[QUEST] 🎄 メリークリスマス – that’s Merry Christmas in Japanese! ❄️

[ROLE EVENTO 05] 12/12/2021 dalle 10:00 circa, soleggiato @Wonder Land Shopping Center

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  1. Yukari
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    Nadeshiko Yagami
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    Rivolto a: Shinobu & Hana. | Luogo: ingresso sud.

    Per una come Nadeshiko l’attesa era di rado un problema; era il tipo di persona che sa godersi le pause, magari guardandosi intorno alla ricerca di dettagli sconosciuti e scorci nuovi. Tokyo era una città così ricca di stimoli, un vero parco giochi per una trottola iperattiva come lei: ogni strada era un potenziale palcoscenico per le sue esibizioni, ogni negozietto una possibilità di scovare oggetti carini da aggiungere alla sua collezione di ricordi della grande città, per non parlare della quantità di ispirazione che si poteva trarre persino poltrendo ad osservare il viavai di gente davanti alla statua di Hachiko.
    Nadeshiko non avrebbe mai superato la sua fase honeymoon nei confronti di Tokyo, e non c’era di che stupirsi considerando il contesto in cui era vissuta in relazione alla sua personalità. Finalmente aveva ciò che aveva sempre sognato, perciò se lo sarebbe goduto fino in fondo.
    L’attesa, in realtà, alla fine non fu affatto lunga. Erano passati neanche dieci minuti dal suo arrivo quando una voce acuta e cristallina chiamò il suo nome prolungando a dismisura le sillabe. Il volto di Nadeshiko fu illuminato da un sorriso carico di emozione ancor prima di individuare la direzione da cui proveniva il richiamo.
    Quando si voltò e riconobbe Shinobu, completamente in preda all’entusiasmo sollevò e agitò un braccio in un saluto molto poco discreto, dopodiché si incamminò con passo svelto verso di lei e appena possibile la abbracciò forte.
    Così, senza neanche chiedere. Una giapponese in piena regola, come testimoniato dal suo nome.
    «Shinobu-chan! È così bello rivederti, finalmente!» se non avesse avuto la forza di un fringuello, l’avrebbe stritolata. «Come stai? Entriamo dentro, non voglio farti prendere freddo.»
    Shinobu era poco più giovane di lei, ma Nadeshiko si sentiva in dovere di assicurarsi che né a lei né alla piccola Hana accadesse qualcosa. Insomma, era la più grande del gruppo! Peccato che non sapesse di avere a che fare con una futura Investigatrice e una ghoul, alla faccia dei suoi buoni propositi.
    «Quegli stivaletti sono adorabili, finisce sempre che mi innamoro dei tuoi vestiti! Sono così felice di fare shopping con te!»
    Eccolo, il Nadeshiko river pronto a esondare in chiacchiere interminabili. Ad evitare che Shinobu fosse subito sommersa fu il provvidenziale arrivo di Hana, che doveva essere arrivata per prima ed entrata per cercare riparo dal freddo.
    «Hana-chan!»
    Ancora una volta il volto di Nadeshiko sembrò rianimarsi, e ancora una volta si slanciò per abbracciare l’amica senza neanche ipotizzare di poterla mettere a disagio. Insomma, durante la giornata all’acquapark si erano spalmate la crema solare a vicenda sulla schiena e avevano passato tutto il giorno insieme, ormai erano amiche, no?
    «Come sei carina, Hana-chan! Come stai? Hai già fatto colazione?»
    Poteva sembrare una domanda un po’ stupida e fuori luogo, ma Hana era così piccola e gracile da scatenare gli istinti di crocerossina di Nadeshiko. Fortunatamente ebbe abbastanza sale in zucca da capire che non poteva tenersela tutta per sé, così si staccò per permettere a Shinobu di travolgerla col suo amore, com’era giusto che fosse.
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    «Parlato.»
    "Pensato."
    HUMAN
    I'm not perfect, but I'm always myself


    Kazuya Shinkai Cheshire Cat
    xDTeaSf
    Rivolto a: Jaden. | Luogo: caffetteria.

    Superata una prima, ristretta folla accampatasi davanti all’ingresso sud come se fosse stato una barricata, Kazuya proseguì per qualche altro metro lungo la galleria del piano terra, lasciandosi abbagliare - letteralmente, in alcuni casi di vetrine più simili a fari - dalle decorazioni natalizie nonostante gli provocassero sempre un tuffo al cuore.
    Da bravo credente, seppure non praticante, Kazuya aveva sempre amato il Natale in ogni sua sfumatura, da quella frivola e consumistica a quella più privata e familiare; familiare era, per l’appunto, la parola chiave della sua mestizia: anche il Natale, come tutto, non era più stato lo stesso dopo la morte di Anja. L’inserimento di Hotaru in famiglia aveva reso quel periodo dell’anno più sopportabile, ma qualcosa sarebbe comunque mancato per sempre.
    Incupito da quei pensieri, Kazuya sbatté le palpebre rendendosi finalmente conto di quanto tempo avesse passato a fissare la vetrina di una libreria. Socchiuse gli occhi con stizza, quasi rimproverando il suo stesso riflesso. Doveva davvero darci un taglio con quella tendenza ad alienarsi inconsapevolmente, era stupido e pericoloso.
    Affondò di nuovo le mani nelle tasche del giubbotto e proseguì per la sua strada, compiendo uno slalom al limite del fluido tra una donna al telefono che usciva dalla libreria e un uomo dai capelli rossi che invece vi entrava.
    La meta si delineò alla sua sinistra dopo un tempo che gli parve infinito. Quanto diamine era lunga quella galleria? L’insegna non avrebbe potuto essere più esplicita: una figura di donna stilizzata in bianco su uno sfondo verde. Sempre il solito Starbucks, la catena di caffetterie che probabilmente aveva un negozio anche sulla cima dell’Everest. Avrebbe giusto preso un caffè, dopodiché si sarebbe lanciato nella caccia ai regali.
    Mai decisione fu tanto presa a cuor leggero quanto rimpianta successivamente.
    Appena entrato, l’idea di dare un’occhiata in giro non lo sfiorò neanche. Si appropinquò alla cassa con una certa dose di spensieratezza e ordinò un caffè. Perché mai avrebbe dovuto incontrare una delle pochissime persone che conosceva? Non usciva quasi mai di casa senza motivo, non aveva una vita sociale e, in generale, dubitava ci fosse qualcuno capace di gradire la sua presenza. Forse Hinata, boh…
    E invece.
    “Amico mio!!!”
    I tre punti esclamativi poteva sentirli tutti.
    Il mondo di Kazuya Shinkai era incredibilmente piccolo. E dire che, in quanto mezzo islandese residente in Giappone, la sua sarebbe dovuta essere una vita all’insegna del cosmopolitismo. Invece Tokyo sembrava regredire da megalopoli a villaggio quando lui usciva di casa, neanche fosse stato protagonista di uno shonen post-apocalittico in cui pochi sopravvissuti si contendono una città rasa al suolo da Godzilla, per rimanere in tema.
    “Perchè non ti siedi vicino a me a bere il caffè??? Così mi fai compagnia!”
    La faccia di Kazuya sarebbe potuta rientrare in una top three pictures taken before tragedy. Peccato che interiormente stesse tremando come una foglia, gli occhi sgranati e le labbra strette in un morso che avrebbe di certo lasciato il segno.
    Represse l’istinto di fare dietrofront e scappare a gambe levate, così come represse quello di nascondere con una mano la zona del collo che aveva avuto un tu-per-tu con la dentatura di quell’uomo. Perché continuava a perseguitarlo? Era possibile che lo seguisse?
    «Signorina?»
    Essere scambiato per una ragazza dal cassiere era attualmente l’ultimo dei suoi problemi. Deglutì, imponendosi di non attirare l’attenzione. Attirare l’attenzione quando sei un ghoul non è mai una buona idea, neanche quando il tuo quasi-assassino ti invita al suo tavolo per un innocuo caffè.
    «M-mi scusi…» sussurrò in risposta, affrettandosi poi a pagare il conto mentre un secondo cameriere preparava la sua ordinazione.
    Una volta che la bevanda calda fu stretta tra le sue mani, rigido come una stecca Kazuya si sedette al tavolo di Jaden, quanto più lontano possibile ma comunque troppo vicino per i suoi gusti.
    «… ammettilo che mi segui. Non è possibile che sia già la terza volta che ci incontriamo.» voleva suonare infastidito, magari minaccioso, ma la verità era che sembrava più un pulcino spaurito.
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    «Parlato.»
    "Pensato."
    GHOUL
    Everything has changed enough to make me almost cry


    Isaac R. Peregrine
    xDTeaSf
    Rivolto a: Takuto. | Luogo: il suo habitat naturale area bimbi.

    Sottobicchiere scaldatazza USB a forma di cupcake rigorosamente rosa, tazza automescolante per le mattine in cui si è troppo pigri per usare il cucchiaino, altoparlanti con effetto acqua colorata per ipnosi catartica, spazzola da doccia con microfono, tagliere a forma di Pusheen, cappuccio scaldamani a forma di unicorno arcobaleno, forchettone per spaghetti a forma di mostro marino… e queste erano solo alcune delle voci nell’elenco dei regali con cui Isaac intendeva tornare a casa! Naturalmente non tutti i regali erano delle fesserie inutili che devi assolutamente avere. C’erano anche desideri più o meno seri che Miyo aveva espresso da quando si erano trasferiti e di cui lui aveva segretamente preso nota, ad esempio uno stand nuovo per il suo violoncello, degli accappatoi coordinati e un cane. Ma quest’ultimo con calma.
    Ah già, in qualche modo doveva riuscire a non dimenticare l’ultimo punto della lista: uno scaldapiedi elettrico per i non-suoceri, che pur avendo un kotatsu sembravano sempre ad un passo dall’ibernazione. Poche cose al mondo sono terrificanti quanto sapere che i tuoi non-suoceri mummificati in una cella criogenica sono pronti a risvegliarsi e perseguitarti in qualunque momento, potenzialmente fino alla fine dei tuoi giorni.
    Passare le feste nella caserma Shinozaki era l’ultimo dei suoi desideri, ma toccava.
    Camminava con passo lento e molle, il naso ancora puntato verso il display dello smartphone su cui capeggiava la lista dei suoi acquisti completa di nome, locazione e orari d’apertura dei negozi in cui acquistarli; sì, quella lista era la perfetta rappresentazione della mente di Isaac: paranoica, maniaca del controllo e irrimediabilmente esaurita.
    La sua prima tappa sarebbe dovuta essere un negozio di articoli per la casa, aveva una caterva di roba da cercare lì dentro e probabilmente avrebbe passato un’ora intera a scavare nei box in cui venivano accatastati gli oggetti inutili che nessuno voleva. Nessuno tranne lui, che era un buongustaio.
    Ma commise un errore, per quanto inconsapevole: quello di passare davanti a una delle aree bimbi, devastata dalle grida di trottole alte neanche un metro che scorrazzavano senza logica, effetti sonori estremamente rumorosi di giocattoli alquanto scadenti e risate forzate di un poveraccio vestito da Babbo Natale che avrebbe voluto essere ovunque tranne lì-...
    Un costume da Babbo Natale. Doveva assolutamente aggiungere alla sua lista un costume da Babbo Natale! Sai che sfizio suonare alla porta di casa con un gigantesco sacco pieno di regali sulle spalle, voltarsi con la mossa caliente di Ricardo Milos e annunciarsi con un tamarro “Puedo solo cantar por ti”? Magari poteva evitare la parrucca bianca, chi mai avrebbe potuto vantarsi oltre Miyo di avere un personale Babbo Natale mezzo San Patrizio che parla in spagnolo? Geniale, assolutamente geniale. Tutto testa, lui.
    Ma il vero colpo di scena non erano le castronerie di Isaac, quanto il fatto che proprio lì, di qualunque coordinata geografica relativa al pianeta Terra, ci fosse qualcuno che parlava la sua lingua.
    “Fra ma quello è Godzilla!!”
    Godzilla?! Finalmente il naso di Isaac tornò ad indicare la direzione per cui il collo umano è per natura dritto. E lo vide. Altissimo, bellissimo, tamarrissimo: un albero di Natale a forma di Godzilla con tanto di cappellino rosso. Chissà se era in vendita.
    Attirato come Winnie the Pooh dal miele, Isaac si avventurò con un sorriso bambinesco verso l’area bimbi, fermandosi accanto a un uomo dai capelli di una tonalità fuori dal comune e parecchio vivace. L’aveva scorto con la coda dell’occhio poco prima, era lui ad aver urlato.
    «Fra» esclamò con entusiasmo, completamente partito per la tangente. «Fra, me la fai una foto con Godzilla?»
    Chiaramente nessuno gli aveva dato il permesso di rivolgersi in maniera tanto colloquiale ad un perfetto sconosciuto, ma le buone maniere non erano mai un’opzione davanti a qualcosa che attirava a tali livelli la sua attenzione.
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    «Parlato.»
    "Pensato."
    HUMAN
    Lose your faith in humanity to protect people’s innocence
     
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