Après la danse

[CONCLUSA] Chihiro Fujioka & Lancelot Moreau @Cherry Passion | 25/12/2020 | 00:40 | NEVE

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    Chihiro Fujioka
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    Agli occhi di una qualsiasi altra persona, quella situazione poteva sembrare quasi surreale e terrificante ma per una persona come Chihiro, che aveva una visione e interpretazione di quello che lo circondava tutta sua, era semplicemente così intrigante. Era un modo pericoloso di pensare, un comportamento che prima o poi lo avrebbe scottato irreversibilmente.
    «Oh, sicuramente. Non mi avevano mai rapito prima» detto come se lo avessero semplicemente accompagnato al supermercato a fare la spesa invece che “gentilmente prelevato” per un incontro privato e possibilmente rischioso. Niente d'insolito insomma, niente di cui preoccuparsi! Beh, Chihiro conosceva almeno due persone che avrebbero avuto molto da ridire su quel pensiero avessero saputo.
    Ecco, lui e l’uomo si stavano comportando come fossero vecchi amici che dopo anni avevano riallacciato i rapporti, rincontrandosi di fronte ad tazza di tè in un bar. La facilità con cui Chihiro riusciva a mescolarsi in gruppi di persone come fosse stato sempre lì tra loro, non smetteva mai di stupire. Alla fine, si era dunque presentato come “Barbe bleue”, nome per cui Chihiro dovette fare letteralmente delle acrobazie mentali anche solo per darne un senso. Ah, quindi Barbablù? Appropriato, si ritrovò a pensare. E curiosa scelta.
    Alla gentile offerta di viveri dell’altro, Chihiro si portò una mano al mento inclinando poi leggermente la testa di lato, dandosi giusto qualche secondo per valutare se aveva effettivamente voglia di qualcosa o meno. Alla fine decise di andare con tutta tranquillità per «Oh! Se posso, una cioccolata calda alla menta con doppia panna» signori e signore ecco a voi Fujioka Chihiro, l’unica persona su questa terra che pensa sia un’ottima idea ordinare una cioccolata in un nightclub. E non stava nemmeno scherzano, era serissimo nella sua scelta. Insomma, gli era all’improvviso venuta voglia e con il tempo gelido di fuori, gli sembrava un’ottima opzione.
    Detto ciò, riportò lo sguardo sul misterioso figuro con un leggero sorriso compiaciuto sulle labbra nel mentre era tornato a osservalo con quella sua aria incuriosita. Ah, ovviamente non era il tipo di persona che provava disagio solo per quella piccolezza, constatò. Uhm, valeva la pena impegnarsi di più? Ma prima che potesse osare, l’uomo riprese il suo discorso per cui Chihiro non poté che mettersi ad ascoltare con attenzione le sue parole e la proposta che esse portavano. Non batté nemmeno ciglio alle attenzioni che l’altro li stava riservando ma era anche vero che non era nemmeno il tipo di persona che si sarebbe normalmente crogiolato in esse. Pura indifferenza.
    «Una biografia? Non ne ho mai, beh, scritta una vera» commentò dunque dopo una pausa. Era sorpreso ma allo stesso tempo non lo era affatto. Insomma, che altro avrebbe voluto da lui se non usufruire di quel suo hobby? Se lo avevano rapito per altro, trovava un po’ inutile l’averlo portato lì «La sua presumo? Spero sia una storia valga la pena di essere raccontata» aggiunse poi, portandosi una mano sulle labbra, l’aria ora pensosa, lo sguardo puntato al pavimento. Sapeva essere particolare riguardo quello che preferiva e se nel caso non fosse stato nelle sue corde, beh, non avrebbe esitato a farglielo sapere.
    «Ma se posso permettermi, vorrei chiederle, perché io? So di non essere una persona di spicco nella cerchia o anche granché stimata. Dunque, cosa le ha fatto considerare me come opzione? Cosa ha catturato la vostra attenzione?» gli chiese dopo interminabili istanti di puro silenzio. Era curioso, questo era certo, ma allo stesso tempo dubitava che lo avesse scelto per puro caso tra le molte menti disponibili per il lavoro. Forse non era nemmeno il primo che avevano approcciato. Quel pensiero scaturì in lui nessuna emozione in particolare, insomma, non gli importava fosse stato la prima o seconda o terza opzione. A lui non cambiava niente.
    «Quindi, nel caso dicessi di no, mi lascerebbe andare? Così? Anche se ho visto il suo volto?» gli chiese quindi di sottecchi, lo sguardo argenteo puntato sul caro Barbablù. Certo, non avrebbe potuto fare molto avendo solo un volto da ricollegare a qualcosa ma era comunque un enorme rischio che era sicuro avevano preso in considerazione. Non gli sembravano dei novellini. Si aspettava delle minacce, forse poteva anche contarci. Ma forse i presenti non sapevano che, se solo glielo avrebbero chiesto e fatto giurare, lui la boccuccia chiusa su cosa era successo quella sera l’avrebbe tenuta. Insomma, ne andava del suo onore.
    Sollevò lo sguardo, puntandolo poi sugli altri presenti nella sala una volta furono interpellati con quella che Chihiro poteva interpretare come una domanda retorica. Non si era dimenticato di loro, specialmente non di Lancelot, ma scusatelo, si era fatto prendere un attimo dalla novità!
    «Stalker-kun, tu che ne pensi? Anche lei Mr. Autista e Madame, siate onesti» chiese dunque, lanciando un’occhiata a ognuno di loro, curioso di vedere come si sarebbero comportati. E non parlava solo dei tre.
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    Cosa diavolo era una cioccolata calda alla menta con doppia panna? E perché perdeva tempo a chiederselo? Il cervello di Lancelot era ufficialmente in tilt per l’ennesima volta. Pur potendo sfoggiare in pagella uno zero spaccato alla voce senso comune, era piuttosto certo che in una situazione potenzialmente letale una persona normale non avrebbe selezionato con cotanta cura una bevanda da chiedere al proprio rapitore. Persino Takeda-san sembrava piuttosto colta in contropiede.
    O forse era una subdola strategia per provocare ancora una volta il maestro? Magari Chihiro Fujioka voleva testare fin dove poteva spingersi prima di compiere un passo falso?
    Per quanto ci riflettesse, Lancelot non riusciva a trovare una spiegazione ai comportamenti di quell’uomo. Inutile dire che tutto ciò che non conosceva lo spaventava, esattamente come un bambino che nell’oscurità vede ciò che vuole vedere. In quel momento vedeva una porta aprirsi quel tanto che bastava per sbirciare un mondo nuovo, dove anche qualcosa di familiare come la pioggia poteva rivelarsi acida.
    Mentre Lance si poneva domande a cui non sapeva dare risposta, altre domande fluttuavano in attesa che qualcuno - e quel qualcuno era ovviamente Moreau - fugasse i naturali dubbi di Chihiro. Perché tra tanti era stato scelto proprio lui? Era inconsapevolmente passato attraverso una selezione oppure gli occhi attenti del professore erano stati puntati sin da subito su di lui?
    «La selezione non è stata rapida né facile, in effetti...» ammise Moreau. «La tecnica ha avuto il suo peso, ma non è l’elemento determinante. È stato osservandola che abbiamo intravisto un barlume di ciò che cerchiamo.»
    Non aggiunse altro, come se col flebile sorriso impenetrabile che stava rivolgendo a Chihiro volesse esortarlo a dare del suo meglio per arrivarci da solo. Che suspense aleggiava nella sala VIP, mentre dal piano di sotto arrivava leggerissima, quasi inudibile, la voce calda della cantante e Takeda-san si arrendeva con un sospiro all’inevitabile necessità di scendere al bar alla ricerca di polvere di cacao all’una di notte.
    Era una persona intelligente, quello scrittore, ma ciò non toglieva che rispondere alle domande fosse buona educazione, dunque almeno il secondo interrogativo ricevette una risposta.
    Moreau annuì di buon grado. «Confermo che la lascerei andare.» ma, per quanto l’uomo sembrasse sincero e convinto di quanto appena detto, chiunque avrebbe dubitato di lui; lasciar andare Chihiro con un volto e un’informazione tremendamente compromettente come la sua collaborazione con dei ghoul era rischioso oltre ogni limite.
    Lancelot stesso rimase alquanto sorpreso da quella pericolosa presa di posizione. In caso di necessità non ci avrebbe pensato due volte ad eliminare Chihiro con le sue stesse mani, non avrebbe permesso a nessuno di congiurare contro il maestro…
    “Stalker-kun, tu che ne pensi? Anche lei Mr. Autista e Madame, siate onesti”.
    Di essere di nuovo chiamato in causa invece non se l’aspettava, come testimoniò il piccolo sobbalzo delle spalle. Perché si erano tanto impuntati sul coinvolgere nella discussione anche loro tre? Tentò di darsi un contegno, rilassando la schiena e rialzando la testa.
    «Penso che sfortunatamente non sarà semplice servirle una cioccolata calda alla menta con doppia panna, sir. Ma farò del mio meglio. Con permesso.» fu la prima e probabilmente ultima volta che Takeda-san parlò, passando tra Lancelot e Jacques prima di aprire la porta quel tanto che bastava a uscire.
    Beata lei che poteva defilarsi, pensò il ragazzo con un’alzata di sopracciglia, per poi rispondere con disarmante sincerità venata di chiara ostilità. Non aveva nemmeno capito a che cosa si riferisse Chihiro, se al perché fosse stato scelto o se l’avessero lasciato andare in caso di rifiuto.
    «… lei è come un gatto curioso e pazzo.»
    E un giustificabile silenzio piombò nella sala VIP, Jacques con le labbra dischiuse in procinto di dire qualcosa e Moreau con un sorriso divertito. Il primo suono che spezzò il silenzio fu, una manciata di secondi più tardi, una risata trattenuta del maestro. «Credo di capire dove vuoi arrivare.»
    «È come i gatti che fanno cose pericolosissime solo perché vogliono infilarci il naso.» provò a spiegarsi meglio Lancelot, gli occhi seri che cercavano un contatto visivo con Chihiro nonostante la lontananza. «Solo un gatto curioso e pazzo potrebbe lavorare con noi senza scappare con la coda tra le gambe.» la serietà volò via dal suo viso pallido, lasciando spazio alla perplessità. «Almeno credo, non ho mai avuto un gatto.»
    Era vero, dava da mangiare a quanti più gatti poteva ma non ne aveva mai allevato uno in casa. Cercò una traccia di approvazione sul viso del maestro, che gli restituì un sorriso e un occhiolino. «L’avrei detto in una maniera che suonasse meno offensiva, ma bingo!»
    Finalmente anche Lance sorrise, rincuorato: aveva fatto qualcosa di giusto.
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    Edited by Yukari - 13/5/2021, 12:44
     
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    Chihiro Fujioka
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    In questo mondo, tutto ha un perché ma non tutto quello che esce dalla bocca di Chihiro ha un significato nascosto. O profondo. Era e ancora è una persona fin troppo diretta, senza peli sulla lingua, che non si è mai fatta problemi a dire tutto quello che gli passava per la testa. Sempre serio anche quando quello che diceva poteva apparire quasi folle. Talvolta poteva anche essere difficile seguire il filo dei suoi pensieri ma un nesso c’era sempre. E, a volte, scrutare le espressioni degli altri alle sue parole era la parte più interessante del discorso. S’imparava sempre qualcosa di nuovo.
    Comunque sia, almeno in questo caso, quella sua richiesta non celava nessuna subdola strategia o provocazione. Chihiro voleva solo una cioccolata calda, tutto qui. O delle patatine fritte, a quelle non diceva mai no. Forse doveva richiedere anche quelle, come combinazione non era male. Beh, se lo si chiedeva a lui.
    Chihiro alzò un sopracciglio nel mentre ascoltava le parole dell’uomo, in risposta alla domanda che gli aveva porto poco prima. Si portò le dita di una mano sulle labbra, picchiettandosele contro con delicatezza andando poi a inclinare un po’ la testa di lato con aria pensosa. Semplicemente, quella risposta non gli era piaciuta. Non del tutto, almeno.
    «Non posso considerare queste sue parole come una risposta alla mia domanda» gli disse quindi, ripuntando poi lo sguardo sull’altro «Non mi piacciono troppo i giri di parole, manca il fulcro della questione» continuò, con uno sbuffo che trasudava una punta di delusione «Potrei anche interpretare il tutto come se vi foste invaghito di me al primo sguardo e non potete immaginare altra persona a lavorare su questa sua biografia. In questo caso, non è che mi dispiaccia, sa, ma dovrei rifiutare le vostre avances, il mio cuore è difficile da conquistare» finì con un leggero sorriso a malapena celato dietro le sue dita. Okay, questa volta lo aveva stuzzicato di proposito, le sue parole una presa in giro bella e buona.
    Insomma, l’aver evaso la sua domanda non gli era andato molto a genio ma almeno alla successiva una risposta l’aveva ricevuta. Altre persone avrebbero trovato l’altro uomo più pazzo di Chihiro stesso per il semplice motivo che avesse dichiarato la volontà di farlo andare via incolume da quell’incontro. Chihiro doveva ammettere che nemmeno lui stesso lo avrebbe fatto senza le dovute precauzioni. Per cui, doveva fidarsi di quelle sue parole? O ci sarebbe stato l’inghippo? Solo il tempo potrà dircelo e tutto quello che poteva fare era osservare e aspettare qualcosa. Forse voleva solo tenerlo buono per il momento, non che servisse veramente.
    «Ho la sua parola dunque? Spero non sia la persona che viene meno alla parola data». Quello sarebbe stato un affronto che non avrebbe perdonato.
    Il fuggi fuggi che si era creato alla domanda che aveva posto agli altri presenti se l’era aspettato, era una reazione comune. Insomma, sarebbe stato più sorpreso se gli avessero tutti risposto direttamente, considerando anche la loro posizione. Beh, almeno gli avrebbero portato la cioccolata calda che aveva richiesto. La stava aspettando con pazienza.
    La sorpresa fu che a rispondere per primo fu il ragazzino, cosa che Chihiro accolse di buon grado e a braccia aperte. Non lo aveva ancora inquadrato bene ma fino a quel momento non si era mai rifiutato di rispondere ai suoi quesiti, dandogli invece corda. Cosa che Chihiro aveva apprezzato infinitamente fin dall’inizio.
    «Non lo trovo offensivo, in fondo non è che abbia detto qualcosa di sbagliato» commentò con un sorriso divertito, non se la prendeva mai per cose del genere «Ho sentito molto peggio nel corso degli anni. Una persona che conosco mi avrebbe definito come un topolino che cade volutamente in una trappola per un singolo pezzo di formaggio».
    Si alzò poi in piedi e con tutta la calma del mondo si avviò verso il divanetto su cui aveva lasciato precedentemente la sua giacca «Poi mi piacciono i gatti. Vi ho fatto vedere le foto della mia piccolina?» fu quello che disse poi, prendendo il suo cellulare dalla tasca e dopo averlo sbloccato, andò ad aprire la galleria delle foto in cerca della cartella dedicata alle foto della sua Azuki. Alla prima che aprì, si fermò un attimo per poi andare alzare un sopracciglio e girarsi verso il ragazzino dalla chioma rossiccia «Lancelot-kun, la mia piccola Azuki ti somiglia, ora che ci faccio caso. Esteticamente, almeno» gli disse ridacchiando appena, decidendo poi di avvicinarsi a lui per fargli ammirare le foto. Insomma, la sua piccolina andava ammirata come la regina qual’era. Poi trovava la somiglianza divertente. Voleva dare fastidio a entrambi di proposito.
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    Lancelot Nazaire Moreau
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    Il vero punto della questione secondo Lance non era se il maestro avrebbe lasciato andare incolume Chihiro Fujioka, ma se Chihiro Fujioka sarebbe arrivato incolume alla fine di quell’incontro. Non credeva fosse tanto stupido - pazzo sì, stupido no - da non capire che continuando a volare intorno alla fiamma si sarebbe prima o poi bruciato, e dubitava che una morte tanto misera fosse ciò a cui aspirava qualcuno come Chihiro Fujioka.
    La reale minaccia, tuttavia, non risiedeva in un imperturbabile Levon Moreau, che aveva risposto al rimprovero con un sorriso bonario e alla conferma di quanto detto con un cenno del capo, ma in un sempre più irrequieto Lancelot. Non sopportava che quella persona si rivolgesse in maniera tanto arrogante al maestro. Dal basso del suo stato di stupida bestia non poteva intromettersi in una discussione tra esseri superiori, ma la tentazione di saltargli al collo e sbatterlo al muro era forte. Poteva maltrattare lui quanto voleva - e sarebbe stato giusto, era una creatura immonda nata per essere disprezzata -, ma non il maestro.
    Forse, anzi probabilmente, si sarebbe dovuto vergognare di aver pensato di voler fare del male a un essere umano, ma gira e rigira c’erano troppe cose di cui Lance pensava di doversi vergognare per tenerle sempre a mente. L’unica certezza era che avrebbe trovato un motivo per biasimarsi in ogni circostanza.
    Prese un silenzioso sospiro e si ordinò di tenere a bada gli istinti. La linea delle spalle, per quanto ancora tesa, si rilassò lievemente, e allo stesso modo anche la fronte tornò a corrugarsi solo quando Chihiro si mise in piedi con tutta l’aria di chi ha intenzione di avvicinarsi.
    Rieccolo, erano di nuovo giunti al momento tortura, pensò Lance alzando gli occhi al cielo. Fortuna che aveva ingerito quella pillola prima di scendere dall’auto, in questo modo avrebbe almeno evitato di fare la figura dell’avvoltoio che sbava sulla carcassa. Il profumo della carne umana era ancora vigoroso e appetibile, stuzzicava il palato quanto bastava a fargli serrare le labbra e muovere un passo indietro; avvertì la freddezza del muro contro la schiena, ancora una volta era in trappola tra le spire di quell’odiosa serpe. Non gli risparmiò uno sguardo gelido carico di diffidenza, mentre autista e padrone si scambiavano un’occhiata d’intesa che Lance notò a malapena - sapeva benissimo che quella era la sua assicurazione, se avesse perso il controllo ci avrebbe pensato Jacques a rimetterlo al suo posto.
    Doveva stare calmo: non voleva diventare causa di vergogna per il padrone né essere picchiato.
    Il motivo - come sempre fuori luogo - per il quale lo scrittore si era avvicinato era mostrargli le fotografie della sua “piccolina”, che Lance identificò come gatto e non come fidanzata solo dopo un lasso di tempo imbarazzante.
    «Io non sono un gatto...» brontolò prontamente, senza capire le parole di Chihiro.
    Da bravo stalker sapeva dell’esistenza di una gatta in casa Fujioka, ma non l’aveva mai vista da vicino. Non appena gli occhi ambrati si posarono sulla figura riprodotta in pixel della gatta, infatti, ogni traccia di ostilità si dileguò dal suo volto lasciando spazio al tipo di ammirazione che un bambino prova davanti a un arcobaleno.
    «Oh no, è bellissima...» il commento era sfuggito sottovoce, neanche si fosse lasciato scappare un segreto «non sono degno di esserci paragonato.» ed eccolo giunto alla conclusione che anche i gatti erano meglio di lui. Alzò occhi dal display solo per cercare quelli di Chihiro. «Ci sono altre fotografie in questo apparecchio elettronico?»
    Un caso umano tanto estraneo al mondo moderno da non ricordarsi la parola smartphone ma ricordare apparecchio elettronico in giapponese.
    Nel frattempo il mondo sembrava essersi cristallizzato. Fortuna che Moreau era una persona indulgente, pochi avrebbero avuto la pazienza di assecondare i capricci di Chihiro. O magari c’era un motivo preciso dietro il silenzio con cui lasciò interagire il ghoul o l’umano.
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    Edited by Yukari - 5/7/2021, 19:25
     
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    Chihiro Fujioka
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    Secondo Chihiro, era sempre il momento giusto per mostrare foto della sua piccolina agli altri, anche nei bagni pubblici. Si, qui si parla con un certo livello di esperienza. Per cui il caro scrittore non aveva esitato, appunto, a parare davanti alla faccia del ragazzino il suo cellulare, con la premura di mostrare anche all’autista alcune foto. Non che quest’ultimo fosse il suo vero target, in quella sala c’era un’unica persona che aveva catturato veramente il suo interesse. E non era l’autista e nemmeno mister Barbe bleue. O la mademoiselle.
    «Sicuro? Dalla tua reazione mi ricordi lei quando la prendo in giro» commentò quindi Chihiro, non dando peso allo sguardo gelido e diffidente che Lancelot gli aveva lanciato quando si era avvicinato, notando anche il passo indietro che aveva fatto. Anzi, finì per sorridergli appena, una leggera risata che poco riuscì a trattenere. Trovava interessante il fatto che il ghoul avesse più paura di lui che viceversa. Curioso, davvero.E pericoloso per entrambi, dopotutto.
    «Vero? Guarda quant’è adorabile in questo video. Era il periodo in cui le avevo dato troppo da mangiare e poi l’abbiamo portata al parco per fare ginnastica insieme...» gli disse poco dopo, passandogli poi il suo cellulare in modo che potesse vedere meglio il video che stava indicando nel mentre accennava a quella vicenda di poco più di un anno prima «Ho la galleria piena di sue foto, una cartella è tutta per la mia piccola pestifera Azuki» continuò poco dopo, annuendo con orgoglio. Come un padre che mostra quando incredibile e brava sia sua figlia.
    Comunque sia, una persona normale non avrebbe di certo passato il proprio cellulare con tanta leggerezza a praticamente sconosciuto. Ma Chihiro è Chihiro e se anche avesse materiale compromettente tra i vari file conservati nell’apparecchio, non è che se ne sarebbe poi tanto curato. Non è che avesse molto da nascondere. E se le avesse, più che conservato nel suo cellulare lo erano nei meandri della sua mente.
    Soddisfatto di aver indirizzato qualcuno alla sua personale religione che al momento, Chihiro si voltò nuovamente verso il conduttore di quella serata, allontanandosi poi di qualche passo dal più piccolo tra loro. Prese a camminare avanti e indietro, passo dopo passo, con aria pensosa.
    «Tornando a noi, nonostante sembri una proposta intrigante, vorrei capire se sia un lavoro che possa apprezzare. Al momento non mi trovo completamente incline dall’accettare» furono dunque le sue parole, di nuovo serio dopo quel attimo di pausa, ancora non del tutto persuaso dalla proposta che gli era stata fatta. Era curioso, certamente, ma oltre a ciò non aveva poi molto con cui lavorare.
    «Ci stiamo girando un po’ troppo intorno ma perché non mi dà un assaggio? Un aneddoto magari, per saziare la mia curiosità. Non posso accettare così su due piedi, sa».
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    Edited by alyë - 5/6/2021, 21:21
     
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    Lancelot Nazaire Moreau
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    In pochi secondi una situazione dal sapore di Pulp Fiction si era trasformata in un assembramento di gattari o aspiranti tali. Persino l’austero Jaques era segretamente gattaro, Lance lo sapeva benissimo: una volta, al rientro da una missione, l’aveva beccato a portare del cibo a una famiglia di gattini appena fuori casa Moreau a Shinagawa. Jacques era anziano, sì, ma se era il maestro di Lance c’era un motivo solido, infatti l’aveva beccato subito a spiarlo e l’aveva quindi costretto a giurare di tenere il segreto: nessuno avrebbe dovuto sapere che persino lui aveva un cuore tenero.
    Peccato che glielo si leggesse negli occhi quanto amava i gatti.
    Insomma, Azuki aveva fatto strage.
    Alla faccia degli stereotipi, mentre i due mostri si scioglievano per la gatta, chi manteneva un contegno impeccabile era l’umano. Sarebbe stato assurdo, del resto, se un addomesticatore di ghoul si fosse lasciato intenerire da un esserino peloso; Levon Moreau non era decisamente il tipo di persona che preferisce gli animali agli esseri umani.
    «Guarda, guarda!» col tatto di un elefante in un negozio di cristalli, Lancelot afferrò con la mano libera per un braccio Jacques e lo trascinò al suo fianco per guardare insieme il video. «Ha le zampette...»
    L’altro non si risparmiò un sorriso sornione né un commento divertito. «Certamente, Lancelot. I gatti sono quadrupedi, quindi hanno ben quattro zampe.»
    «Ne me moque pas!» gli occhi ambrati del ragazzino si allontanarono dal display solo per fulminare il collega. «Hai capito cosa volevo dire...» brontolò, ferito nell’orgoglio.
    Anche i muri sapevano che Lancelot non era una cima nell’esprimersi, complice non solo la Babele ad un passo dal crollo che aveva nel cervello, ma anche la moltitudine di emozioni che lo animavano e non riusciva a tradurre in parole.
    Spesso sentiva di avere un mondo intero dentro, ma nessuna idea di come condividerlo con gli altri.
    Per la prima volta fu Chihiro Fujioka a risollevargli il morale, annunciando di avere una galleria e una cartella piene di fotografie di Azuki. Lance non sapeva che cosa significassero concetti come “galleria” e “cartella” se applicati ad un cellulare, ma interpretò comunque la risposta come positiva e tornò ad abbozzare un timido sorriso. Adesso doveva solo capire come funzionava quell’apparecchio troppo tecnologico per le sue abitudini e avrebbe avuto accesso ad una miniera di fotografie di Azuki…
    “Tornando a noi, nonostante sembri una proposta intrigante, vorrei capire se sia un lavoro che possa apprezzare. Al momento non mi trovo completamente incline dall’accettare”.
    Mentre Jaques teneva a bada la bomba a orologeria dai capelli rossi indicando i passi da seguire per perdersi nel labirinto di foto, la contrattazione tra Chihiro e Levon era finalmente ricominciata. L’errare fine a se stesso dello scrittore era seguito dallo sguardo dell’uomo con attenzione felina, che fu orientata sulla porta solo nel breve frangente in cui Takeda-san rientrò con l’ordinazione dell’ospite tra le mani. Gliela servì con un cenno formale del capo, per poi tornare accanto al capo.
    “Ci stiamo girando un po’ troppo intorno ma perché non mi dà un assaggio? Un aneddoto magari, per saziare la mia curiosità. Non posso accettare così su due piedi, sa”.
    Finalmente anche Lancelot riemerse dal suo stato alienato, scattando con lo sguardo sulla figura del maestro nel momento in cui lo sentì mettersi in piedi.
    «In effetti la discussione sta andando un po’ troppo per le lunghe, per quanto apprezzi che Lance si diverta.»
    Nonostante la facciata di gentleman impeccabile e sofisticato, anche Levon aveva bisogno di tanto in tanto di sgranchire i muscoli. Strinse le braccia al petto, una mano sotto il mento e gli occhi rivolti al soffitto, come per riacciuffare ricordi lontani.
    «Un aneddoto, hm… oh, quella volta in Perù!»
    «Non!» l’esclamazione contrariata di Lancelot bocciò il racconto.
    L’uomo ci pensò nuovamente su. «Allora… la settimana successiva in Cile?»
    «Non!»
    «… il Natale a Ginevra?»
    «Je t'en prie!» la voce del ragazzo aveva ormai raggiunto livelli di disperazione. «Troppe figuracce...» mugugnò, lo sguardo rivolto con vergogna al pavimento.
    A Levon scappò una risatina. «Se Fujioka-san accetterà il lavoro, allora dovremo raccontargli anche di quelle occasioni, lo sai?»
    Infatti Lance non voleva che Chihiro Fujioka accettasse il lavoro, ma non poteva dirlo ad alta voce. Così sospirò, arrendendosi al fatto che molto probabilmente qualunque aneddoto avrebbe portato alla distruzione della sua già traballante dignità.
    Una cosa era chiara da quel botta e risposta: Barbe bleue viaggiava in lungo e in largo, anche in luoghi normalmente reputati di scarso interesse da parte del pubblico mainstream. E in tutti questi viaggi Lance era stato al suo fianco, fedele come un cane.
    «Hm...» ci pensò ancora un attimo prima di essere fulminato da un’idea che lo fece sorridere. «Come dimenticare quel dia de los muertos! Amo quella festa, così sentita e suggestiva… non è raro che ci tocchi lavorare in occasioni del genere, le feste sono periodi in cui è molto facile giustificare le sparizioni. Fu la prima caccia di Lance e sembrò durare tutta la notte… a un certo punto cominciavo a temere ci fosse una falla nel suo addestramento.»
    «Non sono stato bravo...» interruppe Lance, lo sguardo riverso a terra con amarezza e il cellulare di Chihiro stretto al petto tra le mani.
    Ma Moreau scosse la testa. «Al contrario. Sfruttò i fuochi d’artificio per cogliere di sorpresa e atterrare il target. Purtroppo nella colluttazione l’ha ucciso, ma quella fu la sua prima vittoria contro un ghoul. È stato molto bravo, così gli ho regalato la sua maschera.»
    A una prima, superficiale valutazione si sarebbe potuto tacciare quell’aneddoto di vaghezza e mancanza di pertinenza con l’argomento, la biografia, dal momento che riguardava Lance.
    Ad una prima, superficiale valutazione.
    Moreau aveva parlato di luoghi lontani, di qualcuno da cui prendevano ordini e a cui consegnavano corpi, di ghoul che cacciano altri ghoul, di un rapporto sinistro con il ragazzino forse francese che ora, con le guance velate di rossore, guardava fisso il pavimento sorridendo imbarazzato.
    La biografia di Levon Moreau non avrebbe riguardato solo Levon Moreau, ma un numero imprecisato di persone, alcune delle quali talmente potenti che non osava nominarle neanche in un aneddoto. Strano e contraddittorio, forse un po’ un azzardo, ma del tutto intenzionale. Chissà se Chihiro Fujioka sarebbe riuscito a cogliere quanto c’era di implicito.
    «Mi perdonerà se al momento non posso scendere più nel dettaglio, ma la vita di ciascuno dei presenti in questa stanza sarebbe in pericolo se non giocassi con zelo. Ho il dovere di avvisarla, infine, che se accetterà, anche lei dovrà imparare a giocare per non rimanere ucciso. Ma in tal caso la sua sicurezza rientrerebbe tra le nostre priorità.»
    E questo era quanto Chihiro avrebbe ottenuto, adesso stava a lui decidere se giocare.
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    Chihiro Fujioka
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    Bisogna dire che Chihiro era alquanto soddisfatto della reazione che Lancelot stava avendo alle foto della sua piccolina, com’era giusto che fosse. Era una pena capitale non apprezzarla, insomma non si fidava molto delle persone che non mostravano nemmeno una qualsiasi reazione a guardare una delle sue foto. Ricambiò quindi il sorriso che gli aveva gettato, gli angoli della bocca un pelo più alzati rispetto al solito, per poi far ritornare nuovamente l’attenzione all’altro uomo che nel mentre era rimasto lì comodo ad osservati durante quello scambio di battute.
    Si distrasse di nuovo giusto per un altro attimo non appena la mademoiselle, che ringraziò ricambiando il cenno del capo, era tornata con la sua cioccolata calda di cui prese un sorso, naso nella panna per poi andare a leccarsela in faccia in modo da ripulirsela. Era una cosa che nonostante ora fosse molto più grande, non aveva mai smesso di fare fin da quando era piccino. Anche perché il più delle volte, c’era comunque qualcuno che gliela avrebbe pulita, la faccia. Con molta esasperazione, si.
    Con la tazza tra le mani, Chihiro prese dunque a seguire con lo sguardo l’altro, che una volta che si era alzato dal suo posto, aveva iniziato a parlare, in attesa di vedere dove volesse andare a parare con le sue parole. In special modo quando il ragazzino dai capelli rossi era stato indirettamente nominato, considerando la sua forte reazione a quei spunti.
    Non fu difficile nemmeno riconoscere il nome di diversi luoghi sparsi nel mondo che Chihiro poteva facilmente ammettere aveva visto solo in foto, confermandogli il pensiero che l’uomo che aveva di fronte, a differenza sua, non fosse una persona particolarmente sedentaria. Per cui riprese ad ascoltarlo, con curiosità e attenzione nel mentre continuava a sorseggiare quella cioccolata senza alcuna preoccupazione, come niente fosse.
    «Incredibile» si ritrovò a mormorare con le sopracciglia alzate, uno sguardo lanciato a piccolo stalker. Non era stupore per l’aneddoto, no no, capiamoci bene, gli era pure piaciuto ma era più il tassello che era andato a incastrarsi nella sua mente che lo aveva stimolato.
    «Credo di aver capito» disse con un leggero sorrisino sulle labbra e dopo una scrollata di spalle, osservando di sottecchi l’uomo di cui ancora non sapeva il nome «Non si preoccupi, so essere molto bravo a giocare. Quando lo voglio, almeno» commentò, continuando a bere dalla tazza.
    «Ma le faccio quest’ultima domanda, prima di darle la mia risposta finale: cosa succederebbe se volesse tirarmi indietro una volta aver accettato? Sia onesto» continuò, l’aria intorno a lui inusualmente seria, una mano appoggiata al fianco, nonostante avesse fatto quella domanda con una leggerezza estrema, nonostante lo sguardo di ghiaccio tradisse altro «Se mi dovesse fare fuori, almeno mi prometta di darmi una morte da ricordare. Sa, ci tengo».
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    Lancelot Nazaire Moreau
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    Lancelot non sapeva che reazione aspettarsi. Anzi, volendo essere precisi non sapeva che reazione fosse lecito aspettarsi, perché nella sua breve vita aveva avuto solo un piccolo assaggio di ciò che la società considera normalità. Pertanto era oltremodo curioso: non era il suo primo contatto con un essere umano, ma era il primo con un essere umano tanto imprevedibile da risultare sconcertante. Era un po’ come guardarsi allo specchio, con la differenza che Chihiro doveva avere un’idea molto più definita di quale sarebbe stata la cosa giusta da fare.
    Forse accettare, più per la paura di essere messi con le spalle al muro e sbranati da un branco di ghoul.
    Forse rifiutare, con in tasca la parola d’onore del maestro che non l’avrebbe in alcun modo messo in pericolo.
    O forse ancora una via di mezzo, qualcosa che Lancelot, nella sua visione in bianco e nero della vita, non riusciva neanche a concepire.
    Inconsapevolmente aveva seguito ogni movimento dei due uomini con dedizione, le pupille dilatate fino ad annerire l’oro delle iridi. Se si fosse visto allo specchio avrebbe potuto constatare quanto Chihiro Fujioka avesse ragione riguardo la sua somiglianza con un felino.
    La scelta dello scrittore ricadde su una terza via, quella della procrastinazione. Un lampo di delusione mista e irritazione offuscò lo sguardo di Lancelot: basta rimandare, voleva sapere come andava avanti la storia!
    «Accadrebbe l’inevitabile: se la nostra collaborazione venisse a galla, senza la mia protezione lei non avrebbe scampo. Avrà già capito che chi vorrà ridurla al silenzio non è un nemico aggirabile come la mafia o un comune gruppo di ghoul.»
    La risposta attesa da Chihiro giunse rapida e senza giri di parole: una persona evidentemente potente e cosmopolita come Levon Moreau non poteva avere nemici normali. Non sarebbe bastato cambiare Stato per mettersi al sicuro. Lancelot lo sapeva benissimo e condivideva il pensiero che fosse corretto metterne al corrente anche lo scrittore; in cuor suo continuava a sperare che rifiutasse cortesemente l’offerta e uscisse dalle loro vite, ma ogni minuto che passava vedeva la sua speranza avvizzire.
    Non gli era piaciuto il modo in cui Chihiro Fujioka aveva giocato con la sua mente in auto, né come aveva risposto al maestro, né che gli fosse bastato piazzargli davanti al naso le foto di un gatto per incantarlo. Chihiro era una persona pericolosa per la sua traballante stabilità emotiva.
    «Tuttavia...» proseguì Moreau, il suono dei suoi passi lenti e cadenzati lo accompagnò mentre andava incontro agli altri, le braccia ancora incrociate al petto e gli occhi, finora seri, che si assottigliarono in concomitanza col formarsi di un sorriso. «Se è ciò che vuole, nel caso in cui toccasse a noi darle la morte sarò ben lieto di assecondare i suoi desideri. Ogni vita...» lo sguardo vagò di presente in presente con la stessa intensità con cui scandì ogni parola di quell’assioma, fermandosi infine su Chihiro. «merita un finale grandioso.»
    A Lancelot non piacque quel discorso, un brivido freddo gli aveva risalito la spina dorsale. Strano come fosse abituato a camminare fianco a fianco con la morte, eppure sentirla in bocca a Chihiro prima e al maestro adesso lo avesse fatto rabbrividire.
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    Chihiro Fujioka
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    Ecco, conoscendolo, non era dunque difficile immaginare un piccolo Chihiro andare “yatta!” con un coordinato salto in aria alle parole dell’uomo anche se esternamente era la calma fatta persona. Come se non fosse successo niente, anche perché calmo alla fin fine lo era sul serio. Era difficile vederlo veramente impaurito o timoroso.
    Tranne per lo sbrilluccichio estasiato che aveva negli occhi.
    Chihiro prese un altro sorso di quella cioccolata. Insomma, non era affatto male anche se ne aveva bevute certamente di migliori. Quella di sua madre compresa. Ora gli era pure effettivamente venuta voglia anche delle sue amate patatine fritte da immergere in nella cioccolata. Ma nel caso si sarebbe fermato da qualche parte tornando a casa.
    Chihiro ridacchiò «Le sembro il tipo che scapperebbe in quel modo? Nel caso mi troverebbe comunque subito, non ho molti posti dove nascondermi» si portò una mano al fianco, continuando a sorseggiare quella bevanda con aria seria «Non che abbia molti contatti o abbia mai messo piede al di fuori di questa prefettura» continuò portandosi un dito al momento «Tranne a Kyoto anni fa con la scuola, era che ci penso. Sono molto un cosiddetto city boy anche se il mio senso delle direzioni non sia dei migliori».
    Per chi non lo conoscesse bene, avrebbe probabilmente pensato che ora, con quella promessa statagli appena fatta, Chihiro si sarebbe ritirato al primo momento opportuno una volta accettato solo per esaudire il suo più recondito desiderio. Ma quella non era una vera mossa da Chihiro, nah, in fondo che gusto ci sarebbe stato? Nessuna sorpresa, niente di niente. Troppo premeditato. Sarebbe stato eclatante per gli altri ma non veramente per lui. Se mai si volesse ritirare, beh, lo sarebbe stato per un motivo più importante.
    Dopotutto, aveva già deciso di accettare da diversi minuti. In realtà proprio quando gli era stato inizialmente proposto anche se non era particolarmente convinto, senza curarsi troppo delle conseguenze. Voleva solo vederne il finale.
    «Ci conto» gli disse quindi con un lieve sorriso, andando poi a posare la tazza ormai mezza vuota su un tavolo vicino, avvicinandosi a passi decisi a lui dopo essersi pulito il viso con la manica del suo maglione.
    «C’è un contratto da firmare? Qualche clausola specifica che dovrei sapere?» gli chiese, lanciando prima un’occhiata agli altri presenti, soffermandosi per qualche istante su Lancelot, per poi far tornare tutta la sua concentrazione sull’uomo che ora aveva di fronte «Se ora mi dice che devo cambiare luogo di lavoro e mi porterà via in terre lontane, devo dire non ne sarei felice. Mi piacciono i miei spazi».
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    Edited by alyë - 10/8/2021, 00:58
     
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    Lancelot Nazaire Moreau
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    Era fatta, andata, accordo siglato e tutto. A separarli dal termine del colloquio rimanevano solo una manciata di formalità che sarebbero state sbrigate in pochi minuti, poi tutti a casa. Lance buttò fuori un sospiro carico di sconforto, pur facendo del suo meglio per mantenere la voce tanto bassa da non farsi sentire; non voleva essere motivo di vergogna o delusione per il maestro, ma non poteva negare che fino all’ultimo avesse sperato in un esito diverso. Più o meno, in realtà, perché neanche lui era del tutto sicuro di che cosa desiderasse: la possibilità di parlare di nuovo con Chihiro Fujioka era allettante, ai suoi occhi lo scrittore era infatti come una finestra su un mondo che non aveva mai avuto modo di vivere davvero; tuttavia non bisognava dimenticare quanto difficili fossero per uno come lui le interazioni umane, e Chihiro non sembrava poi normale al cento percento. C’era qualcosa in quell’uomo che lo inquietava profondamente, ne aveva avuto il sentore leggendo i suoi romanzi e incontrarlo di persona l’aveva solo confermato. Qualcosa che spingeva Lance ad andare ben al di là della semplice e spontanea diffidenza che si prova nei confronti di chi è estraneo o diverso. Inoltre era umano, gli umani mettevano in agitazione la bestia che ruggiva in fondo al suo stomaco.
    Lance non aveva un buon istinto, più che altro perché cresciuto in maniera così fuori dagli schemi da non saper riconoscere i pattern che suggerirebbero di adottare un determinato comportamento o attribuire uno specifico significato a un atteggiamento non del tutto chiaro. Tuttavia il suo istinto gli diceva di non abbassare la guardia nei pressi di Chihiro Fujioka e sperava che anche il maestro procedesse con cautela.
    Almeno non era un ghoul, si consolò alzando gli occhi dal pavimento, per pura coincidenza nell’esatto momento in cui Chihiro si voltò a guardarlo. Mancando di senso comune, invece di distogliere lo sguardo onde evitare imbarazzo, Lance lo ricambiò senza nascondere lo scetticismo.
    «Il tempo dei contratti verrà, per il momento mi basta la sua parola.» proseguì intanto Moreau con un sorriso affabile, dopo aver intercettato lo scambio di sguardi tra i due e aver a sua volta osservato per un momento Lance, il quale tornò a fissare il pavimento come se fosse stato il suo habitat naturale.
    Non ce la faceva. Benché quell’uomo fosse il centro gravitazionale della sua intera vita, guardarlo negli occhi davanti a tutti era un affronto che non poteva permettersi. Strinse tra le mani lo smartphone di Chihiro, ricordandosi della sua fragilità giusto in tempo per non combinare un pasticcio.
    «Mi sembra che apprezziate la sincerità, dunque sarò sincero. Non intendo portarla in terre lontane, ma vorrei affiancarle una guardia del corpo. Dovremo organizzare con meticolosità i nostri incontri e agire con rapidità, non abbiamo molto tempo a disposizione.»
    Naturalmente Lance diede per scontato non si trattasse di lui; il maestro avrebbe voluto qualcuno di efficiente, non un ragazzino malato e perennemente sull’orlo di una crisi psicotica. Ma era stata la frase conclusiva ad attirare la sua attenzione: come mai non avevano molto tempo? C’era qualcosa di cui il maestro non lo aveva ancora informato? Alzò un sopracciglio, cercando in Jacques una risposta che non trovò.
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    Chihiro Fujioka
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    Chihiro ricambiò il sorriso di Barbeblue d’istinto, una mano ora al fianco «Non si preoccupi, quando do la mia parola è impossibile ne vada meno. Va contro il mio codice d’onore personale» gli disse quindi con una mano al cuore e un piccolo inchino, lo sguardo serio da sotto le ciglia castane. Il momento dei giochi era finito, la il dado era stato tratto. Che lo volesse o meno, ora non poteva più ritirarsi facilmente in special modo se non voleva mettere a repentaglio l’incolumità delle persone a cui teneva. Quella era l’unica cosa che gli importava veramente. Altro che la sua stessa incolumità.
    «Anche perché tra qualche giorno è il mio compleanno, volevo fare il party. Mi sarebbe dispiaciuto rimandare» anche se tale party consisteva semplicemente nell’andare a casa dei suoi genitori ad Ibaraki insieme a Minoru, Makoto e la madre di quest’ultimo a mangiare una pentolata di Nabe tutti insieme. Ovviamente avrebbe guidato lui, era l’unico tra loro che effettivamente sapeva guidare bene. Sorpresi, vero? Non si sarebbe mai detto.
    Chihiro lo stette quindi ad ascoltare con attenzione nel mentre l’uomo che aveva di fronte continuava a parlare, una mano ora al mento con aria pensosa «Wow, il numero delle mie guardie del corpo non finisce mai di aumentare!» commentò con una leggera risata pensando proprio a Minoru e Makoto. Se il primo era passato dall’essere il suo bullo alle medie al suo migliore amico (che tralaltro veniva pure pagato poi per stargli dietro dai suoi stessi genitori; era un favore che faceva loro e si era sempre sentito in imbarazzo nel rifiutare il compenso. Non che lo facesse per quello, ovviamente), il secondo era un po’ come fosse un trovatello che aveva salvato per strada che si era poi affezionato a lui per la cosa. Il pensiero lo fece ridacchiare di nuovo. Ma alla fin fine più che guardie del corpo i due erano ormai diventate le sue balie, delle persone che con “affetto” lo tenevano sotto controllo. E possibilmente lontano dai guai.
    Poteva già immaginare bene la loro reazione non appena avrebbero scoperto l’accaduto di quella sera. Per una volta che non gli stavano dietro!
    Ma comunque, chiunque fosse stato selezionato doveva già essere pronto a sopportare Chihiro per il tempo avvenire. Conoscendolo, sarebbe con tutta probabilità diventato il suo nuovo target anti-noia. In cuor suo sperò la persona fosse proprio Lancelot, per il semplice motivo che gli stava già simpatico. Ma non si sarebbe lamentato se non fosse stato lui, con tutta probabilità non aveva parola a riguardo. Sperava solo non fosse una persona noiosa e poco stimolante. Sai che mazzata al suo estro creativo sarebbe stato altrimenti!
    Tuttavia, si ritrovò un attimo sorpreso alla sua ultima frase «Ah, questo poteva dirmelo prima» commentò poco dopo aver metabolizzato quelle parole, un sopracciglio alzato «Niente che non si possa rimediare, scombussolerà solo le mie tempistiche» aggiunse poi con aria scettica e con una scrollata di spalle, preso un attimo contropiede. Era convinto avrebbe avuto tutto il tempo per poterci lavorare con calma e quello stava dunque a significare che avrebbe nuovamente dovuto mettere in pausa il suo nuovo manoscritto. Non che fosse andato molto avanti ultimamente.
    «Posso saperne il motivo? O chiedo troppo?» chiese quindi lanciandogli un’occhiata di sbieco, come ad incitarlo dal dargli una spiegazione.

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    Lancelot Nazaire Moreau
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    Per una volta i pensieri di Lancelot e quelli di Chihiro Fujioka parvero coincidere, convergendo nella curiosità sul perché di tanta fretta. Il maestro non aveva parlato come se una scadenza avesse sbarrato loro il cammino nell’immediato futuro, tuttavia dalle sue parole traspariva consapevolezza di pericoli molto più imminenti di quanto il ragazzino credeva. Inclinò appena la testa, preoccupato. Sapeva che l’interrogativo dello scrittore non avrebbe ricevuto una risposta del tutto esplicativa, e così fu.
    «Il motivo è molto semplice: un solo errore e alla porta di casa avremo entrambi una fila di persone pronte a ucciderci. Più lunga sarà la partita, più difficile diventerà garantire la sua salvaguardia.»
    Come se non avesse appena sentenziato che da quel momento la morte alitava sul collo di tutti i presenti, Moreau incrociò le braccia al petto e aggiunse un sorriso serafico alla lista dei motivi per cui considerarlo un uomo sinistro. Benché il discorso stesse gradualmente degenerando in una sorta di partita a scacchi con la morte, il maestro era il ritratto della rilassatezza… o la persona con più autocontrollo del mondo.
    Non che Chihiro Fujioka fosse da meno, con quel savoir-faire impeccabile e la faccia da schiaffi. In effetti Lancelot cominciava a chiedersi se fosse davvero lui la persona meno normale tra quelle quattro mura - ed era un pensiero tanto eretico quanto spaventoso, per cui avrebbe dovuto fare ammenda.
    «Per oggi è abbastanza.» riprese intanto Moreau, scoccando uno sguardo all’orologio da polso. «L’ho trattenuta anche più del previsto e non nascondo che avrei piacere a trattenerla ancora se non avessimo una schedule ferrata. Ma non voglio metterle fretta, finisca con calma la sua bevanda.»
    Evidentemente avevano altri impegni; Lance non ne era stato informato, ma accoglieva la notizia con un certo sollievo. Lo sguardo del maestro si allungò oltre la spalla di Chihiro, fermandosi sul volto di un Jacques già pronto ad eseguire qualunque richiesta, le braccia incrociate dietro la schiena rigida.
    «Riporta a casa Fujioka-san.» disse, poi, mentre l’autista annuiva per poi abbandonare il locale, si rivolse un’ultima volta al suo nuovo collaboratore. «La contatteremo presto, nel frattempo si goda il party. Lancelot, accompagna all’auto il nostro ospite.»
    Lancelot sussultò: quella pugnalata alle spalle non l’aveva prevista.
    «… sì.» buttò fuori quanto fiato aveva in gola, consolandosi col pensiero che, almeno, non avrebbe dovuto salire di nuovo in auto con lui; quel privilegio lo cedeva volentieri a Jacques.
    Se Chihiro non avesse avuto altro da dire, avrebbe trovato il ragazzino ad attendere pazientemente che finisse di bere prima di aprirgli la porta e scortarlo. Sperava che quello non fosse l’inizio di una carriera come guardia del corpo.
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