The truth behind the scenes (part 2)

[INATTIVA] Elizabeth Dwight e Sunhye Kang 20/05/2020 dalle 15:00 | davanti allo Youtube Space

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    La stazione di Ropponji non era così distante. Ci arrivammo nel giro di poco tempo, quello che bastò per parlare del più e del meno con una persona che avevo appena incontrato. Era inutile dirlo: mi trovavo bene con Momo. Mi piaceva il suo modo di porsi, molto amichevole e solare. Era stata seria quando le era stato richiesto e, una volta terminata la situazione che lo rendeva necessario, scoprire che non fosse totalmente immersa dal suo lavoro o dal suo ego mi aveva messo di buon umore.
    Proprio io, però, non avevo molto diritto di giudicare. Per quanto cercassi di nasconderlo, per me YouTube era sempre stato più di un lavoro. Nei primi tempi, il mantenermi sulla piattaforma mi aveva resa libera di lucrare sulla mia musica, permettendomi di guadagnare abbastanza da rendermi indipendente e non dover lavorare se non ai miei progetti, ai quali avevo potuto dedicarmi senza limitazioni di alcun tipo. Grazie a YouTube avevo vissuto la mia vita appieno e ora quello era l’unico modo affinché qualcosa a cui Emily teneva davvero continuasse a esistere. Il pensiero di non sapere se la mia Emily fosse viva o meno era sempre più opprimente, ma in ogni caso lei non sarebbe del tutto scomparsa. Ormai YouTube era diventato un modo per onorare ciò che lei era stata per me e da quello derivava l’ossessione che accompagnava le mie giornate, video dopo video, per continuare all’infinito un enorme memoriale digitale alla cosa più bella che mi fosse mai capitata.
    Era quello a non permettere al mio ego di prendere il sopravvento? Era il fatto di sapere molto bene che, se non fossi stata registrata a mia insaputa quel giorno a Parigi, il meraviglioso mondo di Eliza non sarebbe mai esistito? O era il fatto di sapere che non stessi più conservando la meraviglia di quel mondo per me stessa? Forse era un insieme di tutti gli elementi più piccoli a definire il quadro generale e interagire con qualcuno come Momo era bello perché mi ricordava quanto fosse speciale incontrare qualcuno capace di avere un impatto sulle persone e scoprire che, in fondo, anche costoro fossero persone.
    Sì, valeva la pena continuare a dipingere quel quadro.
    Persa in parte tra i miei pensieri, le chiacchiere con Momo e la gioia di sapere che presto sarei tornata a sedermi su uno sgabello da pianista, il tempo di quella passeggiata volò via felicemente.
    «Accidenti! Non me lo dice...» Disse Momo, mostrandomi lo schermo del suo cellulare. «Che nervi quando ti danno la posizione approssimata ai 500 metri!»
    Era vero: cinquecento metri potevano sembrare pochi, ma erano tantissimi per chi si trovava a piedi. Tuttavia, non avevo fretta. Mi sarebbe piaciuto iniziare a suonare quanto prima, ma non avevo altri impegni. Avevo tanta di quella voglia di stare al piano che, non appena avessi trovato il piano ci sarei rimasta per quanto più tempo possibile, quindi perché perdersi d’animo per quel fuori programma?
    «Non preoccuparti.» Le dissi sorridendo. «Niente può tenermi a lungo lontana da un piano!»
    Era vero, in fondo: mi sarei messa a cercarlo da sola, se la tecnologia non avesse aiutato.
    L’idea di Momo mi piacque. Aveva senso documentare la nostra ricerca attraverso un piccolo vlog. Lei mi offrì il suo telefono, ma fu allora che tirai fuori il mio asso nella manica.
    «Don’t worry, Momo.» Le dissi, mentre la mia mano destra tirava fuori la GoPro che avevo nella tracolla. «I’ve got us covered!»
    Accesi la videocamera, che avevo messo in carica quell mattina, per poi tornare a concentrarmi sulla mia interlocutrice.
    «Potremmo anche trasformare i filmati in un vero e proprio vlog o fare un paio di behind the scenes. Perché no?» Tuttavia, era presto per dirlo. Non sapevo nemmeno quanto avremmo effettivamente filmato, anche perché, in quel momento, avevo intenzione d’iniziare a suonare e non terminare più. Solo il tempo avrebbe potuto dire quanto effettivamente avremmo filmato e quanto di ciò sarebbe stato pubblicato. Intanto era il momento di cominciare. Avrei presto chiesto a Momo quale lingua preferisse utilizzare nel vlog, poi avrei puntato la telecamera verso di me e avrei iniziato a registrare, dicendo: «Oggi sono alla ricerca di un piano pubblico a Tokyo e, con me, c’è un ospite eccezionale.» Avrei, dunque, girato la telecamera fino a inquadrare la mia compagna d’avventura, lasciandole tutto il tempo e il modo per dire e fare qualunque cosa avesse voluto.




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    L'entusiasmo di Eliza, o meglio la smania che aveva di suonare, mi misero dell'ottimo umore per una caccia al tesoro.
    Una GoPro emerse da quella minuscola borsetta che portava a tracolla, fui colta leggermente di sorpresa, ma quella sarebbe stata anche meglio della mia canon per registrare un vlog: piccola, agile e maneggevole.
    «In quale lingua preferisci girare?»
    Mi grattai la nuca, indecisa. Probabilmente per lei era meglio l'inglese, ma il mio pubblico era in prevalenza giapponese o coreano, quindi sembrava un po' strano pubblicare qualcosa che non fosse in una di quelle due lingue.
    «Preferisco il giapponese! Non sapendo ancora cosa ne faremo di questi video... direi di usare la nostra lingua jolly!»
    Eh sì, tra le due nessuna era madrelingua, ma a parte un leggero accento eravamo abbastanza fluenti... o così mi sembrava Eliza.
    Mentre lei settava la GoPro, io accesi la mia canon sulle impostazioni per i video. Probabilmente sarebbe stato utile separarsi per cercare meglio e in fretta.
    «Oggi sono alla ricerca di un piano pubblico a Tokyo e, con me, c’è un ospite eccezionale.»
    Mi feci trovare pronta e sorridente quando l'inquadratura passò su di me. Misi le mani a cuoricino come si faceva in Corea e salutai pure io.
    «Heilà! Sono Momo, come state?»
    Poi guardai Eliza dietro alla camera e la raggiunsi, mettendomi vicino a lei. Una ripresa dove eravamo entrambe presenti sarebbe stata cute, no?



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    Il mio pubblico era stato abituato bene: provenendo da più nazioni, la mia lingua madre sarebbe stata la migliore da usare in qualunque contesto.
    Essere nata nel Regno Unito mi aveva dato modo di non avere problemi con l’inglese, cosa che mi aveva aiutata molto nella mia carriera. Il mio primo canale, quello musicale, aveva addirittura tutti i video registrati in quella lingua. Non era qualcosa di anormale, dato che, se avessi voluto costruirmi una fan base, avrei avuto bisogno che questa mi capisse, ma era qualcosa di cui tenere conto. Nel mio canale di viaggi, invece, utilizzavo l’inglese per la maggior parte dei video, ma non mancavano video registrati quasi del tutto in altre lingue. Aggiungere i sottotitoli rendeva spesso l’esperienza più interessante, anche perché consentiva alla mia audience d’immergersi nel contesto senza per forza rinunciare a capire che cosa stesse succedendo. Indipendentemente da tutto, quindi, l’inglese non sarebbe mancato in quel video.
    Tuttavia, l’idea della lingua jolly, quella con cui entrambe riuscivamo a comunicare senza essere madrelingua, era carina. In fondo, il mio pubblico sapeva che, in qualunque lingua io parlassi, avrei fatto di tutto affinché chiunque potesse capirmi.
    Era vero, però: non sapevo che cosa avrei fatto di quel video, né in quale canale o profilo condividerlo, sempre se l’avessi fatto.
    «Heilà! Sono Momo, come state?»
    La mia compagna d’avventura era stata al gioco, posizionandosi poi dietro di me, forse affinché inquadrassi entrambe. In ogni caso, era il mio turno di stare al gioco, quindi perché non farlo?
    «Per chi non la conoscesse, Momo gestisce un canale YouTube chiamato Secrets for the Mad.» Per quanto volessi andare subito al dunque, quel video avrebbe potuto essere postato in qualche mio profilo, a meno che Momo non mi avesse chiesto di fare altrimenti. Per quanto ancora fossi incerta sul fato di quel filmato, era giusto che la mia collega si presentasse. Sarebbe stato brutto, da parte mia, usare la sua immagine senza darle almeno l’occasione di farsi pubblicità. «Vuoi parlarcene brevemente?»
    Non mi aspettavo che Momo rimanesse ore a parlare del suo canale: confidavo nel fatto che il topic del video fosse più importante. Tuttavia, in caso, non l’avrei interrotta.
    «Ci troviamo nel distretto di Minato e, stando a Momo, anche vicino a un piano. Ora spetta a noi trovarlo e… farne buon uso.»
    Sorrisi in maniera complice a Momo. Nessuna delle due sapeva dove si trovasse il piano, ma non era un problema. Avevamo tutto il tempo per trovarlo. Magari, prendermi la serata libera mi avrebbe fatta riposare abbastanza per riprendere meglio il lavoro nei giorni successivi. O, forse, avrei potuto riprendere la gestione dei miei canali una volta finito con lei. Dopotutto, avrei avuto del materiale in più da catalogare ed editare.
    Tuttavia, non era quello il momento di pensarci: un vlog di strada così avrebbe potuto avere un solo tentativo utile. Avrei dovuto dare il meglio di me per renderlo perfetto.
    Inoltre, non volevo smettere di registrare. Avrei tagliato più tardi le parti morte o troppo private, sempre che ce ne fossero state. Dopotutto, avevo imparato presto che registrare qualcosa di troppo fosse meglio di non registrare qualcosa d’importante.
    «All right, Momo! Dove andiamo?»


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    Eliza ci inquadrò entrambe e sfoggiai uno dei miei sorrisi migliori. Un po' mi dispiaceva il fatto che Shuu e Ai non fossero presenti, soprattutto Shuu. Lui amava il formato Vlog così tanto da gestire interamente la nostra rubrica in quello stile.
    «Vuoi parlarcene brevemente?»
    La domanda così su due piedi mi prese un po' alla sprovvista, ma l'improvvisazione era una dote che noi content creator avevamo, innata o appresa. Mi grattai con una mano la nuca e risposi guardando un po' Eliza e un po' la telecamera.
    «Beh che dire... innanzitutto oggi sono sola! Solitamente siamo in tre, tutti studenti del Bunka College, e ci occupiamo di moda alternativa e salute mentale. Ne approfitto per salutare chi manca: ciao Shuu, ciao Ai!»
    Salutai in direzione dell'obiettivo sperando di apparire il più spontanea possibile e guardai Eliza finire la sua spiegazione.
    Allungai una mano verso la goPro, facendo intendere a Eliza di volerla riprendere mentre iniziava la ricerca del piano. Inquadrai come prima cosa Eliza e poi feci una panoramica della stazione. C'erano bar, negozi e ristoranti molto affollati. La gente era presa dalle proprie faccende quotidiane non prestando vera attenzione all'accoppiata bizzarra con la telecamera.
    Tentai di non soffermarmi sulle facce di nessuno, altrimenti avrei dovuto scartare troppo filmato.
    «Io direi di procedere verso i binari, hai presente quegli spazi che precedono i tornelli? Secondo me là potremmo avere fortuna.»
    Stavo pensando a dove potesse esser stato piazzato un piano in un luogo così affollato senza causare intralci: là dove avevo in mente di solito la gente preferiva passare di lato lasciando libera come un'isola al centro.
    Detto ciò iniziai a camminare in quella direzione alternando sempre le riprese dello spazio e di un'Eliza visibilmente eccitata al pensiero di mettere le mani sul piano pubblico.

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    «Non vedo l’ora di collaborare anche con loro.» Dissi, concludendo la presentazione della mia collega. In fondo, era vero. Avevo fatto, volente o nolente, una promessa a Pierrot e ormai l’avrei mantenuta. Momo e Shuu, inoltre, si erano rivelati brave persone, quindi collaborare con loro e con Ai non sarebbe stato così male. Anche lei avrebbe potuto essere un’ottima persona. Non potevo saperlo ma, a giudicare dai suoi due colleghi, la situazione si prospettava rosea.
    Momo mi propose di darle la GoPro. I video del suo canale, anche grazie al suo treppiedi, erano ben fatti. Inoltre, nonostante la conoscessi appena, mi fidavo di lei e della sua professionalità abbastanza da accettare.
    Non appena la ricevette, la ragazza inquadrò me e poi ciò che ci circondava. Eravamo ormai arrivate alla stazione, circondate dalla folla che non si curava minimamente di noi. Tante di quelle facce andavano e venivano, comparendo e scomparendo in mezzo a molte altre. Oltre a quelle avevamo visto tanti locali e negozi pieni di altrettante persone. L’area metropolitana di Tokyo aveva talmente tanti abitanti da far impallidire città come la mia Manchester. Posti come quello sapevano farmi sentire davvero minuscola. Tuttavia, non odiavo quella sensazione. Anzi, immergermi tra la gente e rendermi conto di quanto vasto potesse essere il mondo e di quante storie contenesse era qualcosa di meraviglioso, che mi spingeva a voler conoscere il più possibile di tutto ciò che il mondo avesse avuto da offrire. Era per quello che il mio viaggio era incominciato e, in un certo senso, era per quello che continuava. Eliza Travels the World era un modo per far vedere a chiunque non potesse per vari motivi tutte le meraviglie del mondo, cercando di far nascere in chiunque la stessa curiosità che Emily aveva fatto nascere in me. Avevo progettato a lungo quel canale come il mio diario di viaggio, ma perdere Emily mi aveva fatto realizzare quanto quel progetto potesse essere più grande. Avrei solamente voluto accorgermene prima e meglio.
    Tuttavia, non era quello il momento di pensarci. Avevo imparato a sorridere davanti alla telecamera indipendentemente da tutti i miei pensieri e non avrei smesso in quel momento.
    Momo aveva suggerito di provare vicino ai tornelli prima dei binari. Probabilmente, il piano sarebbe stato subito prima o subito dopo.
    «Sembra un’ottima idea.» Risposi, sorridendo. «Vediamo se abbiamo fortuna.»
    Raggiungere i tornelli in fretta sarebbe stato l’ideale, ma decisi di prendermi il mio tempo. Momo stava approfittando della GoPro per filmare sia me sia ciò che avevo intorno e un po’ di stock footage avrebbe potuto tornarmi utile in futuro.
    Avvicinandomi alla prima fila di tornelli e guardandomi intorno, potei notare che la mia fortuna, quel giorno, non fosse al suo massimo. Certo, trovare il piano dopo qualche minuto dall’inizio del vlog sarebbe stato carino, ma faticare un po’ per trovarlo non sarebbe stato un problema. Tuttavia, per quanto la mia situazione non mi pesasse, era impossibile non pensare a che cosa sarebbe successo se avessi scelto il parco e non mi fossi affidata a Momo. Poco male. Ormai il piano più vicino era sicuramente all’interno di quell’edificio. Tanto valeva cercarlo.
    Qualche tornello accanto ai binari dopo, la fortuna sembrava averci voltato le spalle. Il piano ormai sembrava un obiettivo lontano anni luce e i posti in cui trovarlo diminuivano volta per volta. Questo voleva dire che avremmo potuto essere molto vicine, ma mi sentivo come se stessi giocando al gioco delle tre campanelle con un truffatore di strada.
    «Sembra quasi che stiamo scegliendo i binari sbagliati apposta.» Dissi, assumendo che il piano fosse davvero dove aveva suggerito Momo. «Oppure il piano è molto bravo a giocare a Hide and Seek. What do you think?»
    Sapevo bene quanto le ricerche lunghe potessero essere frustranti, ma Momo stava facendo qualcosa per me, accompagnandomi a suonare. Cercare di sollevarle il morale sarebbe stato il minimo. Dopotutto, il tempo che passava ci avrebbe davvero avvicinato a uno strumento. Finché avessimo avuto entrambe quella speranza, magari, lei avrebbe continuato ad aiutarmi. Sorrisi un’altra volta per incoraggiare la mia compagna, poi mi voltai e ripresi la mia ricerca.


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