The truth behind the scenes (part 2)

[INATTIVA] Elizabeth Dwight e Sunhye Kang 20/05/2020 dalle 15:00 | davanti allo Youtube Space

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    *qualche giorno prima*

    Stavo guardando annoiata la tv seduta al tavolo con Shuu e Ai che stavano cenando quando mi trillò il telefono per una notifica.
    «Momo, quante cavolo di volte ti ho detto di cambiare quella suoneria? Mi fa paurissima»
    Avevo messo per scherzo la suoneria dei telefoni del film Chakushin Ari dopo aver scoperto fosse l'horror più temuto dalla mia coinquilina. «Hahahah lo sai che adoro quan-» mi bloccai perché avevo notato l'username e il messaggio allegato: Eliza ci aveva davvero scritto! Mi girai verso Shuu entusiasta e gliela feci leggere. Iniziammo a saltellare a manina come i bimbi al parco urlando peggio delle fangirl più ossessive esistenti sul pianeta. Ovviamente Ai non stava capendo nulla e ci fissava spaesata con la scodella di ramen in mano. «Non ci posso cre-de-re, non ci posso cre-de-re!» Shuu era al settimo cielo e mi diede un bacio in fronte che accompagnai con una smorfia disgustata dicendogli di risparmiarli per le sue fan sfegatate. Ero sicura che se fosse venuto a conoscenza del fatto che la richiesta della collaborazione era partita da me medesima durante una caccia mi avrebbe pestato a sangue per non averglielo detto prima... ma confidavo nel fatto di non venir riconosciuta da Eliza. Sarebbe stato troppo imbarazzante.

    Ci tirammo insieme dopo una ventina di minuti e riuscimmo ad accordarci per incontrarci il mercoledì seguente.

    *mercoledì*

    «Shuu sbrigati che arriviamo in ritardo!» si era deciso di arrivare allo Youtube space a piedi dal Bunka... siamo campioni di fitness? No.
    Shuu è un campione in dimenticanze? sì.
    Quella mattina lo aveva portato al college Ai in moto e si era dimenticato il portafogli nel suo zaino. Un genio insomma...
    Nulla di difficile, in fondo era solo un'oretta di strada a piedi in piano, ma Shuu essendo estremamente pigro e poco atletico stava facendo da zavorra nel tentativo di convincermi a pagargli il biglietto «Dai Momo! la prossima volta ti offro un caffè!». Mi girai verso di lui giudicandolo pesantemente con lo sguardo: seguendo quel ragionamento oramai mi doveva un centinaio di caffè. Ma non sono tirchia, lo stavo facendo anche perché era tremendamente divertente vederlo soffrire così. Insomma siamo un po' come dei fratelli dispettosi e Ai si comporta un po' troppo come se fosse nostra madre. Lei avrebbe di sicuro preso il biglietto per poi sottoporlo alla tortura del silenzio per la settimana successiva.
    Arrivati a più di metà strada però ne avevo davvero piene le palle e cedetti «Va BENE! Ti compro il ritorno... ma tu la smetti di rubarmi il lip scrub di Lush perché me lo finisci sempre», Shuu sollevò gli occhi al cielo ma almeno riprese magicamente grinta e forza nelle gambe.

    Una volta arrivati ci posizionammo nei pressi dell'entrata principale del Youtube space. Me lo aspettavo molto più piccolo sinceramente. Poi non c'ero mai entrata: la maggior parte delle riprese le facevamo in negozio, nei laboratori del Bunka o nella stanza che avevamo trasformato in studio, con tanto di ring light e bank light. Mentre tentavo di tenere a bada uno Shuu troppo entusiasta scrissi a Eliza del nostro arrivo, specificandole di dover cercare una ragazza tutta vestita di rosa con una canon al collo e un tipo invece tutto in nero con una mascherina rossa. Quel giorno diedi sfogo a tutto il pastel presente nel mio armadio sperando che potesse aiutare a distanziarmi dallo stile da caccia.
    Rimisi il telefono in tasca e mi fissai gli anfibi col cuore a mille, sì rosa pure quelli, una limited edition trovata per caso in un negozio vintage. Nel frattempo Shuu si era seduto sui talloni e aveva iniziato a masticare una cicca. «Shuu se ti beccano a fare lo slav squat con una mascherina rossa quelli della right wing* ti pestano, sai?» gli dissi in tono canzonatorio con un sorriso da birbante stampato in faccia. Per tutta risposta mi beccai una linguaccia e un pugno sullo stinco: non era forte, ma falsificai un dolore immenso abbracciando la mia gamba per ridere. «Secondo me è fallo.» mi disse alzando le sopracciglia e annuendo gravemente.
    Ridendo presi in mano il telefono per controllare nuovamente le notifiche e mi guardai attorno in cerca di una ragazza inglese.



    ***
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    *gruppi giapponesi nazionalisti di estrema destra, spesso confuso con la yakuza, tra gli altri reclama alcuni territori sotto amministrazione russa.


    Edited by attoooh - 15/6/2020, 15:34
     
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    La mia routine piena d’impegni non era riuscita a distogliere la mia attenzione da quella notte. Non importava quanto ci provassi, la mia mente riusciva sempre a farmi tornare a quella notte, a quella paura e a quel senso d’inadeguatezza che si prova quando si sa di dover tutto il proprio successo, anche quello di essere sopravvissuta per due volte dopo aver visto la morte in faccia, a una persona e di non poterlo dire. Non l’avevo detto a Pierrot. Come avrei potuto farlo? Come avrei potuto confidarmi con una sconosciuta, nonostante mi stesse salvando la vita? Non ero nemmeno riuscita a ringraziarla e, se non mi avesse intercettata nei tre mesi successivi, le sue probabilità di comparire in un mio video sarebbero scese drasticamente per via del mio ritorno a Manchester, in preparazione a un nuovo viaggio che non sarebbe stato a Tokyo. Avrei potuto non vederla mai più e finire per conoscere persone fantastiche che avrei potuto incontrare anche solo una volta era un po’ la parte più brutta del mio stile di vita. Quante possibilità c’erano che lei si facesse viva per me? Ormai avevo registrato la nuova puntata di Asking the Locals e non ero riuscita a dirle dove e quando avrebbero avuto luogo le riprese. A malapena ero riuscita a dirle un semplice grazie. "Chissà se sono riuscita a intervistare anche lei…" avevo pensato, mentre editavo quel video e lo caricavo nel server di Youtube. Sarebbe stato pubblicato una volta raggiunti la data e l’orario da me settati.
    Ancora dovevo qualcosa a quella ghoul, quindi era necessario che contattassi i Secrets for the Mad. Dato che non ero riuscita a fare altro, almeno avrei esaudito il suo desiderio e creato la collab che tanto voleva vedere. Quello, però, creava un altro problema: che video avrei potuto proporre ai miei collaboratori, sempre che decidessero di accettare il mio invito? Noi trattavamo tematiche molto distanti: io parlavo di musica, viaggi e cultura, mentre loro pubblicavano contenuti sulla moda e sulla salute mentale. Essendo io a propormi a loro, e non viceversa, avrei dovuto farmi venire in mente qualcosa prima di chiamarli. Avevo trovato subito un’idea per un mio video: quanto era stato facile pensare che Momo, essendo una coreana che vive in Giappone, avesse potuto condividere aspetti culturali dei due Paesi in cui ha vissuto, mentre Shuu e Ai potevano semplicemente mostrare le stesse differenze da un diverso punto di vista? Io, però, che cosa avrei potuto fare per loro? Mi feci venire in mente delle idee, ma nessuna di esse mi soddisfava davvero. Arrivai a un compromesso con una che mi sembrava decente e contattai i Secrets for the Mad. Magari, con un abbozzo d’idea anche per loro avrebbero potuto accettare. Sperai solo che anche loro la pensassero così: se avessi fallito sarebbe stato difficile ottenere un’altra collab e avrei dovuto avere successo per Pierrot.

    ***


    «Grazie mille, Amaya!» Dissi con un sorriso allegro alla receptionist, che già mi conosceva dal mio viaggio precedente. «Ci vediamo a Shibuya, quindi?» «Esatto, Elizabeth-san.»
    Avevo avuto modo di frequentare molto lo YouTube Space. Dopo il corso di formazione che avevo fatto a Los Angeles, quasi come se non sapessi dell’apertura del centro di Londra, i centri aperti da YouTube si erano rivelati una manna dal cielo per una creatrice di contenuti sempre in viaggio e residente, quando decideva di tornare a Manchester, nella casa di suo nonno. Quei posti avevano, oltre a dei set che potevo utilizzare per creare, ogni tanto, video musicali di un certo livello, anche una connessione talmente veloce da permettere il caricamento dei video anche senza ricorrere agli internet café o rallentare un Wi-Fi condominiale, cosa a cui non mi ero mai abituata, essendo cresciuta in una casa indipendente nella quale, ormai, non rientravo da anni.
    «Allora alla prossima. Buona giornata!»
    Me ne andai, non prima, però, di aver regalato un altro sorriso ad Amaya. L’avevo conosciuta la prima volta che ero entrata allo Space di Tokyo e, da allora, eravamo diventate amiche e ci sentivamo ogni tanto anche quando non ero in città.
    Quel pomeriggio ero andata a trovarla sul lavoro, dato che volevo prenotare un set. Tuttavia avevo scelto il momento peggiore per farlo, dato che il centro si stava trasferendo a Shibuya e, ormai, parte dell’attrezzatura, non c’era più. Una tra le prime cose a venir spostata era stata quella bellissima Nord Stage 3, il mio sogno erotico da pianista, che non avrei potuto usare fino a trasloco ultimato, quindi avevo deciso di aspettare la fine dei lavori e prenotarmi per quando tutto sarebbe ripartito. Probabilmente non sarei più tornata lì, se non forse per caricare un video prima che staccassero la connessione. Quel posto già mi mancava, quindi mi presi un momento per guardarlo, prima di varcare la soglia che mi avrebbe condotto all’esterno, poi feci lo stesso con la porta, dopo averla richiusa alle mie spalle.
    Era il momento di fare altro, ormai. Avevo dato appuntamento ai Secrets for the Mad, che avevano accettato di collaborare con me, fuori dallo Space per discutere delle riprese e di come eseguire i nostri progetti in maniera più comoda rispetto a una chat. Momo mi aveva contattata poco prima, dicendomi di cercare una ragazza vestita di rosa e con una canon al collo, accompagnata da un ragazzo completamente vestito di nero e con una mascherina. Mi guardai intorno, trovando subito lei e riconoscendola grazie anche alla presenza di lui. Lei era così rosa che, anche impegnandosi, non sarebbe riuscita ad aggiungere un altro tocco di quel colore a nessun suo capo. Stando all’orologio sul mio polso sinistro, nero per abbinarsi all’anello che ero solita portare in quella mano, dovevano essere passate da poco le tre. Ero riuscita a prenotarmi per tempo e sarei arrivata anche puntuale all’appuntamento. Avanzai verso di lei, vestita totalmente di nero come Shuu. Avevo addosso una T-shirt con il lick trascritto sopra, un mio acquisto dallo shop di Adam Neely che riservavo alle occasioni importanti, insieme a una gonna nera con un motivo a forma di tastiera che circondava la parte più bassa come un anello. Il tutto era accompagnato da un paio di sneakers nere e da una tracolla dello stesso colore in cui tenevo una GoPro, una bottiglietta d’acqua e una scatola di mentine, oltre al cellulare e al portafogli. Inutile dire che anch’io ero vestita con un unico colore dominante.
    Non appena i due furono abbastanza vicini da notare un tocco di make up, sorrisi loro e dissi allegramente: «È un piacere incontrarvi di persona.» Lo era davvero, alla fine. Erano stati gentili con me e avevano accettato di collaborare, rendendomi felice di poter almeno soddisfare il desiderio di una fan che ormai ero convinta che meritasse di essere ascoltata.



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    Edited by Antoil69 - 13/7/2020, 18:37
     
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    «Tu la vedi?» mi girai con un'espressione confusa verso Shuu «Cos'è sei improvvisamente diventato cieco?». Guardandolo negli occhi capii da sola che gli stava succedendo e sollevai le sopracciglia giudicandolo con lo sguardo come il meme del blinking white guy. «Ho le lenti vecchie, sai che gli manca ancora l'astigmatismo e non vedo una ceppa da lontano» mi sibilò a denti stretti come se quella fosse la cosa più ovvia del mondo «...e di questo colore qui non le fanno più, lasciami essere un cieco fighissimo per un altro po'».
    Scoppiammo a ridere.
    Finalmente intravidi con la coda dell'occhio una ragazza europea che si dirigeva verso di noi e a un'occhiata più attenta era proprio la nostra Eliza. La indicai a Shuu e mi diressi saltellando nella sua direzione salutandola con la mano «Hey Eliza, ti abbiam trovata!»
    La accolsi con un gran sorriso e mi inchinai per salutarla: ero talmente felice che avrei potuto piangere in quel momento.
    «È un piacere incontrarvi di persona.» Ci disse, Shuu mi mise un braccio attorno alle spalle e le domandò se fosse pronta a lavorare col nostro gruppetto. Io sottolineai quanto detto con un sorriso ancora più grande e poi puntando alla sua gonna le feci i complimenti per l'outfit «È così kawaii! Dove li hai scovati questi vestiti?» poi tutta saltellante mi spostai al suo fianco e feci notare a tutti quanto fossimo vestite simili, nonostante le tonalità: minigonna, una maglietta e delle calze a righe. Certo a parte i piccoli dettagli dark sparsi un po' ovunque tra accessori e pattern. «Dai è fantastico! Sembriamo quelle coppiette coordinate che vanno tanto di moda! AHAHAHA». Il ragazzo mi lanciò uno dei suoi sguardi per farmi smettere, probabilmente credeva potessi essere fastidiosa per Eliza. Sospirai, secondo me non era esagerato.
    «Allora andiamo a prendere qualcosa da bere? C'è una caffetteria qui vicino che fa dei pasticcini buonissimi» come fosse un gentiluomo Shuu indicò cortesemente la strada ad Eliza snocciolando le descrizioni di tutti i dolci più popolari, ignorando la mia presenza per poi voltarsi e farmi una linguaccia. "Ci sta provando sul serio... che sfacciato!".




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    Edited by attoooh - 16/6/2020, 09:49
     
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    «Certamente!» Risposi, sorridendo, alla domanda che mi era stata porta. Finalmente li avevo incontrati di persona. Ormai l’inizio dei lavori era praticamente alle porte e Shuu sembrava simpatico, almeno a pelle. Certo, anche lui aveva una sua personalità online, ma non sempre ciò significava che la simpatia rimanesse anche nella vita reale, dove alcune celebrità tendevano a mostrarsi più o meno scorbutiche o altezzose. Quei due mi avevano fatto di certo un’ottima impressione.
    Momo si era addirittura lasciata andare subito a dei complimenti per il mio outfit, che a quanto pare le sembrava molto cute. Voleva addirittura sapere dove avessi preso tutti i miei capi. Mi aveva trattata come se ci conoscessimo da sempre, ma spesso capita quando il proprio volto compare per innumerevoli volte sullo schermo di altrettanti followers ben due volte a settimana, senza considerare tutta la mia attività in altri social media. Tuttavia, supposi che lei potesse avere avuto esperienze simili e che avesse imparato da quelle a non eccedere con la confidenza. In fondo, non era stata invadente, pur chiedendomi tutte quelle cose in maniera così repentina, quindi finii anche per sentirmi a mio agio.
    «La gonna viene da un negozio di Londra.» Dissi, rendendomi conto di quanto le mie origini venissero tradite dall’accento con cui avevo pronunciato l’ultima parola. «Stavo facendo visita allo Space londinese, l’ho vista nella vetrina di un negozio e ho dovuto comprarla.» Era stato amore a prima vista per un tema che spesso veniva riprodotto con risultati mediocri. «Se vuoi, quando torno a casa te ne faccio spedire una.» La buttai lì, senza impegno. Non volevo una sua risposta particolare, ma gliel’avrei mandata davvero, se lei mi avesse detto di sì. Dopotutto, andavo spesso a Londra e l’idea di mantenere i rapporti col suo canale anche dopo la collab, se tutto fosse andato bene, non mi dispiaceva.
    «La maglietta, invece, è parte del merchandising di un collega. Per quanto non sembri, sto indossando un meme.» Un meme che non credevo che loro potessero capire, dato che era riservato a chi s’intendeva di jazz e seguiva Adam Neely, ma pur sempre un meme. In quegli istanti, mentre Momo mi si avvicinava, l’aver pensato al lick mi fece tornare in mente quanto mi sarebbe piaciuto collaborare anche con chi aveva ideato la t-shirt che stavo indossando in quel momento. Per me sarebbe stato un sogno poter incontrare un musicista di così grande calibro e un tale conoscitore della teoria e dell’armonia. Avrei potuto realizzare quel sogno, prima o poi, ma per il momento era necessario che riprendessi a concentrarmi sulla collaborazione su cui stavo lavorando in quel momento, quella con quei due ragazzi apparentemente così simpatici e con la loro collega, al momento assente.
    «Dai è fantastico! Sembriamo quelle coppiette coordinate che vanno tanto di moda! AHAHAHA» Risi anch’io a quell’affermazione, trovando divertente la coincidenza. Era vero, in fondo, che, nonostante i temi e le tonalità differenti, noi due fossimo vestite con abiti simili. «Potremmo farlo anche nei video, nonostante io abbia anche un’altra idea.» Quando possibile, mi piaceva indossare il merchandising altrui nelle collaborazioni. Mi sembrava un modo per mostrare ai miei iscritti quanto davvero mi piacessero i contenuti dei creatori con cui collaboravo e, pochissime eccezioni a parte, tenevo molto a questo scambio di vestiti. Stando ai loro social, la loro nuova collezione sarebbe stata presto disponibile e certamente avrei ordinato qualcosa da loro, non prima di aver trovato un capo per ognuno dei tre e, nel caso in cui avessero avuto dei collaboratori, anche per loro. Dopotutto, io ero quella che doveva chiedere qualcosa anche per Emily, anche proponendomi di prendere la t-shirt extra a mie spese, nel tentativo di far sì che lei non venisse considerata una semplice cameraman e di ricompensarla per il suo duro lavoro, cosa che non credevo di essere mai riuscita a fare appieno.
    «Allora andiamo a prendere qualcosa da bere? C'è una caffetteria qui vicino che fa dei pasticcini buonissimi» Shuu interruppe la discussione che stava nascendo per proporre un’idea niente male: sedersi a un tavolo e iniziare a parlare dei prossimi progetti con qualcosa da mangiare a tenerci compagnia. «Ottima idea.» Risposi subito, per poi seguire i due, diretti al locale di cui avevano parlato. Il ragazzo decise d’intrattenermi, durante la camminata, con una lista di dolci tra cui scegliere. Sembravano tutti invitanti, ma non conoscevo il posto e, come da mia abitudine, conveniva chiedere ai locali che cosa valesse o meno la pena fare, provare o, in casi come questo, assaggiare tra i vari dolci disponibili in un locale. Questo mi aveva portato, negli anni, a prendere itinerari non-strettamente turistici, spesso più belli di quelli tradizionali, e a fare esperienze uniche a discapito di quelle da vere e proprie “trappole per turisti”. Certo, qui si parlava di dolci, ma perché prenderne uno a caso quando si poteva prendere il più buono? Attesi la fine delle parole di Shuu, che arrivò in seguito a una linguaccia a Momo. Non capii il significato di quel gesto, ma decisi di chiedere comunque.
    «I dolci sembrano buonissimi, detti così. Che cosa mi consigliate di provare?»



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    Il meme di cui parla Elizabeth è il lick, un fraseggio molto utilizzato nel jazz che, a quanto pare, spunta in diversi assoli improvvisati come un motivo comune non-ricercato. La sua presenza in vari brani lo ha trasformato in un meme, popolarizzato da Adam Neely e usato, questa volta volontariamente, in alcune sue composizioni e in alcuni suoi video esplicativi di teoria musicale avanzata. Oltre al video originale che ha dato inizio al meme, linko anche una spiegazione fatta dallo stesso Adam Neely, un brano lo-fi che usa il lick volontariamente e un video teorico avanzato che usa il lick. Divertitevi, ma vi avverto: è roba molto da nerd appassionati


    Edited by Antoil69 - 13/7/2020, 18:37
     
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    «La gonna viene da un negozio di Londra.»
    La luce mi si spense negli occhi... Londra era lontanissima e non avevo ancora messo da parte abbastanza soldi per poterla raggiungere. Guardai con intensità la bella stampa sull'orlo della gonna e mi ripresi solamente quando sentii Eliza offrirsi per spedirmela una volta tornata a casa. Accettai allegra e con un sorriso stampato in viso «WAAAAH! Davvero lo faresti? Che cara! Poi però ti organizzo un bel giro nel nostro negozio, così posso regalarti qualcosa che ti ricordi il Giappone... o meglio Harajuku».
    La ragazza ci raccontò anche il significato della maglietta, ma sia io sia Shuu eravamo totalmente ignoranti in fatto di musica e spartiti, quindi non potutemmo fare altro che sorridere e annuire con poca convinzione, così come fanno tutti i giapponesi quando non comprendono qualcosa. Ci guardammo spaesati e Shuu prese al volo la proposta di Eliza di vestirsi coordinati nei video per cambiare discorso.
    «Sarebbe troppo azzeccato! Così poi ci potrai dare un tuo parere sulla subculture a cui appartiene il nostro stile!» Shuu tentò si pronunciare quella parola all'inglese con scarsi risultati, ridacchiai con una mano davanti alla bocca nel tentativo di trattenermi il più possibile.

    Mentre camminavamo verso il café Shuu descrisse tutto il menù alla nostra nuova collaboratrice con entusiasmo, d'altro canto i dolci erano il suo cibo preferito: se non ci fosse Ai a casa si nutrirebbe solamente di quelli. Intanto li ascoltavo in silenzio, un passo dietro di loro, purtroppo non avevo mai potuto godermi un dolce appieno e ogni volta che passavamo da quel negozio finivo sempre per prendermi un Dagona senza latte... di base un caffè con una consistenza buffa.
    «I dolci sembrano buonissimi, detti così. Che cosa mi consigliate di provare?» la domanda di Eliza mi prese alla sprovvista. Balbettai sillabe a caso, non solo non avevo mai assaggiato i dolci, non che potessi sentirne il sapore, ma nemmeno mi ero degnata di ricordarmi i nomi sul menù. Finii per consigliarle il mio solito Dagona coffee come bevanda per accompagnare e sperai che Shuu mi aiutasse col cibo. Fortunatamente si accorse della mia difficoltà e le consigliò il suo preferito. «Se non li hai mai provati ti consiglio i sakuramochi, altrimenti puoi provare gli yōkan!»
    La vetrina della pasticceria sbucava come un quadrato rosa al centro di un enorme edificio grigio. I dolci esposti erano così ben curati che non potei fare a meno di assaggiarli con lo sguardo: c'erano sia dolci giapponesi sia leccornie dall'aspetto occidentale. La particolarità è che per quel giorno il colore dominante era il blu mirtillo.
    Una volta entrati nel locale scelsi un angolino abbastanza tranquillo, seminascosto da una cascata di piantine appese al soffitto, e mi rivolsi a Shuu «Vado a tenere il posto! Il tavolo appartato non è mai libero... per me prendi pure il solito, grazie...» e poi anche a Eliza «...se vuoi darmi la borsa la porto al posto, offriamo noi!»


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    «WAAAAH! Davvero lo faresti? Che cara! Poi però ti organizzo un bel giro nel nostro negozio, così posso regalarti qualcosa che ti ricordi il Giappone... o meglio Harajuku»
    «Abbiamo un accordo, allora.» Dissi, con entusiasmo. Avevo detto che le avrei volentieri spedito la gonna, una volta tornata in patria, quindi avrei tenuto fede alla parola data. In cambio, inoltre, avevo guadagnato anch’io la promessa di un regalo, quindi avevamo ottenuto qualcosa entrambe. Momo sembrava contenta della mia idea e ciò mi faceva davvero piacere: avevo deciso di dedicare la mia vita allo strappare sorrisi alle persone e vedere i risultati dei miei sforzi mi gratificava, indipendentemente dall’entità del mio impatto sugli altri.
    Un’altra ragione per cui potessi essere contenta era il fatto che almeno Shuu fosse disposto a scambiare il nostro merchandising e a indossare i capi altrui durante le riprese. Era bello sapere che anche ai miei collaboratori piacesse l’idea d’indossare i miei: mi faceva sentire importante e dava un ulteriore significato al mio lavoro. Era bello essere considerati degni di tale onore da colleghi i cui contenuti mi piacevano.
    «La vostra subculture m’interessa parecchio, ma dovrete dirmi voi su cosa basarmi per giudicarla.»
    Purtroppo, non riuscii a trattenermi. Per quanto ci avessi provato e per quanto trovassi quel comportamento abbastanza arrogante, correggere quella parola fu più forte di me. Cercai di farlo nella maniera più naturale e meno inquisitiva possibile, mettendo la parola corretta in una frase che avrei detto comunque, ma avevo pur sempre deciso di comportarmi da maestrina. Nel tentativo di perdere quella tendenza, avevo ridotto di molto le volte in cui mi ritrovavo a correggere gli altri, ma ogni tanto dovevo ancora fare i conti col mio essere cresciuta nel Regno Unito e che un po’ di cockiness mi fosse rimasta dentro. Sperai solo che non se la prendesse; altrimenti, gli avrei chiesto immediatamente scusa.
    Inoltre, il resto della frase non era stato messo a contorno di una correzione: non avevo davvero idea di come si giudicasse una subculture in maniera decente e qualche metro di paragone mi sarebbe servito. In fondo, la prima lezione che s’impara lavorando su Internet è che i propri errori vengono notati più che i propri successi. Qualche suggerimento prima del video vero e proprio sarebbe stato gradito, ma non mi sarei dimenticata di chiederlo in altre occasioni, se non ne avessimo parlato al momento.
    «E ditemi anche se avete dei collaboratori off-camera, per favore, così porto qualcosa anche per loro.»

    Una volta ringraziati Momo per i suoi consigli sull’accompagnamento e Shuu per quelli sui dolci veri e propri, notai che la pasticceria distava ormai qualche passo. Entrammo subito dopo averla raggiunta e la ragazza decise immediatamente di andare a cercare posto, offrendosi anche di portare la mia tracolla al posto. Non ne vedevo il motivo, dato che non era così grande da ostacolarmi in nessun modo, quindi declinai con un sorriso e un semplice «Grazie mille, ma non preoccuparti.» Non lo feci per sfiducia: era vero che l’avevo incontrata per la prima volta qualche minuto prima, ma, se la nostra collaborazione fosse andata in porto, avremmo guadagnato di più nel lungo termine. Rubarmi qualcosa non era nel suo interesse, ma la tracolla era troppo piccola e leggera per darmi fastidio.
    Ordinai dei sakuramochi, i primi dolci consigliatimi da Shuu, insieme a un Dalgona Coffee, come mi aveva suggerito Momo. Aspettai che i dolci ci venissero consegnati, poi, portando le mie cose, andai al tavolo che la ragazza aveva già occupato. Non iniziai, però, a mangiare, preferendo attendere l’arrivo di Shuu per permettere anche ai miei collaboratori di mangiare con me. In fondo, sarebbe stato più carino per tutti, così com’era carina la cascata di piante accanto al tavolo.
    «Questo locale mi piace.» Dissi, per riprendere la conversazione che avevamo interrotto poco prima. Avevo comunque intenzione di andarmene da lì con qualche idea in più sui due video da registrare in seguito, ma iniziare a parlare di qualcos’altro prima avrebbe potuto essere più educato che andare direttamente al sodo.



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    Mi sedetti dando le spalle al muro, ero leggermente in ansia per il fatto che essendo esaltata tendevo ad assumere un'imbarazzante tono acuto di voce, lo stesso della caccia in cui riuscii in qualche modo ad accaparrarmi quella collaborazione. Torturando il portachiavi appeso alla mia tracolla pregavo fortissimo di non essere riconosciuta nel modo più assoluto.
    Mi ripresi dai miei pensieri sentendo Eliza arrivare al tavolo, Shuu sembrava essersi perso via a salutare qulche suo amico, o magari un nostro fan.
    «Questo locale mi piace.»
    Mi girai verso la ragazza con un sorrisone e le risposi allegra «Vero? È proprio arredato bene... inoltre a detta di Shuu è uno dei negozi di dolci migliori in zona!» Scivolai sulla panca per portarmi difronte ad Eliza e lasciare spazio a Shuu, il quale nel frattempo ci aveva raggiunti. Mi allungò una tazzina e mi avvisò che il barman mi aveva preparato una specie di granita soffice al caffé al posto della solita spuma triste del Dalgona. «Tranquilla, niente zucchero e niente latte».
    Fissai con sospetto la tazzina per poi decidere di provarla: buonissimo... puro caffé nero ghiacciato. Il barman deve avermi immaginato come una caffeinomane dalle papille gustative mutilate.
    Diedi una pacca sulla spalla a Shuu e mi rivolsi ad Eliza:«Bene, bene: per rispondere alla tua domanda di prima... no, non abbiamo collaboratori, a meno che tu non consideri il nostro treppiede Sancho... per quanto riguarda la subculture posso spiegartela in breve» proseguii raccontandole cos'è lo yami kawaii, da dove nasce e chi sono i pionieri di questo stile «...il personaggio di Menhera-chan è stato per noi una ispirazione agli inizi, come puoi vedere dai nostri primi design, ma poi ci siamo staccati.» intanto le feci vedere dal mio telefono alcune immagini del personaggio e della nostra collezione. Shuu poi è andato ad approfondire lo scetticismo che le persone meno aperte hanno verso questo stile «Il nostro negozio è stata una scommessa: qui in Giappone parlare apertamente di salute mentale non è semplice... peggio ancora secondo alcuni è realizzare uno stile che si basa interamente su questo» nel frattempo annuivo con un'espressione seria in volto «Anche alcuni stranieri storcono il naso, soprattutto su certi accessori che portiamo appresso» detto ciò le feci vedere le catenine che indossavo quel giorno, dove si alternavano cuori con cerottini a pillole rosa e bianche.
    Shuu proseguì dicendole che in modi diversi sia io sia l'altra nostra collaboratrice Ai avevamo avuto dei problemi in passato per quanto riguarda la nostra situazione mentale, senza scendere troppo nel dettaglio, specificando che lui invece era stato inizialmente attratto dall'estetica in quanto non soffriva né conosceva persone con problemi «Probabilmente mi ha attratto perché anni luce lontano dal mio piccolo mondo appena entrato al Bunka.».
    Ascoltai tranquilla Shuu e invitai con un cenno del capo verso Eliza a dirci le sue perplessita, intanto gustavo il mio bizzarro caffé.
    Non avevo mai considerato Shuu come un ragazzo superficiale, anche se dall'ultima sua frase potrebbe sembrarlo: semplicemente apprezzavo la sua voglia conoscere e migliorarsi nell'approccio con l'altro. Di certo dele volte celava questo suo lato dietro una marea di stupidaggini e sciocchezze. Alzai lo sguardo verso Eliza osservandola attentamente, sembrava quasi più carina dal vivo e alla luce del giorno rispetto che in video, pensai fosse dovuto all'illuminazione ovviamente casuale e al fatto che raramente si trovano persone davvero fotogeniche, anche nella comunità dei content creator di YouTube.
    «Eliza, che cosa ti ha spinto a diventare una youtuber?»



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    «C’è solo un modo per scoprire se è vero!» Dissi, con l’entusiasmo di chi a breve avrebbe provato dei dolci che le erano stati presentati come squisiti. Nel frattempo, Shuu era arrivato con la sua ordinazione e quella di Momo, che aveva preso un semplice caffè amaro all’americana ghiacciato. In fondo, era pur sempre fine maggio e faceva caldo: chi non avrebbe preferito qualcosa di rinfrescante a qualcosa capace di accaldare ancora di più?
    Non appena il ragazzo ci raggiunse, iniziammo a parlare di cose più professionali, come il fatto che non avessero aiutanti oltre a un treppiede. Non avrei, quindi, dovuto portare niente per nessun’altro, a parte tre magliette, ma avrei potuto richiedere anche uno sticker da regalargli. Ormai mi avevano parlato di Sancho, quindi perché no? Avrei solo dovuto segnarmi da qualche parte quel nome per non dimenticarlo.
    Dopo quella battuta, Momo iniziò immediatamente a spiegarmi su che cosa si basasse la loro subculture. Cercai di seguire il più possibile, pur non essendo pratica di quelle cose. Dovetti appuntarmi mentalmente di fare ulteriori ricerche, cosa che ormai avevo imparato a fare per tutti i miei video e che mi permetteva ogni giorno di andare a dormire con un bagaglio culturale un po’ più ampio di quello che avevo al mio risveglio. Amavo il mio lavoro!
    I due ragazzi mi spiegarono, inoltre, il rapporto tra il loro stile e il mondo esterno, fatto di storcersi il naso per via delle tematiche trattate e di alcuni accessori che indossavano. Sia i locali sia gli stranieri trattavano la loro subculture, ispirata alla sanità mentale tanto quanto il loro canale, con disprezzo e quella era una tematica abbastanza affine a me: che cosa era abbastanza forte da unire in quei trattamenti persone con culture così diverse? C’era un solo modo per scoprirlo.
    «È tutto chiaro, almeno per ora.» Dissi, sorridendo, ma assumendo un tono meno allegro e un po’ più curioso. «Il fatto che sia i giapponesi sia gli stranieri storcano il naso di fronte al vostro stile, chi per l’estetica e chi per le tematiche, è curioso. Magari potremmo parlarne in un video. Che dite?»
    Diedi loro tutto il tempo per rispondermi, poi arrivò una domanda alla quale non avrei voluto rispondere: «Eliza, che cosa ti ha spinto a diventare una youtuber?»
    Stavo ancora ritardando e ignorando il Drawing My Life che i miei iscritti mi avevano richiesto: non ero pronta a dire la verità su Emily e, per quanto avessi potuto omettere i dettagli peggiori della storia, parlare di lei non sarebbe stato giusto. In fondo, lei stessa aveva voluto sempre stare dietro le quinte, ma Eliza, senza di lei, non sarebbe mai esistita.
    «È stata una persona speciale a spingermi a farlo.» Iniziai a dire, con un sorriso che tradiva una leggera vena di malinconia e nostalgia dei bei tempi ormai per sempre andati. «Eravamo in viaggio a Parigi e avevamo trovato un pianoforte in una stazione della metro. Mi ero messa a suonare per ingannare il tempo e lei aveva deciso di filmarmi senza che lo sapessi. Dopodiché mi ha mostrato il video e mi ha convinta a caricarlo.» Ero seduta a un tavolo con Momo e Shuu, lo sapevo bene, ma la mia mente non poteva fare a meno di vagare e cercare di rivivere il più intensamente possibile quei momenti così belli, gli albori della mia relazione con Emily, in cui ero libera di amarla senza paura che lei venisse scoperta e senza i sensi di colpa che mi tormentavano dal giorno in cui la peggior paura di entrambe si era realizzata. «Mi ero anche dimenticata di quel video finché non ho scoperto del fatto che fosse diventato virale.» Il pensiero di non essermi accorta subito degli effetti del video di Emily, che ancora mi sembravano caduti dal cielo, mi faceva ridacchiare ogni volta. Anche in quell’occasione non riuscii a trattenere una risatina nostalgica. «Così ho deciso di continuare e vedere se potessi riuscire a trasformare il mio successo momentaneo in qualcosa di più. Per ora ha funzionato, ma è tutto merito di quella persona, che mi ha anche dato una mano dietro le quinte, quando ne ho avuto bisogno.»
    Il mio sguardo si fece un po’ più malinconico per un attimo. Sperai che i due non l’avessero notato. Era per questo che non mi piaceva parlare di Emily: non riuscivo a farlo senza provare tutta una serie di emozioni che spesso non riuscivo a nascondere. Ci stavo provando con tutta la mia forza anche in quel momento, cercando di nascondere il più possibile quanto lei mi mancasse e il fatto che fosse colpa mia, ma per quanto tempo ci sarei riuscita? Avrei scelto lei invece del mio lavoro. Perché, quindi, mi ero ritrovata a fare l’influencer da sola? Stavo parlando di cose normali, come l’aver ricevuto aiuto per iniziare la mia carriera: perché dovevo essere malinconica? Certamente anche gli altri se lo sarebbero chiesto, se se ne fossero accorti e loro parlavano di salute mentale. Dovevo troncare la discussione quanto prima, prima di tradirmi.
    «Ormai abbiamo perso i contatti da molto tempo, ma Eliza non esisterebbe senza di lei. Diciamo quindi che è stato qualcuno a spingermi, non qualcosa.» No! Non avevamo perso i contatti! Ero stata io, IO, a rompere la nostra relazione e infrangere i suoi sogni ad uno ad uno. Non avevo il diritto di parlare di lei come colei che aveva realizzato i miei! Eppure dovevo farlo e ciò mi faceva male. Era il momento di finirla: non dovevo diventare triste nel mio primo incontro con quei due! Lo dovevo a Emily, che avrebbe voluto che quei video si facessero, e a Pierrot, che non aveva posto fine alle mie sofferenze per un motivo: dovevo restare calma, allegra e socievole.
    «E che cosa ha spinto voi a iniziare su YouTube? Qual'è stato il momento in cui vi siete detti che fosse ora d'iniziare?» Chiesi, cercando di togliere qualunque accenno alla malinconia precedente dal mio tono di voce e cercando di convincere più me stessa che gli altri che la nostalgia delle mie parole potesse almeno apparire normale. Dovevo parlare d’altro. Qualunque cosa che non mi facesse tornare alla mente Emily sarebbe andata bene. Sperai solo di non essermi tradita poco prima.



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    Mentre spiegavamo non potei fare a meno di notare come Eliza stesse facendo del suo meglio per spartire la propria attenzione e curiosità in modo uguale tra il nostro racconto e il suo dolce: tenerissima!
    Inoltre sapere di avere di fronte a me una persona che ammiravo da tanto tempo e che stava ascoltando la mia esperienza sembrava irreale. Dovetti tirarmi un piccolo pizzicotto sul braccio per rendermi conto di non star sognando...
    «È tutto chiaro, almeno per ora.» ci disse Eliza con evidente curiosità: questo suo lato sempre in cerca di nuove storie e conoscenze era una di quelle cose che mi avevano fatto appassionare al suo canale. Risultava parecchio evidente nei suoi vlog e dovevo ammettere che mi aveva permesso di viaggiare restando comunque seduta accanto a Shuu sul nostro divano. Sperai inoltre che questa sua caratteristica fosse davvero genuina e non una mossa di marketing per rendersi vita e lavoro più semplici, la doppia faccia purtroppo è comune tra alcune personalità in rete, soprattutto se appartenenti a canali con un grosso seguito.
    Eliza ci propose di approfondire la tematica riguardante la visione del nostro stile al di fuori della piccola realtà eccentrica di Harajuku. «Che dite?» io e Shuu ci guardammo e senza pensarci due volte rispondemmo all'unisono: «Ci sto!» «Certo, che domande!» per poi farci scoppiare una mini risata. Trattare con due fan esaltati non doveva essere la cosa più ordinata di 'sto mondo, avremmo dovuto avere anche Ai con noi quel giorno.
    «Per essere accurati il più possibile dovremmo fare una uscita in stile "Asking the locals" così potrai davvero ottenere delle reazioni genuine per quanto riguarda Tokyo e dintorni.»
    Feci la mia proposta con entusiasmo, in fondo in un primo meeting c'era bisogno di idee, e poi tirai fuori dalla borsetta il telefono per annotare le proposte che già erano venute a galla... lo feci nelle note, in modo da rendere semplice la condivisione della lista con Elizabeth, qualora ne avesse bisogno.

    Mi accorsi di aver fatto un passo falso vedendo il viso della ragazza rabbuiarsi in seguito alla domanda sulla sua carriera in Youtube, mi chiesi se la sua storia privata fosse complessa o triste al punto da non voler nemmeno realizzare quel "drawing my life" che noi fan le chiedevamo con insistenza da ormai un po' di tempo. Ci raccontò con un tono malinconico di una persona speciale che la aveva aiutata a far partire il canale in seguito alla fama improvvisa dovuta al suo primo video virale.
    A Shuu scappò un irrispettoso «Che culo!», probabilmente era un po' invidioso di coloro che riuscivano a diventare virali per caso dato che, nel nostro caso, abbiamo dovuto sudare parecchio per acquisire visibilità sul web.
    «Ormai abbiamo perso i contatti da molto tempo, ma Eliza non esisterebbe senza di lei. Diciamo quindi che è stato qualcuno a spingermi, non qualcosa.» detto ciò cambiò discorso in fretta, probabilmente a disagio, rigirandoci la domanda. Shuu tentò di risollevarle il morale dicendole che alla prossima visita al tempio a Capodanno avrebbe lasciato una preghiera affinché riuscisse a riconciliarsi con la persona che per prima aveva creduto in lei.
    «Il nostro canale è nato per un progetto di filmaking relativo a una sfilata per un concorso interno alla scuola e-» Shuu dovette interrompermi, come sempre, per sottolineare quanto orrendo fosse il nome del canale all'epoca «Ci credi che si chiamavano Paradise Kisses? Copiatissimo!». Per tutta risposta gli tirai un paio di schiaffetti e tentai di nascondere il mio imbarazzo «...è ...è vero, all'epoca avevamo appena finito di leggere il manga "Paradise Kiss" e ci sembrò un titolo carino per un progetto da finire in poco tempo». Andai avanti a raccontarle brevemente come il canale venne usato da me e Ai come archivio di blog e riflessioni sui nostri stati mentali e di come, una volta incontrato Shuu, era nata l'idea di aprire il negozio Secrets for the mad e il relativo canale per pubblicizzarci e per fare quattro chiacchiere sulla salute mentale, l'influenza maggiore dello stile Yami Kawaii. «E tadaaan! Eccoci qui oggi con una discreta clientela.»




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    L’idea di Momo non era male. Fui contenta di vedere tanto entusiasmo per un’idea che non ero sicura che avrebbero apprezzato, ma riceverne una subito dopo non era qualcosa che mi sarei aspettata. Fare un’uscita in stile Asking the Locals sarebbe stata un’ottima cosa, ma il suggerimento aveva messo in moto qualcosa dentro di me, come se le nostre idee fossero soggette a uno strano effetto domino.
    «E se ne facessimo due? Potreste farne una voi e una io. Chissà che la gente non reagisca in modo diverso.»
    In realtà ero un po’ titubante a chiederlo, in quanto avremmo superato i due video di collab, se avessimo deciso di prendere anche quella strada. Confidavo nel fatto che, in caso, avremmo potuto registrare tutto insieme e poi caricare due video subito e tenerne due per un periodo concordato più tardi, come anche altri nostri colleghi facevano. Cancellai, quindi, la mia preoccupazione, sperando che anche loro la pensassero come me.

    «Che culo!»
    L’esclamazione mi fece sorridere. Non potevo negargli la ragione, anche se non avevo pensato proprio quello, anni prima. Essermi ritrovata da un giorno all’altro con gli occhi di tutti addosso e un video che continuava a fare così tante visualizzazioni così in fretta mi aveva fatta sentire come un pesce fuor d’acqua. “Is this really me?” Pensavo, in continuazione, ricordandomi vividamente di quei momenti e chiedendomi comunque se li avessi vissuti davvero io o se fossi finita per sbaglio in un’altra dimensione dove le mie abilità da pianista contassero qualcosa. Neanche in quegli istanti con Momo e Shuu ero ancora riuscita a darmi una risposta, ma sì, vista dall’esterno, la viralità poteva sembrare una benedizione. Per me lo era stata, certo, ma non per tutti era così.
    Esclamazione a parte, ciò che mi toccò davvero furono le parole di Shuu quando ebbi finito il mio racconto. Era evidente che lui non sapesse nulla su Emily. Il Capodanno, inoltre, era lontano, quindi avrebbe potuto dimenticarsene in fretta, ma il solo fatto che, indipendentemente da tutto, mi avesse augurato di riconciliarmi con Emily mi bastava. Sapevo che sarebbe stato impossibile, non sapendo nemmeno se lei fosse ancora in vita, ma il solo augurio era davvero bello, nonché tutto ciò che lui avesse potuto fare.
    «Lo apprezzo molto. Grazie mille.» Gli rivolsi un sorriso, mentre parlavo. Ero sempre stata genuina con loro e lo ero anche in quel momento, ma sapevo che lui non avrebbe mai compreso quanto quelle parole dette così alla leggera significassero per me. Forse, però, era meglio così. Finché avessi potuto creare un nuovo video e regalare alla gente momenti felici come Emily avrebbe voluto, mi sarebbe andato tutto bene, anche tenermi dentro un segreto simile.
    Fortunatamente, si passò presto a discutere del loro canale e del loro vecchio username, Peachy Kisses. La storia di quelli che sarebbero diventati i Secrets for the Mad era totalmente diversa dalla mia, così come diverse erano le tematiche che i nostri canali trattavano. Entrambi creavamo contenuti su argomenti sia leggeri sia spinosi e, per quanto diversi, potevo in qualche modo rivedermi in loro e nel loro aver iniziato senza l’intenzione di fare di YouTube la propria vita. Entrambi i canali erano costati fatica ai propri creators, chi perché stava iniziando da zero e chi perché doveva trasformare il proprio successo temporaneo in qualcosa di duraturo e, per quanto fossimo stati diversi, avevamo molto in comune. Dopotutto, qualunque creator, da chi aveva qualche centinaio d’iscritti a T Series, il canale con più iscritti in assoluto, era partito da zero e non essendo nessuno. E adesso, loro avevano una discreta clientela e io un seguito che mi aveva permesso di vivere una vita che, se avessi avuto Emily al mio fianco, sarebbe stata perfetta.
    Ascoltai la loro storia con attenzione. Era la prima volta che mi capitava di conoscere dei creators che trattavano di salute mentale, quindi non potevo non essere interessata. In fondo, erano troppo diversi da me affinché potessi fare assunzioni, ma anche cercare similitudini con me tra persone così diverse e trovarne qualcuna era sensazionale! L’idea di lavorare con loro mi sembrava ogni secondo più bella e non vedevo l’ora di conoscere di persona anche Ai, dati l’esperienza con gli altri due e il loro modo amichevole di prendersi a schiaffetti, che mi aveva abbastanza incuriosita.
    «Nessuno di noi avrebbe immaginato di fare di questo la propria vita.» Dovetti ammettere, sia a loro sia a me stessa. «Tuttavia sono felice che sia capitato e di essere qui.» L’unica nota dolente, in fondo, era il fatto che Emily non fosse con me. Sapevo di star vivendo un’esistenza da privilegiata e di non riuscire a godermela, ma era più forte di me: ero bloccata nel passato e non volevo uscirne. Eppure ero contenta di essere lì con quei due, ad assaggiare dolci buonissimi e a parlare del prossimo video che avremmo fatto insieme. Avrei solo voluto presentar loro la mia assistente off-camera, la persona speciale di cui avevo parlato loro poco prima. Ero sicura che anche lei li avrebbe adorati.



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    «E se ne facessimo due? Potreste farne una voi e una io. Chissà che la gente non reagisca in modo diverso.» Feci girare un po' nervosa la penna in mano: guardando la lista delle idee video della collaborazione lievitare in modo esponenziale. Un asking the locals aveva poco senso sul nostro canale, non rientrava nei format soliti, inoltre non mi sembrava troppo azzeccato partire con un filone nuovo senza poi avere in mente come farlo sviluppare. Mangiai un altro boccone del mio spumone al caffè pensierosa. «Non credo di voler fare un asking the locals sul nostro canale... è molto fuori format: se vuoi sul tuo canale possiamo fare una parte prima dove siamo solo noi con il tuo solito microfono e una parte due dove rifai le stesse domande presentandoci poi ai passanti. Che ne dici?» poi mi voltai anche verso Shuu «Così ci sta no?»
    Shuu mi cascò dal fico... stava al telefono in chat «Scusami, non ti ho seguita, Kaya-chan* sta avendo dei problemi a casa sua... viene al nostro appartamento tra mezz'ora... mi sa che vi devo lasciare»
    Feci una faccia corrucciata... non conoscevo ancora bene Kaya per capire quanto grave fosse la situazione, per Shuu "grave" poteva benissimo essere l'aver finito il cioccolato in casa e non avere voglia di andare al konbini. Sospirai, sperando non fosse nulla di grave, sta volta nella mia concezione del termine, e feci un ripasso al ragazzo delle ultime proposte.
    La discussone sullaviralità e la presenza online proseguì ancora tra aneddoti e riflessioni personali e facce pensierose. Il flow fu interrotto da Shuu, il quale mi lasciò in mano tutte le decisioni da lì in poi. «Baci!» chiuse in fretta e furia il marsupio e ingurgitò l'ultimo boccone di dolce che gli era rimasto nel piatto.
    Lo guardai irritata uscire di fretta e mi alzai in piedi per scusarmi con un inchino con Eliza: «Mi dispiace... giuro che di solito siamo meglio organizzati! Non succederà più.»
    Mi sentivo tremendamente in imbarazzo. Eravamo un gruppo di tre e al meeting per la collaborazione dei nostri sogni, o meglio miei e di Shuu, c'ero solamente io. Uffa!
    Feci una battuta su quanto fossimo incasinati con la schedule e con la testa, sperando non fosse troppo per Eliza per tentare di calmare l'ansia che mi sentivo salire dentro adesso che non avevo il mio amico di fianco. Avevo paura di comparire come poco professionale agli occhi della mia nuova collega e stavo ripassando in testa tutto quello che sarebbe potuto andare meglio quella giornata... a partire dalla scelta del giorno stesso. «Forse non avrei nemmeno dovuto portarla vicino alla stazione quella notte chiedendole di fare una collaborazione...»
    Tentai di calmarmi con respiro profondo e le proposi di fare una passeggiata dopo mangiato, dato che ormai eravamo sole.
    «...e se poi, casualmente, dovessimo incappare in uno di quei piani che si trovano in strada mi suoneresti qualcosa? Io a malapena forse riuscirei a fare la canzoncina dei tre orsi**... ma solo se mi fai vedere dove è il do hahah»



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    *la morosa di Shuu
    **canzoncina dell'asilo, coreana


    Edited by attoooh - 12/8/2020, 22:40
     
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    A Momo l’idea di un Asking the Locals sul loro canale non piacque. Era pur vero che ciò corrispondeva più al mio format che al loro, ma fu lei stessa a trasformare il suo rifiuto in un’ottima idea, proponendomi di dividere il video in due parti. Facendo così, avrei fatto un vero e proprio confronto culturale e sociale, che avrebbe avuto molto più potenziale. Annuii e le dissi quanto l’idea mi andasse a genio.

    Shuu fu costretto a lasciarci poco dopo il mio averlo ringraziato. Una certa Kaya richiedeva la sua attenzione altrove e, nonostante gli impegni presi per i nostri canali, fu costretto ad andarsene in fretta e furia. Data la sua gentilezza di prima, non me la presi, salutandolo con un «Alla prossima!» che voleva essere il più educato possibile. Non gli avrei serbato rancore, dato che almeno Momo era rimasta con me, ma non potei negare di trovare strano il fatto che, nonostante i Secrets for the Mad fossero un trio, solo una di loro fosse con me in quel momento.
    Negli anni mi ero abituata a fare tutto da sola, dopo aver perso Emily ed ero diventata l’unica giudice delle mie idee, ma gestire i miei due canali senza nessun aiuto era faticosissimo. Se avessi avuto qualcuno a cui delegare qualche compito ne avrei approfittato, ma ormai per me era tardi: Eliza era un progetto mio, di Emily e di nessun altro e così sarebbe rimasto. Ormai, seppur faticosamente, mi ero abituata a essere una one woman band e sarei rimasta fedele al mio modus operandi.
    Momo mi fece le sue scuse poco dopo. Il fatto che fossero più organizzati, solitamente, mi diede speranza per il futuro della collaborazione: lavorare in due persone in uno staff di quattro non sarebbe stato l’ideale, ma se quella fosse stata l’eccezione, le volte successive organizzarsi sarebbe stato più facile. Dopotutto, oltre agli imprevisti, loro avevano anche un negozio da gestire e io non avevo idea di come fosse essere youtubers a tempo pieno e avere anche un’impresa nel mondo fisico.
    «Non preoccuparti.» Le risposi, in maniera comprensiva «Certe volte capita a tutti.»
    Se tutti avessero avuto giornate perfette, non sarei stata in quel locale solo con Momo. Non che lei mi stesse antipatica, ma anche Shuu, Ai ed Emily sarebbero stati con noi e sarei stata sicuramente meglio. Forse anche lei sarebbe stata più a suo agio, avendo i suoi collaboratori accanto, ma il bello di aver visto i video dell’altra reciprocamente avrebbe facilitato le cose: entrambe eravamo i visi amichevoli di qualcun altro, tra cui noi stesse, quindi non era troppo difficile darsi un minimo di confidenza.
    Avrei potuto non sapere mai se fosse stata quella confidenza o altro a muovere Momo, ma ormai mi aveva chiesto di fare una passeggiata, dopo che avessi finito di mangiare, e decisi di accettare: l’idea di conoscerla meglio sembrava interessante e anche la sua proposta successiva non fu da meno.
    «Certamente! Non sarebbe male trovare casualmente un piano nel nostro percorso, dico bene?» Le regalai un'occhiata complice, poi tornai al mio ultimo boccone. Quei dolci erano stati buonissimi e sarei di sicuro tornata in quel locale prima di andarmene. "Magari anche Grandpa li apprezzerebbe..." Pensai, decidendo una delle occasioni in cui sarei tornata.
    Tuttavia era ora di andare. Avevo ormai finito di mangiare e sarebbe stato inutile rimanere lì. Inoltre, avevo passato la mattina su Ableton Live a fare il mixing di un brano che avrei presto pubblicato, quindi, per quanto avessi lavorato con la musica tutto il giorno, non avevo suonato quanto avrei voluto.
    «Dove vogliamo andare?»




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    «Non preoccuparti. Certe volte capita a tutti. risposi con un sorriso tirato, ero certa capitasse a tutti, ma per un primo incontro di lavoro non era il massimo. Un po' come se mi presentassi a un colloquio per un posto in banca vestita come faccio di solito. Immaginandomi la scena mi scappò un mezzo sorriso e sperai che Eliza lo fraintendesse come un sorriso di ritrovata tranquillità.
    A pensarci bene lei faceva tutto da sola, oggi non era venuta con nessuno e nemmeno ci aveva informato dell'assenza dei suoi colleghi. Doveva essere pesante, anche se forse più comodo dato che viaggiava spessissimo.
    Eliza accolse positivamente la mia proposta sulla passeggiata con piano a sorpresa e mi lanciò un'occhiata d'intesa, arrossii tantissimo mentre annuivo con enfasi. Non me lo aspettavo! Dal vivo era ancora più bella di quando sembrava farlo alla fine di alcuni suoi video...
    Con un sorrisetto ebete la guardai finire l'ultimo boccone e poi mi alzai, mi lisciai la gonna e le proposi una destinazione «u-uno dei miei clienti in negozio è un compositore e mi ha detto che i pianoforte pubblici si possono trovare alla stazione di Roppongi e al Miyashita park...» aprii Naver Maps* e ingrandii sulla nostra zona «...è leggermente distante da qui, una mezz'oretta: vuoi andarci a piedi o preferisci prendere l'autobus per arrivare alle porte del parco? Qui dice che ce n'è uno tra 10 minuti»
    Io la avrei fatta tranquillamente a piedi, così raggiungevo quel numero di passi sufficiente a convincere Ai di non aver bisogno di andare con lei in palestra, cosa che detestavo... aveva iniziato da poco, ma il suo entusiasmo e le sue richieste venivano rimbalzati da me e Shuu come l'acqua su un cucchiaio. Però non conoscevo bene le abitudini di Eliza, quindi preferii comunque proporre l'alternativa pigra.
    «Io preferisco il parco, nel tardo pomeriggio ha un'atmosfera pazzesca... molto underground. Mi ricordo di aver fatto un photoshoot per un progetto in stile punk e grunge l'anno scorso» sollevai la mia macchinetta fotografica e mi misi in posa da fotografo «...la mia bimba catturerà tutto click click click! Hahah» mi coprii la bocca con una mano mentre ridevo.





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    *App coreana di google maps, ha delle funzioni aggiuntive rispetto a google maps, quindi Sunhye non si è mai "convertita" all'altra
     
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    La destinazione arrivò subito dopo averla chiesta. Fortunatamente, Momo aveva un aggancio che le aveva saputo dire dove trovare dei pianoforti pubblici. Lei non aveva neanche chiesto e si era ritrovata con un’informazione forse inutile fino a quel momento. Era per cose come quella che adoravo viaggiare e scoprire qualunque cosa potessi: tutto avrebbe potuto tornarmi utile, un giorno, dalla ricetta di un dolce esotico all’ubicazione di un pianoforte. Quando avevo scoperto che Emily fosse una ghoul, l’avevo tartassata di domande sull’argomento. Volevo sapere tutto su di lei, sulla sua biologia, la sua dieta, se le facesse male tirare fuori la kagune e come si sentisse ad avere una ragazza umana. Avrei voluto che tutto ciò mi tornasse utile per farla stare meglio con me, ma non ero stata brava a mantenere segrete le mie scoperte. Mi sarei portata il peso di aver dimostrato di sapere troppo fino all’ultimo giorno della mia esistenza, ma non credevo che le informazioni che avevo scoperto fossero di per sé dannose.
    Grazie alle sue informazioni, Momo avrebbe presto potuto guidarmi da un pianoforte, cosa che non vedevo l’ora che accadesse. Disse che l’avrebbe presto fatto e mi mostrò il posto, utilizzando un’app che non riconobbi. Avevo usato troppe volte Google Maps per non rendermi conto del fatto che lei non lo stesse utilizzando, ma non avevo mai preso in considerazione applicazioni di concorrenza. Forse sarebbe stato quello il mio turno di scoprire qualcosa di nuovo. Mi appuntai in mente la mia curiosità, a cui sarei tornata una volta chiarita la nostra destinazione.
    Da viaggiatrice, mi piaceva esplorare quanti più luoghi possibile e sapevo bene che il prezzo dei mezzi di trasporto potesse salire alle stelle, in caso di uso eccessivo del servizio. Imparare a camminare velocemente e a godermi le camminate era stato necessario. Oltre al mio portafoglio, infatti, ne aveva beneficiato anche la mia salute fisica e mentale. Ormai avevo una certa resistenza alle camminate, ma anche abbastanza credito nella mia tessera Suica da potermi permettere quella corsa senza problemi. Anche in quel caso, quindi, sarei stata bene in entrambi i casi. In fondo, per quanto camminare ormai mi piacesse anche, niente poteva valere quanto sedersi a un pianoforte e poterlo suonare in santa pace.
    «Per me è uguale. Muoviamoci come preferisci.»
    Entrambe le opzioni erano allettanti: i parchi mi piacevano molto, ma ero molto legata anche alle stazioni, dato che la mia carriera su YouTube era iniziata proprio in una di quelle. Non dissi niente e Momo propose di andare al parco poco dopo. Fu allora che Momo mi mostrò la sua macchina fotografica, fermandomi dal dire la mia e facendomi ridere per la sua esuberanza. Il bello di viaggiare, certe volte, era poter incontrare persone come lei, capaci di ridere e far ridere con poco e migliorare la giornata a chiunque, anche a qualcuna come me.
    «Prendi il mio profilo migliore, allora.» Le dissi, subito prima di un altro sguardo complice come quello di prima. «Andiamo pure al parco, se preferisci.»
    Mi alzai non appena notai il suo movimento, lisciando anche la mia gonna come richiamata dal suo gesto. In fondo, non mi piaceva essere trasandata, per quanto non cercassi vestiti di classe o firmati. Sarei partita dopo di lei, con l’intento di seguirla fino al parco. Non vedevo l’ora di raggiungere un pianoforte e l’idea di fare mezz’ora di passeggiata con Momo mi allettava. Chissà che cos’altro avrei potuto scoprire oltre alla posizione di altri pianoforti pubblici.



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    «Per me è uguale. Muoviamoci come preferisci.» se dovevamo andare sia in stazione sia al parco la strada diventava parecchia... pensandoci bene quel giorno avevo ormai fatto parecchi chilometri, anche se camminare mi piaceva tantissimo affaticarmi troppo mi avrebbe fatto venire improvvisi languorini e non mi andava di dover azzardare una caccia a persone vive come mi era capitato poco tempo prima. Avrei preferito fare una gita con calma nei luoghi più conosciuti per i suicidi e... mi tirai un pizzicotto sul dorso della mano per scacciare quei pensieri raccapriccianti. Pensai allora di andare prima in stazione e decidere poi se andare o meno al parco in base al tempo e alla voglia rimasta: di occasioni per un set fotografico ce ne sarebbero state ben altre, e magari anche con Ai e Shuu presenti. Dissi quindi a Eliza di incamminarci verso la stazione: da come aveva reagito alla mia battuta sulla macchina fotografica, "andiamo pure al parco, se preferisci", sembrava le andasse bene tutto... ma glielo si poteva leggere in viso che moriva dalla voglia di tornare sul piano a suonare e che aveva accettato la seconda opzione in puro spirito accomodante giapponese.
    [color=#FF55C6]«Io direi di andare in stazione sveltissime e poi andare al parco quando ci stufiamo, ok?»

    ***


    Non molto tempo dopo arrivammo chiacchierando all'entrata principale della stazione di Ropponji e ricontrollai Naver per vedere se riuscisse a darmi l'esatta collocazione del pianoforte: «Accidenti! Non me lo dice... che nervi quando ti danno la posizione approssimata ai 500 metri!» feci una faccia a metà tra tra il frustrato e il triste e mostrai nuovamente lo schermo ad Eliza.
    Poi mi venne una idea. Riposi il telefono in tasca e presi tra le mani la mia macchina fotografica e, guardando la mia nuovissima collaboratrice con aria furbetta, le proposi di girare un vlog mentre cercavamo e poi suonavamo il piano, sarebbe stato utile in caso volessimo poi postare un video con i behind the scenes della nostra collaborazione!
    «Ti va? Non so se hai portato una videocamera, ma andrebbe benissimo anche il tuo telefono! Oppure ti presto il mio nou problemu!» Ero esaltatissima e conclusi la frase con un'altra esclamazione in pessima pronuncia inglese.




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