What it means to be reliable

[INATTIVA] KIMIKO TAKEDA & YUKA SHIMIZU @CCG'S FIRING RANGE - 30/04/2020 EVENING

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    Kimiko Takeda
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    «Donna!»
    Ancora lo sentivo, più forte del rumore degli spari. Le cuffie non aiutavano di certo, ma quella voce ancora mi ruggiva in testa, indipendentemente dal tempo che passava. Niente sembrava essere in grado di fermarla e la cosa peggiore era che avesse ragione.
    Erano passati quattro giorni dal gala tenutosi a Chuo e la situazione era davvero pessima. Un mio superiore era stato costretto a sparare al Presidente per salvare sua figlia da un ghoul, gesto poi rivelatosi inutile. Il Presidente Onishi era ancora in coma farmacologico, mentre chi era stato costretto a sparare era morto invano. Inoltre un ghoul si era intrufolato alla festa, rischiando di fare una strage. Era stato catturato, ma ciò non toglieva il fatto che, davanti al pericolo, avessi esitato.
    Bang!
    Tutti i miei colleghi erano intervenuti per fermare la minaccia, tranne me che, pensando di star bloccando le vie di fuga al ghoul rimasto, avevo finito per non intervenire. Avevo sparato solo una raffica di colpi, per giunta mancando il bersaglio. Se il ghoul avesse usato tutta la sua forza, la situazione avrebbe potuto precipitare oltre la mia immaginazione e non sarei stata in grado di fermarlo.
    Bang!
    In seguito all’accaduto, il ghoul era stato portato a Cochlea. Avevo contribuito in modo minimo alla sua cattura, sempre se avessi potuto dire di aver fatto qualcosa. Fu indetta una riunione subito dopo e già da quel momento il senso di colpa, giustamente, aveva iniziato a schiacciarmi. Più venivo chiamata per nome e grado e più pensavo che la mia promozione fosse immeritata. Non riuscivo più a guardarmi allo specchio. Erano intervenuti tutti. Perché io no?
    Bang!
    Una parte di me aveva dato la colpa alla mia mancanza di allenamento con le armi da fuoco. Non avevo mai saltato una sessione d’addestramento, nemmeno quelle consigliate, ma evidentemente non era stato abbastanza. Se mi fossi sentita più sicura, forse sarei intervenuta e avrei potuto fare davvero qualcosa. Tuttavia le cose non tornavano del tutto. Ero l’investigatrice di grado più alto, escludendo il Prima Classe Yamamoto Eichi, quindi avrei dovuto dare l’esempio! Perché mi ero bloccata? A che cosa stavo pensando?
    Bang!
    Era stato un mio sottoposto a farmi tornare alla realtà. Altri due erano stati feriti perché ero stata troppo inetta per intervenire. I miei sottoposti erano stati esemplari, mentre io sarei stata da riportare al loro rango. Avevo giurato segretezza non appena mi era stato chiesto e mi sarei portata gli avvenimenti di quella notte nella tomba, ma il mio errore sarebbe rimasto, il mio voto non l’avrebbe coperto e sarebbe spettato a me cercare di rimediare.
    Bang!
    Per questo ero andata lì, per la quarta volta di fila e per la terza ora di fila. Avevo finito in palestra, posto che ormai avevo iniziato a visitare tutti i giorni, ed ero andata a visitare il poligono di tiro anche quel giorno. Ormai solo il lavoro poteva interrompere questa routine e quel giorno il mio turno era finito alle 15:00. Avevo fatto mezz’ora di straordinari ed ero andata in palestra. Dopo due ore di allenamento, avevo deciso di venire al poligono di tiro e lì ero rimasta fino a quel momento.
    Avevo chiesto al tecnico che mi fossero messi bersagli lontani e altri ostacoli da non colpire e mi stavo allenando a colpire il più possibile. Esercitarsi in tali condizioni per qualche ora, soprattutto dopo il lavoro, il nuoto mattutino e la palestra pomeridiana non era semplice. Tuttavia non potevo riposarmi: non ne avevo il diritto. La situazione era andata troppo male affinché lo meritassi.
    Ogni giorno vedevo il disastro che avrei potuto provocare, se quel ghoul avesse deciso di combattere davvero. Quasi tutta la CCG avrebbe potuto essere annientata e io non ero intervenuta quando avrei dovuto. Quel pensiero riempiva la mia testa anche più di quanto avessero fatto i miei fallimenti precedenti. Lì non avrei rischiato di morire solo io o qualche altro agente: avremmo potuto morire tutti per colpa della mia lentezza! Non mi sarei data pace finché non fossi stata sicura di non commettere più errori del genere. Ormai i miei sottoposti facevano affidamento su di me. Non avrei dovuto deluderli di nuovo.
    Bang!

    «Parlato»
    "Pensato"
    «Ricordi del parlato di Victor»

    It wasn't enough. I need to try harder

    CCG
    Prima Multorum (Bikaku)
    Primo Grado



    Edited by Antoil69 - 30/8/2020, 18:26
     
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    A qualche giorno di distanza dal gala, senza sorpresa alcuna, la situazione non si era calmata e anzi, era ancora più frenetica di prima. L'improvviso cambio alla direzione aveva occupato tutti i dipendenti della CCG, nessuno avuto un attimo libero per respirare. Tra giuramenti di segretezza e copertura dei reali fatti, ai tre caposquadra la cosa non era andata giù e, per sorpresa di Shimizu e Yamamoto, per una volta Reynolds si trovava d’accordo con loro due nonostante non avesse la minima intenzione di anche solo mettere in discussione le decisioni dei loro superiori. Non era l’unico che si sentiva preso in giro ma tuttavia, nessuno di loro aveva tutti i tasselli del puzzle. Quello che avevano erano solo sospetti ma nonostante ciò, non potevano muovere un dito senza rischiare. Non avevano solo i loro altri colleghi a cui pensare, ma anche i membri delle loro squadre, i loro diretti sottoposti.
    Quel giorno Yuka si era dunque data appuntamento con Eichi al poligono di tiro della sede centrale, sotto richiesta della stessa. Nonostante fossero passati anni dal suo arruolamento e precedente addestramento, la giovane donna non aveva smesso di richiedere la guida dell’altro. Aveva più esperienza ora, certamente, ma alcune lacune nel suo operato rimanevano comunque. A differenza dei suoi due colleghi, non proveniva da un background ideale per quel lavoro e negli anni precedenti aveva sudato per arrivare dove era ora, prima di tutto partendo dal coprire la propria inesperienza e mancanze. E chi c’era di meglio che chiedere direttamente all’esperto? Beh, almeno per quanto riguardasse le armi da fuoco. La sua mira non era mai stata così tanto incredibile, i suoi punti di forza erano sempre stati altri.
    Problema fu che, come il messaggio che aveva appena ricevuto l’avvisò, Yamamoto era stato trattenuto da uno dei membri del consiglio agli uffici, riferendole d'iniziare pure senza di lui, non sapendo bene quando si sarebbe liberato. O se si fosse effettivamente liberato prima che si facesse troppo tardi. Non si sapeva mai con quelli lì. Con un sospiro Shimizu si alzò dalla panchina su cui si era messa seduta dopo essersi propriamente cambiata, avviandosi poi nella direzione dell’addetto, con cui scambiò qualche parola prima di farsi accompagnare nell’area apposita e farsi dare la strumentazione necessaria per iniziare la sua esercitazione. A quanto pare, quel giorno non era nemmeno l’unica che aveva deciso di fare un po’ di pratica. Di sicuro c’era chi tra i presenti era semplicemente per sfogarsi più che per esercitarsi. Un biondo caposquadra di sua conoscenza era solito farlo.
    CCG
    25 Y.O
    CAPOSQUADRA SIGMA
    Prima Classe
    Damaris (Bikaku)


    Edited by alyë - 29/5/2022, 14:34
     
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    Un altro caricatore era terminato. Quanti ne avevo utilizzati fino a quel momento? Erano un numero considerevole, ma, sapendo quanto la CCG tenesse ad avere agenti al massimo della forma e viste le poche spese che avevo fuori dal lavoro, dubitavo che quello fosse un problema. Avrei dovuto essere più parsimoniosa sul campo, dato che i proiettili Q erano costosi e difficili da reperire, ma quell’allenamento mi sarebbe servita a far sì che ogni colpo andasse dove avessi voluto, limitando i miei sprechi.
    Avevo fatto qualche tentativo con bersagli statici, poi avevo chiesto agli assistenti di metterli in moto. Non ero ancora nel poligono di tiro operativo, ma quello sarebbe stato un buon allenamento per ciò che sarebbe venuto nei giorni a venire. I bersagli potevano muoversi solamente rispetto a un asse, ma sarebbe stato meglio di niente.
    Saper sparare in entrambi i casi, contro un ghoul che attacca o uno che fugge, sarebbe stato il minimo per un’investigatrice di Primo Grado. Sarebbe dovuto diventare istintivo.
    Avevo perso la cognizione del tempo a furia di sparare, quindi guardai l’orologio, rimediando a quella lacuna. Chiusi gli occhi, scossi gli arti e mi rimisi le cuffie, per poi inserire un altro caricatore e tornare a concentrarmi sul bersaglio.
    Il cartonato che stavo prendendo di mira si era riempito di buchi, ma era rimasto abbastanza spazio per colpirlo ancora. Farlo sarebbe stato un buon allenamento, ma un’altra parte dell’esercizio, quella che mi premeva di più, non sarebbe stata realizzata in quel modo. Sarei andata anche al poligono di tiro operativo, ma prima avevo preferito concentrarmi di più sul tiro, per poter arrivare a utilizzarlo al meglio. Lì sarei stata davvero immersa in un ambiente il più vicino possibile a ciò che avrei potuto fare sul campo. Magari lì sarei riuscita a colmare le mie lacune e a capire meglio come posizionarmi o sparare.
    Avevo capito, però, che anche quello non fosse abbastanza. Non sarei mai scesa in campo da sola contro un ghoul, quindi era importante che capissi bene come posizionarmi sul campo, al riparo dagli attacchi ostili e abbastanza vicina per fare fuoco. Avrei dovuto anche preoccuparmi di come i miei colleghi fossero posizionati, in modo da riuscire a eliminare la minaccia senza rischiare di ferirli. Era questione di vita o di morte e, se fosse stato solo per i miei meriti, la missione di sorveglianza al gala sarebbe stata un fallimento ancora più grande. Magari con un paio di bersagli nemici e amici dalla distanza sarei stata in grado di colmare qualche lacuna. Avevo sentito anche che le piattaforme per i bersagli mobili fossero state sostituite con modelli più avanzati, quindi avrei potuto allenarmi anche meglio rispetto a prima. Tuttavia avevo deciso di ricominciare dalle basi, come se non avessi mai tirato prima di quel giorno, per togliermi il maggior numero di lacune possibili.
    Tenni conto di tutti i proiettili di quel caricatore, sparandoli a uno a uno sul bersaglio fino a quando la mia arma si scaricò di nuovo. Fu solo allora che notai che, bossolo dopo bossolo, i segni del fatto che mi stessi allenando da un po’ in quella stessa postazione fossero evidenti. Avrei avuto da pulire prima di andarmene, ma non era quello il momento di farlo.
    Mi presi una piccola pausa prima di riprendere i miei esercizi: avevo le cuffie anti rumore indosso da abbastanza tempo da sentire le orecchie scaldarsi sotto di esse, ma non era ancora il caso di smettere. Avrei dovuto rimanere concentrata nonostante quel fastidio. Se non ci fossi riuscita, di che utilità avrei potuto essere sul campo?
    Posai l’arma scarica per un istante, facendo sempre attenzione a puntarla in direzione dei bersagli, per poi mettermi nuovamente a ricaricare il caricatore. Osservai, anche per sciogliere i muscoli del collo, l’ambiente circostante. Molti degli investigatori presenti quando avevo iniziato la sessione di tiro se n’erano andati e qualcuno era anche stato sostituito da altri colleghi, investigatori più o meno esperti che volevano migliorare la loro efficienza sul campo. Molti di questi erano facce sconosciute o viste solo una volta e poi mai più, colleghi con cui avevo collaborato tempo addietro o che ancora non sapevo se fossero investigatori o assistenti. In fondo, al poligono erano tutti uguali. Fu in quell’occasione che notai l’unica persona esterna al gruppo che avevo appena nominato.
    Non avevo ancora visto la mia caposquadra al poligono di tiro. Chissà come avrebbe scelto di allenarsi e come se la sarebbe cavata contro i suoi bersagli.
    A dire la verità, non avevo avuto interazioni significative con lei da dopo gli avvenimenti di qualche giorno prima. Dal giorno del mio fallimento più grande era come se tutto si fosse spento.
    La Prima Classe Shimizu aveva dimostrato eccellenti doti di leadership e sul campo. Aveva dimostrato di poter essere una figura di riferimento, ma non per quello il nostro rapporto era diventato meno professionale. In fondo, lei era il mio caposquadra e io una sua sottoposta: qualunque storpiatura di quel rapporto non sarebbe stata consona al nostro lavoro.
    Fu per quello che decisi di non disturbarla. Mi limitai ad accorgermi della sua presenza, ricaricare l’arma col caricatore che avevo appena finito di riempire e tornare a esercitarmi. Ormai la stanchezza iniziava a farsi sentire, ma quello non era ancora il momento di smettere. Sarei rimasta lì finché avessi avuto abbastanza forza da poter sparare in sicurezza. Non sarei stata pigra, né avrei dimostrato di esserlo di fronte alla mia caposquadra. Ormai continuare era un mio dovere.


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