The man who moves a mountain begins by carrying away small stones.

Zhang Hui si era quasi emozionato quando il loro caposquadra aveva riunito sia lui che uno dei loro assistenti per un nuovo incarico. Insomma, si era reso conto poi, durante il breve viaggio in auto fino alla circoscrizione, che caso mai il fatto che avesse chiamato solo loro due era un lampante segno del fatto che la missione in questione non era niente di speciale, qualcosa che non richiedeva più di una coppia di agenti.
Dopotutto, le missioni di ricognizione erano quelle che odiava di più. Era il tipo di agente che agognava la prima linea, lui. Il furore del combattimento, l’adrenalina del sangue. Ecco, stare dietro ad una scrivania, o interrogare dei civili non era quello che ambiva fare in quella carriera di vita. Peccato che, appunto, la missione di quel giorno richiedesse proprio quello da parte sua. O meglio, loro.
Hui sospirò internamente, nessuna emozione negativa che veniva palesata chiaramente nella sua espressione, nel mentre sfogliava il breve fascicolo che era stato dato loro dal Caposquadra Yamamoto: la polizia locale aveva ricevuto negli ultimi giorni delle strane segnalazioni, sempre di notte, i rumori erano stati prima identificati provenire da vagabondi o senzatetto, o anche da qualche animale randagio, ma dopo le ultime ricevute, nuovi importanti dettagli erano venuti alla luce. Qualcuno aveva identificato un essere umanoide con occhi rossi e possibile forza sovrumana. C’era quindi un ghou nascosto in quel quartiere, una abominevole bestia che doveva cadere per mano della sua lama. Ma prima, dovevano scovarla. Quel pensiero, si, che lo eccitava.
Scese dunque dall’auto una volta parcheggiata, sistemandosi il completo scuro con una mano, recuperando poi la custodia a tracolla della sua quinque ed altri materiali utili prima di girarsi verso la figura ormai familiare di Tsugio. Facevano parte dello stesso team, certo, ma non aveva mai veramente parlato con l’altro. Non che Hui interagisse particolarmente con i suoi colleghi, specialmente dopo che la loro curiosità nei suoi confronti, nel “Onishi cinese”, era scemata dopo più di un anno passato in loro presenza. Meglio così, aveva pensato, mantenere un certo grado di cordialità era stancante alla lunga.
«Assistente Dobashi, da dove vogliamo iniziare? Dalla stazione di polizia?» propose poi, il tono sempre amichevole coordinato ad un lieve sorriso, nel mentre lo sguardo vagava nella direzione della piccola stazione di polizia poco più in là, dove una coppia di poliziotti era in servizio.