Downhill con Botto

RYOSUKE TAKAHASHI & KYOKO ISHIKAWA @Kiba Park - 05/09/2020, 08:00 - Soleggiato

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    La metro iniziava a riempirsi molto presto soprattutto in quella zona così centrale, fortunatamente per lui doveva solo farsi sei fermate della linea Toyo, da Takebashi a Kiba. L’idea iniziale era quella di farsi una corsa attorno a tutta l’area del parco imperiale, ma una volta arrivato davanti all’immensa zona Ryosuke si tirò indietro. Presto si sarebbe riempita di gruppi di runner, turisti e persone intente a passeggiare nel centro, inoltre il traffico già a quell’ora iniziava a scorrere di meno, passare da un buon allenamento ad una corsa ad ostacoli era un attimo. Poteva correre sul tapis roulant della ccg, ma solo l’idea gli faceva mancare l’aria. Meglio attività all’aria aperta. Il parco di Kiba era perfetto, 10 minuti di mezzi, nessun turista, qualche runner. Rimase in silenzio con le cuffie nelle orecchie, osservando la sua figura riflessa nel vetro della metro, quello era lui, una tuta adidas nera, scarpe da running, orologio digitale per i risultati e musica discutibile nelle orecchie. Comodità e praticità al posto di quei maledetti abiti formali, che solo a piegarsi un po’ e si sgualcivano, deformandosi e facendo apparire l’investigatore di secondo grado come sciatto e disordinato. Uscì dalla metro, imboccando una piccola via a senso unico e seguendola a passo svelto fino al parco. Era arrivato il momento di lasciarsi il lavoro alle spalle per qualche ora, pensare ad altro, ma qualcosa lo bloccava, dopo tre anni d’accademia e un mese di operatività era già ridotto come alcuni suoi colleghi? Pensava solo al lavoro? Forse era proprio quel palazzo ad inglobare le persone. Si stava preparando per partire, constatando che a sud, a Sasebo la sua mente era molto più serene e forte, ora vi era solo un gran disordine che solo lo sforzo fisico riusciva a scacciare. Riposizionò le cuffie spingendole nell’orecchio, erano da poco passate le sette e venti e il sole era crescente, questo voleva dire che aveva davanti a sé almeno tre ore prima di prendere la metro e dirigersi verso Musashino per pranzare con la sua famiglia. Iniziò a correre lentamente giusto per darsi un ritmo, osservando l’area verde attorno a lui e i cani liberi nella loro area, risalendo il ponte e arrivando fino al palco in pietra. Si fermò, erano circa novecento metri, cazzo l’avrebbe dovuto rifare almeno una dozzina di volte per allenarsi decentemente, il percorso era pianeggiante e ben asfaltato, la salita del ponte era forse l’ostacolo più insidioso in una corsa con un ritmo costante. Ripartì iniziando a fare avanti e indietro, aumentando sempre di più il ritmo; al settimo giro Ryosuke si presentava come una maschera di sudore e un fiatone simile al motore di una corazzata spinto al massimo. Non una bella visione. Continuò in quel modo fino all’ultimo giro, spingendo al massimo sulla salita del ponte, come se dietro di lui ci fosse un ghoul SSS. Chiuse gli occhi, digrignando i denti ed emettendo gemiti di sforzo, si concentrò solo sulle falcate, sentendo che la pendenza andava calando, aveva raggiunto l’apice del ponte, ora toccava alla discesa. La sua accelerazione si fermò di colpo, brutalmente, Ryosuke aprì gli occhi mentre la sua testa era in fase di discesa verso il terreno, aveva urtato una persona, ma il tutto si era svolto troppo velocemente per capire chi e come. Bhe il come era chiaro, mentre sbuffava come una ciminiera con gli occhi chiusi. Gli auricolari volarono via, le sue ginocchia strusciarono a terra e il suo cranio si salvò da una bel botto solo grazie alle mani, che di contro lasciarono un po’ di pelle a terra. Rimase a terra qualche secondo emettendo un mezzo gemito e un’imprecazione di troppo, poi alzò il capo alla ricerca dell’oggetto inamovibile che si era frapposto tra lui e il suo traguardo a quattrocento metri dal ponte. L’ansia ricominciò a montare nel suo stomaco, l’aveva combinata grossa.

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    Qualcuno direbbe che la vita di un’atleta sia emozionante,
    Gare intorno al mondo, visibilità, premi. Il tutto decorato da una patina lucente di bellezza e perfezione, illuminato dalle luci della ribalta e dal fuoco di una fiaccola olimpica. Se quel qualcuno avesse visto Kyoko di prima mattina si sarebbe ricreduto all’istante.
    Sveglia presto, orrende tute dai colori improponibili, capelli tirati in una coda alta e via verso l’allenamento mattutino. Ovviamente prima andare aveva preparato il bento per il padre e aveva dato la colazione a Onigiri. Lasciatasi alle spalle il padre ancora addormentato e l’amata gatta satolla a prendere il sole sdraiata sul pavimento, Kyoko uscì.
    Pronta per allenarsi, la ghoul decise di cambiare posto in cui farlo. Nonostante amasse il lungomare vicino casa, le era venuta voglia di correre in mezzo al verde. Con il tempo era diventata sempre più nostalgica nei confronti della sua isola natia e ricercava in Tokyo quelle sensazioni che aveva provato durante la sua infanzia. Era una fortuna che non troppo lontano da casa vi fosse il parco di Kiba, Kyoko avrebbe avuto il tempo di allenarsi e di presentarsi in orario in palestra. Le era capitato di arrivare in ritardo, l’ultima volta per colpa di una strana ragazza con cui aveva fatto amicizia.
    Arrivare al parco fu più semplice del previsto. Per quanto vivesse lì da ormai anni, Kyoko era ancora affascinata e incredula di fronte alla rapidità dei mezzi e all’efficienza di quella città ai suoi occhi caotica.
    Il parco era vuoto, probabilmente era troppo presto. A farle compagnia c’erano gli uccelli, che cinguettavano appollaiati tra le fronde degli alberi, e altri runners come lei. Ben presto però tutto ciò che Kyoko sentì fu la voce della sua idol preferito scoppiarle nelle orecchie. Solo NEKU era in grado di far concentrare la ghoul e la accompagnava tutti i giorni durante gli allenamenti mattutini.
    Dopo un po’ di stretching, Kyoko partì. Era una corsa moderata, dal ritmo cadenzato e costante. Non aveva bisogno di allenare i muscoli, a quello ci pensava già la sua istruttrice, ma fare cardio era fondamentale. Fece qualche giro, prendendo sempre strade diverse per godersi al meglio la vegetazione che il parco offriva. Non era ai livelli di bellezza del Koishikawa Korakuen Garden, ma era comunque uno spettacolo per gli occhi di una campagnola come lei.
    Presa dalla musica e dall’ammirare la natura circostante, Kyoko aveva finito per estraniarsi e correre senza prestare troppa attenzione. Male.
    Si accingeva ad attraversare un piccolo ponte in legno quando, tutto d’un tratto, venne sbalzata per terra. Ruzzolò giù dal ponte con un urlo, più di sorpresa che di dolore. Il corpo resistente le aveva permesso di salvarsi, ma lo spavento era arrivato comunque. Ancora sdraiata a terra, con sedere e schiena dolorante per l’impatto, la ragazza cercò di capire contro cosa fosse andata a sbattere.
    «Ah… che botta...»
    Dovette sedersi per vedere il secondo ferito di quel tragicomico incidente: un uomo era steso per terra poco lontano da lei, emettendo gemiti di dolore.
    «Oh… m-mi scusi! Sono mortificata!»
    Ovviamente non le era passato neanche per l'anticamera del cervello che forse era lui ad andare incredibilmente forte, ma Kyoko era fatta in quel modo. E con le cuffie penzoloni, la coda scompigliata, i vestiti sporchi di terra e un’espressione terribilmente mortificata, Kyoko si era presentata allo sconosciuto che l’aveva colpita.


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    Una ragazza dai capelli biondi iniziò a scusarsi, lasciando Ryo esterrefatto. Serrò la mandibola per l'imbarazzo, era lui quello che doveva scusarsi, non lei. Si rialzò di scatto facendo due mezzi inchini di fila.

    Mi perdoni, sono costernato, dalla fatica ho chiuso gli occhi e non l'ho vista.


    Rimase con la schiena inclinata per qualche secondo in silenzio, quel comportamento sbadato non era proprio da lui. Alzò gli occhi, la biondina lo stava ancora fissando.

    Ryosuke Takahashi, mi scusi ancora, come sta?

    Abiti sporchi a causa della caduta, coda scompigliata e cuffie che ballavano. Le sue cuffie! Quei piccoli auricolari wirless erano a terra, aperti in due sulla scena del delitto, 13000 yen andati in fumo. Fece una smorfia, la ragazza però stava bene, non si era fatta un graffio al contrario dell'investigatore. Si guardò i palmi delle mani, aperti, le ginocchia consumate e qualche piccolo rivolo di sangue che scendeva lungo il polpaccio.

    Sei fatta di gomma?

    Un piccolo sorriso, non si era fatta nulla, strano, almeno era stato fortunato in quello. Doveva pulirsi e sciacquarsi.

    Tutto ok? hai fatto un bel volo, anche tu stavi correndo molto forte.

    Era strano vedere una bionda a Tokyo, soprattutto non vestita da gyaru.


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    Edited by sagara - 22/10/2020, 14:35
     
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    Si chiedeva se fosse mai riuscita a fare un incontro normale in quella metropoli.
    Prima Onigiri, poi la palla, e adesso questo. Ripensandoci, Kyoko era proprio un animale da festa perciò riconsiderò che forse, per una come lei, quelle erano le uniche -e pessime- occasioni di fare conoscenza.
    Ancora seduta per terra per riprendersi dalla botta, la ragazza potè squadrare meglio l’uomo con cui si era scontrata, ora in piedi di fronte a lei e prodigo in mille scuse. Decisamente alto e massiccio, Kyoko capì perché era riuscito a sbalzarla tanto in là. Con una forma fisica simile doveva essere un atleta o simili. La colpì però che, nonostante potesse sembrare un duro, con tanto di cicatrice sul volto da vero tosto, l’uomo si stesse scusando così approfonditamente.
    «N-non si preoccupi, ho solo qualche ammaccatura qua e là.»
    Bugia, anche se la testa e il sedere le si erano davvero indolenziti a causa della botta presa.
    Kyoko si alzò lentamente, provvedendo prima a scuotersi di dosso la terra per rendersi presentabile, e fece un profondo inchino verso Ryosuke. Era decisamente più grande di lei, era giusto porgergli i suoi omaggi come si deve.
    «Ishikawa Kyoko, piacere. Deve scusare anche me, ero sovrappensiero e non l’ho proprio vista arrivare.»
    Frasi di circostanza, conoscersi a quel modo non era per nulla piacevole. Ma le scuse erano davvero accorate.
    L’uomo si accorse fin troppo in fretta che Kyoko non si fatta alcun male. La ragazza notò a sua volta dei rivoli di sangue scorrere lungo la gamba di lui, l’odore ferroso le entrò nel naso con violenza. Distolse lo sguardo, per evitare di sentirsi male. Se durante le rare cacce riusciva a reggere il confronto con il liquido scarlatto era solo grazie ai pomeriggi passati a prepararsi psicologicamente. Non era affatto pronta a vedere del sangue, tanto che solo quelle poche gocce riuscirono a destabilizzarla.
    «Oh… non andavo poi così forte, ma credo che mi verrà un bel bernoccolo stasera.»
    Sorrise mentre si massaggiava dietro la testa, infilando le dita tra le ciocche bionde. Cambiare argomento era decisamente la strategia migliore, non le piaceva quando gli umano ficcanasavano troppo nelle sue faccende da ghoul.
    «Ma! Le sue cuffie!»
    Aveva notato solo adesso quel che restava delle cuffiette di Ryosuke. Kyoko si accovacciò e prese tra le mani i poveri cadaveri sventrati.
    «Che guaio… sono davvero spiacente.»
    Alzò il volto mortificato verso l’uomo, mostrando i due piccoli aggeggi. Era un vero peccato, glieli avrebbe ripagati come avrebbe potuto.


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    Scusa per il post precedente :/ l'ho fatto di fretta se no mi toccava rimandarlo ad oggi


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    Il tono della ragazza denotava una piccola dose d'insicurezza o forse imbarazzo per l'accaduto. La cosa lo tranquillizzò, al lavoro era circondato da donne fredde come il ghiaccio, acide e senza senso dell'umorismo, infatti il suo tentativo di creare un buon rapporto con la sua partner, Kimiko Takeda, naufragò dopo i primi cinque minuti di conversazione. Questa Kyoko sembrava ancora libera da tutta quell'oppressione lavorativa che Tokyo elargiva con tanta facilità, forse era una studentessa universitaria, oppure una donna già accasata. Il sangue le dava fastidio, lo intuì dal movimento del sua capo dopo essersi soffermata qualche secondo sulla piccola ferita di Ryo. Pulì al volo quel piccolo rivolino con la mano, tanto le avrebbe successivamente lavate alla prima fontana o bagno pubblico.

    Fa nulla, tanto volevo cambiarle!

    Non era vero, probabilmente sarebbe riuscito ad utilizzarle

    No davvero, sono cose che capitano.

    Bhe non gli era mai capitato, ma era da un po' che la sfortuna lo rincorreva, sia lavorativa che nella vita di tutti i giorni, forse erano i kami che volevano comunicargli qualcosa. Osservò Kyoko, era arrivato quel momento, quello dove i due si salutavano e non si sarebbero mai più rincontrati. Gli dispiaceva perchè esteticamente non gli dispiaceva quella giovane donna, non gli sarebbe dispiaciuto approfondire il loro rapporto e magari crearsi qualche amicizia fuori dalla ccg. Alla fine gli rimanevano i suoi parenti e amici di vecchia data a Musashino e qualche conoscente negli uffici della ccg. Ma come continuare senza fare troppo il broccolo? Tanto valeva lanciarsi a pesce come faceva nella vecchia caserma a Sasebo.

    Kyoko.

    Nella sua mente alcune frasi si susseguivano, intervallate da una voce che implorava di non essere banale. Potevano allenarsi insieme, anche se dopo quella botta gli era passata completamente la voglia.

    Vieni con me alle macchinette.

    Detto così sembrava più un'ordine che un'invito.

    Così mi sciacquo e ti posso offrire qualcosa.

    Le sorrise, certo era uno sconosciuto, ma alla fine si erano presentati, la prima barriera si era infranta in tutti i sensi.

    Sempre se hai tempo.

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    Kyoko si sentì rincuorata, tanto da regalare allo sconosciuto il primo sorriso sincero della giornata.
    Anche se si fosse prodigata in tutto e per tutto per ripagare quelle cuffie non sarebbe stato affatto facile. Lei e suo padre non navigavano nell’oro, le spese erano tante e il lavoro da semplice salaryman di Soichiro non permetteva loro di fare una vita lussuosa. Ed erano fortunati, non dovevano comprare nulla da mangiare a differenza degli umani. Ogni tanto essere ghoul, in quel mondo, aveva i suoi vantaggi.
    Si inchinò nuovamente per salutare, pronta a girare i tacchi e tornare al suo allenamento, almeno fino a quando la voce ferma dell’uomo non le fece diventare le gambe pesanti come piloni di cemento. L’aveva invitata a prendere qualcosa alle macchinette, nulla di strano.
    Kyoko si rialzò e un’espressione chiaramente stupita le apparve sul volto delicato. Anche se i modi le erano sembrati un po’ bruschi era evidente che Ryosuke volesse sdebitarsi sinceramente con lei.
    «Ecco… io...»
    La mente di Kyoko balzò rapidamente da un pensiero all’altro, tra la sua semplice timidezza da ragazza di campagna e la paura delle urla della sua allenatrice, se si fosse di nuovo di nuovo in ritardo non avrebbe avuto scampo. Ma rifiutare era troppo scortese.
    «Certo, grazie per l’offerta.»
    L’ennesimo inchino accompagnò le parole della ragazza. Essere cresciuta in una famiglia di stampo tradizionale aveva ancora dei potenti effetti su di lei.
    Le macchinette non erano troppo distanti, la ragazza le aveva superate poco prima.
    I due si misero in marcia verso la meta designata mentre Kyoko si poneva sempre più problemi, ma quello che le premeva maggiormente era uno: di cosa parlare?
    Con Alexandre era stato facile, tra gattari ci si intende a meraviglia, e con Fuyuko… era stata la ragazza a parlare per tutto il tempo, Kyoko doveva solo starla a sentire. Ma stavolta?
    La ragazza si concentrò su un’unica cosa, e non per sua volontà.
    «Takahashi-san, la ferita le fa molto male?»
    L’odore di sangue non riusciva a lasciarla stare, le si era attaccato addosso e solo una bella doccia l’avrebbe mandato via. Sarebbe rimasta tutta la giornata con quel tonfo nelle narici, che gioia.


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    Ryosuke era tante cose, tra quelle un'amante delle donne educate, forse in questo era un po' retrogrado rispetto alla società occidentale, ma la finta timidezza, femminilità e educazione che gran parte delle ragazze giapponesi aveva era una cosa da premiare. Tra l'altro fuori Tokyo questa cosa era ancora più evidenziata, la metropoli invece stava lentamente ma inesorabilmente erodendo un po' quel lato. Lui aveva ricevuto un'educazione classica, da una madre casalinga e un padre sempre al lavoro, era chiaro che certi costumi erano inconsciamente ben eradicati in lui. Al contrario dei suoi coetanei lui era riuscito a cacciare via parte di quella timidezza e insensibilità tipica del maschio, forse, anzi grazie all'incitamento dei suoi commilitoni, condito da molte figure poco dignitose. Però il continuo preoccuparsi per lui gli sembrava eccessivo, alla fine erano solo delle sbucciature, nulla di grave. Arrivati alle macchinette si ripulì di nuovo quelle due gocce di sangue che gli uscivano, mostrando la mano alla ragazza e pulendola successivamente sotto l'acqua corrente della fontana.

    Ishikawa san, vedi? Non è nulla, non preoccuparti.

    Distolse l'attenzione da Kyoko, guardando cosa poteva prendersi dopo quella corsa, mangiare uno snack l'avrebbe appagato ma sarebbe stato controproducente, avrebbe potuto uccidere qualcuno per un kitkat ma il buon senso lo fece optare per un dolcetto al riso. Inserì una moneta da 500 Yen, prendendosi il suo agognato spuntino.

    Vai pure, prendi quello che vuoi.

    Il resto avanzava per una bibita qualsiasi o qualche snack, le sorrise iniziando a scartare quel biscotto. Sarebbe finito nel giro di due bocconi, ma poco importava, scrutò meglio la biondina, sembrava in forma.

    Allora perchè ti stavi allenando con tanta foga?

    Ancora non gli era ben chiaro la dinamica del loro scontro, visto che lui aveva gli occhi chiusi, lei pure?

    Mancano sei mesi alla maratona di Tokyo.

    Battuta insulsa, ottimo lavoro. Fortunatamente la ragazza con la coda bionda gli era fin da subito apparsa un po' svampitella.

    Kyoko, ti dà fastidio se ti chiamo per nome? Mi sembri in forma, se vuoi possiamo allenarci insieme.

    La buttò lì nel pentolone, sia il far calare le formalità che l'invito, senza farci troppo caso. Allenarci insieme era il new facciamo i compiti insieme dopo la scuola, era proprio bello questo stile da brocco. Diede l'ultimo morso alla merendina.

    Sai è la prima volta che vengo a correre qui, ma mi piace, nel primo distretto è impossibile correre in pace.

    In effetti neanche quella mattina era riuscito a correre in pace, ma alla fine scontrarsi con una ragazza carina e bionda non era la fine del mondo.

    Certo oggi la mia corsa si è conclusa con il botto.

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    L’acqua fredda della fontana fu una manna dal cielo.
    Kyoko osservò disgustata il sangue lavato via, adesso divenuto tutt’uno con l’acqua. Il fluido ramato scivolò via dalla gamba tonica dell’uomo per riversarsi nello scarico della fontana. La puzza ferrosa si attenuò, lasciando la ragazza libera di respirare a pieni polmoni senza avere i conati di vomito. Kyosuke nel frattempo si premurò di tranquillizzarla, forse preoccupato dalle sue reazioni esagerato.
    «Oh, meno male. Sa, il sangue mi fa un po’ impressione.» affermò con un lieve sorriso la cacciatrice cannibale.
    La sua fobia era in netto contrasto con ciò che lei era davvero. Rischiare di vomitare o fuggire durante una caccia importante dopo aver visto il primo fiotto di sangue era pericoloso, ma secondo suo padre l’emofobia era una benedizione che l’avrebbe tenuta fuori dai guai. Kyoko non sapeva se Soichiro avesse ragione o meno, ma di una cosa era certa: quello era un alibi perfetto.
    Il ragazzo si servì per primo, lasciandole abbastanza credito per ordinare qualunque cosa volesse. Per quanto la bionda non avesse scelta, simulò una certa indecisione scorrendo il dito sui pulsanti del distributore prima di andare sull’unico prodotto adatto a lei: il caffè in lattina. Ne prese un sorso, tenendo la lattina stretto tra le due mani.
    Sorrise alla battuta di Ryosuke, più per non risultare scortese che per sincero divertimento.
    «Ahah, ma no. Allenarmi fa parte del mio lavoro, se così si può dire. Sono una ginnasta professionista. Mi stavo riscaldando prima della prove in palestra.»
    Avere modo di presentarsi come “ginnasta professionista” le riempiva il cuore di orgoglio.
    Per troppo tempo Kyoko aveva immaginato che il suo futuro sarebbe stato solo un coltivare soia e allevare esseri umani e ora che i suoi sogni si stavano avverando la piccola isola di Okinawa sembrava tanto lontana, così come la sua vita da campagnola.
    Dopo il secondo sorso di caffè, la ragazza si sciolse la chioma bionda, pronta a legarsi nuovamente i capelli. Si andò a sedere sulla panchina lì accanto, posò la lattina al suo fianco e, preso l’elastico tra le labbra, cominciò a tirarsi indietro i capelli chiarissimi. Fu presa un po’ alla sprovvista da quelle richieste sempre più invadenti, ma lei non capì che dietro potessero esserci secondi fini.
    «Oh, s-sì, Kyoko va bene.»
    Ovviamente lei avrebbe mantenuto un tono formale, almeno fin quando l’uomo non le avrebbe detto esplicitamente di non farlo.
    «Io mi alleno qui qualche volta, anche se solitamente corro sul lungomare della circoscrizione di Koto. E’ piacevole sentire l’odore di salsedine di prima mattina! Se vuole, potremmo andarci qualche volta.»
    Troppo ingenua per capire quanto potessero essere fraintendibili quelle parole. L’ultimo incontro romantico per Kyoko? Akira Sugimura, compagnetto della terza elementare. Solo gli idol erano in grado di infiammare quel giovane cuore.
    «E lei invece? Perché si allena?»
    Trovare un altro sportivo sarebbe stata una coincidenza incredibile. Almeno però avrebbero avuto un buon argomento di conversazione.


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