Like the bitter scent of lemons

Elke Higuchi & Hotaru Shinkai @ Fleur de Lys • 19/11/2022 h 19:30, sereno (13°C)

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  1. yumæchu`
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    Un ultimo ritocco all'acconciatura che era solita fare ai capelli durante serate di quel tipo e il gioco era fatto.
    Hotaru, la scrapper della famiglia Shinkai, era finalmente pronta per entrare in scena. Non fosse che era in largo anticipo sulla tabella di marcia, quindi dopo aver finito di indossare l'abito e sistemarsi, avrebbe avuto tempo da perdere e guardarsi attorno.
    La freddezza glaciale con cui era solita vivere quel momento, però, lasciava spazio ad una nota dolente e amara: avere del tempo da perdere non faceva che accumulare la tensione, e l'attesa sembrava paralizzarle le gambe.
    Non era abituata ad attendere troppo. Sapeva che quello che faceva in quelle sale era uno spettacolo fin troppo macabro e cruento perché una ragazzina come lei, che cercava di vivere la sua nuova vita normalmente, potesse sopportarlo senza troppi effetti collaterali. Ed era proprio per quel motivo che era solita finire di prepararsi a pochi minuti dall'inizio del suo spettacolo.
    Quel giorno però, mamma e papà erano impegnati ad intrattenere una conversazione con alcuni dei loro parenti, e l'invito di sua madre ad andare a prepararsi prima del tempo era stato un po' una condanna.
    Era sera, faceva freddo e il corpicino fragile di Hotaru tremava in un tossico miscuglio di gelo e ansia.
    Avvertì la bocca ― e successivamente la gola ― seccarsi improvvisamente. Dopo qualche istante, sentì un brivido di freddo percorrerle la schiena e, poco dopo, le gambe molli e formicolanti.
    Logicamente collegò quei sintomi sconosciuti all'ansia, ma sapeva perfettamente che ciò che stava provando non era normale per chi, come lei, era così abituato a vivere una situazione del genere con lucidità, freddezza ed un'abbondante dose di cinismo a condire il tutto. Lo sapeva, eppure gli occhi che s'imperlarono di lacrime sembravano dettare tutt'altro.
    Sentiva l'urgente bisogno di uscire di lì, chiamare Kazuya e chiedergli di stare con lei fino a che non si sarebbe calmata, ma non poteva farlo.
    In quel frangente realizzò che, dopotutto, per quanto amasse aiutare la sua famiglia e fosse contenta della vita che conduceva, non amava dover attendere il suo turno. Una parte di sé, nel tentativo di trattenere quanto più poteva le lacrime, pensò che non avrebbe mai più voluto ripetere un'esperienza simile: se avesse potuto, avrebbe ritardato il doversi preparare quanto più era possibile, per non dover provare mai più sulla sua pelle quelle sensazioni orribili.
    Si sedette su uno dei gradini della breve scalinata che dava l'accesso agli scrapper al "palcoscenico" dove i più crudi spettacoli prendevano vita, lasciando che le urla dell'umano che stava venendo cacciato in quel momento le riempissero le orecchie.
    Era un sottofondo terribile, ma efficace a distrarla dai pensieri.
    Tirò un sospiro, prima di cercare con lo sguardo dove potesse trovare una bottiglia d'acqua per dare un minimo di sollievo alla gola arida, ma ovviamente attorno a sé non c'era nient'altro che buio e muri freddi. Consapevole che non avrebbe trovato dell'acqua da nessuna parte, quindi, la diciassettenne si abbandonò sul gradino, stringendo le mani tra di loro nel tentativo di trovare un'ulteriore distrazione, giochicchiando distrattamente con le dita.

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