Après la danse

[CONCLUSA] Chihiro Fujioka & Lancelot Moreau @Cherry Passion | 25/12/2020 | 00:40 | NEVE

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    Aveva paura; no, non era una novità, ma in quegli interminabili ticchettii di orologio Lancelot aveva più paura del solito, tanto da sentirsi scivolare la vetroresina della maschera tra le dita come se fosse stata intinta d’olio. Aveva dell’incredibile che in una città rumorosa come Tokyo, nel pieno della notte di Natale, l’udito di Lance riuscisse ad essere completamente soggiogato dal ticchettio delle lancette dell’orologio, ma tenere il polso quasi incollato al padiglione auricolare non poteva avere effetti poi tanto diversi, no? Il ritmico tic-tac evitava ai suoi nervi di fare una fine indecorosa scoppiando nel bel mezzo di una missione.
    Aveva aspettato Chihiro Fujioka a lungo - per diversi giorni avrebbe detto basandosi esclusivamente sulle sue percezioni distorte, ma per il resto del mondo non erano state che alcune ore -, appollaiato come un uccello notturno sul tetto dell’edificio di fronte al love hotel, invisibile nell’abbraccio del buio.
    Il freddo era tanto subdolo da palesarsi solo passati i primi venti minuti e adesso Lance non era più sicuro di riuscire ancora a muovere le gambe, che in un disperato tentativo di trattenere un po’ di calore aveva stretto al petto. Aveva freddo, fame e paura, un’immensa paura, non sapeva se tremava più per il freddo o per la paura; ogni tanto batteva i denti e le palpebre sembravano veli di ghiaccio che tagliavano i bulbi oculari ogni volta che le sbatteva. Ah, e probabilmente aveva anche il volto paonazzo, proprio terrificante come ghoul.
    Quel maledetto scrittore pazzo - nickname amichevole per Chihiro Fujioka - se l’era presa comoda e non era neanche solo. Si era portato qualcuno alla festa: un pazzo, perché per stare accanto a una persona la cui mente partorisce certe idee allucinate devi essere pazzo. Insomma, Dio li fa e poi li accoppia - disse il terzo pazzo, a differenza degli altri due patologico.
    Non gli era rimasta altra scelta che aspettare che i due si dividessero e appostarsi su quel lurido tetto, in mezzo ad incrostazioni di fango e pioggia e lasciti di piccione che aveva evitato al meglio delle sue possibilità, aspettando che il maledetto scrittore pazzo tornasse. Infine, quando Chihiro Fujioka era effettivamente tornato, Lance era comunque rimasto sullo stesso lurido tetto a racimolare coraggio.
    La paura lo paralizzava.
    Non aveva mai rapito qualcuno. Aveva ucciso, aveva sbranato, aveva fatto tutto quel che si addiceva a un mostro come lui, ma non si era mai cimentato in qualcosa di fine - di umano - come un rapimento. A quelli ci pensavano solitamente gli altri sottoposti del maestro, dopo che lui aveva convenientemente ridotto all’immobilità il prigioniero. Proprio per questo non capiva il disegno del maestro - troppo arguto per una mente semplice come la sua -, il motivo per cui avesse voluto affidare quella missione proprio a lui, che così facilmente avrebbe potuto fallire.
    Forse perché sapeva che Lance avrebbe fatto di tutto - tutto - per non fallire. Fallire equivaleva a deludere. Deludere equivaleva a non essere degno della misericordia che ogni giorno il maestro gli mostrava, perdonandolo di essere nato mostro.
    Provò a mettersi in piedi e quasi scivolò sul tetto coperto da un sottile strato di ghiaccio, ma recuperò subito l’equilibrio. Un sospiro si spezzò a metà per lo spavento: mezzo mozzato in gola e mezzo libero di condensarsi davanti alla bocca socchiusa. Le gambe rispondevano poco ed erano percorse da un formicolio insistente, ma l’importante era che facessero il loro dovere.

    Alla fine Lance entrò dall’ingresso principale a volto scoperto. Più o meno. Non indossava la maschera di Calavera - sebbene l’avesse con sé, pronta a coprirgli il viso in caso di necessità -, ma aveva comunque la testa, e in particolare i troppo identificabili capelli rossicci, coperti dal cappuccio della felpa.
    Si era cambiato, sì: non poteva portare a compimento un rapimento tirato a lucido com’era stato alla festa. Sugli abiti ora molto più comodi - felpa, jeans e scarpe da ginnastica - completamente neri indossava un cappotto appena spolverato di neve candida sulla linea delle spalle.
    Abbandonato in fondo alla tasca destra, lo smartphone dondolava ad ogni movimento; impostato sulla modalità silenziosa, l’ultima telefonata risaliva a pochi minuti prima ed era stata indirizzata ad un’utilitaria che proprio in quegli istanti cercava parcheggio dietro il love hotel.
    Cherry Passion: un nome che Lance non capiva perché avrebbe dovuto essere appropriato, doveva esserci una chiave di lettura che gli sfuggiva. Acclimatarsi fu quasi immediato dal punto di vista della temperatura, decisamente più gradevole rispetto all’esterno, ma impossibile per il resto. Aveva smesso di tremare per il freddo, ma non per la paura.
    Procedette con passo felpato finché sulla destra non incontrò la reception, luogo dove aveva fissato il suo appuntamento con un inconsapevole Chihiro Fujioka - o Emil Fujishiro. Senza abbassarsi il cappuccio, il ragazzino diede fondo a tutta la sua sfacciataggine decidendo di affrontare Chihiro a viso aperto: si fermò davanti alla reception e appoggiò le braccia sul banco, esordendo con lo stesso sorriso incolore che gli aveva già rivolto alla festa e un innocente «Bonsoir».
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    Edited by alyë - 6/9/2021, 20:27
     
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    Chihiro Fujioka
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    A party finito era tempo di tornare alla vita di tutti i giorni. O meglio, di tutte le notti. Avrebbero aperto un po’ in ritardo ma i loro clienti più affezionati erano stati avvertiti in anticipo anche se l’annuncio lasciato di fronte all’ingresso sarebbe stato più che sufficiente per avvertire i passanti. Avrebbero perso alcuni avventori per la serata ma Chihiro, a differenza di Minoru, non ne vedeva il problema. In fondo, come diceva sempre, la notte era lunga e in una serata romantica e così gelida, beh, cercare un bel posticino al calduccio per fare cose o non, era più che lecito! Parola di manager!
    Si era diviso con Minori a metà strada, uno verso casa e l’altro in direzione Love Hotel Hill. Insomma, toccava a lui la reception quella sera, uno dei motivi per cui il suo caro amico aveva alla fine accettato di andare con lui a quella festa. Beh, oltre ai suoi selfie supplicanti. Anche se in realtà sarebbero bastati quest’ultimi a convincerlo ma dettagli, basta non farlo notare a Chihiro. Poi non aveva nemmeno bisogno di cambiarsi e la piccola Azuki era a casa al sicuro e con tutto quello che le sarebbe servito fino alla mattina. Just according to keikaku.
    Si rigirò il mazzo di chiavi tra le dita, nel mentre entrava dalla porta sul retro -rabbrividendo un po’ per il freddo, le dita gelate- andando poi ad accendere le luci. E il riscaldamento. Passando per il magazzino, ormai sapeva percorrerlo senza problemi anche ad occhi chiusi, entrò nel piccolo ufficio che faceva anche da reception privata, appendendo il suo capotto sull’attaccapanni e lasciando le sue cose sul divanetto all’angolo. Come di abitudine, prima di andare ad aprire le porte principali e le luci esterne, accese le telecamere e il computer accostati sulla scrivania vicino alla cassa. Anche se quella sera la sua cara amante Ispirazione lo aveva abbandonato.
    Una volta fatto tutto, chiuse dietro di sé la porta che dalla sala d’ingresso portava all’ufficio, lasciandosi poi cadere sulla sedia imbottita di fronte alla scrivania, lo sguardo puntato sul vetro a specchio opaco che aveva di fronte, una sorta barriera tra sé e i clienti. Semplice questione di privacy e sicurezza, alcuni avventori sapevano essere assai timidi. Ora, tutto quello che doveva fare era aspettare l’arrivo di qualcuno. O, almeno, trovare qualcosa che nel mentre lo tenesse occupato, la noia sua suprema nemica. Alla fine optò per leggere qualcosa, per cui tirò fuori da uno dei cassetti uno dei romanzi rosa che avevano lasciato per sbaglio lì una delle donne delle pulizie il giorno prima. Glielo avrebbe ridato una volta finito.
    Non era passato molto, giusto il tempo per leggere qualche capitolo esilarante per quanto tremendo (proprio quello che piaceva a lui), che la porta d’ingresso si aprì, facendo spazio a un solitario figuro. Chihirò lanciò un’occhiata prima al feed delle telecamere e poi all’ora visualizzata sullo stesso display, infilando poi uno dei suoi biglietti da visita a mo’ di segnalibro sulla pagina in cui si era fermato. Basso, ben coperto, da solo. Un ragazzino? Senza borse o altri averi con sé. Non in fuga, in cerca di un riparo allora.
    «Bonsoir, welcome to Cherry Passion Love Hotel» cantilenò lui in risposta, robotico e con un forte accento, perfetto customer service direbbe lui anche se altri avrebbero molto da ridere sulla cosa «Come posso aiutarti? Una stanza per uno, presumo? Hai ampia scelta» aggiunse dopo una pausa, una mano appoggiata al mento e un sopracciglio alzato. Come il display nelle vicinanze dell’altro poteva dimostrare, le stanze erano ancora tutte vuote.
    Ora che gli era di fronte poteva scrutargli meglio il viso, non che l’altro potesse vedere il suo. Non ricambiò il suo sorriso, non che ce ne fosse bisogno. Guarda un po’ chi si rivede. Così presto poi! Forse la sua teoria dello stalker era poi vera ma ehi, non era stato proprio lui ad avergli dato un coupon per il robuho? I suoi campanellini d’allarme erano come al solito spenti. Che peccato, non pensò lui. Sia mai si sentisse per una volta in pericolo!
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    Edited by alyë - 3/3/2021, 17:39
     
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    Lancelot Nazaire Moreau
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    Le poche occasioni sociali a cui prendeva parte - che si trattasse di accompagnare il maestro, partecipare a un evento in sua vece o collaborare con qualcuno per portare a termine una missione - non avevano insegnato a Lance che picchiettare compulsivamente la punta del piede sul pavimento era un chiaro segno di agitazione. Ansia e paranoia erano le compagne di vita che ingrigivano ogni giornata per i motivi più disparati, era quindi abituato ad averne il fiato sul collo, ma in quel momento le sentiva percorrere ogni centimetro di pelle come un tiepido formicolio che spazzava via i residui del freddo accumulato in precedenza. La gamba che quasi aveva perso la sensibilità adesso vibrava come un martello pneumatico, se non si fosse dato una calmata Chihiro Fujioka si sarebbe ritrovato con un bel buco davanti al bancone, tipo segnale per i futuri avventori: inserire il piede qui.
    Sarebbe stato facile catalogarlo banalmente come un ragazzino alla ricerca di un posto dove passare la notte, forse addirittura provare empatia nei suoi confronti. Anche questo rientrava nei motivi per cui il maestro aveva scelto proprio lui? E in tal caso, svelando di conoscere lo pseudonimo del target aveva vanificato questo piccolo vantaggio? Come pensava, simili giochi mentali erano troppo difficili per una creatura istintiva e inferiore come lui.
    Ma ormai era in ballo, perciò non gli rimaneva che ballare - e il piede destro sembrava preso davvero bene dalla prospettiva di ballare fino allo sfinimento.
    Si sforzò di non lasciar trasparire il turbamento almeno dall’espressione, impresa per niente facile. I muscoli facciali erano difficili da controllare, troppo reattivi alle emozioni e troppo poco al freddo raziocinio. Tuttavia, dall’esterno non si sarebbe detto che Lance fosse poi così tanto a disagio: la curva delle spalle rilassata, la testa leggermente inclinata, la fronte spianata e le pupille dilatate, segno inequivocabile di attenzione ed interesse. Unica nota vagamente stonata rimaneva il sorriso privo di emozione.
    Lo stress della festa non aveva solo esaurito le sue batterie sociali, ma anche ridotto notevolmente le sue energie e, dulcis in fundo, gli aveva aperto lo stomaco. Era grato che ci fosse un vetro tra lui e Chihiro Fujioka ad ammortizzare il profumo della carne. Certo, sarebbe stato fantastico poter guardare in faccia il maledetto scrittore pazzo, ma forse non doversi confrontare col suo sguardo l’avrebbe aiutato ad apparire più padrone di sé. Dopotutto non aveva in programma di occupare alcuna delle camere vacanti né intrattenersi più del dovuto.
    Si sporse in avanti un altro paio di centimetri, un movimento quasi impercettibile che però sembrava voler creare un clima di segretezza, e riprese a parlare a voce bassa col suo forte accento francese. «Spiacente di deluderla, Fujioka-san» era certo di avere a che fare con la persona giusta, si era accertato che fosse solo e ne aveva memorizzato la voce per precauzione. «ma non è per una camera che sono qui. Andrò dritto al punto: la sua presenza è richiesta altrove, perciò la invito cortesemente a seguirmi senza opporre resistenza.»
    L’errore di Levon Moreau era stato dimenticarsi di spiegare a Lance la differenza tra rapire e chiedere cortesemente di lasciarsi rapire. Pertanto il ragazzino, che avrebbe volentieri evitato di ricorrere alla violenza, aveva optato per un approccio gentile per i suoi standard di bestia abituata a uccidere qualunque cosa si muova.
    Un battito di palpebre e, come ulteriore incentivo, un kakugan avrebbe avvisato Chihiro di trovarsi davanti a un ghoul.
    «Non provi a chiamare aiuto né premere qualche allarme, se ho anche solo il sospetto che stia facendo qualcosa che non mi piace le giuro su Bondye che sfondo questo vetro e le strappo a morsi un braccio.»
    … un approccio gentile. Dal punto di vista di Lance lo era, altrimenti avrebbe minacciato di strappargli a morsi una gamba, ma in quel caso il rischio di morte si sarebbe fatto concreto e se lo sarebbe pure dovuto trascinare via. Quindi, insomma, meglio un braccio.
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    Chihiro Fujioka
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    Ignorare chiari segni di pericolo era, in fondo, l’abilità innata di Chihiro. Per cui non c’era da stupirsi se non aveva battuto ciglio agli ovvi segnali visivi che forse una persona più coscienziosa di lui avrebbe notato. O meglio, con tutta probabilità si era effettivamente accorto che c’era qualcosa che non andava ma come sempre, aveva optato per non tenerne conto. In fin dei conti, se era ancora in vita, lo doveva più alla sua fortuna sfacciata che ai suoi istinti di sopravvivenza.
    Per cui, in quel momento, aveva deciso di aspettare la mossa successiva di Lancelot prima di farla lui. E guarda un po’, le sorprese quella sera non sembravano fermarsi lì. Fischiò, meravigliato. Quel reveal non se l’era aspettato ma dopotutto, era un po’ deluso con sé stesso per non aver nemmeno pensato a quella possibilità. Il giovane dall’altra parte del vetro si era rivelato essere niente poco di meno che un ghoul. Insomma, quegli occhi erano un chiaro indizio sulla sua vera natura e la piccola scenetta che aveva indetto di fronte ai suoi occhi, rendeva la cosa abbastanza innegabile.
    Sembrava quasi un regalo di Natale tutto per lui. Mancava solo un fiocchetto.
    «Se mi devi strappare un braccio, non quello dominante. Lo uso per lavorare, grazie mille» fu la prima cosa che gli disse dopo qualche attimo di puro silenzio, il tono di voce, solitamente privo di particolari intonazioni, era colorito da una punta d'inusuale divertimento «Non credo di essere molto gustoso».
    Dopotutto, Chihiro aveva appena deciso di fare assolutamente niente e assecondare la richiesta dell’altro.
    «Piccolo Stalker-kun che carino che sei per avermelo chiesto così gentilmente. Come posso rifiutare?» ormai nella sua testa aveva deciso di chiamarlo così, nonostante ricordasse ancora bene il suo nome o almeno, quello che aveva usato al party «Se mi dai tempo di chiedere bottega. Non penso tu voglia destare più sospetti di così» aggiunse poi picchiettando con un dito sul vetro che li divideva.
    Una qualsiasi altra persona, con tutta probabilità, si sarebbe già messa a cercare una via di fuga invece di decidere di seguire il suo rapitore ghoul senza nemmeno un misero atto di resistenza. Peccato che Chihiro non è che abbia mai ragionato come una persona normale.
    Si alzò, prendendo chiavi, capotto e cellulare, non curandosi di recuperare i suoi altri averi. Senza esitazione alcuna andò dunque a chiudere sia le luci esterne che le telecamere, aprendo infine la porta comunicante tra le due stanze, sporgendosi quel che bastava per lanciare un’occhiata al ragazzino, il mazzo di chiavi che giravano intorno a un suo dito. Ora doveva solo chiudere il resto e potevano tranquillamente andarsene. Al resto ci avrebbe pensato Minori l’indomani.
    «Tuttavia, spero che alla fine tutto questo non si riveli essere una perdita del mio tempo» gli disse poi, un leggero sorriso che gli adornava le labbra. Come al solito, la sua espressione era impassibile. Ma la fiammella della sua curiosità era accesa.
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    Edited by alyë - 4/3/2021, 17:21
     
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    Lancelot Nazaire Moreau
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    Un fischio. La risposta al suo cortese invito a seguirlo fu un semplice e incomprensibile fischio. Inutile dire che il cervello di Lancelot andò subito in tilt. Sarebbe stato meno traumatico persino se il maledetto scrittore pazzo avesse parlato in, boh, olandese; in quel caso avrebbe almeno potuto ribattere con uno sportivo a te e famiglia. Invece no, un fischio, e per un momento - durato ore sulla pelle d’oca del ragazzo, dilatare la percezione del tempo era la sua specialità - si sentì inerme, del tutto sopraffatto dalla consapevolezza di non avere la minima idea di come interpretare quella risposta.
    Era un sì, fate di me ciò che volete oppure un no, non vedi che sto lavorando? O forse un torna dopo e ne riparliamo? Cosa significava un fischio nella società umana? Aveva fallito?
    Psicologicamente annientato da un fischio, tipico di Lancelot Moreau.
    Vivere dieci anni fuori dal mondo non aveva certo giovato al suo senso comune, tuttavia non intendeva mostrare aperture, quindi la sua maschera invisibile doveva rimanere intatta. Non credeva che gli esseri umani potessero rivelarsi malvagi quanto i ghoul, ma apparire debole o manovrabile davanti a colui che avrebbe dovuto avere in pugno era fuori discussione.
    Il problema era che, senza che se ne rendesse conto, Lance in pugno non aveva avuto mai niente in tutta la sua intera vita.
    Per sua fortuna il maledetto scrittore pazzo ricominciò a esprimersi verbalmente. In tutta la sua innocenza Lance prese mentalmente nota di non azzannare il braccio dominante, il problema però era che non sapeva quale fosse e domandarlo prima di saltare addosso a qualcuno era… era forse strano? Non ne era sicuro, ma lui si era espresso in maniera gentile e Chihiro Fujioka aveva risposto in maniera altrettanto gentile, quindi gli avrebbe accordato quella concessione. Quindi annuì: accordo siglato.
    Era invece in disaccordo sul non essere molto gustoso, evidentemente Chihiro Fujioka non aveva idea di quanto fosse buona la carne umana. Così buona che al solo pensiero le budella di Lance si annodavano dalla fame e dal senso di colpa.
    Un lampo di evidente sorpresa gli attraversò gli occhi scarlatti per poi sparire con la stessa rapidità con cui si era palesato: quindi lo avrebbe seguito senza fare storie? Oh. Ottimo, niente spargimenti di sangue per quella sera. Di essere stato soprannominato Stalker-kun non gli importava granché: di fatto sì, era il suo stalker, e di nomi nella sua vita ne aveva avuti così tanti da stupirsi di più quando veniva chiamato Lancelot.
    «Oh» proprio come un gatto, con sguardo attento osservò il punto in cui un cerchietto scuro indicava che dall’altra parte un polpastrello stava picchiettando sul vetro. «Très bien. Ma faccia presto, per favore.»
    Completamente alla deriva. Un panda rosso, adesso dagli occhi nuovamente dorati per fortuna, con sempre meno controllo della situazione.
    Era stato… troppo semplice, pensò muovendo un passo indietro, ma meglio così. Se Chihiro Fujioka avesse provato a scappare dal retro si sarebbe comunque trovato davanti i suoi colleghi. Rimase in ascolto di ogni suono che seguì, concentrandosi su quello dei passi per accertarsi che l’altro fosse ancora nell’ufficio.
    Si avvicinò solo quando vide la porta aprirsi e Chihiro Fujioka affacciarsi con l’anello delle chiavi che ruotava attorno al dito. Da quel momento lo avrebbe seguito in ogni spostamento ma sempre a distanza di qualche passo, perché il profumo di umano era come un uncino che gli affondava nelle viscere.
    Si accigliò a quella mancanza di rispetto nei confronti del maestro, ribattendo con serietà «Dovrebbe sentirsi onorato di essere stato scelto. E comunque...» sbatté le palpebre, tornando ad essere il gatto che seguiva il polpastrello sul vetro. «… qual è il suo braccio dominante?»
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    Chihiro Fujioka
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    Con la testa che faceva capolino dalla porta, Chihiro annuì come a concordare di “fare presto” come gli era stato cortesemente incitato di fare. Per cui, mettendo finalmente piede nella sala, si diresse con tutta la calma del mondo verso il portone d’ingresso dell’hotel, lanciando un’occhiata a Lancelot quando gli passò vicino, il mazzo di chiavi che veniva lanciato e afferrato ogni due passi circa.
    «Onorato? Scelto? Non ricordo di aver partecipato a nessun contest ultimamente» fu quello che disse come a commentare le parole dell’altro, il tono sempre serio e incolore, nel mentre con gesti famigliari e automatici si apprestava a chiudere per bene tutto il necessario. Non gli era sfuggita la reazione dell’altro, aveva forse toccato un punto dolente? Qual era stato il trigger? L’ipotetica perdita di tempo? Curioso «Cosa avrei vinto?» continuò, senza perdere il filo delle sue parole.
    Con la coda dell’occhio notò qualcuno che passava per la stradina di fronte, per cui finì pure per salutarla con una sventolata della sua mano per poi voltarsi nuovamente in direzione del piccolo ghoul dai capelli rossicci. Era intrigato da tutto quello e quasi voleva l’altro continuasse a parlare, facendosi sfuggire qualche altro piccolo dettaglio prima di raggiungere il luogo o la persona che apparentemente dovevano raggiungere.
    Probabilmente non stava venendo rapito (il fatto che lo stesse seguendo di sua spontanea volontà non è che cambiasse poi molto la situazione) per essere mangiato. Insomma, c’erano modi più efficienti, di questo se ne rendeva conto pure lui. Ma sarebbe stato particolarmente triste se fosse finita veramente così. Non c’era niente di bello in una morte del genere. Non avrebbe lasciato il segno, serviva un qualcosa in più.
    «Lancelot-kun, sei il mio stalker e non lo sai?» commentò con una punta di finto biasimo, facendogli poi segno di seguirlo verso il suo ufficio, chiudendo poi la porta comunicante tra le due stanze una volta che entrambi vi ci fossero passati, spegnendo infine le luci e gli schermi dell’altra sala dal panello al muro.
    «È il sinistro, sono mancino» aggiunse dopo un battito, alzando il braccio in questione, che stava tendendo le chiavi, come a sottolineare la cosa «Te? Destrorso? Mancino? Ambidestro? Secondo me sei ambidestro» domandò poi, proseguendo verso il magazzino nella direzione della porta sul retro, chiudendo e spegnendo il dovuto nel mentre passavano. Una volta raggiunta la meta, Chihirò spalancò la porta in questione facendo segno al ragazzino di uscire per primo, nel mentre lui chiudeva per bene anche quell’ultima porta, cercando allo stesso tempo di tenere il discorso vivo e Lancelot occupato.
    «Prego, fai strada, caro stalker-kun. Vuoi che ti cammino davanti? Dietro? Di fianco? Anzi, vuoi tenermi per mano? Così sei sicuro che non fuggo via» non che ce ne fosse veramente bisogno ma dettagli. Comunque sia, non aveva resistito dal punzecchiarlo almeno un po’. Un altro tipo di persona avrebbe probabilmente evitato, cercando di evitare reazioni inopportune ma non lui. Nossignore. Lui viveva per le reazioni degli altri, amava studiarle, qualunque esse fossero.
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    Lancelot Nazaire Moreau
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    Chihiro Fujioka parlava tantissimo. Per davvero. L’unica persona altrettanto logorroica nella vita di Lance era il maestro, del quale tuttavia conosceva gli schemi mentali così a menadito da non avere difficoltà a seguire i suoi ragionamenti e voli pindarici. Chihiro Fujioka invece sembrava una mina vagante mentre si muoveva per la reception, i gesti automatici di chi è tanto abituato a qualcosa da poterla portare a compimento ad occhi chiusi. Salutò una persona che passava dall’altro lato della strada e Lance quasi scattò di avanti, fulminato dal sospetto che si trattasse di un complice o che il maledetto scrittore pazzo stesse disseminando indizi per chi si sarebbe in futuro occupato della sua sparizione. Tuttavia non sapeva di star andando incontro a un rapimento, non per ora almeno… quindi…
    Quindi si ritrovò gli occhi grigi dell’altro puntati addosso. Così, di punto in bianco. Inevitabile l’istintivo irrigidirsi ogni muscolo facciale di Lance, teso come se stesse faticando a non dirottare altrove lo sguardo. Non gli piaceva essere guardato, lo faceva sentire sotto esame.
    “Lancelot-kun, sei il mio stalker e non lo sai?”
    L’ennesimo improvviso cambio di espressione avrebbe forse suggerito a Chihiro di trovarsi davanti a una persona particolarmente emotiva: stupore, senso di colpa e mortificazione si susseguirono cristallini sul volto del rosso, sparendo infine in un broncio che sapeva di orgoglio ferito.
    «… No, non lo so.» ammise, confermando lateralmente che Lancelot era il suo nome - o per lo meno che rispondeva al nome di Lancelot.
    Senza abbandonare il broncio seguì il maledetto scrittore pazzo dentro l’ufficio, che si premurò di studiare con attenzione prima che le luci venissero spente. Nel frattempo l’altro, dopo aver finalmente risposto alla sua domanda, cercò di nuovo di coinvolgerlo nel discorso, senza però che dalla bocca di Lance uscisse un sibilo: era in difficoltà e non stava facendo niente per nasconderlo, con la speranza - per nulla probabile - che Chihiro Fujioka lo lasciasse in pace.
    Invece no, alle domande su quale fosse il suo braccio dominante Lance aggrottò la fronte. «Quel che sono io non è importante.» tagliò corto, e quanti layers aveva quell’affermazione.
    Che si trattasse di una futilità o di qualcosa di rilevante, se riguardava lui non aveva importanza. Non gli era mai stato concesso il beneficio della scelta, a compierle per lui era qualcuno ben più adeguato. Cosa avrebbe dato per avere lì quel qualcuno, non osava immaginare quanti errori avesse compiuto in così poco tempo…
    A dispetto dei tentativi di Chihiro di tenere viva la conversazione, Lancelot parlò nuovamente solo quando furono in strada.
    «Lei parla troppo per i miei gusti, scrittore pazzo-san...» sospirò, fin troppo schietto come sempre; la fiera delle espressioni continuò, passando dall’esasperazione all’indifferenza correlata da un breve scuotere la testa. «Non fa alcuna differenza, sarei più veloce in ogni caso.»
    Insomma era in trappola, intendeva dire tra le righe, sebbene l’umano non sembrasse avere la minima intenzione di darsela a gambe. Strano… strano e inquietante. Non gli piaceva. Non voleva averci a che fare. E invece doveva portarlo dal maestro. Così lo affiancò e condusse all’auto poco più in là: un’utilitaria nera che li aspettava all’angolo della strada, della quale Lance aprì lo sportello posteriore per invitare Chihiro ad accomodarsi.
    Una volta dentro, purtroppo per Chihiro, non avrebbe trovato nel vecchio Jacques un autista più loquace di Lance. In compenso però, una volta che entrambi fossero stati belli comodi sui sedili posteriori, avrebbe trovato Lance a prendere dal portaoggetti una benda nera.
    «Si copra gli occhi, per favore.» disse, porgendogliela.
    Nel sentire quelle parole fuori luogo Jacques gli lanciò dallo specchietto retrovisore uno sguardo perplesso. Ma non lo stavano rapendo? Lo scatto della sicura avrebbe a quel punto confermato che la differenza tra Chihiro Fujioka e un topo in trappola non era poi tanta.
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    Chihiro stava osservando le reazioni del ghoul come un predatore che studiava i movimenti della sua preda. L’ironia era che, ovviamente, tra i due il vero predatore non era lui e poi, era anche vero che non aveva mai alzato un dito contro nessuno. Forse il ragazzino non si stava nemmeno rendendo conto di quanto stesse facendo trapelare. E Chihiro, persona curiosa e avida d’informazioni qual era, aveva preso e catalogato tutto ciò per il futuro. Lancelot sapeva essere assai adorabile, gli stava già simpatico. E come era successo in casi precedenti, quella realizzazione stava a significare che non lo avrebbe lasciato facilmente in pace. Situazione permettendo.
    «Se non rispondi mi ferisci» disse in risposta alla negazione dell’altro, andando ad asciugarsi una finta lacrima dal lato di uno dei suoi occhi, il suo tono di voce non era variato nemmeno per quella piccola presa in giro «Come no? Per me è importantissimo, i piccoli dettagli sono fondamentali per comprendere l’insieme» aggiunse poi, nel mentre era andato a sciogliersi la treccia che li aveva fatto Minori per il party, sistemandosi i capelli nella usuale coda bassa che portava «Possono essere dettagli che gli altri trovano insignificanti ma per me sono assai preziosi».
    Non appena avevano messo piede all’esterno, Chihiro gli aveva lanciato un’occhiata di sbieco accompagnata da un leggero sorriso sornione «Non sei il primo che me lo dice» gli disse, non specificando se intendesse per il parlare troppo o l’essere stato chiamato pazzo. In fondo, erano vere entrambe le insinuazioni e a lui non era mai dispiaciuto più di tanto. Era difficile stesse zitto per più di pochi minuti e dire tutto quello che gli passava per la testa, era più forte di lui ma questo non stava a significare che non aveva controllo delle parole che uscivano dalla sua bocca. Tutt’altro.
    Era anche vero che, comunque, essendo l’altro un ghoul, ad una sua possibile fuga lo avrebbe riacchiappato in men che non si dica. Insomma, non era mai stato molto atletico. Nel suo gruppo stretto di amicizie, l’anello fisicamente debole tra loro era sempre stato lui. Era stato salvato svariate volte dal finire in un letto d’ospedale.
    Comunque sia, si fece dunque accompagnare nella direzione di un’auto che era parcheggiata lì vicino e se fosse stata lì già da prima, beh, non è che se ne fosse minimamente accorto. Non è che venisse rapito tutti i giorni o meglio, per lui tutto quello era un interessante e ben voluta novità. Per cui salì nell’utilitaria senza fare troppo storie, accomodandosi ben bene su uno dei sedili posteriori senza però dimenticarsi di prima allacciasi la cintura e poi salutare l’autista con un coordinale «Buona sera».
    Si fece passare la benda che Lancelot aveva recuperato, osservandola per qualche secondo tra le sue mani per poi andare prima a togliersi gli occhiali, spostandoseli sulla testa, per poi legarsela con cura intorno alla testa in modo da coprirsi gli occhi come gli era stato incitato di fare. Non scordandosi di commentare il tutto con un sonoro «Ohh, kinky». A detta sua, tuttavia, non è tutto quello fosse veramente necessario ma, ehi, di sicuro era in tema con il rapimento in atto. Chihiro non poteva che apprezzare. E forse dava un senso di sicurezza ai suoi rapitori.
    E se gli altri due presenti credevano che sarebbe rimasto zitto e buono per tutto il tragitto, si sbagliavano di grosso. Altro che benda per gli occhi, dovevano dargli un bavaglio per tenerlo zitto!
    «Quindi dov’è che stiamo andando? Villa nelle campagne? Magazzino abbandonato al porto?» si portò una mano al mento, fermandosi per qualche secondo a ragionare, battendo poi le mani insieme come se fosse arrivato ad una conclusione accettabile «Su una barca, difficile fuggire se sei in mezzo al mare». Oh boy, speriamo che il viaggio duri poco. Per la sanità mentale di tutti.
    «Stalker-kun, dimmi, ci ho preso?».
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    Edited by alyë - 7/3/2021, 19:25
     
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    Lancelot Nazaire Moreau
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    “Possono essere dettagli che gli altri trovano insignificanti ma per me sono assai preziosi”.
    Quella fu l’affermazione che convinse Lance di trovarsi al cospetto di una persona pericolosa, di quelle capaci di dedurre la storia della tua vita dal tipo di calzatura che indossi e da quale piede muovi per primo.
    Chissà quanti piccoli indizi si stava inconsapevolmente lasciando sfuggire, indizi che se colti da una mente allenata a ricostruire puzzle come quella di uno scrittore avrebbero potuto rivelare più di quanto lui stesso fosse disposto a condividere.
    Non c’era da stupirsi che il maestro avesse scelto proprio quell’artista eccentrico per la sua grandiosa biografia.
    Volle convincersi che un iniziale interesse nei suoi confronti fosse inevitabile - era il suo rapitore, un ghoul e una persona evidentemente strana -, ma per l’appunto passeggero. Una volta conosciuto il maestro, o magari anche Jacques, forse Chihiro Fujioka avrebbe abortito il proposito di ficcare il naso negli affari suoi e dirottato la propria attenzione su qualcun altro; o almeno, questa era la speranza di Lancelot. Ad ogni modo per il momento, essendo in missione, non si sarebbe potuto ribellare neanche volendolo.
    Finché fossero stati in auto e Chihiro bendato, forse avrebbe avuto un attimo di tregua dallo sguardo scrutatore che pareva registrare ogni movimento per costruire un suo profilo mentale. O almeno sperava. La sua vita stava diventando un giardino di speranze dall’aria piuttosto avvizzita.
    Decisamente meno teso di lui, Jacques ricambiò il saluto con un silenzioso cenno del capo, per poi osservarli dal posto di guida attraverso lo specchietto retrovisore mentre Chihiro si toglieva gli occhiali e copriva gli occhi con la benda, non senza commentare il tutto con una parola sconosciuta che mandò di nuovo in tilt Lance.
    Il rosso sbatté le palpebre e inclinò la testa, come se cambiare prospettiva potesse dare un senso alla parola “kinky”; quando però colse con la coda dell’occhio un sorriso divertito sul volto rugoso dell’autista, sbottò nella sua lingua madre. «Est-ce que je peux savoir pourquoi vous tous rire de moi?*»
    «Non è cortese usare una lingua straniera davanti a qualcuno che non la parla, Lancelot.» lo rimbeccò l’uomo con un sorriso bonario.
    Niente però impedì al ragazzino di dimostrare appieno la sua età sbuffando sonoramente. «Mon Dieu...» solo svariate ore più tardi avrebbe realizzato di aver sganciato l’ennesima informazione a Chihiro Fujioka, sentendosi in colpa come se avesse ucciso qualcuno. Tipico di Lancelot Moreau.
    Ovviamente il tragitto fu sin da subito allietato dalle disquisizioni del maledetto scrittore pazzo, che sembrava aspettarsi di essere informato sulla destinazione a dispetto della benda e dei vetri oscurati. Il fatto che si stesse lasciando condurre di sua spontanea volontà non implicava che ogni sua domanda avrebbe ricevuto una risposta, come fece ben intendere Lance quando gli tappò la bocca con una mano.
    «Non è che abbiamo un… un coso... dai, come diavolo si dice? Un bâillon?» sbuffò esasperato.
    «Togli immediatamente quella mano dalla bocca del nostro ospite, non essere un barbaro.»
    Il rimprovero di Jacques lo convinse a desistere e addossarsi contro lo sportello, rannicchiato in posizione fetale con le gambe contro il petto, mettendo quanta più distanza possibile tra sé e Chihiro. Erano appena partiti e l’auto era già pregna del profumo invitante della carne umana; l’unica scappatoia rimastagli fu abbassare di qualche centimetro il finestrino, non gli importava che fuori facesse freddo.
    «Sfortunatamente questa è un’informazione che non possiamo condividere.» riprese con voce calma l’autista. «Suvvia, Lancelot, sii ospitale e intrattieni Fujioka-san.»
    La risposta fu un brontolio.
    Fortuna che Chihiro non poteva vederlo, perché lo stava guardando male, malissimo.

    *Si può sapere perché ridete tutti di me?
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    Chihiro Fujioka
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    Lancelot era durato più del previsto prima di soccombere alla frustrazione e infine zittirlo. Se l’era aspettato, capiamoci, in fondo non era la prima volta che succedeva e non sarebbe stata nemmeno l’ultima. Specialmente considerando che come sempre lo faceva apposta, una sorta di gioco la cui unica persona che ne sapeva le regole era lui stesso, o anche una sorta di studio per vedere quanto gli altri avrebbero resistito dal chiudergli la bocca o dal provare a fuggire via dalle sue grinfie. Comunque sia, il record non era stato ancora battuto ma di sicuro il ragazzino dai capelli rossicci aveva battuto la media. Wow, che traguardo!
    La mano si sposto presto dalla sua bocca anche se non aveva ben capito cosa Lancelot stesse dicendo ma le parole dell’autista gli avevano dato un plausibile indizio sul loro significato. Insomma, era già tanto sapesse parlare una lingua straniera. Nelle altre sapeva dire a malapena “ciao”. Non che gli desse fastidio, sia mai, il non capire cosa stesse dicendo. Solo un pizzico frustrante, sicuramente.
    «Immaginavo, proverò a scoprirlo una volta arrivati allora. La ringrazio, Mr. Autista» fu il suo commento una volta libero di parlare, per poi andare ad aggiungere un inquisitorio «Ma mi dica, è un ghoul anche lei?». In fin dei conti non è che avesse molti modi per scoprirlo se non chiedere direttamente e un Chihiro curioso non si fermava.
    Si voltò puoi nuovamente verso Lancelot, inclinandosi per quanto la cintura di sicurezza permetteva nella sua direzione, le mani appoggiate sullo spazio tra i loro due sedili.
    «Su su, Lancelot-kun, fammi contento» gli disse quindi, un po' cantilenante, insieme a un sorriso così dolce che quasi sembrava promettere sofferenza (leggasi “mal di testa”) per i prossimi lunghi minuti se non lo avesse accontentato «Sai, mi annoio molto facilmente» e il suo caro BFF Minoru poteva attestare alla cosa vedendo che, come usava sempre pensare e allo stesso tempo cercare di avvertire le sue sfortunate “vittime”: “Non c’è niente di peggio di un Chihiro annoiato”.
    «Che male c’è a rispondere a qualche mia innocente domanda? Puoi anche mentire ma non è una cosa che apprezzerei particolarmente».
    Si stava divertendo a sue spese, questo era vero, ma alla fin fine voleva occupare il tempo con qualcosa d'interessante in attesa di vedere e sapere cosa lo avrebbe aspettato nelle ore successive. Era un po’ come fossero un gruppo in gita scolastica anche se ovviamente la situazione era tutto l’opposto. Ma, beh, per Chihiro era come se lo fosse. Ci mancava solo si mettesse a cantare qualche canzoncina.
    «Oh! Se non sei timido, puoi farmi tu qualche domanda» aggiunse poi, inclinando un po’ la testa di lato e appoggiandosi completamente allo schienale, le mani ora incrociate sulle sue gambe. Il fatto che avesse gli occhi coperti era un po’ una seccatura anche perché non poteva vedere ma, ehi, non poteva lamentarsi. In fondo, entrambi i suoi occhi erano ancora intatti e avrebbe rivisto presto la luce.
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    Edited by alyë - 8/3/2021, 13:16
     
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    Lancelot Nazaire Moreau
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    La domanda rivolta a Jacques ricevette una risposta subitanea e cristallina, adornata da un tenue sorriso incolore simile a quello che Lance aveva rivolto a Chihiro attraverso il vetro della reception.
    «Sì, Fujioka-san. Spero che questo non le provochi disagio, posso assicurarle che non alzeremo un dito su di lei se collaborerà come ha fatto finora.»
    … voleva suonare rassicurante? Lance arricciò il naso, evidentemente molto scettico riguardo l’esito di quella nottata. Era innegabile che Chihiro Fujioka si stesse comportando bene per il momento - e considerando che la responsabilità ricadeva sulle sue spalle non poteva che essere un bene -, ma non poteva fare a meno di chiedersi se le cose sarebbero presto cambiate: il tragitto in auto non era affatto lungo come pensava l’imprevedibile scrittore.
    Scoccò l’ennesimo sguardo diffidente a Chihiro, così stupidamente mansueto nonostante sapesse benissimo di trovarsi nei guai; l’intera situazione sembrava incuriosirlo o addirittura divertirlo. Al suo posto, lui sarebbe stato nel pieno del peggior attacco di panico della sua vita. Non si fidava di se stesso né di Jacques... dei ghoul non ci si poteva fidare a prescindere e a ricordarglielo furono i suoi sensi, tesi come una corda di violino e stimolati da ogni movimento di quello stupido pezzo di carne con cui doveva condividere l’abitacolo. Doveva essere una sorta di prova del maestro… o forse una punizione, una tortura per punirlo di qualcosa che la sua mente annebbiata non riusciva a identificare.
    Disperato, Lance strinse le braccia intorno alle gambe e appoggiò la fronte alle ginocchia, cercando di isolare almeno il senso dell’olfatto. Non aveva mai pensato che la presenza di un umano potesse essere così… avvolgente. Così…
    “Su su, Lancelot-kun, fammi contento”
    … così vicino.
    Stavolta niente gli impedì di sobbalzare, scattoso come un gatto, finendo addossato contro lo sportello. Quando diamine si era sporto così tanto verso di lui? Chihiro non avrebbe potuto vedere la paura delinearsi sul suo volto mentre le provocazioni fluivano, ma l’avrebbe percepita nel tremolio della voce, quando, infine, Lance sussurrò uno stentato «Loin de moi---... non ti avvicinare...»
    La scena naturalmente non era sfuggita a Jacques, i cui occhi vigili viaggiavano dalla strada ai sedili posteriori. Gli sguardi di autista e pseudorapitore si incontrarono per un breve lasso di tempo, che però ebbe il potere di schiarire le nebbie della paura nella mente di quest’ultimo e riportarlo al presente: quella debolezza sarebbe di certo stata riferita al maestro, non osava immaginare quali sarebbero state le conseguenze. Voleva rinchiudersi a casa e passare altre interminabili settimane di solitudine. E tutto per colpa di quel maledetto scrittore pazzo, che adesso se n’era tornato seduto composto come se niente fosse accaduto, in attesa di qualcosa - in attesa di una sua domanda. L’unica domanda che Lancelot avrebbe voluto porgli in quel momento, però, era perché non svanisse nell’aria.
    «Come...» la voce morì dopo neanche due sillabe, la mente in tilt cercava di elaborare qualcosa che potesse anche vagamente sembrare una domanda. «… Perché non ha paura?»
    Si era addirittura ricordato di dargli del lei, che passo avanti!
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    La domanda che aveva posto all’autista ricevette risposta nel giro di pochi istanti e Chihiro si ritrovò ad annuire a quella conferma «Oh, non si preoccupi, nessun disagio» commentò quindi come se non fosse veramente chiuso in un auto insieme a due ghoul che, se volevano, potevano farlo fuori in due secondi. Beh, sarebbe stato un po’ deprimente morire in quel modo ma comunque sia, quella rilevazione non è che gli avesse cambiato molto le cose, oltre che soddisfare la sua curiosità. Imperturbabile come sempre, fino all’ultimo. Era sempre stata una sua personale curiosità, quello di scoprire fino a dove poteva spingersi senza rompersi.
    «Ho sempre voluto poter parlare a tu per tu con un ghoul» aggiunse poco dopo. Quella esclamazione era pur veritiera e con tutta probabilità, in precedenza si era probabilmente ritrovato di fronte a un loro simile molte volte senza saperlo, per cui quella era un’occasione ghiotta per conoscere meglio quella realtà che normalmente gli era ben celata (e, beh, gli era stato categoricamente vietato di andare in giro di notte da solo, sia mai si mettesse sul serio in pericolo! #Ooops). Ma tutto a tempo debito, era che ne aveva uno tra le grinfie voleva avere lo spazio e il tempo necessario per una lunga chiacchierata. Qualche minuto di botta e risposta non gli sarebbe proprio bastato. Sapeva essere ingordo a volte. Come il suo amore per le patatine fritte.
    Comunque sia, dare un senso ai suoni che stava ascoltando si stava rivelando difficile, non ci era abituato dopotutto. Distinguere il rumore del motore dell’auto e quello del frusciare dei loro abiti era abbastanza semplice ma nonostante tutto, non gli sfuggì il movimento repentino e l’andare a sbattere contro la portiera di Lancelot ne quel leggero tremolio della sua voce nel mentre gli chiedeva di stargli lontano. Gli aveva appena donato una sorta di conferma a un suo atteggiamento che aveva notato già da prima, quella particolare attenzione che aveva nei suoi confronti. Ah, era per l’incolumità dell’umano tra loro o era per proteggere sé stesso dal fare qualcosa di cui si sarebbe pentito? La tentazione era così forte? O era un vero senso di controllo che gli mancava? Quelle furono le domande che si fece mentalmente, un leggero sorriso volpino sulle labbra.
    Curioso, era davvero intrigato. Tutto ciò si stava rivelando molto stimolante ma decise di non spingere oltre. Per il momento tanto bastava. Non voleva intimorirlo più di quanto non avesse già fatto, dandogli quell’attimo di pace prima di tornare a tormentarlo. Un po’ come faceva con i protagonisti delle sue opere.
    Alla fine Lancelot una domanda gliela aveva fatta, una che non si era veramente aspettato ma allo stesso tempo poteva intuire perché gliela aveva posta. Si portò dunque una mano al mento, nel mentre si dava qualche secondo per pensare a una risposta esaustiva da dargli «Perché non ho paura? Non mi hai dato un vero motivo per averne. Non che abbia facilmente paura» fu dunque la sua semplice e corta risposta, come se quello bastasse veramente a rispondere alla domanda del ragazzino «Per il momento, non c’è stato nessun vero attentato alla mia vita» “Impegnatevi di più” poteva essere una plausibile interpretazione delle sue parole ma era vero che fino a quel momento, si erano dimostrati ben disposti nei suoi confronti, rapimento e minacce velate a parte. Sembravano volere qualcosa specificamente da lui ed era curioso di scoprire cosa gli aveva spinti a tanto. Perché si era interessati proprio a lui, un autore di nicchia con una reputazione discutibile e manager di un love hotel come un altro. Era da un po’ che non succedeva niente di emozionante e provare qualcosa sulla sua pelle era sempre stata una cosa che cercava.
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    Lancelot Nazaire Moreau
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    Ringraziava Bondyè che la destinazione non fosse distante; furono infatti necessari solo una decina di minuti, complici l’ora tarda e la festività che garantivano la strada più sgombra del solito, perché Lance riconoscesse le luci abbaglianti di Shinjuku e, nello specifico, la faccia familiare e al contempo straniante di Kabukichō.
    L’impressione che ne aveva ogni volta era di un cuore pulsante che bombardava di stimoli i suoi sensi. Bastava poco per farlo scattare come un felino impazzito, Chihiro ne aveva appena avuto la dimostrazione, perciò un luogo tanto frenetico non poteva che mettere a dura prova i suoi nervi sensibili. Eppure, in qualche modo a lui incomprensibile, lo attraeva. Forse a causa della moltitudine di individui che circolavano instancabili giorno e notte, una realtà che a Lance era stata preclusa sin dall’infanzia.
    Erano affascinanti, ma anche terrificanti.
    La perfetta rappresentazione del sublime kantiano.
    Lo stesso concetto di sublime più o meno confluiva anche nella persona con cui era costretto a condividere il poco spazio dell’abitacolo. Non perché si trattava di Chihiro Fujioka - del quale per il momento aveva un’opinione piuttosto negativa -, ma perché essere umano.
    Non gli aveva più staccato gli occhi di dosso, terrorizzato dal pensiero che potesse avvicinarsi di nuovo di soppiatto. La risposta l’aveva lasciato perplesso, non esattamente deluso ma comunque con l’amaro in bocca; non comprendeva perché fosse necessaria una minaccia vera e propria per percepire come reale il pericolo di trovarsi in uno spazio angusto con due cannibali. Tuttavia… tuttavia condivideva - molto di più quanto volesse - la sensazione di curiosità suscitata dalla presenza di una creatura che per tutta la vita ti ha circondato senza che tu potessi toccarla.
    «… La falena muore se si avvicina troppo alla fiamma.»
    Fu tutto ciò che ebbe da commentare, esternando un modo di ragionare diametralmente opposto a quello di Chihiro; il punto era che, a differenza dello scrittore, tutto ciò che Lance conosceva erano proprio le fiamme.
    «… Ma capisco, credo...» ammise dopo qualche secondo di silenzio, in un sussurro troppo debole per giungere alle orecchie di Jacques. «Capisco un po’. Neanche io ho mai parlato a tu per tu con un umano, a parte...»
    Era il re delle frasi lasciate in sospeso. E del ripetersi mentalmente di dover usare il giapponese. Non gli piaceva farlo, si esprimeva così male rispetto a quando parlava francese o inglese.
    Se per Chihiro però la curiosità spazzava via la paura sfociando nell’incoscienza, Lance non credeva che valesse la pena di uscire dalla propria zona di comfort per scoprire qualcosa di nuovo. Forse avrebbero di nuovo avuto modo di riparlarne, ma la graduale perdita di velocità dell’auto mise per il momento fine alla loro breve discussione.
    «Siamo arrivati.» annunciò Jacques, il segnale acustico degli indicatori di direzione confermò che si apprestavano a parcheggiare.
    Mentre l’automobile dondolava nel poco spazio a disposizione tra un suv e un’altra utilitaria, Lance prese dal vano portaoggetti un blister di compresse di una certa ditta cinese gentilmente fornite dal maestro, che avrebbero represso almeno per un po’ lo stimolo della fame. Ne mandò giù una senza bisogno di bere, era abituato ad abusare di farmaci, dopodiché scoccò un’attenta occhiata fuori dai finestrini oscurati per accertarsi che non ci fosse nessuno nei paraggi. Era il loro giorno fortunato, o sfortunato a seconda delle interpretazioni.
    Per evitare che il ragazzino pazzo perdesse la testa, ad aprire la portiera ed accompagnare Chihiro con una mano sulla spalla fu stavolta Jacques.
    Lance si beò per un momento dell’aria gelida, pregna di smog ma libera dall’odore di Chihiro, prima di seguirli.
    Neanche cinque passi sul marciapiede, poi il suono di una porta che si apriva e in seguito al loro passaggio chiudeva. Faceva caldo, tanto caldo. In sottofondo una canzone jazz ovattata, la cantante aveva una voce a dir poco soave. Nessuno disse più niente, e con la mano di Jacques stretta intorno al braccio sinistro Chihiro fu accompagnato al secondo piano del nightclub CLUB 23 TOKYO. Il suono di un’altra porta che si apriva e chiudeva e finalmente…
    «In perfetto orario.» una voce maschile sconosciuta, bassa e compiaciuta come se avesse appena ricevuto il suo regalo di compleanno.
    Quando gli occhi dello scrittore fossero finalmente stati scoperti da Jacques, lo scenario che Chihiro si sarebbe trovato intorno sarebbe stata un’ampia sala VIP inondata di luci blu, alle pareti dei divanetti provvisti di tavolini in vetro e solo quattro presenze oltre lui: Jacques ancora al suo fianco, Lance quasi invisibile nelle ombre dell’angolo alla destra della porta e un’elegante giovane donna giapponese in abito da sera nero, in piedi accanto al divano su cui sedeva l’ultima persona. In tight color antracite, i capelli neri raccolti in un codino, l’uomo sembrava essere di ritorno da un’occasione formale.
    «Grazie per aver accettato il mio invito e benvenuto, Fujioka-san. O preferisce Fujishiro-san?» esordì con accento chiaramente straniero, invitandolo con un gesto del braccio a prendere posto. «La prego, si accomodi. Spero i miei uomini l’abbiano trattata con riguardo.»
    A quel punto Jacques si sarebbe fatto indietro, fermandosi davanti alla porta. Levon Moreau aveva riservato l’intera sala VIP - e questo la diceva lunga su quanto fosse abbiente -, premurandosi che le tende fossero ben tirate e la musica più leggera del solito.
    Avevano da discutere di affari.
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    Alle parole di Lancelot, gli angoli della bocca di Chihiro si alzarono quel tanto che bastava per simulare un leggero sorrisetto. Quella era una comparazione che veniva spesso associata ai suoi modi di fare, quella sua volontaria ricerca del pericolo e dell’ignoto. In fondo, non era la sua più profonda ossessione proprio il concetto di morte? Specialmente quando riguardava la sua.
    «E se fosse sempre stato il desiderio di quella falena toccare per mano almeno una volta quelle fiamme anche sapendo bene che sarebbe stata anche l’ultima? Non sarebbe una morte appagante per quell’esserino?» domande retoriche alle quali non si aspettava una risposta da parte del ragazzino. Il lieve sorriso non sparì e anzi sembrava abbastanza assorto da qualcosa «A kiss of death» aggiunse pochi istanti dopo portandosi poi le dita alle labbra, con il solito forte accento che non era ancora riuscito a togliersi. Un suo manoscritto incompleto condivideva quel caratteristico titolo, uno che tentava di finire da anni. Qualcosa sembrava sempre mancare, quella scintilla che avrebbe reso quella storia più affine alla fine tragica che voleva dargli. Non aveva ancora ben realizzato che, tuttavia, quello che stava tentando di scrivere lo riguardava più intimamente di quello che pensasse.
    La sua attenzione fu poi ricatturata da quelle interessanti parole sussurrate da Lancelot ma proprio in quel momento l’auto rallentò, troncando il discorso, e le parole dell’autista gli confermarono che erano infine arrivati alla meta. Un viaggio veloce allora, di questo ne fu sorpreso. Peccato, niente gita in montagna.
    «Vicino dunque, sempre a Shibuya? O una delle confinanti?» commentò ad alta voce nel mentre, dopo che la macchina fu parcheggiata, si fece scortare senza troppe storie da quello che aveva identificato come l’autista all’interno di quello che doveva supporre essere una palazzina. Insomma, non che bendato potesse andare molto lontano e non gli avevano ancora fatto intendere che potesse togliersela. La musica che giunse alle sue orecchie una volta entrati, non lo aiutò nelle sue supposizioni ma almeno era un genere musicale che gradiva. Salite delle scale, aperte altre porte ed eccoli lì, da qualche parte in quel palazzo.
    Una nuova voce parlò che Chihiro prese come permesso per togliersi la benda. Insomma, gli sembrava il momento giusto per farlo. Socchiuse gli occhi nel mentre si stava riabituando alla luce, prendendo dalla tasca della giacca che ancora conteneva il mazzo di chiavi e il suo cellulare, una pezzetta per pulirsi gli occhiali prima di rinfilarseli sul naso. Si guardò poi intorno, non degnando gli altri presenti di uno sguardo, riconoscendo la sala tinta di luci blu come quella di un club. Di quale non ne aveva idea ma gli fece intendere che se non erano ancora a Shibuya dovevano essere a Shinjuku, gli sembrava troppo sfarzoso per essere altrove. Non che fosse un gran frequentatore di posti del genere, quello era Minoru, lui preferiva i piccoli bar. «Decadent» commentò, portandosi una mano al mento «La mia idea della barca era migliore» aggiunse sottovoce, ridacchiando appena, lanciando poi una veloce occhiata a Lancelot che si era nel mentre messo in disparte. Era Natale, probabilmente il resto del locale era pure mezzo vuoto. Comprendeva la scelta ma se lo si chiedeva a lui, avrebbe scelto un luogo differente. Doveva ammettere che era un pelino deluso. Oh, beh, pazienza, non si poteva avere tutto.
    Finalmente si decise di posare lo sguardo sugli altri presenti, premurandosi d'incrociare con loro lo sguardo «Buona sera e Buon Natale. Voi siete?» salutò quindi, sempre cordiale e con il suo solito sorriso gentile che riservava agli sconosciuti e che non sembrava mai raggiungere i suoi occhi grigi. Tra l’altro come era vestito, rispetto ai due nuovi individui, poteva sembrare fuori posto ma non se ne curò minimamente. Lui vestito così si sentiva più a suo agio, anche con i capelli castani un po’ spettinati. Non gli avevano nemmeno dato tempo per farsi bello. Si tolse quindi la giacca, stava sentendo giusto un pelo caldo, abbandonandola poi su una dei divanetti.
    «Fujishiro è il mio nome d’arte. Fujioka va benissimo o anche solo Chihiro se si sente audace» si premurò di specificare, portandosi poi una mano al petto «Non si preoccupi, sono stati molto cordiali» e quello era pur vero nonostante tutto.
    Comunque sia, invece di sedersi lontano o dal lato opposto da loro, come avrebbe probabilmente fatto una persona normale, Chihiro ben decise di andare a mettersi seduto senza vergogna alcuna proprio accanto all’uomo che gli aveva rivolto la parola, l’ipotetico mastermind della serata che studio con uno sguardo incuriosito «Ma dunque mi dica, per cosa ha bisogno di me? Poteva prendere un appuntamento, si sarebbe salvato la foga del rapimento. Non giudico se è il suo fetish» disse poi, a gambe incrociare e mento appoggiato sul dorso della sua mano «Anche se ho apprezzato, è stato divertente».
    Stava osando, di questo se ne rendeva perfettamente conto. Ma voleva subito testare fino a dove poteva spingersi prima d'irritare irreparabilmente i presenti, alle conseguenze ci avrebbe pensato dopo «Ah, spero di non starla mettendo a disagio» aggiunse poi con noncuranza, indicando con un dito la parte del divano su cui si era comodamente seduto. Voleva farsi un’idea di che pasta fosse fatto, ghoul o meno era secondario. Anche se beh, forse era pure l’unico essere umano lì dentro, non che gli importasse qualcosa.
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    Chihiro Fujioka non aveva idea di quanto fosse a un passo dal baciare quella fiamma: parole che si ripetevano come un mantra nella mente di Lance, fossilizzata su quell’unico pensiero come se qualunque altra informazione fosse giunta in una lingua a lui incomprensibile.
    Aveva portato a termine il suo compito con successo e condotto Chihiro Fujioka sano e salvo dal maestro, pertanto avrebbe dovuto godersi lo spettacolo in tutta tranquillità, tuttavia Lance continuava a sentirsi teso come una corda di violino in procinto di spezzarsi. E la cosa bella era che l’atmosfera nella sala VIP appariva perfettamente rilassata, quasi Chihiro e Levon fossero amici di vecchia data che si ritrovano dopo tanto tempo.
    Ridotto a un’ombra tra le ombre, il ragazzo sembrava persino più piccolo di prima, schiacciato da un timore che non sapeva identificare. Non aveva paura per il maestro, meno che mai per Chihiro Fujioka: aveva paura e basta, come se fosse stata la sua normale condizione di vita.
    “Una falena che vuole toccare la fiamma anche se fosse l’ultima cosa che fa.” non riusciva a togliersi dalla testa le parole di Chihiro. “E se nel suo ultimo istante di vita realizzasse che non ne è valsa la pena? Non sarebbe una morte tragica per quell’esserino?”
    Sebbene Chihiro gli avesse fornito una prospettiva diversa, Lancelot non riusciva a non ripiombare nel baratro di negatività che soffocava ogni barlume di speranza nella sua vita. Raddrizzò le spalle quando Jacques lo affiancò, mentre dietro la schiena si grattava una pellicina in prossimità dell’unghia dell’indice fino a strapparla via; neanche il dolore però servì a rendere l’attesa meno straziante.
    «Mi chiami pure Barbe bleue, Fujioka-san. Sono spiacente di non poter ricambiare un nome con un nome, almeno per il momento.» fu la risposta pacata di Moreau, che non sembrava preoccuparsi dei rischi che comportava mostrare apertamente il proprio volto.
    Lance sapeva benissimo che, benché sapesse apprezzare gli imprevisti e le sfide che essi generavano, il maestro era un uomo a cui non piaceva che le cose andassero diversamente da come programmato, per questo motivo faceva in modo da avere un piano di riserva per ogni scenario papabile.
    Fortunatamente durante i minuti successivi nessuno sembrò curarsi più di lui, come se fosse infine diventato un tutt’uno con le ombre. Jacques non gli rivolse più neanche la coda dell’occhio; Chihiro Fujioka sembrò dimenticarsi della sua esistenza; la donna non l’aveva degnato neanche di uno sguardo per tutto il tempo; il maestro invece… la sua attenzione era del tutto catturata dall’ospite, come sempre. Lance avvertì un nodo allo stomaco dal sapore di gelosia, immediatamente sostituito dal senso di colpa: chi diavolo si credeva di essere per meritarsi delle attenzioni? Che vergogna.
    La battuta sul fetish, che non era una battuta ma Chihiro Fujioka aveva già dato prova di non spiccare per capacità sociali, suscitò una breve ma sincera risata in Levon, che appariva del tutto a suo agio nonostante la vicinanza.
    «Trovo che le vie convenzionali siano abbastanza noiose. Un rapimento, per quanto poco ortodosso come modo di invitare qualcuno, è pur sempre un’esperienza nuova. Almeno spero, nel suo caso.»
    L’ultima precisazione fu accompagnata dal sollevarsi delle sopracciglia con fare pensieroso, che però fu subito eclissato da un altro sorriso che in quanto ad emotività poteva rivaleggiare quello di Chihiro.
    «Un Natale diverso dal solito, sono lieto di sapere che si sia divertito.»
    Davvero due amici che si ritrovano dopo tanto tempo, Lance era… terribilmente confuso. Non era la prima volta che vedeva il maestro alle prese con altri esseri umani, ma di solito le interazioni erano molto più formali e brevi, la gente si defilava il prima possibile e...
    “Oh.”
    Una lampadina gli si accese nel cervello: se lui si era sentito a disagio con Chihiro Fujioka e Chihiro Fujioka somigliava un po’ al maestro... allora gli altri non parlavano col maestro perché li faceva sentire a disagio? Magiche realizzazioni della notte di Natale.
    «Disagio? Perché mai?» Moreau parve per un attimo sorpreso, ma realizzò immediatamente a che cosa si riferisse Chihiro e, con l’ennesimo sorriso, rilassò le spalle contro il divano. «Capisco. Ma no, nessun disagio. Piuttosto, posso offrirle qualcosa?»
    Nessun disagio. Non come un certo gatto isterico che per poco non si era catapultato fuori dall’auto, gli occhi dorati di Lance furono rivolti al pavimento. Che vergogna.
    Chihiro avrebbe potuto dare tante interpretazioni a quella mancanza di imbarazzo, ma qual era quella giusta? Un ghoul particolarmente padrone di sé? Un umano poco interessato al concetto di spazio personale? Un gaijin che ne aveva viste troppe per dar peso a una simile sottigliezza? O magari il motivo era ben diverso. L’unica cosa certa era che se voleva metterlo a disagio, il maledetto scrittore pazzo doveva impegnarsi decisamente di più.
    Moreau intanto aveva ruotato il busto per rivolgersi completamente a Chihiro, il braccio sinistro comodamente appoggiato sulle gambe e il destro alzato, la mano a mezz’aria accennava a un contenuto gesticolare.
    «L’ho invitata per proporle un lavoro, la stesura di una biografia per essere precisi. So che molti non trovano le biografie la più appassionante delle letture, un vero peccato a mio dire, ma penso si tratti di una storia che valga la pena ascoltare. Il vero problema semmai è trovare un orecchio capace di ascoltare davvero e la mano adatta a trattare certi argomenti. Emil Fujishiro potrebbe essere la persona giusta.» lo sguardo dell’uomo si fece più invasivo e attento, ancor meno emotivo di prima. «… ma potrebbe anche non esserlo.»
    Lance ebbe l’impressione che i due si stessero mettendo vicendevolmente alla prova, anche se non capiva in che modo. Sbirciava sottecchi la scena, sentendosi di troppo pur non avendo la minima rilevanza al momento.
    «Naturalmente non è tenuto ad accettare, Fujioka-san.» finalmente lo sguardo di Moreau si staccò da Chihiro, spostandosi proprio su Lance e un impassibile Jacques. «Voi bevete qualcosa, miei cari?»
    L’autista declinò garbatamente con un cenno di diniego, mentre il ragazzino, rabbrividito dalla testa ai piedi, sembrava quasi alienato nel suo angolino.
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    «Parlato.»
    "Pensato."
    Ghoul
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