[QUEST] 🎄 メリークリスマス – that’s Merry Christmas in Japanese! ❄️

[ROLE EVENTO 05] 12/12/2021 dalle 10:00 circa, soleggiato @Wonder Land Shopping Center

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    ALEXANDRE "ROMAIN" DE LACROIX
    Consigliare un libro per una persona che non si conosce era un'impresa talmente ardua che Alex l'avrebbe annoverata direttamente affianco allo scalare l'Everest in costume da bagno. Perlomeno gli era capitata l'opzione migliore fra le tre: un fratello. Perché se ancora ancora avrebbe potuto sorvolare sull'amico, se avesse dovuto consigliare un romanzo per la potenziale fidanzata di Yun-ho, quello avrebbe fatto scivolare il ragazzo in fondo alla lista di persone rispettabili con cui interagire. Insomma, come si faceva a non sapere i gusti del proprio partner anche senza intendersi nello specifico dell'argomento? Già con gli amici poteva essere più comprensibile, mentre... beh, Alex era sempre stato figlio unico, quindi non aveva la più pallida idea di come potesse essere avere una sorella o un fratello, era ovvio che vedesse le cose a quel modo.
    Per quanto il coreano sembrasse una statua, il suo tentativo di rassicurare il francese entrò in porto e approdò anche fin troppo facilmente: non c'era problema, il rosso aveva abbastanza espressività per entrambi, e si sentiva un po' meno sciocco a sapere di non essere il solo ad aver fatto una gaffe con il nome.
    Già il fatto che qualcuno si ricordasse di lui gli sembrava... mistico.
    «Oh! Meglio! ...Cioè, no. Insomma... voglio dire, piacere! Alexandre, ma va bene anche solo Alex.» borbottò, con un sorriso luminoso, rassicurato da quel fatto. Fece per tendergli la mano, ma poi si ricordò di essere in Giappone e... finì per portarsela al petto per indicarsi in modo un po' goffo, accennando un mezzo inchino, prima di tornare a guardare lo scaffale e il ripiano su cui erano poggiati qualche dozzina di libri, facendo scorrere le iridi smeraldine fra i titoli impilati l'uno sull'altro.
    Ecco, ora arrivava la parte difficile. Non sapeva proprio da dove partire. L'investigatore sembrava giovane, ma comunque già abbastanza adulto. Forse erano coetanei, e Alex non poté fare a meno di chiedersi se stesse cercando qualcosa per un fratello maggiore o minore. «Mmh. Perché non provi questo?» mormorò infine, riportando lo sguardo sul corvino, e prese una copia del libro che stava leggendo prima e che aveva già messo da parte anche per sé.
    "Il sentiero della mano Sinistra."
    Beh, a leggerlo il titolo era leggermente creepy, ora che ci faceva caso, sebbene non credeva fosse un horror. Altrimenti sarebbe stato nella sezione apposita due scaffali più in là.
    «Credo che sia un urban-fantasy, però l'ho appena trovato anche io, quindi non so di cosa parla.»
    La copertina era di un rosso cupo, e al centro si intravedeva un disegno di un ragazzo si spalle che sembrava scendere delle ripide scale verso quello che pareva un lago, al cui centro spuntava un imponente albero che protendeva i suoi rami verso l'alto, fino a disperderli nel rosso sotto il titolo, inciso in bianchi caratteri cubitali appena in rilievo.
    Perché consigliare un libro che non si è letto?
    Beh, Alexandre ogni tanto faceva le cose a sentimento, inoltre almeno non avrebbe dovuto prendersi la colpa se il libro fosse stato brutto. Senza contare che se avesse consigliato uno dei suoi libri preferiti e al fratello dell'investigatore non fosse piaciuto, ci sarebbe rimasto male, oltre a sentirsi in colpa per aver dato un suggerimento consiglio per i prossimi mesi a venire.
    «Giudicare un libro dalla copertina rientra nei diritti del lettore, e questo mi ispira. – concluse, dopo qualche secondo, porgendo il libro al ragazzo. Chiaramente non si sarebbe offeso se avesse rifiutato di prenderlo, più che a comprarlo senza riflettere era un invito a sfogliarlo e a curiosare. – Anche sfogliare fra le pagine lo è. Prova.»
    SPEAKING TO:YUN-HO
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    ❅❅❅

    VICTOR KRIEGER
    Victor non era una persona che parlava granché: amava le cose utili, odiava quelle inutili e riteneva che immergersi in conversazioni di circostanza o perdersi ad offrire gentilezze fosse una perdita di tempo. Forse era un tratto caratteriale abbastanza comune per un individuo che non credeva nella bontà umana da quando aveva circa sette anni, eppure in quel momento un narratore onnisciente avrebbe potuto dirgli che in realtà aveva più cose in comune con Elke di quanto lui stesso potesse immaginare.
    Prima fra tutte, la lingua, ma anche l'attitudine con la quale entrambi guardavano il mondo; solo che una era un po' più abituata a "mantenere le apparenze" e all'altro non fregava un cazzo. Non erano simili, per niente, ma forse avrebbero potuto persino instaurare una conversazione decente senza aggredirsi verbalmente nel giro di cinque secondi, se almeno ad uno dei due fosse importato qualcosa. Se.
    Peccato che così non era. Victor era lì per i fatti suoi ed Elke altrettanto. La loro punta di contatto era stata una scintilla che non aveva trovato abbastanza erba secca per attecchire e prendere a bruciare. Il che non era positivo, ma neanche del tutto negativo perché a volte anche le scintille sono capaci di fare terra bruciata di un rigoglioso campo nel giro di pochi minuti.
    Quando l'altra gli diede ragione con un "in effetti" molto tirato, l'olandese non si sorprese più di tanto, visto che secondo il suo ristretto punto di vista tutte le persone intelligenti avrebbero dovuto pensarla come lui. Non c'era poi chissà che cosa di notevole sul suolo giapponese, per quanto lo riguardava era solo un posto in cui lavorare e, suppose, dalla risposta, lo fosse anche per Elke. Magari anche lì c'entrava di mezzo quel ragazzino che si portava appresso. Come lo aveva chiamato? Katchen?
    Qualunque fosse il motivo, tuttavia, a Victor non importava e non aveva bisogno di farsi offrire un caffè, quindi sminuì l'omaggio della giovane con un gesto sbrigativo e lanciò un'occhiata severa a quello che aveva erroneamente scambiato per suo fratello e che si era allontanato con la stessa rapidità di un topolino spaventato. Segretamente però, l'investigatore apprezzò quell'atteggiamento così conciso e diretto con cui la tedesca gli si era mostrata. Non tutti erano sempre abbastanza abili da leggere correttamente la stanza e cogliere al volo la situazione. Victor apprezzava le persone sveglie e odiava quelle insistenti, indi per cui approvò il suo capire che volesse essere lasciato in pace, tanto che gli venne persino da risponderle.
    «Va bene. Grazie allora, non serve. – ribadì, addirittura con una punta di sarcasmo nella voce, e poi inarcò un sopracciglio. –Buone Feste.» ripeté, atono, ma molto interrogativo nei meandri della sua mente, non del tutto certo di starsi davvero rivolgendo alla ragazza con i capelli arancioni, e poi tornò a guardare la tazzina di caffè. Bah, che razza di gente augurava buone feste ad una persona sconosciuta?
    SPEAKING TO:ELKE
    CCGGROUND FLOOR
    tpIoKPD

    CITAZIONE (alyë @ 17/1/2022, 22:21)
    io ci ho provato sob x°°

    e TI ASSICURO che noi abbiamo apprezzato.
    ...è solo una persona difficile.
     
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    Shinobu Hanyuu
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    Rivolta a: Nadeshiko, Hana, Kyoko e Fuyuko | Luogo: piano terra, nei pressi della caffetteria.

    Come tutte, anche Shinobu rimase sorpresa dalla vocina di Hana che proponeva di fare un selfie tutte insieme. Sulle prime non seppe neanche come reagire, gli occhi s'ingrandirono e il sorriso che aveva sulle labbra venne vagamente spezzato dallo schiudersi delle labbra, accentuando la sorpresa provata in quell'istante. Guardò le altre per un lasso di tempo veramente minimo, prima di annuire con vigore e rivolgere un sorriso raggiante ad Hana. Non immaginava neanche lontanamente quanto coraggio aveva dovuto pescare per avanzare una simile proposta, vista la sua timidezza e il disagio lampante che aveva provato fino a quel momento, ma Shinobu pensò che Hana stava semplicemente cercando di superare le sue difficoltà e provare ad avere un bel ricordo di quel momento.
    Se solo fosse stata un briciolo più emotiva di quanto realmente era, probabilmente Shinobu sarebbe potuta scoppiare in lacrime a quella presa di coraggio, e sarebbe corsa a strizzare Hana urlando di gioia, stringendola in un caldo abbraccio e dicendole quanto fosse fiera di lei.
    Ma, oltre a non essere così emotiva da scoppiare in lacrime, si stava trattenendo dall'esplodere in quella reazione esagerata che avrebbe potuto mettere nuovamente a disagio la ragazza. Perciò, dopo averle rivolto quel sorriso raggiante, non fece niente di avventato e, piuttosto, si scostò per permettere ad Hana di avvicinarsi ed inserirsi tra lei e Nadeshiko, solo più avanti, in modo tale che potesse vedersi bene.
    «Sono veramente felice di fare questa foto insieme!» pigolò in preda all'emozione, prima di annuire una volta che Kyoko si offrì di scattare il selfie. Credeva anche lei che quella ragazza fosse più che perfetta per ricoprire il ruolo del selfie stick: era più alta e slanciata, probabilmente non c'era persona più adatta di lei per quel compito. Anche Shinobu era atletica, ma la sua altezza ridotta diventava un ostacolo quando si trattava di questo genere di cose.
    «Certo Kyoko-san~» cinguettò quindi, finendo di sistemarsi ed esibire di nuovo il segno della vittoria con la propria mano sinistra, questa volta più vicino al viso, trattenendo il braccio dall'allungarsi in avanti e rovinare la presenza di Hana. Sarebbe stata una perfetta Hanyuu Shinobu, ma un po' meno caotica e più posata. «Cheese!»
    Ovviamente non si udì il suono standard del click della fotocamera del cellulare per via del caos generale che vigeva incontrastato al Wonder Land Shopping Center quel giorno, ma aspettò per sicurezza qualche manciata di secondi, prima di sciogliersi ed allontanarsi dalle amiche solo per avvicinarsi a Kyoko e rivolgerle un sorriso.
    «Sono curiosa di vedere com'è uscita~» ammise allegramente, guardando il cellulare ad una distanza sufficiente perché riuscisse a vedere bene la foto, ma senza impedire che anche le altre ragazze potessero guardarla.
    «Wow, i capelli di Fuyuko-san con questa luce sembrano ancora più belli~»

    «Parlato»
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    Son Yun-ho
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    Rivolto a: Alexandre | Luogo: piano terra, libreria.

    Il ragazzo che aveva di fronte ᅳ che si era presentato come Alexandre ᅳ aveva tutta l'aria di essere una persona che si sentiva a disagio facilmente. O almeno, era quello che gli trasparì dopo pochi attimi e quei "brevi" scambi di parola. Yun-ho s'interrogò per qualche istante sul motivo per cui l'altro potesse sentirsi così: il fatto di incontrare un collega in un giorno di riposo? Oppure l'intera situazione del doversi rapportare a qualcuno con cui non aveva mai parlato? Non poteva saperlo.
    Sotto un certo punto di vista, gli ricordava il fratello: era una persona tendenzialmente socievole e che apprezzava la compagnia, si divertiva facilmente ed era piuttosto allegro e dalla parlantina facile. Non che desse per scontato che anche l'uomo che aveva di fronte fosse così, ma il modo in cui cercava di correggere quei brevi istanti di défaillance nel miglior modo che gli riusciva gli ricordava proprio come Yun-min si approcciava alle persone che non conosceva. Fu strano paragonarli, però fu una cosa che lo intenerì.
    ... ma ovviamente non lo dimostrò neanche un po'. Neanche quel fuggevole attimo di tenera riflessione fu abbastanza per sporcare l'espressione seria e rilassata che indossava il coreano, macchiata soltanto da quel breve ed impercettibile accenno di un sorriso.
    «Son Yun-ho» bofonchiò qualche istante dopo, per ricambiare il presentarsi altrui, osservando per un tempo molto breve la mano di lui che si allungava verso di lui, per poi venir portata al proprio petto in maniera alquanto goffa e disordinata. Non comprese quel gesto, ma non s'interrogò ulteriormente: analizzare le persone anche durante il suo giorno libero non era una cosa positiva, e probabilmente Alexandre non l'avrebbe affatto apprezzato, se l'avesse saputo. O almeno, era quello che pensò in quel momento, realizzando quanto poco educato potesse essere. «Piacere di conoscerla.»
    ... quanto fosse un piacere non lo sapeva, ma tant'é. Era fin troppo abituato alla cordialità, e anche se non era un piacere e le conversazioni lo annoiavano, si sentiva costretto a dirlo ogni singola volta. Fortunatamente non era quello il caso: il ragazzo caucasico gli stava dando una mano per la quale gli sarebbe stato sicuramente debitore, il piacere era assolutamente genuino. La sua faccia impassibile non lo dimostrava affatto, ma non lo reputava un problema. Lui.
    Si perse ad ascoltare l'altro mentre afferrava un libro dalla copertina alquanto affascinante. I colori tetri che la componevano gli davano una piacevole sensazione, tant'era che rimase a contemplarla per qualche istante, rivolgendo lo sguardo solo ad essa ed evitando quello di Alexandre, perché esaminare la copertina del libro mentre ascoltava quello che l'altro aveva da dire era il modo migliore, secondo lui, per comprendere se la scelta fosse azzeccata oppure no. Non che potesse capire se la scelta fosse giusta soltanto da un'occhiata alla copertina e le parole dell'altro, ma era sicuramente meglio di quello che avrebbe potuto scegliere se avesse continuato da solo.
    Il fatto che non avesse la benché minima idea di che cosa fosse un urban-fantasy ᅳ a rigor di logica, un fantasy ambientato in città? ᅳ non lo fermò dal considerare l'idea. Alexandre era stato gentile e, pur non avendolo letto, gli stava dando dei consigli che alle sue orecchie risultavano ottimi. Un giorno avrebbe rimediato anche lui e avrebbe cominciato a leggere qualche libro che fosse diverso dai libri di testo scolastici e tutta quella branca di libri enciclopedici ed informativi. Qualche lettura più leggera sicuramente non gli avrebbe fatto male.
    «Capisco» mormorò con un filo di voce, lasciata scivolare via poiché assorto a pensare, ma si premurò di rivolgergli un sorriso cordiale, per quanto breve ed assolutamente poco accennato fosse, afferrando il libro che Alexandre gli aveva porto, rigirandoselo tra le mani. Sotto suo suggerimento, cominciò a sfogliare le pagine, ne lesse la trama e analizzò i titoli dei capitoli, come se leggere i titoli dei capitoli fosse diventato di vitale importanza.
    Dopo poco, richiuse il libro, volgendo lo sguardo al suo interlocutore.
    «Sembra interessante» commentò tranquillo: sicuramente non poteva dare un giudizio esperto, sia perché non era esperto sia perché una rapida occhiata non gli avrebbe mai consentito di capire anche solo l'essenza di quel libro che stringeva tra le mani, ma era soddisfatto: aveva catturato la sua attenzione e credeva che una lettura simile potesse fare al caso di Yun-min.
    «La ringrazio per i consigli» aggiunse infine, chinando il capo per enfatizzare il suo ringraziamento. «Le auguro una buona giornata.»
    Fiscale e telegrafico, come sempre.

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    quinque: dvorit (bikaku)
     
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    TAKUTO ARAKAWA
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    Rivolto a: Isaac, accenno al gruppo del selfie e brofist a Nadeshiko | Luogo: Caffetteria, quindi verso il primo piano

    Ridere con Isaac si rivelò qualcosa di estremamente facile per Takuto ancora una volta, così in sintonia come se fossero amici da sempre. L’avrebbe certamente raccontato ad Haruki con tutto l’entusiasmo del caso, molto probabilmente il ragazzo avrebbe gradito il fatto che suo fratello si fosse fatto un nuovo amico, ma dall’altra parte chissà come avrebbe preso la notizia di un secondo Takuto esistente al mondo e pure amico suo?
    « Fra stai tranquillo: ho fissato uno standard, e se si fanno andare bene me, si fanno andare bene tutti. » ridacchiò prendendo poi un boccone della torta.
    A parte il promettergli che gli avrebbe assolutamente raccontato della miglior forma di vita esistente al mondo, cioè il tardigrado, si ritrovò a sorridere felice e con un certo orgoglio ai complimenti di Isaac, in un modo completamente distaccato dal mood dell’intero tempo passato insieme: amava davvero tanto Haruki, così come amava tanto Rucola, per non parlare di sua madre e del suo compagno, ma per Haruki era proprio un mondo a parte, e ogni volta che gli si facevano complimenti al riguardo il suo petto si riempiva di gioia e orgoglio. Era più forte di lui.
    « Grazie. Li amo davvero tanto. » confermò dopo aver dato un’ultima occhiata alla foto prima di mettere via il cellulare. Ad ogni modo, proseguendo con il consumo della loro colazione, Takuto annuì al suo invito ad andarsene in giro per negozi insieme: era senz’altro un’ottima idea, e poi era molto più divertente andarci con qualcuno che soli.
    « Certo, finiamo qua e andiamo a comprare cianfrusaglie. » gli sorrise affabile prendendo poi un sorso del frappuccino. Quella mattinata stava andando meglio del previsto! Certo, mai si sarebbe aspettato che avrebbe incontrato un’anima affine a lui in Giappone, men che meno che gli dicesse di aver usato una metafora che includeva la follia e il guanciale nella carbonara…! A quel punto Takuto batté la mano sinistra sul tavolo facendo tintinnare i vari bracciali che ne oscuravano completamente il polso da sotto la manica della giacca; ovviamente gli vennero rivolte altre occhiatacce, ma il verde le ignorò bellamente come al suo solito.
    « A parte che sei un poeta, ma fra, io te la preparo la carbonara. Ho imparato da un italiano che ho conosciuto là, proprio di Roma, quindi la preparo a te e alla tua consorte! Ormai è una questione di principio: andare a vivere in Italia cambia le tue priorità fra, quindi ora te la devo far mangiare. » decretò Takuto serio ma sempre con un tono divertito: chissà che faccia esterrefatta avrebbe fatto Haruki vedendo Takuto ai fornelli… Erano abituati ai cibi precotti per praticità, o a mangiare fuori, ma ciò non significava che Takuto non fosse in grado di cucinare, anzi non era neanche malaccio, e lo stare in giro per il mondo aveva aiutato anche in questo versante.
    Ad ogni modo, una volta finita la loro colazione e pagato il conto, i due si avviarono verso l’uscita, diretti al primo piano per cominciare il loro giro, e nell’uscire Takuto vide un gruppo di ragazze che si erano appena scattate una foto e ne erano contentissime: era una bella giornata per tante persone, che bello! Ma comunque tra loro riconobbe nello specifico la ragazza dai capelli rosa e decise di salutarla anche solo di passaggio.
    « Yo Hokuto-chan! Sono quello che ti ha commissionato il T-Rex che mangia la pizza, non so se ti ricordi. Continua così che sfondi tutto! E divertitevi. Buon Natale! » salutò prima lei e poi estese il saluto alle accompagnatrici: non voleva importunare nessuno, ma sapeva quanto i complimenti fossero sempre qualcosa di bello da fare e da ricevere, quindi si era detto di non perdere l’occasione. Soprattutto come poteva perdere l’occasione di offrirle il pugno per un brofist?
    Ovviamente tornò poi subito dopo a parlare col compare facendogli vedere il T-Rex disegnato da Hokuto per lui, così da farle avere un nuovo fan magari, e immergendosi poi in una disquisizione sul tardigrado mentre andavano a caccia di cose inutili.
    A fine shopping si sarebbe certamente ricordato di scambiare il numero con lui, oltre al contatto social di prima: aveva proprio bisogno di Isaac nella sua vita.

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    RICERCATORE CCG
    LE GOMME MUOIONO LENTAMENTE PER COLPA DEI TUOI ERRORI


    RISA HASEGAWA
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    Rivolta a: Shiori | Luogo: Primo piano, negozio di abbigliamento; quindi piano terra, negozio di elettronica

    Doveva davvero sembrare una stupida nel mentre goffamente alzava il cappotto e ci armeggiava, visto che la ragazza ridacchiò appena, ma quando le si riavvicinò constatò come la sua idea fosse in realtà stata buona, anzi decisiva, tanto da ringraziarla, e tanto le bastò a non prendersela: era stata stramba come al solito, ma era riuscita ad aiutare qualcuno, evviva! Poteva chiaramente sentire suo nonno Kristof piagnucolare quanto fosse brava sua nipote, anche se la coppia di fantasmi non l’aveva seguita quel giorno.
    « Di niente, figurati. » le disse con dolcezza consegnandole la gruccia col cappotto e mettendo le mani in tasca; al suo chiederle scusa, Risa scosse debolmente il capo sforzandosi di sorridere in maniera perlomeno percettibile.
    « Non scusarti, davvero. Mi ha fatto piacere aiutarti, e sono contenta che tu sia riuscita a trovare il regalo. » la rassicurò in tono sincero, cominciando a sentire di doversi togliere di mezzo: aveva fatto il suo dovere, no? Ora doveva andarsene, o almeno andare a nascondersi da qualche parte per evitare la figuraccia di farsi ribeccare in negozio dopo averle detto che non doveva comprare niente.
    « Allora… Ciao, ci vediamo. » la salutò con l’elasticità di un pezzo di cartone, e non fece in tempo a girarsi e a chiedersi se non avesse dovuto almeno chiederle un che di contatto (dando per scontato che Hikaru non volesse risentirla) che si sentì richiamare da lei.
    « Sì? » le chiese rivoltandosi e trovando l’altra con un sorriso… Diverso, teso. Risa cominciò a temere di aver fatto qualcosa di strano.
    « Non voglio risultare inopportuna, ma... ce l'hai B-social? Mi piacerebbe rimanere in contatto con te. » le chiese, e fu come se si fosse tolta un qualche peso. Risa invece parve aver ricevuto una doccia gelata che l’aveva lasciata senza fiato: il suo volto naturalmente disteso mostrò un accenno di stupore con lo sbattere le palpebre in fretta un paio di volte.
    « Davvero? » le chiese di getto, mordendosi poi la lingua arrossendo appena « N-no, volevo dire… Certo che ce l’ho. » le disse prendendo alla svelta il cellulare e scambiandosi i dati con l’altra, sorridendole poi quanto più visibilmente possibile, arrivando a superare l’accenno di sorriso.
    « Grazie, Hikaru-san. E’ stato bello incontrarti, ehm… Possiamo rifarlo poi, se ti va. » non era proprio brava nei convenevoli, ma era certa di starsi impegnando al massimo; prima di salutarla si inchinò brevemente « Allora ci sentiamo, ciao. Oh! E buon Natale. » si congedò infine col cuore che le martellava in petto, e una volta uscita dal negozio e mescolatasi tra la folla prendendo le scale mobili che portavano al piano terra, si guardò velocemente attorno: le serviva un luogo nel quale aspettare che la povera Hikaru andasse via prima di ritornare a cercare i regali per Ryoga e per la mamma… Ma dove? Una caffetteria era il luogo meno indicato, altri negozi di vestiti pure…
    La scala mobile l’aveva portata al piano terra, e lì decise di seguire l’insegna al neon del negozio di elettronica: non le sembrava una nerd, sicuramente non l’avrebbe trovata al reparto videogiochi. Sì, era il posto giusto, si disse entrando e andando poi spedita a fare del sano window shopping di giochi che non si sarebbe mai potuta permettere.

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    Kazuya Shinkai Cheshire Cat
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    Rivolto a: nessuno. | Luogo: negozio di elettronica.

    Kazuya ebbe bisogno di un tempo decisamente troppo lungo perché le mani, chiuse a pugno e affondate nelle tasche del giubbotto, smettessero di tremare. Non aveva realizzato quanta paura avesse davvero provato finché non si era trovato da solo, finalmente libero dalla necessità di far buon viso a cattivo gioco.
    Trovarsi in un luogo ricco di distrazioni e stimoli si rivelò una manna dal cielo, i suoi piedi erano stati intelligenti nel trascinarlo proprio lì. Dopo dieci minuti di assoluto silenzio, durante i quali non aveva fatto altro che percorrere avanti e indietro la stessa linea retta davanti a uno scaffale, si era calmato e aveva smesso di fingersi interessato alle specifiche delle cuffie over-ear esposte. Sapeva esattamente cosa fare. Le sue mani si allungarono verso una confezione di cuffie con orecchie di gatto azzurre a luci LED, la prese dalla fila e piano piano strinse al petto, contento: aveva trovato il regalo per Hotaru.
    Adesso tutto andava un po’ meglio. Per quanto riguardava i regali per i genitori, invece, non aveva ancora avuto tempo di schiarirsi per bene le idee, magari ci avrebbe pensato mentre finiva il giro per il negozio.
    Equo nel suo dispensare diffidenza nei confronti del mondo intero e disprezzo nei confronti delle regole della società civile, prima di rimettersi in marcia verso la sezione dedicata ai videogame - la sua ambrosia -, Kazuya si tirò il cappuccio del giubbotto sulla testa, in modo da ostruire tanto la propria vista periferica quanto gli sguardi altrui a lui indirizzati. Una reazione sciocca e pericolosa, considerando da chi stava scappando, ma troppo istintiva per evitarla.
    Una volta nella zona dei videogiochi, piuttosto piccola ma ben fornita da quel che poteva dedurre con un’occhiata, Kazuya notò distintamente un cono di luce - in realtà esistente solo nella sua fervida immaginazione - rischiarare una postazione per provare una Nintendo Switch. A confermare che stesse aspettando proprio lui, sul display troneggiava il suo gioco preferito: The binding of Isaac. Quella era una quest, e lo stava chiamando.

    Pochi minuti più tardi, passando per la zona dei videogiochi si sarebbe potuto assistere a una scena tipicamente asiatica: seduto su un divanetto e con le mani strette attorno ai controller della Nintendo Switch, un ragazzino concentratissimo combatteva uno scontro al limite della comprensione umana a suon di bullet hell, visibile sul televisore fissato al muro davanti a lui.
    La realizzazione del meme sul fatto che qualunque cosa tu sappia fare, ci sarà sempre un asiatico capace di farla cento volte meglio. Beh, in quel caso mezzo asiatico.
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    RISA HASEGAWA
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    Rivolta a: Kazuya, accenni iniziali a Shiori | Luogo: Piano terra, negozio di elettronica

    Gli occhi rossicci di Risa dettero una scorsa a diversi videogiochi per diverse console, senza dargli in realtà troppo peso, d’altronde non era lì per comprare; la verità era che la propria mente era completamente da un’altra parte, ancora piuttosto stordita da quanto avvenuto poco prima: dopo quasi due anni di nulla, era tornata a interagire con qualcuno che non conosceva quasi, e non solo si era circa comportata bene - o almeno così le era sembrato dalle reazioni di Hikaru - ma le era stato addirittura chiesto di scambiarsi i contatti così da potersi risentire… Quindi ad Hikaru doveva essere in qualche modo piaciuto trascorrere quel breve tempo insieme. Risa ne era ancora positivamente emozionata, ma il rovescio della medaglia era assai amaro: si sentiva in colpa ad averle mentito sui suoi piani, arrivando a scappare e rifugiarsi laddove immaginava non l’avrebbe incontrata, ma come detto in precedenza non se la sentiva di affrontare l’argomento denaro con lei; era una cosa che la metteva piuttosto a disagio, anche e soprattutto per questo stava facendo di tutto per lavorare e mettere su qualche spicciolo: voleva essere indipendente, e soprattutto voleva aiutare in casa, ricoprire di regali sua madre e suo fratello… Ma per il momento non era totalmente possibile. Avrebbe messo da parte un gruzzoletto e poi avrebbe contattato Hikaru-san lei stessa per invitarla a uscire, si ripromise con convinzione anche per consolarsi dal malumore che l’aveva avvolta.
    Prese il cellulare per guardare l’orario sul display, pensando se chiamare subito Ryoga e raccontargli tutto o meno, quando sentì una certa soundtrack provenire da non molto lontano, nello specifico dalla zona prova per console. La soundtrack la riconobbe immediatamente, era di The Binding of Isaac: qualcuno doveva essere entrato in una challenge room, evidentemente a secco di oggetti validi. Se Risa conoscesse il titolo in questione? Certo che sì, anzi le piaceva molto giocarci, al punto di essersi ripromessa di acquistare poi il titolo e giocarci anche in via legale poi. Che cosa deplorevole, già.
    Ad ogni modo, rimesso il cellulare in tasca, si recò verso la postazione dove vide una Nintendo Switch in docked collegata a un monitor enorme che trasmetteva proprio il gioco, e alla postazione del giocatore c’era… Un tipo incappucciato. O meglio, sembrava un ragazzo data l’ampiezza delle spalle, anche se le cuffie con le orecchie da gatto al suo fianco sembravano voler trarre in inganno chi lo approcciasse. Risa stette a guardare come il tipo riuscì a schivare agilmente gli attacchi di una pool di nemici particolarmente cattiva senza prendere nessun danno (e vedendo i nemici che aveva davanti, si accorse di aver sbagliato: non era una semplice challenge room, ma una boss challenge room, con quindi i boss come nemici), e come premio per la fine della challenge room ricevette Synthoil, ne riconobbe il colore viola chiaro. Decisamente un ottimo oggetto, visto come aumentava danno, range e altezza delle lacrime.
    « Che fortuna! A me l’ultima volta ha droppato Pageant Boy, che fregatura. » commentò a quel punto assorta dai suoi pensieri; ironico come poco prima si stesse dannando per non avere soldi e ora si fosse messa a disprezzare un oggetto che dava monetine al giocatore, ma in Isaac quello non era quasi mai un buon oggetto.
    Solo dopo un momento si accorse di averlo detto ad alta voce.
    « Ah, scusa, non volevo disturbare. E’ che The Binding of Isaac piace molto anche a me, e stavi giocando così bene che mi sono fermata a guardare senza accorgermene. » fece un passo indietro la castana, ritrovatasi di fianco alla persona col controller in mano.
    Una giornata all’insegna delle interazioni sociali, direbbe Ryoga che vede sempre il lato positivo; Risa ci vedeva solo il lunghissimo elenco di figuracce fatte nel giro di neanche un’oretta che era in quel centro commerciale.

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    Rivolto a: Risa. | Luogo: negozio di elettronica.

    Quella soundtrack era così radicata nel cervello di Kazuya, sottofondo musicale persino dei suoi sogni, da risultare inudibile ai suoi timpani nonostante stesse inconsapevolmente facendo un leggero vibing con la testa. Nella sua libreria Steam vantava il primo posto di gioco più giocato, seguito da perle di incontestabile qualità come Untitled Goose Simulator, con la bellezza di oltre seicento ore che avevano fatto di lui un hardcore gamer.
    Se c’era qualcosa in grado di distrarlo e paradossalmente rilassarlo, quello era The Binding of Isaac coi suoi ritmi frenetici e la musica che dava la carica. Nell’arco di una decina di minuti, infatti, le spalle di Kazuya persero la rigidità che aveva finora contratto i muscoli, e quando il cappuccio cominciò, tra un vibing e l’altro, a scivolargli dalla testa non se ne accorse nemmeno. Sua madre sarebbe stata terrorizzata dall’ipnosi che i videogiochi sembravano esercitare sul suo amato orsetto troppo cresciuto; era incredibile che per godersi un hobby Kazuya dovesse approfittare dei negozi o aspettare che i pianeti si incrociassero per avere la casa libera.
    Inutile dire che, quindi, quel quarto d’ora se lo godette appieno, coronandolo con un sorriso deliziato quando ricevette la sua meritata ricompensa: Synthoil.
    Almeno finché non udì qualcosa che non ricordava proprio far parte del gioco.
    Solo dopo un lungo, imbarazzante ritardo si rese conto che quello non era un suono di gioco ma la voce di un essere umano. E sobbalzò come un gatto spaventato da un rumore improvviso. In ritardo. Ottimo modo per dare una superba prima impressione.
    Gli occhi chiari scattarono di lato, incontrando la figura di una coetanea dai voluminosi capelli bruni e lo sguardo un po’ spento. Sebbene fosse minacciosa quanto un furetto, Kazuya riuscì comunque a irrigidirsi dalla testa ai piedi.
    «È… è tutto a posto.» provò a dire, in islandese.
    Quello fu il momento in cui sentì distintamente il peso della corona del re degli allocchi.
    «No problem!» e questo era inglese, sì. Fortunatamente il suo cervello a quel punto ricominciò a funzionare in giapponese. «Cioè… scusa se non ti ho vista, ero troppo concentrato e quando succede mi… mi concentro, ecco.»
    … forse sarebbe stato meglio fingersi un gaijin incapace di comunicare e farla finita.
    Arretrò sul divanetto con uno scatto, ritraendosi contro l’estremo nel tentativo di farle spazio.
    «Se vuoi giocare tu fai pure, credo di aver abusato della console per troppo tempo. Ti cedo volentieri Synthoil.» sperava di essersi almeno risparmiato il rossore che avrebbe coronato la sua immagine di sfigato, ma considerando quanto bollenti sentiva le guance aveva ben poche speranze.
    Adagiò con delicatezza i controller sulla seduta, per poi ricordarsi del regalo della sorella e toglierlo di mezzo appoggiandolo sulle proprie gambe.
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    Rivolta a: Kazuya | Luogo: Piano terra, negozio di elettronica

    Preso dalla musica frenetica e coinvolgente del titolo, la persona sul divanetto prese a muovere debolmente il capo a ritmo fino a farsi scivolare il cappuccio, rivelando una folta chioma scura e tonda che si muoveva placidamente a ritmo della testa e quindi della canzone. Quei capelli sembravano così morbidi… Finalmente Risa capì cosa diceva di provare Ryoga ogni volta che il suo sguardo andava ai capelli della più piccola di casa: anche lei voleva affondare le mani in quei capelli e sentire quanto fossero morbidi, un po’ come aveva toccato i capi nel negozio precedente. Naturalmente non lo fece, ma non nascose a sé stessa quel desiderio.
    Quei morbidi capelli si mossero di scatto insieme a tutto il corpo un istante (di troppo) dopo che Risa aveva lasciato andare il proprio pensiero, per il quale poi chiese scusa; a guardarla rigido come una stecca c’era una un ragazzo dagli occhi chiari e i lineamenti piuttosto delicati: era abituata agli occhi azzurri di Ryoga, quindi non ne fu sorpresa, almeno fino a che l’altro non le parlò piuttosto teso… In una lingua strana. E con una voce maschile, quindi poté finalmente mettersi l’anima in pace: aveva capito che davanti a lei c’era un maschio. Forse? Insomma, poteva far parte della comunità LGBT d’altronde… O forse semplicemente ci stava pensando troppo. Per il momento si limitò a inclinare il capo guardando l’altro in silenzio piuttosto perplessa (quindi con la solita faccia da pesce lesso), quindi tornò dritta davanti al suo “No problem”, e dovette infine trattenere un piccolo sbuffo di risata nel constatare una grande verità: quello davanti a lei era un caso umano su divano, corredato di controller della Switch e viso quasi color lampone ormai.
    « …sì, credo di capire. Comunque non ti preoccupare, anzi scusami ancora. » disimpegnò l’altro con anche un gesto della mano e un piccolo inchino alla fine, cogliendo il silenzioso invito dell’altro a sedersi con lui sul divanetto sfilandosi lo zainetto dalle spalle e lasciandolo a terra tra i suoi piedi: perché no, d’altronde?
    Si sorprese piuttosto nel vedergli lasciare i joy-con nello spazio tra loro: non voleva certamente interromperlo o cosa, voleva solo guardarlo giocare, ma se avesse rifiutato sarebbe stata interpretata come maleducata? Lo sguardo della ragazza passò rapidamente dai joy-con a lui, indecisa su cosa fare. Infine si sforzò di sorridere in maniera quantomeno visibile, anche se in un modo piuttosto tenue.
    « Credo che ti rovinerò la run, sono abituata ai comandi del pc… Ma posso fare una prova, magari facciamo un piano a testa. » propose dunque, prendendo i joy-con ancora piuttosto caldi tra le dita gelide e rivolgendo lo sguardo al monitor davanti a loro. Tolto il menù di pausa, prese Synthoil dal suo piedistallo senza uscire dalla stanza ora vuota e cominciò a banalmente provare i comandi, anche se in modo piuttosto goffo, portando gli occhi dallo schermo alle mani e viceversa.
    « E’ proprio difficile senza la tastiera… » mormorò quasi più a sé stessa che al ragazzo di fianco a lei, ma decise comunque di fare una prova, quindi uscì dalla stanza e andò in una stanza ancora non presente nella minimappa, affrontando maldestramente la piccola orda di nemici al suo interno e senza subire danni unicamente per la buona prontezza di riflessi; mise il menù di pausa e decise di allungare i joy-con all’altro, sospirando.
    « No, non riesco proprio, tieni. Giuro che sono più brava di così. » garantì aspettando che l’altro li prendesse, dunque si rilassò contro il divanetto. « E’ un problema se resto? » gli chiese ricordandosi solo dopo che non poteva esattamente fare ciò che voleva (infatti dovette reprimere l’istinto di sedersi portando le gambe al petto)... E ricordandosi solo dopo che quantomeno doveva presentarsi.
    « Ah, già… Io sono Hasegawa. Hasegawa Risa. Ho… Dimenticato di presentarmi. Scusa. »
    Caso Umano 2 joined the party!

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    Da uno a dieci, quanto era stata brutta l’impressione che le aveva dato? Probabilmente un numero molto alto, se non un bel dieci con lode. Fu infatti parecchio sorpreso di vedere qualcosa di simile a un accenno di sorriso farsi largo sulle labbra della ragazza; non si trattava della più grande manifestazione di approvazione, vero, ma i giapponesi non erano famosi per la loro tendenza alle reazioni esplosive e Kazuya non era tanto fuori dal mondo da non riconoscere un sorriso. Pieno di sfiducia in se stesso, però, non perse tempo a ricollegare l’espressione mite della coetanea alla semplice buona educazione. Non sarebbe stato carino fare presente che aveva appena parlato in tre lingue diverse senza alcun motivo, per poi arrossire come la protagonista di un manga shojo.
    Cielo, solo a ripensarci aveva i brividi. Se mai aveva avuto un briciolo di virilità, era morta nello stesso modo spietato degli avversari che aveva appena falciato su The Binding of Isaac.
    Avrebbe voluto cambiare faccia, se non direttamente identità. Normalmente sarebbe stato molto più gioviale e rilassato, ma quel maledetto di Jaden l’aveva turbato al punto di mandargli in tilt il cervello. Adesso a stento si ricordava come interagire con una persona in lingua giapponese.
    Mentre la brunetta si accomodava sul divano, Kazuya dovette praticamente costringersi a star fermo. Altrimenti avrebbe messo ancor più distanza tra sé e lei, ed era già a pochi centimetri dal rotolare per terra come un birillo.
    Doveva decisamente calmarsi, decise. Così, mentre lei afferrava poco convinta i controller cercando di familiarizzare coi comandi della Switch, Kazuya si concentrò sul prendere qualche respiro profondo e ripetersi che non aveva più niente di cui preoccuparsi.
    Percepiva da lei il distinto odore di ghoul, quindi non c’era neanche la possibilità che i morsi della fame gli ricordassero che alla fine non aveva fatto colazione. Andava tutto bene, poteva farcela a non sembrare un nerd della peggior specie.
    «… anche io ci ho messo un po’ ad abituarmi ai comandi della Switch. Su pc è molto più facile.» mugugnò sottovoce, costringendosi poi a sorridere e alzare un po’ il tono quando gli furono restituiti i joy-con. «Tranquilla. Di solito gioco in live, quindi sono abituato.»
    La ragazza, che si presentò come Risa, non sembrava affatto timida. Anzi, era proprio disinvolta! Avrebbe voluto anche lui essere così spigliato da presentarsi dopo appena due scambi di battute! Che tipa tosta, doveva assolutamente fare bella figura…
    «Io sono Shinkai Kazuya, è un piacere conoscerti, Hasegawa-san!» chinò il capo, anche se non ce n’era affatto bisogno. «Spero di non deludere le tue aspettative. Sono stato solo fortunato finora…»
    False menzogne false.
    Era bravo e lo sapeva, ma la pressione di un paio di occhi veri addosso avrebbe potuto portarlo a commettere errori stupidi, perciò voleva mettere le mani avanti.
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    RISA HASEGAWA
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    Quel tipo, che si presentò come Shinkai Kazuya, sembrava a disagio tanto quanto lo era lei poco prima con Hikaru… Che fossero i capelli a fungo che aveva anche lui? Una sorta di connessione tra due funghi fatti all’ottanta percento di problemi, quindici di capelli e cinque di disagio? Probabilmente no, era solo un caso.
    « Oh, streammi, che figo. » commentò la ragazza, ricambiando poi il piccolo inchino e prendendo il cellulare dalla tasca per scriversi almeno il nome: era davvero curiosa, e sarebbe piaciuto anche a lei streammare… Ma si era sempre trattenuta: ci vuole carisma per accattivare il pubblico, e lei riteneva di non averne affatto, quello col carisma era Ryoga, non lei; senza contare che la sua mimica facciale era imbarazzante… No, meglio evitare. I video delle canzoni con Google Translate come speaker andavano più che bene. Ma tornando sul ragazzo, Risa lo osservò mentre con modestia le diceva di essere stato solo fortunato, ma Risa non era stupida e non se le mandava a dire… Circa.
    « Movimenti un po’ troppo precisi per essere stata solo fortuna, Shinkai-san. Sugli oggetti invece sì, sei davvero fortunato. » gli fece notare, pensando solo dopo a quanto potesse essere risultata rude « …con questo voglio dire che non dovresti denigrarti, scusami sono stata rude. » ritrattò maldestramente, sospirando poi: stava decisamente esaurendo le “batterie sociali” e cominciava a notarsi in maniera vergognosa, ma il tempo di intascare il cellulare e sentì… Una voce.
    « Sbeffeggiato pure da una ragazzina. Che vergogna, ma perché non muori? » disse la voce di un uomo in là con l’età, e voltandosi vide il fantasma di un uomo anziano chino su Kazuya. « Quanto vorrei strangolarti con i cavi di quegli aggeggi che ti piacciono tanto… » continuò, abbassandosi fino all’orecchio dell’altro « Saresti dovuto morire tu, non lei. E non vedo l’ora di ucciderti io stesso. » quasi ringhiò.
    Risa si ritrovò ad essere terrorizzata davanti alla consapevolezza che, vista l’età dimostrata dall’uomo, poteva benissimo essere suo nonno. Era abituata a vedere come nonno solo lo spirito del suo chissà-quanto-trisnonno vissuto nell’ottocento, e lui era estremamente gentile, gioviale, entusiasta, e soprattutto innamorato dei suoi nipotini; vedere una figura simile paragonarsi a quel tale la spaventò non poco.
    « Ma cos’è questa puzza di decomposizione? » sentì una voce decisamente più giovanile rivolgersi allo spirito anziano, e non ebbe bisogno di voltarsi per sapere che parli del diavolo e spunta proprio nonno Kristof, che fingendo di vedere solo allora l’altro spirito sobbalzò con un “Oddio che spavento!”; come sempre, era affiancato dalla sua amata Lisanne.
    « Sciò sciò, facciamo arieggiare! » aggiunse dimenando le braccia come se volesse spingere via la puzza da lui menzionata.
    « Tesoro, tecnicamente sei più vecchio tu di lui. » gli fece notare lo spirito della splendida donna dai capelli liscissimi e neri con un sorrisetto divertito sulle labbra.
    « Sssh mon amour, non è carino sottolineare chi è invecchiato bene e chi è invecchiato male. » le fece l’occhiolino tirandosi indietro i ricci che poi sono arrivati in eredità proprio a Risa, facendo ridere come al solito la nonna; però aveva funzionato, il vecchio svanì borbottando qualche maledizione a caso contro tutti loro.
    « Non pensare a noi e divertiti. » bisbigliò Lisanne verso Risa in tono confidenziale come se potesse essere sentita dall’ignaro Kazuya, quindi prese il braccio dell’amato e svanirono anche loro camminando come l’adorabile coppietta che sono; Risa doveva ricordarsi di ringraziarli dell’aiuto: non si aspettava una visione simile, l’aveva davvero scombussolata. Decise di fare finta di niente per il momento: doveva calmarsi e fare mente locale nel mentre gli occhi tornavano sullo schermo davanti a loro.
    Dunque, aveva visto il probabile nonno dello sconosciuto di fianco a lei augurargli la morte; niente di nuovo, ne aveva viste di cose… Ma le dispiaceva, insomma, Kazuya sembrava un tipo tranquillo; avrebbe voluto aiutarlo, ma come poteva fare senza dirgli “ciao, sono una specie di medium e tuo nonno ti vuole morto, mi trovi domani al parco Sumida” e passare per una pazza? Una mano era andata a tormentare un ricciolo castano senza che se ne accorgesse, il solito gesto meccanico.
    « Sei… Ehm… Straniero, Shinkai-san? Insomma, prima hai detto una cosa in una lingua straniera, ma hai il nome giapponese. » buttò lì con la voce meno convinta del suo repertorio, si stava evidentemente arrampicando sugli specchi ma non aveva davvero idea di cosa dirgli, e rivolgendogli di nuovo lo sguardo notò un particolare importante « E hai gli occhi azzurri. Sì. » aggiunse, sempre peggio. Era abituata a suo fratello biondo e con gli occhi naturalmente azzurri, troppo per associarlo a qualcosa di effettivamente straniero.

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    Il momento Ghost Whisperer (?) è stato deciso insieme, niente powerplay qui uwu
     
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    A conti fatti, lo staff del Wonder Land Shopping Center ha di certo reputato la giornata un successo! Gli acquisti sono stati fatti e l'affluenza di clienti c'è stata! Sperando l'interesse per il centro commerciale rimanga, lo staff si impegna sempre a mantenere gli ottimi servizi! Nel mentre, si spera ogni persona abbia varcato le soglie della struttura abbia trovato tutto quello che cercava, e anche di più! Insomma, non c'è niente di meglio di per trovato il regalo perfetto per le persone care! O anche delle buffe cartoline festive, la selezione è ampia! Tenete sempre un occhio per i prossimi eventi, il Wonder Land Shopping Center sarà sempre felice di rivedervi!

     
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