For every good wish, I make myself dirty.

[CONCLUSA] Evelyn Tiffany Applegarth & Ryoga Hasegawa @ streets | 22/05/2020 dalle 17:20

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    Evelyn Tiffany Applegarth
    La risposta ricevuta da Ryoga fu l'ennesima prova di quanto quel ragazzo fosse naturalmente predisposto ad una sconfinata gentilezza. Più ci rifletteva, più pensava a quanto era stata fortunata ad essere stata trovata da lui, in quel vicoletto buio e sporco a Minato. Poteva non avere avuto quella fortuna sfacciata ed essere stata scovata da qualcuno di ben più pericoloso, come un umano qualunque che alla vista dei suoi occhi non ci avrebbe messo molto a tentare di chiamare aiuto. E chissà cosa sarebbe potuto accadere, se così fosse stato. In balia delle sue emozioni più spaventose, la possibilità che Evelyn non riuscisse a controllare se stessa e, di conseguenza, attaccasse quell'ipotetico umano, era fin troppo alta. E invece no, le era capitato Ryoga. Non avrebbe potuto avere fortuna più grande di quella.
    Gli rivolse un sorriso come unica risposta, un sorriso che sembrava proprio dire "ti ringrazio per quello che hai fatto nonostante tutto", prima di decidersi ad uscire da quel vicolo, una volta controllato che fosse tutto al proprio posto, quando Ryoga sottolineò molto blandamente che quel taxi posteggiato dall'altra parte della strada non era stato prenotato da nessuno.
    « Sarà meglio avviarci, allora » mormorò quindi, prendendo l'iniziativa ed uscendo per prima dal vicolo, muovendo passi quanto più veloci riusciva a fare, raggiungendo così il finestrino dal lato del navigatore, per non cogliere troppo alla sprovvista il tassista con il suo viso struccato. Chiese conferma all'uomo circa la disponibilità a scorazzarli per le strade di Tokyo fino alle rispettive case, e quando l'uomo annuì intimandola a salire, Evelyn rivolse lo sguardo a Ryoga.
    « Portiamo prima te a casa, okay? » gli fece sapere, sottintendendo un "dai a quest'uomo il tuo indirizzo", che sperava l'altro afferrasse. In realtà comprendeva perfettamente che la situazione vissuta da entrambi li avesse stremati, lei stessa non vedeva l'ora di sprofondare nei sedili forse non troppo comodi del taxi, e ancor di più non vedeva l'ora di tornarsene a casa ed abbandonarsi ad un rilassante bagno riparatore, per questo non era sicura che Ryoga riuscisse ad intendere il significato dietro quelle parole, anche se ci sperava vivamente. Dopotutto sembrava il ragazzo avesse appena staccato da lavoro quando si imbatté in lei. Però voleva evitare di rendere ancora più palese che lei e Ryoga non si conoscessero, perché questo avrebbe destato qualche sospetto. E lo sapeva, lo aveva imparato a sue spese: i tassisti non erano proprio il massimo della discrezione. A volte sapevano essere inopportuni ed impiccioni come poche persone sapevano essere. E carpire certe informazioni da dettagli talvolta futili sembrava essere, per loro, un gioco da ragazzi. In ogni caso non aveva alcun problema a pagare la corsa a Ryoga fino a casa sua, e successivamente pagare la propria: i soldi non le mancavano, e quelle quattro buste di carta colme di vestiti erano l'inconfutabile prova a testimonianza di ciò.
    Fece un cenno a Ryoga di salire, cosicché potessero tranquillizzarsi e sistemarsi all'interno del taxi, in attesa che quest'ultimo partisse. Il tassista pronunciò un amichevole quanto stanco « allora ragazzo, dove devo portarti? », avviando quantomeno il motore, pronto per l'ennesima corsa della giornata.

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    « Parlato. »
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    Ryoga Hasegawa
    Erano stati incredibilmente fortunati sotto molti fronti. Trovare un taxi pronto, come piazzato al lato della strada da un kami appositamente per loro, era solo l’ultima delle loro fortune, ma con ogni probabilità la più gradita da Ryoga, i cui muscoli cominciavano a farsi molli e deboli ora che l’adrenalina cominciava a scivolare via.
    Non vedeva l’ora di entrare in casa e ritrovare la per nulla veritiera ma consolatoria sensazione di essere perfettamente al sicuro, trascinare i piedi fino al letto, facendo attenzione solo a non svegliare Risa nel caso in cui fosse già stata sotto le coperte, e sprofondare in un coma profondo fino all’indomani mattina.
    Non si sarebbe certo dimenticato di Evelyn né di quella brutta avventura, ma, per quanto fosse un pizzico orgoglioso di sé e sinceramente felice per lei, in quel momento aveva bisogno di mettere la parola fine alla giornata. Pensava che anche per Evelyn fosse lo stesso, magari ne avrebbero potuto riparlarne con calma davanti a un caffè, quando entrambi fossero stati riposati e più lucidi.
    Saliti in taxi annuì alla proposta della corvina, comunicando il suo indirizzo a un conducente un po’ assonnato prima di mettersi seduto comodamente sul sedile posteriore. La sensazione delle spalle rilassate contro la morbida tappezzeria era… paradisiaca.
    Santo cielo, si sentiva fatto in egual misura di legno e piombo.
    «Comunque...» disse a un certo punto, mentre sfrecciavano per le strade di una Tokyo che brillava come una gemma nella notte, naturalmente a voce abbastanza bassa in direzione della ragazza. «Mi chiedevo se ti andasse di prendere un caffè uno di questi giorni, quando sarai libera. Immagino avrai delle domande.» “dovremmo scambiarci i contatti in tal caso”.
    Il taxista doveva essere abituato ai clienti che non volevano far sapere gli affari propri a uno sconosciuto, ma diamine se era complicato parlare in codice senza risultare maleducati. Ci faceva già i conti quando lavorava per la Coltre delle Nubi, ma non si sarebbe mai abituato. Ed era proprio sulla Coltre delle Nubi che immaginava Evelyn avesse qualche domanda da porgli: come aveva fatto a procurarsi così prontamente della carne umana nel pieno d’una crisi?
    Forse la Coltre poteva esserle d’aiuto, dopotutto era quello il loro compito.
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    Evelyn Tiffany Applegarth
    Poter finalmente mettere una parola fine a quella giornata era un sollievo. Finalmente avrebbe potuto rilassarsi, non sentirsi troppo in colpa (cosa che non era del tutto svanita, i sensi di colpa per aver coinvolto Ryoga c'erano ancora) e poteva sentirsi al sicuro. Dal momento in cui entrò dentro il taxi, il sollievo era tale da averle permesso di sprofondare nel sedile, chiudere gli occhi e poggiare il capo sul poggiatesta presente. Era esausta e non le si poteva dare torto: il panico, l'essere arrivata a dover affrontare una crisi all'improvviso, il terrore di ferire qualcuno o quello di venir scoperta in quanto ghoul, l'aver dovuto forzatamente mangiare qualcosa per placarsi... era stato un susseguirsi di cose che l'avevano portata a percepire una pesantezza sulle spalle non indifferente, la stanchezza si stava facendo sentire.
    Mentre il tassista li scarrozzava in giro per Tokyo, dirigendosi verso casa di Ryoga, quest'ultimo attirò la sua attenzione, chiedendole se le andasse di prendere un caffé nei prossimi giorni. Nonostante fu lei stessa la prima ad aver parlato in codice, l'espressione confusa e stanca che rivolse al compagno di disavventure parlava piuttosto chiaro. Fortuna volesse che comprendesse da sola, dopo poco, dove voleva andare a parare.
    « Ah sì, certo, ho parecchie domande da farti, in effetti... »
    Il che non era neanche troppo sbagliato, insomma... l'aveva salvata in una maniera che non immaginava fosse possibile e forse c'erano modi per stare al sicuro in quella città che non fossero reclusi essenzialmente al rimanere sotto l'ala protettiva dei suoi nonni, o delegare Sumire a fare qualsiasi cosa per procurarsi tutto ciò di cui aveva bisogno. Si sistemò con la schiena un po' più dritta su quel sedile, afferrando la propria borsa e rovistandovi all'interno per tirare fuori il cellulare. Senza emettere un singolo fiato, smanettò per aprire l'applicazione di B-social che aveva installata, entrando nel proprio profilo, porgendo poi a Ryoga il cellulare per mostrargli il proprio nickname: se l'avesse cercata lì avrebbero potuto mantenere i contatti. Per non insospettire il tassista, gli rivolse un sorriso, « questo posto è carino, possiamo trovarci lì... che ne dici? »
    Il tempo per conversare in codice, però, era arrivato al suo limite. E per fortuna, doveva dire: non era il massimo dover comunicare in quel modo e poi avrebbero potuto risentirsi con più tranquillità tramite B-social, senza doversi preoccupare di non farsi sgamare per ciò che erano, e parlando serenamente di qualsiasi cosa avrebbero voluto. Il tassista, nel frattempo, accostò per permettere a Ryoga di scendere, mentre Evelyn pagava la corsa al posto suo.
    « Allora ci si rivede, Ryoga-san. »
    Finalmente poteva tornarsene a casa e dimenticare quella giornataccia, sperando che nessuno le chiedesse dove fosse stata. Guardò il cellulare per qualche secondo, soffermandosi sull'orario: era davvero tardi in confronto a quanto aveva promesso che sarebbe rincasata... sperava che sua nonna non fosse troppo preoccupata.

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