L'inizio della fine.

[CONCLUSA] Lazar S. Khabarov & Kohaku Kirishima | 27 Giugno 2019, 7.00 PM | 28°C, Soleggiato

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    Lazar Stefanović Khabarov
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    “Perfetto, mi sono perso ancora!”
    Ma come faceva a perdersi ogni volta che metteva piede in una nuova circoscrizione? Era colpa del Giappone: sì, era assolutamente colpa del Giappone, perché in Russia non accadeva mai e il senso dell’orientamento non ha pulsanti ON e OFF. Doveva per forza essere colpa del Giappone, con le sue città a ragnatela dove ogni vicolo era un filo che ne incrociava altre decine, mandando inesorabilmente in tilt il Navigatore satellitare interno di Lazar Khabarov.
    Fortunatamente erano solo le sei del pomeriggio e aveva tutto il tempo di trovare un bar in cui sedersi, ordinare un caffè e studiare le strade del quartiere su Google Maps.
    Dannato Meguro. Il primo scherzetto della giornata glielo aveva giocato con la stazione, che era a Shinagawa. Shinagawa. Perché mai la stazione di Meguro avrebbe dovuto trovarsi a Shinagawa? Giappone, explain!
    Gli avevano parlato bene di quel centro estetico: non è lontano da Shibuya, dicevano, vedrai che ne vale la pena, dicevano. Beh, sperava che ne valesse davvero la pena!
    Il faro nella notte era apparso sul cielo del tramonto poco prima delle sette, per fortuna era stato previdente e aveva fissato l’appuntamento per il più tardi possibile, praticamente mezz’ora prima della chiusura.
    Aveva bisogno di un massaggio, ne aveva un sacco bisogno. Gli ultimi mesi li aveva passati coi nervi a fior di pelle: i Khabarov erano sempre più insistenti sul farli tornare in Russia, le indagini sulla scomparsa di Alexey sembravano essersi arenate, era rimasto invischiato in una caccia a Ouroboros per colpa degli Zeiva e, ultimo ma non ultimo, studiava e lavorava quasi ogni giorno. Insomma era a pezzi, necessitava di staccare la spina e rilassarsi, e come al solito si era affidato ai giudizi dei social per individuare i migliori massaggiatori della zona.

    Lazar varcò l’ingresso del centro estetico con la miglior faccia di bronzo del suo repertorio, quella di chi non conosceva stanchezza o sudore, non si era mai perso per oltre due ore tra Meguro e Shinagawa e non era assolutamente un fascio di nervi.
    No, tutt’altro: sorrise amabilmente mentre salutava con un cortese «Buonasera.»
    Lo invitarono a togliersi il cappotto e appenderlo all’appendiabiti, poi si avvicinò al bancone e vi si appoggiò con una mano, presentandosi come «Khabarov, appuntamento delle diciannove per un massaggio. Spero di non essere in ritardo.»
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    Edited by Yukari - 26/7/2020, 17:32
     
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    Una settimana di pausa. Aah, da quanto non aveva una settimana di pausa? Allenamenti, incisioni, coreografie nuove, photoshoot, poi lo studio. Le giornate di Kohaku potevano essere tutto, tranne che monotone o vuote, anzi, erano anche troppo frenetiche alle volte. "Questo è il mondo dello spettacolo, c'è un prezzo per la notorietà" si diceva, ma pensare ai fan che, con gioia ed entusiasmo, la acclamavano e la sostenevano qualunque cosa facesse, le dava sempre la forza per andare avanti. Anche mentre dava una mano al centro estetico di famiglia, come quel giorno: Kanata si era ammalata e avevano dei massaggi in quella giornata, quindi solo lei poteva sostituirla al meglio! O meglio, lui: se in università aveva un accordo con i responsabili dove lei poteva girare tranquilla senza un corteo di fan attorno, fuori da lì ovviamente non era così, e per mascherarsi perfettamente aveva preso l'abitudine di mascherarsi da ragazzo, aiutata dalla buona altezza - per essere una ragazza - e dal fisico asciutto; l'avere poi un nome ambivalente evitava confusioni varie. Certo, molte clienti - giovani e un po' meno giovani - finivano col prendersi una visibile cotta per lei, ma per la sua vita da idol, ci era abituata.
    Stava finendo di limare la manicure appena fatta a una ragazza con i capelli pesantemente tinti di un biondo ocra quasi accecante quando Shizuka, la ragazza della reception, entrò in stanza.
    « È arrivato l'appuntamento del massaggio, quanto tempo ti serve ancora? » le chiese, e Kohaku dovette fermarsi un attimo a pensare, aggrottando le sopracciglia.
    « Ma chi? Il tipo col cognome strano delle sette? » chiese in un sussurro, al quale la cliente rise brevemente, Shizuka intanto annuì; la idol in incognito si voltò a guardare la mano della ragazza che aveva ancora nella propria e si rivoltò verso la collega.
    « Devo solo metterle la crema, un minuto e arrivo. Fallo già accomodare nella stanza. » decretò e, lasciate sole, Kohaku finì di limare l'unghia dell'anulare e prese la crema per le mani.
    « Non credevo fossero già le sette! » esclamò verso la bionda, massaggiandole con cura una mano tra le proprie perché la crema si assorbisse per bene.
    « Neanche io! Il tempo vola con te. » ridacchiò quella, e lei si limitò ad imitarla: un'altra era partita. Forse aveva talento nell'essere un ragazzo? Tuttavia, messa la crema anche sull'altra mano, si alzarono, le aprì la porta e si tolse la mascherina che aveva sul viso per non respirare troppo gli smalti, la polvere delle unghie e i solventi usati. Salutata la cliente, andò a sciacquarsi le mani e a controllarsi: il trucco era intatto, la parrucca pure, le lentine erano al loro posto... Era in ordine. Perfetto. Uscita dal ripostiglio che usavano loro dipendenti, Shizuka accorse.
    « Haku-kun, quanto vorrei saper fare i massaggi. » sussurrò in tono lamentoso verso di lei, la quale le restituì uno sguardo confuso.
    « Perché? »
    « Devi fare il massaggio a un figo pazzesco!! È altissimo!! » quasi squittì pur mantenendo la voce bassa. « Anche se secondo me è gay, però è figo lo stesso. » aggiunse civettuola. Kohaku scrollò le spalle e si avviò verso la stanza dei massaggi con una pila di prodotti sotto un braccio, roteando gli occhi una volta voltatele le spalle, e una volta arrivata bussò alla porta.
    « È pronto? Posso entrare? » chiese e, attesa una risposta positiva, entrò nella stanza aromatizzata dalla delicata vaniglia delle candele accese, pronta a presentarsi come al solito, ma non appena vide il cliente dal cognome strano quasi trasalì: bello, bellissimo, il ragazzo più bello che avesse mai visto in vita sua, e lei lavorava con gli idol! La pelle chiarissima, i capelli lunghi, neri e lucenti, gli occhi appena allungati e chiarissimi... Era difficile non impazzire come Shizuka poco prima, e dovette darle ragione per la prima volta: quel tipo era di una bellezza sconvolgente!!
    « B-buonasera, sono K-Kohaku e m-mi prenderò cura di lei. » disse, inchinandosi poi. Persino recitare uno script era difficile davanti a un tipo simile! Ma doveva darsi una calmata, si disse.
    « P-può accomodarsi sul lettino. L'odore delle candele le da fastidio? » doveva calmarsi. Doveva. Calmarsi. Ma le mani tremavano.

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    Edited by Ninechka - 30/7/2020, 11:40
     
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    Lazar Stefanović Khabarov
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    Subito dopo essersi presentato, Lazar era stato invitato ad accomodarsi e attendere quei famosi cinque, massimo dieci minuti che nei centri estetici sono norma quasi quanto il quarto d’ora accademico.
    Ne approfittò per lasciarsi affondare in una delle poltroncine della sala d’attesa e riposare un po’ le gambe. Nel frattempo si guardava intorno con una certa curiosità; non se ne intendeva di arredamento, ma trovava il luogo piacevole e professionale, senza inutili soprammobili o fronzoli, inoltre l’aria profumava di pulito, in netto contrasto con le strade polverose e asfissianti di smog. Insomma, la prima impressione che aveva avuto era certamente positiva, il suo morale stava gradualmente migliorando ed il sorriso di circostanza in breve assunse una sfumatura più sincera.
    Forse a fine giornata avrebbe trascinato il pollice fino all’estremità dello schermo, illuminando cinque stelline su cinque.

    O forse no.
    Inconsapevole del guaio in cui si stava cacciando, Lazar fischiettava il più piano possibile una canzone delle Mamamoo di cui Ninel’ aveva deciso di fare la cover - era in coreano e mettersi a blaterare parole a caso in una lingua di cui non conosceva neanche le basi era fuori discussione. Da quando era in Giappone le sue orecchie venivano perseguitate dal J-pop e dagli idol giapponesi e coreani, perciò, volente o nolente, stava cominciando a conoscere i gruppi e i solisti più influenti.
    Passati i famosi cinque minuti, massimo dieci - alla fine otto -, lo avevano condotto in una stanza dal forte odore di incenso.
    Adesso cominciava a sentirsi in soggezione, realizzò una volta posati gli occhi sul lettino. Il suo corpo si irrigidì.
    Nessuno avrebbe scommesso un centesimo sulla capacità di Lazar Stefanovic Khabarov di provare imbarazzo, ma non era abituato a spogliarsi davanti a qualcuno.
    … Non per un massaggio, almeno. Diciamo le cose come stanno.
    Ma la timidezza si sciolse come neve al sole nel momento in cui il massaggiatore, che aveva invitato ad entrare con un «Prego» fin troppo educato, si rivelò un ragazzo. E anche piuttosto carino.
    “B-buonasera, sono K-Kohaku e m-mi prenderò cura di lei.”
    Act normal, Lazar.
    «Finalmente sei entrato nella mia vita. Ce ne hai messo di tempo, Kohaku-kun.» e col successivo occhiolino il tempo sembrò fermarsi, inorridito dalla sfacciataggine con cui il russo aveva deciso di rompere il ghiaccio. Alla faccia dell’act normal, si era liberato in meno di cinque secondi delle barriere della buona educazione e ora si stava liberando del gilet e della camicia. «Ho proprio bisogno di un massaggio! Le candele vanno bene, non preoccuparti.»
    Poveri giapponesi, condannati ad essere bassi di natura e timidi per indottrinamento. E lui, arrivato dalla Russia con furore, si prendeva spesso troppe libertà coi ragazzi. Con le ragazze no, si sforzava di essere più galante di quanto non fosse.
    «È la prima volta che faccio una cosa del genere.» finalmente si mise prono sul lettino, le braccia comodamente incrociate sotto il mento. «Cerca solo di essere delicato.»
    In sua difesa, lì per lì non ci fece caso a quanto fraintendibile fosse quella frase.
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    "Finalmente sei entrato nella mia vita. Ce ne hai messo di tempo, Kohaku-kun." fu il modo in cui venne accolta dal suo bizzarro cliente, con tanto di occhiolino. Kohaku poté distintamente sentire qualcosa trapassarle il cuore, le guance andarle in fiamme e la gola annodarsi pur di non lasciar andare i versi sgraziati e dai decibel improbabilmente alti ai quali era solita ricorrere: quel tipo ci stava provando con lei? Cioè lui?! Cioè lei?! Fortunatamente il suo trucco era waterproof e fissato con chili di cipria e fissante, ma ebbe comunque paura di ritrovarsi col fondotinta sul camice bianco, fuso dal calore. Non riuscì a spiccicare parola sul momento, impegnata com'era a recitare la parte del ragazzo, tanto che s'inchinò di nuovo quasi per scusarsi e, pur di trovare la calma, decise bene di iniziare a trafficare con asciugamani, lozioni e quant'altro. Ma il ragazzo si sfilò gilet e camicia e... Cercò di non guardare, davvero, ma l'occhio cadde, e probabilmente la sua dignità e la sua copertura l'avrebbero raggiunto molto presto: quel tipo eccentrico non solo per il cognome era pure messo bene con la muscolatura! Nulla di esagerato, ma era decisamente qualcuno che si teneva in forma.
    "Posso grattugiarci il formaggio italiano lì sopra!!! O la mia faccia." pensò con le orecchie che avevano raggiunto presto il colore paonazzo della faccia.
    "È la prima volta che faccio una cosa del genere. Cerca solo di essere delicato." disse poi il bruno una volta sistematosi sul lettino, e il sangue di Kohaku sembrò gelarsi per un attimo: troppi meme, dannato internet.
    « Ho le mani p-piccole, può stare tranquillo. » rispose d'impulso pur di non lasciarlo al silenzio, e si morse la lingua solo dopo aver notato di aver detto qualcosa di ancora più ambiguo di lui!! La faccia sconvolta da sé stessa era la stessa che aveva Shizuka dietro la porta chiusa della sala massaggi, solo con del sudore - freddo, caldo, non si capiva più ormai - e senza una mano premuta sulla bocca. No, tutto questo non andava bene.
    "Calmati, Kou. Calmati!!" si disse, cercando di automotivarsi "È solo uno strafigo a cui devi fare un massaggio. Alla schiena poi, neanche devi guardarlo in faccia. Sii professionale, professionale!!" e dopo un bel respiro, prese un dosaggio abbondante di una crema rosa antico, la distribuì tra le mani e si rivoltò verso il suo cliente, urlandosi mentalmente di non guardarlo assolutamente in faccia. La sua schiena però era uno spettacolo, liscia e ampia al punto giusto, quindi ciò non la salvò molto, almeno fino a che non notò che era obbligata a toccarla, quella schiena, e un senso di pace le sciolse magicamente il nodo in gola.
    « Non ho potuto fare a meno di notare che lei è straniero, cognomi come il suo non se ne incontrano da queste parti. » si sentì addirittura libera di intavolare un discorso nel mentre cominciava a massaggiargli la base del collo e delle spalle, che sentì piene di nodi ma... Era strano, come se quella pelle fosse morbida ma molto spessa, faceva quasi resistenza, come toccare una spugna e poi la gommapiuma. Ma non si fece troppe domande: se ne vedevano di tutti i colori, lì dentro! Si preoccupò piuttosto dei molti nodi che sentiva.
    « Ha le spalle tesissime! Passa tanto tempo piegato? » chiese quasi con preoccupazione. In effetti anche quella frase poteva essere fraintendibile.

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    Edited by Ninechka - 8/9/2020, 16:15
     
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    Lazar Stefanović Khabarov
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    Lazar non aveva minimamente considerato l’ipotesi di poter mettere in imbarazzo il ragazzo: lavorava in un centro estetico, di corpi mezzi nudi ne vedeva di certo tutti i giorni. Avrebbe invece dovuto frenare l’entusiasmo, perché non poteva che essere proprio l’eccessivo entusiasmo ad alimentare in Kohaku un disagio così forte da farlo rimanere a corto di parole e addirittura inchinare, come se avesse voluto scusarsi di chissà cosa.
    Faceva un po’ tenerezza, come quei piccoli animali che si ha l’istinto di accarezzare e rassicurare che va tutto bene. Per ovvi motivi Lazar si era trattenuto dal farlo: era sfacciato, non maleducato.
    E poi, in tutta sincerità, quello che doveva essere accarezzato semmai era lui. Era lì per questo. Pagava per questo.

    Dopo essersi accomodato sul lettino e raccolto i capelli perché non fossero d’intralcio, Lazar era stato colto da una fulminazione. Pensandoci bene, le ultime parole rivolte a Kohaku suonavano malissimo, “è la prima volta che lo faccio, sii delicato”. Per l’amor del cielo, cosa aveva blaterato? Doveva chiedere scusa?
    “Ho le mani p-piccole, può stare tranquillo”.
    Ah.
    Ma neanche lui scherzava in quanto a doppi sensi… forse era meno innocente di quanto sembrava e voleva reggergli il gioco. Bene, massaggio e sfida: cosa poteva desiderare di più? Doveva solo ricordare come tradurre certe espressioni in giapponese.
    “Non ho potuto fare a meno di notare che lei è straniero, cognomi come il suo non se ne incontrano da queste parti.”
    «So che per voi è difficile pronunciare Khabarov, quindi sentiti libero di chiamarmi Lazar e darmi del tu.»
    Con la testa ancora appoggiata sulle braccia incrociate, chiuse gli occhi e cercò di rilassare le spalle. Ci riuscì però poco, continuava a sentirsi un fascio di nervi nonostante le battutine con Kohaku avessero stemperato un po’ la tensione.
    «Indovinato! Lavoro in una sartoria, e quando non sto piegato sulla macchina da cucire sto piegato sui libri. Eh...» sospirò. «Non sono solo le spalle, che ho tesissime...»
    … era giunto il momento di stendere un velo pietoso.
    E si girò a guardarlo, mettendo così fine alle speranze di Kohaku di non dover sostenere alcun tipo di contatto visivo. Il contatto visivo c’era eccome, ed era del peggior tipo possibile per un povero omino giapponese: lo sguardo di un predatore.
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    "So che per voi è difficile pronunciare Khabarov, quindi sentiti libero di chiamarmi Lazar e darmi del tu". Ah, ecco perché era così alto e bello: era straniero! Ed ecco anche il perché di quel forte accento slavo. E del cognome, certo, ma poteva anche essere nato in Giappone, per quanto ne sapeva. In ogni caso, sorrise al suo accennare ai problemi dei giapponesi con i nomi stranieri: sfida accettata, signor Khabarov!
    « Mmh... In realtà dire Khabarov non mi sembra troppo difficile, ma ti chiamerò comunque per nome, Lazar-san. » frecciò con un sorriso sardonico: si sentiva vittoriosa, e dell'imbarazzo di prima neanche l'ombra, perché ora era intrigata da questa sorta di gioco tra i due; quale fosse questo gioco secondo lei, poi, non ci è dato saperlo. Ma la sorpresa nel saperlo sarto la colpì e neanche lo nascose, così come sapere che andava anche all'università. Chissà quale...? Ma dopo aver aggiunto di avere non solo le spalle tese, si ritrovò di nuovo i suoi occhi addosso, così chiari e magnetici; mantenersi dal deglutire o mordersi le labbra, per una persona espressiva come lei, fu quasi un'impresa, ma le sue doti recitative ne avrebbero giovato, almeno! Si disse piuttosto di concentrarsi di ciò di cui stavano parlando, tornando a guardare cosa stava facendo con le mani.
    « Immagino. » commentò tuttavia nuovamente d'impulso, e nuovamente Shizuka dovette trattenere un urlo: i suoi manga yaoi stavano prendendo vita dall'altra parte della porta, evviva!!
    « Ti suggerisco di mettere un asciugamano caldo attorno al collo, almeno quando studi a casa: ti aiuterà a stendere i nervi! E anche di tornare qui da me, ovviamente. » ridacchiò facendogli addirittura l'occhiolino. Sì, le sue doti recitative avrebbero raggiunto l'apice, dopo quel massaggio.
    « Per ora, fai qualche respiro profondo: più sei rilassato e più riuscirò a scioglierti i nervi, che ne hai parecchi. Se poi parlare ti crea qualche disagio, posso lasciarti in pace. Dimmi tu, Lazar-san. » gli sorrise gentile: doveva comunque essere professionale, ne andava di mezzo la reputazione del centro estetico di sua zia! Nel frattempo, individuò con le dita uno dei fasci di nervi nella spalla destra del russo: era arrivato il momento di entrare pienamente in azione.
    « Ecco uno dei nodi, e bello grande anche... Mi dispiace, farà un po' male, ma devo scioglierlo. » lo avvisò per poi insistere con decisione su quel punto aiutandosi anche con l'altra mano per fare prima, l'espressione passata subito a una seria e concentrata: Kohaku era una gran farfallona, ma quando doveva concentrarsi, lo faceva al massimo!

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    Non era il tipo che lasciava trasparire in maniera troppo esagerata le sue emozioni, ma un sorrisetto d’approvazione si disegnò sul volto di Lazar quando Kohaku pronunciò correttamente il suo nome. Doveva avere un talento per le lingue straniere, o forse frequentava un ambiente che promuoveva un’inflessione priva di accento; qualunque fosse il trucco, il russo annuì compiaciuto.
    La vera sorpresa era piuttosto che Kohaku, pur essendo in grado di dire il suo cognome, avesse comunque preferito il nome. Poteva essere un’audace risposta alla libertà che si era finora preso lui chiamandolo spudoratamente Kohaku-kun, chissà. I giapponesi di solito erano così piccoli e timidi… di delicato avevano persino il sapore…
    Ops.
    Beh, se non poteva mangiarli letteralmente, poteva sempre mangiarli con gli occhi. Alcuni sembravano gradire, dimostrando che oltre il velo di timidezza non erano poi così innocenti come volevano sembrare. Per il momento, Kohaku continuava glissare ogni contatto visivo, concentrandosi sul suo lavoro com’era giusto che facesse.
    Se Viktoriya o Ninel’ fossero state lì gli avrebbero intimato di lasciar lavorare in pace quel povero ragazzino. Lazar era però il tipo che si divertiva troppo a provocare gli altri: con lui i silenzi imbarazzanti avevano vita breve.
    “Ti suggerisco di mettere un asciugamano caldo attorno al collo, almeno quando studi a casa: ti aiuterà a stendere i nervi!”
    Mettendo per un momento da parte i suoi giochi di seduzione, quel suggerimento suscitò la sua attenzione tanto da fargli sbattere le palpebre: perché non ci aveva mai pensato? Eppure era una cosa così banale.
    Il ragazzino lo invitò a rilassarsi, ma le sue raccomandazioni si scontrarono con l’espressione contrita del ghoul, che tornò a guardare davanti a sé socchiudendo le palpebre.
    «Credo di aver dimenticato come ci si rilassa...» almeno stavolta aveva detto qualcosa di sincero, per quanto amareggiato, e non l’ennesima battutina di dubbio gusto. «Piuttosto, continua pure a parlare. Il silenzio mi fa venire il mal di testa.»
    “Ecco uno dei nodi, e bello grande anche... Mi dispiace, farà un pò male, ma devo scioglierlo.”
    «Это не проблема-»
    … Ah già, Giappone.
    «Nessun problema, ho una soglia del dolore alta.»
    No. Era abituato a un certo tipo di dolore, quello dei massacranti allenamenti a cui li costringeva suo padre, ma non a quello di un nodo che viene sciolto: l’esplosione di dolore fu solo l’inizio, il vero problema fu invece il senso di costrizione e immobilità che pervase tutta la schiena.
    Lazar strinse i denti ma non poté trattenere un lamento basso. «… Sai cosa? Scherzavo. Vacci piano, per favore.»
    … Ma perché non stava mai zitto?
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    Dopo aver ampliato il suo sorrisetto trionfante grazie a quello soddisfatto che Lazar le rivolse, si godette quel momento per poco, visto come l'altro cambiò espressione al suo suggerimento di rilassarsi e tornasse a guardare avanti a sé, borbottando di aver dimenticato come ci si rilassasse; Kohaku fece una piccola smorfia con un angolo della bocca: con una vita frenetica come la propria, non aveva neanche il tempo di pensare a rilassarsi, e ogni tanto i nervi l'avevano vinta su di lei, quindi lo capiva bene! E anche la sua schiena le stava parlando chiaro, a tal proposito. Sorrise tuttavia al suo invitarla a continuare a parlare.
    « Felice che la mia voce non sia un problema~ » esclamò sinceramente contenta, per poi sorprendersi un attimo nel sentirlo parlare in russo, ma si corresse subito parlandole in giapponese: lingua affascinante, la russa. Quasi quasi voleva iniziare a studiarla, ma se ci aggiungeva pure le lezioni di russo non avrebbe avuto neanche più il tempo per dormire! Comunque annuì e si mise all'opera, ma subito sentì i muscoli sotto le dita farsi tesi e il bruno emettere un lamento basso e... Incredibilmente sexy. Si morse il labbro senza neanche accorgersene, fortuna che il suo cliente era ancora girato dall'altra parte.
    "Sai cosa? Scherzavo. Vacci piano, per favore." le disse dunque, e lei scoppiò a ridere del suo repentino cambio d'idea; Shizuka quasi morì, ma il telefono della reception squillò e dovette andare a rispondere.
    « Ti chiedo scusa! Farò più piano, promesso. » ridacchiò la castan- verde. La parrucca era verde, no? Dunque riprese a massaggiare stavolta con delicatezza: ci avrebbero messo di più, ma l'importante era il risultato, no?
    « Comunque. » richiamò l'attenzione, non volendolo lasciare in un silenzio imbarazzato.
    « Ogni tanto cerca di ritagliarti un po' di tempo per te stesso, per fare una cosa che ti piace: una passeggiata, ascoltare musica, o anche qualche coccola personale come oggi. La vita ti mette a dura prova e le responsabilità sono sempre di più, lo so bene, ma non bisogna mai trascurarsi, o inizieremmo a non vivere ma sopravvivere! E non è bello. » si sentì di dargli un consiglio, ancora turbata da ciò che le aveva detto prima circa il non sapersi rilassare, con una voce quasi materna per quanto dolce: le dispiaceva davvero per lui! Tutta quella tensione non faceva bene a nessuno.
    « Fatto! Non ti senti già rinato con anche solo un nodo in meno? » esclamò raggiante con un sorriso che brillava quasi di luce propria, per poi prendere altra lozione, ridistribuirla sulle mani e riprendere con il massaggio.

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    Lazar Stefanović Khabarov
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    “Ogni tanto cerca di ritagliarti un pò di tempo per te stesso, per fare una cosa che ti piace: una passeggiata, ascoltare musica, o anche qualche coccola personale come oggi. La vita ti mette a dura prova e le responsabilità sono sempre di più, lo so bene, ma non bisogna mai trascurarsi, o inizieremmo a non vivere ma sopravvivere! E non è bello.”
    «Sì, papà.» forse sarebbe stato più corretto dire mamma, ma avrebbe rischiato di offendere il ragazzino.
    Nonostante l’avesse buttata sul ridere, demolendo con due sole parole l’atmosfera placida e rilassata, Lazar aveva davvero apprezzato le premurose parole di Kohaku. La cortesia era fondamentale per mandare avanti un’attività, e non si sarebbe aspettato niente di meno da un posto di cui gli avevano parlato più che bene. Tuttavia la realtà stava superando le sue aspettative… sarebbe stato perfetto, se la sua schiena non avesse fatto un male cane ogni volta che la mano esperta di Kohaku la toccava! Da quando era diventato un vecchio pieno di dolori?
    Che imbarazzo! E dire che aveva davvero sopportato di peggio...
    Servì ancora qualche minuto perché il dolore si attenuasse, scivolando via come una seconda pelle per lasciar spazio ad un senso di rilassamento. La posizione prona non era il massimo per respirare, perciò il sospiro di sollievo del russo suonò più rumoroso di quanto sarebbe dovuto essere. Adesso non gli rimaneva che arrendersi all’idea che probabilmente sarebbe uscito da quella stanza ridotto a uno straccio.
    Qualcosa di fresco, probabilmente una lozione o qualcosa del genere, gli venne spalmato sulle spalle. Per un attimo i suoi muscoli si irrigidirono.
    “Fatto! Non ti senti già rinato con anche solo un nodo in meno?”
    «Hm-hm, ottimo lavoro.» non si chiese se tra i giapponesi fosse di uso comune mugugnare in segno d’assenso, ma il suo sorriso tranquillo avrebbe parlato per lui in tal caso. Lasciò che trascorresse qualche secondo di silenzio prima di riprendere parola. «E tu che cosa fai nella vita, oltre a dispensare felicità con le tue abili mani?»
    … aveva evidentemente smesso di ascoltarsi, per dire cose talmente fraintendibili.
    -------------------
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    Kohaku Kirishima
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    Quel cliente di insolito non aveva solo l'altezza, ma anche i modi di fare: era scherzoso, malizioso... Si vedeva che non era giapponese: Kohaku era nata e cresciuta a Sidney, dove nessuno era così recluso come il popolo nipponico, tanto che per i primi mesi dovette sforzarsi per adeguarsi; Lazar era davvero una boccata d'aria fresca.
    Rise divertita dal suo commento ironico, ma non si scusò come avrebbe fatto con un giapponese: poteva essere anche stata indiscreta, e a volte le era capitato, ma quella volta era diverso, perché c'era leggerezza nella voce del russo.
    Piuttosto, lo ringraziò quando, con un sorriso tranquillo, le aveva detto di aver fatto un ottimo lavoro, e alla sua successiva domanda si fermò un attimo a pensare, il viso sempre rivolto alla pelle chiarissima dell'altro.
    "Sì beh, sono un'idol, e tra un photoshoot e una coreografia studio anche! Non sono fantastica?!" sarebbe stata una risposta sincera ma inadatta, visto che era lì in veste di maschio, quindi dovette un po' filtrare la verità.
    « Nulla di che, a dire il vero: la mattina aiuto una signora anziana e il pomeriggio sono qui. Sono solo, quindi ho bisogno di sostenermi con più soldi possibili. Tanto che non seguo quasi più in università per mancanza di tempo. » gli spiegò con uno studiatissimo tono vagamente imbarazzato in alcuni punti. Aiutare un'anziana? Paura di sostenersi economicamente da sola? Aah, quante panzane era costretta a dire. Ma era anche il prezzo della fama, no? Sperò che il russo non avesse altre domande in proposito, ma con paura di trovarsi altre domande scomode addosso, provò a cambiare argomento.
    « Ma non parliamo di me e della mia vita noiosa. Parliamo piuttosto di te: mi dicevi di lavorare in sartoria, giusto? Cosa fai lì, l'apprendista? O disegni proprio? » gli chiese quasi con foga: era quasi sempre circondata da stilisti di boutique, che facevano fare tutto a terzi, quindi il mondo dell'artigianato vero e proprio di quel settore era un'incognita per lei, da qui la sua viva curiosità.

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    Lazar Stefanović Khabarov
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    Accidenti, avrebbero potuto farci una rivisitazione moderna di Oliver Twist con la storia di Kohaku! L’orfanello costretto a rinunciare agli agognati studi a causa della povertà e della solitudine, che si sostiene lavorando fino allo svenimento, alla luce del sole sotto un’anziana bisbetica e alla luce del pomeriggio in un centro estetico nel quale viene abbordato da uno straniero ammiccante, ma con le peggiori intenzioni…
    Il filo dei suoi pensieri si spezzò e Lazar sbarrò gli occhi.
    “Io ho passato troppo tempo in compagnia di Noctis.”
    Già, quelli erano i discorsi deliranti con cui Noctissina aveva reso meno insopportabile l’esplorazione della 24esima Circoscrizione, dovevano essergli entrati in testa più di quanto credeva. E poi lui di cattive intenzioni non ne aveva affatto.
    «Sei proprio un gran lavoratore!» si congratulò, senza nascondere l’ammirazione.
    Adesso non rimaneva che chiedersi se anche Kohaku, come lui, finisse per trascurare un po’ il proprio benessere, anche se a primo acchito gli sembrava un ragazzo che sapeva il fatto suo.
    “Parliamo piuttosto di te: mi dicevi di lavorare in sartoria, giusto? Cosa fai lì, l'apprendista? O disegni proprio?”
    Oh, sì. Amava parlare di se stesso. La sua vita, del resto, era diventata interessante come non mai da quando si era trasferito a Tokyo! Anche Kohaku doveva averlo intuito, a giudicare dal fervore con cui aveva cambiato argomento.
    Lazar si ritrovò a sorridere come un idiota per l’ennesima volta.
    «Tirocinio, i modelli per ora solo all’istituto. Sono solo una matricola, ma un giorno sui red carpet ci saranno anche abiti firmati Khabarov~»
    Reputò fosse il caso di conferire maggiore enfasi a quella predizione con un occhiolino e la mano destra chiusa a formare una pistola, con la quale sparò dritto al cuore di Kohaku - per farlo dovette incurvare un po’ la schiena, sottraendosi per un momento al tocco del massaggiatore.
    «E ti ruberanno il cuore, come il sottoscritto!»
    Aveva passato decisamente troppo tempo con Noctis. Fortunatamente la successiva risata rivelò quanto sarcastico fosse stato in realtà l’ultimo commento.
    -------------------
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    Kohaku Kirishima
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    Il complimento di Lazar era molto più azzeccato di quanto lui stesso potesse pensare: nonostante il mare di cavolate dette, la vita di Kohaku era davvero così difficile, se non di più, data anche la pressione psicologica che ciò comportava; insomma, fu decisamente naturale per lei sorridere radiosa e ringraziarlo.
    Qualcosa nella quale non sperò, invece, fu la facilità con la quale il russo "acconsentì" al cambio di argomento, e ciò la tranquillizzò: pericolo di domande scomode sventato! Tuttavia ciò che sarebbe avvenuto di lì a poco l'avrebbe presa in contropiede in ogni caso.
    L'eccentrico cliente le spiegò di essere un tirocinante, quindi non realizzava suoi modelli, ma le svelò la sua grande ambizione nel vedere le star sui red carpet usare modelli suoi; la forza con la quale lo disse era davvero incoraggiante, faceva capire che non si sarebbe mai arreso fino a che non ci sarebbe riuscito, il che era anche un bene, non fosse che poi si voltò verso di lei facendole l'occhiolino e dicendole che le sue opere le avrebbero rubato il cuore come avrebbe fatto lui stesso.
    L'istante nel quale Kohaku aveva sollevato le mani dalle spalle del ragazzo notando il suo desiderio di muoversi sembrò durare in eterno, con lei che non sapeva se squittire per quel velato e ironico avvertimento, sentirsi male per l'occhiolino, o morire disidratata notando come i muscoli non troppo pronunciati del giovane risaltassero grazie alle luci della sala. Se Shizuka, tornata ad ascoltare per curiosità, era di nuovo dovuta scappare via, ma stavolta per fare versi di sorpresa al di là delle onde percepibili dall'orecchio umano, Kohaku si ritrovò a guardarlo ad occhi sgranati, colta ovviamente di sorpresa, il viso eccessivamente rosso e il cuore a battere talmente veloce da presagire la sua fine prematura. Avrebbe voluto lasciarsi cadere lungo una parete e rimanere lì, con lo sguardo fisso nel vuoto, a rivivere la scena fino alla reale fine dei suoi giorni, o anche voltare il povero malcapitato sul lettino per poi sederglisi addosso e dirgli senza troppi problemi "Cuore, anima, vagina, tutto è già tuo, fai di me ciò che vuoi, TI PREGO FALLO". Sì, letteralmente.
    Nonostante l'altro si abbandonò a una grassa risata, lei abbassò lo sguardo, deglutendo per cercare quantomeno di respirare: ovviamente non poteva fare NULLA di quelle cose, doveva darsi assolutamente un contegno.
    « C-che sfrontato che sei...! » fu tutto ciò che riuscì a dire, prima di prendere un asciugamano pulito, darsi una veloce pulita alle mani e prendere un bel sorso d'acqua da una bottiglietta sigillata. Già, quella scena fu talmente inaspettata e d'effetto da averla stordita e averla lasciata senza parole.
    Kohaku Kirishima lasciata senza parole. Una barzelletta più divertente di questa ancora non esisteva. Ed era pure un qualcosa di realmente accaduto, incredibile!

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    Lazar

    Lazar Stefanović Khabarov
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    Aveva esagerato? Aveva esagerato. E dire che se lo ripeteva continuamente, di star con due piedi in una scarpa coi giapponesi. I gaijin non godevano già della migliore reputazione, per di più lui proveniva da un luogo tanto freddo quanto caldi erano i rapporti umani e, come se non fosse abbastanza, con quel suo carattere troppo aperto e sfrontato e l’altezza statuaria e l’aria eccentrica li terrorizzava.
    Sebbene ancora una volta la reazione di Kohaku fosse stata contenuta, il rossore che devastò il suo viso convinse Lazar a mitigare la risata in sorriso e rilassare i muscoli, tornando in posizione prona per permettere al giovane di lavorare in santa pace.
    Il successivo rimprovero confermò i suoi pensieri, convincendolo che era davvero il caso di scusarsi.
    «Anche...» “io ho dei difetti” «questo è uno dei miei difetti.»
    Si chiese se aveva senso edulcorare quelle parole, se la sfumatura di (falsa) umiltà che voleva lasciar trasparire non fosse stata cancellata nel passaggio ad una lingua che ancora non parlava alla perfezione. Ninel’ sarebbe stata molto più efficiente di lui in quel frangente… no, Ninel’ era in generale più efficiente di lui in qualsiasi tipo di rapporto umano.
    Umiltà: un raro e prezioso valore che abbondava nella cultura giapponese, tutto il contrario di quella russa. E dire che i due Paesi erano tanto vicini, ma sotto quel punto di vista non avrebbero potuto essere invece più lontani!
    «Non prendere troppo sul serio quel che dico, scusa se ti ho messo in imbarazzo, Kohaku-kun.»
    “Prometto che farò il buono”, erano parole troppo infantili per uno come lui, che l’infanzia l’aveva sepolta nell’underground di Mosca nell’inverno del suo decimo anno di vita.
    «Però hai un viso davvero innocente quando arrossisci, potresti usarlo come asso nella manica con le ragazze.»
    Inutile, sparare cazzate a raffica era una tentazione troppo forte per lui.
    Almeno avrebbe stemperato l’atmosfera, forse. Avrebbe anche volentieri aggiunto un “o i ragazzi” a fine frase, ma non voleva di nuovo invadere la privacy del piccolo giapponese con implicite avancé. Non che gli sarebbe dispiaciuto scoprire che gli interessavano i maschi, eh. No, cioè, lui non si offendeva.
    -------------------
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    Edited by Yukari - 30/11/2020, 13:16
     
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    Kohaku Kirishima
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    Qualunque fosse il gioco menzionato in precedenza, Lazar aveva stravinto, Kohaku doveva concederglielo, anzi le dispiaceva pure averlo in qualche modo mortificato con la sua reazione. Scosse il capo piano alle sue scuse, cominciando a trafficare con gli oggetti sul piccolo ripiano usato come bancone.
    « Scusami tu per la mia reazione, è difficile trovare qualcuno con un po' di faccia tosta qui e non ci ero più abituat..o. » corresse subito la gaffe che stava per fare: aveva ancora il cuore a mille e la testa in confusione, stava per parlare al femminile e mandare all'aria la sua copertura. Così tanto che la nuova punzecchiatura del russo venne accolta con insofferenza dalla giovane, per via dell'argomento da lui portato in auge.
    « Per carità, basta ragazze. » sospirò, mordendosi poi la lingua notando la cavolata appena detta: le era capitato di fare colpo più sulle ragazze che sui ragazzi per via dei suoi modi a dir poco irriverenti, e a lei le ragazze non interessavano in tal senso, ma... Era vestita da maschio, parlava da maschio, e per quanto l'era moderna non fosse più troppo intransigente circa le diverse tendenze sessuali, lei doveva interpretare un maschio etero. E ora? Come poteva uscirne? Si era affossata da sola, giusto quando cominciava a fantasticare su uno scambio di numero di telefono...! In un modo o nell'altro, sembrava destinata ad allontanare i ragazzi da lei. Ma non poteva lasciare la cosa così ambigua.
    « Sono davvero soffocanti alle volte, non trovi? » aggiunse dunque, ridacchiando nel mentre stava pregustando il premio Oscar che si stava aggiudicando quel pomeriggio. Ad ogni modo, tornò dal russo con un flacone di olio di moringa, che certamente era il più adatto alle spalle indolenzite che doveva trattare, e un piccolo rullo con i denti in silicone morbido.
    « Riprendiamo il massaggio, vuoi? » disse accomodante, e dopo aver preso una buona dose di olio, chiuse il flacone e lo lasciò lì vicino.
    « Visto che sei così indolenzito, sto usando l'olio di moringa, che è ottimo per le infiammazioni ed è molto elasticizzante, così non sentirai più tutto quel male. Per abituarti, poi ti farò qualche passata con questo, e riprenderò solo dopo a scioglierti queste povere spalle. » gli spiegò principalmente per cambiare argomento quanto più poté, nel mentre procedeva a spalmare l'olio lungo le spalle e parte della schiena del giovane con movimenti decisamente diversi da prima: ora si muoveva in modo più lento, per rilassarlo di più; anche con il rullo fu più cauta, visto che era messo troppo male per avere un approccio troppo "rude".

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    Lazar

    Lazar Stefanović Khabarov
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    Kohaku cercò di rassicurarlo sull’ultimo punto, dando ancora una volta prova di gentilezza e umiltà. Quel ragazzo era davvero delizioso, e non nel senso in cui un ghoul lo intenderebbe.
    Lazar gli fu grato di tanta premura e senza farsi altri problemi mise da parte le insicurezze. Era una persona più semplice di quanto sembrasse, non cercava significati nascosti e, almeno nella maggior parte delle occasioni, si fidava di ciò che gli veniva detto. Se non fosse stato scortese girarsi per l'ennesima volta, interrompendo così il lavoro di quel povero ragazzo, gli avrebbe rivolto un sincero sorriso di gratitudine.
    «Smetti di scusarti, non hai fatto niente di male, Kohaku-kun.» disse a cuor leggero, lasciando trasparire attraverso la voce il suo attuale stato d’animo.
    Non aveva intenzione di fargli pesare una bazzecola del genere, pertanto il cambio d’argomento fu gradito. Kohaku aveva abboccato all’amo, e nel sentire quel sospiro scappato con disarmante sincerità, il gay-radar di Lazar si attivò con gli stessi decibel della sirena di un antifurto.
    Per carità.
    Basta.
    Ragazze.
    #YES.
    “Sono davvero soffocanti alle volte, non trovi?”
    «Eccome!» esclamò, determinato a non lasciarsi scappare l’occasione, del resto solo un cieco lo avrebbe preso per etero. «Soprattutto quando strillano come aquile e ti stanno incollate addosso. Come siete fortunati, voi giapponesi… in Russia non è così facile.» sospirò.
    E adesso che aveva lanciato il secondo amo poteva tornare a far finta di nulla, godendosi il massaggio. Non aveva idea di che strumenti stesse usando Kohaku, sapeva solo che una piacevole sensazione di fresco stava rilassando i suoi muscoli indolenziti e che i successivi nodi sarebbero stati meno traumatici del primo.
    «La prossima volta porto anche mia sorella, ma per sciogliere tutti i suoi nodi penso ti servirebbe tutto il pomeriggio.» rise, pensando alla povera Viktoriya che stoicamente resisteva al dolore con le lacrime agli occhi. «Tu hai fratelli?»
    Aveva detto di essere solo, ma era stato abbastanza vago.
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