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[CONCLUSA] Kimiko Takeda & Ryosuke Takahashi @CCG's canteen - 01/09/2020, 12:30 circa - Pioggia, 31°

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    Qualche mese fa era iniziato il mio terzo anno di servizio alla CCG, ma era stato molto diverso dagli altri due. Ero stata promossa a Primo Grado, diventando sulla carta un riferimento per la mia squadra, ma non mi ero mai sentita totalmente in grado di adempiere a quel ruolo. Dopotutto, al gala, quando c’era stato bisogno di me, non avevo brillato e nemmeno le sagge parole della mia superiore avevano del tutto cancellato il mio senso di colpa. Avevo imparato sulla mia pelle quanto un grado più elevato corrispondesse a responsabilità maggiori e quanto un errore di un Primo Grado fosse molto più grave dello stesso errore fatto da un Secondo Grado. Cercavo di dare il meglio di me stessa in campo e nelle investigazioni, ma il senso di non star facendo abbastanza non mi aveva mai abbandonata.
    Avevo scelto quella vita ormai anni prima, senza mai pentirmene, per servire la causa che ritenevo più giusta. A parte i giorni di riposo obbligatori e qualche attività di famiglia voluta da mia madre, mi dedicavo esclusivamente alla CCG al punto da non aver mai chiesto un cambio turno o un giorno di ferie. Avevo perfino chiuso la mia passione per il disegno, l’unica cosa della mia vecchia vita che avevo tenuto, in un cassetto che riaprivo solo quando la CCG voleva che riposassi. Spesso facevo anche gli straordinari, indipendentemente da ciò che mi sarei ritrovata a fine mese nello stipendio, e neanche i miei giorni liberi potevano interferire col mio allenamento, ma tutto ciò non era abbastanza. Il Rank SS Ouroboros non era ancora stato catturato e avevo esitato durante la cattura del Rank S Jiao. Forse quella sera mi avrebbe perseguitata per sempre e forse sarebbe stato giusto così.
    Anche quella mattina ero stata la prima del mio turno ad arrivare. Mi ero svegliata alle 6:00, come sempre, e avevo partecipato all’ennesima sessione di nuoto libero prima di fare colazione, vestirmi appropriatamente e andare al lavoro.
    Avevo scelto una camicia bianca, che avevo accompagnato a una cravatta nera. Indossavo anche i pantaloni lunghi di uno smoking bianco, ma avevo deciso d’indossare la parte superiore, con tanto di spilla identificativa, solamente all’interno dell’edificio. Per quanto fossi un’amante del decoro, il fatto che all’esterno ci fosse caldo era innegabile. Oltre a quello indossavo il mio immancabile smart watch al polso destro e avevo deciso di raccogliere i capelli in una coda con un elastico nero.
    Avevo lavorato tutta la mattina in ufficio. L’indagine sul ghoul di Rank A che stavo seguendo stava diventando piuttosto difficile. Il ghoul era metodico e sapeva come lasciare pochi indizi, ma non me lo sarei lasciata sfuggire a qualunque costo. Purtroppo, però, il mio lavoro fu interrotto dalla pausa pranzo delle 12:00, che sapevo essere importante: non avrei ragionato bene a stomaco vuoto e sapevo di aver bisogno di tutte le mie forze per poter eliminare quello e altri ghoul quanto prima. Riordinai tutti i fascicoli nella mia scrivania, quindi, e mi diressi verso la mensa della CCG.
    Presi un vassoio, quindi, e attesi il mio turno per prendere dalla mensa ciò che sembrasse più invitante: del ramen, della carne, un’arancia e un budino al cioccolato. Quello mi sarebbe bastato fino all’ora di cena. Ciò che mi rimaneva da fare, ormai, era trovare un posto in disparte dove potermi godere il pasto in pace. Mi sarei rilassata un po’, mentre mangiavo, ma non mi sarei abbandonata al cibo: avevo del lavoro da fare e il ghoul su cui stavo indagando era ancora a piede libero. Il mio riposo avrebbe aspettato.


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    Un mese dal suo incorporamento al team Sigma, un mese che stava valutando i pro e i contro di quel luogo di lavoro. Non vi erano ripensamenti o rimpianti, il passato era passato e quello ora era il suo posto, il suo ritorno a Tokyo con nuovi doveri e nuovi obiettivi. Si era presentato ai suoi colleghi, una presentazione sobria e determinata, come doveva apparire un buon soldato e forse un buon investigatore. Perché Ryosuke era sempre stato una persona determinata, forse con troppo ardore nel cuore, degno di un pilota Ki-115, ma questo non sempre era un difetto. Pur eccellendo nei suoi campi singolarmente, amava il rapporto che si formava tra compagni, affiatamento condiviso, uno spronarsi a vicenda e perché no, un’amicizia che rendeva il rapporto lavorativo sano e piacevole. Sotto le armi potevi fidarti di un fuciliere professionista, ma se quel fuciliere era anche tuo amico potevi affidarti completamente alla sua persona. L’approfondire dei rapporti rendeva i membri di una squadra un team coeso e forte, con la consapevolezza dei pro e i contro di ciascun membro. Nel suo nuovo team non vi era nulla di tutto ciò, o perlomeno a lui così era parso. Stava ancora tentando d’inquadrare i suoi colleghi, ma per ora gli sembravano o fin troppo rigidi e seri, o strani. Forse era quel luogo, quel lavoro a rendere le persone così. Scese dall’ascensore, la testa carica di quei pensieri, anche lì, ognuno andava a pranzo quando voleva e senza invitare i colleghi a seguirlo, come quella Kimiko. Un comportamento inconcepibile, ma la CCG non era la Jieitai e di questo avrebbe dovuto farci il callo, ma soprattutto lui non era né un supervisore né un caposquadra, quindi si sarebbe dovuto tenere le proprie idee per sé. Avanzò rapido, lasciandosi alle spalle numerosi colleghi, scrutando oltre il vetro le varie pietanze proposte quel giorno. Alla fine optò per soba con verdure e del pesce scondito, le sue pupille indugiarono fin troppo su dei dolci, ma non poteva, non poteva proprio cadere in quella spirale di zuccheri e carboidrati, che accoppiati ad un lavoro prettamente d’ufficio avrebbero portato inesorabilmente a metter su del peso. Aggiunse ovviamente una piccola bottiglia di naturale, girandosi alla ricerca di un posto dove consumare quel triste pasto e magari aver tempo per una passeggiata fuori da quelle quattro mura. Vi erano ancora dei tavoli vuoti, destino volle che verso il fondo della stanza vi era Kimiko Takeda, ora le opzioni erano due, o lasciarla nel suo brodo o tentare di creare un rapporto lavorativo decente. La sua missione era tanto semplice quanto lunga e complessa, aumentare di grado, contribuire a migliorare quella società malsana e crearsi una nuova vita a Tokyo, per riuscirci doveva conoscere meglio i suoi collaboratori, uno tra tutti Takeda. Questo era quello che Ryosuke si raccontava avanzando verso quel tavolo, in realtà stava maturando il bisogno di parlare con qualcuno, lavorava alla CCG e dormiva presso la CCG, una vita che si prospettava per un certo verso monotona.

    E’ libero? O aspetta qualcuno primo grado Takeda?

    Arrivò alle spalle della collega, rimanendo in silenzio per un secondo, era una domanda retorica, di certo non si aspettava una risposta negativa, non sarebbe stato un buon inizio per compagni dello stesso team. Questo almeno sotto le forze armate, ma stava iniziando a capire che la CCG era diversa.

    Suppongo di no.

    Appoggiò il vassoio davanti a lei, togliendosi la giacca blu navy e sedendosi successivamente, rimanendo con una camicia bianca e una cravatta ben annodata, tenuta ben salda dal fermacravatta. Era particolarmente orgoglioso del risultato, si stava sforzando di fare nodi decenti, che nel suo caso richiedevano cinque minuti abbondanti, per evitare nuove occhiatacce nei corridoi, l’etichetta e l’apparenza erano una parte fondamentale di quel luogo. Una volta seduto il suo sguardo corse vorace alla soba, quella mattina aveva fatto colazione con una merendina e un caffè, mandando alle stelle il suo picco glicemico, risultato? Aveva voglia di mangiarsi pure le gambe del tavolo. Doveva trattenersi, non poteva lasciarsi andare a istinti da caserma, soprattutto davanti una donna e collega.

    Allora, sono arrivato che la sua testa era china sulla scrivania e lo è stata fino alla pausa pranzo. Su cosa sta lavorando?

    Che stronzo, magari a pranzo era meglio parlare di qualcosa di diverso rispetto al lavoro. Iniziò a mangiare quel piatto di spaghetti, guardandosi attorno e osservando la calca che si stava formando alla cassa.

    Ho capito che se arrivi all’una meno un quarto ti tocca fare una coda infinita.

    Gli occhi puntarono di nuovo la collega, non riusciva a decifrarla e come lei tanti altri colleghi in quel luogo. La soba era indecentemente cotta, una di quelle cose che gli facevano venire voglia di borbottare qualcosa riguardo alla gestione della mensa, fortunatamente un’abbondante annaffiata di soia rendeva possibile buttarli giù .

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    Edited by sagara - 10/9/2020, 15:38
     
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    Il Rank A su cui stavo indagando, code 483, era risultato un bersaglio ostico per molti anni. Sapeva tener testa a più investigatori, ma era sempre stato in grado di tenere un basso profilo, cacciando il giusto e non facendosi notare troppo, almeno fino a quel momento. Che cosa era successo alla sua routine? Perché aveva iniziato a cacciare di più? Avevo delle ipotesi, ma quelle sarebbero rimaste fino a un’indagine più approfondita.
    «È libero? O aspetta qualcuno, primo grado Takeda?»
    Una voce che non avrei pensato di sentire interruppe i miei pensieri e si fece avanti dalle mie spalle, chiamandomi. Voltandomi, riconobbi l’ultimo membro a essersi aggiunto alla squadra Sigma, arrivato esattamente un mese prima.
    «Si sieda pure, Secondo Grado Takahashi.» Dissi, staccandomi dal cibo giusto per quello che mi servii a guardarlo negli occhi e a rispondergli con cortesia. Non stavo aspettando nessuno, quindi scacciarlo non avrebbe avuto senso, ma la priorità sarebbe rimasta finire di mangiare e tornare al mio lavoro: i ghoul non si sarebbero eliminati da soli.
    Decisi, quindi, di non parlare, un po’ per fare in fretta e un po’ per vedere una sua reazione. La nostra caposquadra, la Prima Classe Shimizu, mi aveva consigliato di approfondire i rapporti coi miei colleghi, in modo da poter contare su di loro e dirigerli efficacemente. Conoscere informazioni esterne al lavoro e fare amicizia non m’interessava, ma qualche suo dato utile per le nostre future collaborazioni avrebbe potuto tornarmi molto utile. Il primo tra tutti era il suo carattere, cosa che avrei potuto iniziare a dedurre dal suo modo di porsi.
    Notai in fretta come si fosse seduto davanti a me non appena gli ebbi dato il permesso di farlo. Non avrei potuto sapere se lui l’avesse fatto in ogni caso, ma avrei potuto dedurlo da altri suoi comportamenti. Dopotutto eravamo stati entrambi addestrati per essere investigatori, oltre che combattenti.
    «Allora, sono arrivato che la sua testa era china sulla scrivania e lo è stata fino alla pausa pranzo. Su cosa sta lavorando?»
    Un interesse lavorativo. O un modo per rompere il ghiaccio. Se fosse stato il primo caso, avrei apprezzato una discussione sensata sull’operato reciproco. Essendo colleghi e in un ambiente sicuro, trasformare la pausa pranzo in qualcosa di produttivo sarebbe stato positivo.
    «Lavoro al caso del Rank A Code 483. Stavo aiutando a catalogare le prove e a formare le prime ipotesi. Una volta finito dovrò comunicare il tutto al resto della squadra. Probabilmente finirò entro stasera e domani mattina avrò già pronti i dati da esporre.»
    Non c’era bisogno di dilungarsi ulteriormente. Avrei potuto dirgli di più una volta terminato il lavoro. Tuttavia conoscere meglio i compiti altrui sarebbe stato utile anche in una situazione come quella. Peccato che il mio collega avesse deciso d’interrompermi con una domanda molto meno utile.
    «Gia.» Gli risposi, senza dilungarmi molto. «Conviene venire qui o subito prima dell’apertura o verso la fine della pausa pranzo. Altrimenti si rischia di perdere tempo in coda.»
    Quella discussione non m’interessava, ma preferii dargli comunque quel consiglio affinché non perdesse tempo da quel momento in poi. Il lavoro era importante e ogni collega avrebbe dovuto svolgerlo al meglio, senza ritardi dovuti alla coda o ad altre giustificazioni banali ed evitabili.
    «Lei a che cosa sta lavorando oggi?»
    Tornai immediatamente alla discussione precedente, sperando che non mi avesse fatta parlare di lavoro solo per rompere il ghiaccio, ma che tra noi due potesse esserci un valido scambio d’informazioni. Nel dubbio avrei avuto la domanda perfetta per il mio nuovo collega. Non ero ancora andata con lui sul campo e sapevo bene che una vaga conoscenza dell’arsenale del mio collega avrebbe potuto rivelarsi fondamentale al momento opportuno.
    «Un'altra domanda, Secondo Grado Takahashi. Quale tipo di quinque le è stata affidata? Conoscere i rispettivi arsenali potrebbe tornarci utile quando dovremo combattere insieme.»


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    Edited by Antoil69 - 17/9/2020, 16:19
     
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    Ryosuke Takahashi
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    Code 483, quel nome, quel nome gli era completamente nuovo, ma non doveva essere troppo duro con se stesso, d’altronde era arrivato in sede da poco più di un mese. Mentre parlava rimase in silenzio, osservandola, era una giovane donna dai lineamenti tipici giapponesi, capelli scuri e lisci e mento appuntito, quel tono serio e impassibile gli davano un’aria strana, la invecchiava. Ciò nonostante non gli dispiaceva. La risposta al suo commento sulla mensa gli sembrò alquanto sbrigativa, nessuna esclamazione, nessun tipo di commento personale, solo un’istruzione fredda e asettica. I suoi sospetti stavano prendendo lentamente forma.

    A cosa sto lavorando?

    Sorrise, eccola la kyariaūman stava iniziando ad uscire dal suo guscio. Mandò giù un boccone di soba osservando la vita fuori dal finestrone.

    Sto lavorando sugli scomparsi, sulle sparizioni nell’area metropolitana di Tokyo. Un lavoro potenzialmente infinito, ma qualcuno lo dovrà pur fare.

    Aprì le bacchette davanti a lei, fissandola.

    Sa che ogni anno a Tokyo scompaiono più di novemila persone? E nel Giappone in generale circa ottantamila. Gente che sparisce da un giorno all’altro senza lasciare nessuna traccia.

    Ricominciò a mangiare, a pensarci era triste, molto triste.

    Molti scompaiono per problemi finanziari, sono quelli più facili da scoprire, altri per problemi familiari e altri per depressione e stress lavorativo.

    Chissà se qualcuno della CCG sarebbe scomparso da un giorno all’altro.

    Abbiamo anche un alto tasso di suicidi, ma quanti di questi scomparsi sono imputabili ai ghoul? Molti primo grado Takeda.

    Era un discorso che gli chiudeva lo stomaco, guardare foto, profili sui siti, social, situazione finanziaria, chiamare amici e parenti che quasi sicuramente non avrebbero mai più rivisto i loro cari, avrebbe preferito dare la caccia ad un ghoul come code 483. Continuò a mangiare, osservando la reazione della collega riguardo al grande numero di sparizioni in Giappone.

    Mi dia pure del tu quando non siamo in ufficio, non sono il generale Yuasa e nella pausa pranzo preferisco toni più distesi.

    Era un marines prima di essere un investigatore, un fuciliere e la differenza di grado tra i due era quasi insignificante, inutili appellativi continui non si addicevano al contesto, mancavano di praticità, cosa tanto amata da Ryosuke. A Kimiko avrebbe sempre dato del lei, perchè stava iniziando a capire che soggetto era, ma di certo non avrebbe continuato con quella manfrina del si signore no signore per il resto del pranzo. Una domanda sulla quinque, le armi scaturivano in lui un interesse maggiore.

    Mi è stata assegnata una Koukaku, forse per via della mia statura e devo dire che non mi dispiace.

    Terminò la soba, fatta fuori in meno di duecento secondi.

    E’ una grossa spada impugnabile anche con una mano, se si ha la forza necessaria ovviamente.

    E ovviamente lui ce l’aveva al contrario di tanti investigatori, Ryosuke non dubitava mai delle proprie capacità fisiche, da buon pugile le sue braccia erano sempre allenate e la memoria muscolare era abituata al sollevamento pesi, per lui una koukaku non sarebbe stata un problema.

    Lama ampia e lunga, in allenamento ci ho tagliato in due uno scudo balistico, lei invece?

    Probabilmente una Rinkaku con quel fisichino agile che si ritrovava.





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    Il mio collega stava lavorando ai vari casi di scomparsa a Tokyo. Sapevo bene quanti fossero anche prima che lui me lo ricordasse, ma faceva comunque impressione ricordarsi di quante persone scomparissero ordinariamente a Tokyo, molto spesso senza che gli scomparsi fossero ritrovati. Molti, inoltre, erano davvero collegati ai ghoul, ma lo sapevamo entrambi. Essendo Investigatori di ghoul avevamo avuto modo di toccare con mano quanto effettivamente il problema fosse grande. Era vero, però, che lui era arrivato lì solo da un mese. Forse non si era ancora abituato alla realtà dei fatti, ma non significava che quella fosse stata diversa. Chissà, però, quanto quel numero sarebbe davvero diminuito senza i ghoul...
    «Ne sono a conoscenza, Secondo Grado Takahashi.» Replicai, senza mezzi termini. «Il nostro lavoro è proprio cercare di ridurre quel numero, anche se ci sono cose che non possiamo cambiare.»
    Era vero, in fondo. La CCG serviva proprio a eliminare la minaccia ghoul. Così facendo, molte sparizioni e molti traumi sarebbero stati prevenuti. Il mondo sarebbe stato un posto migliore senza i ghoul proprio in conseguenza di tutti i numeri che mi erano stati elencati. «Molti problemi familiari o lavorativi non esisterebbero senza i ghoul, per non parlare delle sparizioni a opera degli stessi. Non possiamo azzerare quei dati, ma qui possiamo davvero ridurli al minimo.»
    Ne ero convinta, forse abbastanza da parlarne col tono di chi sa di poter fare davvero qualcosa di buono. Per me, in fondo, la CCG era un modo per fare qualcosa di buono della mia vita, dato che avrei potuto essere anch'io una dei tanti scomparsi di Tokyo.
    Tuttavia, per quanto fosse possibile, ormai il mio rapporto con quei dati si stava trasformando in un modo che non mi piaceva. Sparizione dopo sparizione, parlare coi cari di costoro stava diventando sempre più un evento di routine. In ognuno di loro vedevo lo sguardo di mia madre quando era tornata dal Belgio per starmi accanto, immaginando costei con la loro espressione, ma ormai qualcosa in me era scattato e quel peso stava diventando meno gravoso. Mi sarei mai abituata ai loro volti a furia di dire a tante persone che i loro cari non sarebbero tornati?
    "No!"
    Cercai di pensare ad altro e mi aggrappai alle parole del mio collega. Non mi sarei mai abituata a quei pensieri. Non me lo sarei permesso per niente al mondo. Non dovevo perdere quell'odio che tutto ciò mi faceva provare. Non dovevo perdere di vista tutto il male che i ghoul facevano nemmeno per un momento: avevo scelto quel lavoro per un motivo e ne avrei pagato il prezzo volentieri, se necessario.
    Quando tornai in me, il mio collega mi propose di far cadere le formalità, almeno fuori dall'ufficio.
    «Le formalità vanno bene per ora.» Fuori dal lavoro ci avrei pensato, ma anche alla mensa della CCG si era comunque in ufficio, quindi non sarebbe stato il caso di abbandonarsi a qualche confidenza eccessiva. Per le ronde e le missioni sarebbe stato diverso, a seconda della situazione, ma non era il caso di parlarne in quel momento e il condividere con lui la pausa pranzo non sarebbe stata un’eccezione.
    Sentii anche un nome a me familiare, il generale Yuasa. Non avevo idea di chi lui fosse, ma mi era parso di averlo sentito spesso. Tuttavia non riuscii a ricordarmi nemmeno chi potesse averlo detto. Con tutta probabilità, avrebbe potuto essere stato mio padre o qualche altro mio parente, stando al grado prima del nome, ma avrei potuto dirlo con certezza. Forse i miei avrebbero saputo dirmi qualcosa o forse avrei potuto chiederlo a lui e non scomodarli, ma mia madre spesso diceva che non la chiamassi abbastanza, quindi avrei prima provato con lei.
    Con lui m’interessava di più parlare delle rispettive quinque e scoprire la sua. Stando a quanto disse in seguito, gli avevano affidato una koukaku offensiva. Il che poteva essere un vantaggio o uno svantaggio a seconda di come si fosse svolto uno scontro. Venni a sapere del suo potenziale offensivo quando mi disse di aver tagliato uno scudo balistico in addestramento. Non dubitavo della potenza delle quinque, dopo averle viste in azione. Ormai quel risultato non mi avrebbe stupita, ma avere qualcuno con un’arma del genere sarebbe stato ottimo per quanto riguardava la potenza offensiva. Ciò che non disse, ma che mi sorse spontaneo immaginare, erano gli ostacoli alla mobilità che quella quinque avrebbe potuto dare. Le quinque koukaku erano le più dense e spesso anche le più grosse, quindi anche le più pesanti. Probabilmente quello sarebbe stato il suo punto debole, forse compensato dalla forza dell’arma, ma non volli sbilanciarmi e chiesi comunque.
    «Capisco. Come si trova a maneggiare l’arma? Il trasporto e la mobilità sul campo sono un problema?»
    L'avevo chiesto con un interesse genuino verso la risposta. Avevo sentito che quello fosse un problema comune per i possessori di quinque koukaku, ma non ne avevo provate molte e non ne avevo mai usata una sul campo, quindi non potevo dirlo con certezza. Avrei potuto averne anch’io una in futuro, quindi preferii chiedere a qualcuno che si stesse abituando a usare un’arma del genere. Tuttavia, avevo anch’io una domanda a cui rispondere.
    «Una spada bikaku. Leggera, veloce, abbastanza lunga e resistente.» Le quinque erano un discorso piacevole rispetto ad altri, quindi mostrare interesse nella sua arma fu piuttosto naturale. Mi piaceva pensare alle caratteristiche di ognuna e al fatto che fossero strumenti creati ad hoc per sradicare il più grande male dell’umanità. Inoltre ciò avrebbe permesso a me e al mio collega di combattere meglio insieme. Tuttavia non avevo molto da dire sulla mia quinque, forse perché avrei potuto dare molte cose per scontate, dato che si trattava dell'unica arma a cui avevo accesso al momento. «Se ha qualche curiosità sull’arma o sul mio modo di combattere non si faccia problemi a chiedere. Queste sono cose che è meglio scoprire prima di ritrovarsi sul campo.»



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    Kimiko aveva ragione, il loro lavoro era quello di estirpare quelle bestie dal Giappone e ridurre al minimo le scomparse e ovviamente il conseguente dolore delle famiglie. Kunio, erano già passati tre anni, un amico stroncato a causa di un errore dell’evoluzione. Nel successivo silenzio gli ritornarono alla mente i suoi veri obbiettivi, era entrato per dare un contributo tangibile al suo paese e magari togliersi la soddisfazione di vendicare Kunio, strano come il tempo faccia affievolire pensieri che fino a qualche anno prima erano stampati a fuoco nel suo inconscio. Gli esami e l’abituarsi alla sua nuova vita avevano ridotto momentaneamente quelle fiamme, lasciando spazio alla ripetizione della quotidianità. Una cosa che poteva colpire tutti.

    E’ scortese primo grado Takeda, molto scortese da parte sua.

    Non aggiunse altro, quell’atteggiamento non gli piaceva; Ryosuke era solito far suo il bonton giapponese solo quando gli faceva comodo. Eccessiva rigidità e poche social skill, un lupo che non sapeva fare branco valeva poco più di un cane.

    No… non particolarmente, con due mani riesco a muoverla con agilità.

    Peso e stazza non erano un grande problema, forse la lunghezza poteva rendere la quinque impegnativa in spazi stretti.

    Uno spazio stretto potrebbe mettermi in difficoltà, ma è una cosa che devi mandar giù quando ti assegnano una koukaku.

    Una bikaku leggera e veloce, era proprio vero che le quinque assomigliavano ai propri portatori. Parlare d’armi gli piaceva, erano sempre un argomento interessante.

    Sinceramente penso di essermi già fatto un’idea sul suo stile di combattimento, una bikaku lunga può essere usata in tanti modi, ma quello più efficace è solo uno. Colpi precisi, netti e veloci, penso sia l’arma che più si addice agli stili di spada giapponese.

    Iniziò a mangiare il pesce, una sogliola insapore e scialba, se solo avesse avuto un po' di limone.

    Come se la cava con le armi da fuoco? E’ pratica di tiro dinamico?

    Con la quinque doveva sicuramente migliorare la propria tecnica, dalle fasi d’attacco al movimento di piedi, ma con le armi da fuoco era sereno, si reputava abile e affidabile, anzi rimpiangeva una ukaku. Ma era sempre meglio vedere il bicchiere mezzo pieno, doveva prendere la sua koukaku come un motivo di crescita operativa, una freccia in più per il suo arco.

    Avrei un’altra domanda.

    Sorseggiò dal suo bicchiere, cercando oltre le spalle di Kimiko altri membri del team Sigma.

    Come ben sai sono nuovo, ma non vorrei trovarmi impreparato durante una situazione “operativa”, cosa posso aspettarmi dai nostri colleghi del team Sigma? In un mese sono riuscito a scambiare davvero poche parole, in caso d’emergenza non vorrei essere di troppo.

    Non vorrei avere qualche impiegato che ha passato gli ultimi sei mesi a fare fotocopie in mezzo ai piedi. Una catena è forte quanto il suo anello più debole.

    Le chiedo un commento prettamente professionale sui nostri colleghi, possibilmente non di parte. Ma sono certo Takeda, che lei sia l'investigatore più imparziale del piano.

    D’altronde era una donna da bianco e nero.

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    «È scortese primo grado Takeda, molto scortese da parte sua.»
    Non mi sarei aspettata una reazione del genere, ma almeno il mio collega era stato onesto. Nelle giuste occasioni quella avrebbe potuto essere una dote, ma quella non era una giusta occasione. Mentre i miei allora futuri colleghi facevano gruppi di studio, io mi ero diplomata all’Accademia da sola con voti migliori di quelli di molti di loro. Ero stata fuorviata, tradita e quasi uccisa da chi tanto si faceva chiamare mio amico e una volta da sola avevo brillato. A me non servivano amici, ma colleghi affidabili per tutto ciò che non sarei riuscita a fare per conto mio e solo per quello. Finché lui fosse stato affidabile non mi sarebbe importato nient’altro, né di dargli confidenza né di quanto scortese trovasse il mio non dargliela. Un lieve sguardo di disappunto sarebbe stato sufficiente.
    Terminai il mio ramen mentre lui elencava le caratteristiche della sua quinque e del suo stile di combattimento. La sua quinque era adatta a combattimenti in ampi spazi, mentre le strettoie avrebbero potuto metterla più in difficoltà. Tuttavia, almeno stando a quanto aveva detto, poteva maneggiarla relativamente bene nonostante la massa. Certo, si trattava delle sue considerazioni, ma almeno era un punto di partenza che sperai che fosse vero.
    Non conoscendo il mio collega non potevo fidarmi ciecamente della sua autovalutazione, ma le sue considerazioni sul mio stile di combattimento, fatte anche senza aver visto la mia arma, mi spinsero a rivalutare in parte le sue precedenti parole. Era vero che una base di tecnica di ogni genere di quinque veniva impartita fin dall’Accademia, ma anche se se la fosse semplicemente ricordata avrebbe avuto un’ottima memoria, dote utile per un investigatore.
    «Esattamente.»
    Non dissi altro. Non ce n’era bisogno, anche se un lieve cenno affermativo con la testa avrebbe potuto far capire al mio collega che avessi apprezzato la sua analisi o i suoi ricordi. La sua domanda successiva era più importante.
    L’indomani sarebbero stati quattro mesi e una settimana dalla notte del gala della CCG e ancora non avevo dimenticato i miei errori di quella missione. Non avevo dimenticato le mie mancanze e ancora credevo che parte del problema fosse la mia mancanza di sicurezza con le armi da fuoco. Tuttavia mi ero allenata molto da quel giorno e anche a costo del poco tempo libero che potevo dire di avere ero migliorata. In quei mesi avevo preso più confidenza con l’arma e sentivo che le mie abilità fossero aumentate, ma ancora preferivo gli scontri ravvicinati e la mia quinque si era spesso rivelata affidabile. Sparare sarebbe stato importante, però, e non potevo permettermi di allenarmi troppo poco in niente, nemmeno in quello. Dopotutto, prima di colmare le lacune altrui sarebbe stato il caso di colmare le mie.
    «Mi esercito molto con le armi da fuoco. Preferisco usare la quinque, ma in alcuni casi l’uso della pistola è meglio e faccio sì di essere pronta anche per quelle occasioni. Lei come se la cava?»
    Per quanto avessi mostrato approvazione anche per la sua analisi precedente, vedere il mio collega generalizzare la richiesta d’informazioni tattiche pur di ottenere il maggior numero d’informazioni possibili mi piacque al punto da lasciarmi sfuggire un «Ottima domanda.» sempre serio, ma genuino. Da Primo Grado qualunque Secondo o Terzo Grado avrebbe dovuto prendermi come punto di riferimento, quindi avevo iniziato già mesi fa a dedicare il mio tempo all’apprendimento della mentalità del leader e una cosa che avevo trovato utile era incoraggiare i miei sottoposti quando notavo qualcosa di meritevole. In quel caso, quella domanda lo era.
    «È capitato in una buona squadra, Secondo Grado Takahashi.» Iniziai a dire, consapevole del fatto che avrei parlato più di quanto volessi, ma che ne sarebbe valsa la pena.
    «Le indagini sul campo sono regolarmente eseguite e la squadra partecipa attivamente alle ronde in tutto il territorio cittadino. Di conseguenza tutti gli investigatori veri e propri hanno esperienza sul campo, a parte i neoassunti. Non mi pare di aver sentito di una sua ronda, ma in caso presto avrà modo di fare esperienza anche lei. La Prima Classe Shimizu la metterà in campo non appena la considererà pronto.»
    Tre anni e due mesi prima ero nella sua situazione, in fondo. Avevo imparato da sola come funzionassero le cose e avevo visto coi miei occhi l’operato della mia caposquadra, quindi potevo avere un’idea su ciò che la nostra caposquadra gli avrebbe fatto fare da quel momento in poi.
    «Per quello che vale, ritengo la nostra caposquadra molto competente e affidabile. Pretende molto da ognuno di noi, ma è capace di dare altrettanto. Un anno e mezzo fa è riuscita a tenere testa da sola al Rank SS Ouroboros fino all’arrivo dei rinforzi. Suppongo che ciò valga più di molte parole.»
    Non sapevo se fossi una persona da bianco o nero, ma sicuramente vedevo la mia superiore tutta in bianco. Era efficiente sul lavoro, abile e affidabile sul campo e aveva un buon cuore e lo spirito del leader. Era tutto ciò che volevo diventare e mi sentivo fortunata per essere capitata sotto il suo comando. Se fosse stato un elemento efficiente, sicuramente anche lui avrebbe capito quanto la Prima Classe Shimizu fosse un’ottima leader.
    «Per quanto riguarda gli altri membri, invece, una buona parte può dirsi abbastanza competente grazie all’addestramento e alla continua attività sul campo. Tuttavia altri risultano abbastanza mediocri, perlopiù per immaturità, pressappochismo e sottovalutazione del rischio. Di solito capita ai nuovi arrivati e alcuni non riescono a superare questa fase. Stia particolarmente attento a loro e a non commettere gli errori che ho elencato.»
    Di solito chi aveva quei comportamenti non durava molto alla CCG. Un esempio lampante era il mio vecchio collega Yukimura, ormai trasferito fuori Tokyo da un anno e tre mesi. Avere colleghi incompetenti poteva mettere a repentaglio una missione e nell’investigazione a cui avevo accennato poco prima le azioni di entrambi avrebbero potuto portare a conseguenze più gravi di quelle realmente accadute. Non lo avrei permesso di nuovo.
    Magari le mie parole sarebbero servite al mio nuovo collega per non diventare come lui, anche se per ora si era rivelato meno fastidioso di chi l’aveva preceduto. Avrei avuto solo un modo per scoprirlo, ma intanto avevo una porzione di carne da terminare.



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    Quella donna sapeva sparare? L'avrebbe scoperto presto, Ryosuke si dipingeva spesso come progressista e al passo con i tempi, ma non aveva mai amato le donne nelle forze armate, una donna non aveva la stessa prestazione fisica di un collega di sesso opposto. Le donne soldato in ambito operativo erano per lui uno spreco di risorse governative, non vi erano donne nelle forze speciali e in contesto internazionale spesso erano rilegate a ruoli meno "hot", meno a rischio, alla faccia della parità dei sessi. Ma Takeda era un investigatrice, non un soldato e questo cambiava tutto.

    Io so sparare, molto bene, tante cose.

    Fece un sorriso scemo, ma non l'aveva letto il suo fascicolo? Rimase ad ascoltare Kimiko, informazioni basilari sulla squadra ma probabilmente nessun pettegolezzo. Iniziò a parlare di Yuka, una bella giapponesina, anche se troppo alta rispetto alla media nazionale.

    Strabiliante.

    Tenere testa ad un SS, sicuramente una donna di un certo temperamento e con abiltà fuori dal comune. Takeda continuò parlando senza troppi problemi degli altri membri del gruppo, appellandoli come immaturi e incauti. C'era qualcosa che gli piaceva in quella donna e qualcosa che non sopportava. Era determinata ferma e non si perdeva in frivolezze, d'altro canto si atteggiava a perfettina, a istruttrice. Continuò a mangiare, gli avrebbe risposto volentieri a tono su una uscita non proprio felice, ma probabilmente sarebbe stato inutile. Era meglio non inimicarsi subito quella donna. Continuò a mangiare, rimanendo in silenzio e buttando un'occhio ogni tanto su quel figurino impettito che era Kimiko.

    Grazie primo grado, apprezzo la sua franchezza.


    Iniziò a dividere il pesce in tocchetti, non sapeva se chiudersi in un imbarazzante silenzio o parlare d'altro. Optò per l'imbarazzante silenzio, quella donna non si sarebbe lasciata andare in discussioni su hobby e storie personali, lo intuiva dalla risposta riguardante il dare del tu. Iniziò a masticare, rimproverandosi per non aver scelto un'altro compagno di pranzo.

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    La parte dei fascicoli è stata discussa con Alyë.


    Kimiko Takeda
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    Quella frase e quel sorrisetto non mi piacquero per niente. Mi era stata fatta una domanda e io avevo risposto. Per questo, quando l’avevo rigirata al mio collega, mi aspettavo una risposta seria, non una presa in giro. Fino a un momento prima pensavo di essere stata chiara dicendo di non voler più confidenza del necessario. Ero una sua collega e tale dovevo rimanere, senza cameratismi da due soldi, inutili tentativi di rompere il ghiaccio o prese in giro degne di una scolaresca. Se non si fosse dimenticato di non essere più alla mensa scolastica o al bancone di un bar, avrei continuato ad apprezzare i suoi interventi. Per il momento, però, era diventato fastidioso.
    Se il mio collega non se ne fosse accorto, la capacità di sparare era richiesta per entrare nella CCG. Se le mie capacità di tiro dinamico fossero state inferiori agli standard sarei stata un problema per la squadra, cosa che avrei preferito non diventare nuovamente. Avevo letto tutte le informazioni su di lui che mi erano state recapitate al suo arrivo e, seppure fossi a conoscenza delle sue attività precedenti la CCG, potevo solo sospettare. Non lo conoscevo, in fondo, e il suo atteggiamento mi aveva dimostrato quanto non m’interessasse conoscerlo fuori dal lavoro, ma era necessario che glielo chiedessi: dovevo essere certa di poter contare su di lui prima di ritrovarmi con lui sul campo.
    «Se quella era una battuta, non mi ha divertita.»
    Mi limitai a quelle parole e a fulminarlo con lo sguardo. Non ero lì per fare amicizia e, anche se fosse, il mio collega si era appena giocato l’ultima possibilità di starmi simpatico. Avrebbe potuto rifarsi sul campo, ma per il momento avrei preferito avere a che fare con lui il meno possibile.
    Nonostante quest’episodio, la sua domanda successiva fu comunque utile e risposi come se niente fosse. Avrei fatto finta che quell’episodio non fosse mai accaduto, se il mio collega avesse fatto altrettanto.
    Esattamente come era successo a me, anche il mio collega aveva avuto a sua disposizione le informazioni base sui suoi colleghi, me compresa, ma non spettava a me giudicare il mio operato. Provai a dargli qualche informazione in più sugli altri e, non appena lui mi ringraziò, risposi con un semplice ma genuino «Spero di essere stata utile.»
    Avrei continuato a intavolare una discussione, se ne avessi avuto un motivo valido o il piacere, ma entrambe le cose mancavano, secondo il mio punto di vista. Tornai quindi al mio pranzo, che ancora dovevo finire e che avrei voluto terminare senza ulteriori interruzioni. Non consideravo inutile la discussione intavolata col mio collega, ma, a meno che non ci fossero state altre informazioni utili da scambiare e che le prese in giro fossero finite, avrei preferito terminarla in quel momento.
    Tra noi due calò il silenzio e io non lo interruppi. Mangiare e recuperare le forze era la mia priorità. Avrei dovuto lavorare ancora tutto il pomeriggio ed essere abbastanza in forma da farlo al meglio. Non avrei voluto distrazioni di alcun tipo e sperai, per il tempo a venire, che il mio nuovo collega fosse uno di quelli degni di sfoggiare la spilla al petto e non uno di quelli capaci solo di chiacchierare e di lavorare il meno possibile.


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    Lo sguardo di Kimiko non gli piacque per nulla, non provava simpatia per le maestrine, che probabilmente erano tutto fumo e niente arrosto. Ricambiò l'occhiataccia lasciandosi andare in un ultima affermazione.

    Se non ti ha divertita è un problema solo tuo.

    Primo grado Takeda, quei pochi minuti di dialogo gli bastarono, non ci sarebbe stato bisogno d'altro. Dopo quel botta e risposta calò il silenzio e Ryo continuò il suo pranzo come se fosse al tavolo con uno sconosciuto. Era dispiaciuto per quello che era successo, ma non per se stesso, ma per quella giovane donna. Gli sembrava quasi la caricatura di una figura femminile, una investigatrice tsunderina. Continuò a mangiare, questa volta aumentando il ritmo, tanto non vi sarebbe stato tempo per ulteriori chiacchere e aveva ancora un trenta minuti per sgranchirsi le gambe fuori dal quartier generale della CCG. Terminò il suo pesce, infine si alzò con il vassoio in mano, elargendo a Takeda il suo pensiero.

    La tua poca flessibilità e capacità di adattamento ti sarà d'intralcio in futuro e potrebbe mettere in difficoltà i tuoi compagni.

    Sarebbero cose che avrebbe potuto scrivere in un rapporto, un atteggiamento del genere limitava anche la prospettiva di far carriera, il voler apparire troppo in qualche modo spesso portava risultati opposti. I leader inflessibili e incapaci di rapportarsi col prossimo spesso facevano una brutta fine.

    Rilassa la tua mente e ne troverai giovamento, pure il primo ministro Abe riesce a farlo nonostante la sua posizione, due parole e un sorriso non ti faranno male. Ti auguro una buona continuazione.

    La superò, poggiando il vassoio e dirigendosi verso l'ascensore, con Kimiko non sarebbe mai andato oltre al rapporto lavorativo, questo era lampante. L'unica cosa che poteva sperare era di non finirci accoppiato per qualche missione, quell'atteggiamento rischiava di farla spezzare alla prima scelta non convenzionale, mettendo a rischio il futuro di Ryo.


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    KdanYk1
    Sarebbe stato un problema mio? Probabilmente. Non ero famosa per ridere alle battute di chiunque e non avrei voluto diventarlo. Alla CCG, tra quale anno, avrei voluto che si parlasse di me come quella col numero di uccisioni effettive più alto, non come quella più simpatica. In fondo, eravamo fuori dall’ambito lavorativo e, fuori da esso, preferivo stare alla larga dai miei colleghi. In fondo, la maggior parte di loro non si era dimostrata meritevole del mio tempo, così come il mio precedente interlocutore.
    Avevo chiesto qualcosa di legittimo, avevo ricevuto in cambio una presa in giro e che cosa si aspettava? Avrei davvero dovuto ridere? Ormai era tardi ed era meglio tornare con la mente al Rank A Code 483, ancora a piede libero.
    Avrei presto terminato il mio pranzo e, quando ciò sarebbe successo, la mia pausa sarebbe terminata. Avrei avuto un’altra mezz’ora, che avrei diviso in una camminata da una decina di minuti e il tornare al lavoro prima degli altri. In fondo, era chiaro a tutti che non avremmo eliminato nessuna minaccia standocene a fare battute in mensa.
    «La tua poca flessibilità e capacità di adattamento ti sarà d'intralcio in futuro e potrebbe mettere in difficoltà i tuoi compagni.»
    Il mio collega aveva deciso d’interrompere nuovamente i miei pensieri. A quanto pare, non aveva capito quanto poco avessi voglia di discutere.
    Questa volta, aveva dei consigli da darmi, cosa che non avevo chiesto e che, nel contesto, non seppi troppo bene come prendere. Che cosa lo aveva convinto a dirmi cose tanto dirette? Era stato il mio essere diretta, il mio non voler intrattenere conversazioni inutili o il fatto che la sua battuta non mi avesse divertita?
    In un primo momento mi vennero in mente solo queste ragioni. Tuttavia, decisi di tenere comunque a mente le sue parole. Il suo tono da maestrino non mi era piaciuto, ma, stando al suo fascicolo, avrei potuto trarre qualcosa di utile da ciò, una volta tolto il possibile rancore per un incontro finito male.
    Come poteva lui aver verificato la mia capacità di adattamento solamente attraverso un discorso? Non era quella la parte della mia adattabilità a interessargli. Fino a che fossi stata un’ottima investigatrice e combattente, sarebbe andato tutto bene. Facevo il possibile per mantenere alto quel parametro, in quanto lo trovavo davvero importante. Qualcuno mi avrebbe scusato per le poche battute se fossi stata in grado, continuando così, di eliminare ghoul pericolosi per i miei colleghi e per la società.
    Era a quello che miravo, non alla simpatia. Sarei stata silenziosa quando non indispensabile e letale con chi di dovere. Sarei stata affidabile ed efficiente. La convivialità sarebbe stata tempo sprecato che avrei potuto dedicare a scovare qualche ghoul. Se lui avesse avuto qualche problema con ciò, non mi sarebbe importato.
    Glielo avrei anche detto di persona, se non avesse deciso di andarsene il prima possibile. Era riuscito a finire il suo pranzo prima di me, si era alzato e non mi aveva lasciato nemmeno il tempo di rispondere. Era stato davvero maleducato. Aveva iniziato la discussione in maniera decente, per poi attrarre il mio interesse e dimostrarsi una delusione, come la maggior parte dei miei colleghi.
    Tuttavia, era stato meglio così: essendosene andato repentinamente, il Secondo Grado Takahashi aveva evitato che la discussione continuasse troppo a lungo, sottraendo tempo prezioso alle attività successive.
    Sperai che almeno sul campo fosse diverso e che avesse maturato abilità investigative decenti. Sperai che, in fondo, anche lui s’impegnasse davvero a fondo per essere il migliore agente della CCG possibile e che fosse affidabile. Sperai di potermi ricredere nell’unico modo che m’interessava davvero.
    Tuttavia, quei momenti di valutazione fecero presto spazio alla consapevolezza di aver finito il mio pranzo. Da quel momento in poi sarebbe stato inutile continuare a pensare al mio collega. In fondo, lui stesso mi aveva dato cose a cui pensare sulla sottoscritta e, per quanto fosse arrivato in una situazione del genere, ritenevo il feedback altrui come qualcosa di cui tenere conto, nei limiti della logica. Avrei rivalutato le sue parole e, se avessi visto qualcosa di utile nonostante tutto, l’avrei messa in pratica, a patto di ritenerla tale.
    Quelli, però, sarebbero stati pensieri per la fine del turno. Da quando mi alzai dal tavolo, la priorità tornò a essere il Rank A Code 483, che avrei preferito che smettesse di respirare quanto prima. Mi diressi, quindi, all’esterno della sede. Mi sarei fatta trovare in ufficio una ventina di minuti prima della fine della pausa, ma quel tempo mi sarebbe servito per riposarmi e ottenere una prestazione migliore quella sera. Se il Secondo Grado Takahashi avesse voluto continuare ad annoiare altri con le sue battute, bene. Io avevo un lavoro da svolgere.


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