maggior attenzione uno dei ciliegi in fiore che risplendeva delle luci di quell'area dietro un pannello in vetro, con i fiori quasi fluorescenti. Una vaga rappresentazione di un ciliegio appartenente a qualche galassia lontana o universo alternativo?

     
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    SPEAKING TO
    An
    LOCATION
    Area 2 - Rossa


    Tadashi Satou 🌸
    TYPE
    GHOUL

    AGE
    27
    Probabilmente se qualcuno si fosse avvicinato a Tadashi avrebbe sentito odore di martini e rancore, e a quanto pare era successo per davvero: qualcuno si era avvicinato e non uno sconosciuto.
    Alzò gli occhi al cielo, non soffermandosi inizialmente su chi gli aveva parlato i primi secondi, ma riconoscendo una voce familiare: si era voltato riconoscendo Zhu An...che si era avvicinato attaccando subito bottone.
    Prese un altro sorso del suo martini, sorridendo in modo affilato.
    «Oh caro, qualsiasi cosa mi dona, non essere avaro» Se c'era una cosa che Tadashi amava e di cui aveva, probabilmente, disperatamente bisogno era sentire i complimenti, non sarebbe mai riuscito a farne a meno, erano il suo modo di farlo sentire sicuro.
    E il suo sorriso, affilato, la diceva lunga sul fatto che non era il solito atteggiamento accomodante.
    «Guarda guarda chi si vede, non ti facevo tipo da ciliegi in fiore...finito di fare la baby sitter prima stasera?»
    Avrebbe potuto dire la stessa cosa in effetti su di lui, e probabilmente avrebbe risposto che era sadico e si faceva del male da solo, ma allo stesso tempo Tadashi aveva bisogno di essere infantile quel giorno: sentiva di aver perso un po' di smalto, tutte quelle uscite e quegli atteggiamenti diversi lo avevano affaticato facendolo arrivare ad essere meno cinico del solito? Ah, quello era grave.
    Già gli stava venendo la nausea a ciò che disse successivamente, tanto che in un sorso mooooolto lungo si finì tutto il bicchiere di martini, e già quello sarebbe stato abbastanza indicativo su ciò che pensava, ma allo stesso tempo, non abbandonò quel sorrisetto.
    «Io avrei altri modi in cui godrei dell'esplosione della primavera e non certo a guardare piante... magari in un hotel extra lusso con sauna e idromassaggio: se proprio voglio dei fiori rosa li metterei come sfondo in pausa del televisore in 4K Ultra sorseggiando un martini dry con un uomo ricco e nudo accanto a me.» Ah be', visione chiara di come avrebbe passato quella serata in alternativa nella sua testa, con l'unica differenza che era qualcosa che avrebbe voluto lui, o organizzato lui e non invece perchè combinato da altri o in servizio...ovviamente però sempre tutto a scrocco, sfruttando qualche regalo.
    «E ti vorrei correggere...vorrebbero che ci fosse spargimento d'amore, è un loro stupido desiderio...come se l'amore lo potessi trovare seppellito sotto qualche radice, è più facile che ti attacchi un procione con la rabbia»
    L'anima della festa insomma, e probabilmente non era il martini che parlava, ma era acido di suo, doveva stare attento o si sarebbe sciolta la panchina sotto i suoi piedi.
    Era chiaro che il ghoul avesse una certa visione della parola amore, e non era probabilmente quella condivisa da tutti universalmente.
    «Anche io ne ho uno, sai? Di avere un bell'appartamento, un corpo grandioso e di essere bellissimo...Oh guarda, il mio desiderio si è già avverato!»
    Disse prima in tono pensieroso, fino a trattenere una risata: be' apparentemente l'autostima non gli mancava, forse ne aveva anche in eccesso, e oramai era raro sbandierarlo così ai quattro venti, ma aveva deciso che quel giorno non era nessuno delle sue altre identità.
    Purtroppo non c'era nulla di positivo in quello che era rimasto in Tadashi Satou.
    Riaprì il suo kit per farsi un altro martini prima di guardarlo e dirgli...«Vuoi farmi compagnia?» Dopotutto era anche grazie alla loro merce che era facilitato nel lavoro, non era così arrogante da pensare che non gli avessero facilitato di molto la vita, e offrire un bicchiere non era certo una cosa che faceva tutti i giorni, non volontariamente almeno.


    «Parlato»
    ''Pensato''

     
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