捌き Sabaki

Kiriyama Hayato & Evelyn Tiffany Applegarth - 24/12/2020 @family restaurant (dalle 20:00, neve)

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  1. Cattleya
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    Kiriyama Hayato
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    Che pessimo modo di passare il Natale.
    Per Evelyn, perché per Hayato non è che gli importasse poi molto. Il Natale non significava nulla.
    Al massimo significava qualcosa per Shin e Shu, che si aggrappavano a qualsiasi scusa per avere qualche regalo. Anche se significava dare libera scelta a quello scorbutico del fratello maggiore.
    In teoria quell’anno i gemelli si sarebbero dovuti vedere i regali sfumati, perché la loro carriera scolastica aveva crateri peggiori di quelli lunari, in pratica l’indomani le due pesti avrebbero comunque ricevuto il loro regalo.
    Non era perché gli voleva bene. Li detestava sempre e comunque.
    Anche trascinato a quella festa, quindi, Hayato avrebbe voluto solo una cosa: sprofondare completamente nelle strategie di shogi. Non avrebbe perso la prossima volta, non se lo sarebbe semplicemente permesso.
    Ammettere la propria sconfitta era sempre umiliante, aveva la stessa amarezza di una pasticca di cianuro che si scioglieva lentamente sulla lingua. Anche quando si doveva ammettere l’avversario era stato più che degno della vittoria.
    Ma non avrebbe dovuto vincere sin dall’inizio, avrebbe dovuto essere fatto a pezzi. Umiliato e costretto a raccogliere carponi le pedine buttate per terra, subendo lo sguardo dall’alto in basso pieno di disprezzo per i più deboli.
    Un vero peccato non poter buttare la scacchiera per terra, con tanto di pedine, durante una partita ufficiale.
    Aveva fatto cenno ad Evelyn di accomodarsi sull’altra sedia, ma aveva quasi sperato che declinasse l'invito. Che decidesse quella non era aria e compagnia per lei, andando da qualcuno di più vivace e gentile.
    Non perché avesse qualcosa contro Evelyn, ma perché Hayato preferiva di gran lunga rimanere da solo.
    Invece Evelyn accettò l’invito.
    L’universo cospirava chiaramente contro di lui, tutto sembrava volergli imporre quella maledettissima pausa che Hayato non voleva accettare in nessun modo. In quel caso era abbastanza costretto.
    La ragazza si presentò come Evelyn Applegarth. Hayato aveva finito da tempo di squadrarla, non lo fece una seconda volta.
    «Non sarò un'esperta di shogi», aveva cominciato.
    Beh, sì, non bisognava aver finito la scuola per capirlo.
    Ma grazie dello sforzo, perché Hayato non aveva alcuna idea di come si dovesse cominciare a parlare con altri esseri viventi. Non c’era vendetta da giurare, né ordini da impartire: i suoi campi di esperienza erano già finiti.
    Rimanere fedeli all’idea di trattare gli altri come meritavano, e quindi in alcuni rari casi come propri pari, a volte sapeva essere più stancante delle sue sessioni di studio.
    «mio nonno ogni tanto ci gioca, io sono solo una spettatrice occasionale, ma posso chiederle il perché dell'affermazione di poco fa? Sembrava assorto, non vorrei aver interrotto qualcosa.»
    Ma mostrare debolezza sarebbe stato un grave errore, bisognava mostrarsi padroni della situazione sempre e comunque.
    «Ha certamente interrotto qualcosa. Ma non ha importanza.»
    Non voleva essere brutale, come voleva suggerire il tono tranquillo con cui lo disse, ma ebbe comunque l’effetto di essere brutale. La risposta fu fredda e rapida come la lama di una ghigliottina in caduta libera.
    «Sono uno shogista professionista e a breve disputerò una partita importante. Avrei voluto continuare a studiare strategia davanti a una scacchiera, ma i miei fratelli hanno insistito perché mi prendessi una pausa.»
    S'interruppe, giusto perché ora si era ricordato di Shinya e Shuya. Una breve occhiata, però, gli fece capire non erano lì vicino.
    Non aveva intenzione di stargli troppo dietro quella sera -erano grandi e Hayato era il loro tutore, non il padrone con il guinzaglio- ma si augurava non combinassero disastri. Avevano un abbonamento al creare problemi, così tanto era quasi ridicolo. Forse il guinzaglio gli sarebbe davvero servito.
    «Non mi restava che studiare andando a memoria.»
    E quindi mandando a quel paese gli sforzi di Shin e Shu per farlo riposare un po’, ma quelli in fondo non erano che dettagli.
    «Lei, invece, ha l’abitudine di rivolgere la parola a perfetti sconosciuti? Scusi l’insolenza, ma di certo è stata una sorpresa.»
    E, infatti, il tono era più curioso che accusatorio. Forse anche confuso.
    I ragionamenti di Hayato, più abituato a vedere il lato peggiore di umani e ghoul e per cui la gentilezza era più insolita che le probabilità di beccarsi il vaiolo, erano già andati verso le conclusioni peggiore.
    Quindi, per quanto il suo atteggiamento potesse sembrare rilassato, era in attesa e sulla difensiva.
    Dubitava Evelyn Applegarth arrivasse ad attaccarlo, non sembrava così stupida, ma se erano informazioni che voleva -quelle non di dominio pubblico-, non le avrebbe avute.
    Se ne sarebbe tornata a casa sconfitta e umiliata.
    E invece era solo gentilezza. Hayato ti prego calmati o ti viene un’ulcera.
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