[QUEST] 🎄 メリークリスマス – that’s Merry Christmas in Japanese! ❄️

[ROLE EVENTO 05] 12/12/2021 dalle 10:00 circa, soleggiato @Wonder Land Shopping Center

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    RISA HASEGAWA
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    Rivolta a: Shiori | Luogo: Primo piano, negozio di abbigliamento

    La giovane sembrava piuttosto assorta dalla sua spietata ricerca, e Risa non si sorprese nel vederla sobbalzare lievemente: insomma, l’aveva chiamata dal nulla, non c’era niente di più normale di quello; una cosa che invece la sorprese (piacevolmente) fu il suo cambio di espressione: dall’evidente fastidio - chissà cosa stava pensando? - passò alla sorpresa non appena si scambiarono il primo sguardo, e sembrò riconoscerla. Certo erano vestite in maniera particolare quella sera nella quale si erano conosciute, ma Risa era sempre stata la tipa della quale il 90% delle volte non ci si accorgeva - quello che spiccava era Ryoga: bellissimo, biondo, dalla bella personalità intrattenente; Risa al massimo poteva essere un soprammobile carino ma insipido - e non si aspettava di essere rimasta impressa nella memoria di nessuno. E invece Hikaru sembrò riconoscerla prima che Risa potesse presentarsi e ricordarle quando si erano viste. Risa era sinceramente tanto felice, riuscì ad accennarle un sorriso.
    « Oh, Risa-san, che coincidenza trovarti qui. » la salutò dunque Hikaru, e in effetti aveva ragione: in più di un anno non le era capitato di rivedere nessuno di conosciuto in quell’occasione se non Evelyn, ma Evelyn era amica di Ryoga, quindi era giusto escluderla dalla categoria; fu contenta di aver incontrato Hikaru, l’avrebbe senz’altro scritto a Ryoga poi. E a proposito dell’adorato fratello, Hikaru chiese anche di lui, senza dimenticare di confermarle di non essersi dimenticata né di lei né di suo fratello. Risa era ancora più felice, il sorriso si allargò appena di più.
    « Sì, Ryoga. » le confermò annuendo appena col capo « Tutto bene, solita vita. Tu invece come stai? Spero di non averti disturbata, ma ti ho riconosciuta e mi sembrava carino salutarti, ecco. » buttò lì, giocherellando con un ricciolo basso della capigliatura, arrotolandolo attorno al dito per scaricare lo stress: la parte negativa dell’essere senza Ryoga era quella del dover provvedere da sola alle relazioni sociali; non che le temesse, non era spaventata dalle persone o cose simili, semplicemente aveva cominciato pian piano a disabituarsi all’avere a che fare con persone che già non conoscesse bene, quindi temeva di fare brutte figure o di mettere a disagio l’altra persona. Ad ogni modo non si pentì di aver richiamato l’attenzione di Hikaru: non c’era metodo migliore di vincere quella sorta di pigrizia se non rimboccandosi le maniche, no? O qualcosa del genere, ecco. E poi due chiacchiere non hanno mai ucciso nessuno.

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    HANA DUNBAR
    ❖ Rivolto a: Nadeshiko e Shinobu | Luogo: ingresso sud

    Sembravano entrambe felice di vederla, e questa consapevolezza le fece bene: era felice e più a suo agio nel sentirsi la benvenuta, anche se doveva ancora abituarsi a tutto quell'entusiasmo, ma volentieri si sarebbe fatta contagiare...doveva avere solo un po' di tempo.
    All'abbraccio di Nadeshiko infatti si era inizialmente irrigidita, per la sorpresa, ma cercando di raccogliere tutto il suo caldo spirito scozzese (circa), cercò di sciogliersi ed essere più accogliente, e anche se un po' titubante, ricambiò l'abbraccio. Poteva farcela, lei si ripeteva di essere meno timida di quel che tutti credevano, forse.
    L'odore di Nadeshiko però l'era arrivata dritto al cervello, e ora capiva perchè era così difficile stare accanto agli umani, aveva un odore buonissimo! Ma non avrebbe mai fatto nulla, le due ragazze erano sue amiche, o almeno avrebbe voluto che lo fossero per davvero, stringendo un profondo legame, anche per questo voleva che quell'uscita con le due ragazze andasse bene.
    «Oh si...grazie...mia madre ci ha rimpinzato di yula bread---» Poi si rese conto che nessuno a parte lei e gli scozzesi sapessero cosa fosse e un po' si sentì stupida. «...è una cosa tipica della mia famiglia...perchè sono scozzesi» Si sentì ancora più stupida ad aver specificato, e sebbene forse i più tradizionalisti avrebbero permesso di mangiarlo solo durante i giorni di Natale, i suoi alla fine lo mangiavano durante tutto il periodo, e poi era diverso da quello umanamente e universalmente conosciuto; un umano non avrebbe mai potuto mangiarlo...ora che ci pensava, forse però poteva chiedere a sua madre di preparare la versione per umani e portarla un po' a Nadeshiko e Shinobu. Non aveva idea però di come sarebbe uscito.
    E poi non voleva stare male per il cibo umano, voleva godersi appieno quella giornata.
    Un altro tornado di energia arrivò con Shinobu, che l'abbraccio: mamma mia quanti abbracci! Non era decisamente abituata, ma anche con lei si sforzò di ricambiare quell'abbraccio, anche se ora temeva sarebbe diventata un peperone per l'imbarazzo. Lei voleva dimostrarsi decisamente più spavalda.
    Così come era arrivato l'abbraccio di Shinobu, così era arrivato un altro buon profumo: aveva delle amiche davvero con un buon odore...sperava che nessun ghoul si avvicinasse mai a loro. Se non fosse stata così debole tra i ghoul della sua famiglia, avrebbe potuto proteggere anche loro! Di certo, Hana non avrebbe mai voluto che fosse fatto del male a loro due, anche se inevitabilmente si era chiesta se loro avessero fatto lo stesso, semmai un giorno avessero scoperto della sua natura.
    Non voleva pensarci: quei pensieri avrebbero fatto rabbrividire la sua famiglia, che continuava ad intimarle di volare basso, di non farsi notare.
    «Volendo possiamo andare ad una caffetteria...io ho mangiato a casa appunto, ma posso sempre farvi compagnia con un caffè» Ecco, quello poteva farlo, ma di mangiare, decisamente non se ne parlava per lei!
    Appena poi si erano separate, Hana istintivamente affondò le mani nella felpa: fu quasi un riflesso incondizionato, un po' per mascherare l'ansia.
    «Avete...già qualche negozio che volete vedere?» Lei di shopping non capiva proprio niente, nè si sentiva a suo agio, però voleva dare una possibilità a quella nuova situazione , quindi decise che non si sarebbe tirata indietro! Di certo, le sue due amiche ne sapevano molto più di lei, si sarebbe affidata a loro!


    «Parlato.»
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    FUYUKO ENAGA
    ❖ Rivolto a: Kyoko, accenni a Nadeshiko | Luogo: ingresso sud

    Appena Kyoko le prese le spalle, capì che doveva essere una cosa seria: ascoltò attentamente ciò che le disse e sentì il cuore in gola. La sua amica stava chiedendo il suo aiuto! Era un'occasione unica, non poteva deluderla!
    «Va bene! Terrò gli occhi ben aperti!»
    Voleva assolutamente aiutarla, e voleva vederla felice! Non aveva idea che la persona che cercavano era proprio nelle vicinanze! Era così entusiasta che avesse chiesto il suo aiuto, sentiva che finalmente si stava facendo dei veri amici...perchè ad un amico chiedevi aiuto, non importava il tipo di missione e Fuyuko voleva assolutamente esserle d'aiuto, voleva essere una brava amica!
    «Se la vedo, la placco?»
    Ok, forse non doveva placcarla, ma non voleva neanche farla scappare se Kyoko ci teneva...loro due si sarebbero incontrate, così la testa di Fuyuko aveva deciso! O quanto meno, ci avrebbe provato, e si sarebbe impegnata al massimo.
    Le sembrò quindi, giusto chiedere come dovesse comportarsi in caso avesse avvistato la bella ragazza dai lunghi capelli rosa! «È un'altra tua amica??»
    I suoi occhi si illuminarono alla sola idea, significava conoscere nuove persone, poteva fare una nuova amicizia! Già tutta quella situazione era un sogno per lei, finalmente per una volta si sentiva davvero normale grazie a Kyoko, poteva comportarsi come una ragazza della sua età, a fare shopping con un'amica! Non aveva idea di quanto quel giorno fosse importante per lei, così come quando erano andate a prendere il famoso costume da bagno!
    Erano sempre emozioni nuove per lei.
    «Come si chiama?? Magari se la vedo e urlo il suo nome si volterà!» Poteva essere una buona idea in effetti, sempre meglio che placcarla davanti a tante persone!
    Iniziava a sentire caldo anche lei, motivo per cui pensò bene di aprire il cappotto per un po' di fresco, ed effettivamente forse si era vestita male per l'occasione, ma non essendo abituata ad uscire di casa, non sapeva mai come vestirsi... quindi si era messo un vestito forse non propriamente invernale, ma grazie al caldo del centro commerciale non avrebbe avuto alcun problema.

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    I'm living life day to day, It's never really easy but It's ok
     
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    Nadeshiko Yagami
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    Rivolto a: Shinobu & Hana. | Luogo: ingresso sud.

    «Ecco perché avevo l’impressione che fossi più slanciata, è l’effetto della palestra!»
    Nadeshiko aveva un occhio di falco per queste cose, non solo perché era molto attenta al fattore estetico, ma anche perché amava osservare le persone a cui voleva bene. Le infondeva pace e serenità, ma si guardava bene dal confessarlo per paura di mettere ansia; insomma, non a tutti piace essere troppo al centro dell’attenzione, indipendentemente dalle intenzioni di chi ti fissa.
    «Io mi preparo a tornare nella mia nooooiosissima città natale, in mezzo alla nebbia e alle caprette. Uniche note positive: mammina e papino e soprattutto il cibo fatto in casa!»
    Nonostante il discorso fosse nato da un sospiro afflitto, il tono di Nadeshiko si era gradualmente sollevato fino a sfiorare l’entusiasmo sulle battute finali. Shinobu non poteva sapere quanto disastrosa fosse la sua dieta, spesso composta da cibo precotto e prodotti dietetici per limitare i danni. Tra il pochissimo spazio della sua stanzetta e la ristrettezza economica, Nadeshiko non se la passava affatto bene come voleva far credere.
    Ma il discorso fu presto accantonato per una cosa decisamente più importante: la riunione con la piccola Hana, rigida e goffa tra le braccia di Nadeshiko come se non fosse stata abituata alle calorose dimostrazioni d’affetto. Non che Nadeshiko si aspettasse qualcosa di diverso, purtroppo secondo la cultura giapponese erano lei e Shinobu quelle strane, a tratti addirittura inopportune. Perciò era tanto felice di averle conosciute, perché l’una era come lei e l’altra non si scandalizzava più di tanto.
    Con le dovute limitazioni dettate dal buon senso, Nadeshiko si sentiva libera di poter essere se stessa.
    «Yula bread?» ripeté, ottenendo subito una spiegazione che la fece sorridere. «Quindi sei scozzese! Avevo immaginato che avessi origini straniere, dev’essere bellissimo! Adesso però sono un sacco curiosa riguardo questo yula bread. Ti chiederei la ricetta se sapessi cucinare, ops.» fece spallucce, avanzando il sorriso colpevole di chi aveva sempre avuto voti bassi in economia domestica.
    Annuì con entusiasmo e un convinto «Hm-hm! Certo, dobbiamo essere in forze per fronteggiare il tour de force di oggi! Ci sono così tanti negozi che vorrei visitare che temo non ci basterà una giornata sola.» alla proposta di Hana di saziare il languorino di Shinobu prima di dedicarsi allo shopping, per poi prendere entrambe a braccetto, ciascuna da un lato, e avviarsi verso la prima caffetteria che avvistò: uno Starbucks presso cui, all’insaputa di Nadeshiko, una bomba sembrava sul punto di scoppiare.
    Naturalmente era stata abbastanza rumorosa da attirare l’attenzione, tipico di Nadeshiko.
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    «Parlato.»
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    Kazuya Shinkai Cheshire Cat
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    Rivolto a: Jaden. | Luogo: caffetteria.

    “Sei davvero uno spasso”
    “E tu sei davvero svitato.” benché solo pensato, il commento piccato di Kazuya era perfettamente leggibile nell’espressione: i lineamenti induriti e contratti, le labbra serrate in una linea dritta, le sopracciglia aggrottate sulla fronte corrugata, gli occhi azzurri socchiusi in schegge velenose. Non avrebbe fatto paura neanche a un bambino, tutt’al più avrebbero potuto scambiarlo per la fidanzata irritata del bell’uomo con cui condivideva il tavolo. Un’eventualità che, naturalmente, lo avrebbe mandato su tutte le furie.
    Sebbene si presentasse con modi di fare affabili e fascino da vendere, Jaden Kawaguchi non aveva un briciolo di sanità mentale nel cervello. Kazuya lo aveva imparato a proprie spese. Era stato fortunato a sfuggirgli per ben due volte - una fortuna che dubitava qualsiasi altra delle sue vittime avesse avuto -, non intendeva giocare col fuoco per la terza volta.
    Rigido come una stecca, tirò le cinghie dello zaino in modo che non scivolassero dalla spalliera. Non intendeva trattenersi più di un minuto o due, anzi non si sarebbe trattenuto affatto se non si fossero trovati in mezzo a uno stuolo di esseri umani col potere di chiamare la CCG alla prima nota stonata. Jaden lo aveva messo in trappola per la terza volta consecutiva. Forse, però, trovarsi in un ambiente pregno di pericoli per un ghoul avrebbe potuto giocare anche a favore di Kazuya.
    Mandò giù un primo sorso di caffè, la gola pervasa da un sapore amaro riconducibile tanto alla mancanza di zucchero quanto all’assurdità di cosa stava sentendo. Jaden era davvero convinto di essere suo amico, era davvero convinto che, dopo averlo aggredito, ferito e traumatizzato per ben due volte, tra loro potesse essersi creato un legame non fatto di genuini odio e rancore. Era senz’altro vero che Kazuya non avesse amici, ma non era tanto disperato da appoggiarsi a una persona del genere.
    Non senza che un brivido di paura gli risalisse la schiena, si allungò verso il centro del tavolo per ribattere sottovoce: «Allora ho una breaking news per te, Jaden. Un amico non cerca di sbranarti e non ti costringe a ballare e cantare sui cadaveri.»
    Avere le zanne di quell’individuo a pochi centimetri dal viso gli metteva addosso una fortissima ansia, ma quante probabilità c’erano che Jaden lo aggredisse lì, con così tanti testimoni? Troppo poche per privarsi del piacere di rispondergli a tono. Kazuya era consapevole di non fare paura a nessuno, ma non per questo avrebbe permesso a chiunque di umiliarlo. Era dura la vita di quelli come lui nell’ambiente predatorio dei ghoul, per non farsi schiacciare era necessario imparare sin da subito a tirare fuori gli artigli e quali strategie adottare quando si è faccia a faccia con il proverbiale pesce più grande.
    Dopo quell’audace presa di posizione tornò a sedersi, ancora legnoso nei movimenti ma tentando comunque di darsi un tono.
    «Se vuoi essere mio amico comportati come una persona normale, e se vuoi vedere un musical invitami al cinema, al karaoke o in un arcade per giocare a Just Dance, non lo so. Anzi, non farlo proprio. Sono una pessima persona, dovresti starmi alla larga.» mentì, prima di mandar giù un altro sorso di caffè e appoggiare in maniera scocciata la guancia sinistra nel palmo della mano.
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    Isaac R. Peregrine
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    Rivolto a: Takuto. | Luogo: il suo habitat naturale area bimbi.

    “Ma!! Ma sei tu! Power Ranger rosso!!”
    «Proprio io, Power Ranger verde! Sono sopravvissuto.» la risposta a bruciapelo fu seguita da una strizzata d’occhio, perfettamente in character per il personaggio spocchioso che tutti devono amare solo perché vestito di rosso e quindi protagonista.
    Idiota 1 si era finalmente riunito con Idiota 2, o in gergo tecnico il Power Ranger rosso si era finalmente riunito col Power Ranger verde. Serviva una massiccia dose di genialità, di quel tipo di genialità che sconfinava nella stupidità, per non perdersi in uno scambio di battute privo di logica tra due individui che sembravano conoscersi da abbastanza tempo da aver maturato un proprio modo di comunicare, dandosi addirittura del tu e usando nomignoli.
    Una persona normale sarebbe scappata a gambe levate alla prima mancanza di rispetto per lo spazio personale da parte del Power Ranger verde, invece Isaac era entusiasta come un bambino che dopo un lungo anno in città torna per i mesi estivi nella casa di campagna dove ritrova un caro amico. Era davvero sorpreso e contento di essersi finalmente imbattuto in un giapponese che non sembrasse la versione antropomorfa del Kinder Pinguì appena tirato fuori dal frigo.
    Almeno sotto Natale, in un momento di pausa dalla sua deprimente routine, ad Isaac non dispiaceva affatto passare un allegro quarto d’ora a dire sciocchezze in compagnia di uno estraneo. Al cospetto del grande Godzilla natalizio, poi. Sperava davvero che ci fossero delle versioni in miniatura da poter acquistare, era certo che Miyo avrebbe amato il loro nuovo albero di Natale.
    Dunque, rigorosamente a braccetto, i due idiot- Power Rangers passarono il successivo quarto d’ora nella maniera migliore (o peggiore, a seconda dei punti di vista) possibile, tappezzando i rispettivi social con fotografie al limite del ridicolo. Almeno finché gli animatori non li cacciarono a suon di sguardi roventi. Non volendo incappare in inutili grattacapi, Isaac fece cenno all’altro di avviarsi fuori dall’area bimbi, appena oltre la fila di genitori apprensivi visibilmente irritati.
    Naturalmente, per prima cosa Isaac si premurò di mandare la foto mossa alla fidanzata, con tanto di lacrimevole messaggio d’addio in cui le giurava amore eterno anche tra le fauci del mostro.
    «Che dici, fra? Troppo sottone?» domandò al ragazzo che, tra un post su Instagram e l’altro, si era presentato come Takuto, un nome molto normale per una persona decisamente originale, bastava guardare il colore dei suoi capelli.
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    fearful necromancer
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    Elke Higuchi
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    ❖ Rivolto a: Viktor | Luogo: piano terra, caffetteria.

    Ecco, convincere Kat a effettivamente scegliere qualcosa di buono da mangiare era stato un altro paio di maniche. Il ragazzino si era quasi impuntato a scegliere qualcosa di più “salutare”, come gli era stato da sempre inculcato di fare per mantenere una certa linea, mentre la ghoul, almeno per una volta, voleva che lui stesse scegliesse qualcosa di diverso, qualcosa di piacevole che sapeva desiderava invece di andare per quello che gli era stato ordinato di fare da altri.
    Senza poi provare senso di colpa alcuno, sarebbe stato il loro piccolo segreto.
    Alla fine dopo qualche minuto d’indecisione, per dargli quell’ultima spinta e convincerlo, era bastato un curvamento delle sopracciglia e un inclinamento della sua testa da parte di Elke, una chiara espressione leggermente rammaricata. Nel corso degli anni, la donna aveva dopotutto compreso che il punto debole del piccolo umano fosse il fatto che non volesse mai vederla triste. O sofferente.
    Per convenienza, dopo aver effettuato il loro ordine alla cassa, Elke aveva dunque deciso di pagare in contanti con quei pochi spicci extra che aveva tenuto da parte, una traccia in meno di quell’acquisto che agli occhi dei loro due Signori era sicuramente superfluo e inutile. Lei voleva solo vedere il piccolo umano felice e se anche venisse scoperta, non le sarebbe dispiaciuto quel piccolo sacrificio.
    Non dovettero nemmeno aspettare molto, avendo deciso di non consumare al tavolo in modo da non perdere troppo tempo, per ricevere quello che avevano ordinato: una caffè d’asporto per Elke e un donut alla fragola per Kat. Ecco, scegliere un gusto era stata un’altra epopea. Tuttavia, fu spostandosi dalla fila che, nel giro di qualche secondo, successe qualcosa che sorprese non poco la ghoul.
    Prima di tutto, fu l’improvvisa assenza di contatto con Kat al suo fianco che si era invece rapidamente mosso nella direzione di una persona che era da poco entrata nel locale.
    «Axiom nii-san!» furono le parole, con un tono un poco più gioviale del solito ma non alto, che disse il ragazzino non appena si era piazzato di fronte al nuovo venuto, afferrandogli il capotto con la mano libera. Ma era bastato quel contato per fargli notare in qualche modo che aveva completamente sbagliato persona. E aver scrutato il suo volto dopo aver alzato la testa, fu il colpo di grazia per lui. Quel lieve sorriso che si era formato nel suo volto era rapidamente scomparso.
    Anche perché tale “Axiom” era ancora in Danimarca e non sarebbe arrivato a Tokyo fino alla settimana successiva. Dopotutto, aveva i soliti check-up da effettuare e preferiva sempre farli di persona. O meglio, doveva anche assicurarsi che Elke stesse facendo bene il suo lavoro di “tutrice”. E se non lo fosse stata, come sapevano bene entrambi essendo nella stessa posizione, il loro Signore lo sarebbe venuto a sapere. Quelli erano gli ordini.
    Kat si tirò dunque indietro di botto, come scottato, la mano ora libera dalla presa di quel cappotto era volata al fianco ma che, tuttavia, con aveva nessuna fondina, sbattendo poi di schiena contro una Elke che li aveva dunque raggiunti, lo sguardo lievemente aggrottato che nascondeva un’ansia maggiore.
    Kat incrociò dunque il suo sguardo sollevando la testa, avendola subito riconosciuta, per poi andare ad abbassarlo e portarsi il donut alla bocca per cercare di ottenere una parvenza di normalità. Ma più che dispiaciuto o deluso dal misfatto, se lo si guardava bene, i suoi occhi sembravano quasi nascondere un pizzico d’irritazione.
    Elke strinse per qualche istante la presa sulla sua spalla per poi andare a mormorare in tedesco, accarezzandogli delicatamente la testa, in modo che il ragazzino la capisse, come usavano fare lontano dalle orecchie del Signorino Soren «Katchen, lo so che non vedi l’ora di vedere il dottore ma cosa ti avevo detto? Non ti allontanare troppo» il tono leggermente sconsolato.
    Quelle parole dovevano sembrare quasi rassicuranti. E per il ragazzino lo erano veramente, sapeva che Elke era arrabbiata nonostante non lo stesse dimostrando. Sarebbe stato punito ma se era per mano di Elke stessa andava bene, perché lei lo faceva per il suo di bene. Lei non era mai cattiva con lui, gli voleva bene dopotutto. Non gli avrebbe mai fatto veramente del male.
    “Se ti succedesse qualcosa, cosa dovrei fare?”.
    Elke iniziò dunque a parlare di nuovo, questa volta ripassando al giapponese, sollevando dunque lo sguardo per rivolgersi meglio alla persona che avevano accidentalmente disturbato e per evitare rogne, bisogna almeno scusarsi brevemente «Ci scusi… sorry?» si ritrovò poi a dire, la seconda parte detta invece in inglese, dopo che Elke aveva scrutato meglio il volto l’uomo, riconoscendolo effettivamente come un altro straniero invece che un giapponese parecchio alto e con i capelli tinti o chiari.
    Ecco, non poteva biasimare Kat per l’iniziale errore, almeno per quelle caratteristiche ci somigliava abbastanza ad “Axiom”. Tra l’altro poi, l’altro ghoul era anche uno delle poche persone che, contando anche lei stessa, trattava Kat con almeno un briciolo di umanità. L’unica altra persona era stata un altro scrapper, sempre di origini giapponesi come il piccolo umano che aveva accanto. Ma tuttavia, nessuno di loro due aveva avuto la forza di dire a Kat stesso che fine avesse fatto l’altro scrapper che era stato cresciuto con lui prima della loro partenza.
    Per cui si, a conti fatti, le uniche persone rimaste a cui Kat teneva, erano solo loro due. Davvero, non poteva rimproverarlo troppo per la sua reazione.
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    23 Y.O
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    Io: aha dai non sarà un post tanto lungo, è solo un set-up
    Il post: *circa 900 parole*
    Io: ...how


    Edited by alyë - 21/12/2021, 14:10
     
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    Son Yun-ho
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    Rivolto a: Alexandre | Luogo: piano terra, libreria.

    Si era guardato intorno con assolutamente zero (0) voglia di vivere, mentre si lasciava superare dalla folla che si dirigeva verso i negozi che avevano puntato, oppure si fermavano per una pausa al bar. Yun-ho e la vita sociale erano ai poli opposti. Probabilmente avrebbe potuto considerare la vita sociale la sua più grande nemesi. Peccato che non poteva combattere la vita sociale a suon di colpi di fucile da cecchino. Oppure sì, se il suo obiettivo fosse stato quello di impedire al mondo di creargli la situazione perfetta per delle interazioni, per poi dover finire in galera. Come prospettiva non era affatto male, a pensarci bene.
    Scherzi a parte, la sua mente per qualche minuto fu completamente svuotata da qualsivoglia pensiero di senso compiuto. Era rimasto impalato nel bel mezzo dell'atrio a fissare la folla, la schiena del fratello ormai sparita, come se fosse stato risucchiato proprio da quelle persone. Chissà dov'era andato... ma non era il momento delle domande.
    Riprese il cellulare da una delle tasche del cappotto, sbloccandolo ed aprendo le note, dove si era appuntato le idee per il (o i) regali da fare a Yun-min. Cancellò la notifica di un messaggio da KakaoTalk il cui mittente era sua madre e, piuttosto che rovinarsi l'umore già precario di suo, decise di ignorare qualsiasi tentativo di disturbare la sua missione regali. Sicuramente poi si sarebbe premurato di fare qualche pensiero da spedire a casa, tanto non sarebbe comunque tornato nel futuro prossimo, il Natale non aveva questo gran valore per loro, dopotutto. Era solo un'occasione in più per regalarsi qualcosa.
    Perciò, dopo aver riposto il cellulare nella tasca da cui lo aveva ripescato poco prima, si avvicinò alla mappa per comprendere meglio dove potesse dirigersi prima 𑁋 aka, il negozio più vicino alla sua attuale posizione che potesse concedergli di trovare il primo acquisto sicuro.
    Dopo aver finalmente adocchiato la libreria, a pochi metri da dove si trovava, decise di farci un salto. Così, con tutta la poca voglia che una qualche divinità aveva deciso di concedergli, si fece coraggio e camminò tra la folla in delirio. La pazienza infinita di Yun-ho stava venendo messa seriamente a dura prova, ma non poteva sfogare il suo nervosismo in nessun modo, perciò si era arreso all'idea che avrebbe dovuto sopportare tutta quella confusione.
    Finalmente era riuscito a varcare la soglia della libreria con successo e, una volta dentro, cercò di capire dove potesse trovarsi il reparto che stava cercando. Il suo obiettivo era puntare tutto sulla narrativa, visto l'insaziabile interesse di Yun-min, ma era un po' come se quel negozio fosse un labirinto e l'obiettivo era riuscire a fare slalom con successo tra gli scaffali a disposizione, per raggiungere ciò che si stava cercando senza problemi.
    Ancora una volta, Yun-ho cercò di costruirsi un passaggio con calma, mormorando qualche «scusi» o «permesso» per riuscire a sorpassare le persone che si fermavano ed ostruivano inevitabilmente il passaggio. La difficoltà, rispetto all'esterno, era riuscire a farsi largo tra persone e scaffali, che richiedeva delle capacità alla Matrix non indifferenti.
    Il problema, però, era un altro: dopo svariati minuti passati a schivare le persone, si era reso conto di aver fatto solo quello e di non essere minimamente riuscito a raggiungere la zona che cercava. Un sospiro rassegnato abbandonò le sue labbra: gli occhi scuri dardeggiavano il negozio nel tentativo di trovare qualcuno del personale a cui chiedere, ma sembravano essere stati risucchiati anche loro dalla mole di gente che si era presentata al centro commerciale quel giorno. Quando, dopo pochi istanti, il suo sguardo non si posò su una figura che, per un momento, gli parve familiare. Non seppe definirlo con certezza, ma quella sensazione di familiarità non sembrava intenzionata ad abbandonarlo di lì a poco.
    Rimase ad osservare la lunga chioma arancione di quella persona per qualche istante, prima di arrendersi all'idea che era meglio chiedere a lui, piuttosto che aspettare qualche segnale dal cosmo che gli avrebbe casualmente fatto trovare un commesso proprio ad un palmo dal suo naso.
    «... salve.»
    Metodi top per chiedere informazioni: non pervenuti.
    «Sto cercando la sezione narrativa, ma non la trovo.»
    "C'è troppa gente oggi e i miei nervi hanno raggiunto il loro limite in neanche mezz'ora da quando ho messo piede qui", avrebbe aggiunto, ma era riuscito a trattenere il veleno che era pronto per essere sparato fuori da un momento all'altro. Ironico come non si fosse nemmeno reso conto che la persona che aveva disturbato era un suo "collega". Colleghi ovunque. Non si poteva assolutamente sfuggire dal lavoro.

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    28 Y.O
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    quinque: dvorit (bikaku)


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    Hikaru Shiori Serizawa
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    Rivolta a: Risa | Luogo: primo piano, negozio d'abbigliamento.

    La compostezza e l'educazione di Risa precedevano qualsiasi prima impressione che ci si poteva fare: l'espressione che indossava quasi perennemente poteva lasciar spazio soltanto al dubbio che una presenza estranea non fosse gradita, ma la verità sembrava che dietro quello sguardo ci fosse una persona gentile e genuina, cosa che venne dimostrata nuovamente dal modo in cui aveva messo le mani avanti e si era scusata, nel qual caso l'avesse disturbata.
    Hikaru, dopo le sue parole, si lasciò andare ad un sorriso vagamente accennato, che pian piano si distese, lasciando spazio ad un'espressione assolutamente serena. Non l'aveva disturbata, anzi, per quanto forse non sembrava, stare in compagnia non era un dispiacere per lei.
    Scosse quindi il capo, precedendo il suo successivo diniego.
    «No, figurati, non mi hai disturbata.»
    La mano destra, che ancora stringeva tra dita e palmo una delle maniche del cappotto che stava osservando, lasciò andare la presa, per potersi voltare verso la sua interlocutrice senza rimanere in quella posizione un po' scomoda. Scostò dalla spalla una ciocca di capelli tinti per riportarla al suo posto in ordine, prima di guardarsi intorno.
    «Immagino sia qui anche tu per i regali» mormorò in un secondo momento, lo sguardo che veniva volto nuovamente a Risa dopo aver finito di dare una sbirciata in giro, «in caso possiamo dare un'occhiata in giro insieme, se ti va. Magari possiamo consigliarci a vicenda» concluse, infine, con un sorriso.
    Hikaru era una persona solitaria ed estremamente individualista: se si aveva occasione di imbattervicisi, non era raro trovarla da sola alle prese con qualsiasi cosa dovesse fare. Sì, persino lo shopping, quelle rare volte che si permetteva di visitare i negozi.
    In realtà, era una persona a cui non dispiaceva fare qualcosa insieme e passare del tempo con qualcuno. Il punto era un altro: non aveva il coraggio (né la voglia) di chiedere preventivamente a qualcun altro di aiutarla. L'unica persona che avrebbe volentieri disturbato sarebbe senz'altro stata sua madre, ma quel giorno lavorava... e, per motivi piuttosto evidenti, non avrebbe comunque potuto chiederle di accompagnarla, neanche se la lavanderia della sua famiglia fosse rimasta chiusa.
    Perciò, aver incontrato un volto famigliare (per quanto non potesse dire di conoscere Risa abbastanza da considerarla qualcosa di più di una semplice conoscenza), l'aveva motivata a fare acquisti in compagnia, una volta tanto.
    «Più che altro perché... ammetto di non essere brava a scegliere le cose da regalare senza il consiglio di qualcuno.»
    Non poteva dire con certezza di potersi fidare del giudizio di Risa, dopotutto l'unica occasione che aveva avuto per conoscerla era la cena con delitto durante l'Halloween dello scorso anno, ma anche solo avere un parere diverso dal proprio avrebbe facilitato molto la sua ricerca, di questo ne era convinta. E no, non avrebbe chiesto alle commesse del negozio per una sola ragione: temeva che il loro parere fosse solo volto a far acquistare i prodotti in vendita e che, di conseguenza, non fossero del tutto sinceri.
    «Che ne dici? Sempre se non hai da fare, mi dispiacerebbe rubarti del tempo.»
    Non poteva nemmeno dare per scontato che Risa non fosse da sola. In fin dei conti poteva aver raggiunto il negozio da sola, ma fuori di lì poteva esserci suo fratello, o i suoi genitori, o qualche amicizia... e di certo non avrebbe voluto rubar loro del tempo.

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    Kyoko Ishikawa
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    ❖ Rivolto a: Fuyuko, accenni a Nadeshiko| Luogo: ingresso sud

    Fuyuko si dimostrò subito determinata ed entusiasta. Fin troppo.
    Ormai Kyoko ci aveva fatto il callo, così come con la tempesta di domande che la investivano ogni volta, e non le dava neanche torto. Quando ripensava alla condizione di vita di Fuyuko, quasi al limite dell’umana comprensione, le stringeva il cuore. Vivere nascosta agli occhi del mondo per paura dello stesso, che razza di vita era quella? Sapere di aiutare un po’ di più la sua nuova amica alleggeriva il cuore della bionda, anche grazie a lei Fuyuko viveva ogni giorno un po’ di più.
    «No, niente placcaggi, o rischi di farle male. E niente urla, non voglio metterla in imbarazzo.»
    La serietà nello sguardo di Kyoko era palpabile, quasi irreale. Che tragedia sarebbe stata ferire Hokuto! Una promettente stella stroncata sul nascere! Kyoko non lo avrebbe mai permesso!
    «Si chiama Hokuto, è una streamer che seguo spesso e adesso qui! Capisci? Posso incontrarla dal vivo!»
    Gli occhi neri della ragazza brillavano di una luce intensa, quella luce che solo la passione per la ginnastica ritmica e per gli idol sapevano donarle. Adesso era lei quella fin troppo entusiasta.
    L’entusiasmo però non le fece perdere la concentrazione e non le ci volle molto per notare una testa rosa tra la folla. Kyoko si voltò in quella direzione, concentrandosi per scorgere meglio l’oggetto delle sue attenzioni. Sbattè gli occhi, incredula; la bocca socchiusa, chiaro segno di stupore. Hokuto era lì, a pochi passi da lei. Se solo non ci fosse stata tutta quella folla.
    «Trovata! Vieni!»
    Senza perdere un attimo, la bionda afferrò il polso dell’amica e la trascinò con sé fra la folla. Kyoko cercava di sgusciare tra le persone ma qualche urto fu inevitabile, seguito da continue scuse sbrigative. Sperava di non star sballottando troppo Fuyuko, ma dovevano fare in fretta: Hokuto sarebbe stata presto inghiottita dalla folla e addio foto ricordo insieme.
    Quando Kyoko fu abbastanza vicina alla ragazza, che ora notava essere in gruppo con due biondine, rallentò il passo, cercando di darsi un tono. Era emozionata, sì, ma non doveva sembrare la fan urlante che in realtà era. Strinse la mano di Fuyuko, cercando in lei un conforto.
    «Ehm, scusami Hokuto…»
    Kyoko attirò l’attenzione della streamer. La voce le si assottigliò in gola. Le succedeva sempre quando doveva chiedere qualcosa a uno sconosciuto, cercando di essere gentile e invece risultando tremendamente falsa.
    «Ecco, vedi, io sono una tua fan. Potremmo farci una foto insieme? Se non ti disturbo, ovviamente.»
    Che emozioni, i suoi amici nerd delle idol sarebbero morti di invidia! Prima la foto con Neku -attuale blocco schermo di Kyoko, e ora questo! Il suo regalo di Natale le era stato dato con largo anticipo.

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    Shinobu Hanyuu
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    Rivolta a: Nadeshiko, Hana, Kyoko & Fuyuko | Luogo: piano terra, caffetteria.

    «Grazie, il mio stomaco vi adora!»
    Ecco una delle ragioni per cui Shinobu aveva da sempre avuto difficoltà ad andare d'accordo con gli altri suoi coetanei giapponesi: le uscite imbarazzati cinguettate ad alte frequenze in luoghi pubblici. Capitava a scuola, capitava in centro città mentre si faceva shopping durante i pomeriggi liberi... capitava con una frequenza quasi disarmante. Ma il sorriso caldo e raggiante che rimaneva dipinto sul suo volto, forse, aiutava a non pensare che con i suoi modi di fare esuberanti, era naturale che l'attenzione di chi era di passaggio venisse inevitabilmente attratta in direzione sua e del suo gruppo di amicizie. In quel caso specifico, la loro fortuna era quella di essere in mezzo a così tanta gente da risultare impossibile che l'attenzione si concentrasse su di loro. Neanche di fronte alla bellezza indiscussa di Nadeshiko, che poteva quasi passare inosservata pur avendo la testa completamente tinta di rosa.
    «E poi parlare di questo yula bread mi ha fatto venire l'acquolina in bocca. Hana-chan, devi assolutamente farcelo assaggiare un giorno~»
    La sua fortuna era quella di riuscire a mangiare di tutto, senza fare la schizzinosa. Non aveva gusti troppo difficili: se una cosa era cucinata bene, non importava di certo quali ingredienti erano stati utilizzati per produrre un piatto.
    Yula bread a parte, che era diventato momentaneamente il suo pensiero fisso, cominciarono ad avviarsi verso il primo Starbucks che avevano avuto modo di adocchiare, la mente di Shinobu già protratta verso la sua ordinazione di pumpkin spice latte giornaliera, che ormai era diventata la sua ordinazione fissa dal momento in cui subentrava la stagione fredda. Pronta sia fisicamente che mentalmente ad accogliere tra le sue mani — e nel suo stomaco, soprattutto — la bevanda, camminava a testa alta verso la caffetteria, a braccetto con le sue amiche, fino a che il suo percorso verso il cibo non fu interrotto da una voce che chiamava una certa Hokuto.
    Ah sì, il nome d'arte di Nadeshiko, non aveva dimenticato che l'amica faceva la streamer... ma non immaginava davvero che qualcuno l'avrebbe fermata. Fu una sorpresa tanto grande — tra il richiamare la sua attenzione completamente inaspettato e il dover posticipare la sua ordinazione — che quando Shinobu si voltò, il sorriso sembrava quasi essersi spento. Quasi, eh, perché comunque non lo trovava un dispiacere, era solo stata colta alla sprovvista. La sua mentale degustazione di pumpkin spice latte si frantumò quando il suo sguardo si posò sulle due ragazze che avevano cercato di catturare l'attenzione della bella Nadeshiko. Shinobu, istintivamente, lasciò il braccio dell'amica, avvicinandosi ad Hana per evitare di essere di troppo mentre la ragazza dai capelli castani le chiedeva una foto.
    "Wow, sono amica di una VIP!"
    ... navigare nella mente di Shinobu poteva rivelarsi un'impresa non indifferente, un mare di stupidaggini avrebbero potuto rendere il percorso particolarmente insidioso. Troppi di quei pensieri potevano mandare in cortocircuito i neuroni di chiunque.
    Preferì, comunque, evitare di disturbare ciò che stava accadendo in quel frangente, mangiandosi quindi la voglia di sparare una battuta sagace sulla fama di Hokuto. Piuttosto si concentrò su Hana, per la quale fu inevitabile provare preoccupazione. Non sembrava il tipo di persona che riusciva a stare a proprio agio in situazioni sociali di quel tipo.
    «Hana-chan» le sussurrò quindi, avvicinandosi ad un suo orecchio, «tutto okay?»

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    HANA DUNBAR
    ❖ Rivolto a: Nadeshiko, Shinobu, Kyoko e Fuyuko | Luogo: ingresso sud

    Non credeva di ricevere tutto quel calore dalle ragazze, ma era una situazione che piano piano la stava facendo finalmente sentire a suo agio e avrebbe voluto continuasse per tutta la giornata.
    «Posso provare a chiederla a mia madre se ti interessa...» Magari quella originale per davvero e non quella modificata, dubitava avrebbero apprezzato lo yula bread intinto nel sangue. «O provare a chiederle se può prepararlo per voi» Aggiunse visto l'interesse anche di Shinobu, sarebbe stato un azzardo e una faticata, ma era disposta a chiederglielo.
    «Però si...o meglio...i miei...io sono nata qui» E senza volere forse il suo tono di voce fu un po' affranto, non che non amasse tanto il Giappone ma...sentiva che quello non era il suo posto. Aveva sempre creduto che forse tornare in Scozia l'avrebbe aiutata, ma i suoi genitori erano stati categorici sul non farla tornare nella loro terra.
    Non aveva mai capito il perchè fossero andati via, lasciando una parte della famiglia indietro, ma avrebbe tanto voluto scoprirlo...inoltre forse si sarebbe sentita più capita da loro, da dei parenti mai conosciuti, e non sapeva il perchè di questa sensazione scomoda.
    «Vi avverto però...io...non sono molto brava a fare shopping»Probabilmente avrebbe solo guardato e non comprato nulla, come faceva spesso, voleva essere di compagnia certo, ma non sapeva dove mettere le mani, e si sentiva a disagio, sebbene volesse superare quella cosa.
    Successe qualcosa però che non aveva previsto, ovvero furono fermate da altre due ragazze: non credeva che Nadeshiko fosse così famosa, wow, era sorpresa, ma si fece da parte.
    Per fortuna Shinobu le fu vicina e le chiese come stava, cosa che apprezzò.
    «Bene...credo» La verità è che era troppo abituata a scomparire o mettersi da parte, ma non voleva disturbare Nadeshiko e le due che sembravano davvero felici di vederla.
    «...tu?» Fu istintivo chiederlo a Shinobu sottovoce, non era abituata decisamente a troppe situazioni sociali, ma cercò di farsi coraggio e non lasciarsi spaventare da quella cosa.


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    17 Y.O
    Always wanting for more



    FUYUKO ENAGA
    ❖ Rivolto a: Kyoko, Nadeshiko, Shinobu e Hana | Luogo: ingresso sud

    Aveva decisamente ragione Kyoko!
    «Sei davvero una persona saggia!» O almeno ai suoi occhi era così, la dipingeva e la innalzava sicuramente su un piedistallo Fuyuko, che teneva davvero molto in considerazione ciò che diceva la sua amica.
    «Non so cosa sia una streamer ma sembra molto divertente!» Inoltre era adesso curiosa anche lei di saperne di più, però era contenta di vedere Kyoko così felice ed elettrizzata.
    Non si aspettò di essere trascinata con così tanta passione verso la ragazza, che occhi di falco che aveva Kyoko! Si lasciò trascinare e sorridendo arrivarono finalmente davanti la ragazza.
    Ricambiò la stretta di mano di Kyoko, per darle forza e conforto: doveva essere davvero emozionata e voleva fare il tifo per lei, sperando che il suo sogno si realizzasse.
    «Ciao! La mia amica è davvero una super fan, era davvero felice di sapere che eri qui!» Fuyuko era decisamente molto più sciolta e senza filtri, non si rendeva conto di quanto potesse o non potesse dire, non era brava a relazionarsi nelle situazioni sociali, ma era così contenta per Kyoko che non pensò potesse metterla in imbarazzo, anzi! Magari se la streamer avesse saputo quanto era felice sarebbe stata ancora più propensa a fare una foto con Kyoko.
    Nella sua innocenza credette di fare una buona cosa, e sperava fosse così in effetti.
    E poi era troppo felice Fuyuko stessa: aveva detto che Kyoko era sua amica. AMICA SUA! CHE BELLO! Era una consapevolezza che l'avrebbe fatta saltellare di gioia.
    «Ciao anche a voi! Facciamo una foto insieme?» ah no, aspetta, forse aveva sbagliato: non si faceva così forse? A chiedere una foto? Oddio, ora forse aveva spaventato le due bionde ! Un po' di disagio per la figuraccia lo provò, non ci aveva proprio pensato! La cosa che però la terrorizzò era che sperava di non aver messo in cattiva luce Kyoko, forse si faceva troppi problemi e nessuno avrebbe notato...sperava.

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    22 Y.O
    I'm living life day to day, It's never really easy but It's ok



    JADEN KAWAGUCHI
    ❖ Rivolto a: Kazuya | Luogo: ingresso sud

    Lo guardò stupito, sbattendo le palpebre un paio di volte, indicando se stesso quasi incredulo. Come gli piaceva il drama, nei musical poi era una parte che adorava.
    Aspetta, non erano in un musical...
    «Oh andiamo, ce l'hai ancora con me per quel piccolo fraintendimento?» Piccolo e fraintendimento erano parole grosse, ma si divertiva un po' troppo a provocarlo e a prenderlo un pochino in giro. Gli piaceva quella sensazione che l'altro avesse paura, ma allo stesso tempo, ora che lo valutava come amico, un po' iniziava a dispiacersi.
    Decisamente qualche rotella non era al posto giusto, ma non se ne era mai curato: o forse non voleva.
    «Allora facciamo così...ti chiedo scusa, e croce sul cuore non lo faccio più!» Be', ci avrebbe provato fortissimo, chiaramente, a non fargli del male. Jaden però si riteneva abbastanza saldo nei suoi principi, una volta che eri suo amico non eri più sulla sua lista della cena, costi quel che costi.
    Quindi con il tempo sperava che il suo nuovo amico lo avrebbe capito...si sarebbe probabilmente stupito a sapere che, per quanto fosse affabile e affascinante, non aveva molti amici, e che in realtà si sentisse piuttosto solo...non gli sarebbe dispiaciuto avere un amico, sopratutto che conoscesse quella parte di lui.
    «Una promessa è una promessa, quindi costi quel che costi la manterrò!» Si rendeva conto che probabilmente non era abbastanza per Kazuya, ma almeno, sperava che per adesso lo fosse un minimo per poterlo vedere di nuovo in futuro.
    Quasi gli brillarono gli occhi a quella proposta: certo che voleva andare a vedere un musical o andare al karaoke, che splendida idea!
    «Oh sciocchezze! Le pessime persone sono altre!» Tipo lui, ah no aspetta, meglio non dirlo, doveva farselo amico non allontanarlo di più!
    «Ora purtroppo sarò tremendamente impegnato per le feste...» sospirò affranto, prima di riprendere il suo sorriso «...MA! Al mio ritorno, possiamo vederci!» Così, gli venne automatica la richiesta successiva. «Lasciami il tuo numero, così potrò farti gli auguri anche durante le feste!» E nel dirlo, aveva poggiato la sua mano sul polso del ragazzo, stringendo appena: non aveva intenzione di lasciarla finchè non gli avesse detto si. Fu istintivo per lui farlo, per timore che l'altro con una scusa potesse defilarsi prima di avergli dato ciò che voleva.


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    GHOUL
    28 Y.O
    Mamma mia! Here We go again!
     
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    I could be so much worse and I don't get enough credit for that.
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    ALEXANDRE "ROMAIN" DE LACROIX
    "La pioggia batteva sulla vetrata a quadri che si affacciava sulla strada. Attraverso i vetri crepati le luci rosse dei locali apparivano sfocate, come colori cancellati dal tempo. Alec urtò la tazza sul tavolo, facendola cadere. Il rumore della latta sul pavimento fece voltare di colpo Marcus. Gli occhi spalancati..."

    Gelato finito. Libro per sua madre preso. E allora che ci faceva ancora in libreria? Beh, Alexandre era un novello cappuccetto rosso, modo carino per dire che una perdeva più tempo di quante strade avrebbe potuto perdere in un labirinto, quindi non c'era da meravigliarsi. Difficile dire se fosse per la sua alta affinità al rischiare di finire in pasto ai lupi, ma lui dalla nonnina in mezzo al bosco probabilmente non ci sarebbe arrivato nemmeno se gli avessero regalato un paraocchi.
    Rettifichiamo, poco dopo essere entrato si era diretto spedito verso gli scaffali delle ultime uscite dove sapeva avrebbe trovato il magico tomo che avrebbe salvato il suo primo regalo di Natale - un proposito ben chiaro -, era la strada verso la cassa che lo aveva fregato. Insomma, era pur sempre in una libreria e ad Alex di tanto in tanto piaceva leggere e sprofondare nei mondi fantastici che solo i libri erano capaci di creare. Non sarebbe mica morto non ci dovrei scherzare actually a dare un'occhiata in giro.
    In realtà aveva ancora una pila di libri piuttosto sostanziosa sul proprio comodino che aspettava di essere letta, ma era un po' lo stesso discorso con le serie TV e gli anime. Che importava se ne avevi duecento in corso? Nulla ti impediva di iniziarne una nuova e farle diventare duecentouno. Valeva anche per i libri. Il giorno in cui sarebbe rimasto senza niente a prendere polvere a fianco del letto si sarebbe senz'altro sentito orfano.
    E meno ipocrita, forse.
    Ad ogni modo, ad incoraggiarlo a fermarsi ogni due passi per leggere i trafiletti dentro le copertine dei libri, era stata principalmente la mole di gente che si aggirava entro le mura del negozio. Che tutti avessero deciso di improvvisarsi appassionati di letteratura per Natale?
    Tra una cosa e l'altra alla fine Alex aveva trovato un libro particolare interessante, forse un fantasy, ed aveva cominciato a sfogliarlo, soffermandosi verso l'inizio del capitolo otto. Era molto curioso di sapere come sarebbe continuata l'avventura di Alec e Marcus, quando di colpo una voce lo interruppe.
    "Sto cercando la sezione narrativa, ma non la trovo."
    Alexandre socchiuse appena le pagine e sollevò lo sguardo, ritrovandosi a puntare le iridi verdognole in due nerissime gemme d'ossidiana affilate. Oh. Stava cercando la sezione narrativa. Il francese lo fissò sbigottito. Stava... stava parlando con lui, sì? Aveva un'aria bastante familiare, oltre al sembrare un idol coreano scolpito dalla Madonna(??), ma non riusciva proprio a rammentare se si fossero visti prima e dove.
    Ciò non gli impedì comunque di serrare appena le labbra, leggermente a disagio. «Uhm... Stava cercando qualcosa di specifico?» chiese, un pelo di incertezza nella voce.
    E non perché voleva farsi gli affari dell'altro. Non gliene fregava assolutamente niente, ma... era abbastanza imbarazzante. Possibile che non se ne fosse accorto? Alex sollevò un indice, continuando a tenere il suo libro con l'altra mano, ed indicò un cartellino attaccato in cima allo scaffale a cui era davanti. C'era scritto: "Narrativa".
    «Perché è proprio qui.» disse.
    SPEAKING TO:YUN-HO
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    ❅❅❅

    VICTOR KRIEGER
    Victor non sopportava la gente; e la gente, apparentemente, non sopportava Victor. Non che ci fosse molto da interrogarsi sul perché quando a Natale sono tutti felici, contenti e tu sei la perfetta incarnazione del Signor Scrooge.
    Una figura dal viso scuro, cupa e arrabbiata, con un lungo svolazzante cappotto color camoscio a sovrastare i vestiti neri e bianchi, qualche busta sottobraccio e i capelli così biondi da sembrare argento filato. Quell'argento capace di farti apparire truce, spettrale e quasi vecchio, se non fosse stato per il viso privo di rughe e quello sguardo d'oro uscito dritto dall'inferno che s'incastonava perfettamente nella sua carnagione perlata. Il protagonista di un Christmas Carol prematuro, ma con la stessa aura utile a tenersi alla larga dalla gioia delle feste.
    Peccato che da lui non sarebbe passato nessuno spirito del Natale Passato, Presente o Futuro, a trasformare la storia in un lieto fine.
    L'unico antistaminico che teneva a bada la sua allergia al Natale era sapere che la sera della vigilia, finalmente libero da qualsiasi altra scocciatura, si sarebbe seduto sul divano, Momo sarebbe zampettata vicino a lui, si sarebbero visti un film insieme ed a mezzanotte l'avrebbe guardata ridacchiare felice mentre apriva i regali.
    Tuttavia alla vigilia di Natale mancava ancora un po' e l'unica pausa "rilassante" che poteva concedersi al momento era un caffè. Aveva spuntato la gara di sguardi con il commesso, ma era ancora piuttosto presto e preferiva non pensare a quante ore in mezzo alla gente potesse ancora avere davanti a sé, prima di riuscire a mettere di nuovo piede fuori da quella bolgia infernale. Il primo problema era indubbiamente Yoko, che era una donna e chissà quanto ci avrebbe messo a finire i suoi giri di shopping. Qualcuno ha detto stereotipi? Sì.
    Dopo aver lasciato il negozio Victor era sceso al piano terra, infilandosi in una caffetteria, ed era lì che si trovava al momento. Aveva ordinato un espresso italiano (chiaramente senza zucchero), e stava aspettando che il cameriere si desse una mossa. Per ingannare l'attesa si era messo a sfogliare le ultime notizie sul pannello news del proprio smartphone, ma era pieno solo di articoli che riguardavano il meteo e le feste che non gli veniva nemmeno voglia di abboccare ai clickbait.
    Beh, non ne ebbe bisogno in alcun caso. Poggiato con le braccia al bancone del bar, le buste di Armani poggiate ordinatamente su uno sgabello di cui aveva preso possesso, qualcuno gli afferrò un lembo del cappotto e lo tirò appena, gridando un nome mai sentito prima.
    Victor scostò lo sguardo dallo schermo telefono e la sua prima reazione di trucidare lo sconosciuto che... era un ragazzino. E così le sue prime mentali imprecazioni se le guadagnarono i genitori del pargolo che evidentemente non sapevano tenere a bada il suddetto. Prima che potesse dire qualcosa però, una ragazza con i capelli biondo-arancione si mise metaforicamente in mezzo richiamando il più piccolo.
    Victor ignorò, o almeno, ci provò, ma quando si rese conto di esser riuscito a capire senza sforzo ciò che la ragazza aveva detto, gli regalò un'altra occhiata un po' meno sufficiente della prima.
    Aveva parlato in tedesco?
    Quello che di norma sarebbe stato un insulto rivolto all'intera dinastia passata presente e futura di Elke si attenuò considerevolmente.
    «Dì a tuo fratello di fare attenzione.» soffiò, rispondendo ai due in tedesco, non nel modo più educato del mondo, ma di norma sarebbe stato decisamente peggio. In realtà non sapeva se fossero fratelli, non si assomigliavano granché, ma avessero messo di fianco lui e Momo uno avrebbe avuto gli stessi dubbi. Detto ciò, si voltò di nuovo verso il bancone, dove il barista aveva appena posato il suo caffè.
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    Rivolto a: Isaac | Luogo: Poco fuori l’area bimbi

    La gioia del Power Ranger verde nel vedersi reggere il gioco in quel modo fu tanta, con tanto di frasi tragiche e fiumi di disagio mentre documentava la cruenta battaglia del coraggioso compare contro il temibile Godzilla tramite storie Instagram, nello specifico il loro urlare a Godzilla che non si sarebbero fatti sconfiggere, quindi il lacrimevole addio a uno straziato Power Ranger rosso, infine l’accasciarsi anche del Power Ranger verde. Il bene aveva perso, il disagio aveva vinto, come sempre del resto; al punto che vennero cacciati dall’area bimbi con sguardi carichi di rammarico e vivo terrore verso i due. Niente di nuovo per l’estroso Takuto, il Giappone era troppo normale per lui, ma almeno aveva chi lo apprezzava (o sopportava) per com’era; e ora aveva un nuovo acquisto, ovvero il Power Ranger rosso!!! Che scoprì chiamarsi Isaac, confermandogli l’ovvio essere straniero.
    « Che dici, fra? Troppo sottone? » gli chiese proprio Isaac nel mentre gli mostrava la loro foto mossa con una didascalia struggente e melensa come un film squallido, destinati evidentemente alla sua ragazza; Takuto si portò una mano al petto.
    « Fra ma sei un poeta. Cioè io fossi in lei ti chiederei di sposarmi anche da morto. » annuì il Power Ranger verde, profondamente toccato da quei sentimenti così belli e profondi. Ma a proposito di cose profonde: il suo stomaco profondo era anche molto vuoto, doveva ancora fare colazione: troppo distratto da Godzilla, il drama, l’azione, il disagio infinito.
    « Comunque mi sa che devo fare colazione, ho una fame che non ci vedo. Sarà che la battaglia è stata tosta. Vieni con me o vuoi fare cose normali come comprare cose? » gli chiese dunque con una piccola pacca sulla spalla che pareva quasi un abbraccio per andarsene in giro da grandi amiconi quali erano… Da pochi minuti. Ma lo erano.

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    RICERCATORE CCG
    LE GOMME MUOIONO LENTAMENTE PER COLPA DEI TUOI ERRORI


    RISA HASEGAWA
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    Rivolta a: Shiori | Luogo: Primo piano, negozio di abbigliamento

    Hikaru si dimostrò subito gentile e sorridente con lei, negando eventuali disturbi e voltandosi verso di lei lasciando andare il cappotto sotto esame; un sollievo per Risa, voleva dire che stava andando bene, poteva non sentirsi in bilico sulle uova. Forse non era poi così male con le interazioni…? Le mancavano mimica facciale e argomenti per rompere il ghiaccio, ma tolti questi problemi non sembrava male per niente. Era più che sicura di aver sentito suo fratello tessere lodi su di lei piangendo…
    « Immagino sia qui anche tu per i regali, in caso possiamo dare un'occhiata in giro insieme, se ti va. Magari possiamo consigliarci a vicenda. » buttò lì l’altra con un sorriso, spiegandole come non riuscisse a scegliere senza un parere. Voleva addirittura passare del tempo insieme? Certamente un outcome che non si aspettava.
    Immediatamente dopo una verità scomoda la investì: fare regali insieme significava anche il farle sapere come non potesse permettersi molte fasce di prezzo, facendo la figura della pezzente, o della taccagna… Già era stramba di suo, se poi faceva pure la figura della povera…
    « In realtà… Ho già fatto i regali di Natale. Stavolta sono qui per me, cercavo un cappellino nuovo ma non ne ho trovati che me ne piacessero, stavo andando via quando ti ho vista. » mentì spudoratamente, dispiacendosene molto: non le voleva dire una bugia, ma aveva troppa paura del giudizio altrui per permettersi certe verità; ma non voleva neanche appenderla così.
    « Però resto volentieri: voglio aiutarti. » si sforzò di sorridere più che potè, soprattutto perché sapeva bene come la sua faccia abituale sembri dire “vattene, non ti voglio”, e già le aveva mentito, ci mancava solo che la facesse sentire un peso.
    « Ho visto che stavi guardando i cappotti? Per una donna? Che stile usa? » buttò lì domande per in qualche modo “sviare il discorso”, facendola concentrare magari sulla sua missione, così da poterla aiutare con i suoi regali.
    Si sarebbe sentita in colpa per tutto il giorno, come palliativo avrebbe avuto il “l’ho aiutata”.

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    Rivolto a: Alexandre | Luogo: piano terra, libreria.

    Ora che lo guardava bene, quel tipo aveva un che di familiare, ma non riusciva a ricordare dove lo avesse visto. Probabilmente era qualcuno che aveva incrociato durante le sue ronde, dopotutto non era il tipo che passava giornate fuori casa a socializzare. Quella che in quel momento gli balenò in testa era, secondo la sua ineffabile logica, l'ipotesi più corretta.
    Ma non era neanche il momento di pensare alle ipotesi, a dove lo avesse già visto o chi gli ricordasse, anche se non tutti i giorni si incrociava un tipo chiaramente caucasico con una foltissima chioma arancione in testa. Anche perché ora il suo problema era un altro: riprendersi dalla terribile gaffe appena fatta. Ecco perché odiava uscire di casa: il suo giapponese non era ancora abbastanza buono, specie quando si trattava di leggere. Dopotutto era il tipo che si affidava al correttore automatico quando doveva scrivere i rapporti a lavoro e che, fosse stato per lui, avrebbe scritto soltanto in hiragana, gli risultava sette volte più facile. I kanji, per lui, erano ancora un mistero dopotutto.
    «Oh, scusi.»
    Neanche una smorfia di imbarazzo poteva scalfire il viso pallido e privo di rughe del coreano. L'espressione era rimasta invariata, al punto che quelle scuse che aveva pronunciato sembrava non fossero neanche sincere. Per cosa si doveva scusare, poi, non lo sapeva nemmeno lui. Forse era solo la mossa istintiva di un'educazione fin troppo rigida che ancora gravava sulle sue spalle, o il solo timore di aver disturbato il ragazzo che aveva di fronte. Per quanto sembrasse come se l'intero universo fosse un fastidio per lui, la verità era che odiava dover disturbare gli altri e preferiva di gran lunga fare le cose per conto proprio. Non fosse che non aveva capito niente in mezzo a tutta quella gente, e quel pensiero s'impose con una certa insistenza nella sua mente. Poteva evitare di disturbare il ragazzo, se solo avesse prestato più attenzione.
    Tirò un sospiro, infilando le mani nelle tasche del cappotto, guardandosi attorno per familiarizzare con i libri che c'erano sugli scaffali che lo circondavano. Non riuscì a regalare al ragazzo nemmeno un sorriso, forse troppo impacciato all'idea di dover conversare. Fosse stato per lui avrebbe abbandonato la conversazione senza neanche dire una parola di più.
    «Cercavo qualcosa da regalare» commentò dopo, tipo "ripresa di coscienza". Già, perché si era pure dimenticato di rispondere alla domanda. Non sapeva nemmeno cos'altro dire, in fin dei conti non sarebbero dovuti essere affari altrui quel che era venuto a fare in libreria... come se non fosse abbastanza ovvio che sotto quel periodo una persona era più alla ricerca di regali che di altro.
    Ma, cinismo a parte, non avrebbe potuto esternare quel pensiero forse troppo severo. Infatti lo tenne per sé, senza neanche fare troppa fatica: meno comunicava, meglio era per lui.
    Poi, però, una lampadina si accese nella sua testa. Come per magia, anche se il flusso di pensieri era direzionato chiaramente verso tutt'altro, sembrò ricordarsi perché quel viso gli risultava familiare.
    «Perdoni la domanda» mormorò di punto in bianco, come se chiarire quella questione fosse improvvisamente diventato di vitale importanza, «lei per caso lavora per l'agenzia investigativa anti-ghoul?»
    Neanche un briciolo di imbarazzo nel porre quella domanda. Zero. Come se fosse all'ordine del giorno fermare uno sconosciuto, fare una figura miserabile ━ dimostrando di non saper nemmeno vivere, circa ━ e subito dopo chiedere, allo stesso "sconosciuto" dove lavorasse. Senso di autoconservazione: non pervenuto. Quest'uomo aveva chiaramente qualche problema. Ma capire chi aveva davanti sembrava esser diventata una questione di vita o di morte. Gg Yun-ho, continua così.

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    Hikaru Shiori Serizawa
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    Rivolta a: Risa | Luogo: primo piano, negozio d'abbigliamento.

    Hikaru non poteva ovviamente essere a conoscenza dei pensieri contrastanti di Risa, del suo disagio interiore e delle sue "bugie" per nascondere la sua condizione. Questo, per una persona poco empatica come lei, diventava veramente un ostacolo per riuscire a comprendere gli altri. Ci teneva davvero ad essere una persona più affabile ed amichevole, anche se l'espressione poco sorridente e cordiale non era il miglior alleato che una persona volenterosa come lei poteva desiderare.
    Si sforzava più che poteva di rompere quel muro che lei stessa creava per distanziare gli altri da verità troppo scomode, e questo le impediva di essere onesta al cento percento, o di aiutare gli altri quando ne avevano bisogno.
    Se Risa, quindi, le diceva che i regali li aveva già fatti, a lei non rimaneva altro da fare se non crederle, annuirle e scusarsi per aver mal interpretato le sue intenzioni. Per quanto non fosse così.
    «Oh, capisco» commentò con un filo di voce, per poi cercare di sorriderle nella maniera più solare che poteva pescare dal suo repertorio di espressioni. E le sue labbra si curvarono in un leggerissimo sorriso, che forse non dava l'idea di molta sicurezza, però era il modo più sincero che aveva per dimostrare che lei ci teneva comunque a passare un po' di tempo con qualcuno. Forse perché così si sarebbe tolta di dosso i sensi di colpa per il messaggio che aveva mandato a sua madre strada facendo, perché se passava davvero il tempo in compagnia di qualcuno, quella bugia che aveva scritto sarebbe stata un po' meno bugia. Anche le bugie a fin di bene, dopotutto, non erano ciò che Hikaru apprezzava dire. La facevano sentire colpevole e sempre più lontana dal suo obiettivo circa l'essere onesta e trasparente. Ma per fare dei regali di Natale tutto era concesso, no?
    «In tal caso, se vuoi, più tardi ti aiuto a fare un giro, magari trovi qualcosa di carino che possa piacerti.»
    Era il suo modo di dirle che avrebbe avuto davvero piacere a rimanere un po' con lei. In fin dei conti, per quanto Hikaru fosse una tipa più propensa alla solitudine, rimanere da soli anche a fare shopping alla lunga risultava triste e soffocante. Avere della compagnia, per quanto non programmata, poteva risultare come un piccolo toccasana.
    «Sì, cercavo un cappotto» continuò, dunque, voltandosi a guardare quello che fino a pochi istanti prima veniva rigirato tra le sue mani pallide, «vorrei regalarne uno a mia madre. Non è una persona a cui piacciono le cose molto vistose, quindi optavo per qualcosa che facesse il suo lavoro e non saltasse troppo nell'occhio, ma che fosse comunque carino e piacevole da indossare.»
    Tirò un sospiro: parlare troppo non era il suo forte, ma era bello avere pareri di qualcuno che fosse diverso da se stessa. Rivolse nuovamente lo sguardo a Risa, scrollando le spalle.
    «All'inizio stavo optando per un banale teddy coat... dopotutto sono caldi e visivamente fanno una bella figura, oltre a non avere colorazioni pazze ed esuberanti.»
    Si lasciò sfuggire una risata leggermente soffocata. «Però non saprei. Mia madre è poco più bassa di me, e temo di scegliere qualcosa che poi non possa esaltare la sua forma fisica.»
    Un regalo doveva comunque essere ponderato bene, specie se era indirizzato ad una persona tanto importante quanto sua madre.

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    RISA HASEGAWA
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    Rivolta a: Shiori | Luogo: Primo piano, negozio di abbigliamento

    Com’era da aspettarsi, il responso di Hikaru non fu carichissimo di gioia, ma Risa non le dava nessuna colpa, piuttosto ne dava a sé stessa per essere sempre così chiusa e poco socievole. Ci credeva che poi Ryoga approfittasse pure del dover buttare la spazzatura per farla uscire: stava man mano diventando una reclusa, anzi no, un’eremita, facendo preoccupare madre e fratello che non le dicevano niente per pura cortesia, oltre al fatto di essere consapevole della sua scomoda posizione di “persona fragile della famiglia da tutelare e proteggere”; quella posizione cominciava seriamente a starle stretta, ma comunque non faceva nulla per cambiarla se non acconsentire alle proposte del fratello, insomma era un circolo vizioso di autocommiserazione che non l’avrebbe portata da nessuna parte.
    Com’era finita a pensare a determinate cose, comunque…?
    « Sì, cercavo un cappotto » cominciò Hikaru per descrivere al meglio cosa stesse cercando lì: in breve cercava un cappotto per sua madre, qualcosa dall’aspetto tranquillo e comodo da indossare magari; Risa annuì a ogni aggiunta di dettagli alla descrizione, per dirle silenziosamente di starla seguendo nel mentre si portava una mano dai capelli al mento in un fumettistico gesto pensoso. Il problema era solo uno: cos’era un “teddy coat”? Un tipo di trench, visto il cappotto che stava esaminando? Con la scusa di una notifica, estrasse il cellulare dalla tasca e cercò velocemente cosa fosse un teddy coat, e davanti ai risultati rimise subito in tasca il cellulare.
    « Capisco, io sono bassa e ho lo stesso problema, infatti su di me stanno bene quelli un po’ più corti. » esordì indicando il proprio cappottino chiaro da metà coscia. « Però dipende tanto anche dalla sua fisicità, nel senso: se ha le gambe lunghe e un punto vita alto, puoi prendere un modello che starebbe bene a te, altrimenti puoi andare su qualcosa di più corto. » provò a spiegarsi meglio che potè usando la sua esperienza teorica da divoratrice seriale di programmi a tema moda: non ne capiva comunque un cavolo, ma tutte quelle puntate di «Ma come ti vesti?!» dovevano averle pur insegnato qualcosa.
    « Sul colore invece, per quanto il nero sia sempre una carta vincente, ti direi di andare su qualcosa di chiaro per dare luce. Non dico bianco, ma… Un beige? O marroncino chiaro? » le propose cominciando dunque a buttare un occhio sulla merce attorno a loro, alla ricerca di un… Com’era? Teddy bear? No, teddy coat, ecco. Dalle foto viste online davano l’aria di essere parecchio morbidi e caldi, capiva bene perché Hikaru avesse scelto quello come regalo, e in effetti era una buona idea. Ovviamente decise di aspettare un responso della diretta interessata prima di mettersi alla ricerca di qualche capo da proporle.

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    ❖ Rivolto a: Viktor | Luogo: piano terra, caffetteria.

    Elke andò quindi ad incrociare lo sguardo sufficiente dell’uomo con ben celata curiosità, non appena quest’ultimo si era rivolto a loro in quella famigliare lingua. Si ritrovò dunque ad alzare inconsapevolmente un sopracciglio dallo stupore, insomma non era tutti i giorni che incrociava dei suoi compatrioti. E ogni volta le veniva un tuffo al cuore, ritornando alla sua infanzia per quei pochi istanti che le servivano per riprendersi.
    Tuttavia, non appena le sue parole si erano registrare nella sua mente, Elke si ritrovò a sbuffare, scuotendo leggermente la testa con movimenti studiati. Anche se, beh, quella sua deduzione, quella di un possibile legame famigliare, non era poi così tanto sbagliata. Fisicamente non si somigliavano per niente, palesemente di due etnie diverse, ma era anche vero che l’adozione non era ormai una pratica così inusuale e infatti, almeno nei documenti ufficiali, Kat era proprio registrato come suo fratello minore. Almeno non lo aveva scambiato per suo figlio, quello sarebbe stato peggio, a detta sua.
    Comunque sia c’erano tante opzioni, modi di porsi, che Elke avrebbe potuto prendere ma onestamente, in quella precisa interazione, non aveva apparenze da mantenere, non doveva pretendere di essere niente o nessuno in particolare. O meglio, in quella giornata aveva solo un compito da portare a termine: fare tutti gli opportuni acquisti, tutto il resto era superfluo. Specialmente senza supervisione.
    «Ha due orecchie funzionanti, oltre che essere ben educato» gli disse quindi lei con schiettezza sempre nella sua lingua madre, imitando il tono dell’altro ma senza più mormorare, avendo appurato che l’avrebbe capita comunque se avesse usato il tedesco invece del giapponese o inglese per parlare «Con eccezioni» aggiunse poi, con un’alzata di spalle, nel mentre lo scrutò meglio, notando le buste che aveva appoggiato su uno sgabello accanto a sé.
    In risposta a quello scambio di battute, una volta che la donna aveva lasciato la presa della sua spalla, Kat si era invece andato a nascondere proprio dietro alla ghoul, andando poi a lanciare un’occhiata nervosa all’altro umano da sotto la frangia scura, con tutta l’intenzione di non intromettersi nella conversazione. Per cui, prese invece un altro morso del donut in modo da tenersi occupato. Almeno sapeva che Elke sarebbe stata contenta se lo avesse finito.
    La ghoul prese dunque un sorso del suo di caffè dal contenitore che aveva in mano, per poi andare e a rivolgersi a l’uomo con un inquisitorio «Qui a Tokyo in vacanza?» dopo qualche istante di dubbio, un passo già nella direzione dell’uscita. Voleva provare a fare conversazione o fare dietro front e andarsene come niente fosse successo? A quanto pare una decisione alla fine l’aveva presa. Fare qualcosa di sua pura iniziativa aveva uno strano sapore nella sua bocca.
    Kat le lanciò dunque una veloce occhiata di sbieco, come fosse pazza, per poi riportare lo sguardo all’uomo corrucciando le sopracciglia quando lei andò ad aggiungere anche un «Vuoi che ti offro un caffè per il disturbo?» avendo notato la tazzina che gli era stata appena porta, portandosi infine una mano al fianco e inclinando la testa.
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    Nadeshiko Yagami
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    Rivolto a: Shinobu, Hana, Kyoko & Fuyuko. | Luogo: piano terra.

    Nadeshiko era molto felice di sapere che lo stomaco di Shinobu l’adorava. Farsi adorare dallo stomaco di qualcuno è importante quando si cerca l’approvazione di quella persona, inoltre era fermamente convinta che il cibo fosse un validissimo punto d’incontro per creare legami. Aveva perso il conto di quante amicizie aveva stretto davanti a una mug cake o persino davanti a un distributore automatico.
    «Allora andrà molto d’accordo col mio stomaco!» cinguettò in risposta, confermando che lei e Shinobu condividevano un solo cervello - in molti sensi.
    Un’altra cosa che la rendeva ancor più felice era sapere che nessuna delle due ragazze sembrava imbarazzarsi per le sue uscite talvolta un po’ too much, considerato quante volte le era stato rimproverato di non essere in grado di contenersi. Il punto era che si vive una volta sola e lei, dal basso dei suoi diciannove anni, aveva realizzato ogni implicazione di questo assioma nel modo più traumatico possibile, ovvero quando aveva scoperto il segreto di suo fratello. Da allora sentiva un’urgenza di vivere difficile da contenere, probabilmente anche come forma di difesa involontaria contro una realtà che non sapeva affrontare.
    «Non preoccuparti, Hana-chan! Innanzitutto siamo qui per divertirci e passare del tempo insieme, se poi dovessimo trovare qualcosa di carino ci penseremo noi, Shicchan-senpai e Nacchan-senpai, a compiere l’impresa di renderti ancora più carina!»
    Il fiume in piena fu grazie al cielo arginato da un intervento inaspettato. Qualcuno richiamò l’attenzione del trio, le cui braccia intrecciate si sciolsero per permettere a Shinobu di tenersi in disparte con Hana mentre Nadeshiko rivolgeva uno sguardo sorpreso alle due ragazze che l’avevano fermata.
    Non solo una di loro l’aveva riconosciuta, ma le chiese addirittura una foto insieme! Inutile dire quanto la proposta la emozionò, era chiaramente intuibile dal sorriso a trentadue denti che le illuminò il volto.
    «Ciao! Ne sarei davvero super felice, grazie!» la voce le era salita di un’ottava per l’entusiasmo; affondò una mano nella tasca del cappotto, alla ricerca dello smartphone. «Come vi chiamate? Vi va se faccio una foto anche col mio telefono e vi taggo su B-Social? Ho un album con le foto con le persone che mi seguono-»
    Ancora una volta un provvidenziale intervento divino mise fine a quello che stava per diventare l’ennesimo fiume di parole. Una delle due ragazze si rivolse direttamente a Shinobu e Hana, cosa alquanto inusuale, chiedendo una foto tutte insieme. Nadeshiko ne sarebbe stata davvero felice, ma attese pazientemente il responso delle amiche dondolando un po’ la testa di lato.
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    Kazuya Shinkai Cheshire Cat
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    Rivolto a: Jaden. | Luogo: caffetteria.

    Farsi avanti in modo tanto imprudente non era stata una buona idea. Forse. Kazuya continuava ad essere convinto di ciò che lo aveva spinto a sfidare Jaden: la folla lo avrebbe protetto. Sperava solo di non dover cominciare a guardarsi le spalle appena uscito dalla caffetteria, ma in quel caso si sarebbe fatto trovare pronto.
    Per un momento gli occhi di Kazuya si erano assottigliati, disillusi davanti a delle scuse che non reputava serie né tantomeno aveva intenzione di accettare. Le colpe di Jaden non erano semplici marachelle o scherzi di cattivo gusto, e se si illudeva di essere prima o poi perdonato non aveva capito proprio niente del mondo. Ciononostante, non reputandosi al sicuro dalla mente malata dell’altro ghoul, Kazuya ritenne opportuno non sottolineare più dell’inevitabile il suo scetticismo in merito alla promessa.
    “Ora purtroppo sarò tremendamente impegnato per le feste...”
    «Che disdetta...» commentò sarcastico il ragazzino, alzando gli occhi al soffitto mentre tornava a sedersi.
    O almeno ci provava.
    La stretta che gli ghermì il polso, per quanto lieve, lo atterrì. Per un lungo momento Kazuya si ritrovò a fissare Jaden con gli occhi azzurri sgranati, aspettandosi di essere attaccato alla faccia della confusione e di quel poco di sicurezza che aveva creduto di avere. Il cuore batté con furia contro la cassa toracica finché non fu certo di aver mal interpretato le sue intenzioni, e solo a quel punto il mezzo gaijin si permise di tornare a respirare. Piano però, con moderazione, quasi temesse un improvviso precipitare della situazione.
    “Lasciami il tuo numero, così potrò farti gli auguri anche durante le feste!”
    Chiaramente non aveva la minima intenzione di fornire a un pazzo un metodo per contattarlo, incontrarlo per puro caso tre volte era stato più che sufficiente. Quello poteva essere il primo passo per trasformare un incontro fortuito in una vera e propria persecuzione, e Kazuya non era esattamente nella posizione di permettersi cause legali per un ordine restrittivo o in generale esposizione. Ma… ma qual era l’alternativa? Rischiare di scatenare la bestia assopita poteva rivelarsi assai più rischioso, Jaden appariva così poco sano di mente da rasentare l’imprevedibile.
    Insomma, ancora una volta Kazuya non pensava di avere a disposizione un vasto ventaglio di scelte, se non assecondare il pazzo dandogli il suo numero di telefono e per poi bloccarlo immediatamente. L’attimo di evidente indecisione terminò dunque in un sospiro rassegnato, seguito da un cenno d’assenso.
    Sfilò dal portatovaglioli un tovagliolo, quindi una penna dallo zaino appeso alla sedia. Pochi secondi più tardi, il pezzo di carta con sopra il numero di telefono fu allungato verso Jaden da un Kazuya ancora accigliato.
    «Fattelo bastare, il resto dovrai guadagnartelo. Adesso ho delle cose da fare… e non seguirmi.» l’indice della mano destra fu puntato contro Jaden a mo’ di arma, un attimo prima che Kazuya si mettesse in piedi fingendo di aver terminato un caffè arrivato neanche a metà tazza.
    Se non fosse stato trattenuto di nuovo, si sarebbe rimesso lo zaino in spalla e sarebbe uscito a passo di marcia dalla caffetteria, lasciando cadere il bicchiere mezzo pieno nel cestino dell’immondizia accanto alla porta.
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    Isaac R. Peregrine
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    Rivolto a: Takuto. | Luogo: piano terra.

    La battuta sul matrimonio lo fece ridere, nonostante, in realtà, quello fosse un argomento piuttosto delicato per Isaac. Magari un giorno avrebbe davvero chiesto a Miyo di sposarlo, un giorno in cui si sarebbe del tutto lasciato alle spalle i brutti ricordi che associava all’impegno del matrimonio, un giorno che al momento non sembrava affatto vicino.
    Non aveva alcuna idea di chi fosse la persona con cui aveva improvvisato il photoshoot, eppure, adesso che aveva un momento di pausa, doveva ammettere che a pelle sembravano fatti della stessa pasta. Entrambi a dir poco eccentrici ed esuberanti, abbastanza menefreghisti da dare fondo al disagio senza preoccuparsi del giudizio altrui e soprattutto con dei capelli bellissimi. Davvero una combo micidiale, incredibile che fosse riuscito a trovarlo in mezzo a non-ricordava-quanti-abitanti-avesse-il-Giappone.
    Chiunque fosse, Takuto gli aveva insomma fatto una bella impressione. Per questo motivo il suo volto si illuminò nel sentirsi invitare a fare colazione insieme, una cosa impensabile per il giapponese medio che era fatto al novanta percento di formalità e al dieci percento di timidezza. Un modo di essere completamente incompatibile con la personalità vivace e irriverente di Isaac.
    Prima di rispondere scoccò uno sguardo all’orologio da polso: era certo di avere del tempo in più, ma non sapeva quanto di preciso. Sì, era ancora abbastanza presto da potersi permettere una colazione veloce prima di lanciarsi nella caccia folle ai diciotto regali +2. Poi sarebbe dovuto tornare a casa per lavorare: il lavoro non si svolgeva certo da solo.
    Tornò a guardare Takuto con un sorriso eloquente.
    «Accetto volentieri. Sai, da quando ho cominciato a lavorare al computer non sono più il Power Ranger Chad di un tempo, a volte dico anche oplà quando mi siedo…» concluse col sospiro affranto di chi ha ammesso una grande debolezza, perfettamente in linea con la melodrammatica pacca sulla spalla datagli da Takuto; un attimo dopo tornò a sorridere come se niente fosse accaduto, già sondando con lo sguardo i dintorni alla ricerca di un posto dove fare colazione.
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    Edited by Yukari - 5/1/2022, 16:10
     
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    ALEXANDRE "ROMAIN" DE LACROIX
    Anche fin troppo familiare con simili avvenimenti, Alexandre compatì il povero sconosciuto: tanto per dirne una, il suo abbonamento alle figure di merda era secondo solo a quello di Netflix, quindi lo capiva fin troppo bene.
    Fortunatamente il suo viso era specchio di ciò che stava attualmente pensando, ovvero qualcosa sulla falsariga di "non preoccuparti, non mi hai disturbato e non c'è problema", indi per cui gli regalò un cenno comprensivo e abbassò finalmente l'indice con cui stava ancora indicando il tesserino della sezione narrativa. Curiosamente, il ragazzo non batté ciglio e Alexandre lo invidiò tantissimo. Non disse nulla, ma se si fosse trovato al suo posto sapeva che sarebbe esploso in una cascata di scuse tale da far invidia al Niagara.
    Ad ogni modo, era già in procinto di tornare a farsi i fatti propri, sfogliando il suo libro, quando la conferma che l'altro fosse lì per un regalo lo fece sorridere appena. Aveva già ipotizzato che fosse lì per quello ed era sempre disponibile a dare una mano, anche se in realtà avrebbe dovuto pensare prima a finire di comprare i regali per i suoi amici; il corvino infatti non gli sembrava granché una persona da "libreria" e consapevole che pur dicendogli che lì c'era la sezione narrativa non avrebbe contribuito a far passare chissà quanta acqua sotto ai ponti, stava quasi per offrirsi di dare una mano a cercare il regalo perfetto, ma... lo sconosciuto lo prese in contropiede, l'acqua la mise in un secchio e gliela rovesciò addosso facendogli prendere la forma di un'altra domanda totalmente inaspettata.
    Lavorava per l'agenzia investigativa anti-ghoul?
    Il ricercatore inarcò un sopracciglio. Un po' preso dalle sue faccende non realizzò immediatamente le implicazioni di quella domanda e non gli venne risposta migliore che non fosse quella di rimanere a fissarlo per una manciata di secondi a bocca aperta. Non perché lo credesse un veggente o simile, è che stava per mettersi a parlare giusto mezzo secondo prima. Resosi conto di aver dato probabilmente l'impressione di avere sette anni anziché ventotto, raddrizzò la schiena e cercò di darsi un certo tono.
    Innanzitutto come faceva quel tizio a saperlo.
    «Uhm... s-sì..?»
    Silenzio.
    « ... »
    Alex no.
    « ... »
    Non chiedere.
    «.........p-perché?»
    SPEAKING TO:YUN-HO
    HUMANground FLOOR
    aHk3w1E

    ❅❅❅

    VICTOR KRIEGER
    «Ha due orecchie funzionanti, oltre che essere ben educato.»
    Ma davvero? Non si direbbe.
    Il cinismo intrinseco di Victor non era chissà quale esercito celato sotto un vessillo di mistero, l'uomo tuttavia - com'era solito fare - evitò di esternare i suoi pensieri più grigi, sentendo l'improvvisa mancanza di una sigaretta che gli avrebbe permesso di fornire quante più risposte possibili senza proferire parola, visto che spesso il linguaggio del corpo era più esaustivo di qualsiasi racconto o conversazione. Si limitò a spostarsi un ciuffo di capelli chiari dal viso ed a scrutare la coppia dall'alto in basso.
    Non che Victor avesse idea di come si dovesse educare un bambino, chiariamoci, poteva vantare dei pessimi esempi da parte sua, e infatti pensava che non fosse manco dei compito dei genitori.
    Per quello aveva immediatamente affibbiato ad Elke il titolo di sorella maggiore e non di madre: visto che l'unico legame che riteneva possibile era quello fra fratelli il suo cervello lo aveva ritenuto automaticamente corretto e probabile. Poi, il fatto che per via di quel bizzarro colore di capelli - che erano chiaramente tinti, si vedeva lontano un miglio che non era arancione naturale come per i capelli di Momo - avesse già bollato la ghoul come una poco di buono e non la ritenesse meritevole di altre parole, era tutto un altro discorso.
    Tornata a rivolgere l'attenzione al suo caffè, ci mise qualche istante, infatti, a rendersi conto che quella stava ancora parlando con lui e fu solamente grazie alla lingua che apparentemente accumunava entrambi.
    «Cosa? — esordì, sempre in tedesco, voltando il capo in sua direzione, più stupito che non se ne fosse già andata che altro. E se di norma non si sarebbe nemmeno sprecato a rispondere ad una persona che voleva farsi i fatti suoi, il fatto che Elke fosse tedesca fece forse da attenuante quel tanto che bastava per renderlo meno scorbutico. — Perché mai dovrei venire in vacanza in questo posto di merda.» sibilò a denti stretti, senza pensarci e non dovendo preoccuparsi dell'educazione grazie alla barriera linguistica.
    Il cameriere che gli aveva appena portato il caffè infatti lo guardò come se avesse appena parlato arabo too bad che era tedesco, prima di tornare a fare il suo lavoro.
    Sebbene la frase di Victor fosse suonata come una domanda, era bene specificare che non lo fosse affatto. Victor aveva viaggiato abbastanza: non amava particolarmente nessun posto del mondo e non si sentiva a casa da nessuna parte, ma ogni tanto la Germania gli mancava; principalmente per i buoni gusti in fatto di alcool.
    «Non serve.» aggiunse, qualche istante dopo, in riferimento al caffè, sminuendo il tutto. Non perché fosse solito farlo, ma perché, beh, l'aveva già pagato innanzitutto, secondariamente fare un favore a qualcuno implicava automaticamente permettere a quel qualcuno di assumere un ruolo nella propria vita e... no. Semplicemente no.
    SPEAKING TO:ELKE
    CCGGROUND FLOOR
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