Ne pas savoir sur quel pied danser

[CONCLUSA] Chihiro Fujioka & Lancelot Moreau; 10/01/2021 - 07:30 PM

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    Si era vestito da donna.
    Chihiro Fujioka si era presentato al primo appuntamento col maestro vestito da donna.
    Naturalmente le reazioni di Levon, Jacques e Lancelot non avrebbero potuto essere più diverse: una risatina divertita da parte del primo, un arricciare il naso con esasperazione da parte del secondo, uno sgranare d’occhi stralunato da parte del terzo.
    Dopodiché era scoppiato il finimondo.
    Lancelot, il cui piccolo mondo mancava della definizione di crossdressing, era subito saltato alla peggiore delle conclusioni, strillando con voce piena di panico che Fujioka-san era impazzito e dovevano chiamare qualcuno per aiutarlo prima che fosse troppo tardi e morisse. Tutto questo solo perché si era presentato in crossdress. Solo la voce pacata e le mani del maestro, subito posate sulle sue spalle per invitarlo alla calma, erano riuscite ad arrestare l’affiorare delle lacrime agli occhi del ragazzino: aveva avuto davvero paura che Fujioka-san avesse perso la testa, spiegò con voce spezzata il giovane ghoul, perché se già di norma era uno squinternato, questo poteva essere il suo modo di s'élancer vers l'éternité.
    Il francese doveva in qualche modo sempre scapparci, con Lance.
    Forse però sarebbe stato meglio se Lance non avesse compreso che il motivo dietro quella scelta peculiare era semplicemente impressionare e ottenere reazioni, poiché, sentendosi ferito e umiliato nel suo essersi preoccupato, aveva lanciato allo scrittore uno sguardo rovente, messo un broncio ostinato e, infine, scelto l’autoisolamento confinandosi al piano di sopra del suo loft.
    Perché sì, tra tutti i luoghi di Tokyo era stato scelto proprio il suo minuscolo appartamento sull’isola di Odaiba per le sessioni di stesura della biografia, e malgrado le sue proteste il maestro aveva insistito che portasse pazienza. Avrebbe capito, diceva, e quando parlava con quel tono fermo - ma anche con un accenno di monito che le orecchie del ragazzino riconoscevano senza difficoltà - era impossibile opporre resistenza. Almeno per Lancelot.
    E così aveva gettato la spugna, rassegnandosi a vedere la propria comfort zone invasa da una persona tutto sommato ancora estranea. Nonostante la preparazione psicologica, lo squillo del citofono l’aveva attraversato come una scarica elettrica sia la prima volta, quando l’obiettivo della videocamera aveva inquadrato il maestro, sia la seconda, quando erano arrivati Chihiro e Jacques, quest’ultimo spedito a fare da autista per il loro ospite.
    Il resto era storia. Una storia di genere drammatico, nel cui epilogo Lance si lanciava sul letto con un verso gutturale vagamente riconducibile alla rabbia.
    Dopo averlo salutato e accolto con entusiasmo, il maestro aveva invitato Chihiro a mettersi comodo e, se lo desiderava, guardarsi intorno per familiarizzare con quello che sarebbe stato il loro ambiente di lavoro mentre Jacques si occupava di qualunque cosa avesse voluto bere. Con delle limitazioni rispetto alla volta precedente, purtroppo, trattandosi di un’abitazione privata di un ghoul. Se fosse stato fortunato, mentre il maggiordomo elencava cosa avevano in frigorifero, forse Chihiro avrebbe notato la presenza della Dr. Pepper. Ci era voluto un po’, ma alla fine Lance aveva davvero trovato il coraggio di assaggiarla: il sapore era orrendo, ma quella nuova esperienza lo aveva reso contento.
    Con un cenno della testa e un sorriso complice, Levon Moreau aveva lasciato intendere a Chihiro che, se voleva, la via per il piano di sopra era libera. Se invece avesse preferito lasciare per ora l’offesissimo Lance in pace, si sarebbe potuto accomodare assieme a lui sui divanetti.

    «Parlato.»
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    Edited by Yukari - 16/8/2022, 23:04
     
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    Alla fine, avevano concordato di tenere quella prima seduta qualche giorno dopo l’ultimo incontro tra lui e Lancelot e anche per questo motivo, si era tenuto specificamente libero per quel giorno in particolare. Era proprio curioso di scoprire cosa il misterioso figuro che lo aveva personalmente ingaggiato avesse da raccontare. E insomma, in un certo senso era un po’ come un primo appuntamento. E non c’era niente di meglio che lasciare il segno. Anche perché, tra l’altro, la volta prima non si era nemmeno potuto preparare.
    La scelta gli era sembrata dunque ovvia.
    Ormai era quasi diventato un esperto e aveva perfino ricevuto molti consigli da persone che aveva incontrato nei quartieri di Shibuya in modo da migliorare le sue abilità. Aveva perfino imparato a camminare su i tacchi! Non troppo alti però che sennò sarebbe inciampato e si sarebbe rotto l’osso del collo. In fondo, era divertente e ci aveva persino preso gusto. Certo, non era una cosa che faceva spesso, considerando la preparazione fosse lunga, ma doveva ammettere che il risultato lo soddisfaceva sempre. Dopotutto, aveva preso quella messinscena molto sul serio e ci aveva messo dietro molto impegno pur di sembrare una bella fanciulla in modo credibile
    Per cui sotto le reazioni degli altri, dopo aver messo piede in quella abitazione in perfetto orario, si era messo in posa, cambiando la posizione e l’espressione ogni poco con un inusuale impeto di vivacità, finendo poi per domandare un retorico «Mi dona, vero?» con il suo normale tono di voce basso, ritornando poco dopo alla sua solita aria d’indolenza con un leggero sorrisetto sornione sulle labbra e le mani incrociate dietro la schiena.
    Senza sorpresa, dunque, la reazione del giovane ghoul era stata la sua preferita, quella che lo aveva soddisfatto di più. Proprio adorabile, si era persino preoccupato per lui avendo frainteso le sue intenzioni! Ed era servito l’appoggio dell'altro uomo pur di calmarlo. Lancelot gli aveva poi lanciato un’occhiata furente, per poi sgattaiolare via su per una rampa di scale. Chihiro voleva proprio andargli dietro subito, ma non erano soli e gli sembrava un po’ scortese farlo senza prima chiedere. Per cui, più semplicemente, mise su il broncio.
    Senza fare dunque ulteriori cerimonie e dopo aver passato all’autista una piccola statola che conteneva qualche dolcetto che aveva comprato per cortesia in modo da metterla in frigo, Chihiro aveva appoggiato la tracolla che aveva con sé, contenente il suo portatile e vari altro oggetti, su un divano lì vicino. L’appartamento era di certo lussuoso e insomma, doveva ammettere che era rimasto sorpreso quando aveva visto dal finestrino della macchina l’isola di Odaiba farsi sempre più vicina. Ma forse non doveva esserlo, e avrebbe dovuto intuirlo nonostante si fosse aspettato di più un’abitazione a Chuo o Minato.
    Si voltò poi di nuovo verso l’autista, che si era messo ad elencare quale bevande quella casa avesse da offrire con un'espressione leggermente sorpresa, seguita da un leggero sogghigno comunicando lui che si, avrebbe di certo gradito quella lattina di Dr. Pepper. Quella scoperta poteva significare una di due cose: Lancelot si era ricordato gli piacesse, oppure aveva finito per provarla in segreto. Insomma, dopotutto, era la sua bevanda preferita mentre lavorava, quel gusto frizzantino di ciliegia era immancabile.
    Si era poi avvicinato all’altro uomo, il ticchettio delle sua scarpe con tacco che battevano sul pavimento, in modo da chiedergli quando volesse iniziare o come dovevano procedere da quel momento, il tono serio e pacato. Tuttavia, invece di dargli subito una risposta, l’altro gli aveva indicato un sorriso complice che per il momento poteva anche andare dietro al piccolo ghoul.
    Beh, l’opportunità si era presentata e lui non avrebbe esitato ad approfittarsene.
    Per cui, dopo un elegante inchino, aveva preso la stessa strada che Lancelot aveva percorso poco prima, fermandosi al limitare della zona notte.
    «Lancelot-kun~ tutto okay?» gli chiese quindi, le mani dietro la schiena, uno sguardo incuriosito accompagnato da un leggero sorriso sulle labbra decorate da un rossetto leggero, il tono che lasciava intraprendere giusto un pizzico di preoccupazione. In fondo, il ghoul non aveva appena fatto una comica scenata di fronte a loro?
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    Alla richiesta di Chihiro che gli fosse servita la Dr. Pepper, Jacques aveva fatto presente che sfortunatamente era già aperta e sarebbe stato scortese servirla a un ospite, ma si sarebbero ricordati della sua preferenza in futuro.
    Di poche parole come sempre, ma in questo caso molto significative. Chihiro aveva ora la risposta che cercava: era stato proprio Lancelot ad acquistarla e aprirla qualche giorno prima, sotto gli occhi curiosi di un professor Moreau che non aveva mancato di farsi raccontare il perché di quella scelta peculiare. Con garbo e la tipica condiscendenza che si riserva ai bambini, Levon lo aveva rassicurato sul non crearsi problemi a soddisfare la propria curiosità: c’erano barriere che Lancelot avrebbe fatto meglio a non sfondare, come ripeteva sempre, ma anche esperienze che andavano fatte almeno una volta nella vita.
    La cosa realmente importante era ricordare il ruolo di Chihiro, e anche il proprio. Quelle parole avevano una forza paragonabile a quella di catene d’acciaio nella mente del giovane ghoul.
    Anche per questo, nonostante l’esilarante momento di panico nato dalla vista di Chihiro Fujioka vestito da donna, Lancelot aveva scelto l’esilio volontario: doveva stare attento a non cadere nella trappola dell’umano, a non compiere lo sciocco errore di affezionarsi a qualcuno che avrebbe avuto un ruolo breve e marginale nella sua esistenza. Aveva sempre pensato che sarebbe stato semplice, soprattutto in considerazione del piede sbagliato con cui erano partiti, ma da quando Chihiro aveva assunto la brutta abitudine di essere gentile e comprensivo nei suoi confronti era diventato più… arduo, innaturale. Non gli piaceva ricambiare la gentilezza con ringhi e rifiuti.
    Ad eccezione del maestro, che a sua volta non esitava a usare il pugno di ferro con lui quando necessario, Lance era abituato ad essere trattato come un cane, non alla stregua di un essere umano. Gli insegnamenti che lo avevano formato non prevedevano che qualcuno all’infuori del maestro potesse avere dei riguardi verso di lui, e quelle mani tese e il continuo cercarlo lo mettevano a disagio. Lo impaurivano, quasi. Perché non sapeva come rispondere, se non abbassando la testa e accettando qualunque cosa gli umani avessero in serbo per lui. Del resto, era solo un ghoul.
    Quando l’orecchio destro, l’unico non affondato nel cuscino, aveva colto il picchiettio stentoreo dei tacchi sulle scale, Lance si era irrigidito: la sua comfort zone non stava solo venendo invasa, ma anche colonizzata. Sperava che almeno la zona notte sarebbe stata off-limits per tutto il tempo della conversazione, e invece non sembrava esserci nessun luogo in cui poteva nascondersi.
    Si sentì quasi violato, sicuramente offeso, e non si preoccupò di non farlo capire attraverso l’espressione del volto non appena Chihiro lo raggiunse.
    «Dégagez!» brontolò, lamentoso, e il rimprovero dal piano di sotto non tardò ad arrivare.
    «Lancelot, sii gentile col nostro ospite!»
    Un altro mugolio diede a intendere che non doveva aver usato la formula più cordiale della lingua francese per intimare a Chihiro di lasciarlo in pace.
    «Je suis désolé…»
    «E non parlare in francese.»
    Arrossì senza mezzi termini, per un mucchio di motivi tra cui rientrava il non avere praticamente mai a che fare col genere femminile e nessuna idea di come comportarsi in presenza di una signor─ un momento, Chihiro Fujioka era un uomo, non una signorina! Bon Dieu, che confusione!
    Si tirò su a sedere, le gambe incrociate sulle lenzuola e lo sguardo basso, troppo in difficoltà per alzarlo.
    «… Mi dispiace.» borbottò, osando solo sollevare le pupille per risalire lungo la figura del maledetto scrittore pazzo, e dopo qualche secondo di silenzio aggiunse sottovoce, in evidente imbarazzo: «Sta bene vestito così.»
    Nella sua mente regnava l’assoluta confusione, e tanto per cambiare era tutta colpa di Chihiro Fujioka.

    «Parlato.»
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    Edited by Yukari - 16/8/2022, 23:04
     
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    Alla precisazione fatta da Jacques, Chihiro alzò appena le spalle per poi annuire, confermando che allora un bicchiere d’acqua sarebbe andato più che sufficiente considerando le opzioni proposte non erano state molte. La consolazione era che gli era ormai abbastanza ovvio che quella lattina fosse stata acquistata da Lancelot stesso in seguito al loro precedente incontra, considerando anche che gli sembrava un po’ fuori posto nel frigorifero di quell’appartamento e per quelli che ipotizzava essere i gusti degli altri presenti.
    Tale pensiero lo fece sorridere. Un sorriso leggero che si distese ancora di più un momento dopo al pensiero del suo vecchio amico, e alle sue raccomandazioni di non prendere niente da bere o da mangiare da degli sconosciuti, tanto meno se la lattina fosse già aperta. E’ un po’ troppo tardi per quello, Minori. Il danno era stato fatto ed era solo per grazia divina che niente fosse andato ancora storto nonostante i desideri dello scrittore. Che fortuna sfacciata.
    Al suo arrivo al secondo piano e alle sue successive parole, Lancelot aveva dunque sollevato la testa dal cuscino lanciando poi un’altra profonda occhiataccia all’umano, a cui Chihiro rispose con un leggiadro sorriso imperturbabile. Ormai si era più che abituato a ricevere quel tipo di reazione da parte sua, che gli avrebbe fatto più strano veder quella punta di fastidio e frustrazione sparire dal suo volto.
    Segui poi quello scambio di battute in silenzio, prestando attenzione alle parole state usate e all’espressione di Lancelot, per poi inclinare leggermente la testa di lato e posando una mano su una guancia, una punta d'irritazione che si era formata nella sua di mente, andando poi a rivolgersi direttamente a Lancelot con un «A me piace quando parli in francese, mon chou~» usando un tono di voce più colorito sull’appellativo stato appena utilizzato, che aveva cercato appositamente in precedenza su google e imparato per un’occasione del genere «E’ divertente provare ad indovinare. Mi devi poi promettere d’insegnarmi qualcosa» aggiunse dopo pochi battiti, annuendo poi con convinzione ripensando al fatto che aveva ormai deciso di voler capire di più il ragazzino, e provare a comprendere quella lingua di cui sapeva solo poche parole apprese da film o documentari, gli sembrava una buona idea da cui partire, considerando anche l’indole del ghoul di farsi sfuggire frasi o parole con la suddetta. Se s’impegnava, poteva almeno ottenere un livello basilare in qualche mese. Sperava lo facesse contento.
    Fece poi qualche passo nella sua direzione ma rimanendo comunque ad una certa distanza da lui, ricordandosi che fin dagli inizi il ragazzo aveva mantenuto una certa distanza tra loro, sia figurativa che non, nonostante Chihiro avesse provato varie volte ad avvicinarsi a lui, il ghoul si era sempre ritirato come scottato dalla sua sola presenza. Insomma, l’unica volta in cui era rimasti vicini era stato durante quel primo giro in macchina durante il suo entusiastico “rapimento”, non avendo comunque molta altra scelta. Tra l’altro, voleva fosse Lancelot a fare quel primo passo nella sua direzione. Gli sembrava una cosa importante da vedergli compiere.
    «Non hai fatto niente per cui devi scusarti» gli disse poi con semplicità, le sue parole un'eco di una loro conversazione precedente, ma prima che potesse aggiungere altro, fu distratto dalla successiva frase di Lancelot, pronunciate con un certo candore e un livello di sincerità che non si era aspettava. Era una reazione completamente opposta alla precedente, una reazione davvero adorabile.
    Chihiro si ritrovò ad osservarlo con sorpresa, ora ammutolito essendosi aspettano un ulteriore rifiuto da parte sua. Sorrise poi genuinamente, un emozione che era arrivata ai suoi occhi, per poi venir rovinata da un leggero sogghigno vittorioso «Quindi ti piace questo?» gli chiese, indicando sé stesso, in particolare il modo in cui era vestito quel giorno, in un grazioso abitino e una camicia in pizzo coordinate in modo da far sembrare la sua figura si magra e affusolata ma allo stesso tempo maschile, più femminile non solo nelle curve ma anche nel modo di porsi. Non scherzava quando diceva che dietro c’era molto lavoro dietro quella mise, vedendo che, normalmente, si vestiva con le prime cose che trovava nell’armadio, in abiti larghi e comodi che lo coprivano completamente. Insomma, le occasioni in cui vestiva bene erano davvero poche.
    «Quanto mi dai da 1 a 10? Minori dice 9, ma lui è di parte, gli è sempre piaciuto il mio viso anche se fa fatica ancora ad ammetterlo in mia presenza. Non mi può nascondere niente~» commentò, una punta di puro divertimento che risaltava rispetto al suo modo abituale di parlare, spostandosi una ciocca dei suoi lunghi capelli castani dietro un orecchio ingioiellato, che sciolti gli arrivavano alle spalle, per una volta ben agghindati e curati sotto quel cappellino coordinato. Va detto, comunque, che non si era affatto dimenticato delle presenze al piano di sotto, ma più semplicemente, in quel momento, di loro gli importava poco. Il suo interesse, dopotutto, in quel frangente era tutto su Lancelot.
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    Lance Moreau Calavera
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    Lancelot aveva appena deciso che non gli piaceva essere chiamato mon chou da Chihiro Fujioka, e non ne aveva la minima intenzione di nasconderlo a giudicare dall’occhiata stralunata che, in seguito a un attimo di realizzamento, si fece rovente come al solito. Se davvero aveva tanta voglia di parlare in francese, allora avrebbe potuto trovare qualcosa di più utile o interessante di cui parlare.
    Ma che ci sperava a fare? Con un mugugno esasperato, Lance roteò gli occhi e si impose di ricordare l’inutilità di cercare di applicare ragionamenti logici a una persona impulsiva e imprevedibile come Chihiro Fujioka. Era vero che lo conosceva da neanche un mese, ma aveva già avuto modo di appurare in più occasioni quanto il suo obiettivo primario sembrasse impressionare il prossimo, suscitare reazioni conformi alla sua idea di divertente con ben poco rispetto dei sentimenti altrui.
    «Allora le insegnerò qualcosa di più utile ed educato.» borbottò, acidello, aggrottando la fronte.
    In tutta sincerità non pensava di avere le carte in regola per insegnare una lingua. Negli anni passati al fianco del professor Moreau aveva viaggiato fino a perdere la concezione di identità culturale e reputarsi un nomade, facendo un’overdose di lingue che alla lunga l’aveva nauseato: indipendentemente da quanto si sforzasse, non credeva di avere più la forza mentale di mettersi alle prese con lezioni di lingua. Forse però essere per una volta dall’altro lato della cattedra avrebbe potuto rivelarsi inaspettatamente stimolante. Il problema di fondo però era che non possedeva né la fluenza necessaria in giapponese né le competenze di un professionista. Sarebbe di certo stato un disastro e lo scrittore si sarebbe lamentato con il maestro, che─
    Rumore di passi troppo vicini.
    Lance scivolò bruscamente fino al bordo del letto ancor prima di vedere Chihiro avvicinarsi.
    Per la prima volta, però, si sforzò di non sembrare un bambino terrorizzato per così poco. Si era riempito lo stomaco abbastanza di recente da non dover temere la sua parte animale, ma il dolce profumo della carne umana era sempre una piacevole tentazione per le sue narici, tanto da spingerlo a muovere tanti passi indietro quanti gli altri ne facevano verso di lui.
    La presenza del maestro e di Jacques al piano di sotto lo inquietava. Era certo che lo stessero in qualche modo tenendo d’occhio, pronti a intervenire per proteggere Chihiro Fujioka nel caso in cui avesse improvvisamente perso la testa. Normalmente questa consapevolezza lo avrebbe rassicurato, ma in quei minuti lo intristiva e basta: serviva davvero una museruola con le bestie come lui.
    Sospirò, incontrando il sorriso genuino dello scrittore un attimo prima che divenisse un sogghigno. Tipico di Chihiro Fujioka: la malizia gli scorreva nelle vene tanto quanto l’autodistruzione scorreva in quelle di Lance. Era così irritante che gli avrebbe volentieri dato una bella schicchera sulla nuca per zittirlo come si deve.
    «Vuole la mia opinione? Hm…»
    Incrociò le braccia al petto e cominciò a picchiettare l’indice destro sul mento, scacciando per qualche minuto i pensieri negativi che abitavano in pianta stabile nel suo cervello. Voleva dare una risposta seria, al meglio delle sue capacità, peccato che con un ragazzino cresciuto in isolamento dal resto del mondo non esistessero percentuali di sincerità: la verità fa male, e la verità si chiama Lancelot Moreau.
    «Direi sei e mezzo, forse sette. Non me ne intendo di vestiti, trucco e… tutta quella roba che rende le femmine femmine, ecco, quindi non ho dei validi metri di giudizio. Il punto però è che, almeno secondo me, si vede che è un uomo vestito da donna. Se il suo obiettivo è sembrare una donna, allora c’è vicino ma le manca ancora qualcosa. Se invece il suo obiettivo è sembrare un uomo vestito da donna, direi che ci siamo. Se invece ho frainteso la domanda e vuole sapere se la trovo attraente, la risposta è…» gli occhi chiari divennero delle dimensioni di schegge, e con un po’ di attenzione si sarebbe notato del fumo uscire dalle sue orecchie: quel cervello stava lavorando a velocità disumane. «… non credo? Trovo le donne molto più belle di qualunque uomo, ma lei è più affascinante vestito da uomo. Sarà l’aria da artista decadente. Così mi dà solo l’impressione di una persona falsa che farebbe di tutto per catturare l’attenzione, e a me non piacciono le persone false.»
    «Mon trésor, non ti avevo insegnato ad essere delicato con gli ospiti?» la voce del maestro non sembrava affatto adirata, ma leggermente tesa sì.
    Tutto il colore rosso del mondo affluì sulle guance di Lance.
    «… non volevo insultarla. Mi scusi.»
    Ottimo, aveva finito per insultare un collaboratore del maestro.

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    Edited by Yukari - 16/8/2022, 23:05
     
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    All’uso di quel vezzeggiativo francese, Chihiro osservò l’espressione di Lancelot mutare da una più disorientata ad una piena d'irritazione. L’occhiataccia rovente che gli aveva poi lanciato non poteva che andare a sottolineare ancora di più la sua reazione, alla quale in risposta Chihiro sorrise semplicemente con la sua solita aria beata e disinvolta.
    «Allora ci conto» disse poi, ridacchiando appena alla concessione dell’altro. In fondo, non aveva detto di no e a Chihiro sembrava una bella attività da fare insieme non appena si fosse presentata l’occasione. Fin tanto che trovava interessante quell’idea d’imparare una, non ci sarebbero stati problemi. Quando le cose lo interessavano, dopotutto, l’impegno ce lo metteva sempre rispetto a fare le cose con più svogliatezza. Anche se non era proprio da lui fare le cose con troppa superficialità, considerando che andavano comunque completate al meglio.
    Tra l’altro quell’interesse non era nato per lui, ma più per conto di Lancelot. Un modo come un altro per provare a metterlo a suo agio in sua compagnia.
    E a quanto pare Lancelot si era distratto nei suoi stessi pensieri scaturiti da quello scambio di battute, vedendo che quando aveva fatto qualche passo nella sua direzione, il ragazzo non lo aveva subito notato, scivolando poi quasi via dallo shock, quasi spaventato dalla sua presenza più vicina. Il ghoul manteneva sempre una certa distanza tra loro due, ed era sempre Chihiro il primo che voleva accorciarla, senza però osare troppo. Un passo alla volta, si disse. Era un po’ come avvicinarsi ad un gattino spaventato. Insomma, nella sua testa era un po’ quella la visione che aveva del ragazzo, nonostante fosse un gattino con artigli e denti ben affilati.
    Dopo essersi momentaneamente ripreso e aver esitato prima di rispondere alla sua domanda, come a ragionare bene sul cosa voleva dire, Lancelot aprì quindi bocca lasciandosi andare in un discorso sciolto e dal tono serio. Chihiro lo stette quindi ad ascoltare con attenzione, la testa leggermente inclinata, la sua espressione che a mano a mano, parola dopo parola, mutava in una di stupore. Non si era aspettato tutta quella onestà da parte sua ma specialmente non una risposta così lunga e ben elaborata. Il ragazzo l’aveva proprio presa sul serio ed era lampante che ci avesse pensato con cura, cercando di spiegare il suo punto di vista il meglio possibile. Non gli importava veramente della risposta che aveva ricevuto ma la cosa gli fece piacere, oltre che sorprenderlo. Non avrebbe potuto chiedere di meglio.
    Chihiro si portò quindi una mano alle labbra, sfiorandole appena con aria divertita «Terrò a mente le tue preferenze, Lancelot-kun~» gli disse quindi, non perdendo proprio l’occasione di stuzzicarlo almeno un poco, segnandosi mentalmente che il ragazzo sembrava preferirlo vestito normalmente o meglio, quando si metteva le prime cose comode che trovava nel suo armadio.
    «Ma non mi aspettavo una risposta così sincera» aggiunse poi, annuendo appena, portandosi poi una mano al mento con aria soddisfatta «Se hai qualche preferenza nel vestiario, a me non dispiacerebbe provare» continuò, come ad intimarlo di continuare ad esporre il suo punto di vista e opinione sulla questione, naturalmente incuriosito di vedere come il discorso sarebbe continuato.
    Tuttavia, tutto fu improvvisamente interrotto perché qualcuno si era nuovamente introdotto nella conversazione sottolineando comportamenti che a Chihiro importavano poco e che, anzi, incoraggiava pure. Non avevano poi già una avuto uno scambio di battute simile in precedenza? Con lui non aveva niente da scusarsi, e tra l’altro per così poco non ci offendeva mica.
    Osservando l’espressione paonazza del ragazzo al richiamo dal piano di sotto, Chihiro aprì quindi bocca «Non è Lancelot quello che si deve scusare, lui è stato solo sincero con me» disse infatti senza filtro alcuno, una punta gelida nella voce normalmente pacata nonostante non rasentasse rabbia o completa irritazione, il tono un po’ più alto del normale in modo da farsi chiaramente sentire da tutti presenti «Rispetto a qualcun altro che continua a mettersi in mezzo senza essere stato interpellato» aggiunse poi, senza muovere un muscolo.
    L’atmosfera intorno a Chihiro era mutata all’istante, aria tranquilla e giocosa era stata sopraffatta da una nettamente più seria e grave. Lo sguardo argenteo era tuttavia puntato su Lancelot, come a scrutare la reazione che sapeva sarebbe arrivata. Aveva osato troppo, sapeva qualcuno tra loro non l’avrebbe presa bene. Ma allo stesso tempo, era arrivato a quel punto, che doveva appurare quel pensiero che si era andato a formare nella sua testa.
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    Edited by alyë - 9/7/2022, 12:41
     
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    Se avesse potuto, Lance si sarebbe tagliato la lingua in quell’esatto momento. Sulle prime sarebbe di certo stato doloroso, ma almeno non avrebbe avuto più problemi di comunicazione per il resto dei suoi giorni… forse. Le capacità rigenerative dei ghoul non erano in grado di riparare anche quello, vero? Non gli era mai capitato di perdere un arto o qualcosa del genere, ma sarebbe stato davvero diabolico se gli fosse ricresciuta la lingua. Che paura i ghoul, facevano bene gli umani a trattarli come una piaga.
    Deliri a parte, Lance fu dolorosamente costretto ad accettare di non potersi tranciare di netto la lingua. Non tanto per il modo in cui aveva inavvertitamente finito per insultare un collaboratore del maestro, quanto per ciò che accadde dopo: la risposta inviperita di Chihiro Fujioka, alla quale seguì un breve silenzio in cui il giovanissimo ghoul temette di riconoscere il rumore della kagune di Jacques che lacerava i vestiti e si riversava come un’onda anomala attraverso l’appartamento, schiacciando lo scrittore contro il muro in una cascata di sangue.
    Ma no, per fortuna cose del genere accadevano solo durante le sue sessioni di caccia.
    Dal piano di sotto, che da quella posizione non poteva vedere a causa della balaustra, provenne effettivamente il rumore di un passo più pesante del normale, ma la voce pacata del maestro sedò all’istante qualunque iniziativa Jacques avesse tentato di prendere.
    «Non è necessario, Jacques. Il nostro ospite ha ragione ed è inutile negarlo, me ne scuso.»
    Levon Moreau non era il tipo che premette l’orgoglio alla pragmatica, e aveva abbastanza anni di esperienza nei rapporti umani da sapere che perdersi in inutili battibecchi è più una perdita di tempo che un modo per dimostrarsi superiori.
    Lance però lo conosceva meglio di così.
    Sapeva che, per quanto quelle scuse fossero state sincere, erano anche foriere di un messaggio tutto per lui. Si sforzò però di non darlo a vedere, perché mai avrebbe voluto deludere, contraddire o infastidire il maestro a cui doveva ogni istante della sua vita. Abbassò la testa come un animaletto spaurito, pregando con tutto se stesso che Chihiro Fujioka la smettesse di giocare col fuoco e cominciasse a collaborare in maniera civile. Più però ci aveva a che fare, più si convinceva che egli fosse civile quanto lui - con la differenza che almeno lui non era mai vissuto in società.
    «È meglio che vada─» disse con un filo di voce, lasciando il discorso in sospeso per qualche secondo prima di riprenderlo «… e per favore, veda di andarci piano con le parole.»
    Il loro discorso finiva lì, per ora. Forse dopo la prima seduta col maestro ci sarebbe stato ancora del tempo per loro due.

    «Parlato.»
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    Edited by Yukari - 16/8/2022, 23:05
     
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    Alle sue parole professate con quella calma che lasciavano ben intendere a chi sapeva cosa guardare il suo stato d’animo contrariato, l’appartamento era quasi immediatamente stato sopraffatto da un silenzio tombale. Ogni piccolo movimento era quasi udibile anche alle sue deboli orecchie umane, se s’impegnava forse poteva anche udire il respiro o il battito del cuore degli altri presenti. Ma lui era calmo, fin troppo, come se non avesse appena premuto bottoni che non doveva e dovesse pagare le conseguenze del suo affronto.
    E per suo sommo dispiacere, non successe niente. Nessuna reazione particolare, niente di niente. Che noia. Tranne delle patetiche scuse a cui Chihiro non diede peso e che, anzi, non aveva la minima intenzione di accettare. Era un'ovvia concessione, a detta sua. E le parole erano niente senza i fatti. Situazioni del genere lo facevano impazzire.
    Per cui non disse niente, facendo quasi finta di non aver sentito quelle parole. Il suo sguardo era rimasto tutto il tempo inchiodato sulla figura del ragazzino, e lo distolse poi dopo un lungo attimo, pensoso. Era ovvio ai suoi occhi che Lancelot, con quello scambio di battute, era sceso ancora più nel panico e ciò non poteva che infastidire ancor di più Chihiro. Dopotutto, non aveva appena detto che il ragazzo non aveva né fatto e né detto niente di male? Lo trovava frustrante, il fatto che le sue parole contavano così poco ai suoi occhi.
    Sorrise poi, dopo un ulteriore attimo passato in silenzio a poca distanza da lui, senza muovere un muscolo o un singolo passo dalla sua posizione precedente, riportando lo sguardo argenteo sulla figura china di Lancelot quando l’altro aveva aperto bocca per commentare con quella sua voce ora così flebile che gli fece quasi tenerezza «Quello non posso prometterlo, Lancelot-kun» rispose inclinando leggermente la testa di lato con un sospiro che doveva sembrare affranto, il tono di voce nuovamente senza inflessione alcuna. Dopotutto, sparlare era più forte di lui, quello lo sapevano bene tutti quelli che lo conoscevano, a volte non riusciva a trattenersi per più di qualche minuto. Ma se glielo chiedeva lui, forse poteva trattenersi giusto per un altro po’.
    «Non fuggire via, però» disse poi senza aggiungere altro o elaborare quelle sue parole, lanciandogli un occhiolino per poi girarsi e scendere le scale un passo alla volta, ticchettio dopo ticchettio.
    Tornato al piano di sotto non degnò minimamente di uno sguardo gli altri due uomini, l’espressione neutra come suo solito, per poi andare dritto a recuperare la sua borsa che aveva lasciato sul divano che conteneva i suoi averi, taccuino e portatile incluso. Lancelot aveva ragione, in fondo era lì per un motivo. Il lavoro che aveva accettato di fare, e Chihiro non mancava mai alla parola data. Inclinò quindi nuovamente la testa di lato e sbattendo le palpebre, si voltò quindi verso la persona che sembrava tirare le fila lì dentro «Dunque, da cosa volete iniziare?» chiese infatti, spostandosi i capelli castani su una spalla nel mentre aspettava istruzioni sul da farsi.
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    Se le parole avessero avuto un peso, quelle di Chihiro avrebbero scatenato un terremoto sotto i piedi di Lance. Come lanciato in una corsa forsennata, il suo cervello elaborava scenari, ciascuno rigorosamente peggiore del precedente, ad una velocità così elevata da rimbambirlo. Non sapeva quale di questi si sarebbe verificato, ma sapeva di doverne rimanere fuori: non era colpa sua se Chihiro si sapeva rapportare al maestro solo con esplicita ostilità.
    Gli sarebbe dispiaciuto vederlo fatto fuori per una cosa perfettamente evitabile, ma le decisioni del maestro non si discutevano e Chihiro Fujioka era abbastanza adulto da sapere di doversi assumere la responsabilità delle proprie azioni.
    Per quanto lo riguardava, Lance pensava che l’atteggiamento di Chihiro Fujioka fosse condannabile, oltre che incredibilmente stupido. Chihiro Fujioka agiva come se il mondo fosse stato il suo teatro personale, senza peli sulla lingua nel commentare le performance altrui senza un briciolo di autopreservazione anche nei momenti in cui avrebbe dovuto stare zitto. Non si faceva alcun problema a mancare di rispetto al prossimo, giudicando le persone non per quel che erano, ma per quanto lo intrattenevano. E questo era terribile. O almeno, questa era l’idea che Lance si era fatto di lui durante i loro pochi e brevi incontri, profondamente stupito di essere in apparenza l’unica eccezione alla generale antipatia che Chihiro sembrava sempre pronto a scatenare contro gli altri membri del gruppo.
    Forse aveva preso particolarmente in antipatia il maestro, o forse reputava che il suo tempo con loro sarebbe stato del tutto sprecato se non ci fosse stato lui, un piccolo stupido ghoul da torturare per divertirsi un po’ a spese altrui. Nei sorrisi che gli piovevano addosso, Lance non sapeva se leggere dell’interesse sincero o dell’accondiscendenza verso la sua particolarmente brillante performance di attore comico.
    Di una cosa era però abbastanza certo: Chihiro Fujioka non aveva davvero buone intenzioni nei suoi confronti. Nessuno le aveva, a parte il maestro.
    «Io non posso fuggire.» disse, il tono piatto e deluso di chi afferma una cosa intendendone altre dieci.
    In primis perché neanche lui non voleva fuggire. E se anche avesse voluto farlo, per qualche sciocco istinto autodistruttivo, non avrebbe potuto: le persone in quella stanza non glielo avrebbero permesso, perché lui apparteneva alla causa dell’Albero della Vita tanto quanto Levon Moreau. E il mondo fuori era crudele, spietato nello schiacciare i mostri come lui.
    Tutti erano nemici, anche Chihiro Fujioka.
    Tutti tranne il maestro.

    Al piano di sotto, i tacchi di Chihiro erano rimbombati nel silenzio finché non si era fermato davanti al divano. Taccuino e portatile alla mano, lo scrittore aveva rivolto a Levon Moreau una domanda piatta e apatica che si era scontrata con un silenzio lapidario, troppo lungo per non accelerare di nuovo il battito del cuore di Lance.
    Temendo quasi di essere visto, il ghoul si affacciò pian piano dal soppalco, osservando intensamente il maestro seduto con le braccia incrociate al petto. Sembrava pensieroso, ma Lance lo conosceva troppo bene per credere che fosse incerto su come rispondere: Levon Moreau doveva avere quel discorso pronto e impresso nella memoria da settimane, eppure per qualche motivo sembrava restio a condividerlo.
    Il maestro inspirò piano, con una delicatezza che quasi sfuggì persino al ghoul, dopodiché rilassò il sorriso in un’espressione asettica, sinistra nella sua apatia. Una di quelle espressioni che Lance era abituato a vedere solo quando lavoravano.
    «Voglio iniziare da lei, Fujioka-san.»
    Il tono non tradiva particolari emozioni, eppure sotto la calma piatta sembrava celarsi qualcosa.
    «Per quale motivo lei è qui?» l’uomo sciolse il nodo di braccia, incrociando le dita all’altezza del ventre. «E badi a evitare risposte come per lavorare. Se anela come dice alla sincerità, la dia e la riceverà.»
    Lance sapeva che l’ermetismo era parte integrante del maestro. Niente reazioni troppo limpide o esplosive per Chihiro Fujioka: non era quello l’atteggiamento con cui si arrivava dov’era arrivato Levon Moreau.

    «Parlato.»
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    Edited by Yukari - 16/8/2022, 23:05
     
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    Dopo aver scambiato quelle ultime battute con Lancelot, sempre ignaro dei veri pensieri che stavano vorticando nella mente del ragazzino, Chihiro si era fatto dunque strada al piano di sotto raggiungendo gli altri due uomini. Aveva dunque poi ripreso alcuni dei suoi averi in mano, pronto a mettere in atto ciò che era stato da lui richiesto nel loro incontro precedente.
    Tuttavia, alla sua domanda, era calato di nuovo il silenzio. Ma era un tipo di silenzio diverso, una pausa più calcolata. Non gli diede fastidio affatto, e invece si era voltato nella direzione dove si era seduto Moreau, andando ad incrociare il suo sguardo argenteo con il suo, nell’attesa dicesse qualcosa. Non stava esitando, no, quello gli era abbastanza palese, e forse stava solo valutando da che parte iniziare.
    E le sue parole non tardarono ad arrivare, con un’altra domanda stata posta con schiettezza forse per controbattere la sua. Chihiro inclinò leggermente la testa di lato, un sopracciglio che si era alzato da sotto la frangia. Quello gli sembrava un punto strano da cui iniziare, forse voleva partire dalla fine invece dall’inizio. Scelta curiosa che forse aveva altri fini, intenti a cui per il momento non diede più peso del necessario.
    «Da me?» disse quindi, la domanda retorica, appoggiando le cose che aveva in mano sul tavolino basso che aveva di fronte «Dovrei essere forse lusingato da questo vostro interesse? Se state dubitando delle mie intenzioni, ciò mi addolora» commentò poi, senza tradire nessuna vera emozione nel mentre si asciugava delle finte lacrime con una mano, sollevando infine di nuovo lo sguardo sulla figura seduta dell’altro, scrutandone i movimenti e l’espressione neutra.
    Chihiro sorrise appena, le labbra che presero un taglio più affilato, mettendosi poi anche lui seduto sul divano per poi accavallare le lunghe gambe coperte da calze nere «Se non fosse abbastanza ovvio, adoro le storie. Specialmente se destano il mio interesse e combattono la noia. E lei ha promesso di raccontarmene una, e di rimirando io le ho promesso di metterla per iscritto. Non ho intenzione di mancare alla parola data, non l’ho mai fatto fin’ora nei miei venticinque anni di vita e non ho intenzione d'iniziare adesso, sa? Dire che sono qui per questo, dunque, non sarebbe nemmeno una bugia. Altrimenti, non mi sarei nemmeno fatto vedere» picchiettò poi un dito smaltato sul mento, appoggiandosi meglio la schiena sullo schienale del divano «Ma se devo ammettere una cosa, non siete stato voi a catturare il mio interesse. Non ancora, almeno. A quanto pare ho la mania di raccattare miserabili ed adorabili cuccioli abbandonati per strada, come tante altre cose, è più forte di me. Le va bene come risposta? Mi faccia pure tutte le domande che vuole, chiedete e vi sarà dato. Anche se non dovrei essere io la prima ballerina questa sera» finì, lanciandogli poi uno sguardo eloquente, le mani appoggiate sulle sue cosce, in attesa dicesse altro, volendo aspettare giusto qualche istante prima d'iniziare a fare lui certe domande. Lo fece per Lancelot, considerando l'avvertimento che gli aveva dato poco prima e che sapeva non poteva garantire non esagerasse troppo a lungo.
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    Le finte lacrime di Chihiro Fujioka si scontrarono con l’espressione seria di chi non trovava niente di divertente in quella farsa. Se finora aveva lasciato correre con paziente sopportazione i suoi strampalati comportamenti, adesso il maestro si era chiuso in un silenzio pieno di aspettative dal retrogusto acre come il pericolo.
    Chihiro poteva essere molto fiero di sé, pensò Lancelot: finalmente poteva giocare col fuoco. Sperava solo di non rischiare a sua volta di scottarsi per colpa di un umano che non aveva la minima idea di cosa ci fosse in ballo in quella stanza.
    Al termine della breve spiegazione dello scrittore, la risposta dell’uomo non si fece attendere troppo.
    «Apprezzo la sincerità e la ringrazio. Ma non mi interessa né catturare la sua attenzione, né avere l’esclusiva dei riflettori, il punto è un altro.»
    Fu subito messo in chiaro, parole che Lance si aspettava: nonostante l’apparenza eccentrica e fuori scala, da membro di un’organizzazione segreta qual era, il maestro conosceva i vantaggi della riservatezza e quando era più saggio volare basso.
    Dal piano di sotto sarebbe bastato alzare lo sguardo per vedere il suo naso sporgere dalla balaustra, ma per fortuna per una volta non era lui al centro dell’attenzione.
    «Quel che voglio dai miei collaboratori sono affidabilità e serietà, caratteristiche che comincio a chiedermi se troverò davvero in lei. Il problema non sono gli abiti con cui si presenta, ho visto provocazioni più feroci, ma il modo in cui si rapporta a noi.» continuò Moreau, senza risparmiarsi. «Fidarmi solo dei fatti è una delle mie più radicate convinzioni, perciò l’atteggiamento che ha avuto finora risuona alle mie orecchie molto più forte di tutte le assicurazioni che le sue labbra possono fornirmi. Per farla breve, non mi ha finora dato l’impressione di una persona di cui ci si possa fidare.»
    A quel punto scoccò uno sguardo al piano di sopra, facendo arrossire Lance fino alla punta dei capelli. Stava forse dando fastidio? Avrebbe dovuto farsi gli affari propri? Eppure, mentre si poneva queste domande, notò che nell’espressione del maestro non vi era traccia di rimprovero, dunque si sentì autorizzato a continuare ad osservare.
    «Coinvolgendola in questo progetto, io le affido delle vite. Per quanto mi riguarda, la mia dipenderà sempre e solo da me. Ma ce ne sono altre che non voglio siano messe in pericolo dalla sua imprevedibilità, Fujioka-san.»
    Lance capì di essere parte di quella conta. Lottavano con le unghie e con i denti per non commettere passi falsi, tanto sul luogo di lavoro quanto nel privato. Se la sua guerra con la morte si svolgeva ogni volta che indossava la maschera e dava la caccia a un altro ghoul, quella del maestro iniziava quando apriva bocca.
    Era una lotta piena di trappole e rischi, perciò era grato al maestro di voler mettere subito in chiaro con Chihiro che se una scaramuccia come quella appena avvenuta poteva compromettere la sua fedeltà alla loro causa allora non avevano altro di cui parlare.
    «Pertanto, se intende proseguire, vorrei giungere a un compromesso. La mia storia, completa nel bene e nel male della spontaneità che ha richiesto poco fa, in cambio della sua fedeltà e serietà. Voglio che la smetta di trattarci come un intrattenimento e cominci a trattarci col rispetto che si deve alle persone.»
    E quello, per quanto pronunciato con voce pacata, sapeva di ultimatum.

    «Parlato.»
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    Edited by Yukari - 11/10/2022, 16:54
     
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    Chihiro Fujioka
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    L’atmosfera intorno a loro si era ormai incrinata, in modo irrimediabile o meno era ancora da vedere. Fatto sta che, ovviamente, a Chihiro non importasse veramente, in un certo senso se l’era un po’ cercata e forse non si rendeva nemmeno conto in quale situazione si era effettivamente messo. O meglio, ne era probabilmente consapevole ma allo stesso tempo non ne vedeva motivo di preoccuparsi. Mal che vada l’unico che si sarebbe fatto male sarebbe stato lui stesso, era il suo pensiero.
    Alle sue parole era caduto di nuovo il silenzio, sempre così calcolato e misurato, il suo sguardo argenteo sempre puntato al volto indifferente dell’altro uomo che aveva aspettato giusto un attimo prima di esporre la propria opinione a quello che aveva appena proferito. Chihiro sbatté le palpebre, la sua espressione che mal celava la noia che stava provando in quel momento. Una frase gli entrava in un orecchio per poi uscire dall’altro. Lo stava guardando un po’ come se gli stesse elencando la lista della spesa.
    Chihiro schioccò la lingua, rumore che quasi risuonò per l’intero appartamento, come per riprendere coscienza dei propri pensieri. Quelle parole non gli avevano fatto male, nemmeno un po’. E la realizzazione lo deluse. Dopotutto, l’altro non era il primo che dubitava delle sue parole o, anche, che provasse a sminuirlo per colpo dell’impressione che aveva dato loro. E di certo non sarebbe nemmeno stato l’ultimo.
    Si passò una mano tra i capelli castani, appoggiando poi un gomito sulle sue gambe accavallate, la testa ora appoggiata sul palmo della sua mano «Lei è proprio noioso, monsieur» fu quello che disse senza esitazione alcuna, sventolando una mano lateralmente, un gesto pigro senza un vero perché dietro «Così va solo a togliermi quella poca gioia di vivere che ho. E mi ero pure svegliato di buon umore questa mattina» aggiunse rimanendo poi di nuovo in silenzio, nel mentre metabolizzare le successive parole dell’uomo.
    Assottigliò lo sguardo, forse il primo cipiglio di una qualsiasi emozione vera sul suo volto, alzandosi poi di scatto in piedi, portandosi una mano al mento prima di lanciare uno sguardo stralunato alla figura ancora seduta dell’altro «Affidare delle vite? A me?» fu quello che gli disse, il suo solito tono piatto di voce era stato sopraffatto dallo stupore, marcando quelle sue parole puntando un dito al suo stesso petto «Allora è più fuori di testa di quello che pensavo. La mia, di vita, è un conto. Può farne ciò che vuole. Ma quella degli altri? Perché mi-» si fermò poi di botto, perché si, quello che aveva appena ascoltato rasentava il ridicolo. Da che pulpito poi, sapeva bene di essere lui quello che veniva etichettato come lunatico. Ma nemmeno lui stesso avrebbe affidato delle vite preziose alle sue stesse mani, se voleva rimanessero al sicuro. Ma c’era un altro punto che aveva realizzato: quella era una novità per lui. Niente del genere gli era stata accennata in precedenza.
    Chihirò inclinò la testa di lato «No, è una cosa che non posso promettere» fu quindi la sua, di nuovo più che onesta, risposta alla proposta statagli appena fatta, che fosse sensata o meno da parte dell’altro, in quel momento a Chihiro importava poco, sapeva bene che era una cosa che non poteva garantire «Va al di fuori di quello che le ho promesso» aggiunse poi, anche il suo sguardo che era volato al piano di sopra, notando la figura seminascosta di Lancelot, che di certo era rimasto ad ascoltare lo scambio di battute, per poi riportarlo alla figura dell’uomo con un sopracciglio alzato che fece capolino da sotto la sua frangia. Chissà cosa stavano pensando in quel momento.
    «Cosa si aspettava veramente da me? Quando era venuto a farmi questa proposta» disse poi facendo qualche passo nella sua direzione, fermandosi poi proprio di fronte a lui. Certo, poteva dire un sacco di cose diverse, ma i suoi pensieri erano sempre un vortice e il primo che lo sopraffaceva, sarebbe stato quello che avrebbe lasciato le sue labbra. E in quel momento voleva mettere in chiaro una cosa.
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    Lance Moreau Calavera
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    Un sospiro.
    «Che peccato.»
    Al fiume di parole di Chihiro era seguito un lungo silenzio, al termine del quale l’espressione impassibile del maestro era mutata in una di sconforto. Gli occhi socchiusi, un angolo della bocca assottigliato come se si fosse morso l’interno del labbro, le sopracciglia a disegnare una curva di malinconia. Quel genere di espressioni, più genuine e fanciullesche, Moreau le riservava prevalentemente ai suoi collaboratori: per Lance erano quel tipo di quotidianità che tra le righe lo rassicurava che andava tutto bene.
    In quel momento però le cose non andavano affatto bene, anzi erano proprio nella merda. Conosceva quelle parole, quel tono, quell’esordio di qualcosa che non gli era mai piaciuto… non era la prima volta che lo sentiva.
    «Maestro…» provò a chiamare con un filo di voce dal piano di sopra, ottenendo subito uno sguardo curioso da parte del tutore. «Maestro, per favore… io… preferirei evitare stavolta.»
    In cambio ricevette un sorriso pacato e rassicurante, che riuscì almeno in minima parte a calmare il formicolio che gli divorava la pelle.
    «Naturalmente, mon trésor.» Moreau scosse lentamente la testa, per poi tornare a concedere la sua attenzione a Chihiro. «Quel che mi aspettavo non ha importanza, dal momento che non ho più intenzione di lavorare con lei. Siamo incompatibili, Fujioka-san, è inutile perdere tempo a irritarci a vicenda.»
    Il tutto era stato pronunciato con lo stesso sorriso rilassato rivolto a Lance, in netta contrapposizione con la ruvidità del messaggio. Senza abbandonare il suo atteggiamento rilassato, con adesso un braccio appoggiato alla spalliera del divano e le gambe accavallate, Moreau proseguì senza dare a Chihiro tempo di ribattere.
    «Come accennavo prima ho conosciuto persone ben più fastidiose di lei, ma in tutta sincerità l’idea di lavorare con qualcuno di così arrogante e irrispettoso non mi esalta…» sventolò una mano per aria, proprio come aveva fatto Chihiro poco prima. «Al nostro primo incontro le ho assicurato che l’avrei lasciata andare anche se mi ha visto in faccia, e ovviamente manterrò la mia parola. La invito però a non tornare più qui e a ricordare che ogni azione ha delle conseguenze…»
    Lance trattenne il fiato: sapeva cosa stava per arrivare e non ne andava affatto fiero. Il maestro nel frattempo portò una mano chiusa a pugno sotto il mento, levando gli occhi al soffitto.
    «L’altra volta mi ha chiesto perché l’avessimo scelta, ricorda?» riagganciò lo sguardo con Chihiro. «La verità è che, sfortunatamente, lei è il nostro terzo fallimento. I primi due hanno avuto dei ripensamenti a lavori già iniziati, e per questo sono diventati la cena di Lance. Per qualche motivo voi scrittori vi avvicinate sempre a lui, spero che collaborerà almeno nell’evitargli un altro trauma. Hm… sarò io il problema?» un altro sospiro, che però stavolta fu seguito da una scrollata di spalle e un mezzo sorriso. «Pazienza, in fondo non è un problema mio.»
    Eccolo, era partito a ruota libera coi suoi flussi di coscienza. Decisamente rincuorato dalla bella notizia - di mangiare anche Chihiro non ne aveva proprio voglia -, Lance si appoggiò con entrambi i gomiti alla balaustra, le sopracciglia così alte da sparire sotto i ciuffi di capelli che gli invadevano la fronte e gli occhi a mezz’asta.
    «Maître, il est compliquée de vous comprendre quand vous parlez ainsi…»
    «Oh─ hai ragione.» Moreau sbatté le palpebre, mettendosi poi in piedi. «Vorrei ringraziarla del tempo che ci ha dedicato, ma credo farò a meno dell’ennesimo commento irritante. Prego, la porta sa dov’è.»
    A fare un passo in avanti fu però Jacques, che finora si era astenuto da qualunque commento. Mordendosi le labbra già screpolate e martoriate, Lance si augurò che la scena non terminasse col buttafuori che… beh, faceva il buttafuori.
    Avrebbe aspettato un momento di silenzio, dando a Chihiro la possibilità di ribattere, prima di inserirsi nella conversazione con la sua piccola voce.
    «È davvero meglio così.» si permise di dire allo scrittore dall’alto della sua alcova, rivolgendogli uno dei suoi rari sorrisi. «Non penso che accettando questo lavoro sopravvivrebbe a lungo. Ricordo quel che mi ha detto sulla morte e lo rispetto. Non lo capisco, ma lo rispetto. Io però sarei triste se morisse, perché lei è gentile con me, Fujioka-san. Quindi penso che sia davvero meglio così.»
    In realtà lo intristiva un po’ anche il pensiero di non avere modo di capire meglio la sua mente contorta forse quanto quella del maestro. E di non rivedere mai più Azuki. Ma per Lance, un cacciatore di ghoul, niente era più importante delle vite umane.

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    Chihiro Fujioka
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    Ad ogni cosa che diceva, a quanto pare, in quell’appartamento non poteva che cadere un lungo ma carico silenzio. E ad ogni parola che usciva dalla sua bocca, Chihiro si stava letteralmente scavando la fossa da solo, spalata dopo spalata. Era ben consapevole della cosa, lo sentiva bene, come un'entità esterna, come quelle di cui adorava scrivere, gli stesse fiatando sul collo. Non era la prima volta che succedeva. O meglio, sicuramente era la prima in cui era effettivamente a rischio di fare una brutta fine.
    Il suo sguardo argenteo era rimasto puntato al volto dell’altro uomo, scrutando con attenzione il suo cambio di espressione dalla sua posizione frontale alla sua figura seduta. Nessuno stava fiatando, non si era nemmeno mosso quando l’altro aveva effettivamente parlato di nuovo. Aveva effettivamente incrinato qualcosa questa volta, e non si stava nemmeno rendendo conto che un sorriso, così vuoto, così falso, era sbucato sulle sue labbra. Non era quello che aveva voluto?
    Fu solo la flebile voce di Lancelot che lo riportò al presente, ricordandogli anche che non erano da soli lì dentro.
    Ah. Già.
    Sollevò quindi anche lui lo sguardo, posandolo sulla figura semi-nascosta dietro la ringhiera del parapetto del piano superiore. Il suo sorriso sparì dal suo volto, come se lui e il “maestro” si fossero appena scambiati l’espressione. Perché quello che era affiorato nel suo petto in quel momento era pura mortificazione. Non come uno schiaffo in pieno volto, ma come tanti piccoli aghi che si conficcavano nel suo petto. Era quello stesso sentimento sapeva che provava quando aveva deluso le aspettative altrui, anche quando a lui non importava affatto del risultato. Era vero che non gli aveva promesso di “andarci piano con le parole”, perché, come a dimostrarsi, sapeva bene non ci sarebbe proprio riuscito, ma allo stesso tempo ci aveva provato a trattenersi almeno un po’ perché aveva notato quanto timoroso e nervoso fosse Lancelot nei riguardi di quell’incontro.
    Sospirò, scuotendo leggermente la testa come a schiarirsi i pensieri. Ormai era fatta. Non era il tipo da ripensamenti.
    Fece dunque dietro front nel mentre continuava ad ascoltare senza interrompere l’uomo, il ticchettio dei suoi tacchi che echeggiava per la stanza, andando a recuperare le sue cose che aveva lasciato appoggiate sul tavolino basso in modo da rimetterle in ordine nella tracolla che aveva abbandonato in precedenza sul divano. Fatto ciò, con la cinghia tra le mani, riportò lo sguardo sull’uomo, lo sguardo ora privo di qualsiasi sprazzo di emotività nel mentre aspettava finisse di parlare.
    Non poteva dargli torto, tutto quello aveva dimostrato quanto incompatibili in realtà fossero loro due. Almeno aveva risposto alla sua domanda, era stato il suo pensiero. Almeno stava mantenendo la parola. Non lo avesse fatto, quello non glielo avrebbe mai perdonato.
    «Un peccato davvero, non mi sarebbe dispiaciuto essere mangiato da Lancelot-kun» erano state invece le prime parole che erano uscite dalla sua bocca alla rivelazione appena ricevuta, senza però andare ad incrociare quello del ghoul in questione, come avrebbe sinceramente fatto se le condizioni fossero state diverse. Un semplice ma onesto commento.
    «“Le parole degli altri non sono abbastanza taglienti”» aggiunse poi, citando il titolo del primo romanzo che aveva pubblicato, quello tratto dal racconto che gli aveva fatto vincere il concorso che aveva fatto partire la sua carriera, nel mentre si passava la tracolla in spalla «La short story, non il romanzo. Mi ricorda il protagonista, Mikage, adorabile ma con qualcosa di scuro alle spalle» specificò poi, roteando un dito per aria ed inclinando leggermente la testa, un mezzo sorriso sulle labbra. Un sorriso che tuttavia non raggiungeva il suo sguardo spento. Si sentiva stanco, così, all’improvviso. Aveva forse usato troppe energie nella relativa esplosione di poco prima. Succedeva sempre. Non gli piaceva.
    «A proposito, mi dica. Se volessi scrivere qualcosa liberamente ispirato a queste nostre vicende… me lo lascerebbe fare? Ovviamente omettendo tutto il dovuto, le ho promesso di mantenere la boccuccia chiusa, dopotutto» chiese dopo una pausa, facendo qualche passo verso l’uscita per poi fermarsi al fianco della poltrona, lo sguardo inquisitorio «Tra l’altro, il mio lavoro lo avrei finito comunque. Ho collaborato con gente più spiacevole di lei» rimbeccò con un’alzata di spalle, senza però usare un tono veramente derogatorio. Dopotutto era vero, quando volte aveva finito per lavorare da solo perché i suoi colleghi di corso continuavano a sparire? O anche quando era stato eletto rappresentante di classe al liceo contro il suo volere. Lui l’impegno ce lo metteva sempre, era lavoro dopotutto. Noioso o meno che fosse.
    Ma Lancelot decise di parlare di nuovo, questa volta rivolgendosi a lui direttamente. Chihiro si fermò da prendere un altro passo, sollevando lentamente lo sguardo argenteo per incrociare quello dorato del ghoul. Chihiro ricambiò il suo sorriso, questa volta genuinamente, con più dolcezza e con il pensiero che con tutta probabilità non si sarebbero rivisti.
    Un peccato, davvero. Quello lo pensava veramente. Il piccolo ragazzino dai capelli rossi sapeva essere assai curioso.
    «Il fatto che non sono stato sgozzato seduta stante significa che la mia fortuna sfacciata è ancora funzionante. Un giorno si esaurirà... non essere triste, Lancelot-kun. E com’è che si diceva? Au revoir, Lancelot» gli disse, sventolando delicatamente una mano in segno di saluto.
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    “A proposito, mi dica. Se volessi scrivere qualcosa liberamente ispirato a queste nostre vicende… me lo lascerebbe fare? Ovviamente omettendo tutto il dovuto, le ho promesso di mantenere la boccuccia chiusa, dopotutto”.
    «Glielo lascerei fare, sì. Confido che manterrà la parola.»
    Quel breve botta e risposta era, agli occhi di Lance, all’infuori di ogni logica. Fino a pochi secondi prima Chihiro Fujioka e Levon Moreau erano sembrati sul punto di perdere il loro contegno e sputarsi addosso, totalmente presi da un confronto non fisico ma verbale - quel tipo di battaglie che Lance non si trovava mai ad affrontare e che pertanto dava per scontato avrebbe sempre perso. Ma adesso, dopo essersi dichiarati apertamente ostili l’uno all’altro, i due uomini sembravano… quasi rispettarsi nella loro reciproca antipatia? Com’era possibile?
    Confuso e intrigato, il ragazzino aveva tenuto il naso puntato verso il basso come il becco adunco di un rapace in agguanto, gli occhi iperattivi che dardeggiavano da una figura all’altra senza riuscire a soffermarvisi più di un paio di secondi. Era quello il tipo di cose che veniva definito “da grandi”? Ed era forse una vergogna che lui, alla solida età di ben diciassette anni, non comprendesse ancora i meccanismi sociali che tiravano i fili di quel teatro?
    Lance era perplesso, profondamente deluso dalle proprie mancanze e, in fondo al cuore, anche un po’ triste.
    Dire addio a Chihiro Fujioka lo incupiva; non pensava sarebbe mai accaduto, non dopo il veleno che gli aveva sputato addosso sin dalla prima volta in cui i loro sguardi si erano incrociati. All’epoca aveva cercato di fare la voce grossa, di atteggiarsi a predatore che guarda dall’alto in basso un topolino troppo debole persino per tentare la fuga, ma la verità era presto venuta a galla e Chihiro, coi suoi occhi attenti e i silenzi analitici, non ci aveva messo tanto a scoprire che dietro Calavera - o Llorona, che dir si voglia - c’era un ragazzino sperduto e ammaliato da qualunque cosa appartenesse al mondo fuori dalle pareti in cui viveva confinato.
    Perciò Lance era triste: la sua finestra sul mondo sarebbe tornata chiusa, ma con stoico altruismo aveva preso quella decisione per tutelare una vita che Chihiro sembrava pronto a buttare via per dei motivi a suo dire futili. Come aveva ammesso, non capiva affatto il modo di ragionare dello scrittore in merito alla morte, ma lo rispettava. Al contempo però non voleva approfondire la faccenda per paura di essere traviato da tanto cinismo: i valori che illuminavano la sua strada erano pochi e Lancelot se li teneva stretti per non rischiare di diventare il mostro che era stato concepito per essere.
    Così, mentre ricambiava il sorriso dello scrittore, alzò piano una mano in un timido saluto.
    «Addio, Fujioka Chihiro.» disse, in giapponese, a modo suo per ricambiare la cortesia dell’aver usato la sua lingua madre.
    E nell’appartamento non rimasero che un piccolo ghoul, il suo mentore e il loro padrone.

    «Parlato.»
    "Pensato."
    Ghoul
    Is it mad to pray for better hallucinations?
     
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