Are you fighting for Yourself or for your Savior?

Hibiki Mizushima & Victor Krieger | PALESTRE - 18/08/2020 MORNING (10:25~ AM)

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    Victor odiava l'estate. Era metà agosto ed il quartier generale della CCG era popolato praticamente da fantasmi. La maggior parte degli investigatori ne aveva approfittato per prender ferie probabilmente, e come biasimarli; dopo tutto il caos che aveva seguito il Gala e la conseguente cattura del ghoul che vi aveva fatto irruzione era normale che la gente volesse riposarsi.
    Non Victor, che la parola "riposo" non sapeva nemmeno cosa volesse dire, e che comunque non aveva nessun posto dove poter andare in vacanza senza lasciare Momo da sola.
    Già aveva digerito piuttosto male il fatto che le investigazioni d'assestamento si fossero protratte fino a luglio inoltrato, cosa che aveva anche ritardato la sua promozione ad Investigatore di Primo Grado. Ovviamente non ne era stato stupito, sapeva di meritarselo già prima di quell'avvenimento: quello scontro lo aveva solo aiutato a capire contro chi e cosa avrebbe dovuto combattere per il resto della sua vita. E non era stato stupito nemmeno da quello. Esaltato al massimo. Ma non era proprio il momento adatto per parlare di quanto gli mancassero delle sfide decenti nella vita.
    Aveva preso quel diploma di carta straccia che lo abilitava a cacciare ghoul a dicembre dello scorso anno ed erano passati già più di sei mesi. In realtà a paragonarlo con la sua carriera da militare era un battito di ciglia, ma ciò non era comunque una giustificazione. Aveva solo capito che se voleva ritrovarsi a faccia a faccia con uno di quei "cosi" doveva diventare più forte. E lui voleva diventare più forte.
    Ad ogni modo, Victor odiava l'estate. Il caldo, il sudore e l'afa erano un agglomerato di cose fastidiosissime, ma il problema principale non era nemmeno quello: erano i vestiti; gli abiti che lasciavano la pelle scoperta, più o meno come quelli che indossava al momento. Pantaloni corti ed una canottiera che gli lasciava scoperti gli avambracci, entrambi neri. No, Victor non possedeva alcun senso della pudicizia o qualche altra stronzata del genere. Era più che consapevole di non doversi vergognare del suo corpo, odiava semplicemente vedersi i marchi delle proprie cicatrici sulle braccia, sulle gambe, sul petto e sul resto del corpo. A differenza di quanto si poteva pensare a vedere un uomo pieno d'orgoglio come lui, non le sfoggiava affatto come fossero un trofeo di guerra anzi, le odiava proprio perché erano quello. Oh, e perché la maggior parte delle volte portavano domande. Quello era secondario, ma comunque cruciale.
    L'unica cosa che al momento non stava odiando, nonostante fosse estate, era il fatto che - per lo meno - la palestra fosse deserta. Insomma, era ovvio che Victor non si sarebbe mai vestito in quel modo per andare a giro normalmente: a dire il vero stava prendendo a pugni uno di quei sacchi pieni di sabbia appesi al soffitto che si trovavano in una delle palestre della CCG ed aveva improvvisato una pseudo divisa da muay thai, fasciandosi le nocche e parte delle dita con delle bende da boxe proprio perché dei guantoni non aveva avuto voglia di comprarseli e quelli vecchi chissà dove cristo li aveva messi. Capace che li avesse buttati con il trasloco, dopotutto "tornare" a picchiare la gente non era stato proprio nei suoi progetti iniziali dell'essere arrivato in Giappone.
    Victor era piuttosto convinto di essere fuori allenamento.
    A vederlo dall'esterno, con il sacco che continuava ad oscillare pericolosamente sotto i suoi colpi qualcuno avrebbe detto il contrario, ma Victor sapeva di non poter essere d'accordo, proprio perché il sacco non avrebbe dovuto oscillare. Non così tanto almeno. Victor odiava l'estate. Odiava anche ammettere di non avere più venticinque anni. Si era anche dovuto legare i capelli.
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    cic83do

    Mizushima Hibiki
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    Tutto ciò di inutile veniva buttato via. Così era, così sarebbe sempre stato.
    Mantenere in vita qualcuno priva di utilità era solo uno spreco, per questo era tanto importante dimostrare di poter valere ancora qualcosa, di poter ancora vivere.
    Anche per questo, comunque, vedendo che alla CCG mancavano sempre più persone Hibiki poco ci mancava si prendesse un infarto. Di sicuro era caduto nell’angoscia, con l’impressione di essere uscito da un incubo per ricaderne subito in un altro.
    Era spaventoso.
    E inutile, una volta compreso il motivo di simili sparizioni.
    Non aveva del tutto capito perché la persona a cui aveva chiesto spiegazioni si era messa a ridere, in fondo era questione di vitale importanza, ma almeno si era calmato. Magari un giorno gli sarebbe anche stato davvero chiaro il concetto di “ferie”, per cui non aveva proprio capito se fossero una cosa positiva o proprio no.
    Magari era una cosa che ricevevi quando non t’impegnavi abbastanza nel tuo lavoro d’invastigatore, in tal caso era proprio una cosa negativa. Hibiki aveva un’intera squadra della favole da salvare, non aveva tempo da perdere.
    Non era un ragionamento molto logico, perché molte persone sembravano felici di ricevere delle ferie, ma un sacco di concetti che avevano provato a spiegargli per Hibiki non avevano la minima logica. Insomma, non capiva perché quella dovesse essere l’eccezione.
    Ad esempio il giorno prima gli avevano fatto gli auguri di buon compleanno, e da quello aveva capito il compleanno doveva essere un po’ importante del previsto. Ma non aveva senso.
    Comunque.
    Per non saper né leggere né scrivere (ma davvero), Hibiki aveva deciso di dare il suo massimo come di sua abitudine. Così nessuno l'avrebbe mandato in ferie, era proprio il piano perfetto.
    Si era alzato presto, aveva ammirato per un po’ gli ultimi raggi dell’alba e così aveva ufficialmente cominciato la sua routine.
    Le temperature di Agosto non lo avevano fatto desistere dal fare una doccia bollente, in pratica, mettendosi i primi vestiti leggeri che aveva pescato dall’armadio. Gli stavano così larghi da farlo sembrare un adolescente, in quelle giornate i cui genitori accompagnano i figli al lavoro.
    Aveva già avuto intenzione di intensificare il suo addestramento, sebbene la routine di Hibiki fosse dura già di per sé. Ma l’alta resistenza che aveva sviluppato serviva proprio per quello.
    Per impedire le ferie.
    Tra le molte cose che Mizushima Hibiki non capiva era il perché, in quel periodo dell’anno, finiva con l'attirare l’attenzione altrui più del previsto. C’era gente che lo fissava così tanto sembrava volerlo studiare, così da poterlo ammazzare meglio in futuro.
    Non voleva preoccuparsi di questo in mezzo a quelli che dovevano essere i suoi alleati, ma insomma. Il dubbio era un po’ lecito.
    Perché le cicatrici si vedevano meglio, ecco perché, e di certo non tutti passavano la vita a collezionare cicatrici come invece aveva fatto Hibiki. E di certo qualcuno di mezzo cieco smette di combattere, una premessa simile sembrava solo portare al disastro.
    L’aver fatto arruolare Hibiki in generale sembrava portare solo al disastro.
    Quanto a Hibiki stesso a quello non ci faceva nemmeno caso, il che non era nemmeno tutta questa sorpresa.
    In pratica non capiva perché lui attirasse l’attenzione, ma capiva perché Victor Krieger -che a collezioni di cicatrici nemmeno lui era messo male- avesse attirato la sua curiosità.
    A parte perché si stava accanendo sul sacco da boxe come se fosse una questione personale, con tanta forza c’era da ringraziare i sacchi da boxe non provassero dolore.
    E Victor in sé era un gigante, dall’aspetto tanto spettrale da farlo sembrare uno yookai maligno. Anche se gli yookai di norma non colpiscono sacchi da boxe, ma facevano cose un po’ più simili a... beh, quelle cose che di norma fanno gli yookai. Infestare posti, maledire gente, portare sfortuna, cose così.
    Quindi questa volta fu Hibiki stesso a studiare qualcuno come se fosse il suo prossimo bersaglio da rapire, anche se Hibiki aveva un po’ più esperienza nel campo e gli sarebbe risultato... comunque difficile. In confronto a Victor lui era un topolino, e un topolino che tenta di rapire una montagna era ridicolo.
    E Victor faceva paura, nella remota possibilità fosse davvero uno yookai maligno poteva persino maledirlo. Aveva avuto già abbastanza sfortuna per non voler attirare una maledizione, grazie tante.
    Aveva anche il pessimo vizio di essere troppo furtivo sempre e comunque, con conseguente far prendere infarti in chi lo vedeva comparire all’improvviso. In quel caso non si preoccupava di spaventare lo yookai, ma più di dover schivare un pugno.
    Quindi s’impegnò per essere il meno furtivo possibile ed essere notato mentre si avvicinava, rimanendo comunque a una certa distanza.
    «Questo allena la forza bruta?»
    In pratica, ci mancava solo uno scricciolo che osserva come se lo spettacolo fosse interessante. Comunque, Hibiki si era già promesso sarebbe tornato ad allenarsi presto.
    Non avrebbe disturbato Victor troppo a lungo, mica voleva le sue maledizioni.
    «Immagino anche tu abbia una koukaku, allora.»
    Come tentare di essere educato, perché gli avevano insegnato era importante esserlo, e fallire miseramente.
    Ma, ehy, avrebbe anche potuto sottolineare la forza bruta NON gli sembrava un modo efficace contro un ghoul. Per Hibiki, il cui metodo ideale quando uccideva gli umani era spezzandogli il collo, l’uso della forza non sembrava un metodo efficace in generale.
    Era anche vero aveva fatto quella domanda a un gigante.
    Victor non sembrava proprio il tipo che contava su schivate e attacchi veloci e silenziosi, ma doveva aver fatto della forza fisica la sua più grande alleata.
    Il completo opposto di Hibiki, per questo era interessante.

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    Victor aveva una mentalità molto chiusa e quadrata, ma senza dubbio affine a quella di Hibiki sulla questione dell'utilità.
    Se non altro, aveva una sorta di predisposizione naturale per il tentare di sprecare meno tempo possibile, e non c'era modo di sapere se era una cosa che aveva sempre fatto o qualcosa che gli avevano inculcato in accademia. Bene o male, riteneva che qualunque cosa non riguardasse sua sorella o il lavoro fosse una perdita di tempo. E considerando che Momo si era aggiunta a quell'equazione relativamente di recente era facile comprendere perché - al contrario di molti altri investigatori - non fosse in ferie. La differenza sostanziale rispetto al ragazzo che aveva appena messo piede in palestra era solo che Victor aveva ben chiaro il concetto di ferie, non tanto altro.
    Victor si era accorto di lui, anche perché quando l'unico rumore nella stanza proveniva dai tuoi pugni e dal tuo respiro pesante era facile far caso persino a dei fruscii e diciamo che il ragazzino non aveva fatto chissà quale sforzo per passare inosservato. Non aveva salutato perché era essenzialmente misantropo e perché quando Dio distribuiva la cortesia, Victor era probabilmente in fila per la forza di volontà. A dire il vero non aveva nemmeno ponderato che gli potesse rivolgere la parola, perché uno in palestra ci va per allenarsi, non per fare salotto, per cui aveva semplicemente ignorato, dopo avergli lanciato un'occhiata veloce ed era tornato a tempestare il sacco da boxe di pugni e calci.
    Hibiki invece la parola gliela rivolse eccome, anche se Victor realizzò che stesse parlando con lui solo perché era l'unico lì dentro, visto che non erano di base molti i colleghi che gli rivolgevano la parola. Anche perché erano quasi tutti ragazzini ed a Victor non piacevano i ragazzini. Poi finivano per essere carne da macello come quel tappo dai capelli rosa in squadra con lui al Gala.
    Si fermò, posando una mano sul sacco e fermando pure quello dal suo lieve e fastidioso oscillare, e si voltò, cercando con le iridi dorate la figura di chi aveva interrotto la sua pace momentanea. Si trovò davanti un ragazzino dai capelli scuri, pallido come un cencio e gli occhi azzurri. Victor lo squadrò da capo a piedi ed il suo primo pensiero fu che fosse basso.
    Probabilmente perché era lui ad essere troppo alto.
    Inarcò un sopracciglio.
    "Innanzitutto chi cazzo sei."
    Ma non lo disse.
    In realtà gli bastarono pochi momenti per far mente locale e riconoscerlo. Non si ricordava il suo nome, ma si ricordava la faccia. E la grossa cicatrice sul viso. Le voci si diffondevano abbastanza in fretta nel quartier generale, soprattutto se si trattava di storie particolari come la sua e tu eri un adulto in grado di capire cosa ascoltare o meno. Era il ragazzino rapito dai ghoul, quello che sapeva a malapena leggere e scrivere.
    Lentamente Victor spostò lo sguardo da Hibiki al saccone da boxe, e poi di nuovo dal saccone da boxe a Hibiki. Non seppe perché ma gli venne da pensare che il sacco da boxe fosse quasi più grande di lui.
    «Anche.» rispose, sintetico come suo solito, ma almeno evitò di mostrarsi troppo ostile. Onestamente lui lo faceva più per lenire lo stress che altro, ma dire che allenasse la forza bruta non era sbagliato. Ovviamente non era sufficiente, diciamo che aiutava a tenerla allenata quando ce l'avevi già di base, perché Victor ci provò ad immaginarsi un secondo quello scricciolo prendere a pugni il sacco, ma l'unico futuro ipotetico che vide fu uno in cui Hibiki era rotto in due. Sapeva che sottovalutare le persone era sbagliatissimo, ma a volte era semplicemente più forte di lui.
    «No, mi hanno dato un ukaku.» osservò, dopo qualche istante, pensando alla sua quinque, probabilmente custodita nell'armeria della CCG. Forse avrebbe dovuto allenarsi un po' anche con quella, non aveva proprio fatto la sua migliore performance l'ultima volta che l'aveva usata, sebbene al poligono di tiro quando stava nell'esercito avesse sempre riportato ottimi punteggi.
    Anche una koukaku non gli sarebbe dispiaciuta. Magari non un gigantesco tessen di cui non avrebbe saputo cosa farsene, ma una claymore o una spada a due mani sarebbero state delle belle sfide da gestire.
    Comunque, perché tutte quelle domande? Victor non credeva il ragazzino fosse venuto lì apposta per chiedergli che tipo di quinque avesse, sebbene non avesse perso troppo tempo a girarsi i pollici in giro per la palestra una volta entrato, ma non ci aveva mai nemmeno mai parlato prima, quindi la vedeva improbabile. Scrutò Hibiki. «Ti serve qualcosa?»
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    cic83do

    Mizushima Hibiki
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    Fino a quel momento Hibiki non aveva ricevuto alcuna maledizione tipica degli yookai maligni, per cui arrivò all’idea potesse rilassarsi.
    Non tantissimo, però. Persone del genere era meglio non provocarle, e non avrebbe rubato a Victor più tempo del necessario.
    Erano entrambi scampati dall’orribile pericolo delle ferie, d’altronde, e il tempo era prezioso per allenarsi. Ma, appunto perché erano entrambi scampati dalle pericolose ferie, questo significava lo yookai con cui stava parlando era forte.
    Se era così voleva capire meglio cosa stava facendo.
    Da qui la primissima domanda.
    Questo allena la forza bruta?
    «Anche.», fu la risposta sintetica.
    Accolta con un’attenzione tale da far sembrare Hibiki fosse l’allievo che ascoltava il maestro. A dirla tutta, e nel modo più innocente possibile, si era anche aspettato un continuo. Sarà per la tendenza di tutti, come se si fossero messi d’accordo, di spiegargli anche le cose più ovvie.
    Per certi versi era utile e lo apprezzava, per altri lo faceva sembrare completamente estraneo al mondo in cui era stato inserito. La vita era stata più semplice quando nessuno gli diceva che considerarsi un’arma vivente era sbagliato.
    Comunque.
    Quell’incredibile continuo della spiegazione non arrivò mai, e Hibiki lo accettò subito e senza battere ciglio.
    Non ci vedeva nulla di male in quello scambio di parole, né in qualcuno che sembrava avere più voglia di ammazzare un sacco da boxe che rivolgere la parola a un ragazzino.
    Comprensibile, erano in palestra per un motivo.
    Ed era uno spreco di tempo, oltre che buona educazione non parlare alle armi viventi.
    Di norma se ne sarebbe stato buono, senza disturbare, ma…
    «Serve anche ad altro? A cosa?»
    Voleva sapere.
    Non per il puro piacere di accumulare conoscenza, Hibiki trovava quella un’azione inutile.
    Ma se c’era un modo per migliorare, per essere ancora più efficiente nel massacrare quella feccia schifosa che erano i ghoul allora voleva sapere.
    Quello che sembrava solo un ragazzino curioso non aveva le migliori intenzioni del mondo.
    Se avevano lo stesso tipo di quinque, cosa che Hibiki aveva ritenuto probabile, magari gli sarebbe stato ancora più utile.
    «No, mi hanno dato un ukaku.»
    Oh.
    «Capito.»
    A quel punto aveva inclinato leggermente la testa da un lato, come un cagnolino confuso.
    Che c’entrava un’ukaku col torturare un sacco da boxe?
    Forse era davvero solo perché gli piaceva farlo.
    «Io ho una naginata.»
    E lo stile di combattimento di un’ukaku e una koukaku non potevano essere più diversi. Avrebbe dovuto chiedere scusa allo yookai per aver sprecato il suo tempo.
    «Ti serve qualcosa?»
    «Pensavo potesse aiutarmi a uccidere meglio i ghoul, volevo capire.»
    Perché non si finisce mai di imparare e c’è sempre un modo migliore per uccidere.
    Anche quello l’aveva detto come se fosse parte di una discussione normalissima, e il significato tanto brutale della frase era in contrasto tremendo con il visino apparentemente innocente di Hibiki.
    Il che non era affatto inquietante.
    Ma non aveva motivo di nasconderlo, e la sua sincerità in quei casi finiva per essere tagliente quanto vetro.
    «Ma ho paura non mi tornerà utile, è un peccato.»
    Ok che c'erano sempre nuovi modi per estirpare la feccia, ma anche se fosse era troppo lontano dal suo stile di combattimento.
    Ammetteva però che, arrivati a quel punto, Hibiki sarebbe stato curioso di vedere Victor durante un’operazione della CCG. Non riusciva a immaginarlo in azione, ora che sapeva aveva un'ukaku.
    Ma neanche di quel tipo di quinque ci capiva qualcosa. Non facevano per lui, e non solo perché era mezzo cieco.

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    Edited by Cattleya - 1/3/2021, 09:12
     
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    Beh, non si poteva del tutto negare che effettivamente a Victor piacesse prendere a pugni quel povero sacco da boxe. Al di là dell'allenamento, lo faceva anche per quello: da qualche parte doveva pur sempre sfogare l'odio giornaliero che accumulava solo vivendo. Comunque, in realtà, quando aveva risposto che allenava anche la forza bruta, non intendeva che uccidere quel sacco da boxe fosse utile di per sé anche a qualcos'altro, ma che serviva anche altro per allenarla come si deve. Soprattutto se eri uno scricciolo altro un metro e un tappo.
    Non avrebbe dovuto farne una colpa ad Hibiki per non aver capito subito cosa intendeva, visto quanto era stato sintetico, ma Victor era Victor e gliela fece comunque. Mentalmente.
    Il problema era però che Victor non era nemmeno il tipo che amava perdersi in spiegazioni chilometriche. Era molto più... pratico. Aveva allenato dei compagni più giovani di lui di tanto in tanto, ma era sempre stato convinto che niente insegnasse meglio dell'esperienza. Per cui chiuse la mano a pugno, le nocche fasciate, e la tese appena verso Hibiki, per mostrargli come aveva serrato le dita. Molti facevano l'errore di mettere la forza nella mano al posto del braccio e dopo tre minuti si trovavano la pelle sbucciata e martoriata per via della gomma del sacco che spesso si rivelava un avversario più ostico di quanto potevi aspettarti.
    «Chiudi la mano così e prova a colpirlo.» disse, chinando lo sguardo sulle vene e i muscoli tesi del proprio braccio, prima di fare un cenno verso il sacco appeso al soffitto. Da lì in poi confidava che lo avrebbe capito da solo, sia che non bastava ad allenare la forza bruta, sia se era una cosa che poteva piacergli oppure no.
    Quando Hibiki menzionò di avere una quinque dalla forma di una naginata, Victor si accigliò appena. Ed era abbastanza difficile estrapolare emozioni dal suo viso, quindi che onore.
    «Una naginata. – ripeté, quasi incredulo. – Tu?» Niente da togliere a lui, magari essendo stato cresciuto dai ghoul era una mini-macchina da guerra, ma a vederlo così gli veniva quasi il dubbio che potesse essere la naginata a muovere Hibiki e non il contrario. Non erano ovviamente fatti suoi.
    La perplessità del ragazzino comunque la comprese all'istante: c'era quella strana credenza, che la maggior parte della gente pensava che i cecchini non dovessero essere allenati, che lo infastidiva e non poco. Certo, lui non era un cecchino e non aveva mai voluto esserlo, ma ipoteticamente avrebbe potuto. Sospirò. «Sono un ex-militare. – fece eco, una premessa per essere esplicativo sul seguito. – Sono più familiare con le armi da fuoco e so disarmare le persone. La mia ukaku serve per combattere a distanza ravvicinata, è ovvio che mi alleno.» rispose, con una sbrigativa scrollata di spalle.
    Per lui tra ghoul e umani non c'era differenza. E non perché considerasse persone i primi, ma perché considerava mostri i secondi. Conosceva il krav maga e se qualcuno avesse mai dovuto descrivere il suo stile di combattimento forse le parole giuste erano "rapido" e "aggressivo", perché nella sua linea di pensiero c'era la coscienza che se c'era da finire qualcosa era meglio farlo in fretta.
    Victor non aveva comunque intenzione di tenerlo lì, se le sue intenzioni erano quelle di andarsene. Che Hibiki considerasse utile il suo stile di combattimento o no, diciamo che onestamente non gliene poteva importare di meno. Era convinto che avrebbe saputo disarmare a mani nude anche un tizio con una naginata, principalmente perché era anche un mezzo incosciente che non aveva paura di perdere un braccio e quando si trattava di combattere aveva un'autostima che svettava sopra le montagne.
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    cic83do

    Mizushima Hibiki
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    Per un breve, ma spaventoso attimo Hibiki pensò Victor volesse colpirlo. Schivò ancora prima di pensare lucidamente, balzando all’indietro tanto in fretta e sulla difensiva da far invidia ai gatti terrorizzati. Quindi prontissimo anche a contrattaccare, se si fosse rivelato necessario.
    La buona notizia era che non ce n’era bisogno.
    La brutta era che il corpo aveva reagito prima Hibiki potesse capirlo, con qualche secondo di ritardo. Utilissimo in combattimento, quando non hai troppo tempo per pensare alle tue reazioni, ma particolarmente inutile ed esagerato in quel momento. Cercò di rilassarsi subito dopo, per quanto poteva, consapevole di non aver fatto la migliore figura del mondo.
    Difficile, perché l’adrenalina gli scorreva addosso come una scarica elettrica, ma non impossibile.
    Non che a quello non ci fosse abituato, comunque. Se lo si conosceva, in genere si sapeva anche -per esempio- Hibiki era impossibile da approcciare se preso di spalle: se troppo vicini si finiva bloccati a terra, al meglio. Non era piacevole nemmeno per Hibiki stesso, il cui sistema di difesa impazzito l’aveva già fatto etichettare come causa persa dalla maggioranza.
    Succedeva nei limiti del possibile, per fortuna era difficile bloccare giganti come Victor. Soprattutto quando si era topolini mezzi ciechi.
    «Chiudi la mano così e prova a colpirlo.»
    Aveva detto alla fine Victor, mostrandogli come chiudere la mano a pugno per colpire il sacco da boxe. Hibiki scartò la distanza che aveva preso poco prima, con estrema nonchalance come se non fosse successe nulla, e provò a stringere il pugno nello stesso modo gli aveva mostrato Victor.
    Poi guardò il sacco da boxe.
    Non sembrò molto convinto. Hibiki, non il sacco da boxe.
    Non doveva mettere forza sul pugno, a quello ci arrivò abbastanza d’intuito. Ci doveva pur essere qualcosa in cui era bravo, e da brava arma vivente in genere si trattava del combattimento.
    Quindi, quando provò a colpire il sacco da boxe, almeno si poté dire avesse più o meno intuito quale fosse la tecnica giusta.
    Prendendoci gusto, visto per un po’ continuò a colpire quella povera vittima indifesa. «Sì,» concluse poi «Comincio a capire.»
    Tutto molto bello, ma il suo lato più pratico arrivò alla conclusione il risultato non valesse il costo.
    Si disse avrebbe analizzato la cosa con più calma.
    Che Victor si accigliò, quando Hibiki gli disse aveva come quinque una naginata, se ne rese a malapena conto.
    «Una naginata. Tu?»
    «Avrei preferito un set di coltelli, come i karambit, ma tagliare le gole ai ghoul è più difficile.», un giorno Hibiki avrebbe imparato a non essere estremamente brutale e onesto nelle risposte. Quel giorno sarebbe coinciso, molto probabilmente, con quello in cui non si sarebbe più sentito fuori posto nella società umana.
    Quel giorno era chiaramente il 31 Febbraio.
    «E dicono sono troppo brutale, non me li vogliono dare.»
    Disse, con un attimo di esitazione.
    Non sembrava credibile, detto da lui. Però lo era molto di più quando si pensava che Grimm, l’alias che la CCG gli aveva dato, era stato catturato come ghoul di rank B. Misteriosamente non utilizzava la kagune, ma non di meno era un rank B.
    A quel punto si poteva capire un po’ di più.
    Povero Hibiki, lui voleva soltanto essere abbastanza forte per portare una strage. Cosa c’era di più innocente? Sicuramente Victor.
    «Sono un ex-militare.» lo sentì esordire, infatti. «Sono più familiare con le armi da fuoco e so disarmare le persone. La mia ukaku serve per combattere a distanza ravvicinata, è ovvio che mi alleno.»
    L’ultima parte gli era chiara. Almeno sperava, perché invece della premessa non ci aveva capito proprio nulla.
    Hibiki era sembrato più confuso che altro. I cricetini, che s’impegnavano ma non ricavavano risultati eccelsi, lavoravano frenetici.
    Non ottennero risultati decenti nemmeno in quel momento.
    Cosa
    cosa era
    cosa era un militare. E che significava adesso non lo era più?
    Era più confuso di prima, ma decise di non fare domande. Victor l’aveva dato così tanto per scontato a quel punto era imbarazzante.
    “Ovvio che mi alleno.”
    «Certo, o ti alleni o vieni mangiato.»
    Detto con la stessa naturalezza con cui si direbbe due più due fa… cinque? aiuto. Pessimo esempio per qualcuno non ha mai studiato matematica.
    La minaccia di essere divorato non gli era estranea, visto per anni era calata sulla sua testa come una scure. Purtroppo, essere uno strumento di caccia per il ghoul restaurant non gli aveva risparmiato i dettagli più cruenti.
    «Non volevo offenderla, ma per usare un’ukaku hai bisogno di due occhi buoni, io ne ho solo uno.»
    Almeno ne era cosciente.
    «Hanno già detto le ukaku mi farebbe uccidere e di non pensarci… “nemmeno per sogno”? Parlano strano. Mi sembra di capire hai già combattuto contro un ghoul.»
    Hibiki non aveva ancora capito cosa fosse un ex-militare, ma a quel punto Victor aveva già tutto il suo rispetto.
    Un incontro simile non poteva non tornargli utile.
    Aveva dei ghoul da sterminare e una squadra delle favole da salvare, il tempo stesso era contro di lui e doveva migliorare in fretta. Quindi sì, voleva di nuovo capire.

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    Victor stava guardando Hibiki come un leone avrebbe guardato un coniglietto indifeso. Non aveva capito perché gli si fosse avvicinato o cosa volesse da lui e non gl'importava granché, ma - aveva pensato - finché si trattava solo di voler capire come colpire un sacco da boxe, poteva anche fargli vedere. Il ragazzino però ebbe la premura di sorprenderlo (e che onore, perché Victor non si sorprendeva spesso) scattando all'indietro velocissimo ed estremamente rapido, che neanche Victor aveva finito di sollevare il braccio, e si guadagnò la sua silenziosa promozione di categoria: da roditore a... uhm, un qualche genere di felino, forse un gatto, un gattino, un cucciolo di leone, insomma, qualcosa che ancora non era un predatore troppo cresciuto, ma che forse lo sarebbe diventato più in là.
    L'ex-militare intuì che l'altro avesse erroneamente pensato di essere finito nel suo mirino, ma si corresse quasi immediatamente nello scorgere il suo modo di muoversi ed il pensiero lo fece ghignare mentalmente: non aveva affatto pensato, si era mosso e basta.
    Interessante.
    Per un momento gli venne in mente sua sorella. Momo aveva numerosi problemi con il contatto fisico, per lo più perché nel suo crescere era stata talmente abituata ad essere trattata male e strattonata da persone che avevano ritenuto giusto farla sentire uno schifo, che se qualcuno che non conosceva la toccava senza preavviso, le veniva naturale ritrarsi spaventata e scappare. Nei primi tempi aveva avuto difficoltà ad abituarsi persino alla sua presenza. Probabile che per quel ragazzetto fosse la stessa cosa, doveva avere a che fare con il suo essere vissuto con dei ghoul o quello che era. Victor non osava definirsi un esperto del settore, ma dubitava fosse stata una convivenza felice. Probabilmente i traumi che si portava sulle spalle erano di natura molto maggiore rispetto a quelli di Momo, ma il denominatore comune doveva essere lo stesso: alcune persone abituate alla violenza non riuscivano mai ad acclimarsi alla presenza delle altre, o ci riuscivano dopo un lungo percorso di riabilitazione.
    Victor non era certo un neurologo e non gli fregava un cazzo di come funzionava il cervello umano, le sue deduzioni derivavano per lo più dall'esperienza e dal fatto che un comportamento simile a quello di Hibiki lo aveva visto tante volte quando era soldato, perché di orfani e di bambini a cui veniva messo un fucile in mano ne aveva visti abbastanza.
    Nom che fosse importante, alla fine non lo pagavano per fare lo psicologo, quindi non disse nulla, aspettò solo che Hibiki si calmasse e cominciasse a colpire il sacco da boxe.
    Aveva degli strani movimenti. Victor avrebbe avuto tanto da ridire. Sulla sua postura, il modo in cui teneva i piedi, le spalle, il busto. Però non lo pagavano nemmeno per fare quello, quindi lasciò perdere e si limitò a continuare ad osservarlo. Non allenava mica ragazzini e dubitava che Hibiki sarebbe comunque tornato dal sacco da boxe. Anche perché sarebbe stato geloso. Era una relazione complicata quella tra lui e il sacco da boxe.
    All'onestà di Hibiki, rispose semplicemente scrollando le spalle. «Allora guadagnateli. Tanto li devi ammazzare comunque, che importa come lo fai.» asserì, sbrigativo. Anche lui voleva un'altra quinque: Kanshou e Bakuya gli piacevano, ma non lo aiutavano a soddisfare il suo bisogno di violenza. Era una persona fin troppo fisica, e poi gli serviva qualcosa per coprire i punti deboli delle due pistole.
    «La compassione non ha mai fatto vincere nessuna guerra.» aggiunse qualche attimo dopo, per metà sovrappensiero occupato ad immaginarsi la sua prossima promozione, spostandosi una ciocca di capelli chiari dal viso.
    Il che non era forse esattamente vero, ma Victor non aveva studiato molta storia.
    Lezione di vita numero uno: non prendere lezioni di vita da Victor.
    Per altro, lui non credeva di essere buono da mangiare. Insomma, al suo meglio si teneva in forma, con la palestra, gli allenamenti e l'alimentazione, ma... fumava un sacco. E beveva più alcool che acqua. Non credeva che la sua carne potesse avere un buon sapore, ma pazienza, contenti i ghoul. Forse sarebbe stato come mangiare una bistecca cucinata con del vino o del salmone affumicato.
    Non che fossero problemi suoi, non aveva intenzione di farsi mangiare, per il momento.
    Alle parziali scuse di Hibiki sollevò appena una mano, facendo un cenno come a dire che non importava. Per offendere un uomo superbo come Victor bisognava davvero mettersi d'impegno, anche perché faceva parte di quella categoria di persone che se gli dicevi che avevano la mamma troia ti dava ragione, quindi era anche più complicato.
    Tornò a posare le iridi ambrate su Hibiki.
    In che senso? Non ci vedeva? Victor lo scrutò con più attenzione. Ah, ecco. Era l'occhio sinistro, dove aveva la cicatrice. Una brutta cicatrice, quasi faceva concorrenza alle sue.
    «Mmh.» mormorò, sfiorandosi appena il meno con le dita fasciate della mano destra. Era il suo modo di dire "capisco".
    Legittimo, nemmeno lui avrebbe dato una pistola ad uno mezzo cieco se non in condizioni di estrema necessità. A dire il vero non era nemmeno troppo sicuro che lo avrebbe fatto diventare un investigatore, ma probabilmente Hibiki doveva avere le sue ragioni per voler sterminare i ghoul, fin lì ci arrivava anche uno dal cuore di pietra come Victor.
    «Qualcuno, sì. Ma ho combattuto più contro degli esseri umani. In questo ti somiglio, no?» ghignò, in risposta alla frase successiva. Aveva affrontato quel Ghoul di rank sconosciuto al Gala della CCG, e in successione gli era capitato di incontrarne qualcun altro durante altre ronde: ancora non ne aveva uccisi. E non voleva nemmeno rievocare di proposito i flashback di guerra di Hibiki, però essere un po' stronzo era nella sua natura. Fece un paio di passi indietro, allontandosi dal sacco da boxe.
    «Vuoi provare ad affrontare anche me?»
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    «La compassione non ha mai fatto vincere nessuna guerra.»
    A giudicare solo dallo sguardo di Hibiki, a cui adesso si aggiungeva una certa sfumatura di ammirazione, era fregato. Stava proprio ascoltando le lezioni di vita di Victor.
    Non del tutto contento, a quanto pareva, lo stava facendo pure con attenzione.
    Lo si era potuto capire anche prima, in effetti, quando Victor gli aveva detto che tanto i ghoul li doveva ammazzare comunque, che importava come. E aveva ragione.
    Hibiki aveva annuito, poco più che un accenno, aggiungendo con spietata indifferenza che l'importante era che morissero tutti.
    Essere umano non aveva mai significato gli fosse rimasta qualche traccia di umanità, del resto. L'umanità non gli era mai servita per sopravvivere, anzi, il più delle volte si era solo messa in mezzo.
    Ora che il suo obiettivo non era più sopravvivere, però, non doveva comunque rilassarsi. Doveva migliorare in fretta, se voleva salvare la squadra delle favole prima fosse troppo tardi.
    La verità era anche che Hibiki voleva vendicarsi, farla pagare a tutti per quello che lui e la sua famiglia adottiva avevano subito. E l'unico modo con cui Hibiki concepiva la vendetta era un bagno di sangue, da cui lui si stagliava con il distacco di chi si crede allo stesso tempo giudice e boia.
    Ma la strada per raggiungere quel momento era ancora lunga, frastagliata dai dubbi di aver scoperto c'era gente Hibiki ammirava che addirittura difendeva quelle creature. Per lui non aveva il minimo senso, anche dopo tutti i tentativi di capire il loro punto di vista.
    Alla fine tutti i ghoul erano mostri, tutti i mostri dovevano morire.
    Anche se nel breve tempo Hibiki era stato in servizio non aveva ancora avuto modo di combattere contro un ghoul, per cui doveva fare tesoro di cosa gli diceva chi aveva più esperienza di lui.
    L'incontro con Victor, in quel senso, era quasi stata una fortuna.
    «Qualcuno, sì. Ma ho combattuto più contro degli esseri umani. In questo ti somiglio, no?»
    Non ricambiò in alcun modo il ghigno di Victor, ma se era per quello non ebbe alcuna reazione degna di nota. Almeno all'inizio, ma il sorriso che gli increspò le labbra fu comunque appena un accenno, troppo poco per considerarsi davvero tale.
    «Loro sono molto più fragili.»
    Una sola vena recisa, il suono del collo che si spezzava, e smettevano già di muoversi. Che si fosse ritrovato a farlo sin da piccolo, fino a renderlo parte della quotidianità, l'aveva a dir poco anestetizzato.
    Al massimo quello che gli ricordava, ogni volta, era che anche lui avrebbe dovuto essere umano. Anche lui avrebbe dovuto essere fragile, e per i ghoul lo era.
    Se non voleva fare la stessa fine doveva continuare a portare risultati, vedere qual era il suo meglio e fare ancora di più.
    Che avesse parlato come se lui non fosse più umano non era un caso. Togliergli dalla testa l'idea di essere solo un oggetto, un'arma creata per servire il proprio padrone al meglio delle sue possibilità, sarebbe stato più difficile di quanto era mai sembrato.
    Hibiki vide Victor allontanarsi di qualche passo, e lui si limitò a guardarlo con la leggera curiosità di chi non capiva.
    «Vuoi provare ad affrontare anche me?»
    Poi collegò i puntini.
    «Con piacere.»
    Fu tutto quello che disse, mentre prendeva l'esempio di Victor e si allontanava anche lui di qualche passo. Muovendosi all'indietro, senza distogliere lo sgurdo dall'altro nemmeno per un istante.
    Avrebbe voluto mettersi un po' sulla difensiva, ma la verità era che era sempre sulla difensiva. Quindi non cambiava poi molto dalla norma.
    «Farò del mio meglio per evitare di mordere.»
    Ah, eccolo. Uno dei motivi per cui molti amavano definirlo un selvaggio che non si adatterà mai.
    Era così abituato a gente che reagiva male alla sola idea Hibiki mordesse -chissà perché, poi, non combattevano contro dei mostri cannibali? E non era la norma rischiare di essere morsi, come minimo? Chi li capiva era bravo- avrebbe voluto dire non si sarebbe stupito se Victor avesse reagito allo stesso modo, annullando tutto così come l'aveva iniziato.
    Ma non era vero, per l'idea che si era fatto di Victor ci sarebbe rimasto anche male.
    Ci si poteva aspettare qualcosa di diverso da qualcuno che la CCG era stata capace di scambiare per un ghoul fino alla sua cattura?

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    Da quando era entrato alla CCG, Victor aveva sempre avuto difficoltà a trovare gente che si allenasse con lui. In realtà all'inizio non era stato così, ma non era mai stato un grande animale sociale e appena qualcuno aveva iniziato a spargere la voce (fondata) che fosse troppo violento per delle semplici simulazioni si era ritrovato ai ferri corti.
    Codardi. Vermi. La verità era che per lui fra simulazione e realtà non faceva molte distinzioni perché le considerava da rammolliti. Se si facevano mettere soggezione da lui, i ghoul allora? Victor non ci pensava nemmeno, però era una scocciatura: le cose che poteva fare prendendo a pugni un sacco da boxe erano limitate. E prive di dinamicità. Un leone rimaneva un leone anche chiuso in una gabbia allo zoo, ma diventava un leone fiacco. Era l'unico motivo per cui nelle sue future opzioni di carriera Victor non aveva nemmeno preso in considerazione l'idea di diventare un allenatore o un docente di arti marziali all'accademia della CCG, nonostante il suo background da soldato nell'esercito si sposasse piuttosto bene con la professione. Preferiva le operazioni sul campo e ancora non riteneva d'aver fatto il suo tempo. E poi solo il pensiero di avere una schiera di ragazzini che lo fissavano con gli stessi occhi con cui Hibiki lo stava fissando ora gli faceva venire la nausea.
    Tra l'altro, forse avrebbe dovuto dire con l'occhio, visto che gli aveva appena rivelato di essere mezzo cieco.
    Proprio per via di questo suo condizionamento mentale, non si aspettava che Hibiki prendesse seriamente in considerazione la sua proposta, che aveva quasi lanciato per scherzo. Quasi si sorprese, e con un lieve moto di curiosità, scrutò il ragazzino allontanarsi di qualche passo a sua volta.
    Tanto meglio, forse non dava peso alle voc...
    "Farò del mio meglio per evitare di mordere."
    Victor inarcò appena un sopracciglio, perplesso.
    Che...? Era una minaccia?
    No, un... avvertimento?
    Ah, no. Giusto. Stava dialogando con il Tarzan dei ghoul.
    E che avrebbe dovuto rispondere?
    “Farò del mio meglio per non schiacciarti la testa che è grande quanto una delle mie mani?”
    Bah. Anche se si fosse presentata la possibilità non l'avrebbe comunque fatto perché pagargli un dentista o una rinoplastica non era nei suoi piani, però lo trovò divertente.
    «Oh no, fai pure. – rise, rauco, la voce mezza consumata dal fumo, come sempre. – Un ghoul non si risparmierebbe. Anzi, facciamo così. Mordimi una volta e hai vinto.» disse.
    Probabilmente quella era una sfida che non avrebbe fatto per nulla bene alla terapia di Hibiki, ma era anche vero che Victor non aveva idea che Hibiki avesse bisogno di una terapia. O meglio, forse la aveva, ma preferiva ignorare la cosa. Non lo faceva nemmeno apposta ad essere arrogante, ma quello era - ai suoi occhi - quanto di più vicino ci potesse essere ad un gioco. Si passò la mano destra sul retro del collo, per scogliere i muscoli ancora tesi a causa della sua precedente sessione dall'allenamento contro il sacco da boxe, e si mise in posizione. Sistemò appena le bende attorno alle nocche e alzò la guardia sempre sulla destra, spostando il peso sulla parte corrispondente del corpo. Poi espose sul viso un ghigno, decisamente poco rassicurante, e gli fece segno di farsi sotto.
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    Quando si aveva a che fare con Hibiki, era quasi fondamentale ricordare un piccolo dettaglio che -puntualmente, com'era destino per le cose importanti- invece andava sempre perso, dimenticato e mai più preso in considerazione.
    Hibiki non poteva riadattarsi a uno stile di vita umano, perché non aveva nemmeno idea di come fosse, quello stile di vita. Tentare di spiegarglielo, inoltre, ora come ora sarebbe stata una tremenda perdita di tempo.
    Sapeva solo che doveva essere molto bello, se tutti cercavano di imporglielo senza mezzi termini. Ma sapeva anche che non era adatto a lui.
    Hibiki non si considerava di certo un ghoul, nonostante fosse cresciuto spacciandosi per tale. Sia mai, piuttosto si sarebbe ucciso con le sue stesse mani.
    Si considerava un'arma. L'unica cosa che cambiava era che non era più un'arma a servizio dei ghoul, ma al servizio degli umani. Ma un'arma sarebbe rimasta sempre tale, indipendente da chi la impugnava.
    E il suo unico compito era essere sempre in grado di uccidere, pronto a rispondere in ogni momento.
    Se l'idea di insegnare dell'umanità a una spada sembrava senza senso, perché non poteva essere lo stesso con lui? L'unica loro preoccupazione, in teoria, sarebbe dovuta essere mantenerlo in grado di sterminare i ghoul.
    Quegli umani che voleva tanto proteggere non avevano molto senso, alla fine.
    Aveva avvisato Victor che avrebbe fatto del suo meglio per non mordere, un avvertimento che aveva capito ormai da tempo di dover fare. La prima volta aveva morso qualcuno, seguendo l'istinto, il suo avversario non ne aveva più voluto sapere di quel selvaggio e lo evitava da allora.
    Hibiki non aveva capito perché.
    Da quel momento, gli avevano insegnato che contenersi un po' negli allenamenti era una forma di premura, come combattere col lato non affilato della spada. Ma Hibiki era comunque problematico, perché mordeva e graffiava -puntando anche agli occhi- d'istinto, uno stile di combattimento agile e degno di chi uccideva a mani nude da quando era bambino.
    E trovava quelle premure inutili. I ghoul non erano premurosi.
    «Oh no, fai pure. Un ghoul non si risparmierebbe. Anzi, facciamo così. Mordimi una volta e hai vinto.»
    Per questo, per quanto preso di sprovvista dalla risata roca dell'altro, Hibiki trovò quello un cambiamento piacevole. L'idea che si era fatto di Victor era giusta.
    Hibiki annuì. Se poco prima si era sempre sforzato di apparire composto ed educato, come gli era stato insegnato con tanta pazienza, appena ci fu l'accenno avrebbero iniziato a combattere l'espressione era diventata in fretta glaciale. Una maschera di dura fermezza, degna di un'arma che si limitava a eseguire la sentenza di morte.
    «L'hai detto tu.»
    Quella sembrava una minaccia. Non ci sarebbe stata nessuna premura, ma avrebbe utilizzato la stessa brutalità di quando voleva fare a pezzi un ghoul con le sue stesse mani.
    Non lo faceva solo perché gli era stato detto poteva farlo, ma perché poteva contare sul fatto Victor non si sarebbe di certo lamentato all'ultimo minuto. Su quello aveva fiducia.
    E Hibiki voleva vincere. Dimostrare di poter essere utile, un desiderio quello che si portava dal ghoul restaurant. I bambini inutili, del resto, finivano mangiati.
    Col tempo quella minaccia si era trasformata in una sua ossessione: doveva essere utile, se non voleva essere buttato.
    Studiò Victor, con la stessa intensità nello sguardo di un leone che si prepara per cacciare. Victor non era esattamente la sua tipica preda, ma non faceva nulla.
    Nemmeno i ghoul erano la sua tipica preda, e doveva comunque sterminarli dal primo all'ultimo.
    Al ghigno di Victor, Hibiki rimase all'apparenza privo di emozioni. Non colse la provocazione. Quasi non l'avesse nemmeno capita.
    Aveva, invece, cominciato a camminare in cerchio attorno a lui. Con passo lento, il predatore che voleva far capire chi era ad avere il controllo.
    Voleva attaccare Victor quando gli andava, non quando gli davano il permesso. E quando lo fece, quando finalmente si avventò sull'altro come se le catene che lo avevano tenuto fermo si fossero sciolte all'improvviso, sembrò una bestia affamata.
    E ben felice di dare il peggio di sé.
    Se mordeva Victor, vinceva. Hibiki aveva voluto vincere davvero, si era impegnato come in ben pochi altri allenamenti. Aveva graffiato, aveva schivato, si era rimesso in piedi in momenti in cui si sarebbe detta finita.
    Era stato peggio di uno scarafaggio, che non ne voleva sapere di morire nemmeno quando gli tagliavi la testa.
    Ma non era riuscito a mordere un bel niente. Ci era stato vicino un paio di volte, ma la consapevolezza era piacevole come mangiare sabbia. Per niente.
    E non si era arreso finché non si era praticamente distrutto di stanchezza, col fiato corto.
    «Ho perso.»
    Fu la sua amara priorità, col respiro pesante che cominciava già a diventare più regolare. L'espressione glaciale si sciolse un po'.
    «Meglio per te.»
    Uno strano modo per fare un complimento, in effetti. "Se fossi riuscito a morderti davvero", era il sottinteso, "sarebbe stato un pessimo segno".
    Era vero Hibiki per molto tempo era riuscito a spacciarsi per un ghoul, ma era anche vero che Grimm era un'illusione. Grimm era comunque umano. Se un umano ex-cannibale riusciva a metterti in pericolo, figuriamoci un ghoul.

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    Forse il destino degli emarginati sociali era di potersi trovare bene solo con altri emarginati sociali. Victor era stato cresciuto a pane, acqua e dottrina militare; Hibiki a pane, acqua e cannibalismo. A Victor l'umanità neanche avevano mai provato a spiegargliela, che meno ne possedevi sul campo di battaglia meglio era. Anzi, avevano fatto in modo di fargli perdere anche la poca che aveva di base. Così la guerra sembrava normale, e i cadaveri costretti ad accumularsi ai tuoi piedi anche. Chi - come loro - le aveva viste, le realtà crude, non si sarebbe mai abituato all'umanità. Mai o mai più. Era un dato di fatto, a quel punto la società non faceva per te. Era come aprire il vaso di pandora, che tu lo avessi fatto di tua spontanea volontà o che qualcuno ti avesse costretto ad aprirlo. L'unica cosa che differenziava Victor da Hibiki era il fatto di essere sempre stato un'arma dalla parte degli umani, ma nemmeno di tutti. L'uomo bianco occidentale, al massimo. Tra le tante cose che i soldati non dicono, è meglio che alcune restino non dette. Soltanto quando chi lo aveva forgiato si era ritenuto abbastanza soddisfatto della sua affilatura gli era stato dato il permesso di pensare con la sua testa, e allora era diventato chi le armi come Hibiki le impugna. Però era una strana condizione, perché una volta ottenuto quel privilegio non ne aveva voluto sapere di tornare indietro e adesso la sua condizione di semplice agente di primo grado gli stava stretta.
    «Ho perso.»
    "E menomale", fu il primo pensiero dell'uomo dai capelli grigi, che in fondo di essere morso da un ragazzino con i denti di latte non ne aveva poi così tanta voglia. Ma quello scricciolo era agile e aveva dimostrato di avere fin troppe energie per i suoi gusti, che era già anche stanco dalla sua precedente incazzatura contro il sacco da boxe. Quindi sì, meglio per lui.
    L'amara consapevolezza di non avere più venticinque anni era aspra. Gli serviva il doppio dell'allenamento per rimanere in forma.
    Non appena intuì che Hibiki non avrebbe più attaccato, sciolse la guardia e raddrizzò la postura. «Non sei male, ragazzino.» bofonchiò, sintetico. Era un complimento. Il suo modo per dire "ti aspetta una brillante carriera, se non muori prima".
    «Dovresti migliorare con le prese. O non riuscirai mai a mordermi.»
    Facile dirlo quando sei un energumeno di un metro e novanta per ottanta chili di muscoli, eh? Ma per Victor era irrilevante. Lui non poteva fare nulla per Hibiki che non fosse insegnargli ad evolversi come arma e diventare qualcosa di più forte e pericoloso. Era stato bravo a saltare a destra, a sinistra, a graffiare, a cercare di prenderlo nei suoi punti ciechi, ma Victor aveva la pelle dura, quindi gli stava dando un consiglio, perché se c'era una cosa di cui si era accorto era indubbiamente la sua... leggerezza. Fisicamente parlando. Hibiki non pesava più di una foglia ed era secco come un chiodo.
    Per Victor scrollarselo di dosso era una passeggiata.
    Comunque, per quanto lo riguardava quell'allenamento era finito. Non avrebbe mai ammesso di essere stanco, ma... beh, lo era. Indi per cui, senza aggiungere altro, si volse, recuperò la sua roba e si accinse a ritirarsi verso gli spogliatoi per farsi una doccia. Agosto di merda.
    Solo da ultimo, quando già aveva un palmo poggiato sulla porta socchiusa, gli venne in mente una cosa. Non gli aveva chiesto il nome.
    «Come hai detto che ti chiami? – chiese. Beh, Hibiki non lo aveva detto e non che importasse, ma saperlo poteva essere utile, soprattutto se avevi le potenzialità per diventare forte. Avrebbe giusto aspettato la sua eventuale risposta prima di continuare. – Io sono Victor. Krieger. Primo Grado Krieger. Fatti vivo quando vuoi. Sto cercando nuove aggressive promesse per la mia squadra.» avrebbe concluso, con un sardonico ghigno sul viso, prima di sparire per il corridoio dietro il varco, senza attendere oltre. Ah, le buone maniere.
    Ora, in realtà, c'era da precisa che Victor non aveva alcuna squadra. Ma ne avrebbe avuta una. Presto o tardi.
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