[QUEST] 🎄 メリークリスマス – that’s Merry Christmas in Japanese! ❄️

[ROLE EVENTO 05] 12/12/2021 dalle 10:00 circa, soleggiato @Wonder Land Shopping Center

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    Hikaru Shiori Serizawa
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    Rivolta a: Risa | Luogo: primo piano, negozio d'abbigliamento.

    Quando Risa cominciò a darle il suo parere per il cappotto, il suo primo pensiero fu "meno male che non sono da sola."
    Era difficile fare shopping, ancor di più era difficile scegliere le cose per gli altri. Hikaru non era una persona capace di scegliere le cose giuste, non mancava di volontà, ma aveva dei gusti troppo difficili ed era incapace di immedesimarsi nelle preferenze altrui. Sua madre, d'altronde, non vestiva in maniera più elegante come cercava di fare lei, per dare l'impressione di potersi permettere più di quello che poteva realmente afferrare, era una persona senza uno stile definito, a cui andava bene tutto purché facesse il suo lavoro. Il classico tipo di persona che, visti i tempi difficili, aveva imparato ad adattarsi più alla necessità che al gusto personale. Certo non vestiva in modo appariscente, la sua mise preferita era quella che l'aiutava a risultare più anonima possibile. Il contrario di Hikaru che, per quanto avesse le sue difficoltà, non si faceva mai mancare qualche capo un po' più alla moda, ma che non sgretolasse l'immagine raffinata ed imperturbabile che con il tempo era riuscita a costruire.
    «... mmmh, ha tutto molto senso.»
    Hikaru finalmente disse la sua, dopo aver lasciato che Risa la guidasse con consigli mirati quasi alla perfezione. Ora aveva le idee decisamente più chiare: anche se non si fosse necessariamente trattato di un morbidissimo e caldissimo teddy-coat, aveva qualche tratto in più su cui basare le sue ricerche. Fare shopping con un'idea precisa in testa si era rivelata un'arma a doppio taglio: da una parte c'era il vantaggio di non lasciarsi abbindolare dalla prima cosa con una parvenza di "giusto" e "adatto" che le si parasse davanti gli occhi, dall'altra c'era l'ossessione di uscire dal negozio con una busta che contenesse per forza l'articolo con il quale si era incaponita prima ancora di mettervi piede.
    «Ammetto che il teddy-coat lo stavo cercando proprio perché generalmente hanno nuances che ricordano il manto di un orso, quindi non saranno mai completamente bianchi o completamente neri» commentò poco dopo, mettendo enfasi al tono pensieroso con una mano posizionata sotto il mento, mentre lo sguardo dardeggiava con una certa ansia il resto del negozio che le circondava, cercando di non venir inglobata dalla mole di vestiti che le si paravano davanti, «ma sono veramente molto felice di averti incontrata, mi hai datto un aiuto enorme.»
    Concluse il tutto con un sorriso delicato, ma che esprimeva con semplicità la gioia provata in quel momento.
    «Dici che i cappotti con la cintura integrata potrebbero andare bene? Avevo intravisto qualche modello vicino l'ingresso, e non sembravano troppo lunghi.»
    Sua madre, dopotutto, era un figurino. Era ancora giovane e bella, forse un po' stanca di lavorare, ma non aveva un fisico così difficile da soddisfare. Quella leggermente più alta degli standard giapponesi era lei, ma almeno poteva mascherare grazie alle sue chiare origini non asiatiche.
    «Ti va se andiamo a dare un'occhiata?»

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    21 y.o
    majoring in marine biology
    part-time barmaid


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    Shinobu Hanyuu
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    Rivolta a: Nadeshiko, Hana, Kyoko & Fuyuko | Luogo: piano terra, nei pressi della caffetteria.

    Per quanto Shinobu fosse una persona fin troppo esuberante e loquace, le bastonate psicologiche ricevute dai coetanei a scuola avevano dato luce ad un lato un po' più remissivo e taciturno, scaturito dal terrore di essere troppo aperta, troppo socievole, troppo... troppo. Shinobu era cresciuta a suon di allegria e parole, per lei parlare e mostrare un incontenibile entusiasmo erano sinonimo di affetto molto più di qualsiasi altra cosa. Era l'amica vivace e solare che trascinava le persone, l'anima della festa, la persona con maggiore iniziativa in un gruppo di amici. Quando aveva incontrato Nadeshiko, però, sembrava che il mondo le avesse aperto le porte verso una nuova esperienza: incontrare una persona simile a lei. Anche se, ai suoi occhi, Nadeshiko appariva come una ragazza molto più posata di quanto potesse essere lei. Aveva una grazia ed una presenza veramente invidiabili.
    Il fatto era che, forse, un tempo avrebbe interagito di sua sponte e si sarebbe infilata nella conversazione altrui perché parlare con qualcuno era troppo bello, molto più di quanto dare alle persone i loro spazi apparisse ai suoi occhi.
    Fortunatamente, le opinioni talvolta aspre dei suoi coetanei l'avevano aiutata a maturare un aspetto di sé che non aveva mai considerato come importante. Shinobu si era come acquattata, tenendosi in disparte per non infastidire Nadeshiko e le ragazze che l'avevano chiamata. Piuttosto, voleva giocare il ruolo della sorella maggiore, come aveva sempre fatto quando ancora viveva a casa sua, a Kyoto: voleva salvaguardare Hana, che temeva si sentisse a disagio. La risposta della più piccola, infatti, non lasciò spazio ai dubbi.
    «Io sto benissimo, non preoccuparti Hana-chan» commentò con dolcezza, rivolgendole un sorriso che sperava l'aiutasse a sentirsi un po' più tranquilla e rilassata, fino a che l'idillio non fu spezzato.
    Non che Shinobu si sarebbe arrabbiata per essere stata interrotta nel momento in cui poteva dimostrare di essere una brava sorella maggiore, anzi, ma mentalmente era come se i suoi sforzi di risultare "la sorella maggiore fighissima da cui prendere esempio" fossero stati spezzati.
    Il fatto, però, era un altro: che motivo c'era di chiedere una foto a Shinobu e Hana?
    ... e che motivo aveva lei per rifiutare la possibilità di fare amicizia con qualcuno? (nella sua testa, la situazione era fare foto insieme = amicizia già consolidata)
    «Oh sì, mi piacciono le foto di gruppo! E poi avremmo un ricordo di questa bellissima giornata!»
    Le sue esclamazioni, in mezzo alle chiacchiere di sottofondo della folla che riempiva il centro commerciale, erano più simili agli squittii di topolini di campagna, più che a frasi assolutamente normali. Il suo entusiasmo, in combo con la necessità di farsi sentire per non doversi ripetere, aveva generato l'arma micidiale: gli ultrasuoni.
    Prese a braccetto Hana, un sorriso a trentadue denti a non lasciar spazio ai dubbi: Shinobu era la persona più contenta del mondo in quel momento.
    «Hana-chan, ti va? Ti va?»
    Ormai era difficile da fermarla: l'uragano Shinobu era tornato in azione. Una parte di sé sperava che l'essere stata il libero e capitano di una squadra di pallavolo liceale di successo le avesse portato una certa fama, ma trattenne quel pensiero per evitare di fare una brutta figura. Chi li guardava, d'altronde, i tornei interliceali di pallavolo, oltre ai fag della pallavolo?

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    18 Y.O
    ccg academy student
    ex-volleyball player


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    Son Yun-ho
    386X9G2
    Rivolto a: Alexandre | Luogo: piano terra, libreria.

    Per quanto strana o assurda potesse risultare la situazione, Yun-ho non batteva ciglio. Certo, la situazione era tale perché era stato lui a crearla, nolente o volente che fosse, ma le probabilità che la sua espressione rimanesse statica, come quella di chi non aveva assolutamente niente da temere, anche nel qual caso la domanda insolita fosse stata posta dall'altro, Yun-ho sarebbe rimasto più che tranquillo, lo sguardo ai libri nel tentativo di capirne i titoli come se non avesse mai studiato inglese o giapponese in vita sua, e la nonchalance nel rispondere, senza il minimo timore, che sì, ci lavorava, per poi continuare con quel che stava facendo.
    Insomma, Yun-ho e il senso di autoconservazione non coesistevano, lui era fatto così. Se aveva una perplessità o una curiosità, non aveva timore di farsi avanti e parlare: non era timido, non aveva paure o strane ansie che potessero bloccarlo sul posto. Era solo infinitamente introverso, il signore dell'asocialità, colui che preferiva il silenzio e la solitudine persino al contesto lavorativo. Quello che interagiva solo se necessario, quello che parlava soltanto se interpellato o se aveva l'urgenza di chiarire qualche dubbio.
    Proprio com'era successo in quell'esatto momento.
    Yun-ho era così tranquillo che non si fece alcun problema di fronte alla reazione altrui: rimase a fissarlo per qualche istante per poi... semplicemente ignorarlo, finché non se la sarebbe sentita di rispondere. Magari si sentiva a disagio per qualche motivo? Anche se per lui non c'era motivo di sentirsi a disagio per una domanda del genere. Viveva in un mondo tutto suo, tutto nella sua testa, e comprenderlo era seriamente difficile. Ma, anche questo, non era affatto un problema. Nel caso in cui avesse esagerato coi suoi modi di fare, si sarebbe opportunamente scusato, con tanto di riverenza per marcarne il pentimento.
    Mentre gli occhi passavano in rassegna i volumi che riempivano gli scaffali di fronte a loro, afferrandone in mano qualcuno per osservarne la copertina o leggerne la trama, in modo da trovare qualcosa che facesse al caso suo (o, in quel caso, di Yun-min), la risposta dell'altro arrivò.
    Era affermativa.
    Ciò lo destò dalla sua ricerca, scostando lo sguardo dai libri per rivolgerlo ad Alexandre, il quale aveva lasciato passare qualche manciata di secondi prima di ribattere chiedendogli perché lo avesse chiesto.
    Yun-ho, in risposta, scrollò le spalle.
    «Ricordo la sua faccia» rispose semplicemente, la voce che non lasciava trasparire altro che tranquillità, «ora capisco perché.»
    Tu guarda se non doveva incontrare i colleghi anche fuori dal contesto lavorativo. Non sapeva nemmeno come prenderla, ad essere del tutto onesti: da una parte c'era la noia di non riuscire ad allontanarsi dalla sua quotidianità (aveva involontariamente chiesto aiuto ad un suo collega, a pensarci la vita si stava prendendo gioco di lui), dall'altra, invece, c'era la consapevolezza che di fronte a lui c'era qualcuno che parlava, più o meno, la sua stessa lingua. Per il coreano, infatti, era più facile interagire con chi aveva qualcosa in comune con lui, dalla famiglia alla situazione lavorativa. Per gli altri c'era un muro da scalare, un muro involontariamente posto da lui stesso.
    «Forse ci siamo incontrati nei corridoi.»
    Yun-ho sembrava sciogliersi quando aveva la certezza di poter parlare un po' più tranquillamente con qualcuno. Partiva sempre con semplici frasi, senza mai mancare il dovuto rispetto alla persona con cui stava interagendo, per poi pian piano scongelarsi un po'. Non che la differenza fosse così lampante, lui non era il tipo di persona dalla personalità cristallina, le differenze nel suo atteggiamento erano dettate più dalle parole utilizzate, o dal tono di voce, che assumeva una sfumatura un po' meno meccanica e più umana.
    «Posso approfittare per chiederle un aiuto più specifico? Non me ne intendo di narrativa.»
    Beh, non aveva la faccia di chi era cresciuto leggendo libri che differissero dai testi scolastici.

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    quinque: dvorit (bikaku)
     
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    Kyoko Ishikawa
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    ❖ Rivolto a: Fuyuko, Nadeshiko, Shinobu e Hana| Luogo: ingresso sud

    Tra le due, non si capiva chi fosse più radiosa: se Nadeshiko e l’entusiasmo di essere stata riconosciuta o Kyoko e la gioia di essere stata notata.
    Era stata a diversi incontri con i fan di idol famosi, ma nonostante fosse ormai abituata a quelle situazioni, le emozioni intense che provava la lasciavano sempre senza fiato. Kyoko sapeva che i content creator erano cortesi con i loro fan perché era giusto e non perché li considerassero davvero importanti. Faceva parte del loro lavoro sorridere ed essere gentili, ma dentro di lei Kyoko sperava che fossero sinceri quando sorridevano a lei.
    «Ah, ma certo! Io mi chiamo Kyoko, lei invece è Fuyuko. Perdona ancora il disturbo.»
    Parlava a macchinetta, come se avesse appena pronunciato un’unica, lunghissima, parola. Nel mentre aveva fatto almeno due inchini, scusandosi per il disagio arrecato a tutte e tre. Aveva notato che le due bionde si erano messe in disparte per lasciare spazio a lei e a Fuyuko, la quale ebbe un’idea per coinvolgere tutte: fare la foto insieme!
    Kyoko guardò l’amica con aria confusa. In realtà, lei voleva fare la foto solo con Nadeshiko, non con tutto il gruppo! Le balenò in mente l’idea che Fuyuko non avesse capito nulla della situazione come suo solito, ma ormai era tardi per tirarsi indietro. Sarebbe stato scortese far notare quanto Kyoko fosse interessata unicamente a Nadeshiko, perciò la bionda sorrise di buon grado alle altre due.
    «Piacere, scusate per l’intrusione. Prometto che faremo in un attimo e poi vi lasciamo andare.»
    L’idea di averle disturbate si faceva sempre più pressante nella sua mente. Dopo aver visto Nadeshiko, il cervello di Kyoko aveva smesso di funzionare e non si era davvero resa conto di aver interrotto qualcosa. Era come quando andava al liceo: i ragazzi la fermavano sempre per chiacchierare, ignorando le amiche con cui era e concentrandosi solo sulla bionda nuova arrivata. Kyoko ricordava ancora gli sguardi carichi di odio delle compagne, più di una volta avevano bisticciato perché “Kyoko-chan attira sempre l’attenzione e ci ignora”, perciò non voleva mettere zizzania tra Nadeshiko e le sue amiche.

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    23 Y.O
    Ginnasta
    Misty taste of moonshine, teardrop in my eyes
     
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    HANA DUNBAR
    ❖ Rivolto a: Nadeshiko, Shinobu, Kyoko e Fuyuko | Luogo: ingresso sud

    Si poteva dire che era imbarazzata: non immaginava come potesse essere carina, nè era familiare con cose come lo shopping per quanto ci provasse...istintivamente quasi voleva stringersi come per assicurarsi che fosse ben nascosta nei suoi confortevoli abiti, ma si impedì di farlo.
    Voleva essere più coraggiosa e affrontare tutto ciò che la spaventava a testa alta, e poi...era un'uscita tra amiche, cosa poteva andare storto?
    Amiche...era una bella parola, la cosa la rincuorò non poco.
    «Ehm...non so quanto sia fattibile ma va bene...mi affido a voi in caso» Nonostante cercasse di non farsi prendere dall'imbarazzo al sol pensiero di doversi far vedere con abiti diversi, le due ragazze che erano arrivate avevano spezzato i suoi pensieri autodistruttivi per fortuna.
    Rimase però spiazzata dalla richiesta di una delle ragazze e guardò Shinobu come in una richiesta silenzioso d'aiuto di declinare gentilmente l'offerta: lei non è che proprio se la sentisse di fare una foto con delle estranee, per quanto simpatiche sembrassero.
    Fortunatamente prima era riuscita un po' a tranquillizzarla, ma constatò che Shinobu era entusiasta all'idea della foto e si sentì maledettamente in colpa.
    Non voleva far tirare indietro l'altra. Cosa doveva fare? Dire di si? Odiava quelle situazioni, non sapeva gestirle per quanto avrebbe voluto.
    «Non sono molto fotogenica...» Sarebbe stata la sua lieve opposizione. «Ma se ci tieni...magari dopo...?» Non aveva detto di no, decisamente. Poteva farcela a superare l'imbarazzo! «Magari posso farvi io un paio di foto...la faccio a loro due e poi a tutte voi, così ne avete di due tipi diversi...?» Proporsi per fare la fotografa magari era un'ottima scappatoia per lei, così Nadeshiko e la ragazza avrebbero avuto una foto solo per loro ma dopo con un'altra foto avrebbe accontentato anche Shinobu e l'altra ragazza. E lei sarebbe stata al sicuro...forse. Certo era che se proprio volevano anche lei nella foto non avrebbe proprio saputo più come ribattere, sperava però che la sua soluzione fosse presa bene.
    «Io sono Hana comunque...» Aggiunse flebilmente, prendendo finalmente aria per i suoi polmoni ancora una volta quando la ragazza della foto, di nuovo Kyoko, aveva presentato lei e la sua amica Fuyuko.

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    17 Y.O
    Always wanting for more



    FUYUKO ENAGA
    ❖ Rivolto a: Kyoko, Nadeshiko, Shinobu e Hana | Luogo: ingresso sud

    Era così bello vedere Kyoko felice, ne era davvero contenta! E....quante persone nuove! WOW! Non sapeva proprio come esternare il fatto che fosse emozionata.
    «Ciao! È un piacere conoscervi!» Era decisamente carica di entusiasmo e felicità, non aveva motivo di nascondere tutto quello e di non esternarlo.
    Purtroppo non aveva capito che Kyoko desiderasse una foto solo con Nadeshiko, e aveva preso alla lettera la cosa pensando che la foto fosse tutte insieme: probabilmente quando se ne sarebbe resa conto, si sarebbe sentita infinitamente in colpa chiedendo mille volte scusa a Kyoko.
    In quel momento tra l'altro anche la proposta della ragazza di nome Hana non le sembrò male, due foto erano meglio di una! Anche se non capiva la divisione ma poteva starci, e si sarebbe fatta da parte in caso...e poi anche lei voleva una foto con Kyoko, ora che ci pensava, loro due se ne erano mai fatta una insieme?
    Doveva assolutamente chiederglielo dopo !
    Se avesse potuto avrebbe anche saltellato felice, ma più volte le avevano fatto notare che mostrare così entusiasmo non era proprio da ritenersi normale, ma proprio non ci riusciva e si vedeva probabilmente dalla faccia, così si era autoimposta di restare calma e tranquilla...anche perchè non voleva mettere in imbarazzo Kyoko.
    «Sono sicura che verranno delle foto stupende!» O anche una foto stupenda, effettivamente non sapeva come avrebbero preferito fare, ma era pronta all'azione! Guardò Kyoko, sorridendole: di nuovo, sperava fosse contenta che fossero riuscite a vedere Nadeshiko come aveva sperato!

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    22 Y.O
    I'm living life day to day, It's never really easy but It's ok



    JADEN KAWAGUCHI
    ❖ Rivolto a: Kazuya | Luogo: ingresso sud

    Jaden fu tremendamente contento quando vide il giovane ghoul accordargli il suo numero di telefono: oh così potevano finalmente sentirsi decentemente come dei veri amici! Il fatto che si fossero incontrati per caso ben tre volte voleva dire qualcosa! Era chiaramente il destino che cercava di dirgli di essere amico suo, o forse di mangiarlo? Nah, chiaramente gli stava dicendo di essergli amico, dopotutto non ne aveva molti e poi lui già conosceva quel lato di lui non proprio rassicurante, quindi potevano non avere segreti, la cosa per lui era elettrizzante.
    «Oh tranquillo, lavorerò sodo!»
    Disse facendogli l'occhiolino e prendendo con felicità il tovagliolo: voleva proprio segnarselo subito sul telefono. Cosa che fece: digitò velocemente il numero per provare a fare uno squillo a Kzuya.
    «Così ora hai anche il mio!» Gli sorrise, soddisfatto. «Tranquillo! Vai pure, anche io ho molto da fare! Se hai bisogno di qualcosa sai dove chiamarmi!»
    Dubitava lo avrebbe fatto, capiva anche che l'altro avesse bisogno di un po' di tempo, dopotutto Jaden poteva essere una presenza ingombrante, senza contare che aveva intenzione di contattarlo davvero per Natale e fargli gli auguri.
    Così lo vide allontanarsi e non lo fermò, finendo poi la sua ordinazione, prima di allontanarsi anche lui poco dopo: bene, ora che poteva fare? Già la giornata si era evoluta bene, ora doveva finire altre cose da fare, ma chissà che non ci fossero state altre sorprese in serbo per lui!


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    28 Y.O
    Mamma mia! Here We go again!
     
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    TAKUTO ARAKAWA
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    Rivolto a: Isaac, accenni al tavolo di Jaden e Kazuya | Luogo: Caffetteria

    Il nuovo compare di Takuto era davvero un tipo alla mano, simpatico: si vedeva che era straniero, si sentiva come quando era in terre straniere a lavorare e aveva a che fare con molti tipi di personalità; insomma, certamente lontanissimo dallo stereotipo giapponese, così noioso e insipido salvo eccezioni. Come Haruki, quell’angelo sceso in terra di suo fratello Haruki…! Quasi si mise a piangere anche solo pensando a quanto gli volesse bene, fu la risata di Isaac a riportarlo subito al presente; una risata sincera, senza il benché minimo filtro. Che bella la sincerità.
    Isaac ad ogni modo guardò l’orologio che portava al polso prima di rispondergli: che fosse di fretta? Insomma, non gli sembrava mentre rotolavano sulla neve finta sputata da Godzilla, ma ripensandoci lo capiva bene: anche lui non era tipo da schedule fitte al punto di spaccare il secondo. Anzi non era tipo da organizzazione in generale, era il re del caos.
    « Accetto volentieri. Sai, da quando ho cominciato a lavorare al computer non sono più il Power Ranger Chad di un tempo, a volte dico anche oplà quando mi siedo… » fu il responso spassoso che gli dette l’altro. Quindi sì, aveva una schedule e la seguiva; posizione rispettabilissima - che dovrebbe essere anche la propria, ma siamo sempre lì: re del caos.
    « Oh no fra, è terribile! Ma ti capisco… » decise di cogliere l’ennesima palla al balzo per spiccare il volo nel disagio, guardandosi attorno e avvicinandosi a lui per dirgli un segreto segretissimo « ...una volta, sedendomi, ho detto “eccoci qua”. La pensione ci attende, ma tu sei sempre chad, Isaac. » gli confessò con le lacrime fintamente agli occhi, e dopo una nuova pacca sulla spalla si diressero verso la caffetteria a passo spedito: apprezzava molto che si fosse fermato con lui nonostante i suoi evidenti impegni, per questo non voleva fargli perdere tempo in altri convenevoli; piuttosto ordinò una tortina monoporzione glassata di cioccolato che prometteva di essere deliziosa, sperando non fosse l’ennesimo dolcino carino che poi si rivelava insapore ma “instagrammabile” e quindi figo, e ordinò come accompagnamento un frappuccino con panna montata, cannella, e pure i marshmallow dentro. Uno schifo immondo, come sempre.
    « Fra prendi quello che vuoi, offro io. » esortò Takuto con un occhiolino ad accompagnare il sorriso affabile mentre prendeva il piattino e il bicchierone prima di dirigersi a uno dei tavolini liberi; uno dei pochi, visto che c’erano un sacco di coppiette lì dentro, dagli amici ai fidanzatini, e una delle coppiette aveva appena rotto sembrava, visto come la ragazzina alta e riccia sembrava aver dato picche ai tipo ancora seduto. Aah, l’amore adolescenziale.

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    RICERCATORE CCG
    LE GOMME MUOIONO LENTAMENTE PER COLPA DEI TUOI ERRORI


    RISA HASEGAWA
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    Rivolta a: Shiori | Luogo: Primo piano, negozio di abbigliamento

    Hikaru l’aveva davvero ascoltata con attenzione, si vedeva, annuendo alle sue parole e concordando con quanto le era stato appena esposto enfatizzandolo evidenziando come la sua scelta fosse ricaduta sui teddy-coat proprio per i suoi colori marroncini, concludendo di essere felice di averla incontrata. Risa fu seriamente colpita da tale affermazione, era qualcosa di così nuovo per lei… O meglio, di dimenticato, qualcosa che aveva a che fare coi tempi della scuola.
    « Oh… Sono contenta, mi fa piacere. » le sorrise con spontaneità, per poi ricordarsi immediatamente dopo di doversi sforzare perché lo si vedesse, dunque contrasse i muscoli nelle guance per offrirle un sorriso perlomeno visibile, e annuendo alla sua proposta di andare all’ingresso per vedere altri cappotti con la cintura che aveva adocchiato, lasciò andare avanti Hikaru per potersi massaggiare le guance indolenzite: il suo essere inespressiva le tornava utilissimo quando non voleva far capire cosa provasse, ma quando desiderava dimostrarlo ovviamente era una condanna. Tranne per Ryoga e loro madre, loro la leggevano come un libro aperto, specialmente Ryoga.
    Arrivate all’ingresso dette un’occhiata ai modelli che le indicò Hikaru allungando una mano per toccarne l’interno delle maniche, per constatare che oltre al tessuto morbido al tatto ci fosse anche un tessuto caldo all’interno, o imbottito, o qualcosa di comunque adatto ai climi freddi. Ne scartò uno proprio perché primaverile, indicandolo a Hikaru come opzione valida se cercasse qualcosa per la primavera; la sua attenzione andò subito dopo su un trench morbido e caldo color azzurro polvere, e subito le mani andarono alla ricerca del cartellino del prezzo.
    « Questo mi sembra un’ottima idea, non è troppo lungo ed è caldo. E poi è azzurro, come i tuoi capelli. Non lo stesso azzurro, ma siamo lì. » ridacchiò appena prendendo la gruccia che portava il cappotto candidato da Risa per farlo vedere meglio alla diretta interessata: come anticipato dalla stessa, era lungo fin sopra al ginocchio con una serie di bottoni grigio perla e la cintura integrata come diceva Hikaru stessa.
    « Non costa neanche tanto- » aggiunse come motivo di gran vanto mordendosi la lingua poi: oh no, non stava parlando con Ryoga o comunque qualcuno che conoscesse così bene da potersi permettere di parlare come se niente fosse sul risparmiare soldi, dunque pensò in un attimo a un modo per uscirne “pulita”.
    « Nel senso, ha un gran bello sconto ed è fatto davvero bene. Secondo me è un affare. » disse dunque sperando di essersi salvata in calcio d’angolo con le tempistiche di una conversazione quantomeno normale.

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    NO HOPE, NO LOVE, NO GLORY, NO HAPPY ENDING
     
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    Hikaru Shiori Serizawa
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    Rivolta a: Risa | Luogo: primo piano, negozio d'abbigliamento.

    Risa le rivolse un sorriso. Le era parso di capire che la ragazza faticasse con quel tipo di esternazioni, ma si era sempre limitata ad accettare la cosa senza farsi troppe domande, nella costante paura di risultare inopportuna. Ma vedere quell'accenno di sorriso nella ragazza la coinvolse più di quanto immaginasse, tanto da aver generato un sorriso di conseguenza. Era bello quando le persone si aprivano, ma sapeva quanto fosse difficile farlo, a maggior ragione con gli sconosciuti.
    Lei per prima non aveva tutta questa confidenza, anche se, in confronto a Risa, sembrava essere più spigliata e sciolta nei contesti sociali. Ma proprio perché sapeva quanto fosse difficile, Hikaru non aveva mai avuto neanche l'intenzione di invadere la zona di comfort altrui, terrorizzata dall'idea di poter generare reazioni spiacevoli e di metterla a disagio.
    «Ti ringrazio» rispose gentilmente, chinando il capo di qualche centimetro, come era solita fare. Le riverenze erano un must, l'aiutavano ad esprimersi molto più facilmente rispetto alle parole.
    Così si avviò verso l'ingresso del negozio, seguita da Risa. Non si costrinse a stare al passo di lei perché voleva evitare di metterla a disagio, non sapendo se affiancarla l'avrebbe spiazzata ━ oltre al fatto di non voler assolutamente dare l'idea di essere una cozza. Le dava fastidio quando erano gli altri a farlo, non l'avrebbe fatto per nessuna ragione al mondo.
    A passo non troppo spedito, ci volle molto poco per raggiungere la zona interessata: due manichini posizionati verso la vetrina, dietro i quali si nascondevano altri due stender appendiabiti sui quali sostavano le grucce che tenevano i cappotti.
    Ce n'erano di ogni tipo: da quelli decisamente più caldi e invernali, a quelli più freschi adatti alla stagione primaverile. Non era mai troppo tardi per pensare anche a quello, ma prima ci sarebbe stato l'ormai imminente inverno da affrontare, e sua madre aveva bisogno di un cappotto fatto come si deve, se lo meritava.
    Risa sembrò molto presa dalla cosa, al punto da averle fin da subito consigliato un bel cappotto simile ad un trench, di un colore veramente molto carino. Non era abituata a selezionare colori di quel genere, ma quell'azzurro-grigiolino sembrava un match perfetto per i gusti di sua madre.
    «È davvero un bel modello» commentò in un mormorio, osservandolo con la massima serietà. Infilò le mani all'interno delle maniche, guardò le cuciture, sfiorò i bottoni per capire quanto potessero essere ben saldi al tessuto... sembrava davvero una scelta ottima! «E come dici tu, il prezzo è veramente ottimo.»
    Hikaru non si faceva problemi a parlare di sconti: era venuta lì quel giorno proprio per quel motivo, ma non poteva immaginare come Risa potesse sentirsi a disagio a parlare di prezzi stracciati. Se avesse voluto spendere fior fior di quattrini, non si sarebbe trovata di cerco in quel negozio: uno dei piani superiori era la casa del lusso, ma non sarebbe mai potuta diventare la sua meta in fatto di acquisti.
    «Se vuoi» si affrettò ad aggiungere poi, mentre staccava finalmente lo sguardo dal cappotto per rivolgerlo a Risa, «posso mostrarti una foto di mia madre... Magari vederla può aiutarti ad avere un parere migliore?»
    ... un po' doveva ammetterlo: era strano proporre certe cose ad altre persone. Non lo aveva mai fatto nemmeno con le commesse dei negozi, ma perché di base non si fidava del loro giudizio. Facevano di tutto pur di propinare capi a possibili clienti.

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    ALEXANDRE "ROMAIN" DE LACROIX
    E così ricordava la sua faccia. Non sicuro di cosa quello implicasse esattamente, Alexandre optò per sorridere e fare finta di niente come i pinguini di Madagascar. D'accordo, il panorama lavorativo giapponese non era poi così vasto in termini di colori, poteva di certo comprendere che in mezzo a dodici uomini con lo stesso taglio di capelli neri a scodella un tizio con una sgargiante e lunga chioma arancione si notasse piuttosto bene, però era anche vero che la divisione laboratori della CCG era composta da alcuni... soggetti, senz'altro particolari. Come Arakawa-san che con quella pettinatura decolorata di azzurro sembrava meno giapponese di lui, o il vicedirettore Erskine. Ah, ed era sicuro che anche nella divisione informatica ci fosse qualche straniero colorato, per non parlare degli investigatori poi.
    Alex dal canto suo si ricordava tipo un paio di colleghi e quell'investigatore giovane e carino che gli riportava la quinque il giovedì sera e che era talmente un pezzo di pane che probabilmente era finito a fare quel lavoro per errore.
    Ora che ci faceva caso assomigliava leggermente al ragazzo che aveva davanti, se non fosse stato per la spropositata altezza di quest'ultimo e la dura espressione di pietra che aveva in viso a differenziarli sarebbero quasi potuti essere la stessa persona.
    Detto ciò, com'era forse ovvio per uno che considerava le interazioni sociali alla stregua di una piaga che Mosé spostati, il ricercatore non si ricordava né chi fosse Yun-ho, né come si chiamasse.
    Ed era un po' nel panico, perché era probabile che si fossero incontrati nei corridoi, Alexandre salutava sempre tutti, principalmente per educazione, ma ora non aveva il coraggio di chiedergli il nome temendo di passare per l'idiota di turno.
    «Oh! In effetti faccio parte della divisione laboratori. Scusa se non ti ho riconosciuto, non sono molto bravo con i nomi, ahah.» mormorò dunque, grattandosi appena la nuca e assumendo quella sorridente espressione genuina e imbarazzata che spesso accompagnava la sua disastrosa parlantina.
    La verità era che non si aspettava proprio di incontrare uno pseudo collega lì. E dato che non lo ricordava proprio nei laboratori o da altre parti... doveva essere un investigatore. Quindi sostanzialmente una di quelle persone per cui Alexandre avrebbe cambiato marciapiede pur di non doverle salutare. MA! Era Natale, avrebbe fatto un sacrificio, sperando che l'altro non si mettesse a parlare di lavoro o a fare la conta dei ghoul che aveva ucciso nell'ultima settimana come spesso facevano quelli della sua razza.
    Alexandre chiuse definitivamente il suo libro, ma al posto di riporlo sullo scaffale dove sarebbe dovuto andare lo incolonnò esattamente sopra a quello di biologia che aveva preso per sua madre e stava ancora stringendo sottobraccio. Avrebbe scoperto la storia di Alec e Marcus più tardi nella sua camera.
    Il ragazzo non-più-tanto-sconosciuto voleva un consiglio e lui, anche se non era chissà quale esperto, glielo avrebbe dato volentieri, però non sapeva assolutamente nulla di cosa stesse cercando e prima doveva rimediare, anche se sarebbe suonato un po' impiccione. «Uhm, sì, certo. Per chi stai cercando qualcosa? Amico? Fratello, sorella? Fidanzata?»
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    Nadeshiko Yagami
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    Rivolto a: Shinobu, Hana, Kyoko & Fuyuko. | Luogo: piano terra.

    Mentre aspettava la decisione delle amiche, Nadeshiko scoccò un’occhiata curiosa alle due ragazze che l’avevano fermata. Erano entrambe singolari a modo loro. In particolare quella che l’aveva riconosciuta, che poco dopo si presentò come Kyoko, aveva splendidi capelli biondi che - udite, udite - non sembravano affatto tinti! Era Nadeshiko, che pure se ne intendeva di tinte, ad aver capito malissimo oppure poteva essere origini straniere nonostante i lineamenti nipponici? Doveva essere bellissimo poter vantare un ramo della famiglia straniero, avere la possibilità di uscire dai confini giapponesi e vedere il mondo… non che per farlo fosse assolutamente indispensabile una famiglia all’estero, ma lo trovava comunque affascinante.
    Ma basta farsi film sugli altri. Non voleva mettere nessuno a disagio coi suoi sguardi curiosi, così regalò a Kyoko un altro sorriso e una rassicurazione sul non averla affatto disturbata, prima di tornare a concentrarsi su Shinobu e Hana, entrambe troppo in disparte per i suoi gusti.
    Se ne dispiacque tanto da rivolgere loro, in particolare a Hana, un sorriso di scuse. Incontrare fans era sempre una bellissima esperienza, la faceva sentire apprezzata e ricompensata per l’impegno che metteva nel suo hobby, ma non dimenticava che situazioni del genere potevano creare disagio alle persone con cui si trovava. Era già capitato che un’amica le rimproverasse di essersi dimenticata di lei per concentrarsi troppo sui fans, dandole tra le righe della primadonna egocentrica. Nadeshiko non voleva assolutamente che accadesse di nuovo, così non perse tempo ad assecondare Hana quando si propose come fotografa.
    «Sarebbe fantastico! Hana-chan è una fotografa nata, ci farà scatti degni di una copertina!» prese parola, rivolgendo alle altre uno sguardo che sembrava pregarle di non insistere oltre.
    Era chiaro che Hana non fosse la persona più estroversa del mondo, bastava sentirla parlare, e costringerla sotto i riflettori sarebbe stato troppo crudele perché Nadeshiko lo permettesse. Per quanto riguardava le altre, sembravano molto entusiaste dell’idea e dunque le avrebbe coinvolte come se fossero state un unico gruppo di amiche.
    In realtà non le capitava spesso di dover gestire situazioni del genere, ma sperava di riuscire, nel suo piccolo, a fare contente tutte.
    Senza alcuna remora sbloccò il suo smartphone e lo affidò alle cure di Hana con un sorriso, andando poi a posizionarsi proprio di fianco a Kyoko, raggiante.
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    Kazuya Shinkai Cheshire Cat
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    Rivolto a: nessuno. | Luogo: negozio di elettronica.

    Il fatto che si fossero incontrati tre volte per puro caso confermava a Kazuya quel che sapeva già: era uno sfigato. Se esisteva un premio per gli sfigati, lui l’aveva vinto da tempo.
    Non riusciva a immaginare quanto, invece, dovesse essere divertente per Jaden leggergli in faccia tutte quelle emozioni negative, che sembravano saziarlo più di qualunque banchetto a base di carne umana. Era certo che se non si fossero trovati in un contesto del genere gli avrebbe proposto qualche assurdità tipo mettere a nudo i propri turbamenti interiori e risolverli cantando. La cosa ancor più agghiacciante, pensandoci bene, era che adesso lo stesso Kazuya riusciva a mettersi abbastanza nei suoi panni da immaginare cosa avrebbe fatto in situazioni ipotetiche. Quel maledetto gli stava entrando nel cervello per davvero.
    Liberarsene fu un vero sollievo, ma non privo di quel filo di tensione e paranoia che portò Kazuya ad accelerare il passo e guardarsi alle spalle un gran numero di volte solo per assicurarsi di non riconoscere tra la folla quella faccia inquietante.
    “Se hai bisogno di qualcosa sai dove chiamarmi.”
    Certo, come no. L’avrebbe sicuramente chiamato. Ma si poteva essere così pazzi? Forse aveva mangiato della carne andata a male o aveva battuto forte la testa durante uno dei suoi numeri da aspirante attore hollywoodiano.
    Le nervose peregrinazioni di Kazuya terminarono con l’ingresso in un negozio di elettronica, sempre al piano terra ma parecchio distante dallo Starbucks in cui sperava che Jaden avrebbe avuto un colpo apoplettico che non gli lasciasse scampo. Avrebbe dovuto dirigersi altrove, ma l’impellente bisogno di sfogare la frustrazione gli faceva tremare le mani come se la temperatura fosse stata notevolmente più bassa; così, preso un respiro profondo per imporsi di calmarsi, aveva deciso di rifugiarsi in un posto dove potersi considerare un po’ più nel suo elemento.
    Non si sarebbe messo a piangere lì, nossignore. Anche se, una volta al sicuro dagli occhi dei clienti e dei commessi, sentì gli occhi bruciare con prepotenza. Non si sarebbe messo a piangere lì, non era una cosa da fare.
    “Non c’è più nessun pericolo.” cominciò a ripetersi come un mantra, ma con lo sguardo che saettava autonomamente in direzione degli angoli più vicini, aspettandosi di riconoscere il sogghigno che gli aveva causato ben due traumi.
    Voleva solo smettere di avere paura, tornare padrone di se stesso e finire alla svelta quello che era venuto a fare. Una volta a casa si sarebbe chiuso a doppia mandata in camera, ancora una volta senza parlare coi genitori del terribile incontro col ghoul dei suoi incubi.
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    Isaac R. Peregrine
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    Rivolto a: Takuto. | Luogo: caffetteria.

    Isaac e Takuto sembravano già vedersi a giocare a briscola nella stessa casa di riposo, per farla breve. Tra oplà, eccoci qua e magre rassicurazioni sulla propria virilità tipiche di chi sente gli anni migliori scivolargli tra le dita, la coppia di geni del male si era allontanata dall’area bimbi per la felicità di tutti, genitori, bambini e persino animatori. Elementi del genere avrebbero messo a disagio chiunque un po’ ovunque, figurarsi in un posto molto formale come il Giappone.
    Per Isaac quello era stato invece un intermezzo assolutamente piacevole, che purtroppo non avrebbe potuto prolungare ancora a lungo ma che avrebbe ricordato. E magari ripetuto, perché no? Non si sarebbe di certo lasciato scappare Takuto senza chiedergli almeno un modo per contattarlo sui social.
    Già assaporava l’espressione sbigottita di Miyo quando le avrebbe raccontato nel dettaglio come si erano conosciuti. Era buona e cara, lei, ma pur sempre formata dal contesto in cui era cresciuta, quindi stentava a credere che cose del genere potessero accadere davvero. In un certo senso, Isaac le aveva insegnato che un po’ di follia nella vita è come il guanciale nella pasta alla carbonara: imprescindibile se si vuole mangiare bene.
    Il locale selezionato per la colazione si rivelò essere uno Starbucks, nel quale furono accolti dalla scena toccante di un addio tra innamorati o qualcosa del genere. Troppo impegnato nell’analisi delle pietanze esposte dietro i vetri dei banconi, Isaac non vi prestò attenzione.
    «Grazie, fra. Sei davvero un angelo…» commentò, asciugandosi un’inesistente lacrima all’occhio destro, prima di mettersi seriamente a pensare a cosa avrebbe ordinato.
    Naturalmente si sarebbe contenuto con la spesa: Takuto era stato gentile a offrirsi di pagare per entrambi, dunque Isaac non intendeva pesare più del necessario. I dolci dall’aspetto delizioso non si contavano, ma lui, forse perché era sveglio da tanto, sentiva di essere già arrivato a quel momento della giornata in cui aveva bisogno di qualcosa di salato. Spronato dalla a dir poco oscena ordinazione dell’altro Power Ranger, prese un Impossible™ Breakfast Sandwich (ovvero un panino con hamburger, uovo fritto e formaggio cheddar, più britannico di così si muore) e uno Strawberry Crème Frappuccino. Un mix da incubo, ma Isaac era felice così.
    Una volta seduti, mentre aspettavano le loro ordinazioni Isaac tirò fuori dalla tasca del cappotto la sua lista dei regali e la appoggiò sul tavolo.
    «Allora, fra, questo è il mio piano. Voglio realizzare un sogno che ho sin da bambino, essere coperto di regali per Natale, ma farò di meglio: lo realizzerò sulla mia fidanzata. Diciotto regali più due, perché se no i suoceri non mi permettono di sposarla. Questa è la lista, leggi e dimmi se non sono un genio.» gliela passò con fare cospiratorio e un sorrisetto sghembo in volto, in attesa di sentirsi dire quel che sapeva già, ovvero che era genio.
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    Edited by Yukari - 19/1/2022, 14:46
     
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    ❖ Rivolto a: Viktor | Luogo: piano terra, caffetteria.

    Dopo aver proferito quelle due domande, Elke era dunque rimasta ferma nella sua posizione con Kat mezzo visibile da dietro di lei, lo sguardo sempre puntato sulla figura dell’umano dai capelli chiari. Fosse per lei, in attesa di una qualsiasi riposta di quest’ultimo, come di abitudine sarebbe pure potuta rimanere anche tranquillamente immobile come una statua nel bel mezzo della caffetteria ma sapeva bene che doveva comunque mantenere le apparenze di comune giovane donna umana, di non apparire troppo strana agli occhi altrui. O almeno, non deviando troppo dalla parte che doveva recitare. Non che in quel momento dovesse seguire alla lettera il copione che le era stato imposto. Non ce n’era proprio bisognoso, non era nemmeno a lavoro o in missione.
    Gli lanciò quindi un’occhiata di sbieco, passandosi una ciocca mezza bionda e mezza pece tra le dita decorate da colorate lunghe unghie finte. Quando ricevette finalmente una risposta, Elke alzò semplicemente le spalle, non curandosi molto del tono che l’altro aveva usato. Come poteva dargli torto, anche se secondo lei ogni luogo in quel posto era una merda. Senza eccezioni. Nessun posto era più per lei casa. La Germania o la Danimarca non le mancavano poi così tanto, era solo l’ambiente e la cultura del posto a essere completamente diverse da quella a cui era abituata.
    A volte era stancante mantenere le apparenze.
    «In effetti» commentò quindi sempre nella sua linguamadre, prendendo un altro sorso nella sua bevanda calda, lanciando un’occhiata a Kat che nel mentre, nel suo solito mutismo, aveva finito il dolce che gli aveva comprato. E come il ragazzino aveva ben predetto, tale visione la rese felice per quei brevi istanti di gratificazione.
    «Come vuoi, era solo una gentilezza» aggiunse poi nel mentre indicava al suo piccolo compagno un cestino lì vicino per andare a buttare il pezzo di carta che aveva ancora in mano. Quest’ultimo, senza farsi notare dalla ghoul, prima di allontanarsi per quei brevi istanti, lanciò quindi un altra occhiataccia da sotto la frangia scura all’uomo che si trovava ancora a pochi passi da Elke.
    Internamente Elke sospirò, quella conversazione non stava andando a parare da nessuna parte e come poteva biasimare l’altro, normalmente era anche lei una persona che preferiva stare sulle sue e il più delle volte poteva anche darle fastidio, non era difficile fingere determinate reazioni dopotutto. Tranne quando era per lei necessario agire. Infatti, si fossero trovati in un’altra situazione, avrebbe cercare di trovare un altro modo per far abboccare all’amo l’altro. Ma non ne sentiva veramente il bisogno, aveva già osato troppo. Aveva già fatto una piccola cosa per sé, e tanto bastava. Non ne avrebbe ricavato altro, oltre che altri istanti di scambi di convenevoli.
    Si sistemò meglio la tracolla in spalla, per poi andare a incrociare lo sguardo dell’umano «Buone feste, ci si vede» gli disse quindi, con indifferenza ma mantenendo un tono cortese. Ovviamente, il “ci si vede” era retorico, dubitava si sarebbero rivisti nonostante sapeva bene quando quel mondo potesse essere in realtà piccolo. Si voltò poi, cercando con lo sguardo Kat per poi raggiungerlo con poche falcate, facendogli segno che era arrivato il momento di muoversi. Avevano compere da fare.
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    io ci ho provato sob x°°


    Edited by alyë - 18/1/2022, 01:05
     
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    ❖ Rivolto a: Fuyuko, Nadeshiko, Shinobu e Hana| Luogo: ingresso sud

    Il malumore di Kyoko venne risollevato dalla proposta de una delle tre ragazze: uno scricciolo biondo dai voluminosi capelli a scodella, tanto piccola da essere sfuggita alla sua vista. Kyoko si sarebbe scusata per non averla notata prima, ma questo implicherebbe ammettere quanto quella ragazzina passasse inosservata, così liquidò il tutto con un sorriso garbato.
    Hana, così si chiamava la biondina, si era proposta di fare una foto a Kyoko e Nadeshiko e poi una a Shinobu e Fuyuko. Nadeshiko appoggiò l’idea, elogiando la bravura dell’amica. Un sorriso raggiante si accese sul volto rosea di Kyoko, la quale annuì soddisfatta dell’idea. Hana non poteva saperlo, ma la sua timidezza aveva giovato alla bionda di Okinawa e alla sua reputazione da otaku degli idol!
    Nadeshiko le si mise a fianco e Kyoko si irrigidì, non sapendo bene in che posizione mettersi. Non era abituata a farsi fotografare, se non durante le competizioni ginniche, ma ora non poteva di certo usare le pose che faceva a ginnastica ritmica! Cercò di imitare la posa assunta dalla streamer, seppur goffamente, e sorrise all'obiettivo.
    Dopo che la foto venne scattata, Kyoko si precipitò vicino a Hana per vedere come fosse venuta.
    «Oh, ma che bella! Sei proprio brava, Hana-san!»
    Pregustava già l’invidia della community, ma non era quello il momento di pensarci. C’erano altre foto da fare.
    Kyoko si allontanò da Hana per raggiungere Fuyuko, la prese per la mano e la trascinò vicino a Nadeshiko. A Fuyuko faceva bene incontrare persone nuove -sia ghoul che umani- e quale modo migliore per socializzare se non attraverso il web? Una volta fatta la foto, tutte si sarebbero scambiate i nickname di B-Social per taggarsi nelle foto ed ecco come restare in contatto con nuove potenziali amiche.
    «Vieni anche tu, prima che Hana scatti!»
    Con voce limpida e squillante, Kyoko si rivolse a Shinobu. L’avrebbe chiamata per nome, se solo lo avesse saputo, e invece aveva dovuto appellarsi a lei in quel modo poco educato, neanche stesse chiamando uno degli umani del suo ranch. Sperava davvero che la ragazza non si fosse offesa.

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    Rivolto a: Alexandre | Luogo: piano terra, libreria.

    Yun-ho non aveva la benché minima idea di quali fossero i pensieri di Alexandre, né tantomeno poteva immaginare quanti problemi l'altro si stesse facendo. Ovviamente, c'era da dire.
    Se solo avesse saputo, l'avrebbe rassicurato dicendogli che non pretendeva da nessuno che si ricordassero di lui, anche perché il coreano per primo sapeva perfettamente di non averci mai interagito prima di allora. Gli era soltanto capitato di incrociarlo da qualche parte, e la sua memoria era tanto sviluppata da permettergli di ricordare bene o male delle facce che vedeva sul luogo di lavoro.
    ... senza togliere il fatto che, appena approdato nella CCG della capitale giapponese, aveva fatto in modo di studiarsi tutte le facce che incrociava, associandovi il nome.
    Peccato che, comunque, non avrebbe nemmeno saputo come si rassicurasse una persona. Yun-min, molto più estroverso e alla mano di lui, gli avrebbe probabilmente detto che bastava un'amichevole pacca sulla spalla, un sorriso gentile e un «non ti preoccupare, è comprensibile!», accompagnato, infine, da un'innocente scrollata di spalle. Facile.
    Ma Yun-ho non era il tipo di persona da lasciarsi andare a cose del genere. Viveva la sua vita completamente incapace di dimostrare un briciolo di cordialità, ma senza intendere solo ed esclusivamente odio o voglia di soccombere nella prima fossa a sua disposizione. Aveva un modo tutto suo di affrontare la vita, a partire dal non provare il benché minimo imbarazzo di fronte a situazioni come quella. Ricordarsi di qualcuno ma al tempo stesso non avere la benché minima idea di chi si aveva di fronte doveva essere alquanto imbarazzante, eppure nella sua testa vigeva un unico pensiero: poteva capitare, era normale, nemmeno lui si ricordava il suo nome, perciò non c'era problema.
    Tant'è che non ci mise molto a voler rassicurare il ragazzo.
    «Va bene così» pronunciò in un mormorio tranquillo, il tono di voce assolutamente disteso e per nulla sporcato da qualsivoglia emozione, «non ricordo nemmeno io il suo nome.»
    ...
    ...
    ...
    ... eh già. Avevamo già detto quanto Yun-ho non avesse un briciolo di auto-conservazione, ma era giusto renderlo ancora più palese. Aveva anche cercato di rivolgere uno sguardo rassicurante al ragazzo che aveva di fronte, il che voleva dire che gli angoli della sua bocca si erano alzati di, forse, qualche millimetro, non più di due o tre. Lo sguardo rimase lo stesso di sempre, ovvero l'espressione seria di chi sembrava non sapere nemmeno cosa fosse uno scherzo.
    Fortunatamente il ragazzo di fronte a lui si era convinto ad aiutarlo, e ciò fu abbastanza per il coreano per dimenticare completamente ciò che era appena successo. Magico.
    «Un fratello» rispose tranquillo, tornando a guardare la distesa di libri ben sistemati davanti a loro, non sapendo nemmeno se tra questi ci fosse effettivamente qualcosa che rientrasse nei gusti del più piccolo dei fratelli Son rimasti.
    «Gli piacciono i fantasy» continuò poco dopo, l'aria sempre fin troppo rilassata, «ma non intendendomene, non so dove o cosa cercare.»
    Si ricordava qualche titolo che i gemelli apprezzavano quando erano ancora più piccoli, tipo Harry Botter o qualcosa del genere, perciò se avesse udito un titolo famigliare tra le proposte, avrebbe saputo più o meno cosa avrebbe dovuto evitare di acquistare. Regalargli una copia di ciò che aveva già a casa, o comunque che aveva già letto, non era decisamente il caso. Anche se sapeva che il più piccolo avrebbe apprezzato ugualmente, per com'era fatto.
    «Ultimamente gli piacciono anche letture un po' più impegnative» proseguì, riflettendo bene su cosa aveva carpito dalle loro conversazioni più recenti, «specialmente l'horror.»
    Aveva aiutato l'altro a capire cos'avrebbe potuto consigliargli? Non lo sapeva, ma si augurava che le poche informazioni date fossero più che esaustive, perché non sapeva cos'altro avrebbe potuto dirgli. Nice job, Yun-ho.

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    Shinobu Hanyuu
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    Rivolta a: Nadeshiko, Hana, Kyoko e Fuyuko | Luogo: piano terra, nei pressi della caffetteria.

    Shinobu era ben conscia di ciò che aveva detto e, soprattutto, dava per scontato che avrebbe lasciato che, come prima cosa, Nadeshiko facesse la foto con Kyoko, che sembrava essere una sua grandissima fan. Aveva solo un modo tutto suo di esprimersi, che non esattamente veniva visto benissimo, e aveva cercato anche di evitare di risultare troppo, troppo egocentrica, ma spesso i risultati erano scarsi. La sua esuberanza era più forte di qualsiasi controllo, perciò non aveva la benché minima idea di come rapportarsi agli altri, spesso, senza ferire i sentimenti altrui. Il suo non era egocentrismo, anzi, era semplice, pura e cristallina voglia di stare insieme alle persone e divertirsi tutti insieme. A lei bastava solo passare del tempo assieme alle persone a cui voleva bene, tra cui le sue amiche, e ciò equivaleva a dire che avrebbe fatto il possibile per accontentare tutti. Non era poco intelligente e soprattutto non era una persona che si metteva volutamente al centro dell'attenzione: se ci finiva era perché decisamente troppo incapace di rimanere al suo posto. Era una molla che rimbalzava ad ogni stimolo, positivo o negativo che fosse. Per lei l'idea di fare una foto tutte insieme era carina, ma non aveva intenzione di rovinare il momento o di mettere a disagio nessuno.
    Tant'era che, alla proposta di Hana, sorrise ed annuì con vigore.
    «Certamente, fa' pure come ti senti! Siamo qui per stare bene insieme, no?»
    Il sorriso si fece meno divertito e più dolce, come se volesse davvero tanto rassicurare Hana e metterla a suo agio. Voleva evitare che si sentisse a disagio, non sarebbe stata contenta al pensiero che chiunque lì in mezzo avrebbe potuto non sentirsi a proprio agio. E se la causa del malessere di qualcuno fosse stata lei, non se lo sarebbe mai perdonato.
    Così si mise in disparte soltanto per permettere ad Hana di scattare la ━ o forse le? ━ foto a Nadeshiko e Kyoko. Era così strana l'idea di avere un'amica vip, ma il pensiero la fece sorridere teneramente: era contenta per Nadeshiko, che sembrava star riscuotendo del successo da ciò che faceva. Ed era contenta anche per la ragazza che l'aveva fermata, che sembrava davvero felice di essere riuscita a beccare la streamer. Insomma, Shinobu non era capace di pensare negativamente in quei contesti: la felicità altrui era la sua felicità, era fatta così. Era una persona semplice e genuina.
    Quando Kyoko la invitò ad unirsi alla foto, dopo i precedenti scatti a lei e Nadeshiko, il sorriso si fece ancor più felice. Annuì e si avvicinò alle due, attendendo che anche Fuyuko, la ragazza coi capelli azzurri, si unisse a loro.
    Mostrò il sorriso più naturale del suo repertorio, esibendo un peace sign con la sua mano sinistra, mentre la mano destra si andava a poggiare delicatamente ad una spalla di Nadeshiko, cercando di non appoggiarsi troppo per non causare problemi alla ragazza.
    «Io sono Shinobu, comunque, piacere~» si presentò velocemente, approfittando del momento prima dello scatto che tutte avevano per sistemarsi come meglio preferivano.

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    Rivolta a: Shiori | Luogo: Primo piano, negozio di abbigliamento

    Dal sorriso che le rivolse Hikaru poté denotare quanto il proprio gesto fosse stato ben esposto, almeno quello; poi guardò come la ragazza si dedicasse all’osservare piccoli dettagli come le cuciture del cappotto e come (o meglio, quanto) fossero attaccati i bottoni, prendendone un buon spunto: era giusto guardare alla qualità del vestiario anche in queste cose, che poi sono le fondamentali in effetti, certamente l’avrebbe fatto anche lei in futuro. Davanti al suo decretarlo un bel modello, concordando anche sulla sfera prezzi, Risa annuì soddisfatta: aveva fatto un buon lavoro, evviva! Avrebbe detto a Ryoga di essere diventata pure stilista dopo quell’esperienza, e poteva già sentirlo piagnucolare complimenti per lei; non che Risa fosse la tipa che ama essere idolatrata, ma sembrava rendere così felice Ryoga da rendere la cosa irrinunciabile. Aveva davvero un bel sorriso.
    « Se vuoi posso mostrarti una foto di mia madre... Magari vederla può aiutarti ad avere un parere migliore? » la voce di Hikaru la fece scendere dal trenino delle divagazioni in un modo che la confuse: una foto di sua madre? Addirittura? Risa cercò gli occhi dell’altra una volta scollatasi dal particolare azzurro del capo, trovandoli immediatamente puntati verso i propri.
    « Non saprei, insomma una foto può rendere bene ma non so fino a che punto. Direi che forse il tuo giudizio è sicuramente più accurato del mio con una foto in mano. » disse pensosa, dunque si allontanò di qualche passo guardandosi prima attorno per non urtare nessuno, e sollevò un po’ il cappotto, sbucando col capo da vicino una manica.
    « Immaginatela: come lo vedi addosso a lei? » chiese aprendolo brevemente, quindi chiudendolo e stringendone la vita con la mano per simulare la chiusura della cintura. No, non sapeva cosa stesse facendo, ma nella sua testa le sembrava una buona idea.

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    NO HOPE, NO LOVE, NO GLORY, NO HAPPY ENDING


    TAKUTO ARAKAWA
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    Rivolto a: Isaac | Luogo: Caffetteria

    Takuto osservò divertito Isaac rispondergli con quanto più drama possibile, capendo di aver davvero trovato un fratello, specialmente dopo il mix imbarazzante e orribile di sapori scelti. In Giappone poi, e non era Haruki, wow!! Ora era lui a commuoversi.
    Una volta seduti, Isaac con tono cospiratorio gli raccontò né più né meno della sua missione: ossia di riempire la fidanzata di regali + regali ai suoceri perché la sua furbizia si era vista da kilometri, anche più del colore dei suoi capelli. Takuto scosse il capo portandosi una mano alla bocca.
    « No vabbè fra ma tu sei uno d’altri tempi, calcola che hai già conquistato la mia parte femminile. E per quella maschile ci manca poco. » si complimentò in un modo tutto suo (loro?) anche prima di prendere la lista in mano e darci una scorsa, ovviamente sfilandosi gli occhiali da sole e lasciandoli sul tavolo. Scaldatazza USB a forma di cupcake, tazza automescolante, altoparlanti ASMR, cappuccio scaldamani a forma di unicorno, forchettone a mostro marino… Persino un deodorante per ambienti a forma di crocifisso. Alzò gli occhi verso l’altro e gli riconsegnò la lista con stizza.
    « Mo senti, sposiamoci domani e che non se ne parli più. » decretò spiazzato dalla meravigliosità di quella lista, spallandosi dunque sul divanetto accavallando le gambe sotto al tavolo nel modo meno elegante possibile.
    « Secondo me se non ti sposa mo, è una sciagurata. Cioè non è proprio possibile, sei fatto d’oro fra. » si complimentò prendendo velocemente il cellulare per prendere anche la sua di lista, che però era molto ridotta rispetto a quella del nuovo compare.
    « Pure io ho una lista ma non è niente di che, perché io sono uno che improvvisa: vedo una cosa e la prendo. Tipo per mia madre ho preso una coperta con sopra disegnati gli squali martello strabici, e al suo compagno un cuscino per il collo a forma di tardigrado. Mio fratello era confuso ma non mi ha fatto domande. » gli raccontò, ed ebbe come un’illuminazione. « Mo te lo faccio vedere, quell’angelo di mio fratello. » e tornò a poggiare i gomiti sul tavolo mentre velocemente trovò un’adorabile foto di Haruki appisolato sul divano con una coperta sulle gambe e Rucola, la sua gatta bianca, addormentata su di lui zampe all’aria.
    « Guardali, che angeli tutti e due. Lui è Haruki, e lei è la mia gattina che ho preso quando ho fatto uno stage in Italia, si chiama Rucola. » li presentò all’amico una volta passatogli il cellulare con tutto l’entusiasmo di un padre che mostra il proprio pargolo agli amici del bar. Ovviamente non gli passò minimamente per la testa come il mostrargli una foto del fratello e della gatta addormentati come prima foto non fosse il massimo come presentazione: era una foto carina, semplicemente, ed era giusto che il mondo la vedesse.
    « Oggi infatti sono qua per loro due. Per Rucolina so già che prenderò un collarino nuovo, per Haruki ancora non lo so. » aggiunse prima di ritrarsi e fare spazio sul tavolo spostando occhiali e cellulare quando la cameriera portò le loro abominevoli ordinazioni, e una volta ringraziata e congedata la signorina, prese un sorso di quella bevanda terribilmente zuccherata trovandola molto buona.
    « Però ho già deciso che voglio prendere un mini Godzilla e lo addobbo come un albero di natale per casa, come quello che c’è qua. Cioè dai, è troppo bello. » disse prendendo un pezzetto di torta con la forchettina e assaggiandola. Sapeva di zucchero, che buona.
    « Fra ma comunque dobbiamo scambiarci i numeri, è impossibile che lascio scappare il Power Ranger rosso. » aggiunse poi, indicandolo come se gli stesse facendo un avvertimento.

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    HANA DUNBAR
    ❖ Rivolto a: Nadeshiko, Shinobu, Kyoko e Fuyuko | Luogo: ingresso sud

    Per fortuna la sua proposta fu accettata, ma evitò di fare un sospiro di sollievo, si sarebbe data della stupida altrimenti a mostrare così apertamente il suo disagio: voleva essere più forte di così, ma ancora stava facendo pratica, e lottare tra il voler essere meno invisibile e l'abitudine di essere sempre in disparte era dura.
    Sapeva inoltre che nessuna delle sue amiche voleva metterla a disagio e questa era una cosa che la faceva stare bene, e la rilassava un po' di più.
    Ricambiò lo sguardo dell'amica e sorrise appena, avrebbe voluto dire qualcosa ma temeva di rovinare l'atmosfera, magari in privato ci sarebbe riuscita a tirare fuori l'argomento.
    Non c'è l'aveva neanche con Shinobu ovviamente, sapeva che era unicamente un problema suo e non voleva che le amiche si sentissero colpevoli.
    «Si...grazie» Aveva detto flebilmente e giusto più timida del solito.
    Si concentrò dunque a fare la foto da una giusta angolazione dal telefono di Nadeshiko, e cercare di non far venire delle luci troppo forti, purtroppo senza la sua macchina fotografica doveva adattarsi, ma non sarebbe stato difficile, per fortuna la telecamera del cellulare riusciva a fare delle foto molto carine!
    «Ferme così...» e scattò un paio di foto, giusto per essere più sicura, non si sapeva mai con il digitale! «Ecco fatto, spero vadano bene»
    Quando poi la ragazza le fece i complimenti avvampò: ora sembrava un fungo rosso più che biondo. Si aggiustò gli occhiali, cercando di darsi un contegno, sebbene apprezzava tanto i complimenti , sopratutto per le sue foto!
    Era quello che la rendeva più felice!
    «T-Ti...Ti ringrazio! Sono contenta che ti p-piacciano!»
    Ora doveva solo cercare di calmare la voce, non voleva sembrare troppo euforica o troppo imbarazzata...o troppo e basta.
    Sentiva però le guance andare a fuoco, maledizione! Ecco, meglio distrarsi con la foto dopo, doveva concentrarsi sul tenere la mano ferma.
    Così aspettò che tutte si misero in posizione, ed accadde quello che le succedeva sempre quando vedeva il mondo attraverso l'obbiettivo: rimase qualche istante ferma a realizzare che in effetti, in quella foto voleva esserci anche lei.
    Per quanto il disagio aveva avuto la meglio, vederle attraverso l'obbiettivo così felice le aveva fatto desiderare di fare lo stesso, così scattò anche qui un paio di foto e decise di buttarsi.
    «M...Magari adesso possiamo farci un selfie...?» Così ci sarebbe stata anche lei nella foto, quasi non credeva che alla fine aveva trovato il coraggio di proporsi, era proprio vero che vedere il mondo attraverso l'obbiettivo le faceva cambiare la visione del mondo.

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    FUYUKO ENAGA
    ❖ Rivolto a: Kyoko, Nadeshiko, Shinobu e Hana | Luogo: ingresso sud

    Aspettò pazientemente, o quasi, che Kyoko facesse la foto: era così felice per lei che ora anche lei era su di giri ed entusiasta per la situazione, ora voleva sul serio capire chi fosse la misteriosa ragazza di nome Nadeshiko.
    Le sue amiche anche sembravano estremamente simpatiche, sarebbe stato così bello fare amicizia anche con loro! Sorrise a Kyoko vedendo che veniva verso di lei e le prendeva la mano per trascinarla vicino a loro.
    La strinse con un sorriso raggiante, era davvero una bellissima giornata per lei: era tutto nuovo e bello, niente sembrava potesse andare storto, erano quelle piccole cose che tanto desiderava.
    «Non vedo l'ora di avere questa foto!» Voleva anche stamparla, così magari la metteva sulla sua scrivania, o appesa ad un muro!
    Sarebbe stato bello avere appese foto di amici in camera, si sarebbe sentita per una volta anche lei come una persona come le altre.
    Si mise dunque in posizione, sfoggiando il miglior sorriso che poteva, sopratutto un sorriso che faceva evidentemente quanto fosse felice, e aspettò che tutte si avvicinassero.
    «Io sono Fuyuko! È davvero elettrizzante conoscervi tutte» E se non si era già capito, ora si vedeva che era effettivamente così, era talmente felice che forse si era già presentata e non se lo ricordava? Possibile, ma sperava di non aver fatto questa figuraccia, ma sapeva che almeno Kyoko era a conoscenza del fatto che non aveva avuto così tante occasioni di uscire, quindi tutto quello era nuovo per lei.
    Nuovo ed emozionante!

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    I'm living life day to day, It's never really easy but It's ok
     
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    Nadeshiko Yagami
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    Rivolto a: Shinobu, Hana, Kyoko & Fuyuko. | Luogo: piano terra.

    Appena una manciata di secondi e Nadeshiko ebbe un nuovo ricordo da aggiungere alla sua collezione. La galleria di quel cellulare straripava di fotografie di momenti preziosi, che non mancava di trasferire nella memoria del computer alla prima occasione e conservare con cura.
    Non si illudeva che tutte le persone che le chiedevano una foto insieme la conoscessero - un po’ come Fuyuko - o si sarebbero ricordate di lei a lungo. La fama era una cosa passeggera, soprattutto in quel costante bombardamento di stimoli chiamato Internet. E poi non era così tanto famosa, ammettiamolo: il suo era un canale di dimensioni modeste, ma l’impegno che vi riversava non dipendeva dai numeri né dall’ambizione di crescere. Non a caso definiva i suoi iscritti club members e se stessa il membro fondatore, alla stregua di un qualunque club scolastico.
    Quando Hana confermò di aver fatto, Nadeshiko si trattenne dal saltellarle accanto per non sembrare un caso umano. Segretamente in fibrillazione, quindi, si accostò assieme a Kyoko all’amica per esaminare il risultato e accertarsi di non essere venuta con gli occhi chiusi o una faccia da stupida. Per fortuna era decente, persino carina, e tutto al livello tecnico, dall’angolazione al focus, rendeva la fotografia davvero professionale.
    «Grazie, Hana-chan! Sei proprio una maga della macchina fotografica!» commentò con entusiasmo e un sorriso grato, trattenendo poi una risata intenerita quando Hana cominciò a balbettare in risposta ai complimenti che le piovevano addosso. Sperava proprio che ricavasse da quell’esperienza un bel boost in autostima, aveva bisogno di essere più sicura di sé.
    Subito dopo fu il turno della foto di gruppo, a cui Nadeshiko prese parte con un retrogusto amaro per l’assenza di Hana. Ciononostante ricambiò l’allegria di Fuyuko, rivolgendosi pienamente a lei mentre Kyoko e Shinobu si posizionavano.
    «Felice di conoscerti, Fuyuko-san. Tutti mi conoscono come Hokuto, ma se preferisci puoi chiamarmi col mio nome, Yagami Nadeshiko.» chinando graziosamente la testa, Nadeshiko confermò involontariamente quanto il suo nome le si adattasse.
    Prese infine posto tra Kyoko e Shinobu, appoggiando la tempia alla testa di quest’ultima e sorridendo in maniera più rilassata rispetto a prima; non essendo quella una foto destinata ad Internet, sentiva di poter mostrare un lato più personale e autentico di sé. Lo scatto, però, non arrivò. Fu invece sostituito da una timida proposta, pronunciata così piano da essere a stento udibile, che quasi fece scoppiare la bolla di pacatezza che Nadeshiko si stava sforzando di mantenere.
    «Certo!» esclamò, dimentica che non poteva decidere da sola per tutte, e come se non bastasse distese un braccio davanti a sé. «Gara a chi ha il braccio più lungo per fare il selfie!»
    Disagio. Puro disagio.
    Sapeva che Shinobu, svolgendo regolare esercizio fisico, era molto più slanciata e stirata rispetto a chi, come lei, aveva una vita sedentaria. Ma non sapeva di avere accanto anche una ginnasta, insomma di braccia più lunghe di quelle di Hana ce n’erano in abbondanza, lì.
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    Isaac R. Peregrine
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    Rivolto a: Takuto. | Luogo: caffetteria.

    Isaac inforcò col dito medio degli occhiali invisibili, sistemandoseli sul naso con un movimento eloquente. Un’abitudine stupida che esternava quando voleva fare il fighetto con qualcuno che non poteva conoscere il meme del portarsi indietro la visiera del cappellino alla Ash Ketchum maniera.
    Era divertente scherzare con Takuto: sapeva stare al gioco e ribattere a tono senza esagerare. O meglio, probabilmente per gli standard asiatici esagerava eccome, ma Isaac era abituato a un tipo di umorismo molto diverso, più sfacciato e goliardico. Situazioni del genere evidenziavano bene quale abisso esistesse tra le loro culture, ma anche come, con uno sforzo di tolleranza e comprensione, non fosse impossibile interagire senza disagio o timidezza a fare da freno.
    Lasciò al giapponese il tempo di leggere con calma la lunghissima lista e assimilare l’assurdità di certi elementi. Insomma, era difficile anche solo immaginare il forchettone per spaghetti a forma di mostro marino. Isaac si era impegnato e non poco per stilare una lista iniziale di oggetti inutili che devi assolutamente avere e poi scremarla più e più volte, fino a rimanere con solo quel che reputava davvero degno di nota.
    Takuto era a quel punto già pronto a riconsegnargli la lista, con una battuta stizzita che scatenò una risata divertita e rumorosa in Isaac. Le occhiatacce che lo trafissero prontamente lo convinsero ad abbassare il tono e darsi un contegno.
    «Allora non resta che convincere il governo a legalizzare la poligamia in ventiquattro ore. Ho fatto cose più difficili, tipo cenare coi suoceri. Spero i tuoi genitori siano migliori, quelli di lei mi bastano e avanzano.»
    La famiglia Shinozaki non era la peggiore sulla faccia della terra, per carità, anzi si erano dimostrati molto cordiali e aperti nell’accogliere in famiglia uno straniero, ma la loro era una mentalità da anziani non ancora mentalmente entrati nel nuovo millennio, e questo faceva tanto.
    «Un tardigrache?» Isaac sbatté le palpebre, confuso, come se quella parola sconosciuta avesse spezzato un incantesimo che teneva la sua attenzione ancorata al discorso di Takuto.
    Si allungò verso il centro del tavolo per osservare la tenera foto di Haruki e Rucola, sorridendo divertito dalla reazione di Takuto, più da padre che da fratello. Era chiaro che li amasse molto, e Isaac non poté che provare un po’ di invidia nei suoi confronti. Lui e i suoi fratelli… meglio lasciar perdere.
    «Hai una famiglia bellissima, fra.» commentò, includendo naturalmente anche Rucola nella definizione di famiglia, per poi tornare ad aderire con la schiena alla spalliera quando la cameriera li raggiunse con le ordinazione.
    Sul suo bicchiere troneggiava un goffo tentativo di scrittura in alfabeto latino, a comporre un incerto Isak. Ci avevano provato, dai, erano stati carini. Prese un sorso dalla sua dolcissima bevanda alla fragola e poi diede un morso al panino con l’uovo fritto, troppo abituato a mix micidiali per avvertire anche solo un briciolo di nausea.
    «Quel Godzilla lo voglio anch’io. Anzi ne voglio quattro, uno anche per i suoceri.» non poteva che concordare con Takuto, quel Godzilla era di certo la cosa più bella della giornata. «Vuoi accompagnarmi? Magari trovi anche tu qualche roba inutile che devi assolutamente avere.»
    Gli avrebbe dato il tempo di pensarci con calma, non dando per scontato che Takuto avesse tanto tempo da perdere, ma mentre mandava giù un altro sorso del frappuccino gli venne in mente una cosa.
    «Ah, dimenticavo! Hai detto di essere stato in Italia, no? Ma quindi hai assaggiato la pasta alla carbonara, quella vera?» incalzò, senza nascondere il suo vivace interesse. «Ti rivelo un segreto. Una volta ho detto alla regina del mio cuore che un po’ di follia nella vita è come il guanciale nella pasta alla carbonara: imprescindibile se si vuole mangiare bene… ma io non l’ho mai mangiata, la pasta alla carbonara vera! Ho ragione? È davvero come dicono gli italians mad at food?»
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    Kyoko Ishikawa
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    ❖ Rivolto a: Fuyuko, Nadeshiko, Shinobu e Hana| Luogo: ingresso sud

    Hana era proprio una ragazza timida, le bastò la sola vicinanza di Kyoko per farla balbettare con fare impacciato. A quella vicinanza, la ginnasta capì immediatamente di avere a che fare con una sua simile e immaginò che, come Fuyuko, anche lei fosse poco avvezza alla socialità, in particolare con gli esseri umani.
    Kyoko non capiva perché certi ghoul si escludessero dalla comunità: c’erano così tante opportunità che il mondo offriva loro, nonostante la loro natura predatoria, che era un peccato rinunciarvi. Se Kyoko avesse dovuto abbandonare il sogno di essere una ginnasta professionista solo perché pericoloso, tanto valeva restare a mungere umani a Okinawa. La famiglia Daidouji era perfettamente integrata nella comunità nonostante il loro terribile segreto e Kyoko era stata cresciuta fiera del suo retaggio ma rispettosa degli umani che aveva intorno, senza sentirsi a loro superiore né avendone timore. Le cose erano cambiate quando si era trasferita a Tokyo, a causa della situazione degli Ishikawa, ma lei non si è persa d’animo: ha continuato a vivere e coltivare i suoi sogni come chiunque altro, facendo solo un po’ più di attenzione. Pensare che però molti altri vivevano nella paura, lontano da chi non fosse simile a loro, la intristiva profondamente. Aveva visto come la solitudine aveva ridotto la sua amica Fuyuko, sperava davvero che lo stesso non fosse accaduto a Hana.
    Anche Shinobu si unì a loro e tutte insieme vennero immortalate in una bella foto di gruppo: Kyoko cinse le spalle di Fuyuko con un braccio e con la mano libera fece il segno della vittoria. Già, aveva proprio vinto quel giorno.
    Inaspettatamente, Hana decise di unirsi a loro. Kyoko le sorrise, era un bel passo avanti per qualcuno di evidentemente timido come lei.
    «Oh oh, lo faccio io il selfie!»
    L’entusiasmo nella voce di Kyoko era palpabile. Non era bravissima nel fare fotografie, ma era la più indicata: era tra le più alte in quel gruppo e gli anni di stretching e allungamento muscolare servivano a qualcosa. Aspettò che Hana le passasse il cellulare e si mettesse insieme a loro prima di alzare il braccio e inquadrare al meglio tutto il gruppo.
    «Al mio tre. Uno, due, tre… cheese!»
    Chissà se la sua totale incapacità di fare foto aveva rovinato quel bel momento.

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    Misty taste of moonshine, teardrop in my eyes
     
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    Hikaru Shiori Serizawa
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    Rivolta a: Risa | Luogo: primo piano, negozio di abbigliamento.

    Di fronte a quella situazione, il motivo per cui era solita evitare di regalare capi d'abbigliamento la colpì come un fulmine a ciel sereno. Hikaru, evidentemente non abituata a quel genere di situazione, sentiva la pressione gravarle incessantemente sulle spalle, non permettendole di rimanere del tutto lucida e rilassata.
    A conti fatti, aveva sempre avuto difficoltà con i regali, poiché la scarsa disponibilità economica le aveva sempre impedito di sbizzarrirsi, mantenendo degli standard molto bassi. La sua fortuna era sempre stata quella di aver avuto, da sempre, pochissime amicizie: i compleanni a cui partecipava erano strettamente quelli delle persone con cui andava più d'accordo e, abituata dalla vita difficile in un orfanotrofio, non aveva mai trovato difficile adattarsi alle difficoltà economiche che nacquero come conseguenza della morte del padre adottivo.
    Tuttavia, la sua inesperienza giocava un ruolo decisamente importante in quel frangente: era così poco avvezza a fare regali che, ora che poteva permettersi di essere un po' più rilassata grazie al suo lavoro part-time, le risultava difficile adattarsi alla situazione che aveva di fronte. Dopotutto, oltre a qualche disegno, una cena fuori o una scatola di cioccolatini, Hikaru non aveva mai fatto regali che durassero nel tempo.
    Bastò la constatazione di Risa, comunque, a riportare Hikaru alla realtà. Fu, in effetti, una constatazione piuttosto intelligente, e di fronte alle sue parole esibì un sorriso imbarazzato.
    «Sì, hai perfettamente ragione» commentò con quel pizzico di lucidità ritrovata, portandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Ecco, un segno del suo sentirsi in imbarazzo, ma che non poteva essere colto proprio da chiunque. Quando era nervosa, doveva necessariamente trovare un modo per sfogare la sua agitazione, e spesso equivaleva a tenere impegnate le mani in qualcosa. Giocare con i propri capelli, dal riposizionare le ciocche dietro le orecchie o arricciarsi quest'ultime tra le dita delle mani, rientrava in una delle sue attività anti-stress predilette.
    Risa, però, prese l'iniziativa e, dopo essersi guardata attorno ━ probabilmente per accertarsi che nessuno le guardasse ━, mosse qualche passo indietro e... le mostrò il cappotto semplicemente per quel che era, chiudendo la cinta sulla vita con la mano libera per simulare la chiusura del cappotto e l'effetto che avrebbe fatto su un corpo. Fu un gesto particolare, una cosa che non aveva mai visto fare prima di allora, e fu abbastanza per farle stendere un po' i nervi: Risa, che la conosceva a malapena, si stava davvero impegnando per aiutarla, come se fossero amiche da sempre. Quell'unico pensiero suscitò una strana sensazione in Hikaru che, presa alla provvista, lasciò andare lo sbuffo di una risata: non aveva intenzione di ferire o offendere Risa, anzi, ma la trovava veramente carina. Le era grata per ciò che stava facendo.
    «Ora che me lo fai vedere così» enunciò Hikaru, avvicinandosi alla ragazza e rivolgendole un sorriso premuroso, nel limite di ciò che lei riusciva a fare, «credo che sia perfetto. Grazie mille Risa-san, ti sono debitrice.»
    E lo pensava davvero. Lei era sinceramente contenta di essersi imbattuta in Risa, così com'era contenta che la ragazza si fosse prestata alla sua richiesta azzardata. Ne era davvero felice.
    «Direi che sono apposto così» mormorò poco dopo, prima di afferrare il cappotto, pronta per dirigersi verso la cassa. «Ti chiedo scusa per averti trattenuta per una cosa del genere.»
    ... e ora, cosa doveva fare? Una parte di sé era tentata di chiederle il numero di telefono o il contatto B-social per rimanere in contatto, in fin dei conti si era trovata bene con lei e, oltretutto, voleva ricambiare il favore in qualche modo. Ma, su due piedi, non sapeva proprio come chiederglielo. Aveva avuto la prova concreta di quanto Tokyo fosse più piccola di quel che credeva, dopo aver incontrato Kujo Hayato in più di un'occasione tanto da aver messo in discussione il fatto che fosse nient'altro che una coincidenza, perciò non dava per scontato che ciò che era successo con l'investigatore non potesse riaccadere con Risa... ma se così non fosse stato? Se l'investigatore della CCG fosse stata una persecuzione e avesse perso i contatti con Risa? Non poteva lasciare che ciò accadesse.
    «Risa-san» la chiamò all'attenzione, dunque, rivolgendole un sorriso a metà tra il cordiale e il nervoso, «non voglio risultare inopportuna, ma... ce l'hai B-social? Mi piacerebbe rimanere in contatto con te.»
    Oh, ce l'aveva fatta, gliel'aveva chiesto davvero.

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    majoring in marine biology
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