Hereditary

[Conclusa] Risa hasegawa, ryoga hasegawa, Evelyn Tiffany Applegarth, Haru Y. Ueda, Hikaru "Shiori" Serizawa, Hayato Kujo - @Jazz Jin - 31/10/2020 - dalle 20.30, soleggiato

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    Hayato Kujo
    Investigatore CCG
    25 anni

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    -Miei cari,
    nonostante i nostri trascorsi quanto meno burrascosi, desidero che voi siate presenti a un evento assai importante. L’età ormai avanza, non sento più di essere il giovane virgulto di un tempo. La morte mi è vicina, ma non mi lascerò cogliere impreparato.
    Vi chiedo perciò di presentarvi alla mia magione la sera del 31 Ottobre, così che io possa illustrarvi il mio testamento. Seguirà un lauto pasto per tutti i voi, miei cari ospiti.
    Attendo vostre notizie,

    Sir Duca Conte Sebastian McConaughey.-


    Il Jazz Jin è onorato di presentare il penultimo evento della stagione!
    Per la serata più spaventosa dell’anno il nsotro staff ha preparato per voi una raffinata cena con delitto!
    Verrete catapultati nei ruggenti anni ‘20 e vestirete i panni di un membro della famiglia McConaughey. Scoprite gli intrighi di famiglia e smascherate il colpevole, il tutto accompagnato da buon cibo e buona musica.
    Prenotate con nome e cognome entro il 30 Ottobre e riserveremo un ruolo speciale solo per voi!
    Necessario presentarsi vestiti a tema per la serata.
    Accorrete numerosi! Villa McConaughey attendo il vostro arrivo!”

    «Vacci tu, io ho un altro impegno.»
    «...ma mi hai rotto le scatole per una settimana con questa cena con delitto, e adesso te ne lavi le mani così? Che ti costa annullare la prenotazione?»
    «Non con due ore di preavviso, sarebbe scortese. Che ti costa andarci? Tanto saresti rimasto a casa in pigiama a mangiare caramelle guardando “La sposa cadavere”. Mainstream.»
    «… Saki, intanto non giudicare il mio stile di vita. E poi tu che avresti di meglio da fare, scusa?»
    «Esco con Junji, il finto emo che ho conosciuto all’università. Halloween lo eccita, a quanto pare anche solo pensarmi vestita da strega gli fa venire duro il c-»
    «E VA BENE, CI VADO! HO CAPITO, GRAZIE! Questa è la cosa più spaventosa che sentirò oggi...»
    «Perfetto, mi hai salvato, Haya-chan! Ah, devi andarci vestito bene. Passa da casa, ti do lo smoking di papà!»
    Il cinguettio della voce di Saki fu la penultima cosa che Hayato sentì. L’ultima fu il “tu-tu-tu” del telefono. Aveva riattaccato.
    Hayato sospirò e si tirò su dal letto a fatica, spostando le buste di caramelle già aperte sparse sul piumone. Sarebbe stato sicuramente più entusiasta di quella serata improvvisata se a costringerlo non fosse stata “l’amata” sorella minore, ma come al solito non era riuscito a dirle di no. Quella ragazza sapeva come prenderlo.

    Lavato, vestito e tirato a lucido. Aveva persino legato i capelli in un codino con un nastro di rosa, insomma un vero damerino del 1920.
    Nonostante i complimenti ricevuti da tutte le donne di casa, Hayato non si sentiva per niente a suo agio con quel vestito, Gli andava un po’ stretto, suo padre era sempre stato un uomo mingerlino e basso, tanto da essere persino superato dalla figlia di mezzo in altezza. Hayato in quei vestiti ci stava proprio stretto ma doveva ammettere di essere un po’ emozionato di indossarlo.
    Arrivare al Jazz Jin non fu affatto difficile e venne accolto da signore mascherate da ballerine di charlestone, alle quali spiegò l'inconveniente che lo aveva condotto lì al posto della sorella. Per tutta risposta le due hostess si guardarono e trattennero a stento le risate, con grande confusione del ragazzo. Venne condotto al piano superiore e fatto accomodare in una sala addobbata per l’occasione: tavola apparecchiata di tutto punto, quadri d’epoca e lampadari scintillanti. Hayato non poteva credere che un simile trattamento fosse venuto a costare poche migliaia di yen.
    Si sedette al posto riservato a lui, o meglio a Saki. Su ogni piatto vi era una busta con un nome e il ragazzo, preso dalla curiosità ed essendo il primo arrivato, si mise a sbirciare i nomi dei suoi futuri compagni di disavventura: Risa, Ryoga, Haru, Evelyn e Shiori. L’ultimo nome lo colpì piacevolmente, ma pensò si trattasse di una coincidenza.
    Le note di un pianoforte aleggiavano per la stanza, tenendo compagnia al giovane fino all’arrivo di un altro ospite.



    «Parlato.»
    "Pensato."

    "LEAVE ME ALONE! GO AWAY! I DIDN'T ATTACK THEM FOR YOUR SAKE!

    Investigatore
    Rinkaku
    Secondo grado



    Edited by Mayuyu - 3/11/2020, 16:08
     
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    Haru Y. Ueda
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    «È stato bello finchè è durato, ma chère» Con un ultimo flebile sorriso, osservava quegli occhietti vispi che avevano ancora secondo lui, l'ultimo spiraglio di luce che avevano catturato: se fossero stati dei dolci, probabilmente a furia di mangiarli sarebbe diventato diabetico, ma non era così per fortuna.
    Si sentì soddisfatto solo una volta mandato giù tutto, solo dopo averne sentito la gommosità e la morbidezza si potè dire contento: e subito quel corpo steso a terra gli era parso privo di interesse; sospirò reclinando di lato la testa.
    «Devo decisamente comprare un nuovo tappeto»
    Commentò con fare superficiale, senza alcun interesse per il cadavere, spostandolo con un piede come se fosse stato un sacchetto della spazzatura, senza alcuna delicatezza o rispetto.
    Oramai quel tappeto persiano già rosso di suo, iniziava a puzzare ed era troppo impregnato, gli toccava bruciarlo e prenderne uno nuovo, nulla che non potesse fare con estrema calma: quando alzò la testa, osservò l'orologio a pendolo sul ripiano del caminetto di marmo, ed ebbe come un'epifania: la serata, giusto.
    Prima però doveva disfarsi della streghetta bionda a cui quella serata era andata male, lui le aveva fatto lo scherzetto giorni prima e quella sera si era anche preso il suo dolcetto! Non c'era stato modo migliore per festeggiare quella giornata così particolare: per quanto fosse circondato da mostri, mascherati e non, lui paradossalmente non si sentiva a suo agio. Un'artista incompreso come lui non si trovava bene in quella definizione, eppure sentiva di dover affrontare quella parte di sè, e di restare a casa non ne aveva per niente voglia.
    Tutti sarebbero andati a qualche serata di beneficenza super lussuosa, suo nonno e sua cugina a casa probabilmente sempre chiusi nello studio del vecchio, e lui invece, volendo trascorrere la serata in modo diverso, aveva deciso di calarsi tra i comuni mortali e partecipare ad una cena con delitto.
    Sarebbe stato estremamente divertente, o almeno così pensava, sebbene appena aveva ricevuto l'invito con il tema della serata aveva storto il naso: aveva sentito una strana inquietudine, come se non si fosse allontanato dalla sua vita, ma decise di scacciare quel pensiero e di andare comunque, per sperimentare...magari poteva fare il bis di dolcetti.
    Non era stato difficile prendere dei vestiti a tema, anzi, aveva anche fin troppi completi da sera confezionati tra cui scegliere, ma aveva deciso di rispolverare un evening suit che aveva trovato in soffitta tra le tante cose conservate dalla sua famiglia: ad occhio e croce gli sembrava proprio di quegli anni, dunque più a tema di così si moriva.
    Forse la giacca a coda di rondine gli stava leggermente larga sulle spalle, ma il tessuto pettinato in nero sembrava davvero di eccellente qualità al tatto: era un miracolo che si fosse conservato così bene dopo tutti quegli anni chiuso lì.
    Anche il resto del completo sembrava in ottimo stato, come il gilet di seta rigorosamente bianco, forse un po' meno la cravatta ad ala di pipistrello bianco che sembrava più usata per tutte le volte che doveva essere stata allacciata come un papillon.
    E sopratutto grazie al cielo l'odore di chiuso si era tolto da quegli abiti, sopratutto dalla camicia a collo rigido di lino bianco, altrimenti non ci avrebbe minimamente pensato a presentarsi con qualcosa del genere per quanto accuratamente in tema.
    I calzini però per quanto li avesse trovati assieme a tutto, non aveva intenzione di metterli, gli faceva piuttosto senso rispetto a tutto il resto: così aveva preso un paio dei suoi semplici rigorosamente neri come richiedevano le regole.
    Si guardò allo specchio mentre si preparava con calma: aveva anche pensato di legarsi i capelli, ma per il suo gusto estetico su se stesso non stava bene perchè non aveva i capelli abbastanza lunghi, per cui aveva optato di lasciarli lisci e liberi. Su quello pensò di poter soprassedere, anche perchè se doveva sacrificare l'estetica non se ne parlava proprio, sarebbe stato solamente irritabile per tutta la serata.
    Si mise i guanti bianchi di seta, anche quelli suoi e non del completo, ma sarebbero andati bene visto che l'importante era che fossero del colore e del materiale giusto: e non per ultimo prese il topper, ovvero il cappello a cilindro lucido e nero, insieme al bastone elegante appositamente per la sera.
    Ora si che si poteva dire soddisfatto e pronto per la serata: mancava ancora un piccolo dettaglio, prima però aveva controllato che tutte le cose importanti fossero ben chiuse e nascoste al loro posto, così come le nuove foto che aveva fatto alla sua ultima ospite.
    Nell'androne della casa notò lo sguardo di sua cugina, sospettoso e guardingo come suo solito, mentre si sistemava i gemelli con lo stemma di famiglia: le sorrise, affabile, e anche se non poteva notarlo visto come era nascosta da dietro la porta, percepiva chiaramente il suo disagio.
    «Hikari? Potresti venire qui per favore? Ho bisogno di una mano»
    Disse, con tono gentile, eppure la ragazza sembrava chiaramente percepire qualcosa di poco buono in quel tono di voce, e seppur con riluttanza si era avvicinata ad Haru lentamente uscendo dal suo nascondiglio, come se sapeva di non poter scappare.
    «Mi sistemeresti il fiore nell'occhiello per piacere?»
    La ragazza annuendo impercettibilmente, staccò da uno degli steli presenti nel vaso sul tavolino in legno, un fiore bianco e glielo appuntò con uno spillo che si trovava già lì pronto per l'occasione. Haru aveva un chiaro motivo per tutto quello, era ovvio che se lo potesse mettere da solo, e se da una parte voleva metterla a disagio consapevolmente, dall'altra voleva chiarire una questione con lei.
    «Ora che mi viene in mente...ho sentito aggirarti di notte per la casa, vicino al mio studio» seppure aveva un tono tranquillo, la ragazza sembrò trasalire. «Un uccellino mi ha detto che ti sei fermata buoni minuti davanti la porta» e con uccellino si riferiva proprio alla povera ultima vittima chiusa lì dentro, non aveva mai capito se la cugina sapesse realmente cosa faceva lì, ma aveva sempre pensato che fosse un po' troppo ficcanaso.
    «Ti pregherei di non farlo più, sai...potresti farti male, ci sono un sacco di oggetti pericolosi, e tu sei così sbadata» Per lui era piuttosto chiaro il suo messaggio, e per essere sicuro si abbassò leggermente verso di lei e le sorrise, di nuovo, accarezzandole una guancia in modo fintamente affettivo.
    «Non voglio di certo che la mia cuginetta si faccia male...chi lo sente il nonno poi...me lo prometti?» Ancora, un sorriso, stavolta però più affilato, e la ragazza annuì così velocemente che appena potè si dileguò tornando di corsa nello studio del nonno che la stava richiamando, chiedendosi dove fosse finita.
    Ah! Una vera seccatura rimettere in riga la cugina, ma almeno era più facile rispetto al cugino, quello si che era uno stronzetto viziato sebbene fosse davvero giovane.
    Doveva decisamente dare un occhio in più a quella ragazzina, rischiava di creargli solo problemi: ma non era più il momento di pensarci! Era ora di andare alla serata!
    Prima di andare però, si premunì di aver preso tutto il necessario per non sentirsi male per il cibo umano che avrebbe dovuto mangiare, non voleva di certo sospetti su di lui: un po' gli piangeva il cuore dover contaminare il suo corpo con quelle schifezze, ma era un sacrificio necessario.
    Lo accompagnò il suo autista, e per fortuna riuscì a non arrivare in ritardo, odiava quando accadeva: si guardò attentamente attorno, probabilmente avevano allestito una sala ad hoc per l'occasione, ma per il momento un po' si sentiva fuori luogo al Jezz Jin.
    Si tolse il soprabito, che consegnò ad una delle ragazze vestite in tema con gli anni, lo guardarono piuttosto stranite, ah...forse non erano della servitù? Era in effetti un po' confuso, ma si scusò per l'inconveniente, ma le ragazze furono così gentili da posare il suo soprabito senza fare troppe storie, anzi sembravano anche divertite. Si tolse elegantemente il capello che portò sotto braccio, avviandosi nella sala che gli indicarono.
    Guardandosi attorno, accompagnato dalla musica di sottofondo, si sentiva un po' meno fuoriluogo, sembrava si fossero impegnati molto per ricostruire quella sala: era proprio curioso di vedere come si sarebbe svolta la serata e che ruolo gli sarebbe capitato a questo punto.
    Notò tra l'altro un ragazzo, vestito in smoking, e sorrise, avvicinandosi con il suo solito modo gentile, appoggiandosi al bastone che aveva portato mentre si dirigeva verso di lui.
    «Buonasera»
    Notò il tavolo ben apparecchiato, cercando anche il suo nome scritto sulla misteriosa busta. «Siamo i primi a quanto pare...sono Ueda Haru, piacere di conoscervi»
    Disse, tendendo la mano guantata: prima di tutto l'educazione, voleva conoscere i suoi compagni di avventura per quella sera, non sapeva che stava per stringere la mano della sua futura investigatrice preferita.

    «Parlato»
    Pensato

    Well, maybe you should smile, you're never fully dressed, it's your debut!

    Ghoul
    Bikaku
    RANK B
    Adam(Hebi)



    Edited by »¢hë§hî®ë - 6/11/2020, 19:55
     
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    Hikaru "Shiori" Serizawa
    «Hikaru! Potresti essere leggermente in ritardo, sai?»
    «Lo so!»
    Sua madre che starnazzava dai fornelli, quando l'unica cosa che separava la cucina e la loro camera da letto era letteralmente un angusto corridoio, ancora doveva capirlo. Ciononostante la sbirciata fugace che diede all'orologio appeso proprio sopra lo specchio della loro stanza era bastata per convincersi quanto bastava che da quella camera doveva uscire alla velocità della luce, perché in ritardo ci era davvero. O almeno, per quello che significava essere in ritardo per lei: preferiva presentarsi in anticipo, così non avrebbe dovuto correre, ma in questo caso era giusto in tempo per arrivare in perfetto orario. Si diede un'ulteriore occhiata allo specchio, nella speranza che il suo aspetto non fosse esagerato: aveva ben poche conoscenze di quella che era la moda degli anni '20, oltre a non avere abbastanza soldi per permettersi abiti che anche solo vagamente ricordassero quelli di un'epoca che a lei sembrava fin troppo lontana, sepolta nei ricordi dei suoi nonni. O persino dei bisnonni. Che ovviamente non conosceva.
    I capelli erano banalmente raccolti in uno chignon, con qualche ciuffo a scivolare davanti le orecchie, mentre la lunghissima frangia era stata sistemata con cura dietro le orecchie con un paio di forcine, in modo che coprissero la fronte in parte, nonostante qualche ciuffo troppo corto per riuscire a stare fermo fossa già sfuggito al controllo delle sue forcine. Per il resto si era proiettata su qualcosa di assolutamente normale: una camicetta semplice e bianca, abbottonata fino al colletto, sistemata giusto con un nastro a banda non troppo larga di un intenso color blu notte. Il tutto abbinato ad una gonna a pieghe morbide e a vita alta, fermata con una cintura in ecopelle, che scendeva larga fino a poco sotto le proprie ginocchia; le gambe coperte da calze bianche e dei mocassini ai suoi piedi che aveva rispolverato dall'armadio di sua nonna materna. Non era chissà quanto elegante, a suo parere, e più di una volta pensò di risultare ridicola in quei vestiti, ma voleva risultare quantomeno in linea con i tempi in cui quella cena con delitto era ambientata.
    Non aveva mai partecipato ad una cena con delitto prima di allora, se doveva essere onesta: non sapeva, quindi, che cosa aspettarsi, ma l'idea di passare una serata di Halloween diversa dal solito ed ormai monotono "Dolcetto o scherzetto", vestita da fantasma con un semplice lenzuolo bianco bucato addosso era... divertente. Uscì dalla camera, avviandosi verso la porta d'ingresso per prendere il proprio teddy coat di seconda mano, la solita borsetta appesa all'attaccapanni per poi sbucare in cucina, per salutare sua madre.
    «Io vado.»
    Sua madre si girò, sorridendole raggiante e pulendosi le mani sul piccolo grembiule sgualcito che stava indossando.
    «Aspetta, ti faccio una foto--»
    «No mamma, n-non serve! Vorrei evitare di andare di fretta.»
    Sua madre comprese e, dopo essersi premurata che avesse tutto con sé, la lasciò andare.

    [...]

    Quando arrivò, ad accoglierla vi furono due signorine con indosso abiti da ballerine di qualcosa che non sapeva definire, che l'accolsero con un gran bel sorriso addosso.
    «Serizawa Hikaru, sono qui per la cena con delitto.»
    Dopo aver confermato che fosse tra le persone invitate, la fecero accogliere, indicandole la strada che l'avrebbe portata nella sala adibita all'evento della serata. Quando raggiunse la sala, fu colta da dell'imbarazzo, quasi impercettibile: cose del genere se l'era sempre sognata, la sua vita era sempre stata fin troppo lontana dal vivere esperienze di quel tipo. Lampadari scintillanti, una lunga tavola bandita di una sfilza di stoviglie che non aveva mai avuto occasione di vedere tutte insieme in un luogo solo. I posti contrassegnati con delle targhette con i loro nomi, e infine... l'occhio cadde su chi si era già presentato. Uno dei due ragazzi era il suo vicino di posto, a quanto sembrava, mentre l'altro lo conosceva. Lo conosceva eccome.
    «Oh, salve Hayato-san.»
    Fu piuttosto sorpresa di incontrare di nuovo quel tale in un'occasione del genere: quante possibilità c'erano che, in una città grande come Tokyo, la serata di Halloween a cui aveva deciso di partecipare ospitasse anche una sua conoscenza, senza che se ne parlassero e concordassero? Era una cosa alquanto remota.
    «Salve anche a lei...» poggiò il cappotto all'appendiabiti adibito in sala, per poi prendere posto, sporgendosi per leggere il segnaposto del suo "vicino". «Haru-san. Sono Hikaru, piacere.»

    «Parlato.»
    "Pensato."
    human | student / barmaid | 20 years old • [ SCHEDA ]

    © yumæchu` | find it on falling down › yume lee

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    Evelyn Tiffany Applegarth
    Da quando quella sera di maggio aveva avuto il piacere di essere salvata da Ryoga, i due si erano tenuti "in contatto". In realtà era stato parecchio difficile per lei passare dal «mi dispiace averti causati tanti problemi» al parlargli tranquillamente, ma questo era stato sufficiente abbastanza per ricevere un invito a partecipare ad una serata di Halloween, a tema "cena con delitto". Ne aveva sentito molto parlare, ma mai prima di allora ci aveva partecipato. Avendo molta libertà su cosa fare, i suoi nonni non si erano affatto opposti alla sua partecipazione, tuttavia suo nonno si raccomandò che andasse a quell'evento preparata a dovere. Il che significava soltanto una cosa: avrebbe dovuto mangiare qualcosa prima, per riempire lo stomaco. Parecchio agitata per questa condizione, accettò, pur rimanendone piuttosto sconfitta: la sua voglia di mangiare non era molta, anche se in totale contrasto con i propri istinti.
    Sua nonna Kasumi, invece, si raccomandò che andasse vestita come si doveva: l'aveva aiutata nella scelta dell'abito per quella sera, ed ora si trovava proprio nella sua cabina armadio, a finire gli ultimi ritocchi di gioielli. Al collo una collana di perle autentiche regalatale proprio da nonna Kasumi, i capelli erano lasciati sciolti in parte, raccolti soltanto ai lati per fermare i ciuffi anteriori e per dar loro una parvenza di ordine; indossava un vestito lungo fino alle caviglie in velluto rosso, particolarmente eccentrico secondo il suo personale gusto, ma davvero bello ed elegante. Scendeva morbido lungo i fianchi quasi inesistenti di Evelyn, leggermente largo per il suo fisico asciutto, con una forma prevalentemente a tubino. Infine ai piedi indossava delle décolleté nere, mentre alle mani portava dei guanti neri, sempre in velluto, sopra i quali aveva sistemato qualche bracciale in oro. Il look veniva completato da un trench nero che le arrivava ad altezza ginocchia, chiuso minuziosamente con bottoni e cinturino, mentre alla mano portava una graziosa pochette, anch'essa nera. Una volta confermato di disporre di tutto il necessario, era uscita di casa e si era diretta al Jazz Jin con la macchina del padre, guidata ovviamente dall'autista. Ad accompagnarla vi era Sumire, che voleva assicurarsi che arrivasse al luogo senza alcun intoppo.
    «Siamo arrivati, Evelyn-sama» le comunicò, scendendo così dall'auto ed aprendole la portiera posteriore. Il disagio di Evelyn di fronte a tutte quelle formalità era molto, infatti il sorriso teso che rivolse a Sumire una volta che scese dall'auto parlò per lei più di quanto potesse fare a parole. «Mi perdoni--»
    «Non importa, ma ti prego non farlo più quando siamo solo io e te.»
    Si lasciò sfuggire una risata, prima di salutare Sumire ed autista ed incamminarsi all'interno del Jazz Jin. Mostrò il proprio invito, confermando la sua identità e le due signorine in completi da ballerine di charleston l'accolsero con un radioso sorriso.
    Era, purtroppo, abituata al lusso, alle formalità e ai luoghi che sapevano di costoso solo a guardarli. Quindi già sapeva cosa si sarebbe dovuta aspettare una volta entrata nella sala addobbata a dovere. Non rimase, infatti, sorpresa di com'era stata allestita e, piuttosto, rimase molto compiaciuta per la cura dei dettagli dimostrata. Notò la presenza di tre facce nuove, alle quali rivolse un timido sorriso di cortesia, chinando il capo in avanti in segno di rispetto. Poggiò poco dopo il proprio cappotto all'appendiabiti lì presente, avvicinandosi al tavolo sperando di non fare figuracce con le décolleté che indossava, per evitare di scapicollarsi all'improvviso.
    «Buonasera~ Sono Evelyn, piacere.»
    Porse la mano ai presenti davanti a sé, accompagnando il tutto con un sorriso che fosse il meno tirato possibile. Non aveva ancora visto Ryoga e la sorella che aveva detto di volerle presentare, Risa... sperava sarebbero arrivati presto. Aveva un po' timore di non avere alcuna faccia conosciuta vicina.

    «Parlato.»
    "Pensato."
    [ SCHEDA ] | ghoul • rank b ( Masked Flower ) • majoring in architecture • protect life at all costs

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    Ryoga Hasegawa
    Almeno una volta tanto era nel suo elemento: in mezzo ai morti. Che altro avrebbe dovuto fare giunto a quel punto, dopo aver superato un’estate in cui aveva temuto che il suo corpo sarebbe marcito per il calore, se non accettare di dover convivere a tempo indeterminato con una condizione sconosciuta?
    Doveva essere pazzo - più pazzo di quanto si fosse mai ritenuto -, oppure era tutto tanto vero quanto definitivo e doveva farsene una ragione. Ryoga non era mai stato bravo a farsene una ragione: a distanza di sedici anni non riusciva ancora ad accettare la morte di suo padre, quante decadi avrebbe impiegato ad accettare la propria?
    Ma tornando al perché per una volta Ryoga Hasegawa fosse nel suo elemento, ossia in mezzo ai morti, la ragione era rapidamente riassumibile nella data del trentuno ottobre.
    C’erano due cose positive quella sera: la temperatura abbastanza fresca, dunque si riducevano le chance che la puzza di putrefazione intorno a lui fosse distinguibile, ed era Halloween, una sera in cui aveva trovato sempre particolarmente piacevole uscire di casa.
    La gente era troppo occupata a guardarsi intorno con estatico timore per perdere tempo a cercare reali minacce, almeno nella maggior parte dei casi. Quello stesso estatico timore Ryoga l’aveva provato durante l’infanzia, quando cominciava a tirare le maniche dei genitori con una settimana d’anticipo per essere portato a osservare la stranissima gente di Tokyo diventare ancor più stranissima.
    C’era qualcosa di bello e terribile nell’ex festa di Samhain, e non erano le vette di consumismo che la gente era capace di sfiorare.
    Bella e terribile era anche sua sorella, che gli aveva fatto il più bel regalo della sua vita accettando di farsi costringere ad accompagnarlo a una festa con delitto. Non era certo la prima a cui Ryoga prendeva parte, ma stavolta sarebbe andato non con la sua piccola comitiva ma con Evelyn e Risa. Purtroppo non aveva trovato la tuba, ma era molto contento di poter sfoggiare una volta tanto lo smoking e addirittura il bastone - cioè, che cosa avrebbe dovuto farci con quel coso? Picchiare il sospettato per costringerlo a confessa- nooo.
    Aveva organizzato una serata che, nella sua mente di povero illuso, doveva essere perfetta: i vestiti eleganti - rigorosamente a noleggio -, il bouquet con cui si era presentato per omaggiare la sua travolgente bellezza e con cui la madre aveva chiesto di immortalarli in un paio di foto ricordo, persino il taxi che li aspettava davanti la porta di casa.
    Voleva regalarle una serata diversa dal solito, memorabile sotto ogni punto di vista!
    Sì, Ryoga era davvero un povero illuso.

    Quando il taxi parcheggiò davanti al Jazz Jin, Ryoga recuperò un po’ di contegno e mitigò il sorriso ebete che riservava solo alla sorellina; scese dall’auto e le aprì la portiera.
    «Mademoiselle~» sorrise, porgendole il braccio.
    Erano due divi a cui mancavano solo il tappeto rosso e uno stormo di paparazzi impazziti. Una volta dentro furono accolti dalla fantastica ricostruzione di una sala da pranzo novecentesca - non che Ryoga avesse idea di come fossero le sale da pranzo di inizio 900, nella sua beata ignoranza l’apprezzò dunque ancora di più -, occupata da due, tre, quattro persone-
    «Sembra che siamo gli ultimi arrivati, buonasera.» si soffermò sul viso familiare di Evelyn. «Perdona l’attesa.»
    Nel caso in cui Risa fosse stata troppo intimorita per parlare, le avrebbe coperto una mano con la propria per farle coraggio.
    -------------------------------
    «Parlato.»
    "Pensato."
    Don't be afraid of my eyes, I'm blessing you even in my death. • scheda

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    « Non ci voglio andare. » stava ripetendo in loop una Risa piuttosto infastidita mentre lanciava via i vestiti per fare la doccia, così come continuò sotto il getto d'acqua, poi nel mentre metteva il vestito per la serata e ovviamente mentre acconciava i capelli ribelli; ma facciamo un passo indietro.
    L'evento al quale Risa - nel caso non si fosse capito - non voleva prendere parte era una festa di Halloween, o meglio una cena con delitto ambientata negli anni '20, e oltre Ryoga l'unica che aveva mostrato fin troppo chiari segni di entusiasmo era il fantasma di nonna Lisanne, perché lei li aveva vissuti quegli anni, non troppo appieno dato l'avanzare dell'età terrena, ma comunque sapeva di cosa si parlava e poteva consigliare i nipoti su abbigliamento e acconciature. Se Ryoga ci era già stato a questo tipo di eventi, Risa no, mai, ma proprio di base a lei non andava uscire: dalla fine della scuola dell'obbligo, la sua socialità già bassa si era ridotta ancora di più, facendole passare ogni giorno rannicchiata sulla sedia davanti al pc o alla console comprata con tanti sacrifici, e se dall'esterno potesse non sembrare "vita", lei ne era contenta, con le sue abitudini, i suoi spazi, gli abbracci di suo fratello... E invece quella sera doveva andare addirittura a una festa.
    "Andiamo!" le disse entusiasta il biondo, "No" gli rispose, "Dai che ci divertiamo!" insistette l'altro, "No" continuò lei, "Ho già noleggiato i vestiti a tema, tieni, questo è tuo" e le lasciò il proprio abito ancora nella fodera con cerniera, "Bruh ho detto che non voglio" provò a ribattere Risa con sempre meno forza nelle vene, ma suo fratello era già lontano con un sorriso beato sul volto. La verità è che avrebbe potuto realmente insistere, Ryoga è tutto men che cattivo con lei e la ascolta, ma vedere suo fratello così tanto felice al pensiero di poter passare un Halloween insieme e andare a una festa speciale le faceva passare la voglia di combattere, perché vederlo sorridere in quel modo importava più di tutto.
    Ed eccola dunque davanti allo specchio con indosso un vestito in stile tubino morbido a strisce nere e argentate pieno di frange sottili, lungo poco sopra al ginocchio e con il giromanica che le lasciava le braccia scoperte fino a che non iniziavano i lunghi guanti neri compresi con l'abito, le calze scure ma non troppo ce le aveva aggiunte lei per l'imbarazzo, così come quell'unico paio di scarpe nere con tacco molto basso che aveva. I capelli infine erano stati acconciati con sopra la fascetta con piume compresa con l'abito e i boccoli sotto ben definiti usando il ferro, perché sia mai che i suoi capelli stessero a sentire con le buone.
    « Sembro una pazza. » concluse fissandosi nello specchio.
    « Ma non è vero, sei adorabile! » ribatté la donna "di fianco" a lei. « Siete bellissimi sia tu che Ryoga, e vi divertirete un sacco. »
    Risa sospirò volendo evitare l'ennesimo confronto al riguardo, dunque prese lo scialle di cotone morbido e nero brillantinato che le aveva prestato sua madre per coprirsi braccia e spalle e uscì dalla stanza sperando di non sembrare una papera ubriaca su quei tacchi ridicolmente bassi, sua madre decise di fermarla per truccarla appena, giusto un accetto di ombretto, il mascara e lucido sulle labbra, il tutto molto leggero. E quando Ryoga tornò a casa con un mazzo di fiori e l'enorme sorriso, sapeva che quel "sacrificio" che stava facendo era stata la scelta migliore, riuscì addirittura a "sorridere" nella foto che fece con suo fratello - si impegnò molto, si vedono gli angoli della bocca leggermente incurvati verso l'alto - e, congedata la donna, uscirono insieme, trovando addirittura un taxi ad attenderli: Ryoga si era veramente dato tanto da fare per quella serata, forse anche troppo - non le piaceva che sacrificasse così i suoi soldi - ma se lui era contento così non avrebbe detto nulla, a parte un commento emblematico:
    « Quindi è questo quel che si prova ad essere ricchi. »

    Arrivati al Jazz Jin, luogo nel quale si teneva la cena con delitto, Ryoga le aprì la portiera dell'auto e le offrì un braccio con un "mademoiselle" così ben detto e delicato che nonna Lisanne, francese di nascita, sarebbe scoppiata in lacrime di orgoglio se l'avesse sentito... Chissà dov'erano andati lei e il nonno? Ma poco importava, al massimo avrebbe chiesto a Ryoga di replicare l'implicito invito davanti a loro così quell'angelo di suo fratello sarebbe stato inondato di complimenti come meritava.
    « Merci. » rispose a tono con un vago accenno di sorriso mentre usciva dal taxi, e a braccetto si diressero nel locale, che scoprì squisitamente addobbato a tema anni '20: i quadri, la musica, l'oggettistica, persino il vestiario del personale... Nulla era stato lasciato al caso, che piacevole visione. Giunti alla sala da pranzo scoprì che, come avrebbe detto qualche istante più tardi suo fratello, erano gli ultimi arrivati, sarebbero stati in sei quella sera, sette con la "vittima". Ma era per Ryoga che era lì, e poi sette persone non erano poi così tante, ce l'avrebbe fatta. Immersa com'era a guardare la sala, quasi sobbalzò sentendo la mano di Ryoga posarsi sulla propria: ah già, con quelle persone doveva interagirci.
    « Bonsoir. » fu il telegrafico saluto a tutti, in francese per chissà quale motivo.
    La serata cominciava benissimo.

    « Parlato »
    "Pensato"

    No hope, no love, no glory, no happy ending

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    Hayato Kujo
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    “Chissà se Saki si è già scocciata del finto emo.”
    Se era arrivato a quello, Hayato si stava decisamente annoiando.
    L’atmosfera del locale era accogliente, ma l’idea che presto avrebbe assistito a un omicidio -per quanto finto- lo teneva sulle spine. Aveva a che fare con certe quasi tutti i giorni, più che una festa quella era routine abbigliata con un costume a frange e una maschera per nulla spaventosa.
    Meno male che l’arrivo di un altro partecipante lo riscosse da quei pensieri deprimenti! Era uscito per divertirsi, avesse voluto piangere avrebbe guardato “La Sposa Cadavere”... cosa che avrebbe fatto se non fosse stato costretto a uscire. Allora voleva davvero deprimersi.
    La figura dell’uomo appena entrata colpì Hayato. Quel tizio sembrava uscito proprio degli anni ‘20: distinto ed elegante, e un’occhiata più approfondita bastò alll’investigatore per supporre che quell’outfit costasse più della casa dei suoi. Aveva addirittura il bastone, a cosa gli serviva un bastone?!
    Hayato preferì lasciar andare la sua lieve invidia sociale e decise di fare la persona decente. Si alzò dal suo posto e si avviò verso lo sconosciuto, sorridendogli appena. Fece un lieve inchino prima di stringergli la mano -rigorosamente guantata, che per Hayato fu come l’ennesima riprova di avere a che fare con uno che in quell’ambiente ci sguazzava.
    «Kujo Hayato, piacere mio. Sì, persino il nostro ospite non si è ancora fatto vivo.»
    Dicendolo, il ragazzo lanciò uno sguardo al posto a capotavola, l’unico che non presentava un segnaposto. Lì si sarebbe seduto il signor McCoughna- McCoughi- Mc- insomma, quello che li aveva “invitati.”
    “Oh, salve Hayato-san.”
    Fu una sorpresa sentire quella voce chiamarlo. La seconda arrivata era un volto familiare al quale Hayato regalò un sorriso fin troppo entusiasta.
    «Hikaru-san?»
    La ragazza che mesi addietro aveva “salvato” da un ghoul e per la quale si era fatto qualche settimana di convalescenza. Dopo l’incontro in ospedale non c’erano più stati contatti, purtroppo. Hayato lasciò il suo posto e fece il giro del tavolo per andarsi a posizionare dietro il posto di lei, rimanendo all’impiedi.
    «Che piacere vederti! Purtroppo ci ritroviamo sempre in situazioni in cui qualcuno si fa male. Meno male che oggi non tocca a noi.»
    Battute pessime e fuori luogo per smorzare la tensione che c’era tra loro. O che perlomeno lui sentiva.
    Ben presto arrivarono gli altri tre ospiti: Evelyn, una splendida ragazza dai capelli corvini, i cui vestiti gridavano “SONO RICCA” da ogni filo di tessuto, e una coppia molto probabilmente straniera. I due appena arrivati salutarono educatamente i presenti, rivolgendo poi la loro attenzione alla corvina. Dovevano essere amici.
    «Buona sera a voi. Risa e Ryoga, giusto?»
    Hayato sorrideva agli ultimi arrivati, mentre poggiava la mano sulla spalliera della sedia di Hikaru. Vedere tanta gente nuova sembrò ringalluzzire il ragazzo, felice di aver preso il posto della sorella. Se Saki fosse andata… Hayato non voleva neanche immaginare chi dei due uomini presenti si sarebbe ritrovato a casa il giorno dopo.
    I commensali ebbero giusto il tempo di scambiare pochi convenevoli prima che un uomo entrasse dal fondo della sala con fare pomposo e passo importante. Un uomo basso, che di americano non aveva nulla, ma decisamente calato nel personaggio: abiti eleganti, baffetti e capelli (quei pochi che aveva) laccati, monocolo e sigaro stretto tra le labbra sottili.
    «Signore e signori, a nome di tutto lo staff del Jazz Jin vi auguro una buona serata e un buon Halloween. Io sono il proprietario di questo locale, ma per stasera sarò il Sir Duca Conte Sebastian McConaughey e giocherò con voi.»
    La voce di quell’uomo, ora seduto a capotavola, risuonava cavernosa e contraffatta, sicuramente stava fingendo per darsi un tono.
    «A breve comincerà la cena e con essa il nostro gioco, ma prima vi chiedo di prendere posto e di leggere il contenuto delle buste con il vostro nome. Memorizzate ciò che vi è scritto e non ditelo a nessuno, mi raccomando.»
    Alla richiesta del Sir Duca Conte, Hayato lasciò la spalliera di Shiori e andò a sedersi al suo posto, alla destra dell’uomo canuto.
    I posti erano così assegnati: Hayato e Haru rispettivamente alla destra e alla sinistra del Sir Duca Conte, Evelyn al fianco di Hayato, Risa al fianco di Evelyn, Hikaru al fianco di Haru e Ryoga al fianco di Hikaru.
    All’interno delle buste vi erano i ruoli assegnati per la serata.
    -Hayato: giovane nuova moglie del Duca Conte. Ha avuto una tresca con il figlio maggiore..
    -Ryoga: L’assassino. Figlio illegittimo avuto con la serva brasiliana, è stato tenuto come pezzente e lavapiatti insieme alla madre. Per la prima volta viene trattato come un membro della famiglia.
    -Haru: Secondogenito del Duca Conte. Ha avuto la tresca con la giovane moglie.
    -Risa: Nipote del Duca Conte. Figlia nata dalla fuga della primogenita con il suo grande amore, ora venuta con la madre per farsi accettare dal nonno.
    -Shiori: Primogenita del Duca Conte, madre della nipote non riconosciuta e sorella del rampollo. Torna per riappacificarsi al padre e fargli conoscere la nipote. In realtà vuole solo essere riammessa in famiglia per vivere con tutti gli agi possibili.
    -Evelyn: sorella zitella del Duca Conte che nel tempo si é aggrazziata il fratello, nel mentre tesseva trame alle sue spalle. Ha cresciuto il figlio illegittimo del Duca Conte e della governante.

    Hayato lesse. E rilesse. E rilesse. E rilesse.
    Non era l’assassino per sua fortuna, ma aveva un ruolo da donna. Beh, cosa dire.
    Il ragazzo alzò gli occhi chiari su Haru, seduto di fronte a lui.
    “Anche da donna ho buon gusto in fatto di uomini, meno male.”


    «Parlato.»
    "Pensato."

    "LEAVE ME ALONE! GO AWAY! I DIDN'T ATTACK THEM FOR YOUR SAKE!

    Investigatore
    Rinkaku
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    Haru Y. Ueda
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    Sorrise amichevolmente all'umano che si presentò come Hayato Kujo, e non poteva sapere che quel nome non se lo sarebbe presto dimenticato, ma che anzi, ci si sarebbe ritrovato presto ad avere a che fare con entrambe le sue facce. Il ragazzo fu rispettoso ed elegante, e ricambiò la sua stretta dopo un breve inchino: sorrise alla sua battuta, e non riuscì a tirarsi indietro dal farne anche lui una, seppur decisamente sciocca.
    «Notavo, un vero peccato...sono certo morisse dalla voglia di vederci» Si era voltato per qualche istante anche lui infatti, verso la direzione indicata dallo sguardo altrui, vedendo come alla fine erano solo loro due: chissà che ruolo avrebbe interpretato quella sera.
    Stranamente la sensazione di inquietudine era tornata, ed era diventata quasi come un peso, ma di nuovo, non poteva farsi condizionare in questo modo, sebbene non volesse risultare troppo freddo all'improvviso: pensò che doveva solo divertirsi, sebbene non era esattamente il divertimento che amava di più, ma tutto era decisamente meglio piuttosto che rimanere in compagnia della sua odiosa famiglia.
    In pochissimo tempo arrivarono anche tutti gli altri invitati, ed Haru, abituato per educazione a salutare da etichetta in un certo modo le ragazze appena arrivate, si rese conto che sarebbe stato più semplice salutarle con un cenno elegante: si era infatti piegato leggermente anche con la schiena per l'inchino, era quasi certo che se avesse fatto un lieve baciamano avrebbe probabilmente messo a disagio gli altri ospiti, cosa che altresì sconsigliava l'etichetta, dunque si era dovuto arrangiare. Eppure a pensarci, sarebbe stato tremendamente divertente, sebbene avrebbe rischiato già di addossarsi la nomea di damerino in frac.
    Allo stesso tempo pensò di rivolgesi alle due ragazze.
    «Lieto di fare la vostra conoscenza, sono Ueda Haru» E sebbene sembrassero già sapere il suo nome per averlo sentito presentarsi prima, era buona norma farlo di nuovo.
    Mai come in quelle occasioni si rendeva conto di quanto fosse intrappolato in quei modi, e di come la sua famiglia ci tenesse a ricordare sempre di essere aristocratici per davvero, oramai lui lo faceva per riflesso: per quanto si reputasse al di sopra di molti, non gli dispiaceva scendere tra il ''popolino'' come avrebbe detto quella stronza di sua zia.
    Le presentazioni e i saluti però, non sembrarono finire tanto presto, poichè arrivarono gli ultimi due invitati.
    «Bonsoir» Rispose con un sorriso alla giovane che era accompagnata da un altro ragazzo: sapeva parlare francese davvero? Avrebbe forse potuto farci una chiacchierata, ma in qualche modo, lui si sentiva il pesce fuor d'acqua; sembrava che si conoscessero tra loro, lui invece non li aveva mai visti, ma di certo non se li sarebbe dimenticati...sopratutto gli ultimi due.
    Fu inevitabile per Haru pensare che si trovava in mezzo a soggetti estremamente interessanti, era stato infatti attratto inevitabilmente dagli occhi di alcuni dei presenti, ah...se solo avesse potuto prenderli! C'erano inevitabilmente anche quelli che si potrebbe definire una vera e propria ossessione per lui, infatti, il sorriso che aveva rivolto al ragazzo che aveva accompagnato la giovane ghoul, a giudicare dall'odore, era stato leggermente più allungato.
    Proprio un vero piacere conoscervi...
    Forse non sarebbe stata così male quella serata: e per quanto anche gli occhi di Hayato Kujo fossero così particolari da meritare una particolare attenzione, anche quelli degli altri ospiti erano interessanti: ah, era proprio in paradiso! Un vero peccato però non poter assaggiare, dubitava che sopratutto i due ghoul sarebbero stati tanto d'accordo, e per quanto gli si era aperto letteralmente lo stomaco, per quella sera avrebbe dovuto desistere.
    Una vera tortura!
    Prima che anche solo potesse scambiare qualche parola con gli occhi il ragazzo interessato, o complimentarsi, un uomo entrò e annunciò l'inizio di quella particolare serata.
    Fu così che si avvicinò alla busta con il suo nome, ma ancora, prima di aprire la sua busta, si premunì, se la ragazza seduta accanto a lui glielo avesse permesso, di tirarle appena indietro la sedia gentilmente per farla sedere. Solo allora si sarebbe seduto lui, e avrebbe preso la busta, aprendola con calma e delicatezza.
    Sorrise appena leggendo il contenuto, anche se dentro di sè c'era dell'amarezza, se gli umani erano prevedibili, lo erano anche i ghoul, lo aveva sempre pensato: era un ruolo però che avrebbe ricoperto senza fare storie, e quando alzò lo sguardo incontrò gli occhi di Hayato e gli sorrise furbescamente.
    Be', che dire...diciamo che gli era andata anche piuttosto bene, aveva degli occhi particolari anche lui e non solo.
    Reputandosi un vero e proprio esteta, un'artista, non poteva negare che in quella sala fossero tutti belli a modo loro, e questo lo entusiasmò, ma allo stesso tempo si sentì in difetto. Lui era abbastanza perfetto?
    Ho davvero occhio per le persone Inevitabilmente fu quello il primo pensiero che gli venne, seguito da un ''che fortuna!'' molto divertito tra se e sè, insomma si poteva dire che la cosa stava diventando sempre più interessante.
    «Magnifico» Non riuscì proprio a tenerselo, ma si vedeva che era divertito dalla cosa.
    Ora che ci pensava...chissà che ruoli avevano gli altri? Chi era l'assassino?
    La prima cosa da fare, appena ne avrebbe avuto la possibilità, era senza dubbio parlare con il ragazzo, che a giudicare da come aveva parlato Hayato, doveva chiamarsi Ryoga.
    No, doveva concentrarsi! Però magari, se ognuno aveva un ruolo specifico avrebbe avuto modo di interagire con ognuno degli interessati, ed era quello che sperava davvero.
    Richiuse dunque la busta, poggiandola al suo posto e aspettando ulteriori istruzioni.

    «Parlato»
    Pensato

    Well, maybe you should smile, you're never fully dressed, it's your debut!

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    Hikaru "Shiori" Serizawa
    Fu davvero sorpresa di incontrare Hayato proprio in quelle circostanze: in una megapoli tra le più grandi del mondo com'era Tokyo, le probabilità che due non-proprio-sconosciuti si reincontrassero, senza mettersi d'accordo, in una serata del genere era... particolarmente sbalorditivo. Si erano lasciati con il suo infimo senso di colpa ed un Hayato malmesso su un letto d'ospedale, ma vedere che si era ripreso e che stava bene la faceva stare decisamente a proprio agio.
    «Che piacere vederti! Purtroppo ci ritroviamo sempre in situazioni in cui qualcuno si fa male. Meno male che oggi non tocca a noi.»
    Già, aveva perfettamente ragione. Gli rivolse un appena accennato sorriso, divertita dalla battuta che, con grosse probabilità, avrebbero potuto comprendere soltanto loro.
    «Già, meno male» commentò, scostandosi un ciuffo della frangia andatole a finire leggermente davanti l'occhio destro, riaccompagnandolo verso il resto della frangia. «Sono molto contenta di vedere che sta bene.»
    Poco dopo arrivarono anche gli altri ospiti: una ragazza agghindata con cose che probabilmente ci avrebbe messo un'intera vita per potersele permettere e una coppia di ragazzi. Osservando il vestito della ragazza -- che a quanto capì, si chiamava Risa --, non poté che sorridere e pensò del tutto spontaneamente "che carina." Insomma, preferiva la sua naturalezza al patrimonio unesco della ragazza dai lunghi capelli neri.
    Mormorò un pacato ed educato «buonasera» per tutti coloro che erano arrivati poco dopo di lei, prima di voltarsi verso l'uomo che li avrebbe "ospitati" per quella serata, nelle vesti di Sir Duca Conte McConaughey, un nome particolarmente complesso da ricordare per intero, compreso di onorifici. L'entrata in scena fu piuttosto pomposa, qualcosa che i suoi occhi non avevano mai visto prima, e per questo si lasciò sfuggire un «wow» che veniva proprio dal cuore.
    Prima che potesse prendere posto di sua iniziativa, però, Haru le scostò la sedia, invitandola a sedersi. Colta alla sprovvista da quel gesto, sulle prime sobbalzò, dopodiché gli rivolse un timido sorriso, abbassando il capo per ringraziarlo, accompagnando il gesto con un flebile «la ringrazio, Haru-san», prima di prendere posto e sistemarsi per bene con l'aiuto di Haru. Haru sedeva alla propria sinistra, mentre alla propria destra avrebbe preso posto proprio Ryoga, il ragazzo biondo che accompagnava la ragazza dal vestito carino. Gli rivolse un sorriso, prima di concentrarsi, finalmente, su quanto esponeva McConaughey e sulla lettera poggiata proprio di fronte al suo posto. La aprì poco dopo, sfilando il foglio riposto all'interno, spiegandolo e leggendone il contenuto.
    Perfetto, a quanto sembrava, lei interpretava il ruolo della primogenita di Sir McConaughey, era sorella di Haru e madre di Risa, la ragazza carina. A giudicare da quanto altro era scritto nella lettera, Hayato doveva essere sua cognata, il che la portò ad alzare istantaneamente lo sguardo in sua direzione, non trattenendo un sorriso divertito, Evelyn era sua zia e Ryoga un, a quanto sembrava, fratello illegittimo non riconosciuto dalla famiglia, in quanto nascituro di una relazione extraconiugale illecita con la governante. Beh, i ruoli sapevano di soap scadente con la pretesa di essere originale e ricercata, ma Hikaru trovava che fosse proprio quella la parte divertente.

    «Parlato.»
    "Pensato."
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    Evelyn Tiffany Applegarth
    Nonostante la sua velata preoccupazione nel non vedere ancora Ryoga e sua sorella Risa, poté tirare un sospiro di sollievo dopo poco: non ci volle molto prima che varcassero la soglia di quella sala e si presentassero in tutto il loro splendore. Evelyn sorrise raggiante nel vederli entrare, andando loro incontro e salutando entrambi con un breve cenno del capo, il sorriso che non si era tolta di dosso ed un calmo «non preoccuparti, Ryoga-san», che terminò quando il suo sguardo si era rivolto verso la sorella che Ryoga le aveva accennato le avrebbe presentato. La sua attenzione, comunque, rimase per poco rivolta ai due fratelli, poiché l'elegante presentazione di Haru la catturò: dal modo in cui si atteggiava -- e, doveva ammetterlo, a giudicare anche dall'abito che indossava -- non era la sola in quella stanza a provenire da una famiglia piuttosto ricca. Fu un sollievo per lei, che sulle prime ebbe il timore di risultare fuori luogo, o comunque esagerata, ma poté lasciarsi andare ad un trattenuto sospiro di sollievo dopo la constatazione.
    «Buonasera a lei, Haru-san» gli rispose, quindi, chinandosi a sua volta in risposta al plateale gesto dell'altro. Per un istante ebbero il tempo di sistemarsi attorno al tavolo, prima che il loro ospite, Sir McConaughey, si esibisse in una spettacolare entrata in scena. Sorrise compiaciuta di fronte a quello spettacolo, affascinata dalla cura nei dettagli con la quale lo staff del Jazz Jin aveva organizzato quell'evento: tutto sembrava esser stato studiato minuziosamente, affinché la cena risultasse piacevole ma anche divertente, oltre che suggestiva, capace di trasportare i partecipanti in un luogo e un'epoca a loro lontana. Prese finalmente posto, constatando chi fossero i suoi vicini di posto: alla sua sinistra vi era Hayato, mentre alla sua destra vi era Risa. La sorpresa di poter sedere accanto alla sorella di Ryoga fu molta, ma non volle dire né fare nulla di azzardato per evitare di risultare inopportuna.
    La presentazione di McConaughey non durò molto: spiegò loro quello che c'era da sapere; Evelyn non si perse in chiacchiere e, dopo poco tempo, prese in mano la busta a lei riservata, che scartò con minuzia, per poi leggerne il contenuto. Era specificato il suo ruolo e anche quelli degli altri presenti, senza sottolineare chi fosse l'assassino tra di loro: interpretava il ruolo della sorella rimasta sola di Sir McConaughey, che aveva preso in custodia l'illegittimo figlio dell'ospite, che in quel caso sembrava essere Ryoga. Alzò lo sguardo, che puntò verso Ryoga, al quale sorrise entusiasta.
    «A quanto pare sono la tua "matrigna", Ryoga-san.»
    Oltre a Ryoga, comunque, Risa sembrava essere sua pronipote, mentre Hikaru e Haru suoi nipoti, in quanto "figli" del Duca Conte. Fu sollevata nel constatare che non era lei che avrebbe "ucciso" il Duca: avrebbe potuto mettere in mostra le sue scarse doti recitative, da quelle poche nozioni ricevute da nonna Kasumi, ma non sarebbe stato quello il caso. Beh, si sarebbero comunque divertiti.

    «Parlato.»
    "Pensato."
    [ SCHEDA ] | ghoul • rank b ( Masked Flower ) • majoring in architecture • protect life at all costs

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    Ryoga Hasegawa
    Le persone che occupavano lo spazio intorno alla tavola imbandita, tecnicamente i rimanenti invitati di Mr. McConaughey, li accolsero con inaspettata disinvoltura. L’ambiente appariva molto più informale del previsto e ciò non poteva che essere un bene tanto per lui, troppo terra terra per fingersi un signore altolocato, quanto per Risa, che si sarebbe chiusa ancor più a riccio in mezzo agli snob.
    Agli occhi di Ryoga ciascuno si distingueva a modo proprio - chi per la qualità dell’abito, chi per i modi affabili, chi perché sembrava essere nato appositamente per appartenere all’aristocrazia -, ma il primo a rivolgersi a loro fu un… una… qualcuno troppo alto e muscoloso per essere una donna ma troppo etereo e delicato per essere un uomo. Fortunatamente, nonostante l’iniziale confusione, la mente piuttosto aperta di Ryoga processò di avere davanti un uomo e imbastì un sorriso angelico che testimoniava la sua contentezza nell’essere stato accolto in maniera tanto amichevole.
    «Esattamente. Piacere di conoscervi.» disse, spaziando con lo sguardo da Hayato a tutti gli altri.
    Naturalmente l’idiota non si rese conto di essersi guadagnato un posto speciale nelle attenzioni di colui che rispondeva al nome di Haru. I suoi occhi si erano posati in maniera del tutto spontanea su Evelyn: già al loro primo incontro aveva pensato avesse ottimi gusti in fatto di moda, ma quella sera era straordinariamente bella.
    «Ti presento mia sorella Risa. Risa, lei è Evelyn.» pacato ma evidentemente entusiasta, sbrigò le presentazioni - alquanto superflue considerato quanto aveva parlato all’una dell’altra - con la sua pessima pronuncia del nome della povera Evelyn, dopodiché si unì agli altri attorno al tavolo.
    La disposizione non poteva che essere ottimale, con Risa nell’angolo accanto a Evelyn e di fronte a lui. Rispose ai sorrisi che gli furono rivolti con la stessa flemma ed incrociò le mani sotto il mento, sporgendosi quel tanto che bastava a vedere meglio, pronto ad assistere all’inizio dell’evento che fu brevemente introdotto da colui che avrebbe impersonato il loro ospite.
    Nonostante neanche uno dei suoi (pochi) capelli avesse alcunché di occidentale, la dizione, i modi e l’abbigliamento contribuirono ad alimentare l’atmosfera già suggestiva. Che dire, Ryoga era proprio contento di aver portato con sé Risa, sperava che riuscisse a divertirsi almeno un pochino.

    Il suo, di divertimento, invece fu spazzato via nei minuti successivi.
    Non appena il biglietto con le indicazioni per la serata e il ruolo assegnatogli fecero capolino tra le curve bianche della busta, il sorriso sulle labbra di Ryoga si congelò.
    No.
    L’assassino no.
    Le sue doti attoriali rasentavano lo zero, nonostante passasse le giornate sostanzialmente a recitare all’host club. E non gli avevano neanche fornito un movente, doveva inventarselo di sana pianta. Non sarebbe mai stato all’altezza, con la sua imbecillità avrebbe rovinato il divertimento a tutti!
    La sua partita finiva lì, sulle spiagge della vergogna accarezzate dal mare del fallimento sullo sfondo di un tramonto solitario che straziava l’animo.
    “A quanto pare sono la tua "matrigna", Ryoga-san.”
    L’entusiasmo di Evelyn spezzò il filo dei suoi pensieri melodrammatici, riportandolo al presente.
    «Già...» sorrise, consapevole che l’unico modo che aveva per non farsi scoprire era sfoderare la stessa naturalezza con cui blaterava fesserie all’host club; ripiegò la busta e la ripose con nonchalance nella tasca interna dello smoking. «Ammetto di aver dovuto rileggere per essere certo di aver capito le parentele. Sembra un drama indiano.»
    In effetti chi aveva creato l’intrigo doveva essere molto creativo… o aver fatto una scorpacciata di telenovelas. Le ultime parole di Ryoga furono naturalmente per Risa, alla quale si appellò con un sorriso addolcito e sottovoce per non disturbare gli altro.
    «Pare che in qualche modo saremo comunque parenti, bruh.»
    -------------------------------
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    Don't be afraid of my eyes, I'm blessing you even in my death. • scheda

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    Anche gli altri giocatori della serata erano ben vestiti, tutti rispettosi degli anni che dovevano simulare di star vivendo: c'era chi era vestito in frak e bastone, chi con abiti comunque elegantissimi e riconducibili all'epoca... E poi c'era Evelyn, l'amica di Ryoga. Bella, bellissima, con l'abito che urlava "troppi zeri nel conto in banca per poterli contare"... Di nuovo, era questo che si provava ad essere ricchi? Ad ogni modo subito salutò l'altra con un inchino dopo quello che rivolse a tutti gli altri genericamente.
    « Sono Hasegawa Risa, piacere di conoscerti. » si presentò comunque nonostante Ryoga avesse già enunciato i nomi di entrambe, ma voleva essere educata quanto più possibile, per far fare bella figura a suo fratello oltre al fatto che la ragazza dai capelli scuri sembrava anche una persona tranquilla. Dieci punti per Evelyn, otto per l'altra ragazza, Hikaru; stava per dare sette punti all'altra persona, ma quando aveva realizzato fosse un maschio aveva optato per otto punti anche per lui, quel vestito gli stava bene... E poi meno dieci punti per l'ultimo rimasto. Capelli scuri, occhi chiarissimi, anche lui urlava ciò che urlava l'abito di Evelyn e ci stava pure benissimo, ma quel modo di sorridere verso Ryoga... Non gliela contava giusta. Fortunatamente Risa aveva una mimica facciale inesistente o avrebbe certamente arricciato il naso con sguardo ostile, si limitò dunque a osservare il colpevole per sì e no qualche secondo per poi concentrarsi su qualcosa di meglio: la festa stava per cominciare, dovevano prendere posto.
    La disposizione dei posti le piacque poco, voleva suo fratello vicino, ma non ne fece un dramma inutile dato che l'aveva comunque di fronte - e non stargli addosso in continuazione non poteva che essere positivo per entrambi -, piuttosto si sarebbe messa a scambiare convenevoli con la sua vicina di posto, che neanche a farlo a posta era proprio Evelyn, ma il Sir Duca Conte fece il suo ingresso scenico, quindi non osò proferire parola e piuttosto ascoltò bene le sue parole, osservandolo: l'aveva già notato più volte, ma era tutto squisitamente al suo posto, che senso di completezza dava tutto questo. Se solo avesse potuto togliersi le scarpe e sedersi rannicchiata come al solito... Ad ogni modo prese il proprio biglietto e lo lesse con attenzione: era la nipote non riconosciuta del Duca Conte, figlia della sua primogenita che era fuggita via col suo grande amore. Quindi Risa era la figlia bastarda anche in quel gioco, casa dolce casa? Lottò per non lasciarsi sfuggire lo sbuffo di una risatina divertita dalla casualità, piuttosto si concentrò anche a leggere i ruoli degli altri, cominciando da "sua madre". Chi era la primogenita del Sir Conte fuggita col suo grande amore? Evelyn per coronare tutte le coincidenze? No, Serizawa Hikaru, quindi la ragazza di fianco a Ryoga alla quale "sorrise" come poté, progettando di chiamarla "madre" di lì a breve. Evelyn era la sorella del Sir Duca Conte, nubile, quindi poteva divertirsi anche con lei chiamandola "zia"... O forse no? Insomma, non era riconosciuta da suo fratello.
    Ueda Haru, il tipo che aveva sorriso in quel modo particolare verso Ryoga, era il secondogenito del Sir Duca Conte, quindi suo zio pure lui, e no non lo avrebbe chiamato zio, al massimo l'avrebbe chiamato "stai lontano da mio fratello"; leggermente protettiva, già, per non dire ansiogena. Tornando ai ruoli, Haru aveva una tresca con la giovane moglie del Conte, Kujo Saki. Ma chi era Kujo Saki? Perplessa si guardò attorno e... Rimase accigliata: era Hayato la giovane moglie del Duca Conte? D'accordo che il suo aspetto non urlava mascolinità da tutti i pori, ma dargli il ruolo di moglie... O forse aveva chiesto appositamente un ruolo tipicamente femminile in barba alle convenzioni sociali? Fosse stato così, Risa avrebbe fatto i complimenti a tutti, ma probabilmente c'era una motivazione ben più semplice alla base, dato il nome comunque errato.
    Infine, Ryoga. Anche lui aveva avuto una sorte simile alla sua: figlio bastardo, ma del Duca Conte con una serva brasiliana, e pensare a un ragazzo biondo naturale con gli occhi azzurri come il figlio di una brasiliana faceva ridere, non fosse che quando Risa rivolse lo sguardo verso suo fratello lo vide rigido come una stecca, che comunque provava a scherzare con Evelyn che aveva commentato come fosse la sua matrigna... Di nuovo, meno male che la mimica di Risa quasi non esisteva o si sarebbe visto quante risate stava trattenendo: conosceva suo fratello, poteva immaginare che quella piccola sbavatura nella sua messinscena di tranquillità non fosse per l'ironia dei loro ruoli nella famiglia.
    « Pare che in qualche modo saremo comunque parenti, bruh. » commentò il biondo, e Risa si sentì morire: l'aveva chiamata bruh davanti a tutti... Sperò che nessuno se ne fosse accorto dato il tono basso utilizzato, ma si sforzò di sorridere, nel senso che si impegnò a renderlo almeno percettibile dagli altri.
    « Vero, e abbiamo delle madri bellissime. » commentò voltando poi lo sguardo verso Hikaru « Onorata di essere vostra figlia, madre. »
    Forse Ryoga non aveva tutti i torti riguardo il divertirsi, anche se cominciavano già a dolerle le guance.

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    Haru Y. Ueda
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    Fece un cenno di sorriso alla giovane accanto a lui che l'aveva ringraziato, a quanto pare era rimasta sorpresa, non lo faceva quasi più nessuno e lo immaginava. Era soddisfatto però che il gesto fosse stato apprezzato.
    Sembrava che tutti avessero finalmente appreso i loro ruoli, e ad Haru in qualche modo ricordava casa sua, e temeva che non fosse una buona cosa: ma se quella era ''finzione'', per lui era la cosa più vicina alla verità di quel che si poteva immaginare...non aveva mai visto la sua vita come una telenovelas, ma più come un drama-horror. Forse avrebbe dovuto ripensarci, eppure la cosa invece di sollevarlo, lo fece solamente arrabbiare maggiormente: era abituato a nascondere, doveva farlo per forza di cose, ma poteva rendere sicuramente molto realistica la sua interpretazione, sopratutto riguardo l'eredità.
    Anche loro aspettavano che il vecchio tirasse finalmente le cuoia e probabilmente lo sapeva anche suo nonno, tanto da fargli dispetto e vivere ancora a lungo, ma forse quella sera doveva evitare di riflettere la sua vita su quella serata, non sarebbe stato totalmente producente.
    Il filo dei suoi pensieri fu interrotto da due eventi in particolare: il primo lo squillo di un telefono, quello di Hayato, che purtroppo dopo quella chiamata di emergenza fu costretto ad abbandonare i giochi ed andarsene. Peccato, Haru avrebbe voluto scambiarci qualche parola in più, senza sapere che avrebbe avuto più di un'occasione per farlo.
    Lo salutò cordialmente, prima di essere interrotto dalla voce della guest star principale, il cosidetto Sir Conte, che, con un accenno di tosse, aveva cercato di attirare l'attenzione su di sè.
    «Adesso che abbiamo letto tutti, possiamo dare inizio alla serata! Man mano vi verranno date tutte le istruzioni per andare nel vivo del gioco, e quindi ad iniziare ad investigare. Dopo cena verrà letto il testamento, dando il via alle danze! Intanto potete già iniziare ad interagire fra di voi, godendovi la cena»
    Perchè a tal proposito aveva un pessimo presentimento? Be', lo avrebbero scoperto presto: per fortuna si era premunito di prendere un piccolo aiuto prima di partecipare a quella serata, sarebbe stato sospetto non mangiare nulla quella sera, anche con la scusa di essere indisposti. Avrebbe preso solo il minimo necessario, non è che lo allettasse mangiare quella roba che chiamavano cibo.
    Non ci volle molto infatti che la cena fu servita, in modo barbaro secondo gli standard a cui era abituato lui, ma che trovava molto interessante per immergersi completamente in quella nuova atmosfera lontano da casa...lo divertiva pensare a quanti stereotipi ci fossero anche sugli aristocratici...che forse in parte erano anche veri per quello che ne pensava lui.
    E se proprio bisognava iniziare a giocare, Haru non si sarebbe tirato di certo indietro...il suo sorriso si allungò appena mentre decise di sorseggiare quello che a quanto pare era un alcolico simile a finto champagne.
    «Il vostro invito mi ha sorpreso, e non sapevo che adesso in questa casa, potessero entrare anche i mezzosangue» Dire con il sorriso frecciatine e cattiverie con contorno di calma, era il pane quotidiano di quel mondo, e ci sguazzava da quando era piccolo, ma se proprio doveva interpretare la parte del figlio snobbettino e insoddisfatto della sua vita, poteva essere un buon inizio.
    «Se avessi saputo che erano a cena, mi sarei vestito in modo adeguato per una festa di campagna, non vorremmo mai fossero a disagio, vero?» Che schifo i poverY. In parte quello era ciò che pensava davvero la sua famiglia, con aggiunta di ''che schifo i poverY UmanI'', ma quello poteva essere esteso tranquillamente anche ai poveri ghoul. La sua famiglia se la credeva un po' troppo, e questo lo aveva sempre saputo, poteva riversare ciò che aveva imparato in quella serata interpretando al meglio il suo ruolo! Sperava solo che non fosse talmente convincente da far credere agli altri che lo pensasse davvero: in realtà a lui poco importava di queste cose, i suoi interessi erano oramai ben altri.
    Avevano iniziato con i botti insomma...

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    Hikaru "Shiori" Serizawa
    Aveva fatto bene nel decidere di partecipare a quell'evento: non erano tantissimi, ma si respirava un'atmosfera tranquilla, sapeva che non si sarebbero annoiati. Già solo il commento sulla soap indiana cacciato fuori dal suo vicino di posto, Ryoga, l'aveva fatta sorridere particolarmente divertita. Non poté che annuire, concordando con lui.
    «Concordo, è una telenovelas» mormorò ad un tono di voce basso, ma che fosse quantomeno comprensibile per i suoi vicini di posto. Voleva evitare che l'ospite la sentisse commentare in quel modo, ma gli altri avrebbero benissimo potuto sentire, non aveva problemi. E doveva comunque farsi comprendere se voleva comunicare, no?
    Subito dopo quel commento sulla soap indiana, Risa le rivolse parola, facendola sorridere ancora più divertita. Si era calata bene nel ruolo, le aveva fatto provare il brivido di dover interpretare qualcosa di nuovo, dopo tanto tempo dall'ultima recita scolastica a cui era stata trascinata a forza per interpretare una fatina dei boschi. Perché, a conti fatti, era l'unica esperienza recitativa che poteva vantare di avere. Già, il ruolo della fatina dei bosch-- perché si stava perdendo in quella matassa sconclusionata di pensieri? Meglio ritornare coi piedi per terra.
    «L'onore è mio, cara» le rispose quindi, prima di venir distratta dallo squillare del telefono di Hayato, che dopo poco annunciò di dover abbandonare la serata per un'emergenza. A dire il vero le dispiaceva non poter chiacchierare ancora con lui, ma sarebbe stato per una volta. Con un cenno della mano lo salutò, prima di immergersi nuovamente nel vivo della serata. L'ospite spiegò come avrebbero proceduto lungo la serata, indicando in linea molto generale come si sarebbe suddivisa la serata. Una volta assimilate tutte le informazioni, non le restava che perdersi nella cena. Mangiava molto di rado fuori casa, era un'occasione più unica che rara! Sperava vivamente il cibo fosse delizioso.
    Il primo antipasto venne servito: aveva tutta l'aria di essere una piccola insalata di frutti di mare, servita su una piccola "ciotola" a forma parallelepipeda trasparente. La porzione non era neanche troppo misera. Haru, il ragazzo alla sua destra, esordì con commenti alquanto insoliti e, a dire il vero, piuttosto discriminatori. Aveva davvero usato la parola "mezzosangue"? Da non credere. O quel tale era un ottimo attore, oppure era una persona piuttosto discutibile. Rimase a guardarlo sorpresa per una manciata di secondi, prima di rendersi conto che forse non era il caso continuare.
    «S-suvvia, non dica così» gli rispose, lasciando che il tono di voce sfumasse dall'interdetto al divertito, mettendosi particolarmente d'impegno per risultare quanto più "aristocratica" riuscisse. Non era un'impresa facile, se doveva essere del tutto onesta, soprattutto il doversi ricordare che lei e Haru dovevano essere fratello e sorella, quindi non era proprio il massimo dargli del Lei. «Facciamo tutti parte della famiglia, chi più e chi meno, perciò non badiamo a questi futili particolari.»
    Doveva pensare come una donna che era scappata di casa facendosi una vita con un uomo qualunque e da cui ebbe una figlia non esattamente legittima erede del loro ospite, per cui poteva andare bene che fosse un po' inclusiva, sopratutto nei confronti di Ryoga e Risa, giusto? Infatti rivolse lo sguardo prima ad uno e poi all'altra, poco dopo aver pronunciato quelle parole.
    «Dovremmo solo pensare a divertirci e a passare una bella serata insieme, come si addice ad una vera famiglia.»
    Aveva seri dubbi sulle sue scarse doti recitative, ma meglio di niente. Poteva andare molto peggio, giusto?

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    Evelyn Tiffany Applegarth
    Il commento sulla soap indiana fatto da Ryoga scaturì una lieve risata in Evelyn, risata che, per quanto avesse voluto, non riuscì proprio a trattenere. Abituata com'era alla vita in alta società, si coprì istantaneamente la bocca con una mano, per risultare quanto più discreta riuscisse. Dopo essersi ripresa da quel momento di risa, sorrise dolcemente alle parole della sua vicina.
    «Ti ringrazio Risa-san, ne sono lusingata» commentò tranquillamente, rivolgendole un sorriso delicato, «anche tu sei bellissima.»
    Ed era seria. I geni nella famiglia Hasegawa dovevano essere tra i più belli del mondo per avere due rappresentanti come Ryoga e Risa. Avevano tratti somatici e colori differenti, ma ciò non era un ostacolo alla genuina bellezza di entrambi. Un po' li invidiava, lei si sentiva così mainstream nel suo aspetto fisico, l'unico particolare degno di nota erano gli occhi stranamente verdi per un'asiatica. Era probabilmente l'unica cosa per cui doveva ringraziare suo padre, un gran bel dono.
    Il suo vicino di posto, Hayato, spezzò l'atmosfera tranquilla con il proprio cellulare, che squillo per avvisarlo di un'improvvisa emergenza. Lo osservò alzarsi e dileguarsi oltre la porta della sala, lasciando il posto alla sua sinistra libero. Peccato, avrebbe voluto passare del tempo tutti insieme, ma agli impegni improrogabili purtroppo non si poteva dire di no. A giudicare dal nominativo nel segnaposto, non era nemmeno lui l'invitato, inizialmente. Probabilmente si era offerto di sostituire quella Saki che si era prenotata per la serata, ma che non era potuta venire per chissà quale motivo. Aaaah, la vita a volte sapeva davvero essere noiosa ed imprevedibile. Una vera guastafeste, nel senso letterale.
    Quando la parentesi Hayato raggiunse una conclusione, la serata proseguì: l'ospite illustrò loro le varie fasi di quella cena con delitto in maniera molto blanda e poco ricca di particolari, ma almeno aveva un'idea generale di come si sarebbe svolto il tutto. Quelle informazioni furono sufficienti per far rilassare Evelyn. L'unica cosa era che sperava che Hayato non fosse l'assassino, altrimenti la serata poteva dirsi conclusa lì.
    Haru fu il primo a parlare dopo l'introduzione del Duca Conte McConaughey, con un'uscita a dir poco infelice. Per il modo di parlare e l'atteggiamento, sembrava sguazzare in quell'ambiente abbastanza da sapere come ci si comportasse, oltre al fatto che dava tutta l'aria di essere uno con la puzza sotto il naso. Ad Evelyn certi individui non piacevano granché: anche lei era abituata a grandi serate, vestiti sfavillanti, gente di nota attorno con cui conversare, "cibo delizioso" e sfavillanti gioielli da indossare, ma aveva da sempre detestato chi si dava un tono di superiorità soltanto perché nella vita era stato più fortunato di altri. L'espressione seccata che colorò il volto di Evelyn fu piuttosto esplicativa, ma cercò di darsi un contegno solo perché non aveva idea di chi avesse davanti: poteva essere semplicemente una persona terribilmente brava a recitare, che si era calata perfettamente nel ruolo assegnatogli. Non doveva vederci per forza del marcio, magari stava solo dando il meglio di sé come figlio spocchioso e snob di Sir McConaughey, giusto?
    «Quanto sei maleducato, figliolo» si permise di commentare, cercando a sua volta di far sfoggio delle sue discrete qualità recitative, mettendo su un sorriso che aveva più l'aria di essere un ghigno, «non dovresti essere così irrispettoso nei confronti di tuo padre, ne sei consapevole?»
    Doveva interpretare il ruolo di una signora che aveva da sempre finto simpatia per il fratello, abituata quindi ad essere lusinghiera e ruffiana per accaparrarsi ciò che desiderava. Se rispondeva in quella maniera ad Haru, per aver detto qualcosa di così ostile e poco gradevole, probabilmente avrebbe fatto una buona impressione per la sua interpretazione.
    «Pensiamo solo a far sentire a loro agio questi due giovani, mh?»
    Detto questo rivolse un sorriso molto più serafico a Risa e Ryoga, nella speranza che le dessero manforte per sconfiggere i commenti poco carini di Haru. In fin dei conti, a ben pensarci, dovevano proprio essere rivolti a loro due, in quanto figli illegittimi, a modo loro... sperava solo di non creare situazioni spiacevoli dalle quali sarebbe stato difficile uscire.

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    Ryoga Hasegawa
    Ricapitolando i ruoli di ciascuno: Haru era il secondogenito del Duca Conte, colpevole di una tresca con la giovane moglie interpretata da Hayato; Hikaru era la primogenita del Duca Conte, fuggita di casa col suo vero amore con cui aveva successivamente concepito Risa; infine, Evelyn era la sorella nubile del Duca Conte, nonché persona che aveva cresciuto il personaggio da lui interpretato. E sua madre naturale era l’inserviente brasiliana Consuelo.
    Quindi lui era un mezzosangue brasiliano biondo con gli occhi azzurri... très bien?
    Chiunque avesse concepito quell’intreccio di intrallazzi doveva avere una fervida immaginazione o una spiccata passione per i drama, e Ryoga, che per lavoro faceva tanto il cameriere quanto l’attore, non poteva che provare una profonda ammirazione per tanta professionalità.
    Non sarebbe mai stato all’altezza, come al solito. Avrebbe rovinato l’atmosfera con le sue stronzate, come al solito. Ah, e come al solito si stava sminuendo con tutte le sue forze, mentre osservava Hayato ricevere una telefonata che avrebbe messo prematuramente fine alla sua cena con delitto. Un vero peccato, pensò rivolgendogli un sorriso dispiaciuto e un saluto cordiale, gli aveva fatto una buona impressione e non gli sarebbe dispiaciuto conoscerlo meglio. Ma chissà, magari avrebbero avuto la fortuna di incrociarsi ancora: Tokyo era una città incredibile sotto molti punti di vista.
    Quand’ebbero tutti riposto le loro lettere, l’attenzione venne catalizzata dal Duca Conte che illustrò i successivi passaggi della serata.
    Il più problematico sarebbe chiaramente stata la cena in sé, per la quale si era già scusato più e più volte con Risa: non c’era modo di evitarla, ma avrebbero potuto mangiare giusto lo stretto indispensabile. Sapeva dell’esistenza di certe compresse prodotte dai ghoul che alleviavano il disturbo causato dal cibo umano, si era anche informato con l’intenzione di acquistarle prima di rendersi tristemente conto di essere troppo povero anche per questo. E così si era ancora scusato con Risa, conscio di essere vicinissimo a farle seriamente perdere la pazienza.
    Mentre i dipendenti sciamavano nella sala da pranzo per servire l’antipasto, agli occhi di Ryoga non troppo distante da un intruglio dall’odore per nulla invitante, la parola fu presa da Haru. O meglio, dal secondogenito del Duca Conte, nel quale Haru si era già calato con un’abilità che stupì in positivo, e non poco, Ryoga: era portato, accidenti se era portato! Che bravo!
    Un breve sorriso di approvazione si formò sulle sue labbra: se era una sfida quella che Haru aveva lanciato allora l’avrebbe raccolta senza esitazione, ma senza lasciar prevalere l’orgoglio sul ruolo che doveva interpretare. Era pur sempre un figlio bastardo in una posizione delicata.
    Incrociò le dita e vi appoggiò sopra il mento, sporgendosi in modo da instaurare un contatto visivo con Haru oltre la sagoma di Hikaru.
    «Nessuno qui è a disagio, dopotutto abbiamo tutti lo stesso diritto di sedere alla tavola di nostro padre rispose con un amabile sorriso e tono pacifico. «Ma ti ringrazio della premura, fratello
    Per quanto lo riguardava, scene del genere lo divertivano anche più del dovuto, Haru gli aveva inconsapevolmente dato pane per i suoi denti.
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    Risa Hasegawa
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    « L'onore è mio, cara » fu il responso di Hikaru che a quanto sembrava aveva apprezzato e colto il suo silenzioso invito ad instaurare un rapporto... E forse anche il suo sforzo per l'espressione non era stato vano a giudicare da come non le avessero rivolto facce stranite, cosa che le capitava spesso quando voleva modulare la voce in un certo modo ma la sua faccia comunicava il nulla cosmico. Sperava solo di non dover sorridere troppo quella sera, anche se comunque si sforzò ancora per ricambiare il delizioso sorriso divertito di sua "madre".
    « Anche tu sei bellissima. » le rispose anche Evelyn, l'altra interpellata dal suo intervento lusinghiero, anche lei con un sorriso bellissimo, il suo più delicato rispetto a quello divertito di Hikaru. Lei bellissima, detto da Evelyn... Era una palese bugia, non ci avrebbe mai creduto: c'erano tre ragazze in quella stanza, due delle quali così belle, mature, femminili... E poi c'era lei: un fungo in gonnella, una bambina appena uscita dalla scuola primaria con i piedini nelle enormi scarpe col tacco della madre. No, non era bella per niente, era Ryoga quello bello della famiglia, lei era la pazza che vede le cose strane. Voleva solo alzarsi e andare via, o abbracciare suo fratello così forte da sparire... Ma no, non avrebbe fatto nulla di tutto questo, piuttosto chiese un ulteriore sforzo alla sua faccia e sorrise nuovamente, stavolta a Evelyn.
    « Grazie, troppo gentile. » mentì spudoratamente, ricordando sempre che era lì per Ryoga, e non aveva intenzione di rovinargli la serata; fortunatamente l'attenzione di tutti venne rapita dalla chiamata improvvisa che costrinse Hayato, il ragazzo che aveva capito solo dopo essere tale, ad andare via, e poté dare tregua alle sue povere guance stressate.
    Salutato quindi il povero Hayato, colui che avrebbe interpretato suo nonno il Duca Conte spiegò brevemente loro le varie fasi della serata alle quali presto attenzione rabbrividendo a un pensiero improvviso: la cena. Dovevano mangiare cibo umano. Ryoga si era scusato così tanto con lei da averla costretta ad alzare la voce con un arrabbiato "BRUH! Smettila di chiedere scusa" al quale era ovviamente seguita un'altra scusa, e per quanto non gli desse colpe, non l'avrebbe comunque salvata dal fare una capatina al bagno quanto prima; il cibo venne servito e... Santo cielo, stava già per vomitare per il puzzo terribile che emanavano quelle pietanze.
    Fulmine a ciel sereno: il commento di Haru, evidentemente calatissimo nella sua posizione di secondogenito snob nei confronti suoi e di Ryoga; una storia già vista a casa Hasegawa con loro nonno che aveva buone parole, anzi direttamente parole in generale solo per gli altri cugini, quelli bravi, e lei e Ryoga completamente inesistenti. Odiava gli Hasegawa, e ora odiava pure quel tale, Haru. Arricciò brevemente il naso - non si sa se realmente per il commento di Haru o se per l'orrore che doveva ingurgitare - e lasciò parlare gli altri: Evelyn ed Hikaru risposero con educate ammonizioni verso loro nipote/fratello portando poi verso Ryoga e lei degli sguardi gentili; qualcuno che li difendeva e poteva essere udito, questa era una novità alla storia trita e ritrita. Anche Ryoga prese parola con una risposta furba, molto bella, certamente frutto della sua mascherata all'Host Club... Aah, suo fratello era così bravo! Avrebbe fatto il tifo per lui anche a voce se avesse potuto, ma era certamente meglio evitare. Solo in quel momento un'altra consapevolezza la colpì, posate alla mano: doveva intervenire anche lei, non poteva essere passiva come al solito.
    Dunque, era l'unica nipote più lontana dal Duca Conte, non riconosciuta perché sua madre aveva preferito seguire l'amore piuttosto che le imposizioni di suo padre... Come avrebbe dovuto sentirsi? Come avrebbe dovuto comportarsi? Con questi punti a guidarla, riposò tutto con un sospiro.
    « O forse l'unico realmente a disagio è chi non ha seguito il suo cuore e trova gioia unicamente nello schernire gli altri. » rispose pacata, le mani poggiate sulle gambe: forse si era troppo esposta, ma aveva deciso di prendere le parti di sua madre e la sua fuga d'amore incompresa da suo padre e suo fratello, sperava solo di essere riuscita bene (e di scamparsi la cena).

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    Haru Y. Ueda
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    Le sue parole avevano scaturito diverse reazioni, e pensò che per quanto in quel contesto si stesse recitando, le persone erano ripetitive e non cambiavano mai: visto che credeva di aver vissuto una vita molto più lunga di quello che era in realtà, Haru aveva l'arroganza di credere di aver già visto tutto ciò che poteva.
    Il povero Sir Duca Conte probabilmente non si aspettava tutta quella...autenticità? Non di botto, tanto che rischiò quasi di strozzarsi con il vino, ma ad Haru piaceva prendere in contropiede le persone, e sarebbe stato all'altezza delle aspettative.
    «Maleducato per aver portato a galla l'evidenza?»
    Le bugie, le facciate, le frecciate, erano tutte cose a cui era abituato e di cui era stufo, ma di cui non riusciva a liberarsi nella sua vita reale: doveva ricordarsi di distaccarsi...o forse no. Forse per una volta poteva sfogare la sua frustrazione e il suo odio represso? No, non sarebbe stato il caso...per quanto era fortemente attirato dall'idea.
    «Ne parli come se fosse un santo, cara zia...ma immagino che ai tuoi occhi sia così»
    Sopratutto per ciò che poteva avere in cambio, era un'utopia che in famiglie così ricche esistesse un reale affetto: era convinto che fosse simulato, spesso dai soldi.
    La sfacciataggine era una delle sue pessime qualità, e la povera Evelyn, così come gli altri, la stava subendo, e non solo: era certo che fossero tutte persone squisite.
    Ancora, il povero Sir Conte rischiava di strozzarsi con il vino, ma la cosa lo divertiva troppo: probabilmente era doppiamente stupito di aver trovato un gruppo che stava così tanto al gioco e doveva riprendersi probabilmente, ma forse non avrebbe avuto neanche il tempo di fermare quella macchina che oramai si era messa in moto.
    «Oh ma certo, farò del mio meglio»
    Certo.
    Proprio del suo meglio.
    Se intendeva del suo peggio--no, forse meglio di no.
    «È indubbia come cosa, però mi stupisco come alcuni di noi si siano ricordarti stranamente solo adesso di farne parte...davvero strano»
    Disse fintamente pensieroso, bevendo un altro po' dal suo calice per mandare giù quella roba che stava macchiando il suo splendido tempio intestinale.
    «Oh ma tranquilla, io mi sto divertendo»
    anche troppo in realtà, per quanto avrebbe voluto cacciare così tanto veleno da far marcire il mondo, ma teneva bene a mente che quello era tutta una finzione, che non era la sua famiglia e poi alcuni gli stavano simpatici a pelle...o ad occhio per così dire.
    Era meglio non immagine cosa sarebbe successo se gli fossero stati antipatici allora.
    Un brivido gli percorse la schiena quando Ryoga instaurò uno splendido contatto visivo con lui, ah, che bello! Quegli occhi gli davano sempre un mix di feeling contrastanti, e di nuovo, gli avevano aperto lo stomaco.
    Era un vero peccato non potergli stare così vicino e doverlo osservare a distanza, doveva ricordarsi di smettere, o sarebbe sembrato anche più creepy del solito.
    Quella sfida dunque gli procurò una scarica non indifferente di adrenalina, quanto poteva dare il suo peggio?
    «Alcuni più di altri» Ovvero lui: lui aveva più diritti di tutti quanti loro, era il figlio dopotutto, la sorella era scappata, dunque perchè riammetterla? Non li aveva voluti, quindi si doveva arrangiare da sola, ma chissà perchè quando ci sono i soldi in mezzo tutti si ricordano improvvisamente di tenere ai valori della famiglia.
    Una storia che aveva già visto.
    Allungò il suo sorriso ridacchiando appena, mentre venivano portate via i piatti vuoti, per sostituirne con nuove portate.
    «Ma figurati è sempre un piacere dare un'occhiata ai bisogni degli altri» Doveva smetterla di pensare agli occhi, ma no, non sarebbe stato da lui, forse ne sarebbe rimasto ossessionato per tutta la serata, dimenticandosi del resto.
    Quanto avrebbe voluto prenderli.
    Ah giusto, non poteva, anche se eliminare tutti gli umani non sarebbe stato un problema...peccato che non lo erano tutti, sarebbe stato così semplice, magari se avesse potuto cacciare, lo avrebbe isolato e...no, basta pensare a eventuali impossibili scenari, gli faceva venire solo più fame.
    Il suo teatrino mentale fu interrotto dalla voce di una ragazza, che doveva interpretare la figlia della sorella, frutto di quella fuga dal vero amore, e sebbene dentro fosse infastidito per essere stato interrotto nella contemplazione di quegli occhi, non poteva non rispondere al guanto di sfida tirato anche dalla ragazza. In un contesto simile, aveva coraggio, doveva dargliene atto, ma sapeva bene che nella realtà non ci avrebbero pensato due volte a distruggerla. Era questo che quelle famiglie facevano, si distruggevano a vicenda.
    La sua famiglia probabilmente avrebbe vinto il premio nazionale.
    Si mise composto, sorridendole.
    «In effetti è vero, sono a disagio, ma non per la cena» Giusto per rimarcare l'ovvio del fatto che loro non sarebbero dovuti essere ad una cena familiare, o almeno è ciò che pensava avrebbe detto il personaggio che interpretava. In verità Haru si stava divertendo anche troppo, forse si sarebbe dovuto scusare per il suo modo interpretativo a fine serata, ma sperava che immaginassero che fosse legato all'interpretazione...o quasi.
    Di nuovo la cena fu interrotta dall'intervento di Sir Conte, che aveva avuto finalmente il coraggio di parlare, e infatti tornò ad impersonare il rigido padrone di casa per quella sera.
    «Adesso basta figliolo, direi che è il caso di passare a questioni più urgenti...ad esempio, il motivo per cui vi ho voluti riunire tutti qui»
    Il tono teatrale che aveva fece sorridere il ghoul, anche se poco dopo si spense nel pensare che forse quella sarebbe stata simile ad una cena della sua famiglia e il suo vecchio, ma forse in toni ancora più aspri, in confronto quelle erano amorevoli chiacchiere.
    «La lettura del mio testamento»
    Quello che tutti stavano aspettando, e probabilmente il momento preciso in cui tutto sarebbe iniziato, quella cena con delitto stava ufficialmente per iniziare!
    «Ho vissuto molto a lungo, ma sento che la fine è vicina, ecco perchè ci tenevo a farvi sapere di cosa ne sarà del futuro di questa famiglia...da sempre me ne sono preso cura, ma mai come in questa, ho ricevuto più delusioni»
    Si chiedeva quando avrebbe iniziato ad esporre tutto il suo disappunto su di loro, ed eccolo che stava iniziando: se Haru avrebbe voluto ridere, da una parte restò ammutolito, nella consapevolezza che quella poteva essere una scena non tanto lontana dalla realtà nel suo caso.
    Se lo disturbò? Eccome.
    «Ognuno di voi ha contribuito a questa decisione, con i vostri comportamenti irrispettosi, falsi e dediti solo al proprio tornaconto! Non siete altro che delle sanguisughe! Ecco perchè finchè vivrò nessuno di voi avrà un centesimo da me!»
    L'attore di Sir Duca Conte sembrava molto convincente nella sua parte, e Haru era rimasto in silenzio ad ascoltare, mentre cercava di distaccare le due immagini che aveva nella testa.
    «Ho deciso infatti, di cambiare il mio testamento! Domani mattina, andrò a formalizzarlo. Siete tutti esclusi!Tutti! E dovreste ringraziarmi, forse così imparerete a lavorare e sudarvi i vostri soldi, ad andare su una via più retta!»
    Dunque Sir Duca Conte li aveva chiamati per umiliare i suoi familiari pubblicamente, sbattendogli in faccia la realtà? Assolutamente si, da vero bastardo pensò Haru.
    «E ora godetevi pure il dolce, perchè sarà l'ultimo che vi godrete a mie spese»
    Quello si che era un bel motivo per uccidere, intanto ad Haru si era chiuso di nuovo lo stomaco, ma cercava di dissimulare e distaccare la sua mente, sebbene per qualche minuto aveva realmente pensato che forse era stata una pessima idea andare a quella serata.
    L'attore probabilmente avrebbe dato il tempo ai partecipanti di replicare o di reagire, prima di poter dare nuove linee guida per entrare nel vivo della serata, ovvero le indagini.
    «Almeno hai avuto la decenza di aspettare il dolce, vecchio... Spero vivamente tu stia scherzando»
    Essendo l'unico figlio rimasto e non quello scappato teoricamente il suo personaggio magari non si sarebbe sentito tirato in causa se non avesse specificato che nessuno avrebbe avuto un centesimo.
    «No, non sto scherzando: farà bene sopratutto a te, vedila come una grazia, visto che potevo fare molto peggio...credi davvero che non sappia i vostri sporchi segreti? Quello che mi avete fatto tutti alle spalle? È giunta l'ora di pagare i vostri debiti»
    Ma visto come sarebbe andata la serata, l'unico a pagare con la vita sarebbe stato lui: e ora come ora, ad Haru non dispiaceva, pensava che il vecchio Sir Duca se le meritava tutte le pugnalate alla schiena.
    O almeno immaginava potessero essere quelle, non avevano specificato come sarebbe stato trovato morto, ma un coltello poteva essere l'arma più classica sebbene sporcasse decisamente di più.
    E non avrebbe stupito ritrovarlo dopo quelle dichiarazioni: la serata si stava facendo decisamente interessante! Non vedeva l'ora di ricevere istruzioni per iniziare ad indagare, credeva di poter smascherare il colpevole...da assassino ad assassino ci si capiva, no?


    «Parlato»
    Pensato

    Well, maybe you should smile, you're never fully dressed, it's your debut!

    Ghoul
    Bikaku
    RANK B
    Adam(Hebi)

     
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