Run devil, run.

[CONCLUSA] Hikaru "Shiori" Serizawa & Hayato Kujo | small alley | 13/05/2020, dalle 19:00

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    Hikaru "Shiori" Serizawa
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    ❝ Shiorin. ❞
    ❝ Shiorin, non ce la faccio più. ❞
    ❝ Shioriiiin. ❞
    ❝ Shiorin per favore, rispondimi. ❞
    ❝ SHI-O-RIIIIIIN. ❞
    Era una vibrazione continua. Il cellulare ben custodito nella propria tasca non faceva che mandarle scosse, una dietro l'altra. Ma stava seguendo la lezione, non aveva avuto il tempo materiale per prendere il cellulare in mano. Aveva concordato con sua madre che per qualsiasi emergenza avrebbe dovuto chiamare e non inviarle messaggi, perciò non aveva fatto altro che credere non fosse nulla di realmente importante. Tutto ciò fino a che, alle 18 spaccate, non fu libera di uscire dall'aula e ripercorrendo i corridoi della propria università, spulciare tutte le notifiche ricevute fino a quel momento.
    Aveva sbagliato, non aveva rammentato all'amico di chiamarla se fosse stato urgente e leggendo le notifiche non aveva fatto che tirare esasperati sospiri, tra un senso di colpa e l'autocommiserazione. Capitava anche a lei, gliel'avrebbe passata. Più o meno.
    « Che succede, Serizawa? »
    Oh, aveva persino scordato di essere in compagnia. Avrebbe piantato in asso i compagni di corso per avere dei momenti per pensare.
    « ... niente. Torno a casa da sola, proseguite senza di me. »
    Non lasciò spazio ai dubbi e le domande degli altri: dopo le poche parole aveva già provveduto ad allontanarsi da sola, cercando un posto dove da sola avrebbe potuto fare mente locale, senza essere un peso per le ragazze con cui avrebbe fatto la strada, o parte, del ritorno verso casa.
    Fu una serie a tratti interminabile di messaggi in cui cercava di scusarsi per non aver risposto, eppure l'amico sembrava tristemente irritato. Non riusciva a fargliene una colpa: era stato un periodo parecchio difficile per lui, in quanto ghoul. Aveva cercato di aiutarlo nella maniera più consona, ma il suo aiuto non poteva estendersi a trovargli una preda o continuare a permettergli di mangiucchiare e stuzzicare la propria carne. C'era un limite a tutto e non poteva permettersi di continuare ad essere il suo snack.
    Ripeto: mi dispiace. Incontriamoci al solito vicolo tra un'ora, cerco di non farmi seguire.
    ... okay?
    Troveremo una soluzione, te lo assicuro. Puoi contarci.

    [ ... ]

    Dopo un veloce colpo di telefono alla madre per avvisarla del suo ritardo per cena, cercò di recarsi al luogo d'incontro prestabilito con l'amico ghoul: non lo aveva mai incontrato senza adeguati accorgimenti all'abbigliamento, cercava sempre di passare inosservata e di non essere riconoscibile, soprattutto perché se fosse stata beccata a scambiare quattro chiacchiere con un ghoul di rank B alla luce del sole senza le dovute precauzioni non se la sarebbe passata bella, ne era consapevole. Così si arrangiò alla bell'e meglio: fortuna che portava con sé sempre un cappello con visiera, nel quale era solita nascondere parte dei capelli che, per quanto lunghi fossero, era inevitabile spuntassero un po' fuori, lasciando intravedere qualche ciuffo. Occhiali da sole poggiati sul naso ed era pronta: si diresse dove avevano stabilito, dovendo anche attendere qualche minuto. Il solito ritardatario. Fortunatamente si fece vivo e Shiori poté tirare un sospiro di sollievo. Almeno uno, dai.
    « La prossima volta che tardi ti mangio io. »
    Un tentativo di sdrammatizzare andato a male: l'altro sembrava parecchio teso e ciò non aveva aiutato ad alleggerire la situazione.
    « Non è il momento di parlarne-! »
    « Ho capito, ma abbassa la voce se non vuoi farci scoprire. Non è notte fonda. » Il tono abbastanza severo non dava spazio all'immaginazione: era un rimprovero bello e buono, ma abbastanza efficace da far zittire il ragazzo, che tirò a sua volta un sospiro arreso, abbandonando le braccia lungo la propria figura, stringendo i pugni.
    « ... ho bisogno di mangiare, Shiorin... » D'altro canto il tono del ghoul era piuttosto sofferente, ci mancava poco scoppiasse a piangere. Non era una situazione piacevole e ad Hikaru non poteva che stringersi lo stomaco e un po' anche il cuore. Era doloroso vedere un amico in difficoltà ed avere le mani legate.
    « Mia madre una volta parlò di un'associazione un po' segreta per aiutare i ghoul a procacciarsi il cibo, non puoi-- »
    « Non voglio fare il mendicante, Shiorin! » la interruppe, la voce tremante che a stento riusciva a controllare, esplosa in un evidente scatto d'ira. Fu talmente improvviso che Hikaru sobbalzò interdetta, stringendosi poco dopo nelle spalle, consapevole di avere poche possibilità e nessuna soluzione.
    « Ma non puoi continuare così » decise di continuare, rimanendo quanto più calma riuscisse. Bastava lui a perdere le staffe, qualcuno doveva pur mantenere la mente lucida. « Anche a costo di fare il "mendicante" come dici tu, devi provarci. Cercheremo assieme informazioni, dovrebbe chiamarsi "La coltre" o qualcosa di simile, non ho un gran ricordo. »
    « ... non voglio. »
    Hikaru sbuffò, evidentemente indispettita dalla resistenza del ragazzo, che non sembrava voler cambiare idea. Si sentiva sempre più con le mani legate, impossibilitata dal fare granché, ma qualcosa ci doveva pur essere.
    « ... l'unica cosa che posso dirti, arrivati a questo punto-- »
    Dei passi..? Chi c'era lì con loro? Il sangue di Hikaru si gelò all'istante, così come quello del ghoul, che rimase impietrito di fronte al rumore di passi che avevano entrambi avvertito.
    Era la fine, quindi? Un attimo di distrazione e di premura nei confronti di un amico li aveva portati a rischiare così tanto? Chiunque fosse non era nulla di buono.
    "Siamo spacciati, siamo spacciati. Siamo dannatamente spacciati."
    Bene così.
    ---------------------------------------------
    « Parlato. »
    "Pensato."

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    «Poki alla fragola, Kit Kat al fiore di ciliegio e al matcha, pane al melone.»
    «Saki, perché devo comprare io tutta questa roba?! Chiharu viene scartata a un provino e io devo prosciugare il mio conto in banca?»
    «Per tre semplicissime ragioni: tu sei già fuori casa, tu hai soldi e tu non hai la maglia zuppa di lacrime fraterne. Oh, e visto che ci sei prendi un bubble tea al limone con palline al lampone. Tè verde, naturalmente.»
    «Ma a Chiharu non piace il bubble tea.»
    «Infatti è per me.»
    «Prenditelo. Da. Sola.»
    «Non posso, per quattro semplicissime ragioni: sono in casa, senza soldi, con la maglia zuppa di lacrime fraterne e sono stata con il commesso proprio l’altro giorno. L’ho mollato. Non voglio sputi nel mio tè freddo.»

    Prevedibile, semplicemente prevedibile.
    Il sospiro divertito ma esasperato di Hayato coprì l’ultimo saluto di Saki prima di riattaccare. Si chiedeva perché quelle fatidiche notti i suoi genitori non fossero andati a cena fuori o al karaoke. No, avevano allargato la famiglia a dismisura e reso il loro primogenito il lacchè di due ragazzine. Oh, quanto amava le sue sorelle.
    Era raro che Hayato tornasse a casa durante la settimana, solitamente si faceva vivo durante i week end, per stare con la famiglia e passare qualche soldino in più ai genitori. Ma quella volta era stata un’emergenza, se non si fosse presentato alla porta con le consegne da bravo fattorino di Just Eat le ire delle sorelle si sarebbero abbattute su di lui. Che il cielo gliene scampi, avrebbe preferito essere divorato da un ghoul piuttosto che subire i commenti acidi di Saki e il broncio di Chiharu.
    Fortunatamente era passato dal dormitorio e si era cambiato, andare in giro con la divisa della CCG non lo entusiasmava particolarmente. Hayato voleva essere riconosciuto per la sua chioma ribelle (ora legata nel solito codino spastico) e per il suo fascino, non per la divisa da gelataio che contrandistiggueva i suoi colleghi. Un pantalone a sigaretta nero e una camicia color tiffany erano più che accettabili, e ora via, verso il konbini più vicino!

    “E adesso il bubble tea. Maledetta Saki, tu e le tue gambe troppo allegre.”
    Carico come un mulo e con i nervi a fior di pelle, Hayato arrancava per i vicoletti del quartiere, diretto al locale di bubble tea preferito della sorella. Sapeva che non avrebbe potuto comprarlo da nessun’altra parte, o Saki se ne sarebbe accorta. Era incredibile quanto quella ragazza potesse essere attenta ai dettagli, tutto il contrario di lui, i cui unici dettagli a cui faceva caso erano le offerte al supermercato vicino il dormitorio. Che vita triste.
    E nel suo maledire a denti stretti la mezzana dei Kujo, con la coda dell’occhio notò qualcosa che non gli piacque affatto. Un ragazzo e una ragazza sembravano essersi appartati in un vicolo, e non con intenti piacevoli, se così fosse stato Hayato non avrebbe certo fatto il voyuerista. I due sembravano discutere, e in particolare fu il ragazzo a destare i sospetti dell’investigatore. Hayato dovette avvicinarsi un po’ prima di fugare ogni dubbio: quel tizio stava importunando quella ragazza! Sì, sembra ombra di dubbio era così!
    Ne aveva visti diversi ronzare intorno alle sorelle… e anche intorno a lui, doveva ammettere. Doveva aiutare quella ragazza ma lui non era proprio il tipo tanto intimidatorio da far scappare a gambe levate un altro uomo, così dovette optare per un altro approccio.
    Si avvicinò ai due con passo felpato, fino ad arrivare alle spalle di lei. Le cinse con un braccio -quello libero dai sacchetti e fece capolino da dietro la sua spalla. Un sorriso placido gli impreziosiva il volto femmineo.
    «Ah, perdono perdono. Ti stavo cercando, sai.»
    Rivolse poi gli occhi chiari sul ragazzo, mantenendo sempre quel sorriso ineffabile sul volto
    «La stavo accompagnando, potresti andare a fare una passeggiata?»
    Salvataggio in grande stile, insomma.
    Hayato aveva visto decisamente troppe volte “Il castello errante di Howl”.

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    Hikaru "Shiori" Serizawa
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    Hikaru era impietrita. Purtroppo era lei che dava le spalle all'intruso, e la consapevolezza di non sapere chi fosse, cosa e quanto avesse sentito e sopra ogni cosa come tenere sotto controllo la situazione, le provocava un senso di irrequietezza fuori dal comune. Il terrore l'aveva paralizzata sul posto, tanto che l'unica cosa che riuscì a fare, per sfogare tutta la tensione accumulata sulle spalle, fu mordersi le labbra. Se le morse con una certa foga, certa di essersi martoriata un labbro a furia di affondare concitatamente coi denti.
    D'altra parte, però, l'amico ghoul poteva vederlo bene. E lo sguardo non più rivolto a lei fece comprendere ad Hikaru che probabilmente stava cercando di studiarsi la persona che si era palesata dietro di loro. O almeno era quello che aveva evinto da un'occhiata fuggevole.
    A conti fatti sperava che l'amico non volesse tentare l'impresa del secolo, sperava che riuscisse a tenere a freno gli istinti e a non lasciarsi andare a quello che, probabilmente, sarebbe stata una missione suicida. Eppure, una volta concentrato lo sguardo sul ragazzo di fronte a lei, fu tutto più chiaro: non stava studiando la persona, non stava cercando una strategia per riuscire a scappare e trarsi in salvo, stava piuttosto pensando di trasformarlo nel suo pasto.
    Shiori cercò invano di catturare l'attenzione del compagno di disavventure su di sé, ma il tentativo sfumò dal momento in cui sentì i passi fermarsi ed un braccio cingerle inavvertitamente le spalle. La prima reazione plausibile fu un sobbalzo, sorpresa; il volto si girò di scatto a guardare lo sconosciuto dai tratti indiscutibilmente femminili. Gli occhi si spalancarono in un'espressione che lasciava più spazio al terrore che a qualsiasi altra emozione, ma il tutto sfumò di fronte alle parole pronunciate dall'altro-- stava fingendo di conoscerla?
    ... ci volle qualche istante per permettere ad Hikaru di far mente locale e di realizzare quello che stava accadendo. La sua mente vagò nei meandri più dispersi del suo inconscio, realizzando quanto lo sconosciuto non avesse per nulla compreso la situazione. Erano salvi-- più o meno.
    Scambiò un'occhiata con l'amico, il quale sembrava comunque non voler demordere: lo sguardo vacuo osservava lo sconosciuto con un certo desiderio, come se si stesse già pregustando il momento in cui avrebbe affondato i denti nelle carni altrui. Lo sguardo di Shiori tornò sullo sconosciuto dai capelli insolitamente lilla.
    « Non so cosa intendiate con questo, ma è il caso che lei se ne v-- » cercò di avvertirlo e di assicurarsi che non vi fossero vittime innocenti dell'astinenza dell'amico, ma purtroppo la sua frase non fece in tempo a raggiungere la fine perché l'altro ragazzo tirò un urlo e totalmente fuori controllo espose la kagune, una rinkaku da tre ramificazioni più o meno spesse, non troppo lunghe. Ecco, il peggio stava accadendo: le bastò poco per capire che oramai della coscienza del ragazzo era rimasto ben poco e che le parole in quel caso non sarebbero bastate.
    « ... dobbiamo scappare » constatò, cercando di mantenere quanto più possibile il sangue freddo. Non era facile, doveva ammetterlo: come poteva aiutare il suo amico in quel momento? Urlargli di calmarsi e di non aggredirli avrebbe portato davvero a poco. Abbassò lo sguardo per qualche millisecondo, prima di convincersi che dovevano correre, e in fretta anche. Si abbassò, quindi, nel tentativo di sfilare la presa del braccio altrui, per poi afferrare il polso del medesimo braccio con la mano destra: era arrivato il momento di correre.
    "... mi dispiace."
    Un unico pensiero che le attraversò la mente, prima di cominciare a correre quanto più veloce poteva. Strizzò gli occhi per autoimporsi di non piangere: non era il momento di fare l'eroina tragica di un drama, aveva ben altro a cui pensare. Prima tra tutte mettere in salvo il povero malcapitato.
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    Hayato Kujo
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    Hayato era tanto concentrato sulla sua interpretazione e sulla punchline da pronunciare con scioltezza da ignorare il ragazzo di fronte a sé. Se solo gli avesse prestato attenzione per qualche secondo si sarebbe reso conto che non avrebbe dovuto fare lo splendido ma prendere la ragazza e scappare il più velocemente possibile. E invece no, Howl.
    Il ragazzo si rivolse subito alla giovane, mostrando un sorriso gentile e lo sguardo di chi sa di aver fatto la cosa giusta… peccato che in tutta risposta venne fulminato dagli occhi chiari della ragazza. Era decisamente più giovane di lui ma sicuramente sapeva meglio di lui cosa stesse succedendo, tanto da provare a dissuaderlo e mandarlo via.
    Ma era troppo tardi.
    Il ragazzo di fronte a loro fu scosso da violenti tremori prima che un urlo disumano coprisse qualsiasi altro rumore insignificante nei dintorni. Hayato voltò di scatto il viso verso il ghoul, trovandosi davanti uno spettacolo che purtroppo aveva visto troppe volte: quello era il volto della fame, della fame vera.
    “Merda.”
    Istintivamente si mise in posizione di combattimento… nonostante le sue armi fossero dei sacchetti e un bubble tea. Per quanto fosse preparato e abituato al combattimento, uno scontro tra un umano disarmato e un ghoul poteva terminare solo in un modo. Ma perché doveva trovarsi in queste situazioni assurde, l’unica volta in cui è fuori servizio si ritrova un ghoul affamato davanti. La vita lo prendeva in giro.
    La ragazza fu più rapida di lui, afferrandolo per una mano e trascinandolo via di peso. Il ghoul alle loro spalle si lanciò all’inseguimento, tentando di ghermire le prede a pochi passi davanti a lui. Hayato, messosi in testa alla corsa, si gettò in un altro vicoletto, portandosi Shiori dietro.
    Quei vicoli erano una manna dal cielo, il ragazzo avrebbe potuto prendere tempo e lasciarsi inseguire dal ghoul fino all’arrivo dei soccorsi. I suoi capi gli avrebbero fatto l’ennesima ramanzina, ma avrebbe potuto dire di aver salvato una civile!
    E a proposito della civile… «Stai bene?! Ti sei fatta male?!» chiese il genio, quando sia lui che lei erano ruzzolati per terra dopo il suo slancio. Avrebbe voluto chiederle che ci faceva così tranquillamente con un ghoul in un vicolo, ma i rumori di passi veloci e animaleschi del cacciatori erano troppo vicini per mettersi a fare conversazione.
    Il ragazzo si tirò su con uno slancio e lo stesse fece con lei, rimettendola in piedi.
    «Andiamo! Ce la fai a correre?!»
    Doveva sbrigarsi, tenere al sicuro la giovane e chiamare i soccorsi. Chiharu e Saki avrebbero dovuto aspettare.

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    Edited by Mayuyu - 6/9/2020, 17:53
     
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    Hikaru "Shiori" Serizawa
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    Non avrebbe mai voluto scappare via da un amico in difficoltà, non era da lei. Avrebbe di gran lunga preferito farsi ferire e far capire con le buone a chi aveva davanti che doveva calmarsi. Lei lo conosceva, dopotutto, non era il tipo che si divertiva ad aggredire la gente, non gli piaceva l'idea della caccia ed era per questo motivo che Shiori aveva ben pensato di divenire il suo spuntino, di tanto in tanto. Le piccole ed impercettibili cicatrici occasionali che aveva sulle braccia parlavano più chiaro di quanto volesse ammettere.
    Ma nonostante la sua indole da paladina spericolata, non aveva potuto fare altrimenti: mettere in pericolo di vita un'altra persona non era nemmeno da lei e, alla base di ciò, la priorità era diventata portare al sicuro quel ragazzo che, ad essere onesti, avrebbe preferito non si fosse intromesso. Per quanto il gesto fosse stato lodevole, ma aveva completamente fatto un buco nell'acqua e, perciò, frainteso tutta la situazione.
    Hikaru si guardò alle spalle con la coda dell'occhio, lo sguardo ferito per l'azione che aveva compiuto istintivamente, per il suo essere corsa via e aver preferito uno sconosciuto ad un suo amico. L'intruso dagli insoliti capelli color lillà, evidentemente più allenato di lei, la superò, facendo sì che fosse lei a seguire lui; strinse istintivamente la presa alla mano dell'altro, strizzando gli occhi per qualche attimo, prima di cacciare un acuto involontario per lo slancio che li aveva fatti capitombolare a terra entrambi. Fortuna voleva che non si fosse fatta granché, si era giusto sbucciata il palmo della mano libera, e sporcata leggermente i pantaloni all'altezza delle ginocchia. Alzò lo sguardo verso Hayato, colui che pensava di voler salvare senza neanche immaginare chi realmente fosse.
    « Sì, sì-- sto bene, è solo sbucciata » commentò con tono leggermente allarmato, riferendosi alla propria mano. La situazione si faceva pesante e non aveva la benché minima idea di come mettere al loro posto le cose, in fin dei conti aveva ben poca voglia di abbandonare realmente un amico in difficoltà. Ciononostante era impossibile per due civili disarmati contrastare un ghoul evidentemente impazzito ed affamato. Bisbigliò un flebile « grazie » al ragazzo per averla aiutata a rialzarsi. Lasciò le mani altrui giusto per darsi una veloce e noncurante pulita alla mano ferita e ai pantaloni, che nonostante tutto rimasero comunque macchiati, prima di volgere nuovamente gli occhi verdi verso Hayato ed annuire debolmente.
    « Sì, ce la faccio. Andiamo! » rispose fermamente, cercando di rimettersi a correre e non badare al fiatone che di lì a poco le avrebbe reso le cose decisamente più difficili. « Cos'ha intenzione di fare? » domandò. Erano nella merda ( perché altro modo per descrivere la situazione non c'era ) entrambi, e sicuramente scappare non avrebbe portato a nulla di buono: essere due umani, di cui sicuramente una poco allenata alle fughe pazze, contro un ghoul, le cui capacità fisiche superavano le loro a prescindere dal rank, avrebbe potuto dare un solo esito. La soluzione migliore sarebbe stata chiamare aiuto, sicuramente una segnalazione alla CCG, ma... questo implicava mettere nei guai un amico, oltre che a esporre se stessa.
    "No Shiori, non andare nel panico. Pensa, dannazione-- pensa!"
    Eppure era difficile stare a mente lucida quando un tuo amico non era più in grado di riconoscerti e ti avrebbe smembrata e sbranata da un momento all'altro. Era soltanto questione di tempo e dovevano trovare una soluzione efficace, senza esporre nessuno dei due.
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    Hayato Kujo
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    Avevano pochi secondi prima che il ghoul, lanciatosi a tutta velocità di fronte a sé, avesse seguito i loro movimenti e li avesse raggiunti grazie al suo olfatto sopraffino. Quei secondi bastarono ai ragazzi per rimettersi in piedi e per far sì che Hayato si accertasse delle condizioni della civile. Della bella civile.
    La ragazza non sembrava essersi fatta nulla di che e anzi, si mise subito al passo ricominciando a correre. Alle loro spalle gli strepiti del ghoul si facevano più forti.
    «Ci segue! Buon segno! Ora a sinistra!»
    Pessima risposta a un’ottima domanda.
    Nella brillante mente di Hayato tutto era sotto controllo. Continuava a correre per quei vicoletti per sua fortuna deserti, trascinandosi dietro una confusa Shiori. Una volta che i rumori si fecero più lontani, ma ancora udibili, l’agente svoltò l’ennesimo angolo e mise al muro la ragazza. Poggiò una mano accanto al viso di lei, quasi a volerla bloccare in quel punto. Non c’era però nulla di predatorio in quei suoi movimenti, anzi. Gli occhi chiari di lui erano fissi sul vicoletto da cui, prima o poi, il ghoul sarebbe spuntato. Era concentrato a guardare quando sarebbe arrivato, non degnando di uno sguardo la civile.
    «Okay, ascoltami. Se vogliamo uscirne vivi dobbiamo fare gioco di squadra, per questo dovrai fare qualcosa per me, capito?»
    Tono autoritario e serietà. Vedere Hayato tanto focalizzato su qualcosa era raro, Shiori era più fortunata di tutti i colleghi del ragazzo messi insieme.
    «Al mio via scatta verso la tua sinistra e non fermati, qualunque cosa sentirai.» dicendo questo, il ragazzo tirò fuori dai pantaloni il suo cellulare, un modello di ultima generazione. Grazie CCG, senza di voi Hayato chiamerebbe ancora con quel vecchio tostapane che aveva per telefono.
    «Mentre corri chiama questo numero qui e dì dove ti trovi e cosa sta succedendo. E mi raccomando, non ti fermare!»
    Chiedere a lei di contattare uno dei suoi colleghi aveva una doppia funzione: evitare le solite ramanzine che conosceva a memoria, sottolineando l’importanza dell’arrivo di una squadra di rinforzo, e fare ciò che gli riusciva meglio in assoluto, ovvero l’esca.

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    Edited by Mayuyu - 7/9/2020, 11:49
     
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    Aveva bisogno di sicurezza e certezze, in quel momento più che mai. Un amico fuori di sé stava seguendo lei e quello che credeva essere un civile, le loro possibilità di sopravvivere si stavano facendo, nella sua testa, sempre più remote. Eppure la risposta che voleva sentire non arrivò, anzi: quel tipo sembrava piuttosto preso dalla fuga, tanto da trovare un buon segno il fatto che fossero seguiti. In un istante la mente di Shiori si riempì di "ho incontrato un pazzo" e "cosa diavolo passa per la testa a questo idiota?", senza risparmiarsi i gentili aggettivi. Perché non era il momento di mettersi a fare la politically correct ed evitare di prendere ad insulti uno sconosciuto: in quel momento pensava davvero fosse un pazzo idiota. Un riassunto piuttosto pregiudizievole, non sapendo nemmeno chi avesse davvero davanti a sé.
    Non fece, comunque, in tempo a ribadire la domanda, poiché svoltarono per l'ennesima volta in un ennesimo vicolo, ma questa volta il compagno di sventure si fermò, bloccandola al muro con una mano. Le sue intenzioni non erano brutte o preoccupanti, nonostante come loro primo incontro c'era stato un tentativo di "salvarla" fingendo di essere chissà chi. Lo sguardo di quel ragazzo vagava attorno a loro, non si posava mai su di lei, e ciò le permise di tranquillizzarsi un po': non sembrava essere uno sprovveduto come aveva creduto fosse fino a qualche istante prima. Sembrava, altresì, prendere la situazione molto seriamente, cosa che riuscì a cambiare la sua prematura visione in maniera alquanto drastica.
    « Certo, siamo nello schifo entrambi » commentò, cercando di mostrarsi quanto più seria potesse. La fifa non era comunque scemata, piuttosto sembrava osservarla da dietro un angolo, pronta a tenderle un agguato alla prima buona occasione.
    Eppure era troppo presto per festeggiare: mentre ascoltava le sue direttive, Shiori notò qualcosa che non quadrava, una nota stonata.
    « Aspetti » lo interruppe, cercando di fare mente locale su quello che aveva appena sentito, oltre che a cercare le parole adatte, « io scappo e chiamo qualsiasi numero sia questo, va bene, ma... lei? »
    Non deludere le aspettative di Shiori così, Hayato! Aveva appena smesso di crederti un pazzo idiota sprovveduto!
    « Deve essere un pazzo suicida o qualcosa del genere per credere che io possa scappare e lasciare indietro una persona in una situazione simile-- non faccia il grandioso. »
    Si era presa forse troppe libertà nel parlare tanto apertamente e sfacciatamente ad uno sconosciuto, e forse aveva espresso male quella che in realtà era preoccupazione: la tensione e l'ansia facevano a pugni con la sua capacità di dialogare. Insomma, la sintassi in quel momento non era delle migliori, si sarebbe scusata più tardi.
    « Mi sta bene fare gioco di squadra con lei, ma non lascerei mai indietro qualcuno! »
    Un'eroina d'altri tempi, signori e signore. Ma era vero: se fosse quel genere di persona, probabilmente ora nessuno dei due si ritroverebbe a dover scappare da un ghoul in piena crisi da fame. Tutto perché Shiori non sapeva dire di no nell'aiutare qualcuno, ecco perché.
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    Hayato Kujo
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    Sperava di essere stato abbastanza chiaro, il tempo era agli sgoccioli.
    Il vicolo appariva ancora vuoto ma i suoni famelici e intimidatori del ghoul si facevano sempre più vicini. Hayato e quella ragazza non doveva perdere altro tempo, dovevano solo agire.
    ”Aspetti”
    Ecco, quello proprio non poteva farlo. Per la prima volta il ragazzo degnò d'uno sguardo la civile, osservandola solo con la coda dell’occhio. Temeva che avrebbe protestato, cosa che avvenne, ma non per i per i motivi che credeva lui. Quella ragazza si dimostrò essere piena di spirito e persino un po’ incosciente.
    Le concesse un sorriso, anche solo per rassicurarla «Non sei tu che mi lasci indietro, sono io che ti mando avanti. Sta’ tranquilla, andrà tutto bene.»
    Sorvolò sull’estrema formalità utilizzata dalla giovane per rivolgersi a lui. Era già in una pessima situazione, non poteva sentirsi vecchio e lasciar precipitare così la sua autostima.
    Hayato tese l’orecchio ancora una volta, pronto a scattare per lasciarsi venire dietro quel povero ragazzo divenuto un mostro, ma stavolta non udì nulla se non il traffico cittadino in lontananza. Si irrigidì, non capendo più dove fosse il suo bersaglio. Che si fosse fatto distrarre da un’altra possibile preda?
    L’agente si ridestò sentendo qualcosa di caldo e viscido colargli sulla faccia. Gli bastò toccarsi la guancia per riconoscere subito cosa fosse. Saliva.
    Alzò la testa, ritrovandosi faccia a faccia con gli occhi rossi del suo bersaglio, adesso diventato cacciatore.
    «Scappa.» fu l’unica cosa che riuscì a dire alla ragazza.
    Doveva metterla in salvo, proteggerla. Se lo avesse fatto non solo avrebbe adempiuto al suo compito, ma lei avrebbe potuto chiamare la centrale e una squadra sarebbe arrivata per catturare il ghoul. Solo così si sarebbero potuti salvare entrambi.

    "LEAVE ME ALONE! GO AWAY! I DIDN'T ATTACK THEM FOR YOUR SAKE!

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    Hikaru "Shiori" Serizawa
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    Quello che pretendeva di sentire non era un ringraziamento, né un invito a zittirsi e a fare come avrebbe detto: le sarebbe bastato solo un «hai ragione», che non arrivò mai. Così come non arrivò nessuna delle risposte che temeva arrivassero. Sospirò, combattuta da quanto aveva sentito proferire dall'altro, abbassando lo sguardo nel tentativo disperato di trovare delle risposte migliori scritte sull'asfalto umido. Purtroppo, oltre a qualche cartina gettata per terra da qualcuno che aveva poco a cuore la cura dell'ambiente, non riuscì a trovare alcuna ispirazione, né su cosa fare, né su come rispondere. Rimase ammutolita per qualche istante, facendo per afferrare il cellulare altrui, decisamente più recente del proprio, ma ritrasse la mano nel momento in cui l'altro alzò il viso. Bloccatasi con la mano a mezz'aria, decise di alzare il volto a sua volta, per capire cosa stesse guardando-- e forse era meglio non lo avesse fatto. Per lo spavento si scostò con un piuttosto barcollante ed instabile balzo, afferrando all'ultimo il cellulare di Hayato, lanciando un'occhiata al numero ancora presente sullo schermo. Tirò un altro sospiro, annuendo all'ordine ricevuto dall'altro.
    « Mi raccomando, non muoia. »
    Non perché fosse preoccupata, più che altro perché non voleva avere una persona sulla coscienza, sia mai. Cominciò a fuggire, portando il cellulare all'orecchio sinistro poco dopo aver premuto il numero ed aver fatto partire la chiamata. Si guardò indietro un paio di volte, sperando che non accadesse nulla allo sconosciuto, prima di sentire una voce rispondere dopo una serie di squilli che temeva sarebbero durati in eterno. Non aveva scelta, quindi: doveva richiedere soccorso. Avrebbe mandato al macello un amico, avrebbe anteposto la propria vita e quella di uno sconosciuto a quella di un amico. Non se lo sarebbe mai perdonato.
    « E' un'emergenza-- siamo seguiti da un ghoul. »
    Shiori cercò di mantenere la calma, appostandosi dietro l'ennesimo muro. Non sarebbe scappata oltre, non era il tipo capace solo a fuggire dalle situazioni. Dall'altra parte del cellulare avvertì solo una voce chiedere dove si trovasse, avvertendola che avrebbero avvisato la squadra più vicina.
    « Ci troviamo tra i vicoli in prossimità della stazione di Shinagawa, mi sono separata dal ragazzo che stava con me su suo ordine, temo sia in serio pericolo. »
    Si sporse dal muro, nel tentativo di intravedere come si fosse evoluta la situazione che si era lasciata alle spalle, stringendo il cellulare che teneva ancora ben saldo nella mano sinistra.
    « ... fate in fretta, vi prego. »
    Ricevette solo una conferma, prima di sentire la chiamata concludersi. Ora dovevano solo aspettare che i rinforzi arrivassero, nella speranza che quel pazzo idiota sprovveduto non facesse una brutta fine. Pregava che la squadra fosse stata già avvertita e che fosse il più vicina possibile... vedeva già il peggio di fronte a sé, una tragedia consumatasi a causa della sua incapacità di aiutare le persone che ne avevano bisogno.
    ---------------------------------------------
    « Parlato. »
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    Hayato Kujo
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    Allo scatto di Shiori seguì l’urlo terrificante di quella creatura che non poteva più definirsi umana.
    Hayato era dalla parte dei ghoul, in un certo senso. Nonostante il suo lavoro non sembrasse il più azzeccato, il ragazzo credeva molto nei suoi ideali e portava il pane a casa cercando di fare ciò che riteneva giusto. Non avrebbe mai attaccato un ghoul puramente affamato, così come non avrebbe voluto che suo padre venisse arrestato se avesse rubato per sfamare la sua famiglia. Ma quella era tutta un’altra cosa.
    Hayato era costretto a lottare contro un mostro, un povero mostro affamato, per salvare se stesso e un’altra persona. Qualcuno di estraneo a quel mondo. Qualcuno che non c’entrava niente.
    Il ghoul saltò e si mise all’inseguimento della ragazza, attirato dal movimento di quest’ultima. L’agente però non avrebbe permesso una cosa simile, tornando al piano originale: fare l’esca.
    «Ehi tu, è qui la cena!»
    E nel dirlo Hayato strappò via il tappo del bubble tea e lo lanciò addosso al ghoul.
    Tattiche temibile, senza alcun dubbio.
    Avrebbe rimpianto quegli 800 yen di bubble tea? Sì, perché il cibo non si spreca, ma solo se fosse riuscito a sopravvivere. Per il ghoul quello non era solo un chiarissimo richiamo verso una preda facile e vicina, ma per pure un affronto. L’odore zuccherino della bevanda, ai sensi di quelle creature, era simile all’odore di vomito per un umano. E nessuno la farebbe passare liscia a qualcuno che gli getta vomito addosso.
    E Hayato fece dietro front, scapicollandosi per scappare dalla furia omicida del predatore. Corse dalla parte opposta rispetto a Shiori, così da essere sicuro di non coinvolgerla. E sperava vivamente che non tornasse indietro per andare ad aiutare chissà come.
    Ora era una sfida di velocità, ma non tra lui era il ghoul. Chi ci avrebbe messo prima: la CCG ad arrivare o lui a morire?
    “Ragazzina, dimmi che hai chiamato quel numero! Fammi questo regalo di Natale anticipato!”
    Gridava forte Hayato nel suo cuore, mentre stringeva forte…altri parti del suo corpo.

    «Parlato.»
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    Non aveva mai smesso di guardare dietro a sé, facendo capolino dal muro ed approfittando di vecchi cassonetti arrugginiti per celare la propria figura al meglio. Più si allontanavano, più Shiori cercava di avvicinarsi, a passo felpato, nascondendosi dove le era più congeniale per non distogliere l'occhio da quello che, dopotutto, sentiva di aver causato lei. Si sentiva in colpa, e il suo sentirsi in colpa le faceva fare e pensare cose alquanto sciocche. Avrebbe potuto rimanere con la schiena contro il muro, a riprendere fiato e a crogiolarsi nel suo essere salva, ma il suo cuore da eroina sprovveduta non le permetteva di mantenere la calma e cercare di pensare positivo. Stava mandando un amico al macello e nel frattempo la vita di un innocente era stata messa in gioco. Si sarebbe macchiata le mani di un peccato insostenibile in qualsiasi caso e questo non le permetteva di stare calma, nemmeno se le fossero stati dati dei tranquillanti. Quindi, di tanto in tanto, si muoveva da un lato all'altro del vicolo, per mantenere lo sguardo sulla vicenda. Quel tale sembrava ormai spacciato, nel mentre che il ghoul lo inseguiva desideroso di affondare le proprie fauci nella carne umana del ragazzo. Avrebbe voluto evitarsi uno spettacolo simile, il solo pensiero era orripilante ed insostenibile, ma la sua coscienza le stava dicendo che guardare l'avrebbe aiutata a mantenersi più tranquilla e ad avere, in qualche modo, la situazione sotto controllo.
    Tutto questo fino a che, finalmente, in lontananza non si sentì il vociare di qualcuno. Erano troppo imboscati nei vicoli di Shinagawa per poter credere fossero delle persone qualunque. In cuor suo sperava che la pattuglia di agenti della CCG fosse realmente arrivata, così da poter salvare la vita almeno a quel ragazzo. Probabilmente del suo amico non sarebbe rimasto molto... ma sperava vivamente che potesse salvarsi, in qualche modo. La sua situazione era, in ogni caso, sempre più precaria: le avrebbero fatto domande, ne era certa, e quel punto che cosa avrebbe dovuto dire? Avrebbe dovuto rinnegare di conoscere quel ghoul, oppure nascondere quanto effettivamente sapesse della sua natura? Era sempre più terrorizzata, al punto da lasciarsi andare a terra, rannicchiandosi e congiungendo le mani, in segno di preghiera. Era l'unica cosa che le rimaneva da fare, in fin dei conti.
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    Hayato Kujo
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    Persino l’aria gli era diventata nemica.
    A ogni respiro preso, Hayato sentiva di mandare lungo le narici fuoco vivo. Il petto gli faceva male e i polmoni bruciavano, colpa dell’aria fredda incanalata in loro. Il ragazzo era decisamente allenato, chiunque altro sarebbe stramazzato al suolo ben prima, ma non era preparato per affrontare i quattrocento metri a ostacoli, ancora meno se il suo avversario era un ghoul affamato. Voleva fermarsi, doveva riprendere fiato ma i terribili rumori alle sue spalle si facevano sempre più vicini, sempre più insistenti. Si chiese dove fossero i suoi colleghi, che per la prima volta in anni di servizio desiderava vedere ardentemente. Non arrivò a maledirli, i suoi pensieri furono interrotti da una frustata alla schiena che lo fece volare diversi metri più in là.
    Cadde, rotolò e andò a sbattere con un tonfo sordo contro a un muro.
    Non un urlo, neanche un lamento. Il dolore era tanto forte da avergli mozzato la voce. Di botte dai ghoul ne aveva prese tante, ma non si era mai abituato a quel dolore. Forse non ci si sarebbe abituato mai.
    Gli ultimi ricordi di Hayato furono il cielo, scuro, lontano e sfocato, e alcune urla indistinte. Poi il buio.

    Venne risvegliato dalla grande confusione che lo circondava. Voci, sirene e luci lampeggianti non erano altro che impulsi discordanti e scontornati. Gli ci volle qualche momento prima di riconoscere un’ambulanza, le divise dei suoi colleghi e i lunghi capelli acquamarina della sua compagna di disavventure.
    Hayato, steso su qualcosa di morbido (un toccasana per il dolore che dalla schiena si estendeva lungo tutto il corpo), voltò appena la testa per far vedere che fosse sveglio. L’avrebbe chiamata, ma non aveva avuto il tempo neanche per presentarsi. Voleva ringraziarla per quel regalo di Natale anticipato.

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    Edited by Mayuyu - 16/10/2020, 11:51
     
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    Hikaru "Shiori" Serizawa
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    Le cose sbagliate in quello scenario erano fin troppe. Il suo amico non avrebbe dovuto impazzire, e questo era accaduto perché, probabilmente, non era riuscita ad essergli abbastanza d'aiuto. Quello sconosciuto, invece, non avrebbe dovuto trovarsi lì, ma nonostante i suoi inutili desideri, adesso stava interfacciando la morte che, nell'immaginario fin troppo brutale di Hikaru, sogghignava nascosta nell'ombra, come una vecchia strega che si sfregava le mani in attesa di giocherellare con l'anima che abitava il corpo di Hayato. Shiori non era riuscita a vedere tutto l'inseguimento: erano troppo veloci per lei, che a malapena riusciva a reggersi sulle gambe che tremacchiavano senza darle una tregua. Tentava di avanzare senza farsi sentire o riconoscere, ma la velocità dei due era davvero troppo elevata perché lei potesse stare al loro passo.
    Quando la CCG arrivò sul posto, Hikaru rimase nascosta mentre cercavano di neutralizzare il suo amico. Strizzava gli occhi per non vedere, e copriva le orecchie con le mani per attutire i suoni che provenivano non troppo lontano da lei, tra mille schiamazzi, gli ordini degli agenti urlati tra di loro e le strazianti urla che emetteva il ghoul. Inutile dire che le mani da sole non bastavano per coprire i suoni, suoni che non le facevano presagire nulla di buono.
    Ci volle qualche dozzina di minuti prima che gli agenti neutralizzassero definitivamente il ghoul. Da quella distanza non le riusciva semplice capire cosa fosse accaduto, né tantomeno capiva se il suo amico fosse stato solo stordito e giacesse inerme al suolo, oppure fosse stato completamente eliminato. Non sapeva quale prospettiva fosse la migliore, in entrambi i casi il suo cuore faceva male al pensiero del casino nel quale aveva cacciato tutti quanti i presenti.
    Nel perlustrare la zona, uno degli agenti arrivati sul posto la ritrovò, rannicchiata dietro un cassonetto e con ancora gli occhi serrati e le mani sopra le orecchie. Sulle prime per Shiori fu uno shock, riusciva a malapena a spiccicare parola senza che tremasse o si mangiasse le parole. Tremava come una foglia, per paura di essere stata la causa di un sacco di male. Non era abituata e non voleva per nessuna ragione al mondo rivivere il trauma della scomparsa del padre. Eppure eccola lì, accompagnata da un agente che le cingeva debolmente una spalla, che la scortava dove avrebbero potuto farle i dovuti controlli e, sicuramente, qualche domanda per capire al meglio la situazione.
    Passare accanto al corpo del proprio amico fu un vero e proprio shock: non sembrava fosse morto, era riuscita ad intravedere il petto riempirsi debolmente d'aria e ciò, sotto un certo punto di vista, fu per lei estremamente rassicurante. Quello che invece la preoccupò fu vedere il ragazzo che l'aveva aiutata giacere a terra, in attesa che arrivasse un'ambulanza.
    Gli agenti non le permisero di vedere quello che avrebbero fatto al ghoul, quindi non riuscì a capire quali fossero le loro intenzioni, piuttosto la costrinsero a farsi controllare dai paramedici che arrivarono con l'ambulanza poco dopo.
    Oltre all'evidente shock, non avevano riscontrato nulla in Hikaru, ma nonostante questo le chiesero di rimanere lì ancora un po', fino a che non avessero ripulito la zona. Hayato fu poggiato su una barella, pronto ad essere trasportato nell'ospedale più vicino. Vederlo disteso e totalmente incosciente non le permise di trattenere le lacrime: si colpevolizzava per tutto, dalla prima all'ultima cosa. Non pianse, però, più di tanto: c'era un limite a quello che si concedeva di fare sotto gli occhi della gente e il pianto non rientrava tra questi. Passò una manciata di minuti prima che il ragazzo che l'aveva salvata riaprisse gli occhi e riprendesse conoscienza: le ci volle un po' prima che se ne accorgesse, ma appena lo sguardo cadde sul ragazzo e realizzò, scattò in piedi e si avvicinò alla barella, mantenendo blandamente la copertina che le avevano gentilmente offerto sopra le spalle.
    « Mi dispiace tantissimo— » furono le prime parole che mormorò, con il groppo in gola a renderle difficile persino parlare, ma lì era e lì sarebbe rimasto. « Se posso fare qualcosa per lei, può dirmelo— »
    Avrebbe voluto dirgli che aveva sentito uno dei due agenti richiedere che venisse contattata la famiglia, ma non voleva riempirlo di troppe informazioni. Non così, non in quella maniera.
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    Hayato Kujo
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    Era sotto shock, avvolta da una coperta e tenuta al sicuro tra gli agenti. Ma la civile stava bene e questo era l’importante.
    Vederla così indifesa quando solo pochi minuti prima -chissà se erano davvero pochi, non aveva idea di quanto tempo fosse rimasto svenuto- si era mostrata tanto risoluta e forte lo fece sorride… per quanto potesse sorridere visti i danni subiti in quel folle inseguimento. E avrebbe sorriso ancora di più quando, scemato il dolore alla schiena, si sarebbe accorto del morso alla spalla sinistra.
    Finalmente la ragazza si accorse del suo sgangherato salvatore e si precipitò da lui. Hayato la guardò dal basso verso l’alto e cercò di farle un sorriso rassicurante. Era abituato a comportarsi così, da piccolo era normale per lui confortare le sorelle preoccupate di ritrovare il fratellone con un occhio nero. Lui era sempre stato quello forte, o perlomeno lo era diventato per necessità. Non voleva vedere qualcuno struggersi a quel mondo, men che meno una ragazza. Pensiero maschilista? Forse, ma sicuramente galante.
    La ragazza era mortificata, non faceva altro che piangere e scusarsi, mostrando ancora una volta quella fragilità che Hayato non credeva le appartenesse. Le avrebbe accarezzato la testa per rassicurarla, se solo avesse potuto alzarsi e non fosse stata una cosa super inquietante da fare.
    “Se posso fare qualcosa per lei, può dirmelo— “
    «Poki alla fragola, Kit Kat al fiore di ciliegio e al matcha… pane al melone e bubble tea al limone con palline al lampone. Tè verde, mi raccomando.»
    Richieste stupide per un agente ancora più stupido.
    Hayato sapeva bene che neanche l’attacco di un ghoul e l’alta probabilità di avere la spina dorsale in frantumi avrebbe placato l’ira e la fame delle sorelle. Doveva salvarsi la pelle anche stavolta e la ragazza lo avrebbe aiutato.
    «In ospedale… chiedi di Kujo Hayato. Ma per te è solo Hayato.»
    E detto questo con un sorriso che celava un continuo e intenso dolore, il ragazzo dai capelli lillà venne portato via in barella sotto gli occhi di una shockata Shiori. In cuor suo, Hayato sperava di rivedere quella chioma acquamarina… e i dolci per le sue sorelle. Senza quelli era davvero un uomo morto.

    «Parlato.»
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