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Alina Dušana & Darien Lockwood-Ghoul Restaurant-27/02/2021 SERA (DALLE 00.30), LUNA PIENA - sereno)

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    Alina Blažková Dušana
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    Mi dispiace



    Non sopportava quasi mai quelle parole, gli riportavano alla mente uno specifico momento: le ultime parole che aveva sentito di suo padre, seguito da un fastidio dietro la parte bassa della schiena, che non faceva che alimentare il suo tick di grattarsi quella parte di pelle.
    Tredici anni era un lasso di tempo molto lungo per preparare una vendetta, così come recuperare tutte le informazioni necessarie per attuarle: sopratutto senza sufficienti finanziamenti personali, o ancora peggio, la forza necessaria per farlo.
    Era stufa di doversi nascondere, voleva che sapessero che stava arrivando la punizione che meritavano: non aveva intenzione di risparmiare nessuno, la pietà infatti non era nelle sue opzioni.
    Per attuare tutto quello però, doveva trovare la persona giusta: credeva di averla individuata dopo mesi di ricerche, dopo aver pazientemente osservato. Era stata una buona pensata il ristorante, di sicuro avrebbe trovato ghoul con abilità superiori alla norma, e non solo ricconi spocchiosi.
    Entrare non era stato facile, e doveva star molto attenta a mantenere il suo posto di lavoro, sebbene non era il suo lavoro della vita, visto che intendeva rifarsene una dopo essere riuscita finalmente ad andare avanti.
    Il suo obbiettivo adesso, era cercare di convincere un completo estraneo ad aiutarla: non aveva molto da offrire, aveva risparmiato , aveva addirittura tagliato il suo futuro con l'università. Visto che la retta era così cara, aveva preferito usare quei soldi per la sua vendetta, togliendosi un futuro appunto, ma tanto non ne aveva uno visto come guardava sempre indietro.
    La sua scelta era capitata su Darien Lockwood, forse perchè ai suoi occhi era abbastanza pazzo e alla ricerca di adrenalina di essere un soggetto ideale.
    Quella sera infatti, era decisa a parlare con il ragazzo dopo il lavoro e lo spettacolo: era piuttosto distratta, concentrata su quello che doveva dire, tanto che era stata ripresa. Era inaccettabile uno sbaglio in quel ristorante, motivo per cui sarebbe dovuta stare molto più attenta, e sebbene quella serata sembrava non finire mai, invece di usare la sua pausa per riposarsi, aveva dovuto portare nelle vicinanze la sua cena cacciata poco prima di andare a lavoro e che aveva nascosto nelle vicinanze.
    C'era chi faceva la pausa sigaretta, chi si riposava, chi faceva altro, lei doveva sfruttare quel pochissimo tempo che aveva per trascinare la preda morta poche ore prima in un posto nuovo ancora più vicino che nessuno avrebbe trovato.
    Aveva studiato per mesi qualcosa del genere, come sapeva che probabilmente quella sera non avrebbe mangiato, la sua cena non era per lei. Era davvero difficile per lei cacciare nelle sue condizioni, ma era disposta a rinunciare a quella sudata cena se poteva ottenere quel che voleva.
    Appena la serata ebbe fine, dopo aver finito il suo turno, avrebbe aspettato che l'altro uscisse: sarebbe stato il momento che avrebbe probabilmente cambiato le loro vite, o quanto meno, Alina ci sperava.
    «Darien Lockwood» Più che una domanda, era un'affermazione, sapeva chi fosse, tutti lo sapevano: gli avevano affibbiato parecchi nomi in effetti, e la maggior parte non erano carini, ma a lei non importava, non aveva bisogno di qualcuno carino e gentile.
    «Dobbiamo parlare» Era chiaro che non avrebbe accettato un no come risposta: istintivamente strinse la tracolla del suo borsone. Forse non sapeva neanche chi fosse, per quanto all'interno del ristorante gli addetti ai lavori come loro due si conoscevano quanto meno di faccia, durante la serata erano nuovamente tenuti ad indossare una maschera, e nel suo caso, a tenere i capelli legati e tirati. Ora però erano al di fuori, quindi avrebbe avuto i capelli sciolti così come una felpa e dei jeans comodi per tornare a casa: tutto molto anonimo, se non fosse che lei stessa non passava inosservata per il suo aspetto, così come lo stesso Darien dopotutto.
    Per quanto si fosse preparata cosa dire, si rese conto in quel momento di avere la mente in bianco, non ricorda esattamente tutto, ma non si sarebbe tirata indietro per un dettaglio del genere.
    Non stava per chiedere a qualcuno di rubare delle caramelle, stava per assoldare qualcuno a far qualcosa di ben peggiore, che era diverso.


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    Darien Lockwood
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    Che magnifica serata. Si era conclusa nel migliore dei modi, tra le urla di quella donna che, purtroppo, non aveva potuto nulla contro la "famelicità" dello scrapper che le era capitato. La famiglia Rannikmäe, con furore dall'Estonia, aveva allevato i suoi scrappers in maniera eccelsa.
    Peccato che per lui il divertimento consistesse solo nel cacciare e, eventualmente, nel godersi la sua preda finire molto male in quella sala. Era seduto affianco a sua madre, che dopo tanto tempo lo aveva guardato con orgoglio, quando la donna aveva esalato il suo ultimo respiro, morendo tra le proprie urla e gli applausi e le acclamazioni dei ghoul ospiti di quella serata. Vedere la sua vita spirare via lo aveva inevitabilmente fatto sorridere compiaciuto: quella donna l'aveva catturata lui, e niente poteva riempirlo d'orgoglio più di vedere la sua vittima finire in quella maniera.
    Purtroppo per lui era tutto finito e ciò che era rimasto era solo la sensazione di soddisfazione che ancora riusciva a farlo sentire vivo, i battiti leggermente accelerati del suo cuore parlavano chiaro. Si era appartato in una delle stanze di servizio, si era passato una mano sul petto, tenendola poggiata per qualche istante laddove sostava il suo cuore. I battiti si percepivano quasi a fior di pelle e ciò gli aveva provocato ulteriori brividi. Che sensazione meravigliosa.
    Peccato che tutto ciò era stato bruscamente interrotto dalla voce di una ragazza che lo aveva chiamato. Si voltò a guardarla, sfilando la maschera nera e riservandole un'occhiata a metà tra l'indispettito e lo sdegno: che orribile mise! Una ragazza poteva mai andare in giro conciata a quel modo? Ma non poteva perdersi in pensieri futili: la donna richiamò la sua attenzione, imponendogli di instaurare un dialogo con lei. Darien inarcò un sopracciglio, parve parecchio accigliato dai modi di fare di quella donna.
    «... buonasera?» borbottò, squadrandola da capo a piedi con un che di infastidito. Dov'erano finite le buone maniere? Neanche un saluto, che maleducazione! Se la sarebbe sicuramente legata al dito.
    «Sei venuta a chiedere un autografo?»
    ... beh, era lecito pensarlo, no? Lui era bello ed affascinante e quella sera aveva trionfato consapevole di aver catturato una splendida cena per tutti, doveva ovviamente essere venuta lì da lui per quel motivo, o non c'era altra spiegazione. Solo dopo gli saltò all'occhio il grande borsone che si portava dietro quella giovane ragazza: lei di certo non era la più piccola ed esile ragazza che avesse mai incontrato, però quel borsone aveva tutta l'aria di essere pesante.
    ... no, se ve lo steste chiedendo, non era minimamente preoccupato che potesse farle male: scema lei a portarsi dietro una simile zavorra.
    «Dammi una buona ragione per cui io dovrei parlare con» la guardò un'ultima volta, sospirando. Era devastato da quella visione. «... te.»
    Bisognava capirlo, insomma: era abituato a circondarsi di gente che vestiva tutti i giorni con Balenciaga o Chanel, vedere una ragazza dal visetto anche abbastanza carino conciata in quella maniera trasandata era una scena orripilante, i suoi occhi necessitavano di farsi una sciacquata da qualche parte.

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    Alina Blažková Dušana
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    Per quanto, forse, in altre occasioni, avrebbe reagito in maniera diversa, magari salutando prima, aveva pensato che era meglio togliere il cerotto e andare dritto al sodo, anche perchè aveva già perso troppo tempo ad aspettare.
    A pensarci bene forse si era fatta prendere la mano, era stata così paziente e adesso non riusciva a gestire una cosa del genere? Era impaziente, avrebbe voluto subito una risposta affermativa, ma era chiaro che non era mica così semplice.
    «No, non voglio che nessuno dei due perda troppo tempo»
    Meglio metterla in questo modo, non era di certo una fan sciocca che avrebbe strillato da un momento all'altro, ci teneva alle sue corde vocali e al suo stesso udito. E poi, quanto era presuntuoso da parte sua? Si credeva davvero una specie di divo del cinema?
    *Gli Americani sono tutti così?*
    Ebbe però il buon senso di tenerselo per sè, doveva portarlo dalla sua parte, non farlo scappare a gambe levate...anche se a pensarci forse una persona sana di mente avrebbe rifiutato la proposta che avrebbe fatto, ma Darien Lockwood le era apparso tutto tranne che sano di mente.
    Lo aveva osservato in disparte abbastanza a lungo al ristorante per arrivare ad una conclusione simile, ma forse l'avrebbe sorpresa rivelandosi un bravo ragazzo?
    «Perchè ho un regalo per te...vedila come un risarcimento per ripagare il tuo prezioso tempo» Anche il suo lo era, ma anche stavolta, omise questo dettaglio, ancora fermamente convinta di volerlo convincere. «Ma più importante direi, è che ho una proposta da farti» Rimase in silenzio qualche secondo prima di terminare. «Ho la tua attenzione adesso?»
    E poi di quei tempi chi mai avrebbe rifiutato una cena, lei di certo no visto come era messa, ma magari l'altro faceva lo schizzinoso...anche se, se già qualcuno uccideva una preda intera per regalartela solo per essere ascoltata, be'...forse qualche minuto le sarebbe stato concesso.

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    Darien Lockwood
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    Probabilmente avrebbe dovuto farsi qualche maschera all'argilla che elasticizzasse la sua pelle, quando sarebbe rincasato, perché era talmente tanto sorpreso dall'improvvisa comparsa della ragazza, e dai suoi modi di fare parecchio discutibili, che la sua fronte era per la maggior parte del tempo corrugata. E delle rughe d'espressione erano l'ultima cosa che voleva, il suo bel viso ne avrebbe decisamente risentito, e giovane com'era non poteva permetterselo. Non capiva dove volesse andare a parare con ciò che stava dicendo: perché quella ragazza aveva bisogno della sua attenzione? Darien ci rifletté un attimo, prima di giungere ad una propria conclusione.
    «Guarda, prima di ogni altra cosa metto in chiaro che una come te non credo riuscirebbe mai ad interessarmi, quindi magari è il caso che ti fermi subito e non ci provi nemmeno.»
    ... si era decisamente montato troppo la testa, ma era più forte di lui: non vedeva altre motivazioni plausibili per cui una ragazza potesse approcciarlo in quella maniera e necessitare della sua attenzione. E, insomma, si guardava allo specchio ogni mattina (e anche più della mattina, con tutte le volte che si sistemava i capelli durante la giornata), sapeva di essere carismatico, di essere estremamente affascinante, era consapevole di quanto la sua bellezza fosse fuori dal comune-- ma forse era un po' troppo. Era meglio chiarirsi, nonostante non avesse la benché minima idea di quanto lontano fosse dalla realtà. Beh dai, almeno ci stava provando.
    «Ti ringrazio per l'interessamento, davvero, ma non credo che qualunque cosa tu mi abbia portato, avrai la mia attenzione.»
    Mosse qualche passo da dove si trovava, avvicinandosi alla ragazza, la maschera sistemata dentro alla borsa a tracolla che si era portato dietro e le mani scivolate nelle tasche dei pantaloni. Si sporse in avanti, squadrandola anche peggio di prima: decisamente no, quella ragazza era troppo lontana dalla sua portata, in senso estremamente negativo. Schioccò la lingua contro il palato, rimettendosi dritto e tirando un sospiro subito dopo. Prima di dire qualcos'altro scosse il capo, come a voler sottolineare il suo dissenso. Così non andava assolutamente bene.
    «E' difficile che due persone così diverse vadano d'accordo e tu non rientri tra le cose che potrebbero attirare la mia attenzione... sorry sweetie.»
    Eh, adesso era pure misogino, nice. Il fatto che fosse così pieno di sé da aver completamente cannato il punto della conversazione era davvero assurdo, ma non ci si poteva fare nulla: Darien Lockwood, signori, non un americano qualsiasi. Certo, era nella natura degli americani essere pieni di sé, però lui era su un altro livello. E poteva permetterselo, era ciò che pensava ogni giorno.

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    Alina Blažková Dušana
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    Dio, quanto era pieno di sè, per carità era ...particolare, e di una bellezza non indifferente, ma perchè la prima cosa che aveva pensato era che gli stava facendo il filo?
    «Con tutto il rispetto, non sono qui per questo...non ho tempo per queste cose, farti il filo non è nelle mie priorità»
    Aveva ben altre cose a cui pensare, non si era scandalizzata per un'insinuazione simile e per quanto probabilmente lui la guardasse dall'alto in basso non le importava, sapeva che poteva sopportarlo: le era successo molto peggio, e di certo il comportamento di uno snob presuntuoso non l'avrebbe sconvolta più di tanto...alle volte si chiedeva se anche lei sarebbe diventata così, ma era fermamente convinta di no, probabilmente l'altro era stato viziato troppo.
    Se non lo avesse visto all'opera, gli avrebbe chiesto se era bravo a uccidere quanto a sparare cazzate, ma era meglio tenerlo per sè quel dettaglio. Era fin troppo certa che fosse bravo in quel che faceva, e in questo senso poteva accettare che se la tirasse.
    «E io che ti avevo portato una cena gratis, ma se non hai fame meglio per me allora»
    E lei che si era tolta pure la cena, be' se proprio non la voleva se la sarebbe mangiata lei, mica faceva complimenti: non era però arrabbiata nè ostile, anzi, era ancora piuttosto neutrale nei toni, non aveva intenzione di aggredire, non troppo almeno e solo a parole, l'unica persona che avrebbe potuto aiutarla.
    Rimase immobile, non aveva paura, anche se forse avrebbe dovuto averne visto il soggetto, ma era ben disposta a rischiare.
    «A me non interessa»
    gli aveva appena detto di no? Oh si.
    Non le interessava che lui pensasse qualcosa del genere, non le importava nè il suo rispetto, nè che la trattasse bene, voleva solo ottenere la sua vendetta.
    «Quello che davvero mi interessa invece è la tua capacità di uccidere, sei il miglior cacciatore che ho visto fin ora, e ho...un progetto che richiede le tue specifiche competenze, e sono molto determinata ad andare fino infondo, quindi tu mi ascolterai, sweetie»
    Inutile dunque andare per il sottile, o girare attorno alla questione, tanto vale dire la verità, o quanto meno un inizio, non era necessario per adesso che sapesse proprio tutto.
    «Ho una lista» quello era vero. «e voglio depennare ogni singolo nome che c'è sopra» Nessuno escluso.
    «Ma io non posso farlo, ecco perchè ho bisogno del tuo aiuto» dubitava che ad uno come Darien Lockwood interessassero i soldi, ne aveva a palate da quel che dicevano, ma si vedeva pure da come vestiva.
    Magari però, se era interessato a soddisfare quella sua voglia di adrenalina e di gente morta...lei poteva aiutarlo. Se lo avesse visto un minimo interessato, come sperava che fosse, allora gli avrebbe detto di più, ma già da questo avrebbe potuto decidere cosa fare in merito.


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    Darien Lockwood
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    In quel momento Darien stava effettivamente pensando a cosa frullasse per la testa di quella tizia per pensare che fosse possibile per una come lei permettersi di parlare ad uno come lui. Lo sguardo di Darien, seppur tentasse di rimanere il più tranquillo possibile, lasciava intravedere una nota negativa, che aveva tutto il sapore di indignazione. Indignazione perché lui non si piegava al punto da parlare con omuncoli simili. E quella ragazza per lui non faceva eccezione.
    Però riuscì a ferire il suo orgoglio. Più o meno. In realtà finse fosse così, ma questo perché era chiaramente un idiota patentato. Fare il melodrammatico lo divertiva, perciò alle sue parole taglienti si portò la mano sinistra all'altezza del cuore, stringendo il tessuto della maglia che indossava, mentre la mano destra andò a poggiare il proprio dorso sulla fronte, portando la testa indietro e socchiudendo gli occhi, non risparmiandosi della sana teatralità.
    «Oh no, ferisci il mio delicato animo di giovane uomo affascinante.»
    Il tono era palesemente sarcastico, non c'era neanche bisogno di dirlo. Aprì un occhio per sbirciare la sua reazione, ma sarebbe stato più interessante interagire con un muro, se doveva essere del tutto onesto. O con uno specchio, almeno avrebbe visto il proprio riflesso e non... quella tipa dal dubbio gusto. Storse il naso, tornando a fare la persona più o meno seria: di certo non lo sarebbe realmente stato, anche perchè ciò che venne dopo lo fece rabbrividire.
    ... un attimo, doveva assimilare le informazioni: quella tizia gli aveva portato da mangiare per guadagnarsi la sua attenzione?
    «Scusa tesoro, ma...» cercò di mettere insieme tutti i tasselli del puzzle che si era costruito con le informazioni che aveva assimilato, ma dopo poco non riuscì a trattenere una risata divertita. Portò nuovamente la mano sulla testa, questa volta tenendosi la fronte e coprendo l'occhio destro con la parte inferiore del palmo. «Ma cosa sei, un cane? Tu davvero porti i tuoi bottini alle persone come farebbe un cane col padrone? Abbi almeno un po' di più stima di te stessa, ti prego, mi sento male io per te!»
    Non era vero, era tutta scena. Ma non poteva assolutamente risparmiarsi dal dire una cosa tanto grave. Quella donna non aveva un briciolo di amor proprio, ma perché doveva sempre avere a che fare con dei casi umani? Ah già, perché era anche lui un caso umano. Sia mai ammetterlo.
    Ciononostante, quella ragazza aveva destato il suo interesse: le interessava la sua capacità ad uccidere? Alta. E poi lo aveva riempito di complimenti, non sapeva se fossero voluti, se li avesse pronunciati perché si era informata e aveva compreso fosse un narcisista, o perché lo pensasse davvero, stava di fatto che la sua attenzione ce l'aveva davvero. E non per i complimenti ricevuti, ovviamente.
    «Non voglio da mangiare, posso procurarmelo da solo senza fare l'elemosina ad una tipa come te» le comunicò, incrociando le braccia al petto, mordendosi il labbro inferiore. Stava valutando ciò che gli aveva detto: aveva una lista di persone che voleva fare fuori, ma che da sola non sarebbe riuscita ad uccidere. Indubbiamente aveva chiesto al migliore, chi meglio di lui poteva svolgere un compito del genere? Però... qualcosa non lo convinceva. Aveva vissuto la sua vita circondato da persone che gli avevano insegnato che le persone chiedevano una mano e si prendevano un braccio, quella tizia era arrivata a procurargli del cibo (che aveva ovviamente rifiutato perché chissà che persona rozza ed inutile gli aveva portato una come lei, che da sola non riusciva ad uccidere le persone che voleva far fuori) e a proporgli qualcosa che, conoscendo la sua nomea, sarebbe stato più un piacere che un ordine...
    «Sembra divertente» affermò con sicurezza, rivolgendole un ghigno che aveva tutta l'aria di non essere rassicurante, «ma voglio qualcosa in cambio.»
    Non avrebbe offerto i suoi splendidi servigi alla prima femminuccia che gli passava di fianco, ci avrebbe dovuto guadagnare qualcosa.
    «Sentiamo cosa mi proponi e poi valuto.»
    Nessuna proposta sarebbe valsa tanto quanto il rischiare la sua posizione, la sua vita, qualunque cosa per una donna qualsiasi. Non c'era neanche bisogno di farlo presente. E sperava vivamente che quella tizia fosse abbastanza intelligente da rendersi conto che Darien non avrebbe mai potuto chiedere nulla in cambio se non una schiava che gli facesse qualunque cosa lui desiderasse, per sempre.

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    Per la prima volta Alina cambiò espressione facciale, inarcando un sopracciglio a quella ...scenetta? Si, scenetta drammatica chiaramente sarcastica, incrociando le braccia.
    «Hai finito?»
    Fu l'unico commento, seguito da un sobrissimo...«Dio, ma siete tutti così?» Di certo per lei quello non era senso dell'umorismo, ne aveva il tempo di poterne sviluppare uno.
    Dovette respirare profondamente, anche se più mentalmente, quel tipo si sarebbe meritato un sonoro pugno su quel bel faccino, ma Alina aveva obbiettivi diversi e che la costringevano a non reagire, ancora, sebbene era stufa di dover essere calpestata di continuo.
    Era una vera rogna il fatto che avesse bisogno di lui, ma non si era scoraggiata, anzi, quel comportamento le aveva dato solo una conferma in più.
    «Spero che tu uccida meglio di come insulti» Sospirò, un po' era esasperata, per quanto volesse andare dritta al sodo aveva dovuto fare tutta quella faticaccia per niente, sperava solo di avere ciò che desiderava alla fine di quella conversazione.
    «Ma non mi interessa; meglio che tu sia uno stronzo, almeno posso stare tranquilla che non avrai nessuna pietà» Nessuna pietà per le sue vittime, nessun moto di coscienza che lo spingesse a cambiare idea, o nessuna parola gentile o di carineria per loro.
    Non le interessava che fosse il peggior essere vivente su quel pianeta, era probabilmente la persona migliore che potesse trovare per affiancarla in quell'impresa.
    Dopotutto, erano solo affari.
    «Avevo dei soldi da parte, ma tu sei ricco da far schifo e non ti servono chiaramente» Il che rendeva comprarlo ancora più difficile per lei, l'unica cosa che poteva fare era una. E non le sarebbe piaciuta, ma non le importava, ancora una volta. Tutto quello era molto più importante.
    «Perciò, l'unica cosa che posso offrirti è tutto quello che vuoi, qualsiasi cosa, fai tu il prezzo. Non mi interessa cosa mi chiederai, per me la vendetta è molto più importante»
    Aveva svelato un altro dettaglio: era una vendetta, qualcosa di personale, qualcosa che probabilmente agli occhi dell'altro non lo avrebbe minimamente coinvolto emotivamente, ma anzi, sarebbe forse stato molto più divertente se era così che voleva metterla.
    Non era uno zerbino con quella proposta, piuttosto era determinata ad andare fino in fondo alla faccenda.
    Era disposta a fare anche da schiava per tutto il resto della sua vita, o a restituire il favore nel momento in cui l'avrebbe richiesto, dopotutto era una persona di parola e non si sarebbe tirata indietro.


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    A Darien non interessava niente di quello che quella ragazza stava dicendo: le sue orecchie si erano attivate come un radar alle parole uccidere e sei bravo in ciò che fai, il resto era un miracolo se era stato percepito correttamente. Si trattava comunque di un megalomane narcisista, il cui unico scopo era quello di fare ciò che lo divertiva, per poi essere tempestato di complimenti. E se non fosse stato ricoperto di lodi, gli sarebbe comunque importato poco: lui era consapevole di essere bravo, non aveva bisogno delle conferme di nessuno. Era sempre stato particolarmente fiero di essere nato come esponente di una razza forte, la forza era tutto ciò che aveva compreso importasse agli altri. Più eri forte, più dimostravi il tuo valore, più gli altri avrebbero fatto la qualunque per seguirti. Ed era ciò a cui puntava.
    Le parole di Alina, quindi, venivano percepite come un brusio distante, niente che avesse importanza di essere assimilato ed immagazzinato. Il suo cervello decideva cosa fosse più rilevante di altro, indipendentemente da ciò che spingeva gli altri ad avanzare simili richieste. Ed Alina non si era risparmiata dal muovere una richiesta folle, al limite della sanità mentale, ma era proprio quello che aveva fatto sì che Darien, finalmente, la ascoltasse sul serio. E il ghigno beffardo che si era dipinto sul suo volto era un'ulteriore prova di ciò che effettivamente provava in quel momento. Parlava di vendetta, quella ragazza voleva vendicarsi. Poco gli importava, non sarebbe di certo stato lui a chiederle perché volesse farlo e se lei si fosse mai aperta sulla questione, avrebbe fatto finta di ascoltarla, perché sinceramente non gli interessavano i dettagli. Quella tizia, per quanto non stuzzicasse il suo interesse, aveva selezionato lui come l'unico che poteva aiutarla nel suo intento e ciò era un motivo per farlo.
    Ed era anche abbastanza intelligente da rendersi conto che non se ne sarebbe fatto niente del denaro che aveva messo da parte, probabilmente ci si sarebbe pulito il didietro. Ma tenne la bocca cucita su questo, perché era effettivamente irrilevante e a giudicare da come aveva reagito a tutto ciò che lui aveva detto precedentemente, a quella ragazza non interessava un fico secco di quello che pensava lui. Perciò ridacchiò di fronte alla resa altrui: era proprio la risposta che voleva sentirsi dire! Fai tutto quello che vuoi! Era davvero divertito da tutto ciò, tanto da non riuscire a trattenere un sospiro sognante. Sognante, sì, perché l'idea di poter decidere il prezzo del suo servizio lo esaltava come poche cose.
    Dare per ricevere.
    Ricevere per... boh, forse dare qualcosa in cambio, ma quello dipendeva da come e cosa gli veniva posto davanti.
    «Aah~, that sounds nice» mormorò quasi estasiato, scostandosi i capelli felice come una Pasqua. Portò la mano destra a poggiare sul proprio fianco, spostando il peso sul medesimo piede, mentre picchiettava lentamente e a cadenza più o meno regolare il piede sinistro sul pavimento. Lento, scandendo un ritmo quasi inquietante, come se volesse suonare i primi rintocchi della condanna a cui si era costretta quella ragazza. Aveva Alina sul palmo della propria mano, e avrebbe potuto giocarci come più gli piaceva, una marionetta a cui far fare tutto ciò che desiderava. Suonava così bene nella sua testa che quasi stentava a crederci.
    «Ti sei condannata da sola, ma... well, non che m'importi.»
    Il suo volto si era rilassato in un'espressione strafottente, degna di essere presa a sonori schiaffi. Gli si leggeva in faccia quanto entusiasta fosse di quella splendida notizia: poteva uccidere gente senza una motivazione precisa, poteva provare il brivido e l'adrenalina di attuare piani per portare a termine quel genere di missione, ma poteva anche far sgobbare come una matta quella ragazza al posto suo, quando più ne aveva bisogno, a proprio piacimento. Se non era magnifico quello...
    «Farai tutto quello che voglio, quando voglio, come voglio» incominciò, muovendo nuovamente qualche passo verso di lei, chinandosi per raggiungere il suo orecchio sinistro. Poggiò la mano sinistra sulla spalla destra di lei ed allungò verso l'esterno gli angoli della bocca, curvando le sue labbra in un sorriso sardonico. «Lifetime.»
    Per sempre. Alina avrebbe dovuto accettare quelle condizioni se voleva davvero confidare nei suoi servigi. Alina avrebbe dovuto accettare di fare tutto ciò che Darien voleva, come, dove e quando avrebbe deciso lui, per il resto della sua vita, fino a che non sarebbe morta. Doveva mettere la sua intera esistenza al suo servizio, e se Darien le avesse ordinato di uccidersi, lei avrebbe dovuto farlo. Qualunque cosa, quando avrebbe stabilito lui, per il resto dei suoi giorni. Perché Darien non avrebbe rischiato la sua stessa vita senza un prezzo così alto in cambio.

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    Alina Blažková Dušana
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    Finalmente, sembrava aver attirato totalmente l'attenzione di Darien, ed era quello che voleva fin dall'inizio: quell'attesa però, sembrava snervante, doveva ripetersi di rimanere calma e paziente, eppure esserci così vicina ad avere la sua vendetta le rendeva difficile farlo.
    Aveva proprio fatto un patto col diavolo, e ne era consapevole.
    Aveva così tanto desiderato quella vendetta, che quel giorno arrivasse, che era disposta a scendere a tanto, a svalutare la sua vita come se non avesse più alcuna importanza. Non riusciva ad andare avanti da un pezzo, voleva che tutto quello finisse.
    Voleva finalmente darsi un po' di pace, anche a costo di non averla dopo per il resto della sua vita.
    Le sarebbe sembrato strano infatti che gli sarebbe importato qualcosa di lei, o di tutto quello, a lei serviva un tipo come lui: forse aveva trovato davvero la persona giusta, senza scrupoli.
    Era rimasta in silenzio, in attesa: adesso era lei che aveva la sua totale attenzione, appesa ad un filo, in attesa del verdetto finale.
    Così era rimasta immobile appena lo aveva visto avvicinarsi, sentendo il prezzo che avrebbe dovuto pagare...per tutta la vita. Non aveva idea di cosa gli avrebbe chiesto, dalle cose più stupide a più pesanti, era disposta ad andare in quel nuovo inferno: davanti a lei non c'era poi altra scelta.
    Perchè non riusciva a vivere, non poteva dimenticare, nè perdonare, non ci era mai riuscita.
    «Affare fatto»
    Disse solamente, dopo pochi istanti: sapeva che avrebbe tenuto fede a quella promessa, dopotutto, non ci sarebbe voluto molto ad uno come Darien di farla fuori in caso contrario, non era così sciocca da pensare di poter competere con un personaggio simile.
    Meglio essere la schiava di uno stronzo presuntuoso per tutta la vita che lasciar vivere un minuto di più quella gente che si era presa la sua vita senza il minimo ripensamento.
    «Siamo soci dunque?»
    Voleva ora, però, una conferma ulteriore da parte dell'altro, così da suggellare quell'accordo, che sembrava davvero un patto col diavolo.
    Ancora, non si era mossa: non aveva paura, non ne aveva mai avuta, sopratutto di morire, aveva accettato quella condizione da molto tempo, tutti dovevano morire in un modo o nell'altro. Lei aveva solo troppe cose da fare ancora per lasciare quel mondo.
    Stavano per imbarcarsi in qualcosa che probabilmente avrebbe cambiato per sempre le loro vite: dovevano solo evitare di farsi beccare o di farsi uccidere a loro volta.

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    Darien Lockwood
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    Da un lato Darien si aspettava che quella ragazza si tirasse indietro di fronte all'accordo che le aveva proposto, ma sorprendentemente non fu così. Ma non strabuzzò gli occhi dalla sorpresa, non si finse sconvolto dalla sua risposta, anzi, piuttosto rimase del tutto tranquillo, come se la reazione di Alina non l'avesse per nulla sorpreso. Sapeva di essere un ottimo giocatore di poker, se solo ci giocasse a poker.
    Si allontanò dalla ragazza con il suo sorriso beffardo stampato in volto, a dargli un'aria ancor più da "prendimi a schiaffi, sto solo cercando quello", nonostante fosse il classico tipo di persona che con uno schiaffo subìto avrebbe potuto cambiarti i connotati dalla rabbia. Il suo bel visino non si toccava, macchie da vitiligine comprese. C'era però una nota dolente in tutto quello, il fatto di essere soci non lo convinceva.
    Socio era una brutta parola, aveva un suono orribile in qualsiasi lingua la si pronunciasse. Socio significava creare un'alleanza, e alleanza voleva dire che i tradimenti non erano ammessi. Ma lui non era il tipo di persona che si legava ad un termine così potente, l'idea di non poter fare come gli pareva non gli piaceva, lui voleva essere libero. Libero di seguire le proprie regole, di non doversi spingere a collaborare con qualcuno: lui l'avrebbe aiutata, ma questo non faceva di lui il suo socio. Era una definizione che gli stava troppo stretta, stretta al punto che scosse il capo e portò l'indice della mano destra ad oscillare per aria, accompagnato da un delicato «ah ah ah, non corriamo troppo», che trascinava in ogni singolo fonema tutta la sua presunzione. Darien non si legava così a nessuno, c'era un motivo per cui non aveva amici. Almeno gli amici avevano un non so che di divertente, ma socio... più se la ripeteva in testa, più suonava orribilmente. Scosse il capo lentamente, chiudendo gli occhi per far intendere tutto il suo disappunto.
    «Socio magari no, non mi piace l'idea di non poterti tradire.»
    Il fatto che fosse così diretto, tanto da lasciare intendere il proprio disappunto, aveva dell'incredibile. Ma Darien non era il tipo di persona che fingeva di essere d'accordo con qualcuno o su qualcosa quando non lo era, a meno che non operasse sotto copertura e doveva per forza di cose fingersi dalla parte di qualcuno quando voleva solo pugnalarlo. E mangiarselo, ovviamente. Ma in questo caso era una collaborazione ed Alina non sembrava essere all'oscuro della sua natura, della sua personalità eccentrica e subdola, per cui non aveva bisogno di fingersi il suo nuovo compagno di avventure: lui non lo era.
    «Facciamo che tu sei il cane che obbedisce ed io il padrone che ti regala qualcosa una tantum quando fai il fido cagnolino che pretendo tu sia.»
    Così suonava orribilmente... ed era proprio quello che voleva. Non si sarebbe risparmiato dall'offendere Alina, calpestare il suo orgoglio, sminuirla e farla sentire nettamente inferiore a lui, perché per Darien all'atto pratico era esattamente così e non si sarebbe di certo trattenuto dal farlo presente. Soci mai, ma mai nella vita proprio. Già dover collaborare con una persona dal così dubbio gusto estetico gli faceva accapponare la pelle, così era troppo. Non lo avrebbe mai approvato.
    Assolutamente no, zero.
    Nein. Nope. Non. Qualunque altra lingua non conoscesse per negare una cosa tanto crudele.
    Parlava lui di crudeltà, poi... l'aveva appena dichiarata la sua marionetta senza battere ciglio, quanto spregevole doveva essere?
    «Tanto ti ci sei paragonata da sola ad un cane, volontario o meno che fosse.»
    Non era un commento che doveva farlo sentire meno in colpa, anche perché non si sentiva assolutamente in colpa per ciò che aveva detto.

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    Alina Blažková Dušana
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    Troppo bello per essere vero, ma quel ragazzo stava mettendo a dura prova la sua pazienza: si credeva davvero su un piedistallo, e migliore degli altri, ma finché le serviva al suo scopo poteva credersi anche una divinitá, bastava facesse il suo lavoro.
    «Devi avere proprio un sacco di amici tu eh...»
    Si lasciò sfuggire in modo sarcastico, era ovvio che non fosse un tipo facile, ma dopotutto neanche lei aveva così tanti legami, sebbene per scelta e per motivazioni diverse. Lui era semplicemente stronzo. O almeno era quello che pensava Alina, e probabilmente non glielo avrebbe nascosto, visto che sembrava poter essere diretta con lui.
    «Basta che non mi crei problemi, voglio risolverli non averne in piú, per il resto credi un po’ quel che ti pare»
    Per quanto avrebbe desiderato spaccargli la faccia e probabilmente farlo arrabbiare, capí saggiamente che non era il caso, meglio tenerselo buono, ma che non si aspettasse che fosse davvero cosí buona e ubbidiente.
    Inoltre, anche se non sembrava, si era legata al dito le sue parole sul tradimento: quello era un argomento delicato, ma a differenza di suo padre, non si sarebbe fatta infinocchiare da quel tipo.
    «E poi io starei attento, i cani mordono»
    Giusto così, un piccolo consiglio: certo, non era in grado di sovrastare un tipo come lui, ma proprio perché la ritenevano spesso indifesa e inutile poteva essere pericolosa a modo suo, o giocare qualche brutta sorpresa... non era sua intenzione al momento, ma se faceva lo stronzo, allora anche lei si sentiva in diritto di poterlo fare.
    «Hai altri insulti da quattro soldi da rifilarmi o possiamo metterci a lavoro prossimamente?»
    Di perdere tempo, non ne aveva voglia, di certo non potevano iniziare quella sera, ma non avrebbe fatto passare così tanto tempo. Dovevano organizzarsi.
    E poi ancora non aveva sentito una risposta affermativa da parte sua.

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    Darien Lockwood
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    Nella mente di Darien vagava un unico pensiero fisso, che aveva prepotentemente sovrastato tutto il resto: Alina probabilmente non aveva ancora del tutto compreso con chi aveva a che fare. Sembrava essere convinta di poter collaborare con lui, che ci avrebbe guadagnato, soltanto perché voleva che il proprio obiettivo si realizzasse e raggiungesse, di conseguenza, ciò che stava bramando: una vendetta. A Darien le persone vendicative non piacevano. Cercare vendetta equivaleva ad avere conti in sospeso oppure aver commesso l'errore di esserti legato a qualcuno che, in un mondo come il loro, era imperativo avesse fatto una brutta fine. Anche Darien era stato rancoroso, in passato: era un bambino come tanti, che voleva bene a sua madre e che non sopportava di vederla triste. Ma ci aveva pensato il tempo a guarire quel male che gli aveva attanagliato il cuore per parecchi anni, realizzando che non ne valeva la pena. Sua madre era una stupida che aveva deciso di insegnare qualcosa che non avrebbe mai saputo mettere in pratica.
    Legarsi alle persone era sbagliato e, spesso, terribilmente fatale. Darien non era uno stupido, e in tutto quel tempo che aveva passato a sputare veleno contro quella ragazza, il suo cervello aveva immagazzinato ogni informazione importante per giungere alle proprie conclusioni, poco importava se si allontanavano ridicolmente dalla realtà. Per il ragazzo, Alina era una stupida ragazza che aveva deciso di legarsi in maniera irreversibile a qualcuno, che "purtroppo" non c'era più, ed il dolore che provava era tale da non riuscire a sopravvivere senza aver consumato la sua vendetta. E quella vendetta che voleva consumare l'aveva condotta da lui, legandola ulteriormente a qualcosa di ben peggiore di una persona morta: una persona chiaramente disturbata, con un complesso narcisistico, e tutto fuorché sana di mente. Darien era consapevole di non essere una persona normale, sapeva di essere cattivo, sapeva di essere uno sporco approfittatore... e ciò non lo disturbava minimamente, piuttosto ne andava fiero. Ma ad Alina sarebbe mai andato bene? Non ne era sicuro, ma non era neanche qualcosa che gli importava particolarmente.
    «Bla bla bla, quanto parli» borbottò, posizionando ambo le mani a mo' di becco e simulando il movimento del labiale, come evidente tentativo di sminuire la ragazza ancora una volta. «Ti aiuterò, sta' serena. Ma alle mie condizioni.»
    Darien non era così sciocco da mettersi nelle mani di una sconosciuta e sperare di lasciare l'organizzazione a qualcuno di cui non si fidava. Lavorare con lui equivaleva a seguire le sue regole, non quelle di qualcun altro. E se non ti stava bene, potevi anche fingere di non averlo mai incontrato, e finiva lì. Dopotutto non era una persona così rancorosa, difficilmente si attaccava alle persone, figurarsi se si fosse legato qualcosa di così inutile come l'opinione contrastante di un'altra persona. Alzò il dito indice, a simboleggiare il primo punto della lista.
    «Sarai solo tu a contattarmi, ma non risponderò ad una singola chiamata che farai. Lascia un messaggio in segreteria ed io ti ricontatterò quando avrò voglia di farlo.»
    Questo chiaramente escludeva tutte le volte in cui lui avrebbe avuto bisogno di lei per fare anche la cosa più stupida, come pulire la gabbia di Boo, per dirne proprio una.
    «Ovviamente se sarò io a contattarti, tu dovrai rispondere immediatamente, non importa cosa starai facendo in quel momento.»
    Era perfettamente cosciente di star dettando regole al limite del verosimile, ma ciò non gli importava: appunto, se non ti stava bene potevi alzare i tacchi e levare le tende in via definitiva. Ed Alina sembrava disposta a tutto pur di compiere la tanto agognata vendetta, si sarebbe fatta andare bene quelle regole assurde pur di chiudere quel capitolo della sua vita, lo aveva compreso perfettamente.
    «Le cose si fanno a modo mio, se vuoi dare suggerimenti fai pure ma non è detto che li seguirò.»
    Ogni cosa sarebbe stata organizzata da lui, senza se e senza ma. La parola di Alina avrebbe avuto valenza soltanto per i nomi degli obiettivi ed eventuali suggerimenti azzeccati per la situazione. Se ciò che aveva da dire non gli sarebbe piaciuto, allora era come se non fosse mai stato pronunciato. Semplice.
    «Ogni cosa che dico per te deve valere persino più dell'oro. Attenta a come parli, a cosa dici, al rispondere o meno a ciò che avrò da dire: non ci metterò niente ad ammazzarti e a mandare a quel paese tutti i buoni propositi.»
    Darien era senza scrupoli e, sfortunatamente per Alina, era dannatamente serio. Poche volte non ironizzava su qualsiasi cosa, e quella era una di quelle volte. Nel dubbio si augura un buon proseguimento di vita alla signorina Alina. E se ve lo steste chiedendo... beh, no, Darien non era per nulla interessato a conoscere l'identità di chi aveva di fronte, probabilmente avrebbe difficilmente ricordato il suo nome.

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    Alina Blažková Dušana
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    Ecco, il punto era proprio quello, le sue condizioni.
    Non le andava per nulla giù, ma sapeva di non avere altra scelta, almeno non una che potesse accettare: l'alternativa sarebbe stata rinunciare alla vendetta, o trovare uno abbastanza pazzo e avvicinabile, cosa che non era così diffusa.
    Nessun ghoul sano di mente rischiava a questi livelli, sopratutto senza guadagnarci qualcosa in cambio, era consapevole che neanche Darien facesse beneficenza e che le si sarebbe rivoltato contro il suo stesso patto dovendo fare tutto ciò che passava nella testa dell'altro.
    Si era consapevolmente condannata da sola, ma nulla ai suoi occhi aveva più senso da un bel po'.
    «D'accordo»
    Non era un problema abbandonare ciò che stava facendo, dopotutto, nulla era più importante per lei, e quindi quelle condizioni non le sembravano ancora così impossibili da rispettare, in parte poteva anche capire il perchè, ma ciò non cambiava che rimaneva uno stronzo so tutto io.
    «Non ho motivo di fare diversamente»
    Non voleva morire, non era scema, sapeva che non aveva la minima possibilità contro l'altro, e sperava che fosse all'altezza di quel compito, e di non rimanere delusa dalle aspettative.
    «Abbiamo un accordo allora» Che poi aveva stabilito tutto l'altro poco importava, per lei era importante che avesse voce nel momento giusto, per i nomi e per quando dovesse suggerire la loro morte. Non voleva limitarsi solo alla mera uccisione, lei voleva distruggerli.
    E su quello, forse sarebbero stati più che d'accordo.
    «Ho anche già un posto dove iniziare, se a te va bene»
    Meglio fargli credere che avesse effettivamente diritto di scelta, quello in effetti era un suggerimento, a meno che l'altro non avesse di meglio da proporre. Ad ogni modo, avrebbe rispettato ciò che l'altro avesse deciso, dopotutto, secondo il loro accordo, Darien aveva l'ultima parola.
    «Sono Alina comunque, anche se so che non ti interessa»
    Almeno sapeva come chiamarla, più che ''tizia'' o ''ehy tu'', che in effetti lo vedeva capacissimo. La sensazione di aver finalmente qualcuno che potesse attuare quella vendetta la faceva sentire più leggera, e sopratutto elettrizzata: era arrivata la resa dei conti alla fine.


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    Darien Lockwood
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    C'era una cosa che faceva piacere a Darien in tutto quello, oltre alla possibilità di sfruttare una persona a proprio piacimento, quando e dove gli faceva più comodo: non si sarebbe dovuto scomodare per trovarle un posto dove mettere in atto tutti i generi di crudeltà che gli passavano per la testa. Alina si era fatta andare bene le sue condizioni, come sospettava sarebbe accaduto, e quella conferma aveva involontariamente disegnato un sorriso meschino e beffardo sul volto di Darien, facendo splendere maggiormente la sua naturale bellezza da quattro soldi e molti schiaffi. Stava coronando un sogno: gente da sventrare e ammazzare a proprio piacimento, senza motivazioni valide per farlo, guadagnandoci divertimento e piacere, una persona da sfruttare come più gli sarebbe venuto congeniale e la possibilità di avere un posto tutto personale dove poter mettere in atto ogni genere di tortura. Nella sua mente si stava costruendo un castello gigantesco, pieno di svariati scenari di tortura, dai più sobri ai più eccentrici e subdoli.
    Non vedeva l'ora.
    Si leccò le labbra istintivamente, senza un minimo controllo: non vedeva l'ora di assaporare tutto quello, ed abbandonarsi ad una furia ed una follia fuori di testa. Era quello che Darien sapeva di dover rappresentare: il lato più malato ed oscuro dell'umanità, perché le persone erano delle macchine sforna peccati. E Darien non era da meno, e non si vergognava di essere una persona tanto eccentrica da abbandonarsi al lato più selvaggio e crudele "dell'essere umano", anzi, lui ne andava estremamente fiero.
    «Aah~ non vedo l'ora.»
    Si era abbandonato ad un sospiro sognante, come se gli si fosse parata davanti l'occasione che aspettava da una vita intera. Non che avesse vissuto tanto, era comunque un uomo giovanissimo che aveva raggiunto da poco l'età adulta, sapeva che di fronte a sé c'era ancora un mondo da scoprire, ma non voleva assolutamente lasciarsi sfuggire nessuna occasione.
    «Tornando alle cose "serie"» cercò di interrompere l'idillio da solo, scacciando la miriade di pensieri che avevano affollato la sua mente, e prendendo dalla tasca un portafogli in pelle, con la scritta Prada anche più grande del portafogli stesso, che aprì e da cui estrasse... un biglietto da visita? Un biglietto da visita.
    «Tieni, qui trovi il mio numero e il mio profilo B-social.»
    ... signori e signore, sì, non era un miraggio: Darien era superbo e altezzoso al punto da essersi fatto disegnare e stampare dei biglietti da visita. Su cui era riportata anche una modestissima presentazione che lo disegnava come "lo splendido ed affascinante giovane uomo di cui tutti avevano bisogno". Era davvero scritto in quel modo. Scritto sia in inglese che in giapponese, per chiunque non comprendesse una delle due lingue. Già solo quel dettaglio avrebbe dovuto abbassare la stima che si poteva avere di quel ragazzo, peccato che spesso si era circondato di persone che cinguettavano divertite, come se fosse davvero divertente che avesse dei biglietti da visita. Ed era inutile dire che quella cosa aveva pompato maggiormente il suo ego, come se non fosse già fin troppo gonfio di suo.
    «Spero che sia un luogo grande e isolato, ho in mente tante cose...» la informò in merito al posto che Alina aveva detto di avere già in mente di utilizzare, mentre faceva scivolare nella tasca dei propri pantaloni il portafogli estratto poco prima. Le rivolse uno sguardo freddo, disfandosi completamente del sorriso che fino a poco prima gli dipingeva il volto, dandogli un'aria strafottente. «Ora puoi anche levarti dai piedi.»
    ... sì, non si era minimamente interessato alla sua presentazione: che senso aveva ricordare il nome di una persona che poteva fare a meno di immagazzinare? Non si ricordava i nomi di tutte le persone con cui era uscito, figurarsi se si sarebbe mai potuto ricordare il suo.

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