[QUEST] 🎄 メリークリスマス – that’s Merry Christmas in Japanese! ❄️

[ROLE EVENTO 05] 12/12/2021 dalle 10:00 circa, soleggiato @Wonder Land Shopping Center

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    fearful necromancer
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    ROLE EVENTO: 🎄 メリークリスマス – that’s Merry Christmas in Japanese! ❄️

    La seconda settimana di dicembre ha portato con sé un lieve abbassamento delle temperature, e non manca chi già sogna un Natale imbiancato dalla neve. Ma Natale non è solo neve: è anche regali fatti più o meno volentieri, assalti ai negozi, interminabili file alle casse e calcolatrici sfoderate come armi nella speranza di riuscire, nonostante tutto, a pagare l’affitto.
    In questo clima mezzo entusiasta e mezzo disperato, sembra proprio che i Super saldi folli (pubblicizzati esattamente con questo nome, sì) del Wonder Land Shopping Center vi salveranno ancora una volta dalla povertà!


    ❖ Questa role evento è a "entrata libera" fino alla sua chiusura, per cui potete partecipare quando volete e con tutti i PG che volete!
    ❖ Lo scopo principale della quest è, beh, quello di divertirsi con tutte le strutture del centro commerciale e sbizzarrirsi con le compere in vista del Natale! La role evento è ambientata il giorno domenica 12 Dicembre a Toshima.
    ❖ Per muoversi all'interno del centro commerciale si prega di fare riferimento alle descrizioni fornite nella seconda sezione di questo post introduttivo, così da sapere dove possono andare i vari PG e da cosa è composto il luogo stesso.
    ❖ La quest non viene gestita da turni del fato e l’ordine di post è libero, è quindi possibile postare più volte di fila. Ricordate solo di specificare a chi vi rivolgete a inizio post, con un “Rivolto a: Nome Personaggio”.
    ❖ La role evento avrà la durata di un mese, quindi fino al 31/01/2022 a partire da oggi, dopodiché verrà chiusa. Tuttavia, se serve del tempo in più per concludere al meglio tutto, è possibile allungare la durata di un'altra settimana.
    ❖ Per questa role evento è possibile ottenere la EXP di partecipazione come ogni normale quest MA bisogna postare almeno due (2) volte. Per spiegare meglio: i primi 50 EXP si ottengono, appunto, dopo aver postato due volte mentre i 50 EXP di conclusione si ottengono una volta che la quest è giunta a conclusione e l'utente è considerato ancora attivo.
    ❖ Ricordiamo inoltre che questa quest andrà ad influenzare il GdR stesso ed i vostri PG, essendo un evento "reale" nella loro vita.
    ❖ Per maggiori informazioni su come procederà in generale la quest, consultare la sezione "Le Quest" in Guidelines.
    ❖ Per ulteriori chiarimenti contattate uno staffer o utilizzate la sezione "SUPPORT".


    Il Wonder Land Shopping Center

    I super saldi folli sono una ricorrenza annuale del Wonder Land Shopping Center. A partire dal black friday fino al giorno di Capodanno gli oltre cinquecento negozi di uno dei più grandi centri commerciali di Tokyo, nella circoscrizione di Toshima, vengono presi letteralmente d’assalto sin dalle prime ore del mattino.
    È il 12 dicembre, l’orario di apertura è dalle 9 alle 21 e, come ogni giorno, per trovare un parcheggio bisogna avere pazienza. La pioggia mattutina ha fatto precipitare le temperature, fortuna che i locali sono ben riscaldati!

    Struttura.
    Al Wonder Land Shopping Center si può trovare di tutto: dalle gioiellerie agli outlet, dai negozi di elettronica a quelli di arredamenti, dalle librerie ai ristoranti, senza privarsi addirittura di un vivaio e di un parco giochi all’esterno.
    Il piano terra ospita la maggior parte dei negozi, compresi supermercati, ristoranti e fast food, e ben tre aree gioco dedicate ai più piccoli dove fare una foto ricordo con Babbo Natale. La lunghissima galleria del secondo piano è occupata quasi esclusivamente da negozi di abbigliamento, quella del terzo piano invece da esercizi non alla portata delle tasche di tutti. Il grande edificio adiacente all’uscita nord, infine, non è altro che un cinema multisala.
    L’ambiente, già di solito chic, è stato di recente addobbato in occasione delle festività natalizie, Michael Bublé è stato regolarmente resuscitato e le playlist ripetono in loop canzoni e cover che vi faranno perdere il Whamageddon.
    Ad accogliervi ad ogni ingresso al pianterreno (nel caso non vogliate approfittare degli ascensori nel parcheggio sotterraneo) troverete composizioni fatte di LED a forma di albero di Natale. In una delle aree per bambini è stato addirittura preparato un albero di Natale a forma di Godzilla con tanto di cappellino di Babbo Natale.



    (Le immagini sono solo a scopo illustrativo ed è possibile aprirle in un'altra finestra)




    Edited by alyë - 12/12/2021, 18:26
     
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    Nadeshiko Yagami
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    Rivolto a: nessuno. | Luogo: ingresso sud.

    The cold never bothered me anyway era il mantra di Nadeshiko nei mesi invernali. Lo era sempre stato, anche quando abitava sulle montagne in cui il freddo puzzava e la nebbia rendeva i tacchi più una prova di coraggio che di equilibrio, e lo era a maggior ragione adesso, in una Tokyo che non tardava ad accendere le pompe di calore appena ve n’era la necessità.
    Niente le avrebbe impedito di essere carina quel giorno, non poteva certo sfigurare davanti alle sue amiche! Non che dalla giornata all'acquapark avesse frequentato con impressionante regolarità Hana e Shinobu, ma Nadeshiko era una persona semplice: amava circondarsi di persone e definiva amici un po’ tutti.
    Abitando a Tokyo da appena un anno, durante il 2020 non aveva avuto abbastanza soldi e tempo per approfittare dei super saldi folli; perciò non se li sarebbe persi di certo una seconda volta! Non si trattava solo di acquistare qualche regalo di Natale, ma soprattutto di passare un po’ di tempo piacevole prima dell’inevitabile rientro a casa per il Capodanno.
    Inutile girarci attorno: ogni volta che le toccava rivedere suo fratello temeva di rimanerci secca. Era ormai la peggiore e più raggelante delle sue paure, motivo per cui aveva seriamente pensato di inventarsi qualcosa per non tornare ad Hakone. Ma con che cuore poteva lasciare i suoi genitori da soli con lui? E se fosse accaduto loro qualcosa? E se Eiji avesse a sua volta deciso di rimanere a Tokyo per passare il Capodanno da solo con lei? Ecco perché aveva davvero bisogno di distrarsi almeno durante il giorno, perché dall’inizio di dicembre dormire era diventato più difficile di camminare sui tacchi in mezzo alla nebbia di Hakone.
    Con una decisa pressione dell’indice sul tasto laterale dello smartphone, Nadeshiko alzò il volume di riproduzione della sua playlist con la OST di Genshin Impact. Inutile dire che era stato il suo cavallo di battaglia durante le live del 2021. Aveva persino in programma il cosplay di Eula.
    Calzò le scarpe, dei sandali con tacco in vernice con plateau, e si diede un’ultima controllata allo specchio: il suo cipiglio da generale tedesco le restituì uno sguardo inquisitore, assicurandosi che il trucco fosse impeccabile, la camicetta bianca stirata a dovere e il fiocchetto all’altezza del colletto ben stretto. Si soffermò più a lungo sulla gonna a pieghe: corta qualche centimetro sopra il ginocchio, stretta in vita, color avorio di una gradazione pastello molto tenue; l’amava, si adattava benissimo al colore dei suoi capelli e alle lenti a contatto verdi.
    Fece una giravolta, più che contenta, e prima di uscire di casa indossò un cappottino bianco e dei paraorecchi dello stesso colore. Non faceva abbastanza freddo per i paraorecchi, non per i suoi gusti di montanara almeno, ma Nadeshiko li amava troppo per non sfruttarli ad ogni occasione. Una volta al chiuso li avrebbe semplicemente riposti nella borsa a bauletto.
    Era pronta.

    [...]

    «Prima volta ai super saldi folli del Wonder Land! Sono pronta a combattere come nei film americani per una camicetta! Pew, pew!»
    Un occhiolino concluse la storia che pochi secondi più tardi comparve sul suo profilo Instagram. Nadeshiko, ferma davanti all’inconfondibile edificio del Wonder Land, aspettava di fianco a un albero di Natale fatto di LED le sue amiche. L’appuntamento era alle dieci in punto davanti all’entrata sud e lei non faceva altro che guardarsi intorno, pronta a saltellare allegramente sui suoi tacchi addosso a Shinobu e Hana appena avesse riconosciuto tra la folla le testoline bionde.
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    Kazuya Shinkai Cheshire Cat
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    Rivolto a: nessuno. | Luogo: ingresso sud.

    «Dove stai andando, tesoro?»
    Le piccole spalle di Kazuya si drizzarono come se avesse preso la scossa. Le mani lasciarono andare a lacci della scarpa destra e si strinsero sul cuore, il cui ritmo serrato la diceva lunga su quanto poco bene prendesse i jumpscare.
    Lo avevano beccato, infine; nonostante lo sforzo di svegliarsi presto e prepararsi per uscire nel massimo silenzio, quasi scivolando lungo le scale come un ladro in casa propria, Anna era riuscita a beccarlo e seguirlo senza farsi notare. Lei sì che avrebbe potuto platinare Metal Gear Solid senza commettere neanche un’uccisione non prevista dalla trama.
    «… buongiorno anche a te, mamma.»
    Il sorriso tirato di Kazuya incontrò lo sguardo indagatore e per nulla collaborativo di Anna. Il suo bambino di soli diciannove anni stava uscendo di casa di prima mattina senza aver avvisato, non c’era niente che potesse fermarla dal placcarlo se non la verità. Kazuya lo sapeva molto bene, non era la prima volta che accadeva. Prima o poi avrebbe imparato a non credere di poterla fare sotto il naso a due genitori ghoul.
    «Dunque dov’è che staresti andando alle otto di domenica mattina?»
    Le mani strette a pugno sui fianchi si fecero più rigide, chiaro segno che Anna fosse a un passo dall’intimargli di togliersi le scarpe e filare in cucina finché non le avesse spiegato per filo e per segno cosa stesse andando a fare. Nel panico, il ragazzino dardeggiò con gli occhi chiari sulla rampa di scale per sincerarsi che nessuno al piano superiore fosse accorso per origliare la conversazione, dopodiché spostò sulle proprie labbra l’indice, pregando la madre di abbassare la voce.
    «Vado a comprare il regalo di Natale di Rurucchan!» assieme ai vostri e a quelli per i miei pseudo-amici aggiunse mentalmente, rilassandosi nel vedere l’espressione della madre addolcirsi all’istante.
    «Oh… è così.»
    Pericolo almeno apparentemente scampato; dubitava che Anna non avesse colto il sotteso, ma l’importante era che lo lasciasse andare. La donna si scoccò uno sguardo alle spalle e, soddisfatta per non dire contenta, con fare improvvisamente complice gli fece segno di attendere prima di dirigersi verso il salotto. Rimasto solo, nel successivo minuto Kazuya finì di allacciarsi le scarpe e indossò il giubbotto, giusto in tempo per vedere sua madre sbucare con una carta di credito stretta tra indice e pollice. Gliela infilò nella tasca del giubbotto, per poi tirargli sulla testa il cappuccio e sorridergli con entusiasmo.
    «Tieni, tesoro, conosci il pin. Mi raccomando, copriti bene e prenditi un bel caffè caldo appena possibile.»
    «Ah… d’accordo.» Kazuya non si sarebbe mai abituato a quegli sbalzi d’umore.
    Sebbene non gli andasse di usare i soldi della madre per comprare un regalo, accettò il dono con un sorriso e la speranza di non perdere altro tempo. Promise di tornare il prima possibile e, appena svincolato dalla presa di Anna, si catapultò fuori.

    [...]

    La giornata era piuttosto fresca. Nel suo personale dialogo della natura e di un islandese, Kazuya vissuto abbastanza tempo a Reykjavík da trovare il freddo di Tokyo mai troppo invadente. Un giubbotto imbottito era più che abbastanza per sopravvivere a qualsiasi periodo dell’anno; quel che Kazuya Shinkai reputava invece essenziale erano gli auricolari, che mentre entrava a testa bassa nel Wonder Land tempestavano i suoi timpani con la OST di Devil May Cry.
    Una piacevole onda di calore spazzò via il freddo dicembrino. Abbassato il cappuccio e tolte le cuffie, Kazuya pensò che nelle due ore precedenti si era, in effetti, dimenticato il suggerimento della madre: poteva essere un buon momento per un caffè, dopodiché si sarebbe lanciato nella ricerca dei regali.
    Ora doveva solo trovare un fast food… e ricordare com’era fatto il Wonder Land, magari. Si era scordato a casa il senso dell’orientamento.
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    Everything has changed enough to make me almost cry


    Isaac R. Peregrine
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    Rivolto a: nessuno. | Luogo: piano terra.

    «Dove stai andando, caro?»
    Quella domanda sapeva di già detto. E anche le spalle di Isaac sobbalzarono, in un movimento quasi impercettibile sotto il pesante cappotto. Una reazione alquanto inevitabile quando l’allegoria perfetta per rappresentare i tuoi nervi è la proverbiale corda di violino sul punto di spezzarsi.
    Sebbene si trovasse diversi metri dietro di lui, appoggiata mollemente alla porta della cucina e con tutta l’aria di chi darebbe qualsiasi cosa in cambio di un caffè, Miyo dovette accorgersi dell’effetto che la sua improvvisata aveva sortito.
    «Scusa, non volevo spaventarti…» aggiunse subito con voce più morbida Miyo, venendo subito rassicurata da un sorriso di Isaac.
    «Tranquilla, esiste solo una cosa in grado di spaventarmi…» il cambio di tono fu repentino: basso, lento, in una maldestra imitazione della tipica voce dei protagonisti Chad delle commedie romantiche che andavano tanto di moda. «… la tua bellezza sconvolgente, bambola
    C’era dell’imbarazzo nel silenzio che seguì; anzi, sarebbe più corretto dire che c’era del silenzio nell’imbarazzo che seguì. Fortunatamente, Miyo Shinozaki era l’unica persona sul pianeta Terra capace di ridere alle uscite infelici di Isaac e, a riprova di ciò, scoppiò infine a ridere. Crisi scampata, elaborò l’inglese con un sospiro di sollievo.
    Uscire senza avvisare alle nove di domenica mattina era, ovviamente, qualcosa per cui una fidanzata avrebbe avuto tutto il diritto di arrabbiarsi. Ma Isaac era sempre stato così, un emerito incapace quando si trattava di fare regali: non sapeva raccapezzarsi, agiva d’istinto e in nove casi su dieci si faceva beccare ancor prima di aver avuto il tempo di compiere o incartare l’acquisto. Anche stavolta aveva elaborato il piano meno efficiente di sempre, credendo di farla franca col pretesto più credibile che aveva individuato.
    Incrociò le braccia al petto, sfoderando il sorriso sfacciato di chi pensa di avere la vittoria in tasca. «Comunque scusami se ti ho svegliata. Sto andando a fare la spesa, ho pensato che fosse meglio anticipare lo tsunami di impiegati nel loro giorno libero.»
    «Oh…» Miyo scoccò uno sguardo in direzione della cucina, dopodiché ricambiò la sfacciataggine dell’espressione del fidanzato tirandosi su una spallina del pigiama. «Allora ti interesserà sapere che la lista della spesa è ancora sul tavolo.»
    C’era del silenzio nell’imbarazzo che seguì, al termine del quale Isaac, con ancora un sorriso idiota stampato in faccia, si picchietto l’indice sinistro sulla tempia. «Perché l’ho memorizzata. Tutto testa, io! Ma per tranquillizzarti me la porterò dietro…»
    Sconfitto da uno stupido foglietto di carta.

    [...]

    Un uomo distrutto dalla vita si aggirava per il Wonder Land con un foglietto di carta a quadretti in mano, ripassando mentalmente la planimetria del centro commerciale tanto grande da potercisi perdere con facilità. Esattamente come doveva essere successo alla ragazzina che aveva superato all’ingresso sud, che, dopo essersi scoperta il capo, era rimasta a fissare il vuoto con occhi fatti di pigmenti azzurri e sgomento.
    Naturalmente avrebbe davvero fatto la spesa, ma l’avrebbe lasciata come ultima cosa. Di perdere novanta minuti della sua vita alle casse non ne aveva voglia. Avrebbe potuto spendere quel tempo in attività più costruttive, ad esempio lavorando. Nel suo giorno libero, sì: il cervello di Isaac era abbastanza fritto da non prendersi mai una vera pausa dal lavoro.
    Ora che era sul posto non gli restava che mettere in atto il suo keikaku e realizzare un sogno che aveva sin da bambino: ricevere tra la decina e la ventina di regali di Natale, naturalmente traslato sull’amata Miyo.
    Aveva già stilato l’elenco dei diciotto regali con cui sarebbe uscito dal Wonder Land, adesso doveva solo ricordare la locazione di tutti i negozi.
    Heh.
    Tutto testa, lui.
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    salve!!!!!! siccome ho fatto questa pazzia di mandarceli tutti se volete interagire con i miei pg pls ditemelo perché io dormo! e non vi aspettate post lunghi che sennò esco pazza e mi ricoverano in neuropsichiatria!! ciao!!!!


    ALEXANDRE "ROMAIN" DE LACROIX
    Come si faceva a mangiare il gelato d'inverno?
    Chiedete ad Alexandre, perché per lui non era mai abbastanza freddo da non poter mangiare il gelato, pazienza se quello lo avrebbe fatto apparire come l'emblema del consumismo. Era Natale, e a Natale - in Giappone, poi - si era tutti un po' più consumisti.
    Omesso che lui, in quanto cristiano cattolico, era in realtà abbastanza legato alla festa, non gli dava fastidio che lì fosse considerata una ricorrenza commerciale alla stregua di San Valentino. Anche perché, se ipoteticamente gli avesse dato fastidio che avrebbe potuto farci? Petizione per inserire il Natale come festa nazionale? Un'ottima idea... di merda. Probabilmente era una delle tre persone in tutta Tokyo che si ostinava a comprare ancora un calendario dell'avvento. E non solo perché voleva i cioccolatini da mangiare prima di andare a lavoro. Davvero, no.
    Ma torniamo al gelato.
    Perché, sebbene Alexandre fosse in simbiosi con qualsiasi cibo avesse anche solo qualcosa di dolce nella ricetta, non è che sempre tutti erano disposti a venderti tutti i tipi di dolci in tutte le stagioni.
    Beh, tranne che al Wonder Land Shopping Center.
    Perché al Wonder Land Shopping Center si poteva trovare di tutto, anche le gelaterie aperte in pieno inverno. E con i super saldi folli cominciati una settimana prima, il grandissimo e scintillante centro commerciale di Toshima acquistava il suo fascino anche per motivi che andavano ben oltre il gelato.
    Sì, chiaro, Alexandre non era certo andato laggiù solo per il gelato. Potreste non crederci, ma aveva i suoi limiti: benché non gli piacesse passare troppo tempo in mezzo alla folla, aveva sentito dei saldi, e dato che doveva sbrigarsi a comprare i regali di Natale - si era detto - poteva passare a darci un'occhiata. Forse si era vestito un po' troppo come uno studente universitario, con quella camicia e quel pullover di cashmere sopra alla cravatta, che ricordava una divisa da college americano, ma in mezzo a tutte quelle luci e quell'accozzaglia di colori non era esagerato dire che anche la sua coda arancione potesse passare completamente inosservata, figurarsi i vestiti.
    Ormai aveva già perso il conto del tempo che aveva passato a girovagare per il pianoterra, tristemente sconfitto dalle canzoni di Michael Bublé di cui dimenticava l'esistenza fino ad ogni Natale e che tristemente sapeva gli sarebbero rimaste in testa per le prossime due settimane a venire.
    Ripassando mentalmente la lista di regali da fare, Alex si fermò davanti alla vetrina di una libreria, scrutando le copertine degli ultimi libri usciti.
    Sua madre, il suo gatto, Chinatsu, Kyoko, Lazar, Ryoga e magari qualche pensierino per i colleghi di lavoro. Sì, gli sembrava un lavoro onesto.
    La prima della lista era ovviamente sua madre. Fortunatamente sapeva già cosa doveva prendere.
    La donna gli aveva lasciato qualche velato indizio su uno dei suoi autori preferiti... che poi, aveva scoperto Alex, scriveva solo saggi.
    Di biologia.
    Cose da nerd per i biologi marini, insomma.
    Scosse velatamente la testa, con un sospiro, ed entrò. Sperando che non lo cacciassero via perché, uhm... aveva ancora il suo cono gelato.
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    HUMANground FLOOR
    aHk3w1E

    ❅❅❅

    VICTOR KRIEGER
    "Come mi sta?"
    "Yabai! (♡∀♡) Sei assolutamente un figo."
    "Dici che dovrei comprarla?"
    "Sì! ( ꈍᴗꈍ) Il Senato approva~ E non dimenticarti dei miei regali!"
    Il Senato. Victor accennò un sorriso talmente lieve che probabilmente non avresti manco detto che stava sorridendo, ma conoscendo i suoi standard era comunque molto. Digitò rapidamente un'altra risposta per prenderla in giro e tornò a scorrere la chat con sua sorella, fissando lo schermo del cellulare con un misto di orrore e meraviglia dipinto nelle iridi ambrate. Comprarle lo smartphone nuovo era stato uno dei suoi peggiori errori. Da quando aveva scoperto la tastiera con le emoji e i simboli le usava dappertutto, tanto che a volte c'era da capire persino quali fossero i kanji e quali no.
    Il suo sguardo si fissò sulla fotografia che le aveva mandato qualche minuto prima: emoji a parte, aveva più o meno ottenuto la risposta che voleva; non era chissà quanto vanitoso, ma quella camicia che aveva appena provato gli stava troppo bene per poter essere ignorata. Victor era all'interno di un negozio di Armani, poco distante dalla zona dei camerini, perché, primo, quando si parlava di vestiti, non era la persona a cui potevi dire di spendere poco; secondo, stava cercando di dimenticarsi che quella giornata fosse cominciata con lui e Yoko e cercare di coinvolgere sua sorella nei suoi acquisti era un ottimo modo per ridurre il rischio che potesse cominciare a prendere a pugni il commesso che lo stava fissando da circa venti minuti. Kaede, la psicologa di Momo, diceva inoltre che era un ottimo modo per ridurre la sua paura del mondo esterno.
    Quanto a Yoko... in teoria ormai dovevano essere fidanzati da più di sei mesi e, una volta scattato l'anno, Victor era sicuro che si sarebbero sposati.
    Per quanto potessero fare buon viso a cattivo gioco davanti agli occhi dei genitori dei lei, a nessuno dei due fregava una beata mazza di quella relazione e lo sapevano entrambi. Per lui Yoko era probabilmente davvero la donna peggiore con cui ricordava di essere stato e ora non faticava a comprendere le parole di suo padre che gliel'aveva presentata come una ragazza un po' "ribelle".
    Ad ogni modo, quella gita al centro commerciale di Toshima era stata programmata su ovvio suggerimento dei genitori della giovane. Ci erano andati assieme, chiaramente lasciando che il loro tacito accordo che ognuno si facesse i fatti propri entrasse in vigore cinque minuti dopo essere entrati, motivo per il quale Victor - che non sopportava fare shopping durante i saldi perché che urto la gente - ne aveva approfittato per fare un rapido tour dei negozi d'abbigliamento e comprare i regali di Natale per Momo.
    La sua preoccupazione principale era proprio lei, ancora non le aveva detto che il matrimonio implicava probabilmente il dover cambiare casa, perché sapeva che sarebbe stato un problema e Kaede aveva suggerito di aspettare per evitare di agitarla ulteriormente.
    Mise via il telefono, e si tirò su la manica della giacca per controllare l'orario. Era ancora pomeriggio presto. Aveva tempo e nessuna fretta di avviarsi verso la cassa. Ancora non voleva dare alcuna soddisfazione al commesso.
    SPEAKING TO://
    CCG2nd FLOOR
    tpIoKPD

    ❅❅❅

    RYUJI YAMAZAKI
    Nella mente di Ryuji esisteva un'equazione molto semplice: saldi = regali di Natale. Fortuna che non doveva farne molti. Sfortuna che chiunque avesse programmato la CPU del suo cervello si era dimenticato di inserire una politica di scheduling che gli consentisse di comportarsi a modo e fare le cose con un certo ordine.
    "Ryu-kun, ci facciamo una foto? ♡"
    Ryuji abbassò lo sguardo, quasi ricordandosi in quel momento di essere in compagnia. Era tutto il giorno che perdeva tempo al centro commerciale e ancora non aveva cavato un ragno dal buco.
    Beh, in realtà era anche legittimo, visto che era ad un appuntamento, ma non era così che dovevano andare le cose.
    Yui Toyama, una sua vecchia compagna del liceo, l'aveva invitato al Wonder Land Shopping Center dopo qualche giorno che avevano cominciato a scriversi su instagram. Inutile dire che all'inizio Ryuji non l'aveva nemmeno riconosciuta perché era cambiata tipo un sacco nel giro di un anno, ma poi aveva menzionato i saldi, l'equazione si era messa in moto e il ghoul aveva detto di sì senza batter ciglio. Se la ricordava un po' meno frivola, ma era anche vero che probabilmente ci aveva parlato tre volte in croce quando stavano in classe insieme.
    «Eh? No, scordatelo.» ribatté, fissando con un velo di preoccupazione la stola degli adulti vestiti da Babbo Natale costretti a farsi le foto con i bambini. Ryuji non odiava i bambini, ma gli adulti sì. E non voleva farsi una foto con...
    "Ma non dicevo mica con Babbo Natale! Me e te!" rispose quella, sventolandogli sotto il naso la fotocamera del suo smartphone aperta sul lato selfie.
    «Ah. Oh, okay.» a volte bastava spiegarsi.
    Erano entrambi stravaccati su un divanetto molto vicino ad una delle aree giochi a pianoterra, la minaccia era senz'altro stata realistica. Sventato il pericolo della foto con Babbo Natale, Yui finalmente si alzò. Finalmente perché aveva detto circa dieci minuti prima che doveva andarsene, ma non si era mossa da allora. Forse sperava che Ryuji andasse con lei? Sì, forse, ma il ragazzo non ne aveva intenzione. Non per cattiveria, ma era già tardissimo, e lui voleva comprare i regali di Natale possibilmente senza rischiare di rimanere chiuso dentro al centro commerciale.
    Perché non ci era andato da solo, allora? Perché era quel genere di persona che amava stare da sola in compagnia.
    "Allora io vado, eh! Alla prossima!"
    Ryuji le fece un cenno, la guardò allontanarsi e poi aprì B-social, aspettandosi di vedere la notifica del tag nelle storie da un momento all'altro. Ugh. Era già stanco. Reclinò la testa all'indietro e alzò il viso verso il soffitto.
    Mancavano meno di due settimane a Natale e tutti i suoi regali erano ancora sopra agli scaffali nei rispettivi negozi.
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    Shinobu Hanyuu
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    Rivolta a: Nadeshiko | Luogo: ingresso sud.

    «Oi, ci sta tradendo.»
    «Si direbbe proprio di sì.»
    «Dai, non è vero!»
    Le sue coinquiline erano andate avanti un'intera settimana, da quando si era accordata con Nadeshiko e Hana d'incontrarsi al Wonder Land Shopping Center, con la storia del tradimento. «Ci lascia sole a casa a studiare mentre lei si diverte con le sue nuove amiche» era stata, possibilmente, la frase più pronunciata da Hanabi e Fuyuko. Kaileigh era troppo impegnata a pensare al suo nuovo acquisto amoroso per dar peso a quel genere di cose.
    «Non è colpa mia se dovete studiare~» le prese in giro poco dopo, mostrando la linguaccia come contorno. Scherzi a parte, Shinobu si sentiva particolarmente frizzante quella mattina: non vedeva l'ora di incontrare di nuovo le ragazze dell'aquapark, e quando Nadeshiko le aveva proposto di fare shopping insieme approfittando dei super saldi folli del centro commerciale più gettonato e in voga di Tokyo, non ha saputo resistere ed aveva accettato senza neanche guardare l'agenda degli impegni. (che in realtà era una lavagnetta settimanale che ripuliva ogni volta)
    Ma fortunatamente l'invito non coincideva con alcun tipo di impegno improrogabile, perciò era triplamente contenta. E poi quella era un'occasione per vestirsi un po' più carina: indossava quasi sempre l'uniforme accademica, la tuta da ginnastica o altri vestiti estremamente comodi ma poco carini, perché la sua vita era un continuo fare avanti e indietro accademia - palestra - casa. Un loop senza fine che non le consentiva di approfittare di quei pochi vestiti carini di cui disponeva nell'armadio.
    Si diede un'ultima occhiata allo specchio verticale vicino all'ingresso di casa, poco prima del gradino che separava il corridoio dalla porta d'ingresso. Aveva finalmente indossato i suoi stivaletti nuovi, con quel po' di tacco che la faceva risultare leggermente più alta; il vestitino che indossava era di una calda nuance di giallo, con la gonna a pieghe ampie che svolazzava ogni qualvolta girava su se stessa. Sopra il vestito aveva aggiunto una bella mantellina rossa che potesse tenerla al caldo, le gambe erano perfettamente coperte da un bel paio di calze semi-trasparenti nere e le mani opportunamente rintanate nel caldo abbraccio di un paio di guanti, a loro volta rossi. I capelli li aveva raccolti in due adorabili boxer braids, lasciando solamente la francia e i due ciuffi laterali sciolti, in modo che circondassero a dovere il viso tondo.
    «Kya! Guarda come svolazza quella gonna, troppo carina~»
    «Quando avrete finito di prendermi in giro fate un fischio, eh!»
    E di lì a poco partì una risata collettiva. Almeno l'ambiente che l'aveva accolta al suo trasferimento era caldo e pieno di allegria: Shinobu non avrebbe potuto desiderare coinquiline migliori delle sue tre nuove sorellone.
    «Ora vado, vi manderò qualche foto per farvi morire d'invidia~»
    E fu così che, seguita da un sentitissimo «non t'azzardare!», la porta d'ingresso si chiuse alle sue spalle.

    ***

    Era arrivata al centro commerciale dopo tante peripezie: aveva sbagliato direzione della metro e dopodiché, una volta accortasi, si era momentaneamente persa. Almeno aveva recuperato in calcio d'angolo grazie al suo essere uscita di casa prima del tempo: aveva accuratamente programmato il suo viaggio da casa al centro commerciale ed infine aveva deciso di prepararsi con qualche decina di minuti d'anticipo.
    Una volta valicata la soglia dell'ingresso sud, si guardò attorno nel tentativo di capire se fosse stata la prima del gruppo ad arrivare o se, al contrario, le povere Hana e Nadeshiko la stavano aspettando da eoni. Per sua fortuna, la lunga chioma rosa di Nadeshiko funzionava da ottimo cartello segnaletico, anche più utile di quelli con i led. Appena riconobbe la ragazza, alzò le braccia e prese a correre più veloce che poteva per raggiungere la ragazza.
    «Oooooiiiii! Naaaadeeeeshiiiikoooo-saaaan!»
    Un imbarazzante uragano di energia.

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    ex-volleyball player


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    Hikaru Shiori Serizawa
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    Rivolta a: nessuno. | Luogo: primo piano.

    «... nonna.»
    Hikaru si avvicinò alla signora anziana che sembrava più addormentata che vigile, stravaccata su quel divano. Stava sprofondando in maniera tanto beata che sembrava che di lì a poco sarebbe caduta in un sonno profondo.
    «Nonna, io vado. Avvisa tu mamma che probabilmente non torno per pranzo, te lo ricordi?»
    «Eh? Il pranzo? Ma sono le 8 del mattino--»
    Hikaru sospirò sconsolata, ma scrollò le spalle e, dopo aver finito di abbottonare e sistemare la cintura del suo dress coat nero, si avvicinò alla nonna, intenta a guardare la tv con attenzione, come se perdere anche solo un dettaglio di quel drama potesse costarle la vita. Si chinò per lasciare un gentile bacio sulla fronte della nonna e, dopo averle sorriso, le sussurrò che sarebbe uscita di lì a momenti.
    Dopo aver controllato di avere tutto ciò che le serviva nella borsetta a tracolla bianca e tonda che ormai poggiava sul suo fianco sinistro, infilò gli stivaloni neri ed uscì dalla porta, non prima di aver raccattato le chiavi di casa dal piattino disponibile sul mobile d'ingresso.
    Per sicurezza decise di inviare un messaggio a sua madre: per quanto avesse avvisato la nonna, sapeva che più gli anni passavano, meno poteva fare affidamento sulla sua memoria (oltre che sul suo udito), perciò specificò che sarebbe uscita con una collega universitaria (cosa non vera, ma doveva nasconderle di star approfittando dei super saldi folli del Wonder Land Shopping Center per i regali di Natale, o sarebbe stata fin troppo antisgamo) e che non avrebbe fatto ritorno a casa per pranzo. Augurandole buon lavoro, accompagnato da uno sticker, bloccò il cellulare che fece scivolare all'interno della tasca destra del cappottone e, senza farsi remore, si diresse al centro commerciale, facendo mente locale di quel che doveva acquistare per quei pochi contatti umani che aveva. Sicuramente si sarebbe fatta in quattro pur di riuscire a comprare qualche giochino anche per i cani dello shelter in cui era solita fare volontariato.

    ***

    Finalmente era arrivata al centro commerciale: già in lontananza aveva potuto ammirare le decorazioni a led a forma di alberi di Natale che accoglievano alla calda atmosfera natalizia. Ormai si respirava profumo di Natale ovunque andasse, perciò lo trovava senza dubbio rigenerante. Dopo tante peripezie e una vita assolutamente monotona, le luminarie in mezzo alle strade e le decorazioni degli edifici rendevano l'insonne Tokyo ancor più speciale.
    Fece il suo ingresso dirigendosi per prima cosa verso il primo negozio d'abbigliamento che le si parò davanti agli occhi: voleva regalare un nuovo cappotto alla madre, che era da anni che non se ne comprava uno nuovo. L'aveva vista rinunciare fin troppe volte a quell'acquisto soltanto per assicurarsi che sua figlia avesse quello di cui aveva bisogno, ed era ciò che più impensieriva Hikaru. Al limite le avrebbe comprato anche qualcos'altro, ma per il momento doveva dare inizio all'urgente missione cappotto per mamma. Ora o mai più.

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    21 y.o
    majoring in marine biology
    part-time barmaid


    • • • • •


    Son Yun-ho
    386X9G2
    Rivolto a: nessuno. | Luogo: piano terra.

    Finalmente un giorno libero. Anzi no, "finalmente" un giorno libero. Il perché di quel poco entusiasmo era uno solo: il suo essere l'anti-sociale per eccellenza l'aveva portato a dedicare gli ultimi mesi solo ed esclusivamente al lavoro, affossando qualsivoglia pensiero, positivo o negativo che fosse, nell'unica certezza della sua vita. Era difficile che Yun-ho si godesse un po' di meritato riposo perché, dopo essersi dedicato così tanto alla realizzazione di una carriera lavorativa che potesse regalargli soddisfazioni, aveva completamente perso la voglia di pensare al tempo libero.
    Non esisteva il tempo libero, esisteva solo il tempo sprecato nella cattura di qualche ghoul. Ma vedendo come si stava sfinendo, aveva deciso che forse era il caso di darsi una pausa. E finalmente si era approfittato di quei giorni liberi di cui non aveva mai neanche pensato di usufruire. E il motivo era piuttosto semplice: si era svegliato alle 5 del mattino, abituato ad una rigidissima routine, e dopo aver realizzato che quella mattina non si sarebbe vestito per andare a lavoro, aveva fissato il soffitto per ore, nel tentativo di pensare a come avrebbe potuto impiegare quella giornata. "Dormendo" era stata l'unica risposta che era riuscito a darsi, dopotutto avrebbe potuto impiegare quelle ore di libertà dalle ronde o le scartoffie proprio per recuperare quella lunga lista di ore perse a fare straordinari. Eppure non era il tipo da dormire tutto il giorno: si era svegliato alle 5 del mattino proprio perché sapeva quanto poco incline al dormire fosse. Era una persona fin troppo vigile, probabilmente non dormiva sonni profondi da così tanto tempo che ormai aveva smesso di contare quanto ne fosse passato dall'ultima volta che aveva potuto dormire veramente come un bambino.
    Ma il messaggio che fece trillare il suo telefono, illuminandone lo schermò, lo destò da quella miriade di pensieri che parevano non avere alcuna fine. Quando guardò lo schermo quasi rabbrividì leggendo l'orario: aveva davvero passato più di due ore a tormentarsi su cos'avrebbe dovuto fare? A quanto pare era proprio così.
    Il suo sguardo poco dopo cadde dall'orario al pop-up del messaggio in bella vista, al quale accennò un vago sorriso. Era Yun-min.
    "Hyung, mi accompagni a fare i regali di Natale? Ci sono i super sal..."
    Ecco, quel vago contenuto, invece, non lo entusiasmò più di tanto. Adorava suo fratello, molto più di quanto dimostrassero le apparenze, ma quello equivaleva a dire visitare negozi gremiti di persone. E, come ben sapete, Yun-ho era l'anti-sociale per eccellenza. Ed anti-sociale era un modo carino per dire che odiava la folla.
    Tirò un sospiro appesantito, mettendosi seduto sul letto e sbloccando il cellulare: i caratteri coreani che invadevano lo schermo avevano un attimo destabilizzato l'uomo, ormai abituato a leggere e scrivere molto di più in giapponese che in coreano. Sforzandosi di leggere con attenzione il contenuto del messaggio, si lasciò andare ad un lungo sbadiglio, portandosi poi una mano alla testa per scostare la frangia arruffata.
    Parlava di super saldi. Per la precisione, i super saldi folli del Wonder Land Shopping Center. E super saldi in un enorme centro commerciale di domenica equivaleva a dire il triplo della gente che normalmente assaliva quei luoghi creati da Satana.
    "E' un incubo."
    Però la sua mente e ciò che aveva deciso di digitare nella chat con il fratello non erano collegati. Perché quel «certo, passo a prenderti in auto alle 9 in punto» era chiaramente il messaggio di chi voleva tentare di essere il più tranquillo ed amichevole possibile, anche se l'idea di tuffarsi a capofitto alla ricerca di regali era tutto ciò che l'avrebbe tenuto dentro le quattro mura della sua stanza al dormitorio. Ma non voleva deludere il fratello, con il quale non passava un po' di tempo da un po' perciò si fece coraggio e decise di farsi una bella doccia rigenerante, prima di passare a prendere il fratello.

    ***

    «Hyung» cinguettò Yun-min poco dopo essere arrivati al centro commerciale, che aveva ovviamente fatto morire ancor di più la voglia di trovarsi lì di Yun-ho, «sembra che tu sia pronto per assistere al funerale di qualcuno.»
    «Sarebbe stato più divertente.»
    Il sarcasmo di Yun-ho ghiacciò momentaneamente la situazione. Però Yun-min scoppiò a ridere dopo un bel minuto abbondante di quel silenzio fin troppo rumoroso, visto il vociare allegro che faceva da sottofondo assieme alle immancabili canzoni natalizie di Bublé.
    «Non scherzare, hyung!»
    "Oh no, sono serissimo."
    L'avrebbe detto volentieri, se solo non avesse avuto tutto quel buonsenso.
    Almeno quel quadretto poteva considerarsi divertente: lo sgargiante outfit di Yun-min, coloratissimo in maniera quasi estrema, faceva a pugni con la sobrietà da funerale di Yun-ho, che indossava solo capi d'abbigliamento neri. Un maglione a costine verticali, un pantalone a sigaretta, le scarpe lucide ed il cappottone lungo fino al ginocchio era tutto completamente nero, le uniche differenze si potevano notare in leggere variazioni di colore e dai tessuti dei singoli capi. Il che faceva ridere, perché insieme ai capelli assolutamente corvini, avevano assolutamente sbiancato ancor di più la pelle già chiara dell'investigatore.
    «Allora, dove vuoi andare?»
    «A prendere il tuo regalo, ciao!»
    ...
    ...
    ...
    "Ah."
    E fu così che il povero Yun-ho, già non particolarmente voglioso di trovarsi in mezzo a quella marmaglia, si ritrovò solo, a guardare la schiena del fratello allontanarsi. Beh, avrebbe fatto mente locale e, dopo aver preso un po' d'iniziativa, avrebbe approfittato anche lui per comprare qualcosa al fratellino. Con enorme probabilità, lo avrebbe riempito di regali, come ormai era solito fare.

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    ❖ Rivolto a: Kat (NPC) | Luogo: piano terra.

    Dal momento in cui erano usciti di casa, Kat non aveva lasciato la presa della sua mano. Il piccolo umano, normalmente calmo e impassibile anche di fronte a una situazione agli occhi di una persona normale raccapricciante, in quel momento la sua irrequietudine e timidezza erano glorificate, spaventato anche solo dalla semplice presenza di altre persone incrociate nel pianerottolo del loro condominio che a malapena avevano lanciato loro uno sguardo.
    Per essere poco più giovane del Signorino Soren, Kat sembrava ancora più piccolo dei quattordici anni che doveva avere, non solo per la sua esile e piccola corporatura ma anche per i suoi atteggiamenti quasi infantili per qualcuno della sua età. Tenuto lontano dal avere contatti con la normale società umana e cresciuto anche in una maniera che lo avrebbe protetto da influenze esterne, non c’era da stupirsi se fosse cresciuto in un modo così anomalo.
    Elke desiderava con tutto il cuore farlo andare a scuola, in una pubblica, come avevano fatto con lei per mantenere le apparenze e creare una presenza al di fuori di quella famiglia, ma il Signorino si era categoricamente rifiutato. A detta della donna stessa, era come se il ghoul fosse terrorizzato che l’umano diventasse più intelligente di lui. Perché in fondo lo era già, Kat era sempre stato un bambino sveglio che imparava velocemente.
    Ed Elke stessa, in segreto, faceva del suo meglio per istruirlo al meglio. Non solo nell’arte delle lame, ma anche come semplicemente sopravvivere in quella casa. Come lei, lo scrapper aveva ormai imparato a nemmeno sussultare durante le sfuriate di Soren. A rimanere in silenzio, come fosse una statua. A nascondere la propria intelligenza. Solo in questo modo si potevano evitare punizioni ben peggiori di quelle che inevitabilmente sarebbero toccate loro.
    Ed era stato proprio per questo motivo che aveva deciso di portare il ragazzino con sé, invece di lasciarlo a casa con un facilmente irritabile Soren. Non che ad Elke servisse veramente un aiutante per svolgere i propri compiti, sapevano tutti fosse capacissima di portarli a termine da sola. Ma Soren non aveva ribattuto, irritato già dal solo ascoltare quella stupida domanda. Se entrambi se ne fossero andati, beh, erano due scocciature in meno per lui. E non era ancora arrivato a quel punto in cui voleva sfogarsi su di loro, e per quello Elke ne fu grata. Era una piccola clemenza.
    Tanto Elke aveva la lista della spesa memorizzata, e Kat l’aveva trascritta per precauzione. Il regalo per il Signor Jorgen e quello di buon augurio per Madame de Lys erano stati già riservati in un costoso negozio di Ginza, per cui della lista mancavano quelli per i colleghi di Elke e i compagni e “amici” di scuola di Soren. Più altre piccole cose di poco conto. In lista Elke aveva aggiunto dei nuovi capi di abbigliamento per Kat, qualcosa a basso costo, vedendo che stavano iniziando a stargli un po’ stretti. Gli unici che gli calzavano perfettamente erano quelli per gli spettacoli.
    Comunque sia, tenendo conto del disagio che l’umano provava nei luoghi pubblici e anche per facilitare il trasporto degli acquisiti che dovevano fare, aveva ben deciso di prendere la loro auto invece di ripiegare su i mezzi pubblici. Il viaggio fu silenzioso, nemmeno la radio era stata accesa, ma non appena avevano messo piede nel garage sotterraneo del centro commerciale, le loro orecchie erano state già bombardate da quelle canzoni natalizie.
    Una volta aver parcheggiato ed essere scesi, Elke prese il suo zainetto nero dai sedili posteriori, per poi andare ad aggiustare il cappotto blu e il cappellino che stava indossando Kat. Davvero, non solo sembrava una bambina ma non dimostrava proprio la sua età, non in pochi lo avevano scambiato per un bambino delle elementari quelle poche volte che era uscito con lei. Nonostante fosse sicuramente più letale di tutti quei umani che quotidianamente li circondavano, gli spettacoli al Ristorante e le loro uscite di caccia bastavano per provarlo.
    Tenendolo sempre per mano, i due salirono dunque al piano terra dell’edificio grazie all’ascensore. L’odore di ghoul e di umano che si mescolavano punse immediatamente il naso della ghoul non appena le porte dell’ascensore si aprirono. Elke storse il naso, la maschera di finta irritazione che portava quotidianamente fuori dalle mura di casa già in volto, ma ben presto, a pochi passi fatti nella struttura, la sua attenzione fu catturata dallo strattonamento della manica del suo cappotto beige proprio da parte di Kat, che aveva puntato timidamente il dito a una caffetteria lì vicino, senza lasciare la presa.
    «Nee-san…» mormorò lui a voce bassa.
    «Katchen, vuoi qualcosa da mangiare?» gli chiese lei, spostando lo sguardo da lui alla caffetteria in questione con tutta l’intenzione di assecondarlo.
    Il ragazzino se lo meritava, un piccolo dolce da gustare, e quella sarebbe stato una sorta di premio per lui. Bastava non dirlo al signorino. In mezzo a tutta quella folla si stava comportando benissimo ed era anche vero che normalmente Soren dava lui ben poco. Probabilmente quella mattina non gli aveva nemmeno permesso di mangiare qualcosa.
    Con lo sguardo basso, Kat annuì alla sua domanda.
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    per chi vuole fare qualcosa con lei mi dica pure 👉👈


    Edited by alyë - 13/12/2021, 13:13
     
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    HANA DUNBAR
    ❖ Rivolto a: Nadeshiko e Shinobu | Luogo: ingresso sud

    Era sorpresa di aver mantenuto i contatti con le due ragazze, ma ne era felice: anche se ora a incontrarle nuovamente, non poteva che sentirsi agitata, e non sapeva bene perchè...per la prima volta poi era andata senza suo fratello, quindi stavolta nessun abbandono come succedeva spesso: ecco, forse si poteva dire che era emozionata. Emozionata ed agitata, si. Sua madre era rimasta stranita quando aveva detto che usciva con delle amiche al centro commerciale, e poi l'aveva abbracciata: sempre dicendole di avere un profilo basso, ma contenta che stesse finalmente facendo amicizia.
    Quella volta sembrava felice che non l'aiutasse a fare lo Yula Bread, con la ricetta di famiglia, diversa dall'originale per ovvi motivi, mentre il padre era già alla ricerca di un buon ceppo da bruciare alla vigilia per la Cailleach Nollaigh, ovvero la vecchia sposa del Natale. A casa sua certe tradizioni non potevano mancare.
    Era dovuta sgusciare via per non fare tardi: si era vestita come al solito, felpa oversize, ma colore carta da zucchero questa volta, e jeans neri. Si era dimenticata quanto fosse maledetto l'inverno per lei, i suoi occhiali si appannavano in continuazione! Sopratutto quando era entrata nel centro commerciale e il calore l'aveva investita come un treno.
    Non si era però tolta la giacca pesante e grigia che aveva addosso, così come non si era abbassata il cappuccio della felpa che aveva sopra al cappellino per aiutarla a schiacciarsi i capelli biondissimi.
    L'unica cosa che aveva fatto era slacciarsi la sciarpona rossa e aprirsi la giacca, guardandosi attorno: quanta gente! Non aveva idea quell'anno come sarebbe andato quel Natale, e quindi c'era nuovamente il problema dei regali... magari avrebbe trovato qualcosa mentre stava con le altre.
    Una piccola parte di lei temeva di non vederle, magari le avevano dato buca: no, doveva avere fiducia! Certo, ci sarebbe rimasta tremendamente male, ma non voleva già farsi prendere dall'agitazione.
    Così mosse i primi passi all'interno, spinta anche dalle persone che volevano entrare e aveva rischiato di inciampare più di una volta: non voleva ritrovarsi a cercare gli occhiali per mezzo pavimento del centro commerciale.
    Si guardò attorno, nel vedere le vetrine già decorate: quanto avrebbe voluto la sua macchina fotografica! Si era però imposta che non l'avrebbe usata, no, quel giorno doveva socializzare e stare con le sue amiche! Che poi...forse non stava esagerando? Loro magari non la consideravano tale ma solo una conoscente, forse doveva decisamente volare basso.
    Per Hana però, era bello pensare di avere delle amiche.
    Dopo buoni dieci minuti, in cui credeva di essersi già persa, alla fine le vide: non voleva però urlare, nè alzare la mano per fare cenno, temeva che poi l'avrebbero tutti adocchiata troppo, e doveva tenere un profilo basso.
    Se lo ripeteva come un mantra oramai, per quanto le stesse stretto.
    Cercando però di aumentare il passo, le raggiunse.
    «Ciao ragazze!»
    Fu istintivo, così come il timido cenno di saluto, e il sorriso: gli occhiali si appannarono di nuovo appena respirò appena in modo più profondo per tranquillizzarsi, e se li tolse cercando di pulirli con la felpa per fare presto.
    Altrimenti non avrebbe visto niente, per fortuna che da vicino ci vedeva!
    «Spero di non aver fatto tardi...» Sembrava però, che bene o male fossero arrivate tutte lì da poco, o almeno così sperava: non era mai stata per negozi con altre persone che non fossero suo fratello, o la sua famiglia in generale, non aveva avuto molte occasioni per fare quel tipo di attività.


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    FUYUKO ENAGA
    ❖ Rivolto a: Kyoko | Luogo: ingresso sud

    Era come essere tornata al parco giochi: tutto ciò che vedeva era pieno di luci, colori, tanta gente. Non sapeva proprio dove guardare, sembra letteralmente una bambina impazzita e felice, impaziente di entrare.
    Kyoko doveva averla vista che non era stata ferma un secondo, troppo elettrizzata: era davvero troppo felice di passare del tempo con lei, poteva dire di star facendo un'uscita tra amiche! Un'altra cosa da depennare nella lista!
    Appena si erano ritrovate davanti al centro commerciale, neanche il freddo sembrava voler fermare Fuyuko, che era rimasta a guardare impalata la struttura davanti a sè.
    «Wow»
    E questo per qualche minuto, davvero, più stava fuori, più si rendeva conto di cosa si era persa: così come si rendeva conto che un altro anno stava per terminare...il tempo stringeva sempre di più. Le si strinse quasi lo stomaco al sol pensarci, e temeva che un attacco d'ansia le potesse arrivare improvvisamente, ma cercò in tutti i modi di cancellare quel pensiero.
    Se aveva poco tempo ancora, doveva goderselo in tutto e per tutto: così si voltò verso la sua amica e le sorrise, strofinandosi le mani. Aveva una missione da compiere quella sera! Il suo obbiettivo era fare un regalo a Kyoko, senza che lei lo sapesse...o se ne accorgesse.
    Senza contare che doveva captare se c'era qualcosa che poteva piacerle, ci teneva a farle un regalo di Natale, almeno per farle avere un suo ricordo per dopo.
    «Andiamo forza!!»
    Era entusiasta come poche cose, ci mancava solo che saltasse dalla gioia, e si stava letteralmente trattenendo dal farlo: voleva vedere cosa ci fosse dentro, voleva captare lo spirito Natalizio che aveva visto in alcuni film!
    Così doveva chiamarsi, giusto? Circa...
    Inoltre non potevano restare al gelo, per quanto si fosse coperta con un cappotto molto lungo e azzurro, quindi facilmente riconoscibile anche da chilometri come i suoi capelli colorati. Fortunatamente era caldo, altrimenti il suo vestito non l'avrebbe di certo aiutata, decisamente non era abituata ad uscire anche di inverno se non per estrema necessità. Quindi il suo guardaroba in generale era un po' carente.
    «Sono troppo contenta, tu no??»
    solo lei era entusiasta come una bambina alla vigilia di Natale? Si, decisamente per certi versi poteva essere effettivamente un atteggiamento infantile ma genuino.

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    22 Y.O
    I'm living life day to day, It's never really easy but It's ok



    JADEN KAWAGUCHI
    ❖ Rivolto a: Kazuya | Luogo: ingresso sud

    Anche a lui toccava fare i regali di Natale, era quel periodo dell'anno però che gli permetteva di tornare in Irlanda da quella parte delle famiglia che preferiva: si rendeva sempre più conto che in Giappone non poteva realizzare molti dei suoi sogni, o comunque le persone sembravano decisamente poco avvezze a vivere la vita come lui preferiva.
    Forse si sentiva così sconfortato per colpa dell'ultimo ghoul che aveva mangiato, si decisamente gli era rimasto sullo stomaco e non sembrava una persona così felice.
    Aveva preso qualche regalo, era lì già da un po' a girare, ma lo sconforto era tornato, così aveva deciso di fermarsi per una pausa, magari un caffè lo avrebbe aiutato.
    Aveva poggiato le sue cose su una delle tre sedie al suo tavolo, sedendosi e ordinato il caffè, che era arrivato poco dopo: girava il cucchiaino svogliatamente e alla ricerca di qualcosa che gli portasse il buonumore.
    Forse qualcuno lo aveva ascoltato, perchè quando aveva alzato lo sguardo lo aveva visto: era proprio il suo amico!
    Dovette reprimere il formicolio dietro la schiena che sentiva, quasi come se volesse irrompere la sua voglia di mordicchiare ancora quella carne...ma no, ora lui era suo amico, gli amici non si mangiavano...circa.
    «Amico mio!!!»
    Aveva cercato di attirare la sua attenzione alzando la voce, accogliendolo con un gran sorriso e un saluto: oh, ci voleva proprio un incontro amichevole!
    L'ultima volta si erano divertiti così tanto a cantare insieme!
    «Chi non muore si rivede, eh?»
    Bruttissima scelta di parole, oltre che inopportuna...e poi erano in periodo pre-Natalizio, un po' di gioia di vivere!
    «Perchè non ti siedi vicino a me a bere il caffè??? Così mi fai compagnia!»
    Aveva indicato la sedia vuota accanto a lui, con un sorriso, anche se aveva la vaga impressione che l'altro non sarebbe stato tanto felice di vederlo...non poteva mica avercela con lui per quei due episodi? Andiamo...succedeva di avere qualche fraintendimento, succedeva tra amici!

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    Mamma mia! Here We go again!
     
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    RISA HASEGAWA
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    Rivolta a: Shiori | Luogo: Primo piano

    Quella mattina, Risa si svegliò presto dal “sano riposo” durato almeno 4 ore - comunque tantissimo per lei - e aveva passato i minuti post trauma-da-risveglio a guardare le notifiche del cellulare con gli occhi piccoli, tutta raggomitolata tra le coperte calde; Ryoga sembrava dormire tranquillo dentro il letto sotto al proprio, i nonni dovevano essersene andati a zonzo a spassarsela come al solito, e pure Nandino era silenzioso. Una mattina come tante, insomma. A parte una pubblicità sui social che annunciava l’inizio dei Super Saldi Folli del Wonder Land Shopping Center.
    Non era una novità, anzi era una ricorrenza annuale, ma effettivamente si disse di approfittarne: era riuscita a raccimolare qualcosina dalle sue consulenze, e avendo una vita sociale piuttosto piatta - a parte gli inviti di suo fratello - era riuscita a mettere da parte abbastanza soldi da poter anche solo pensare di fare un regalo di Natale per la mamma e uno per Ryoga; il pensiero di poterli rendere felici bastò a farla alzare dal letto fronteggiando il freddo senza paura, facendo però in silenzio per provare a non svegliare almeno Ryoga.
    Con un abbigliamento assolutamente nei suoi standard - quindi felpa oversize nera, jeans blu lunghi (unica stranezza, ma chi metteva i pantaloncini in inverno? Non lei, di sicuro), e le solite imitazioni delle Buffalo, nere - scrisse in fretta un post-it per suo fratello dove diceva “Sono uscita a fare una passeggiata, ci vediamo hehe”, mise su un cappotto bianco semplicissimo - regalo di Ryoga, intuibile dal colore non-nero - e una sciarpa, zainetto in spalla e il mondo fu suo.

    Doveva ammettere di essersi subito pentita di essere uscita di casa unicamente per la temperatura troppo fredda, ma le lucine di Natale le avevano restituito il poco buon umore perso nella traversata, e il calore del centro commerciale ne aggiunse in più persino. Era davvero pieno di gente lì, molti in compagnia, altri da soli, altri ancora si guardavano attorno spaesati, magari aspettando qualcuno. Per quanto la riguardava, non aveva una meta precisa: si sarebbe messa a guardare ogni negozio dai prezzi abbordabili alla ricerca dei due regali per la sua famiglia. No, ancora non sapeva cos’avrebbe scelto, ma decise di cominciare dall’abbigliamento, così una volta arrivata al primo piano dell’enorme struttura entrò nel primo negozio che vide e cominciò a guardarne gli abiti esposti, toccandone qualcuno per saggiarne la morbidezza (e guardare i cartellini dei prezzi). E fu lì che la vide: tra le file di vestiti, vicino ai cappotti, una ragazza più alta di lei, dai capelli tinti di verdeacqua e avvolta in un cappotto nero meravigliosamente femminile, con tanto di borsa bianca a spezzare il colore scuro. Risa fu più che sicura di aver visto quella persona, insomma, quel colore di tinta così particolare non lo si trovava tutti i giorni, ma finse disinvoltura e si avvicinò fingendo di guardare i cappotti anche lei, ma i suoi occhietti erano tutti per la giovane, dei quali riconobbe i tratti somatici: era Serizawa Hikaru, la ragazza che aveva conosciuto alla cena con delitto a cui aveva partecipato sotto invito di Ryoga, tempo prima. Hikaru aveva interpretato la parte di sua madre, le era simpatica, ma… Si sarebbe ricordata di lei? Beh… C’era un solo modo per scoprirlo.
    « Serizawa Hikaru-san? » la chiamò in tono non troppo alto, quasi timido, pronta a salutarla con la mano non appena si sarebbe voltata verso di lei « Sono Hasegawa Risa, ti ricordi di me? La cena con delitto ad Halloween… » si presentò buttando lì anche l’occasione nella quale si erano incontrate. Più di così, certamente non poteva fare.
    A parte sorridere, ma lì c’erano problemi logistici.

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    GHOUL
    NO HOPE, NO LOVE, NO GLORY, NO HAPPY ENDING

    *****


    TAKUTO ARAKAWA
    An1nOGv
    Rivolto a: Godzilla (nessuno) | Luogo: Piano terra

    Che Takuto fosse diventato un tipo piuttosto mattiniero non era una novità, gli piaceva molto svegliarsi presto, darsi una lavata e andare a fare colazione fuori, che poi a casa si sporca la cucina e mica andava bene, eh scusa. Dopo un assalto a Rucola che consisteva nel prenderla in braccio dal divano, sbatacchiarla come un bambolotto con piagnucolii come “Rucola oh mio dio!! Sei così bella ma come fai?!” ai quali ottenne delle forti fusa come responso corredate da sempre piagnucolii che però dicevano “Mamma mia ti amo!”, e dopo averle dato coccole, cibo e pulito la lettiera, passò a fare una doccia veloce, un’asciugata col phon giusto perché erano in inverno e non voleva avere trenta polmoniti in una, dunque si vestì con una camicia con colletto alla coreana, giacchetto di caldo cotone da sopra, pantaloni neri stretti, scarpe a punta di pelle opaca, un trench grigio dall’aria pesante, gigasciarpa, cappellino di lana; un bacino ad Haruki leggerissimo perché stava dormendo e via, fuori di casa, on the road con gli occhiali da sole nonostante il sole non proprio fortissimo, ma parliamoci chiaro: li avrebbe messi pure con la pioggia.
    Dunque, dove fare colazione? A Takuto piaceva cambiare sempre posto, provarne di nuovi, e un volantino dei Super Saldi Folli del Wonder Land Shopping Center a Toshima gli dette l’idea: perché non fare colazione al centro commerciale? Mannaggia, a saperlo avrebbe svegliato Haruki… Anzi no, poteva approfittarne per fargli un bel regalo! C’era di tutto lì dentro, qualcosa per quell’angelo del creato l’avrebbe trovato di sicuro, e sarebbe stato un segreto! Come un vero regalo!! Incredibile!!! A meno che Rucolina non avesse fatto la pazza subodorando la presenza di una nuova scatola aka nuovo letto per lei… A proposito di Rucolina, ma un bel regalo anche per lei? E’ Natale anche per i gatti, no? Dai, un collarino nuovo a Rucolina.

    Arrivato sul posto, si guardò intorno alla ricerca del suo posto per la colazione, e da lontano lo vide. Un miraggio tra la folla, altissimo, coloratissimo, fighissimo, tamarrissimo. Anche solo prima di pensare, prese il cellulare e ci fece una story con solo una sua mano che indicava davanti a sé e zoom crescente.
    « Fra ma quello è Godzilla!! » celebrò con tutto il gaudio possibile, quindi depose il cellulare nella tasca e s’incamminò con tutto l’entusiasmo del mondo verso l’area giochi dov’era allestito Godzilla.

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    RICERCATORE CCG
    LE GOMME MUOIONO LENTAMENTE PER COLPA DEI TUOI ERRORI
     
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    Nadeshiko Yagami
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    Rivolto a: Shinobu & Hana. | Luogo: ingresso sud.

    Per una come Nadeshiko l’attesa era di rado un problema; era il tipo di persona che sa godersi le pause, magari guardandosi intorno alla ricerca di dettagli sconosciuti e scorci nuovi. Tokyo era una città così ricca di stimoli, un vero parco giochi per una trottola iperattiva come lei: ogni strada era un potenziale palcoscenico per le sue esibizioni, ogni negozietto una possibilità di scovare oggetti carini da aggiungere alla sua collezione di ricordi della grande città, per non parlare della quantità di ispirazione che si poteva trarre persino poltrendo ad osservare il viavai di gente davanti alla statua di Hachiko.
    Nadeshiko non avrebbe mai superato la sua fase honeymoon nei confronti di Tokyo, e non c’era di che stupirsi considerando il contesto in cui era vissuta in relazione alla sua personalità. Finalmente aveva ciò che aveva sempre sognato, perciò se lo sarebbe goduto fino in fondo.
    L’attesa, in realtà, alla fine non fu affatto lunga. Erano passati neanche dieci minuti dal suo arrivo quando una voce acuta e cristallina chiamò il suo nome prolungando a dismisura le sillabe. Il volto di Nadeshiko fu illuminato da un sorriso carico di emozione ancor prima di individuare la direzione da cui proveniva il richiamo.
    Quando si voltò e riconobbe Shinobu, completamente in preda all’entusiasmo sollevò e agitò un braccio in un saluto molto poco discreto, dopodiché si incamminò con passo svelto verso di lei e appena possibile la abbracciò forte.
    Così, senza neanche chiedere. Una giapponese in piena regola, come testimoniato dal suo nome.
    «Shinobu-chan! È così bello rivederti, finalmente!» se non avesse avuto la forza di un fringuello, l’avrebbe stritolata. «Come stai? Entriamo dentro, non voglio farti prendere freddo.»
    Shinobu era poco più giovane di lei, ma Nadeshiko si sentiva in dovere di assicurarsi che né a lei né alla piccola Hana accadesse qualcosa. Insomma, era la più grande del gruppo! Peccato che non sapesse di avere a che fare con una futura Investigatrice e una ghoul, alla faccia dei suoi buoni propositi.
    «Quegli stivaletti sono adorabili, finisce sempre che mi innamoro dei tuoi vestiti! Sono così felice di fare shopping con te!»
    Eccolo, il Nadeshiko river pronto a esondare in chiacchiere interminabili. Ad evitare che Shinobu fosse subito sommersa fu il provvidenziale arrivo di Hana, che doveva essere arrivata per prima ed entrata per cercare riparo dal freddo.
    «Hana-chan!»
    Ancora una volta il volto di Nadeshiko sembrò rianimarsi, e ancora una volta si slanciò per abbracciare l’amica senza neanche ipotizzare di poterla mettere a disagio. Insomma, durante la giornata all’acquapark si erano spalmate la crema solare a vicenda sulla schiena e avevano passato tutto il giorno insieme, ormai erano amiche, no?
    «Come sei carina, Hana-chan! Come stai? Hai già fatto colazione?»
    Poteva sembrare una domanda un po’ stupida e fuori luogo, ma Hana era così piccola e gracile da scatenare gli istinti di crocerossina di Nadeshiko. Fortunatamente ebbe abbastanza sale in zucca da capire che non poteva tenersela tutta per sé, così si staccò per permettere a Shinobu di travolgerla col suo amore, com’era giusto che fosse.
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    Kazuya Shinkai Cheshire Cat
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    Rivolto a: Jaden. | Luogo: caffetteria.

    Superata una prima, ristretta folla accampatasi davanti all’ingresso sud come se fosse stato una barricata, Kazuya proseguì per qualche altro metro lungo la galleria del piano terra, lasciandosi abbagliare - letteralmente, in alcuni casi di vetrine più simili a fari - dalle decorazioni natalizie nonostante gli provocassero sempre un tuffo al cuore.
    Da bravo credente, seppure non praticante, Kazuya aveva sempre amato il Natale in ogni sua sfumatura, da quella frivola e consumistica a quella più privata e familiare; familiare era, per l’appunto, la parola chiave della sua mestizia: anche il Natale, come tutto, non era più stato lo stesso dopo la morte di Anja. L’inserimento di Hotaru in famiglia aveva reso quel periodo dell’anno più sopportabile, ma qualcosa sarebbe comunque mancato per sempre.
    Incupito da quei pensieri, Kazuya sbatté le palpebre rendendosi finalmente conto di quanto tempo avesse passato a fissare la vetrina di una libreria. Socchiuse gli occhi con stizza, quasi rimproverando il suo stesso riflesso. Doveva davvero darci un taglio con quella tendenza ad alienarsi inconsapevolmente, era stupido e pericoloso.
    Affondò di nuovo le mani nelle tasche del giubbotto e proseguì per la sua strada, compiendo uno slalom al limite del fluido tra una donna al telefono che usciva dalla libreria e un uomo dai capelli rossi che invece vi entrava.
    La meta si delineò alla sua sinistra dopo un tempo che gli parve infinito. Quanto diamine era lunga quella galleria? L’insegna non avrebbe potuto essere più esplicita: una figura di donna stilizzata in bianco su uno sfondo verde. Sempre il solito Starbucks, la catena di caffetterie che probabilmente aveva un negozio anche sulla cima dell’Everest. Avrebbe giusto preso un caffè, dopodiché si sarebbe lanciato nella caccia ai regali.
    Mai decisione fu tanto presa a cuor leggero quanto rimpianta successivamente.
    Appena entrato, l’idea di dare un’occhiata in giro non lo sfiorò neanche. Si appropinquò alla cassa con una certa dose di spensieratezza e ordinò un caffè. Perché mai avrebbe dovuto incontrare una delle pochissime persone che conosceva? Non usciva quasi mai di casa senza motivo, non aveva una vita sociale e, in generale, dubitava ci fosse qualcuno capace di gradire la sua presenza. Forse Hinata, boh…
    E invece.
    “Amico mio!!!”
    I tre punti esclamativi poteva sentirli tutti.
    Il mondo di Kazuya Shinkai era incredibilmente piccolo. E dire che, in quanto mezzo islandese residente in Giappone, la sua sarebbe dovuta essere una vita all’insegna del cosmopolitismo. Invece Tokyo sembrava regredire da megalopoli a villaggio quando lui usciva di casa, neanche fosse stato protagonista di uno shonen post-apocalittico in cui pochi sopravvissuti si contendono una città rasa al suolo da Godzilla, per rimanere in tema.
    “Perchè non ti siedi vicino a me a bere il caffè??? Così mi fai compagnia!”
    La faccia di Kazuya sarebbe potuta rientrare in una top three pictures taken before tragedy. Peccato che interiormente stesse tremando come una foglia, gli occhi sgranati e le labbra strette in un morso che avrebbe di certo lasciato il segno.
    Represse l’istinto di fare dietrofront e scappare a gambe levate, così come represse quello di nascondere con una mano la zona del collo che aveva avuto un tu-per-tu con la dentatura di quell’uomo. Perché continuava a perseguitarlo? Era possibile che lo seguisse?
    «Signorina?»
    Essere scambiato per una ragazza dal cassiere era attualmente l’ultimo dei suoi problemi. Deglutì, imponendosi di non attirare l’attenzione. Attirare l’attenzione quando sei un ghoul non è mai una buona idea, neanche quando il tuo quasi-assassino ti invita al suo tavolo per un innocuo caffè.
    «M-mi scusi…» sussurrò in risposta, affrettandosi poi a pagare il conto mentre un secondo cameriere preparava la sua ordinazione.
    Una volta che la bevanda calda fu stretta tra le sue mani, rigido come una stecca Kazuya si sedette al tavolo di Jaden, quanto più lontano possibile ma comunque troppo vicino per i suoi gusti.
    «… ammettilo che mi segui. Non è possibile che sia già la terza volta che ci incontriamo.» voleva suonare infastidito, magari minaccioso, ma la verità era che sembrava più un pulcino spaurito.
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    Everything has changed enough to make me almost cry


    Isaac R. Peregrine
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    Rivolto a: Takuto. | Luogo: il suo habitat naturale area bimbi.

    Sottobicchiere scaldatazza USB a forma di cupcake rigorosamente rosa, tazza automescolante per le mattine in cui si è troppo pigri per usare il cucchiaino, altoparlanti con effetto acqua colorata per ipnosi catartica, spazzola da doccia con microfono, tagliere a forma di Pusheen, cappuccio scaldamani a forma di unicorno arcobaleno, forchettone per spaghetti a forma di mostro marino… e queste erano solo alcune delle voci nell’elenco dei regali con cui Isaac intendeva tornare a casa! Naturalmente non tutti i regali erano delle fesserie inutili che devi assolutamente avere. C’erano anche desideri più o meno seri che Miyo aveva espresso da quando si erano trasferiti e di cui lui aveva segretamente preso nota, ad esempio uno stand nuovo per il suo violoncello, degli accappatoi coordinati e un cane. Ma quest’ultimo con calma.
    Ah già, in qualche modo doveva riuscire a non dimenticare l’ultimo punto della lista: uno scaldapiedi elettrico per i non-suoceri, che pur avendo un kotatsu sembravano sempre ad un passo dall’ibernazione. Poche cose al mondo sono terrificanti quanto sapere che i tuoi non-suoceri mummificati in una cella criogenica sono pronti a risvegliarsi e perseguitarti in qualunque momento, potenzialmente fino alla fine dei tuoi giorni.
    Passare le feste nella caserma Shinozaki era l’ultimo dei suoi desideri, ma toccava.
    Camminava con passo lento e molle, il naso ancora puntato verso il display dello smartphone su cui capeggiava la lista dei suoi acquisti completa di nome, locazione e orari d’apertura dei negozi in cui acquistarli; sì, quella lista era la perfetta rappresentazione della mente di Isaac: paranoica, maniaca del controllo e irrimediabilmente esaurita.
    La sua prima tappa sarebbe dovuta essere un negozio di articoli per la casa, aveva una caterva di roba da cercare lì dentro e probabilmente avrebbe passato un’ora intera a scavare nei box in cui venivano accatastati gli oggetti inutili che nessuno voleva. Nessuno tranne lui, che era un buongustaio.
    Ma commise un errore, per quanto inconsapevole: quello di passare davanti a una delle aree bimbi, devastata dalle grida di trottole alte neanche un metro che scorrazzavano senza logica, effetti sonori estremamente rumorosi di giocattoli alquanto scadenti e risate forzate di un poveraccio vestito da Babbo Natale che avrebbe voluto essere ovunque tranne lì-...
    Un costume da Babbo Natale. Doveva assolutamente aggiungere alla sua lista un costume da Babbo Natale! Sai che sfizio suonare alla porta di casa con un gigantesco sacco pieno di regali sulle spalle, voltarsi con la mossa caliente di Ricardo Milos e annunciarsi con un tamarro “Puedo solo cantar por ti”? Magari poteva evitare la parrucca bianca, chi mai avrebbe potuto vantarsi oltre Miyo di avere un personale Babbo Natale mezzo San Patrizio che parla in spagnolo? Geniale, assolutamente geniale. Tutto testa, lui.
    Ma il vero colpo di scena non erano le castronerie di Isaac, quanto il fatto che proprio lì, di qualunque coordinata geografica relativa al pianeta Terra, ci fosse qualcuno che parlava la sua lingua.
    “Fra ma quello è Godzilla!!”
    Godzilla?! Finalmente il naso di Isaac tornò ad indicare la direzione per cui il collo umano è per natura dritto. E lo vide. Altissimo, bellissimo, tamarrissimo: un albero di Natale a forma di Godzilla con tanto di cappellino rosso. Chissà se era in vendita.
    Attirato come Winnie the Pooh dal miele, Isaac si avventurò con un sorriso bambinesco verso l’area bimbi, fermandosi accanto a un uomo dai capelli di una tonalità fuori dal comune e parecchio vivace. L’aveva scorto con la coda dell’occhio poco prima, era lui ad aver urlato.
    «Fra» esclamò con entusiasmo, completamente partito per la tangente. «Fra, me la fai una foto con Godzilla?»
    Chiaramente nessuno gli aveva dato il permesso di rivolgersi in maniera tanto colloquiale ad un perfetto sconosciuto, ma le buone maniere non erano mai un’opzione davanti a qualcosa che attirava a tali livelli la sua attenzione.
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    ❀ Rivolto a: Ryuji | Luogo: Piano terra

    «Prima volta ai super saldi folli del Wonder Land! Sono pronta a combattere come nei film americani per una camicetta! Pew, pew!»
    «Oh no.»
    Disse piano, in maniera del tutto apatica. E chiuse instagram.
    Questo fu tutto il suo panico da timidezza.
    A parte che, insomma, pur essendo nello stesso posto incontrare Hokuto sarebbe stato più un miracolo che probabile. Il Wonder Land era immenso, si disse, e con i super saldi folli il numero di persone che si erano riversate in un unico posto era quasi ridicolo. Avevano, inoltre, cose migliori a cui pensare rispetto a rendersi conto un tizio come lui esisteva.
    Per il momento era ancora al sicuro dalle interazioni sociali.
    In realtà no, perché proprio non gli entrava in testa che ora era sia influencer che modello ed era automaticamente giusto un po' famoso.
    Aveva già preso il regalo per Seljeseth (ne aveva già presi dieci, in realtà, e il numero era solo destinato ad aumentare), quindi era lì solo per comprare i regali di cortesia. L’idea non lo faceva impazzire, non amava particolarmente quella parte della festa.
    Non tanto fare i regali, quello poteva pure piacergli, ma quella di impazzire girando per negozi.
    Per lui il Natale significava poter decorare gli omini di pan di zenzero nel loro piccolo villaggio di pan di zenzero, anche se poi andava tutto regalato ai vicini perché in casa non li mangiava nessuno, decorare l’albero e canticchiare pezzi di testo in norvegese mentre lavorara alle commissioni, così l’unico che ci capiva qualcosa era lui. Meno male.
    Vicino alle feste le sue commissioni esplodevano, quell’anno poi aveva avuto l’idea quasi suicida di fare i saldi natalizi. Il risultato era che aveva ricevuto così tante richieste aveva dovuto temporaneamente chiudere le commissioni, ma ogni minuto libero era buono per prendere il tablet e lavorarci su.
    Ogni minuto libero, inoltre, era buono per lavorare al compito gli avevano dato al corso di arti figurative. Insieme a quello di esercitarsi nel disegno e nella pittura anche durante le vacanze.
    L’idea era, quindi, di andare avanti con il suo progetto universitario. Giusto per rimandare al più possibile ogni contatto con la gente. E magari prendersi un caffè bollente più tardi. Perché poteva ammirare i dolci natalizi quanto voleva, ma il caffè rimaneva l’unica cosa che poteva permettersi senza ridursi lo stomaco a pezzi.
    I dolci natalizi, per quanto avessero un aspetto buono, erano destinati a essere solo disegnati.
    Fosse stato solo a dieta ci sarebbe stata meno disperazione.
    Bene, avrebbe dovuto rivedere i suoi piani, perché appena arrivato ai divanetti vicino a una delle aree giochi trovò qualcuno messo persino peggio di lui. Tipo che sembrava non volerne più sapere di tutto quello già da quel momento ed era... era ancora presto.
    Per un po’ gli venne il dubbio se sarebbe stato giusto rivolgergli la parola o, tipo, doveva ignorarlo e tirare dritto.
    Ma non gli sembrava una cosa carina da fare e quindi
    «Tutto bene?»
    “Ho dell’acqua—
    O forse no, Forse non aveva dell’acqua, ma poteva comprarla. C’erano qualcosa come cinquecento negozi lì, dell’acqua non doveva essere così difficile da trovare.
    E aveva un po' paura che a chiedere qualcosa come, boh, se poteva aiutare in qualche modo la risposta sarebbe stata tipo “sì, andandotene”.
    «Sembri distrutto.»
    Poteva anche, non lo sapeva, offrirgli un caffè? O qualsiasi altra cosa volesse. Se voleva solo che lo scocciatore se ne andava se ne andava eh.
    Per dire.
    Ghoul
    23 Y.O
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    Influencer/Modello


    Rosaliya Ilinichna Gzovskaya
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    ❀ Rivolta a: Yuya | Luogo: Piano terra

    Il suono dei tacchi dei suoi stivaletti che colpivano per terra, un rumore non esattamente ritmico e abbastanza forte da essere un fastidio, era diventato nulla una volta arrivati al Wonder Land. Impallidiva di fronte al volume delle canzoni di Natale e non aveva nulla da spartire con il vociare delle altre persone lì presenti. Quel rumore che solo un sacco di voci, che distinte avevano tutte un significato ma insieme era solo un brusio senza senso, potevano fare.
    A Roza piaceva perché, di base, trottola incapace di fermarsi com’era le piaceva tutto ciò che poteva essere un minimo caotico.
    Per l’occasione si era anche vestita super carina, ma con colori troppo vivaci. Yuya non avrebbe dovuto avere mezza paura di perderla, in pratica, perché Roza era una topolina distinguibile come un faro nella notte.
    Il suo vero talento, però, era come riuscisse a camminare all’indietro -in modo tale da guardare nel frattempo Yuya- senza andare contro niente e nessuno. Wow.
    «Nii-chan!»
    Disse con una voce e un sorriso fin troppo carini, tipo che capivi subito nella sua piccola testolina tinta di verde stava già tramando qualcosa.
    Di molto comprensibile, sia a Yuya che al mondo intero.
    Stava parlando dei super saldi folli da ormai una vita, almeno calcolato per come una diciassettenne vedeva lo scorrere del tempo, e la lista delle persone a cui voleva fare ALMENO un regalo arrivava a Plutone (che comunque era un pianeta).
    Ci teneva particolarmente e non ammetteva compromessi. Nella sua testa, infatti, in quel momento il suo atteggiamento doveva essere impassibile come quello di un generale.
    In realtà era quello di un’adolescente su di giri che avrebbe voluto vedere tutto, a cui manca effettivamente la consapevolezza che sarebbe stato leggermente impossibile. Ma era anche di fretta, perché aveva un sacco di regali da fare ed erano ancora tutti negli scaffali e ommioddio non potevano rendere felice la sua famiglia sugli scaffali!
    «Oggi dobbiamo essere carichi. Questa è una missione super importante, ma ce la possiamo fare! Basta rimanere uniti e non farsi distrar-»
    Troppo tardi.
    Lo sguardo smeraldino venne così calamitato che per un po’ Roza perse il suo naturale talento e andò a sbattere contro qualcuno, ma quasi perché nel dubbio decise di fermarsi.
    «MA QUELLO È GODZILLA!»
    Disse, indicandolo pure. Lo sguardo ad un passo dal luccicare per l’emozione e ci mancava solo si mettesse a saltellare sul posto.
    Insomma, non aveva nemmeno fatto in tempo a dire non si dovevano distrarre che si era distratta.
    «Lo andiamo a vedere, lo andiamo a vedere? … cioè--»
    E lì si schiarì la voce, perché qualcosa aveva fatto click durante il filo dei suoi ragionamenti e Roza era arrivata finalmente a una conclusione terribile. Si fermò un attimo, si schiarì un po’ la voce e usò un tono un po’ più serio.
    Alzò pure la testa, petto in fuori, come la donna in carriera che era.
    «Cioè, io purtroppo sono troppo grande per queste cose, ma se tu volessi vedere meglio Godzilla potremmo andarci insieme!»
    Che gesto cortese.
    Ti prego dì di sì.
    Ghoul
    17 Y.O
    Nezumi, Rank C
    Bikaku
    Studentessa


    Alister Onishi
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    ❀ Rivolto a: Nessuno | Luogo: Piano terra

    Il Natale era vicino e Alister era… era…
    beh, dire che era oberato di lavoro sarebbe stato un eufemismo. Le cose da fare erano davvero troppe, non parevano mai finire e questa cosa che i ghoul non andavano in vacanza sembrava un po’ illegale.
    Però se ci pensi anche mangiare carne umana è illegale e quindi.
    Giusto come ciliegina sulla torta, perché al peggio non c’era mai fine, l’ultima segnalazione di un ghoul era stata un buco nell’acqua. Nell’appartamento c’era solo un free-lancer che odiava la gente e il sole e aveva una chiara e fortissima dipendenza alla caffeina.
    Tutto qui.
    Il suo frigo era vuoto perché, come aveva detto ad Alister, non aveva fisicamente il tempo di fare una spesa decente e non si fidava di quella porcheria online. Disse chi lavorava online.
    Tanto era stato fatto, comunque, che alla fine tutto il lavoro per la CCG era stato fare la spesa al tizio perché sia Alister che il suo partner ne avevano un po’ pena. Oltre che spiegare alla signora della segnalazione che non c’erano problemi e il vicino era umano, infatti che per favore lo controllasse un po’ prima si ammazzasse di lavoro che non era il caso.
    Era stata molto comprensiva.
    Alister, quindi, considerava quel giorno libero assolutamente meritato. Una fortuna, poi, che fosse durante il periodo dei super saldi folli e potesse dedicare il giorno a comprare i regali per tutti.
    Di solito preparava i regali con un anticipo quasi assurdo, facendo ben attenzione a non dimenticare nessuno. Quell’anno, però, era giusto riuscito a compilare una lista quasi chilometrica.
    Primi della lista erano i suoi genitori, poi il resto dei suoi parenti, poi… gli altri suoi parenti e poi… gli altri altri suoi parenti? Ok, saltando gli Onishi che erano già tantissimi. Voleva fare un regalo anche ai compagni di squadra e anche ad alcuni altri membri della CCG con cui aveva fatto amicizia.
    Insomma, era meglio mettersi subito al lavoro.
    Sarebbe stata un sacco di roba a cui pensare, quindi era una fortuna Alister amasse il periodo natalizio e la sua parte preferita fosse proprio fare regali per tutti.
    Quel giorno era di ottimo umore.
    Beh, come in effetti la maggior parte dei giorni.
    Aveva anche intenzione di comprare qualcosa per sé, giusto per risolvere il grande problema che lo affliggeva da quando aveva fatto coming out: il suo armadio poteva essere strapieno di vestiti, ma non aveva mai nulla da mettersi.
    Persino quella volta, prima di uscire, aveva svuotato quasi l’intero armadio sul letto e alla fine aveva dovuto rimettere tutto in ordine quasi sconfitto.
    Avrebbe dovuto prendere delle nuove calze e gonne invernali, scarpe e magari qualche paio di orecchini. Forse dei nuovi trucchi, visto la sua palette preferita lo stava lasciando.
    Così, poi, alla prossima volta le lamentele sul non aver nulla da mettersi sarebbe state per mancanza di abbastanza abiti maschili. Era un loop.
    Comunque non ci voleva molto per capire quella sarebbe stata praticamente un’intera giornata di shopping. Non un problema, ci era andato da solo proprio perché molto consapevole sarebbe finita così.
    Quale migliore occasione di fare spese folli, come piaceva a lui, se non durante i super saldi folli?
    … il che gli fece anche pensare sarebbe stato meglio scegliere alla perfezione i regali per i genitori, magari se li stupiva con effetti speciali non si sarebbero chiesti quanto aveva speso in sole ventiquattr’ore.
    Era un piano.
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    21 Y.O
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    ❖ Rivolto a: Roza | Luogo: Piano terra

    La popolarità di “Yuya” in quell’ultimo anno era salita alle stelle, tra un film alle prime posizioni e altre attività di successo. Proprio là, a lato di un edificio che avevano appena passato, si poteva ammirare un cartellone pubblicitario con la sua faccia sopra. Beh, era proprio una bella foto, quello non poteva negarlo. Problema era che, tuttavia, quella riscoperta popolarità era un’arma a doppio taglio. In poche parole, andare in giro indisturbato era infinitamente più difficile.
    Fortuna che aveva ormai accumulato esperienza in questo campo.
    Il primo passo per rimanere nell’anonimato era un buon travestimento, qualcos adi normale, e per quello era sempre attrezzato. Parrucca marrone scuro, ciocche colorate perché si, un po’ di stile ci voleva sempre. Insomma, era un giovane alla moda. Il resto del suo abbigliamento non era poi niente di così speciale, una felpa nera pesante, dei jeans e un paio di sneaker. Ah, ovviamente non dimentichiamoci il suo inseparabile paio di occhiali da sole.
    Il secondo passo era l’atteggiamento che doveva tenere, fortunatamente il modo in cui si comportava “Yuya” rispetto a quello standard di “Tetsuya” era assai diverso. In fondo ce n’era di differenza tra un ragazzo alla mano, gentile e cortese, ed uno scorbutico e quasi chiassoso. Due mondi completamente diversi e quello valeva per ogni parte dell’io che caratterizzava Tetsuya stesso.
    A volte si perdeva lui stesso fra tutte quelle sfaccettature che nascondevano il suo vero io.
    In poche parole, in quel momento il suo modo di vestirsi e atteggiarsi era completamente opposto al solito che usava quando era Yuya, il modello e attore. Poi c’era anche Rosaliya, che con i suoi colori vivaci in contrapposto ai suoi più spenti, faceva da ulteriore contrasto. La ragazzina era proprio cresciuta in quelli mesi, era stato il suo primo pensiero quando era passato a prenderla quella mattina. Beh, più fisicamente che altro, ma progresso sempre era. Un giorno, forse, non l’avrebbe riconosciuta più.
    Le stava a qualche passo di distanza, le mani nelle tasche del suo capotto, seguendola con lo sguardo con attenzione affinché non andasse a combinare guai con il suo camminare all’indietro. Perché a quando pare Rosaliya non poteva fare a meno di mettersi in mostra così. E la adorava anche un po’ per quello. Ma non ditelo a nessuno, il fatto che abbia pensato ciò.
    Specialmente non a Rosaliya stessa.
    Se non fosse per il suo impeccabile controllo, sarebbe sicuramente inciampato a quel “nii-chan!” pronunciato dalla ragazza. Tetsuya sospirò, per poi lanciarle una occhiata di sbieco.
    In due potevano giocare a quel gioco anche se, tra l’altro, le aveva effettivamente concesso l’onore di chiamarlo a quel modo per quell’uscita. Avevano regali da acquistare! Indisturbati!
    Tetsuya, dunque, le sorrise raggiante, apprendo le braccia nella sua direzione «Cosa c’è, mia adorabile sorellina?».
    Ah, il perfetto siscon. Anche perché tutti sapevano che “Yuya” non avesse sorelle. Poi era solo per quella giornata anche perché, no, non era veramente un siscon. Scherziamo? Okay, che teneva a Rosaliya come fossero veramente fratelli (anche se in realtà dovevano essere tipo cugini di non ricorda quale grado lontano, ma questi sono solo dettagli) però, insomma, c’erano dei limiti alle assurdità!
    Il punto era che a lui non sfuggiva mai niente e qualunque cosa la ragazzina avesse pianificato, lui l’avrebbe fermata. Da bravo non-fratello maggiore.
    «Hai già qualche idea in men- attenta!» si interruppe con tutta l’intenzione di acchiapparla non appena l’aveva notata quasi andate a sbattere contro qualcuno.
    Ma Rosaliya, invece, si era semplicemente distratta oltre che fermata di botto, puntando a qualcosa. Dalla statua di Godzilla illuminata da luci natalizie che si trovava nel bel mezzo del piano terra.
    Facepalm.
    Alle successive parole della ragazza, Tetsuya incrociò le braccia al petto e alzò un sopracciglio, guardandola con un mezzo sorriso sornione. Perché ci credevano tutti che non volesse veramente farla la foto con Godzilla, certo. Perché era quasi una donna adulta e vaccinata, certamente.
    Ovvio.
    Ma nonostante ciò, andò comunque a prendere dalla tasca della giacca il suo cellulare, andando ad aprire la telecamera «Certo che voglio farla la foto, ma se non ti sbrighi la faccio da solo, sorellina adorata» le disse infine con tono saccente, avvicinandosi al kaiju con tutta l’intenzione di farsi un selfie con o senza di lei. Preferibilmente con lei, in realtà, non è che volesse farla veramente la foto.
    Insomma, in parole povere voleva farla contenta. E assecondarla.
    Regalo di natale anticipato, dunque.
    ghoul
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    bikaku
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    Edited by alyë - 16/12/2021, 01:49
     
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    TAKUTO ARAKAWA
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    Rivolto a: Power Ranger rosso Isaac | Luogo: Area bimbi

    Giunto davanti all’albero più bello del mondo al quale doveva ammettere di non aver mai pensato neanche lui - e questo è tutto dire - si fermò un momento a guardarlo.
    Sparava pure neve finta dalla bocca- era la cosa più bella del mondo. A chi era venuta in mente un’idea simile? E perché cacchio non aveva ancora un Nobel tra le mani?! Voleva il suo autografo sul pupazzo di Godzilla che avrebbe comprato di lì a poco per replicare il magnifico albero in casa, di dimensioni più ridotte ma non per sua volontà. Chissà come avrebbe reagito Haruki? Il suo adorato fratellino non aveva la mente eccentrica di Takuto, probabilmente sarebbe rimasto a guardare lui e il pupazzo con i festoni attorno con estrema perplessità; almeno non avrebbe chiamato il manicomio: Haruki gli voleva tanto bene e aveva imparato a convivere con il suo disagio allo stato purissimo.
    « Fra, me la fai una foto con Godzilla? » il filo dei suoi pensieri venne rotto da una voce giovane di fianco a lui, emozionata quanto lo era lui; voltandosi, Takuto vide un ragazzo dai capelli rossissimi, gli occhi chiari e assolutamente non a mandorla. Takuto si sentì come la gif del gatto al quale viene messo un fiore in testa e viene mentalmente sparato nell’Universo: un non-giapponese!! Qualcuno con cui poter fare qualcosa di incredibilmente intimo come darsi del tu senza aspettare sei mesi di conoscenza, wow!! Poi lo aveva chiamato “fra”, già quello era un ottimo biglietto da visita per quanto lo riguardava. Prima che potesse aggiungere altro, Takuto gli mise una mano sulla spalla fingendosi stupito.
    « Ma!! Ma sei tu! Power Ranger rosso!! » lo “riconobbe” ovviamente senza conoscerlo minimamente, completamente partito per la tangente tanto quanto il “Power Ranger” al suo fianco, al quale sorrise e dette qualche pacca.
    « No no fra, la foto ce la facciamo insieme! » e se lo prese a braccetto invadendo l’area bimbi a passo di marcia completamente incurante dei genitori perplessi e i bambini che invece si facevano gli affari loro. I bambini sono sempre i più saggi per certe cose, non c’è che dire.
    Dunque Power Ranger rosso e verde si misero in posa con Godzilla alle loro spalle, Takuto prese il cellulare e scattò diverse foto insieme allo sconosciuto: una normale, una entusiasta, una derp e una oscenamente mossa per simulare la paura e la corsa dal mostro alle loro spalle. Ovviamente la prima che pubblicò fu quella mossa, non senza chiedergli il contatto social così da poterlo taggare nelle stories.
    Anche oggi si è normali domani.

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    "Pensato"
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    LE GOMME MUOIONO LENTAMENTE PER COLPA DEI TUOI ERRORI
     
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    JADEN KAWAGUCHI
    ❖ Rivolto a: Kazuya | Luogo: ingresso sud

    Fu sinceramente contento di vedere che alla fine si era seduto, senza contare che sarebbe stato tremendamente scortese e non sarebbe stato molto felice di vederlo fare dietro front. Erano amici adesso, no? Non era un comportamento da fare.
    Per fortuna Kazuya si dimostrò più coraggioso e la cosa non potè che far gongolare Jaden, insomma, quanti potevano dire di essere diventati amici della propria cena?
    O meglio, ex cena.
    Si, ex.
    Ora erano amici.
    «Sei davvero uno spasso» Ai suoi occhi, il giovane ghoul sembrava tutto tranne che pericoloso, non lo reputava una vera minaccia, forse anche un po' per orgoglio visto come gli era sfuggito la prima volta, sia per arroganza e voglia ancora di sentirlo con due piedi in una scarpa.
    Ok...forse non era proprio un comportamento da amico, ma poteva migliorare, ne era certo! Sapeva distinguere gli amici dal cibo, e ora il ragazzo non rientrava più in quella categoria, lo aveva deciso, altrimenti non si sarebbe più divertito così.
    «Io credo sia destino! E poi di cosa ti preoccupi...siamo amici, giusto Quell'ultima parola fu sottolineata, come se non volesse dare all'altro possibilità di contraddirlo, anche perchè sennò ci sarebbe rimasto veramente male!
    «E comunque, non ti sto seguendo, come vedi sono in giro per gli acquisti di Natale prima di partire per le ferie...»
    Ora che ci pensava, non aveva il suo numero, dovevano rimediare assolutamente! Altrimenti come glieli faceva gli auguri se era fuori all'estero??

    «Parlato.»
    *Pensato*
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    Mamma mia! Here We go again!
     
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    Kyoko Ishikawa
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    ❖ Rivolto a: Fuyuko, accenni a Nadeshiko| Luogo: ingresso sud

    Kyoko e il freddo non andavano per niente d’accordo. Detestava vestirsi a strati e inzuppare i vestiti di sudore non appena uscita di casa ma detestava altrettanto il gelo che le penetrava fin dentro le ossa, perciò era costretta a infagottarsi per non morire assiderata. Avrebbe fatto volentieri a meno di uscire di quella mattina ma il dovere la chiamava: era tempo di shopping.
    Natale era alle porte e quest’anno Kyoko avrebbe dovuto comprare più regali del solito. Oltre ai regali per suo padre e Onigiri, adesso altre due persone erano parte integrante della vita di Kyoko: Alexandre e Fuyuko. Era felice di poter condividere la gioia natalizia con qualcuno, da quando i suoi rapporti con la famiglia si erano incrinati il Natale era diventato un giorno banale come un altro, solo con più lucine in giro. Ora invece, la ghoul aveva la possibilità di festeggiare con i suoi amici, com’era giusto che facesse, e per l’occasione non si sarebbe risparmiata dal fare loro un regalo. I saldi del Wonder Land Shopping Center cadevano a fagiolo, risparmiare era sempre cosa buona e giusta… peccato che anche Fuyuko avesse avuto la stessa idea.

    Quella mattina, Kyoko era in modalità “Shopping Natalizio”: maglione oversize rosso con pinguini natalizi da cui sbucava un dolcevita nero e un paio di pantaloni di simil-velluto verdi. A suo dire indossare i colori del Natale avrebbe reso l’esperienza ancora più immersiva.
    Al suo fianco, Fuyuko era regredita all’età di cinque anni, guardandosi intorno con gli occhi pieni di luce e meraviglia. Kyoko sorrise intenerita; accanto a Fuyuko si sentiva una sorella maggiore, pronta a guidare e proteggere la sua sorellina inesperta. Si sentì rinvigorita a quel pensiero e pensò che sarebbe stata proprio una brava sorella, se solo i suoi genitori non si fossero lasciati tanto presto.
    Entrare nel centro commerciale fu come passare dalla tundra ai tropici e Kyoko si pentì di aver indossato quel maglione enorme. Stupidi pinguini carini. Meno male che Fuyuko era lì con lei, la sua spensieratezza riusciva a non far pensare troppo la bionda.
    «Certo certo, dimmi da che negozio vuoi partire. Ma prima…»
    E tirò fuori il cellulare, aprendo la sua pagina Instagram. Kyoko, poco avvezza ai social se non per condividere le ultime notizie sui suoi idol preferiti, voleva fare un selfie per immortalare l’inizio di quella bella giornata con una foto. Se non che…
    “Prima volta ai super saldi folli del Wonder Land! Sono pronta a combattere come nei film americani per una camicetta! Pew, pew!”
    La prima storia che le capitò sottomano fu quella di Hokuto, una streamer giapponese che Kyoko teneva d’occhio da un po’. Era una ragazza tanto bella quanto vispa e simpatica, oltre che piena di talento, e Kyoko credeva che prima o poi questa sua versatilità sarebbe stata notata da quel agenzia. Inutile dire quanto avrebbe potuto vantarsi la bionda se questo fosse accaduto, dicendo al resto della community “Io seguivo Hokuto prima che fosse mainstream”.
    E Hokuto era lì. Al centro commerciale. All’ingresso sud. Da cui Kyoko e Fuyuko erano appena entrate. Che: sogno.
    La bionda rimase a bocca aperta, per poi guardarsi intorno spasmodicamente. Quando incontrò lo sguardo di Fuyuko, prese la ragazza per le spalle e le disse «Fuyuko, ho bisogno del tuo aiuto. Se vedi una bella ragazza dai lunghi capelli rosa, devi dirmelo, okay?»
    Più che una caccia ai regali, era diventata una caccia alla (futura) idol.
    Ghoul
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    Ginnasta
    Misty taste of moonshine, teardrop in my eyes


    Edited by Mayuyu - 20/12/2021, 17:26
     
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    I could be so much worse and I don't get enough credit for that.
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    RYUJI YAMAZAKI
    La notifica del tag sul proprio smartphone non era stata abbastanza da riscuoterlo da quel passeggero stato di torpore e catalessi in cui era sprofondato, e in cui avrebbe voluto rimanere per sempre.
    Ma c'era l'incubo dei regali di Natale ad impedirgli di dormire sonni tranquilli persino quando non stava effettivamente dormendo, figurarsi se fosse uscito di lì a mani vuote. Perdere così l'occasione dei saldi? Inammissibile.
    Senza contare che se si trattava di fare regali Ryuji era un autentico disastro. Non sapeva mai cosa fare e la maggior parte delle volte si trovava con le mani piene di cianfrusaglie che considerava inutili e che poi magari alla gente piacevano, ma lui era troppo piantato sulle sue convinzioni di non saper azzeccare i gusti altrui per realizzarlo.
    Avrebbe dovuto fare qualcosa ai suoi genitori? No, era fuori discussione. Forse per Ryusei e Ryusuke poteva sacrificarsi, e... Yui? Adesso che si erano visti avrebbe dovuto considerarla?
    Beh, alle ragazze piacevano quelle cose, però non è che stavano insieme. Manco sapeva se sarebbero usciti di nuovo.
    Sicuramente avrebbe cercato qualcosa per Ieyasu, ma cosa? Il sensei era una persona fin troppo poco materialista affinché avesse le idee chiare.
    "Tutto bene?" chiese di colpo la sua coscienza.
    Assolutamente no. Aveva la faccia di uno che se la passava ben-- un momento. Quella voce era stata un pelo troppo reale per essere la sua coscienza.
    Ryuji riabbassò pigramente il capo, trovandosi di fronte un... ragazzo? Biondo, occhi cerulei e uhm, wow, era carino, ma... cos'era quella nuova moda di importunare degli sconosciuti nel bel mezzo di un centro commerciale? Lo aveva visto succedere, tipo, dodici volte di fila solo quell'oggi, ma mai avrebbe pensato sarebbe capitato anche a lui.
    Ammesso che fosse uno sconosciuto perché, come dire, aveva un che di già visto. Oddio, non è che si conoscevano e lui se ne era dimenticato, vero? Suo malgrado, succedeva spesso.
    «Ci conosciamo?» prima reazione naturale.
    Probabilmente la risposta era no, ed era solo che Ryuji passava una quantità di tempo spropositata sui social, mentre il secondo era un influencer ed era probabile che lui avesse solo visto la sua faccia online. «Uh, nel caso ricordamelo perché hai una faccia familiare, ma non ho idea di chi tu sia.»
    SPEAKING TO:IARFHLAITH
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    Shinobu Hanyuu
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    Rivolta a: Nadeshiko & Hana | Luogo: ingresso sud - piano terra.

    Era stata colpita ed inglobata dal turbine Nadeshiko in un tempo brevissimo. Probabilmente la nuova amica aveva stabilito un nuovissimo record di assalto nel minor tempo possibile. Ma a Shinobu questo non risultava affatto imbarazzante, non la metteva affatto a disagio: conoscere qualcuno di così socievole ed energico, che parlasse la sua stessa lingua, era come un sogno divenuto realtà. Poteva evitare di trattenersi, una volta tanto.
    «La cosa è reciproca~» cinguettò felice la bionda, in risposta al caloroso saluto dell'altra ragazza, ricambiando prontamente il suo abbraccio. Era veramente un piacere poterla rivedere dopo così tanti mesi: era un peccato che non avessero più avuto così tanto tempo a disposzione per incontrarsi, ma gli impegni erano pur sempre impegni, e avevano potuto sopperire alla mancanza di un'uscita insieme tramite i social network, mantenendosi in contatto tra di loro.
    «Tutto bene grazie» continuò poco dopo, sciogliendo l'abbraccio e seguendola all'interno dell'enorme centro commerciale, che già solo a guardarlo metteva l'ansia di non riuscire ad esplorarlo tutto in una sola giornata. Fortuna che aveva tanta resistenza per poter sopperire alle lunghe passeggiate che si sarebbero fatte tra un negozio ed un altro. «Un po' spossata per via degli allenamenti, ultimamente ho deciso di frequentare la palestra con più regolarità, e le prime settimane mi hanno uccisa, ma tutto sommato mi sento come rinata! Quindi alla grande. Tu invece, come te la passi?»
    Il sorriso si fece più grande quando, dopo aver camminato e cercato per qualche manciata di minuti, finalmente adocchiarono Hana, alla quale andarono subito incontro. Avete presente la scena dell'incontro tra Alex il leone e Marty la zebra, nel primo film di Madagascar? Ecco, le vibes erano proprio le stesse. Uguali. Non era possibile sbagliarsi.
    Shinobu prese a correre, infatti, per raggiungere la loro amica nel più breve tempo possibile. Non avesse avuto gli stivaletti ai piedi, forse sarebbe stata anche più rapida.
    «Hana-chan~ Sono troppo contenta di rivederti, finalmente!» esclamò con imperturbabile entusiasmo, così colta dall'emozione che mancava solo che ballasse per esprimere tutta la sua genuina contentezza. Ma fortunatamente si trattenne, perché di fare figuracce appena arrivata, in mezzo ad una folla tanto enorme, non era proprio il caso. E poi voleva evitare di mettere in imbarazzo anche Nadeshiko e Hana, perlopiù quest'ultima, perciò ogni guizzo matto le fosse balenato in testa, sarebbe stato opportunamente sopperito, per assicurarsi una giornata priva di "voglio nascondermi per l'imbarazzo".
    Dopo che Nadeshiko ebbe finito con i suoi saluti, arrivò il momento di Shinobu di travolgere la sventurata Hana in un ulteriore abbraccio. Ragguardandosi dal non stringere troppo e non soffocarla, la strinse tra le sue braccia per qualche istante, per poi allontanarsi e darle un attimo di respiro. Era tutto fin troppo bello per lei, in quel momento, e doveva esprimere la sua gioia in qualche modo.
    «Ora che ci penso, in effetti ho un po' di fame.»
    Ecco, appunto. Sarebbe stata una buona occasione per rilassarsi un attimo prima di prendere d'assalto i negozi di abbigliamento. Era arrivato il momento di rifarsi il guardaroba! ... e magari fare qualche regalo, nel frattempo. I suoi fratellini avrebbero apprezzato se per Natale avesse portato con sé qualche pensiero, dopotutto.

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    ccg academy student
    ex-volleyball player


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    Hikaru Shiori Serizawa
    UOmBZlt
    Rivolta a: Risa | Luogo: negozio d'abbigliamento, primo piano.

    Essere riuscita ad entrare in quel negozio, sulle prime, le parve quasi un miracolo. La calca di gente che si era appostata di fronte alle vetrine per guardare che cos'avessero da offrire i vari negozi era a dir poco assurda, al punto che non seppe neanche come riuscì a scivolare tra le persone e superare i detector all'ingresso del negozio. Aveva letto dagli adesivi minuziosamente appiccicati al vetro, assieme alle decorazioni natalizie, che c'erano saldi fino al 70% sulla collezione invernale, quindi doveva approfittarsene subito.
    Immediatamente.
    Senza se e senza ma.
    Così, finalmente, si ritrovò a girovagare per le varie zone allestite, i vestiti messi bene in ordine ed esposti con estrema cura. Ordinati per colore e per taglia, per tipo di capo, per target... insomma, quel luogo aveva un'organizzazione più che perfetta, e ciò non fece che alleggerire la pressione che sentiva attanagliarle le spalle, rilassandone i muscoli... e anche l'espressione corrugata del viso, che fino a poco prima si era impadronita dei suoi connotati facciali, non permettendole neanche un po' di distendere i nervi. Se avesse continuato per quella strada, avrebbe sperimentato il prematuro arrivo delle rughe e fu inevitabile, in quel momento, pensare che magari fare un salto in un qualche negozio di cosmetici sarebbe stato una saggia scelta.
    Dopo aver girato i vari scomparti del negozio, superando la zona uomo ed arrivando finalmente alla zona donna, s'impose di cercare fin da subito il cappotto per sua madre, era entrata lì per quello dopotutto, e non avrebbe permesso a nessun altro capo di attirarla a sé ed allontanarla, di conseguenza, dal suo principale obiettivo. Niente distrazioni, perché quelle avrebbe finito per allungare il tempo in cui sarebbe dovuta rimanere in mezzo a quella gente. E da brava introversa qual era, le sue batterie sociali si scaricavano con una rapidità disarmante.
    Adocchiò uno di quei carrelli per vestiti circolari piuttosto alto, sul quale erano appese diverse varietà di cappotti, divisi opportunamente tra di loro. Quindi si avvicinò per poter dare una migliore occhiata: più che cappotti, dal tessuto sembravano essere più riconducibili alla definizione di blazer, e non era certo quello che stava cercando. Nella sua mente, l'idea era quella di comprarle un bel teddy coat caldo, possibilmente con colori il più neutri possibile, poiché sapeva bene come sua madre e i colori sgargianti non andassero d'accordo... oltre al fatto che doveva essere facilmente abbinabile. Guardandosi intorno, finalmente trovò qualche modello esposto in uno di quegli armadi a muro.
    Si avvicinò e cominciò a passare la mano sul capo, per capire quanto potesse essere morbido e caldo. Non sembrava male, assolutamente, così sperò di trovarne qualcuno che fosse beige, o comunque del colore più neutro che riuscisse a trovare: dopotutto, quello in primo piano era di un marrone fin troppo saturo, e non sembrava convincerla.
    La sua concentrazione, però, fu interrotta da una voce alle sue spalle. Dapprima fu sorpresa, e già si immaginava che una commessa fosse venuta a chiederle se avesse bisogno di una mano, ma, quando si voltò, la sua espressione cambiò radicalmente: dalla reincarnazione terrena del fastidio, gli occhi strabuzzarono appena si posarono su una figura che ci mise poco a riconoscere. La sua memoria non era affatto male e, dopo le parole altrui, ebbe la conferma: era Hasegawa Risa, una delle ragazze che conobbe alla cena con delitto l'anno prima. Interpretava il ruolo di sua figlia, non se lo poteva di certo scordare.
    «Oh, Risa-san, che coincidenza trovarti qui.»
    Davvero. Tokyo era una megapoli, non poteva aspettarsi di incontrare sempre le stesse persone, lo sapeva fin troppo bene. Eppure l'esempio di Hayato Kujo doveva essere molto più che esplicativo, considerate le innumerevoli volte che si erano imbattuti l'una nell'altro nel giro di un anno. Incontrare Risa proprio lì, proprio quel giorno, proprio durante una delle giornate possibilmente più affollate nella storia del Wonder Land Shopping Center, fu quanto di più inaspettato, piacevole e al contempo divertente che mai avrebbe immaginato.
    «E' passato un po' di tempo da quella volta, ma non mi sono scordata. Come stai? Tuo fratello... Ryoga-san, giusto? Come ve la passate?»
    Mai si sarebbe immaginata d'incontrarla nuovamente. Le possibilità c'erano, ma quanto potevano essere alte? Però era veramente contenta di poterla rivedere, alla cena con delitto, dopotutto, le aveva proprio fatto una buona impressione.

    «Parlato»
    "Pensato"
    HUMAN
    21 y.o
    majoring in marine biology
    part-time barmaid
     
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