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[CONCLUSA] Darien Lockwood & Alina Dušana, magazzino abbandonato, 12/03/2021 dalle 22:30, sereno

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    WARNING ━ la role presenterà scene di tortura, con enormi probabilità gore. Non è quindi adatta alla lettura da parte di persone particolarmente sensibili agli argomenti trattati.



    Darien Lockwood
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    Con Alina era stato tutto concordato, quindi non aveva avuto motivo di rimanere in quell'edificio abbandonato ancora a lungo. Ad accordi stabiliti, non ci aveva impiegato molto a dileguarsi quanto prima, desideroso di passare le ore prima del rapimento a divertirsi come avrebbe voluto. Una volta fuori dall'area limitrofa al grande palazzo abbandonato, aveva riacceso il cellulare, precedentemente spento per evitare di essere rintracciabile e, come se nulla fosse, aveva deciso di chiamare la sua unica amica, Kanako, per un'uscita improvvisata pianificata per l'indomani. Non avevano lezioni programmate per la mattina, per cui un po' di rilassante shopping in compagnia era quello che ci voleva.

    [ ... ]

    E in effetti era così che aveva passato quella giornata: sveglia presto per farsi un giro in palestra, doccia e poi shopping sfrenato a Ginza. Aveva aggiunto alla collezione un nuovo paio di occhiali, immancabili e fondamentali per lui, così come un nuovo paio di scarpe e una nuova giacca. L'ammontare delle spese fu esorbitante, ma mai quanto quello di Kanako, che se possibile avrebbe volentieri svaligiato il negozio di Chanel. Si era trattenuta, e meno male che lo aveva fatto, altrimenti gli sarebbe toccato portare le sue borse e non gli andava. Era felice di girare per negozi con lei, ma non di venir visto come il maggiordomo di quella ragazza, c'era un limite a tutto e di venir declassato non se ne parlava minimamente.
    Una volta tornato a casa si calò nei panni di Stuart Butcher, un tirocinante sotto l'ala protettiva di Yamashita Yūma, e che più che imparare da lui era diventato il suo galoppino. Aveva deciso di nascondere i capelli bianchi sotto una bella parrucca bionda, gli occhi azzurri coperti da delle lentine verdi (lo stacco tra azzurro e castano gli sembrava troppo eccessivo) e le macchie da vitiligine erano state prontamente coperte da un leggero strato di fondotinta. Finti occhiali da vista elegantemente poggiati sul ponte del naso, l'ordinario abbigliamento di un impiegato d'ufficio con camicia, cravatta e pantaloni neri a sigaretta, accompagnati alle più modeste scarpe che avesse, di un nero intenso, in lieve contrasto col nero vagamente sbiadito dei pantaloni. Aveva l'aspetto di un fin troppo ordinario impiegato d'ufficio, cosa che lo disgustava, ma non poteva fare altrimenti: non voleva essere riconosciuto, e non aveva alcuna intenzione di finire nei guai per una cosa che stava facendo per qualcun altro, non era il tipo. Si sarebbe finto qualcun altro, anche se questo equivaleva a dover rinunciare alla sua bellezza.
    Fu beccato da Gloria, il braccio destro di sua madre, mentre tentava di fuggire di casa con gli abiti da caccia e la maschera prontamente sistemati in una ventiquattrore.
    «Dove sta andando conciato così, signorino?» domandò la donna, che in tutta risposta ricevette uno sbuffo contrariato dell'albino.
    «Affari miei.»
    Siparietto famigliare chiuso. Gloria aveva semplicemente sospirato, voltando le spalle al ragazzo e facendo finta di non averlo nemmeno visto. Apprezzava quanto Gloria cercasse di coprirgli le spalle anche quando c'era evidentemente qualcosa che non andava, era per questo che Gloria era riuscita a diventare l'unica persona al mondo ad essersi guadagnata la sua fiducia.

    [ ... ]

    Erano ormai le 22:30, e Darien era riuscito ad adescare con successo moglie e figli, che aveva tramortito quando ancora si trovavano all'interno di casa loro, nella quale era riuscito ad entrare presentandosi come nuovo assistente tirocinante di Yamashita, che gli aveva chiesto di presentarsi a casa sua per un colloquio fuori dall'0rario di lavoro. Si era comportato come un tipo un po' insicuro, agitato per il colloquio che Yamashita gli aveva dato e la donna, vedendo quanto fosse ansioso, non aveva saputo dirgli di no. Avevano conversato un po', finito con il parlare talmente tanto da essere arrivati a darsi del tu, si era "divertito" a giocare con i bambini a "indovina che cosa dovrebbe essere quel brutto sgorbio che ho disegnato su questo foglio bianco!", per poi approfittare del momento in cui la donna si sarebbe distratta, recandosi in bagno, per aggredire i bambini e tramortirli con un furtivo e rapido colpo secco sulla nuca, abbastanza forte da fargli perdere i sensi ma non troppo per causare irreparabili danni. Una volta che la donna tornò, non le venne nemmeno dato il tempo di reagire che Darien le aveva riservato lo stesso trattamento dato ai figli, che chiuse all'interno dell'auto una volta legati per bene, in modo che fuggire gli fosse difficile.
    Era arrivato al luogo designato sano e salvo, era riuscito a non farsi beccare da nessuno e ciò lo aveva reso particolarmente fiero di sé. Aveva trascinato bambini e moglie all'interno dell'edificio ancora incoscienti e si era sistemato all'ingresso soltanto dopo aver sistemato l'allegra famigliola su delle scomode sedie vecchie raccattate tra le cose che era riuscito a trovare in giro per l'edificio, legandoli come si deve e sistemando qualche pezzo di nastro adesivo sulle loro labbra, in modo tale da non permettergli di urlare e farsi sentire da qualcuno.
    Era quindi spaparanzato su quel vecchio divano che aveva adocchiato il giorno prima, si era cambiato indossando la propria tenuta da caccia e la maschera tenuta sopra la testa per ogni evenienza. Alina aveva detto di voler filmare il momento della tortura, perciò non poteva permettersi di mostrarsi in viso, però aveva deciso di non indossarla del tutto fino a che non sarebbe arrivata Alina con la sua preda, per evitare di non essere riconosciuto una volta che la ragazza sarebbe arrivata.

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    ALINA BLAŽKOVÁ DUŠANA
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    Avvicinare l'uomo non era stato difficile: capelli sciolti morbidamente, o meglio una parrucca dai capelli rossi, lentine verdi, vestito nero e leggermente corto, pochette e tacchi. Senza saperlo entrambi avevano progettato di travestirsi, cosa però logica, e da ghoul erano abituati a fare cose simili. Facilmente era caduto alla scusa della ragazza che aveva appena litigato con il fidanzato, turbata, e che chiedeva ad un gentile passante se poteva avere un passaggio a casa.
    Ci cascavano tutti...bastava vedessero un po' di coscia e un po' di schiena scoperta, e subito pronti a fare i prodi cavalieri, che tanto prodi non erano, e non era neanche difficile fare la parte della ragazza preoccupata e che aveva bisogno di conforto.
    Dentro però doveva trattenere il vomito, sentiva una nausea e disprezzo verso quell'uomo che non credeva potesse rischiare di uscire così furiosamente, per fortuna non accadde, avrebbe avuto tempo per quello.
    Non aveva neanche dovuto legarlo, non subito almeno. Infatti appena arrivati davanti al magazzino, l'uomo si era insospettito, non prima di trovarsi un coltello che rischiava di premere tra le costole, con una Alina che glacialmente gli intimava di scendere dall'auto.
    Erano in un vicolo isolato, nessuno sarebbe venuto in suo soccorso: appena fu sceso, lo tramortì. Non fu così complicato, e lo rimise sull'auto, per poi aprire il cancello e rientrare in macchina per guidare fin dentro. Non poteva di certo lasciarla così libera, già sapeva come sbarazzarsene dopo, visto che serviva ad un altro scopo, ma per il momento l'avrebbe parcheggiata all'interno di uno dei garage del magazzino.
    Per ogni evenienza lo aveva legato come un salame, così avrebbe avuto la possibilità di cambiarsi in santa pace: per quanto nessuno di loro sarebbe sopravvissuto a quella carneficina che intendevano consumare, era meglio essere previdenti e anche lei aveva pensato che cambiarsi in tenuta da caccia sarebbe stato meglio.
    Spaventarli un altro po' non sarebbe stato male.
    L'adrenalina che saliva la sentiva sempre di più: era piuttosto raro vederla, non a caso le era stato dato l'appellativo di Ghost, e anche i suoi vestiti in un certo senso lo ricordavano. La veste lunga e bianca, i capelli lunghi e neri, così come la maschera completamente nera a metà, forniti di specchi particolari per non far vedere le iridi azzurre.
    I bambini sicuramente si sarebbero messi a piangere, sperava ameno che Darien gli avesse tappato la bocca, lei non voleva avere nulla a che fare con quel tipo di cibo. La disgustava toccare la carne di quell'uomo e di tutto ciò che lo riguardava.
    Lo trascinò per terra come un sacco di patate, intravedendo i piedi di qualcuno steso sul divano, che doveva essere Darien: quelle scarpe costavano più del suo mobilio della casa probabilmente.
    «Vedo che non hai avuto problemi» Commentò e osservando l'altro che si rilassava. «Lo preparo e quando vuoi iniziamo» Lo avrebbe così finito di trascinare nella stanza che avevano scelto, legandolo alla sedia per sicurezza, gli coprì la testa con un cappuccio così che potevano stare totalmente tranquilli, e si mise a preparare la macchina da ripresa. Ne aveva anche più di una per sicurezza, e aveva solo dovuto montarla.
    Il momento tanto atteso per Alina era finalmente arrivato.


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    Darien Lockwood
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    Non passò molto dal suo arrivo a quello di Alina: si era accomodato (o meglio, spaparanzato) sul divano e aveva guardato il soffitto per un tempo quantitativamente effimero. Non si era proprio annoiato, la sua testa aveva viaggiato verso una sfera del suo cervello riservata al suo futuro divertimento, immaginando i possibili scenari che lo ritraevano impegnato a fare chissà che cosa alle persone che aveva legato e lasciato incustodite nella stanza che avevano adibito ai loro giochi proibiti.
    Ma quando Alina arrivò, quel fiume di pensieri venne bruscamente interrotto. Sentirla parlare lo fece destare, rivolgendo uno sguardo a dir poco divertito alla sua interlocutrice.
    «Yo» salutò accompagnato da un breve cenno con la mano, mettendosi seduto con uno scatto, per poter quantomeno guardare la sua compagna di delitti mentre trascinava quel sacco di patate che era la vittima designata.
    «Beh, è di me che stai parlando» commentò poco dopo, mentre si stiracchiava nel tentativo di sgranchirsi le braccia. Doveva effettivamente prepararsi a quel che sarebbe venuto dopo, perciò doveva accertarsi di essere in forma e capace di muoversi come avrebbe voluto. Dopodiché si alzò, seguendo la donna nella stanza che avevano preparato, mentre si abbassava preventivamente la maschera. Non aveva proprio voglia di farsi vedere più del dovuto o in maniera non necessaria, non poteva sapere di eventuali pericoli che avrebbe potuto correre. E voleva essere prudente, terribilmente prudente, tanto che ben presto si alzò il cappuccio della felpa nera, per nascondere anche i capelli albini.
    «Okay, perciò» incominciò poco dopo, rilassando le braccia lungo il proprio busto dopo essersi massaggiato una spalla e aver mosso il proprio collo per, eventualmente, sbloccarlo, «li svegliamo? Mi piacerebbe davvero troppo averli già coscienti, non vedo l'ora~»
    ... che Darien avesse una personalità eccentrica e fuori dagli schemi era probabilmente fin troppo evidente ed era difficile che un dettaglio simile sfuggisse alla vista di qualcuno fin troppo attento. Quella richiesta era una chiara prova che nel suo cervello ci fosse qualcosa che non andava, al punto da già pregustare il piacere di quello che sarebbe avvenuto di lì a poco.
    «Anche perché più siamo veloci meglio è.»
    Non credeva fosse un'accortezza trascurabile. Persone influenti come la vittima principale del giorno venivano facilmente date per disperse se per qualche ora non rispondevano a delle telefonate. E se si provava a contattare la famiglia e non si riceveva risposta era ancora peggio. Le probabilità che si pensasse si stessero godendo un po' di quality time in famiglia non erano impossibili, però Darien si era abituato ad agire di conseguenza, pensando il più possibile alle diverse situazioni che si potevano presentare in un contesto del genere. Bisognava essere scrupolosi e terribilmente attenti, perché il minimo errore era una firma ufficiale ad autocondannarsi.
    Rivolse lo sguardo ad Alina, che giustamente non poteva vederlo sul serio: il fatto che la maschera fosse rivolta verso di lei era un dettaglio più che sufficiente.
    «Io direi che svegliarli con qualche ceffone potrebbe essere una buona idea, gli facciamo assaggiare un pizzico di violenza per prepararli. Tu guarda come sono clemente, ahah~»
    Clemente no, psicopatico assolutamente sì. E ne andava pure fiero.

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    ALINA BLAŽKOVÁ DUŠANA
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    «Questo si...sarebbe stato deludente altrimenti» Almeno pian piano le stava dando dimostrazione che la sua nomea era meritata, e che ci aveva visto giusto: in quell'occasione però avrebbe potuto averne la certezza.
    Era un po' come un test anche per Darien, per quanto lui non ne fosse probabilmente consapevole, ma voleva essere certa al 100% di essersi affidata al pazzo giusto.
    Continuò a trafficare con la telecamera, per impostare al meglio tutto: l'adrenalina cresceva e temeva le sarebbero tremate le mani per l'emozione, ma riuscì a mantenere il controllo.
    Era però molto attenta a ciò che diceva Darien, e lui sembrava entusiasta quando lei, e la cosa la fece quasi sorridere.
    «Certo...vuoi avere tu l'onore o ci penso io?»
    Era pronta sia a prenderli a schiaffi che a gettargli dell'acqua addosso, che probabilmente sarebbe stato molto più efficace. Annuì infatti alla sua constatazione, era vero, avrebbero fatto meglio ad essere anche veloci, non ci avrebbero messo molto a notare una famiglia completamente assente dopo un po' di tempo.
    «Mi auguro che questo atto di clemenza sia momentaneo» Disse, sorridendo, e dal tono forse poteva percepirlo...chiunque sano di mente avrebbe capito che l'odio di Alina l'aveva consumata a tal punto quasi dall'andare sulla stessa lunghezza d'onda di un tipo come Darien.
    Non era sicuramente l'unico a non essere normale.
    «Direi che possiamo aprire i giochi»
    Premette un pulsante sulla telecamera per iniziare a registrare: era così che tutto ebbe inizio.


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    Darien Lockwood
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    Una parte di sé avrebbe voluto rispondere come un bambino quando un adulto gli chiedeva se volesse mangiare del gelato. Avrebbe volentieri saltellato sul posto, una o entrambe le braccia alzate per aria ed un coro di «io io io io» a levarsi per aria attraverso la squillante e fastidiosa voce fanciullesca di un bambino emozionato. Il che sarebbe risultato abbastanza discutibile come scelta, perciò si trattenne dall'inscenare una simile farsa solo per dire che voleva essere lui a svegliare l'allegra famigliola, che allegra non era più di tanto in quel momento.
    «Lascia fare a me» esordì poco dopo, mentre sistemava le maniche della felpa che indossava in modo tale che coprissero il più possibile le proprie braccia vittime della vitiligine tanto quanto il resto del suo corpo. Si era persino premurato di indossare i guanti, cosicché le macchie non fossero visibili per nessuna ragione al mondo. Mentra Alina andava a sistemare e ad accendere la fotocamera, Darien mosse lenti passi verso le figure sedute e prive di sensi davanti a loro: partì dai bambini, a cui picchiettò debolmente la mano sulle guance per più volte, perché voleva andarci piano con i figli, dopotutto non avevano fatto niente di sbagliat-- nah, non era vero, lo faceva solo perché voleva abbandonarsi ad un perpetuo crescendo di violenza. Ai bambini quindi riservò qualche breve schiaffetto quasi affettuoso, mentre alla donna cominciò tirando i capelli per alzarle il viso: mentre i bambini si riprendevano dallo stordimento, cominciò a schiaffeggiare la donna con più forza, aumentando sempre più la forza di quegli schiaffi, che non facevano altro che far riecheggiare il suono pieno delle mani guantate che si scontravano con le guance morbide della donna. Dopo che anch'ella riprese conoscenza, mosse lenti passi verso l'uomo, incappucciato, a cui decise di non togliere il sacco con cui gli era stato coperto il viso. Non emise fiato perché non voleva poter essere riconosciuto solo dalla voce. Non aveva idea di che fine avrebbero fatto quei filmati, ma per ogni evenienza preferiva non parlare e pensare solamente ad eseguire il proprio compito.
    Si sfregò le mani, che congiunse tra loro poco dopo, incrociando le dita, per poi alzare le braccia per aria e stiracchiarsi. Dopodiché alzò il piede destro da terra, che scaraventò poco dopo contro uno spazio libero dello schienale, colpendolo con forza e facendo ribaltare la sedia. I bambini cominciarono a dimenarsi, mentre la donna cercava di dire qualcosa, ma che risultò incomprensibile a causa del bavaglio in stoffa che le era stato accuratamente applicato. Darien si girò in direzione della moglie e dei figli, mentre prendeva comodamente posto sulla sedia ribaltata a terra, schiacciando sotto il proprio peso le gambe dell'uomo, che cominciò a dimenarsi, senza successo. Portò la mano sinistra chiusa in pugno, ad eccezione del dito indice, vicino alla maschera, in quella parte che doveva coprire naso e bocca, ed emanando un flebile sibilio che invitava i bambini e la donna a stare zitti. Lento, così lento che metteva ansia semplicemente guardarlo. I bambini non riuscirono a trattenersi e scoppiarono a piangere, mentre Darien decise di rivolgere il proprio sguardo verso Alina, senza emettere un fiato, come se stesse aspettando che lei dicesse o facesse qualcosa, mentre ancora sedeva sugli stinchi del povero uomo, incatenato alla sedia ed incapace di liberarsi da quella trappola.

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    ALINA BLAŽKOVÁ DUŠANA
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    Darien sembrava davvero entusiasta, divertito da tutto quello, e visto come aveva preso in mano la situazione era certa che forse la sua scelta non era stata tanto sbagliata.
    Aveva davvero trovato uno tanto matto da assecondarla.
    Certo, si era condannata a vita, ma era convinta che ne valesse la pena.
    Aveva acceso la telecamera e se Darien per precauzione non parlava, a lei non fregava nulla: era un'estranea, un fantasma. Lei tecnicamente non esisteva più.
    L'uomo aveva iniziato a lamentarsi, dicendo le solite cose: chi siete, cosa volete, perchè lo fate, quanto volete, lasciateci andare, non lo diremo a nessuno...peccato che nessuno sarebbe uscito vivo da lì.
    Certo, oltre lei e Darien.
    «Parli davvero troppo»
    Fu secca la risposta, tanto che il padre chiese almeno di lasciar andare moglie e figli e quella cosa le fece rigirare lo stomaco.
    «Sembri un padre e un marito così amorevole...come se non faresti mai del male a nessuno...vogliamo vedere quanto è vero?»
    Aveva intenzione di dirgli perchè stavano per morire...ma non era quello il momento. Adesso dovevano fare un piccolo gioco.
    Quanto era disposto a recitare la parte del bravo essere umano? Fin dove si sarebbe spinto? Era facile giocare con le vite degli altri, condannarli...ma quando era la tua e della tua famiglia?
    Aveva preparato su un tavolo vicino una serie di armi, completamente inutile contro lei e Darien ovviamente, ma perfette per infliggere dolore e morte ad un essere umano...sarebbe stata così magnanima da fargli anche scegliere come uccidere la moglie? Forse, o forse no, ma sarebbe stato estremamente appagante per lei vederlo distruggersi da solo.

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    Darien Lockwood
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    Darien non aveva le idee ben chiare, ma non era un prerequisito necessario al fine di portare avanti il macello che ci sarebbe stato di lì a breve. Ciò che gli importava maggiormente era il divertimento. Aveva da sempre ucciso le persone per procacciarsi cibo, e per quanto uccidere fosse qualcosa di molto divertente per lui, non l'aveva mai fatto con lo scopo di uccidere e basta.
    Alina invece sembrava intenzionata a portare avanti un grandissimo progetto di vendetta. Il solo pensiero gli faceva venire il voltastomaco: quando pensava che se non fosse così emotiva non si sarebbe ridotta a vivere in quel modo, era sincero. Odiava le persone come lei, le odiava con ogni fibra del suo essere. I sentimenti e le emozioni erano inutili, intralciavano la vera serenità. Lui viveva così bene, non si faceva domande e la tranquillità lo seguiva ovunque. Era una vita perfetta, immacolata, la vita che, molto poco modestamente, riteneva fosse l'obiettivo da perseguire di ognuno. Ma era difficile essere come lui, ne era ben consapevole. L'unica cosa per cui ringraziava suo padre era l'averlo cresciuto con quella mentalità.
    Si scostò dal corpo del signor Yamashita, muovendo qualche rapido passetto indietro, al fine di lasciare che fosse Alina a guardarlo "in faccia". Difficile a farsi, visto com'era riverso a terra, ma lui era così magnanimo da permetterle di essere colei che l'avrebbe torturato come si deve. Un po' gli faceva male farsi da parte, ma in fin dei conti riteneva necessario che fosse lei a fare il più delle cose. Lui sarebbe stato solamente il mezzo per il quale le sarebbe stato concesso di mettere su quel macabro teatrino, per poi usare quella ragazza insignificante come meglio gli tornava utile.
    Si avvicinò lentamente alla donna che, tra le lacrime e i tentativi di urlare qualcosa, era diventata paonazza. Dal bavaglio che le impediva di parlare colò copiosa un po' di saliva.
    "Che schifo" pensò, trattenendosi dall'offenderla come avrebbe voluto. Stare in silenzio gli assicurava la possibilità di non essere facilmente ritracciato, nel caso quei video fossero finiti nelle mani sbagliate. Si era pure premurato di vestirsi in maniera diversa rispetto al suo solito abito da caccia, anche se la maschera completamente nera non era per nulla cambiata.
    Slegò la donna dalla sedia e, con molto riserbo, la trascinò di fronte al marito, prendendola per il collo con una mano, e mantenendola alla meno peggio "in piedi" afferrandola sotto un'ascella, per poi lasciarla cadere a terra una volta raggiunto il punto prestabilito. Le diede anche un calcio per intimarla di stare ferma dove si trovava, abbassandosi alla sua altezza, per poi avvolgere il suo collo con le proprie mani, impedendole ogni movimento brusco. Le mani non toccavano la pelle del collo, come se volesse regalarle un po' di comfort che, probabilmente, non avrebbe minimamente percepito, vista la situazione in cui si trovava.
    Rivolse lo sguardo verso Alina, in attesa di vedere che cos'avrebbe fatto o detto.

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    Non sapeva bene perchè fino a quel momento si era trattenuta, ma ora poteva sfogare la rabbia che covava da anni: all'ulteriore supplica dell'uomo, il calcio di risposta di Alina allo stomaco dell'uomo fu quasi liberatorio.
    Si chiedeva ancora perchè gli stava capitando tutto quello: e la cosa la faceva infuriare...la morte della sua famiglia era stata così insignificante per quell'uomo? Doveva sapere che avrebbe dovuto pagare per il male che le aveva fatto...anche lei sapeva che avrebbe pagato prima o poi ciò che stava facendo, ma almeno se ne sarebbe andata all'altro mondo con un sorriso in faccia.
    «Invece di dar fiato alla bocca, fai qualcosa di utile...»
    Usò un coltello per slegare l'uomo...dopotutto per il loro piano gli serviva che potesse maneggiare qualcosa. Inoltre, era un umano troppo debole e mal messo in quel momento per poter anche solo provare a reagire.
    Fece un cenno a Darien, così che l'altro potesse trascinare la povera donna che teneva sotto torchio davanti al marito.
    «Facciamo un gioco»
    Tutto però sembrava furchè quello, sopratutto vista la richiesta che stava per arrivare.
    «Deciderai chi vivrà oggi... i tuoi figli o tu e tua moglie, non dovrebbe essere difficile giusto? Dopotutto, ci sei abituato...»
    Peccato che non sapeva che il gioco si sarebbe fermato lì, ma non necessitava scoprirlo subito, non sarebbe stato divertente alla fine... aveva già scelto in passato, eppure non gli era risultato difficile. Sapeva che era una crudeltà bella e buona, ma non erano di certo lì per fare dell'elemosina.
    Tirò i capelli del signor Yamashita, per buttarlo nel punto in cui avrebbe potuto vedere in faccia sua moglie e dietro i suoi figli. Pensava che Darien sarebbe stato pronto anche a far fuori i marmocchi subito, ma appunto, non era quello il piano, ed erano consapevoli che con molta probabilità il loro piano sarebbe finito come desideravano e avevano pianificato loro.
    Da una parte, voleva anche lasciare la libertà a Darien di divertirsi e partecipare altrettanto.
    Non voleva far scegliere però all'umano come sarebbe morta la moglie: suo padre aveva ucciso sua madre con la sua kagune, sembrava dunque quasi poetico che lui uccidesse la sua in un modo simile...e la cosa più simile poteva essere un coltello appunto, tagliarle la gola sarebbe stato molto più difficile che spararle in testa e far finire tutto subito.
    Fece cadere il coltello per terra, e il tintinnio che fece era certa che nessuno di quella famiglia se lo sarebbe dimenticato: con piede fece scivolare l'arma accanto all'uomo.
    Un'arma simile era praticamente innocua contro lei e Darien, si sarebbe spezzata, ma non contro un altro essere umano.
    «Forza, scegli...hai meno di tre minuti...iniziando da...adesso!»
    In quel momento cacciando un telecomando che aveva in una delle tasche del vestito, accese uno schermo vicino la telecamera, che rifletteva un conto alla rovescia...teatrale? Forse, ma di sicuro metteva una certa angoscia, ed era quello alla fine il suo obbiettivo.
    "Perchè ci fai questo??" Domande inutili, disperate, ma che si aspettava dopotutto, così come i bambini che piangevano spaventati, ed era chiaro come sarebbe andata a finire: era quasi certa che la madre dei bambini si sarebbe immolata pur di salvare le loro vite. Contava su questo se il marito non avesse avuto il coraggio.
    In tutto questo, Darien avrebbe potuto intervenire come più desiderava, dopotutto non era l'unica che doveva divertirsi in quel macabro gioco.

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    Alina non poteva saperlo, ma sotto la maschera Darien celava un sorriso divertito. Non aveva mai fatto nulla di tutto ciò, aveva ucciso solo per cibo e... non era tanto diverso in quel momento, alla fine avrebbe avuto qualcosa per cena. Ma lo scopo rendeva tutto diverso. Non li aveva cacciati per mangiarseli, li aveva ingannati per poi catturarli, per poter soddisfare il desiderio di vendetta di Alina, desiderio che più cercava di comprendere, più gli sembrava assurdo. Era troppo lontano dal suo mondo e dal suo modo di pensare, dopotutto lui voleva solo divertirsi, tutto qui. La sua vita era stata sempre guidata da un ossessivo ricercare stimoli per sentirsi bene, e quegli stimoli li aveva uniti a ciò che era necessario. Se nasci in una società che ti rende predatore, tu non puoi farci nulla dopotutto, e cogliere la palla al balzo per unire le necessità al brio dell'adrenalina che saliva precipitosa e lo inebriava di un piacere indescrivibile.
    Dare la morte alle persone non doveva essere visto come bello e divertente, ma forse Darien era cresciuto con una concezione tremendamente sbagliata, e ciò si rifletteva sulla ragione per cui si trovava lì, accettando di prestarsi agli stupidi bisogni di Alina. Tutto quello era superfluo, non gli importava niente di cos'avessero fatto quelle persone: potevano essere innocenti o essere gli individui più spregevoli dell'universo, ciò non toglieva che lui li avrebbe visti morire e non avrebbe fatto nulla per evitarlo, perché semplicemente era divertente.
    E vedere Alina che prendeva le redini della situazione e costringeva, finalmente, quell'uomo a compiere la scelta più sbagliata della sua vita, beh, lo stimolava a dare il suo contributo. Aveva abbandonato la donna, che ormai era pietrificata dal terrore, per fare compagnia ai due figli, che sedevano poco più distanti. Sotto le urla della donna che intimava il marito a non cincischiare e ad ammazzare lei per salvare le vite dei loro figli, che avevano un futuro davanti a loro, e i mugolii sommessi dalle bende dei bambini che sembrava stessero invocando un demone, i passi lenti e rilassati di Darien stonavano completamente. Urla, terrore, sudore freddo, suppliche... tutto dipingeva l'atmosfera macchiandola di brutalità e orrore, ma Darien sembrava non venir minimamente toccato da tutto ciò che accadeva attorno a lui.
    Una volta raggiunti i bambini, trascinò le loro sedie per sistemarle alla bell'e meglio in modo tale che potessero godersi lo spettacolo al meglio. Si accucciò e si mise in mezzo ai due, facendo passare le braccia dietro le loro schiene, per poi piegare i gomiti e portare le mani guantate ad afferrare i loro menti in un presa salda e rigida, costringendoli a guardare solo ed esclusivamente in direzione dei loro genitori.
    «Shh, shh... fate silenzio, voglio godermi lo spettacolo.»
    Il tono di Darien era leggermente più grave del solito, ed indossando la maschera risultava ovattato dalla plastica nera che copriva il proprio volto. Era divertito e lo si poteva chiaramente evincere dal tono leggero che incrinava la sua voce ad una rilassatezza inaudita per quel contesto.
    «Voi non siete curiosi di sapere chi sceglierà? Mamma sembra molto turbata, ma si vede che vi vuole bene. Deve essere proprio una brava madre, vero?»
    I bambini erano terrorizzati. Darien era così tranquillo e sciolto come se avesse fatto quel genere di cose così tante volte da non provare più alcuna emozione. Il fatto di essere un ghoul e di essere cresciuto con la concezione di giusto e sbagliato completamente sballata lo aveva portato a non provare niente di fronte a scene del genere, oltre al mero divertimento. Non aveva esperienze precedenti che potessero giustificare la sua nonchalance: era così e basta. Ed era inquietante.
    «Mmmmh... Yamashita-san~ Il tempo scorre~ E sua moglie freme dalla voglia di essere sgozzata, non li avete mai fatti questi pericolosi giochi erotici quando i bambini andavano dai nonni? Sembra desiderarlo molto.»
    Voleva metterli in soggezione e voleva privarli del pudore che poteva rimanere loro... e traumatizzare i figli. Si divertiva a traumatizzare i bambini, li odiava.

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    ALINA BLAŽKOVÁ DUŠANA
    004ca800d8dcdd67394648e72458bd75
    Avrebbe rivelato solo alla fine all'uomo il vero motivo di tutta quella crudeltà "gratuita" verso di loro, forse ai suoi occhi erano solo dei pazzoidi. Non che fosse diverso da quella realtà, dovevano avere entrambi delle rotelle fuori posto, ed Alina stessa non ne era esente, ma ciò non la fermava.
    Nè le importava se agli occhi di Darien poteva sembrare un puerile desiderio di vendetta, non le era mai importato di sembrare patetica, nè di cosa ne sarebbe stata la sua vita: se aveva dei ripensamenti in quel momento? Assolutamente no, e la cosa era agghiacciante. Forse era davvero un mostro, eppure questa cosa non sembrava toccarla.
    Darien dal canto suo, che si stava occupando dei bambini, sembrava piuttosto divertito dal farli soffrire già psicologicamente.
    «Il tempo sta scadendo»
    Doveva averlo pensato anche suo padre, in quegli istanti: il tempo stava scadendo, doveva essere veloce, far soffrire meno possibile sua moglie e sua figlia, stavano arrivando.
    Nessuno però stava arrivando per quella famiglia.
    «Se preferisci, iniziamo a tagliare pezzo per pezzo i bambini...» Dubitava che Darien avrebbe avuto problemi a fare a fette degli umani ancora vivi.
    «Sai...dicono che il cervello continui ad elaborare post mortem per qualche minuto...pensa mentre ogni pezzo viene tagliato via...deve essere terribile»
    Lanciò un'occhiata verso Darien, e come pensava, sembrava piuttosto divertito da quella crudeltà gratuita.
    La moglie d'altro canto, più parole pronunciava Alina, più urlava al marito di farlo, di fare presto, di "salvare i bambini". Davvero, davvero tenero. In realtà quello le faceva rigirare lo stomaco, perchè sembrava che fossero dei santi, quando in realtà non erano meno mostri di lei e Darien. Quell'uomo con le sue azioni non aveva avuto rimorsi ad essere partecipe nella distruzione di una famiglia.
    L'uomo però finalmente , sotto le pressioni di tutti, afferrò finalmente il coltello, sebbene la sua mano tremava: forse, aveva finalmente fatto una scelta.


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    Darien Lockwood
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    Immaginare certi scenari non faceva lo stesso effetto che viverli.
    Aveva sempre ucciso o cacciato per una pura questione di "selezione naturale": lui uccide e mangia, quindi gli altri muoiono e lui sopravvive. Era semplice. Cacciava per lavoro, uccideva per lavoro.
    Cacciava per se stesso, uccideva per se stesso.
    Erano due pesi della stessa misura, dopotutto.
    Ma cacciare, torturare e uccidere per diventimento era, in parte, sempre stato un chiodo fisso nella sua testa. Chissà come poteva essere, se lo chiedeva spesso. L'idea lo aveva sempre allettato, ma mai una volta era riuscito ad arrivare a tanto, aveva una faccia da proteggere. E insomma, essere così popolare lo metteva in situazioni, purtroppo, decisamente scomode. Per questo era sempre stato cauto.
    E lo era stato anche quel giorno, in quel frangente, sempre da quando Alina lo aveva contattato.
    Ed ora stava lì, tra le sedie in fermento di due bambini che scalciavano e si dimenavano, nel tentativo di liberarsi da quella prigionia, per il bene dei loro genitori.
    Commovente.
    Ma non sarebbe stato abbastanza. Darien era estasiato, inebriato dall'adrenalina che saliva nell'assistere a tutto quello spettacolo crudele. E sapere che non era solo un mero spettatore, ma era parte di quel gioco sadico lo eccitava.
    L'uomo si mosse. La moglie, a pochi metri distante da lui, fremette. I bambini continuavano a dimenarsi. Le orecchie di Darien ormai si stavano abituando a tutto quel "rumore"... se si poteva definire tale. Ogni tanto si sentivano delle gocce infrangersi contro il terreno, unendosi alle già presenti piccole pozze d'acqua, che si accumulavano con una lentezza disarmante.
    Quel suono, quel piccolo suono che scandiva il passare del tempo ad intervalli irregolari, interrompendo il frastuono delle grida dei bambini, o delle urla della moglie del signor Yamashita che lo intimava a procedere senza ripensamenti. Quella donna era molto coraggiosa, quello che una madre modello sarebbe dovuta essere. Una persona che metteva la vita delle creature a cui aveva dato la vita prima della propria. Che gesto ammirevole.
    Ma Yamashita-san esitava.
    «Credo che vostro padre sia un codardo» borbottò deluso, arricciando i capelli di uno dei bambini attorno all'indice della propria mano destra, mentre assisteva alla scena. «Dev'essere brutto avere un padre codardo, vero? Non è un gran esempio da segui--»
    «Basta!» urlò la donna, trascinandosi più veloce che poteva verso il marito. Allungò una mano a sfiorargli una guancia mentre l'altra cercava a tentoni quella di lui che reggeva tremante il coltello che gli era stato gentilmente prestato.
    Poi, una volta trovata, la donna si conficcò il coltello, ancora stretto nella morsa della mano di lui, nell'addome, a caso.
    «Ecco, vostra madre invece non è una codarda, che donna affascinante~»
    Uno dei bambini scalciava ancora, l'altro (il più piccolo), si piegò in avanti e cominciò a vomitare.
    «Che schifo! Datti un contegno, non hai mai visto del sangue? Non ti sei mai sbucciato un ginocchio?»
    Darien lo prendeva in giro, mentre si alzava per evitare di essere schizzato coi liquidi del ragazzino. Lanciò uno sguardo ad Alina, per tentare di capire la prossima mostra, mentre la donna, dolorante, imbrattava di sangue il marito, sputandogli sangue addosso. Non era la migliore delle visioni, ma fortunatamente Darien era abituato a vedere sangue e budella riversarsi sul terreno, visto che quei soggetti con cui stava condividendo il suo tempo erano meglio identificabili come la sua fonte di cibo principale dopo il caffé.
    «E' pure dura a morire» commentò sarcastico. No, non aveva un briciolo di tatto. Né di umanità.

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    ALINA BLAŽKOVÁ DUŠANA
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    Era uno spettacolo abbastanza pietoso: si era domandata se alle volte questo spettacolo le avrebbe creato qualcosa, se l'avrebbe scossa...alla fine, capì che la vendetta le faceva desiderare di più, e che non aveva motivo per tirarsi indietro, aveva fatto il passo di non ritorno. Quello che anche il suo padre adottivo aveva cercato di non farle mai fare, ma non aveva niente da perdere, forse era questo che la rendeva una mina vagante e pronta a passare sopra ai cadaveri anche degli innocenti.
    Nessuno aveva avuto remore a farlo con lei.
    Darien stava facendo la sua parte egregiamente, si vedeva che si stava divertendo, e pensò di aver scelto il complice perfetto: senza nessun senso di colpa o ripensamento, con la voglia anche di fare di peggio.
    L'unica cosa che pensò è che probabilmente, se fosse stata anche lei nella stessa situazione, anche sua madre avrebbe agito in questo modo, oltre forse a lottare se non fosse stata costretta al sacrificio.
    Quella non era la sua famiglia però, quella che stava disintegrando sotto gli occhi di quel traditore di Yamashita.
    Mentre la donna si dimenava negli ultimi istanti di vita , Alina la osservò : il marito era disperato, in lacrime, doveva averla amata molto: si chiedeva in quegli istanti se era successo proprio così quella notte.
    Fu risvegliata da qualche altro scatto dal corpo della moglie, che alla fine smise di muoversi: la pozza di sangue che continuava ad espandersi sarebbe stata l'ultima cosa che avrebbero visto. Alina si avvicinò all'uomo prendendolo per i capelli, sbattendogli quasi la faccia contro quella del cadavere, per farglielo vedere bene da vicino.
    «Hai memorizzato bene vero?» Gli disse, con calma piatta: era chiaro che era una bomba ad orologeria, sarebbe esplosa di lì a poco, per tutto il rancore che portava dietro.
    «Tu dici di non aver mai fatto nulla di male...ne sei proprio sicuro? Perchè tua moglie è morta per colpa tua, quindi direi che stai mentendo»
    E sapeva che era così: ricevette solo delle urla di rabbia , e altri epiteti poco carini che non le interessavano, ma questo scaturì la successiva azione di Alina, ovvero, quella di buttare l'uomo senza alcun riguardo ai piedi dei figli.
    «Chiedigli scusa»
    Lui sembrava non capire, perchè doveva chiedere scusa ai figli? Ma lo avrebbe scoperto a breve perchè, lo stesso coltello che era nel corpo della moglie, Alina lo estrasse. I bambini sembrarono già aver capito fin troppo bene, tanto che iniziarono ad urlare, diventando più scalmanati.
    Il padre, sembrò arrivare dopo a realizzare e da che prima faceva tutto il gradasso, si ritrovò a supplicare per la loro vita: Alina si chinò davanti a lui appoggiando il coltello sporco contro la sua guancia, sporcandolo con quello della moglie.
    «Oh, non fare così...credevi davvero che tutti e due sarebbero usciti vivi? Basta e avanza un solo testimone» Che poi stesse mentendo era un altro discorso. Ma se voleva convincerlo, umiliarlo, doveva fargli credere che uno si sarebbe salvato.
    Con uno scatto mosse il coltello, graffandogli la guancia, e facendolo poi cadere a terra, prima di rialzarsi e guardare nuovamente Darien.
    «Dici che questa volta ci riuscirà? Era chiaro chi portasse i pantaloni tra i due»
    Commentò riferendosi alla moglie morta: si , lo stava deridendo, e voleva assolutamente ferirlo nell'orgoglio fino alla fine.

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    Darien Lockwood
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    Vedere la moglie del caro Yamashita-san accasciarsi a terra dopo aver vomitato sangue addosso al marito era una scena piacevolmente raccapricciante. Darien non era più il bambino piagnucolone che si impressionava a vedere qualche goccia di sangue di troppo: quello era il passato, un passato che fortunatamente non gli apparteneva più.
    C'erano stati momenti della sua vita in cui la visione dei morti era tanto rivoltante che non riusciva proprio a guardarli senza svenire.
    Ora invece era una persona completamente diversa, che trovava una sorta di divertimento nel martoriare gente, sfracassare crani e giocare con il proprio cibo. Quando aveva cominciato a fare lo chasseurs per il Fleur de Lys, poi, il divertimento che a lui tanto piaceva era diventato un pericoloso gioco di pretese e inganni, ma soprattutto un lavoro. E fare bene un lavoro era, per lui che era tanto diligente e dedito, una cosa di estrema importanza.
    Perciò la scena non gli causò alcuna emozione. Vedere la pozza di sangue e la donna ormai senza vita farcisi un bagnetto dentro, fu piuttosto monotono. Più divertente era di certo la disperazione del signor Yamashita, che si contorceva dal dolore di aver appena visto la sua amata mogliettina morire davanti ai suoi occhi. Sarebbe dovuto essere lui l'artefice della sua porte, dai piani che aveva Alina per lui, ma ahimé aveva assistito ad un suicidio.
    Se c'era qualcosa al mondo che Darien trovava particolarmente noiosi, quelli erano i suicidi. Era contento che nella vita ci fossero persone talmente tanto inutili da riconoscere la loro inutilità e fare quello che il loro Dio o qualunque cosa pregassero non era in grado di fare: togliersi la vita. Ma era assurdamente noioso... soprattutto ad assistervi. E doveva ammettere che era la prima volta a cui assisteva ad un "suicidio" vero, in diretta. Al massimo lo aveva visto nelle serie tv, o letto nei libri... ed era ancor più noioso di prima.
    Sorrise sotto la maschera nera, che celava il suo ghigno sardonico privo di alcuna pietà o compassione. Alina trascinava per i capelli l'uomo che, oltre a piangere, sembrava quasi non opporre resistenza. Era come se si fosse rassegnato all'idea che quello era il giorno peggiore della sua vita e, probabilmente, anche l'ultimo che avrebbe vissuto.
    «Guarda, io butto un suggerimento piuttosto utile» esordì Darien poco dopo, schiarendosi la voce ma senza accennare a ritornale al suo naturale tono: darsi una voce più grave lo divertiva. «Io consiglio di ammazzare quello dal vomito facile, non mi ha dato una sensazione positiva, meglio terminare la sua vita un po' noiosa qui e subito! L'altro pare essere più forte, non ci sarebbe divertimento. Non è vero... come ti chiami?»
    Si accucciò tra i due ragazzini, sporgendo il volto celato dalla maschera verso il più grande dei due, quello che aveva trattenuto invano le lacrime, ma che aveva resistito maggiormente di fronte alla morte di sua madre. Probabilmente si voleva responsabilizzare, come se volesse dimostrare di essere un bravo fratello maggiore, un vero ometto!
    «... no, non è vero, non m'interessa, scusami per la domanda inutile!»
    E scoppiò a ridere, una risata talmente divertita da sembrare assurda in quella situazione, al punto che stonava completamente con l'atmosfera, tanto da risultare quasi distorta. O era solo un effetto che la paura poteva giocare nelle menti di quegli insulsi umani.
    «Oh giusto, hai ragione» affermò poi verso Alina, dopo aver calmato la sua risata divertita e aver finto di asciugarsi delle lacrime da sopra la maschera, «questo perdente non ha il coraggio di togliere la vita a qualcuno, ha dovuto costringere sua moglie a suicidarsi. Non sei degno di chiamarti uomo, lo sai?»
    Darien stava parlando più del previsto, e si stava divertendo a giocare la parte dello psicopatico-- o forse non era poi così tanto un gioco. Nemmeno lui sapeva definire se quella fosse tutta una montatura o fosse la sua vera natura: c'era sempre un filo di bugia nei suoi atteggiamenti, non era mai completamente se stesso, ma cominciava a trovarcisi bene nei panni del pazzo psicopatico.
    «Perciò, passiamo al sodo: ti diamo la possibilità di scegliere a chi vuoi più bene, e quello morirà. L'altro però si salva, e così almeno potrai avere dei nipoti.»
    Bugia. Chi lascia testimoni è un perdente. E lui aveva molta fame, non si sarebbe lasciato sfuggire della succosa carne di adolescente impaurito.
    «Nipoti che non vedrai mai, ovvio.»
    Era divertente accendere un barlume di speranza nelle persone, sembravano quasi grati quando dicevi loro «guarda, tu fai schifo e crepi, però almeno una persona a cui vuoi bene si salva!», quando la verità era che sarebbe finita nel suo stomaco bisognoso di carne umana. Oh se la bramava... e tutto quell'odore di sangue umano gli dava alla testa.
    «Però ti prego, anche se non è il tuo preferito, scegli vomitino facile: gli fai un favore. Non puoi lasciar vivere uno deboluccio come lui in un mondo così crudele, non credi?»
    ... forse non si è capito quanto Darien si stesse divertendo.

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    ALINA BLAŽKOVÁ DUŠANA
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    Per quanto fosse consapevole che i bambini e la moglie fossero vittime innocenti, aveva preventivato che sarebbe accaduto nel momento in cui aveva deciso di intraprendere quella strada.
    Non poteva avere rimorsi, ne tirarsi indietro: aveva una missione, e sapeva che avrebbero pagato anche degli innocenti per tutto il male che le era stato fatto.
    «Sarà quello più debole, ma sicuramente è quello più sveglio...perchè ha già capito come andrà a finire, vero?»
    Il bambino non risposte, chiaramente troppo terrorizzato per spiccicare una sola parola, e lo capiva, ma non poteva provare empatia in quel momento: da quando aveva messo piede in quel posto abbandonato, aveva lasciato fuori anche quella, doveva...altrimenti non sarebbe riuscita ad andare fino in fondo.
    «Su questo hai ragione...non è degno di chiamarsi uomo»
    Si sarebbe assunto le sue responsabilità se fosse stato così, ma non era accaduto, quindi ci avrebbero pensato loro a fargli pagare il conto.
    L'uomo guardava ripetutamente i due figli, come se non sapesse chi scegliere: e per una volta fece un gesto avventato, qualcosa che si può dire mandò in bestia la stessa Alina.
    Cercò di afferrare il coltello per togliersi la vita, per non dover fare quella scelta, ma la ghoul fu abbastanza pronta da schiacciargli la mano sotto il piede, visibilmente urtata...oh no, non sarebbe stato così facile.
    «Non provarci neanche»
    sibillò a denti stretti, chiaramente urtata dalla situazione.
    «Solo uno, scegli avanti...non abbiamo tutta la notte»
    Sbottò, le mani le prudevano: voleva amazzarlo, eccome se voleva, desiderava arrivare a quel finale nell'esatto momento in cui avevano varcato quella soglia!
    «Se non lo fai, inizieremo a tagliarli pezzo per pezzo, te l'ho detto... meglio una cosa veloce non pensi? Nella tua vita dopotutto, non ci hai messo neanche un secondo a condannare altre persone»
    L'uomo sembrava confuso dall'ultima affermazione, come se non avesse mai fatto ciò di cui l'aveva velatamente accusato: doveva avere la memoria corta...dovevano rinfrescargliela!
    Incredibilmente, l'uomo sembrò fare una scelta, e scelse per la gioia di Darien, proprio il bambino che era stato male, provocando uno strillo incontrollato del ragazzo, che non riusciva a credere a quello che il padre aveva appena fatto. L'altro invece sembrava congelato, non sapendo come elaborare tutto quello: di sottofondo gli strilli del fratello dovevano averlo come bloccato.
    Forse aveva fatto lo stesso ragionamento di Darien, o pensava che, morto subito, non avrebbe dovuto soffrire troppo e che sarebbe stata una cosa breve...ad Alina non interessava come sarebbero morti loro due, era l'uomo a cui era veramente interessata.

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    Darien Lockwood
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    L'orologio mentale di Darien scandiva i secondi con una lentezza che lo stava facendo impazzire. Come se di fronte a sé ci fosse la più grande tentazione della sua vita. Mancava poco che avrebbe completamente perso ogni freno, ma doveva trattenersi dal fare scelte avventate: per quanto non gli piacesse l'idea, quella era la storia di Alina, in cui lui sperava di essere soltanto una comparsa, tanto era lì solo per divertirsi e non per farle un favore o aiutarla. Per questo motivo, amaramente, doveva trattenersi dal fare qualsiasi azione avventata, perché più si andava in fondo, più il momento di Alina sarebbe arrivato. Trattenne un sospiro amareggiato, ma quando l'uomo alla fine scelse il figlio fragilino (o, come nel suo immaginario era diventato, sbrodolino) non riuscì a trattenere un gesto d'immensa gioia: alzo le lunghe braccia al cielo, sorridendo felice sotto la maschera. Si sarebbe mangiucchiato e gustato per bene il fratello più grande, che dava tutta l'aria di essere molto, ma molto buono.
    «Bravo, bravo!» esultò l'albino, chinandosi per "guardare in faccia" l'uomo, che pareva più morto che vivo. «Scelta ottima.»
    L'uomo non poteva vedere Darien in faccia per ovvi motivi, e anche se non avesse avuto la maschera a coprirgli il volto, probabilmente non l'avrebbe visto lo stesso: lo sguardo era rivolto verso il basso, gli occhi impregnati di lacrime che con ogni probabilità gli offuscavano la vista, singhiozzava e domandava pietà ad un dio che probabilmente nemmeno esisteva. Ma questo era lo scetticismo di Darien.
    Il ragazzo si rialzò poco dopo, andando a poggiare le mani sulle spalle del ragazzino che si era appena salvato. Inspirò profondamente, espirò altrettanto profondamente. Le mani, poggiate sulle spalle del ragazzino, accarezzavano quest'ultime con movimenti calmi, lenti, che scuotevano di brividi il ragazzo, rimasto paralizzato. Il tutto contornato da un sottofondo di urla disperate.
    «Ormai è tardi~» sussurrò poi vicino all'orecchio del ragazzo più tranquillo, prima di allontanarsi di poco per dare un bel calcio alla sedia su cui si dimenava il più giovane dei figli, facendolo cadere a terra e causando uno rumore secco e forte, che riecheggiò nella stanza ampia e spoglia.
    «Tutti tuoi~ Voglio vederti all'azione.»
    Darien cominciò a trascinare la sedia, con la sua preda legata ben stretta, via dal centro della stanza, lontano dalla pallida luce di quella lampadina da scenario di film horror. In effetti, ora che si stava allontanando da quella luce talmente strana da causargli il mal di testa, quella stanza aveva tutta l'aria di essere il perfetto set per girare qualche scena divertente. Il rumore dei piedi della sedia strideva e riempiva la stanza, ma Darien sembrava infischiarsene: una volta allontanati bene per potersi godere la scena, si sedette affianco al ragazzino, sogghignando divertito sotto la maschera nera.
    «Allora, pronostici? Tu chi pensi che crepa prima, tuo fratello o tuo padre? Secondo me tuo padre, è un tipo lardoso con le coronarie bloccate dal colesterolo, probabilmente manca poco che gli prenda un attacco di cuore.»
    Si stava divertendo più del previsto, e conversare con la sua vittima come se fosse un amico d'infanzia era quello che rendeva il tutto ancor più divertente. In uno scenario del genere, poi... aveva tutto un altro sapore.

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