Votes taken by yumæchu`

  1. .
    Setsuna Aozaki
    Se c'era una cosa di cui Setsuna sapeva di essere una grande esperta, quella era certamente la sua incredibile capacità di toccare tasti dolenti.
    Era un treno in corsa, lo era sempre stata. Una persona fin troppo socievole per gli standard del paese in cui abitava, senza considerare l'essere originaria di un paesino (e logica vuole che più ci si sposti nei piccoli paeselli, più le persone siano chiuse), questo aveva comportato una serie di fraintendimenti e di situazioni imbarazzanti di cui ormai aveva perso il conto. Parlando a ruota libera di default, Setsuna Aozaki era campionessa di dito nella piaga. E, sfortunatamente per lei, quell'occasione non poteva più essere considerata un'eccezione.
    Tasto dolente, uno - Setsuna Aozaki, zero. Colpita e affondata.
    L'investigatrice osservò l'uomo aprirsi sulle inevitabili difficoltà che possedere un solo occhio comportava, così come la sua grande passione per la cucina non fosse di certo morta con quel che gli era accaduto; il senso di colpa che era piombato come un macigno sulla bocca del suo stomaco si alleggerì, lasciando solo il ricordo di un fastidio. Si era dispiaciuta fin troppo per essere stata sconsiderata e senza tatto, ma le scuse che Sakamoto-san le aveva rivolto per aver parlato a ruota libera di un argomento infelice la risvegliarono immediatamente da quel momento di riassestamento, facendole dimenticare rapidamente tutto quello che le era passato per la testa in un momento del genere.
    «No no, ti prego, non scusarti» si affrettò a dire, genuinamente convinta che non ci fosse alcun motivo perché l'uomo le rivolgesse quelle scuse. «Non c'è bisogno, davvero. Se ne hai parlato con così tanta facilità vorrà dire che ne sentivi il bisogno! Piuttosto mi scuso io per aver fatto emergere un argomento tanto delicato, avrei dovuto avere un minimo di accortezza per capire che non fosse il caso di chiederti di cucinare per me.»
    Setsuna fece accompagnare quelle parole da un piccolo inchino, inconfutabile segno di scuse per essere stata tanto sprovveduta. Odiava ammettere che il suo spirito d'osservazione, per quanto spiccato, non fosse mai veloce quanto la sua lingua, che parlava sempre a ruota libera senza mai pensare alle conseguenze di ciò che diceva. Un grave errore per una persona che lavora in un ambito tanto importante.
    «Però posso dirti che mi sembri una persona in gamba, Sakamoto-san. Sono certa che presto riacquisterai completo controllo del tuo corpo.»
    Setsuna era una convinta estimatrice di una grande verità: il duro lavoro ripaga sempre. La fisioterapia che lei per prima aveva dovuto fare per riacquisire dimestichezza con i movimenti del proprio corpo dopo essere stata quasi tagliata a metà da un ghoul era stata intensa, ma le aveva permesso di tornare più forte di prima e questo dimostrava ancora una volta quanto l'impegno portava sempre a dei risultati.
    «Detto questo» proseguì, sorridendo all'altro per scacciare ogni traccia di negatività, «vorrei scusarmi per la mia mancanza di tatto, oltre che ringraziarti per la disponibilità e l'enorme aiuto che mi hai dato. Sei libero a pranzo?»
    ... dicevamo che Setsuna non pensa prima di parlare? Ebbene. Ma in quel caso non si sarebbe mai pentita di quella domanda: al di là dei fraintendimenti che poteva generare, non c'era niente di male ad offrire il pranzo ad un collega, no?
    «... dico, visto che dovrò aspettare il giorno in cui proverò la cucina dello chef Sakamoto, almeno posso offrirti il pranzo.»

    «Parlato»
    "Pensato"
    QcEHn2Z
    investigatrice
    post: 05
    24 Y.O
    quinque: Etō (koukaku)
    secondo grado
  2. .
    Setsuna Aozaki
    Ascoltò quanto avesse da dire Sakamoto con estrema attenzione, tendendo le orecchie verso di lui mentre gli occhi passavano nuovamente in rassegna i fogli che l'assistente le aveva stampato. Sembrava assurdo, eppure dai rapporti che si ritrovava tra le mani, pareva davvero che i suoi colleghi avessero tralasciato un dettaglio tanto importante.
    Un gruppo di ghoul... possibile che nessuno si fosse fatto due domande?
    «Esatto» mormorò Setsuna, tirando un sospiro rassegnato. «Ma l'importante è essercene accorti, così almeno potremo agire di conseguenza. Meglio averlo scoperto ora che non averlo scoperto affatto, dico bene?»
    La donna rivolse all'assistente un sorriso complice, prima di finire di mangiare il secondo macaron un po' controvoglia. Ma prima che potesse dire qualcosa, Atsushi le rivolse una domanda inaspettata. Aveva voglia di chiacchierare?
    Qualunque fosse la risposta, con Setsuna sarebbe sempre caduto bene: odiava restringere i rapporti lavorativi solo ed esclusivamente al lavoro, qualche chiacchiera leggera faceva sempre bene, specialmente in un contesto tanto intenso e deprimente come il loro. C'era sempre bisogno di leggerezza e sorrisi!
    «Non sono una grande amante, ma questi sono proprio buoni, mi hanno stupita!» ammise contenta, rivolgendo un sorriso rilassato all'uomo, finché il bagliore della curiosità non le illuminò lo sguardo, mutando completamente l'espressione rilassata della ragazza nell'emblema della curiosità.
    Quell'uomo... sapeva cucinare. E se c'era una cosa che faceva gola a Setsuna più di qualunque altra cosa, era l'abilità nella cucina di cui lei sembrava essere sprovvista. Anche solo avere amici capaci di destreggiarsi tra fornelli e complicati procedimenti era un plus a cui Setsuna difficilmente sapeva rinunciare.
    «Sono indubbiamente capaci in questa pasticceria» incominciò Setsuna, nel tentativo di mettere le basi per un discorso più approfondito, «ma dicevi che anche tu sai preparare i macaron? Da quel che so sono un dolce molto complicato, basta sbagliare di un grammo le proporzioni perché la preparazione fallisca... quindi deduco tu sia anche un bravo cuoco, oltre che un ottimo assistente.»
    Le grandi deduzioni di un'investigatrice. Setsuna finse di pensare portandosi una mano a sostenere il mento, finendo con il prendersi poco seriamente lei per prima, sciogliendo quella buffa posa con lo sbuffo di una risata, che dovette trattenere per evitare di disturbare i colleghi impegnati nel loro lavoro nelle postazioni accanto a quella del ragazzone.
    «Mi piacerebbe provare la tua cucina» aggiunse, questa volta un po' più seria. «D'altronde, per quanto l'alta pasticceria sia indiscutibilmente buona, preferisco sapori più caserecci.»
    Si stava volontariamente gettando nel tentativo di sondare il terreno? Sì, e non avrebbe provato vergogna ad ammetterlo, se le fosse stato chiesto dal diretto interessato.

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    "Pensato"
    QcEHn2Z
    investigatrice
    post: 04
    24 Y.O
    quinque: Etō (koukaku)
    secondo grado
  3. .
    Shinobu Hanyuu
    Hx9Ygki
    «Dipende dalla domanda, e se posso anche rigirartela, ma chiedi pure.»
    O Makoto era un tipo particolarmente introverso, oppure era semplicemente guardingo. Qualunque fosse il caso, Shinobu non poté far altro che ridacchiare, mescolando la risata al sorriso sornione che le fu rivolto, prima di rispondere prontamente «non sono sicura tu possa rigirarmela, ma va bene.»
    Shinobu volle cullarsi in quella leggerezza per un po'. Inspirare l'aria non esattamente piacevole che si respirava in una metropoli come Tokyo, così diversa dall'aria delicatamente sporcata dall'odore sulfureo dell'onsen gestita dai suoi genitori, era sempre terapeutico. Anche solo il processo di avvertire l'aria passare dal naso e riempirle i polmoni era in grado di rilassare ogni muscolo del suo corpo, scacciando qualsiasi timore o nervosismo.
    In quell'istante, però, l'odore della sigaretta accesa da Makoto le arrivò al naso, mescolandosi distrattamente con l'odore naturale che si respirava in una città grande e trafficata come quella. Alla ragazza non diede fastidio, ma in un primo momento l'impatto fu strano e, accortasi del modo in cui Makoto cercò di tenere il fumo quanto più lontano possibile da lei, non poté far altro che sorridere intenerita, ringraziando mentalmente il ragazzo per la premura dimostratale.
    Gli occhi di Shinobu si puntarono sulla strada davanti a loro. Osservava ogni mattonella del marciapiede, ogni alberello piantato, ogni palo della luce come se fossero le cose più interessanti del mondo, mentre cercava nei meandri della sua mente le parole adatte per formulare quella domanda senza risultare offensiva o fuori luogo.
    «Cosa si prova?» decise di chiedere, di getto, senza pensare alle conseguenze. Rimanere con il tarlo di come fosse giusto formulare la domanda non avrebbe aiutato per nulla, perciò tanto valeva essere diretta e senza fronzoli. «A fumare, intendo. È una domanda stupida, me ne rendo conto, però non ho mai provato e ammetto di essere sempre stata curiosa. Sai, genitori apprensivi, il fatto che fossi un'atleta, essere una sorella maggiore e dover essere d'esempio ai miei fratellini, la paura di veder bollata ogni possibilità di fare carriera... ho sempre avuto questo genere di timori che mi hanno impedito di provarci.»
    Non capì perché sentisse la necessità di giustificarsi. Ma lo aveva fatto e ora era un po' difficile rimangiarsi quel piccolo monologo sul perché fosse così curiosa di sapere che sensazioni si provassero a fumare ― oltre al fatto che quella valanga di giustificazioni sembravano involontariamente pitturare Makoto come un delinquente. Fu facile realizzare di essere stata indelicata a domandare ad una persona, che non conosceva poi così bene, che cosa si provasse a fumare. Non sapeva perché lo facesse, non sapeva come si sentisse a riguardo, magari era schifato da se stesso ma troppo legato a quel gesto per smettere dall'oggi al domani, fosse mera dipendenza o qualcosa di affettivo.
    Resasi conto della possibilità di essere stata delicata quanto un elefante in un negozio di gioielli di cristallo, Shinobu si diede un pugnetto in testa, per poi tirare un sospiro, al quale seguì il naturale afflosciarsi delle spalle.
    «Scusa. Sei libero di non rispondere, se non vuoi farlo» aggiunse quindi, lasciandosi andare ad una risata imbarazzata. «E puoi ricambiare con una domanda altrettanto stupida e personale.»
    A quel punto cercò di riprendersi, accennando un sorriso cordiale. Per rassicurare lui o, molto più probabilmente, se stessa.

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    "Pensato"
    HUMAN
    19 Y.O
    CCG academy's student
    ex-volleyball player
  4. .
    Ciao Hiro/Luce, benvenuto su questi lidi! ♥ (e auguri per i tuoi 19 anni compiuti a gennaio AHAHA)
    Io non sono nessuno di particolarmente importante qui, ma mi piace dare il benvenuto a chi arriva~ mi chiamo Anna, ma puoi chiamarmi Yume. c:
    La tua presentazione è stato un entusiasmante trip di acidi, quindi sono molto contenta che tu sia approdato qui, c'è bisogno di una ventata d'aria fresca eheh~

    Detto questo, congratulazioni per il tuo percorso universitario a Londra, spero ti porti grandi soddisfazioni. uwu Non mi resta che augurarti buona permanenza, non vedo l'ora di leggere cosa creerai (e, ovviamente, di ruolare con te) 👀
  5. .
    Hotaru Shinkai
    3IcJLkm
    Elke era la prima ghoul davvero gentile nei suoi riguardi, almeno in quell'ambiente, all'infuori della famiglia Shinkai. Tutte le volte che aveva messo piede in quel luogo, le persone la guardavano con sdegno e disprezzo, dall'alto al basso, come se fosse uno scarto della società.
    In effetti sapeva che era lei la scrapper strana. Non tutti avevano la fortuna di essere gli scrapper di una famiglia dolce e premurosa, le era capitato di parlare con alcuni suoi "colleghi", raramente, e aveva capito come la sua posizione fosse estremamente privilegiata.
    Non avrebbe mai capito perché quella ghoul fosse stata così gentile con lei, ma quando le disse di chiedere di Shiba se avesse avuto bisogno di aiuto, il cuore gelido e tremacchiante di Hotaru venne scosso da un'ondata di calore, come se avesse appena ricevuto il caldo abbraccio della mamma.
    Shiba era stata davvero premurosa.

    [ ... ]

    Sul palcoscenico del ristorante, Hotaru aveva probabilmente dato sfoggio della sua miglior performance. Le volte precedenti era stata una sfida all'ultimo sangue in cui doveva combattere per difendere la propria vita. In quell'occasione, però, di fronte a sé aveva una donna spaventata che continuava a supplicarla di risparmiarla, che vedeva del buono nei suoi occhi, che non poteva davvero pensare di macchiarsi di un crimine del genere. Dopotutto, lei era ancora giovane e con una lunga vita davanti.
    Quella danza di terrore venne portata avanti con estrema maestria dalla scrapper. Movimenti veloci e leggiadri carezzavano il corpo scosso dalla paura dell'umana, che strisciava per terra incapace di rimettersi in piedi e correre. Hotaru mantenne un'espressione impeccabile, giocando con la paura della ragazza fino a cullarla tra le braccia di Morfeo che, purtroppo, se la sarebbe presa per sempre.
    Punta da un singolo ago, la donna cadde finalmente vittima della scrapper, finendo uccisa tra le sue stesse braccia. Un solo schizzo di sangue macchiò il volto della ragazzina che, una volta confermato che la donna avesse esalato il suo ultimo respiro, abbandonò il corpo esanime della propria vittima al centro del palco, sotto la luce neutra dei riflettori e, dopo un breve inchino e lo scrosciare degli applausi del pubblico, Hotaru svanì dietro le tende, rintanandosi al riparo da quello scenario nel suo spogliatoio.
    Lo specchio insozzato di impronte e granelli di polvere rifletteva il volto privo di espressività di Hotaru in maniera leggermente distorta. Quelli non erano specchi di chissà quale grande qualità, ma se l'era sempre fatto andare bene. D'altronde, quando metteva piede in quel posto, lei perdeva la sua identità di Hotaru Shinkai, abbracciando per una sera il fatto di essere semplicemente la scrapper degli Shinkai. E quello, purtroppo, era tutto ciò che lei meritava di avere.
    Con una salvietta igienizzante andò a pulire l'unica macchia di sangue che le aveva insudiciato il viso, strofinandola con forza per non lasciare alcuna traccia dell'orrore che aveva appena commesso. Pur essendo abituata, rimaneva comunque cosciente del fatto che quello che faceva non era da considerarsi positivo. Andava avanti solo perché così avrebbe reso fiera di lei la propria famiglia.
    Ma prima che potesse fare altro, una voce alle sue spalle la risvegliò da quel momento di alienazione: era lo scrapper che Shiba accompagnava.
    Gli occhi scuri di Hotaru svanirono e riapparirono sotto il veloce battito delle palpebre, confusa dal perché quel ragazzo avrebbe dovuto rivolgerle parola. Solo dopo arrivò la domanda che chiarì, almeno momentaneamente, il suo dubbio.
    «Oh» le sfuggì dalle labbra, voltandosi completamente in sua direzione per non dargli le spalle: sua madre le aveva insegnato che era maleducazione. «Io... io niente.»
    In effetti era vero. Era stata Shiba ad avvicinarsi a lei per prima, fornendole un po' di aiuto per la sua ansia.
    «Lei ha visto che non stavo bene, così...»
    Così l'aveva aiutata. Era molto semplice da dire, ma aveva come l'impressione che quel ragazzo non ne sarebbe stato contento.
    «È un problema?»
    Il tono di voce di Hotaru non era più macchiato dall'ansia, né da chissà quale altra emozione spiacevole. In realtà, nessuna emozione sporcava la sua voce, ora completamente atona e rilassata. Stava rispondendo come era solita parlare.

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    HUMAN
    17 Y.O
    student
    scrapper
    white rabbit, rank c
  6. .
    Shinobu Hanyuu
    Hx9Ygki
    Gli occhi verdi di Shinobu si posarono distrattamente sulla figura di Makoto e, quando lo vide tirare fuori il pacchetto di sigarette dalla tasca, il suo sguardo scivolò altrove.
    Non aveva nulla contro il fumo e non le dava fastidio, ma era quel genere di persona che tendenzialmente si teneva lontana da tutto ciò che poteva essere nocivo.
    Era una tipa curiosa, Shinobu. Così curiosa che non aveva mai nascosto con chi aveva più confidenza che avrebbe volentieri fatto certe esperienze, come fumare o provare chissà quali cose, se l'occasione si fosse presentata. Ma la parte più coscienziosa di sé ogni volta la frenava, mettendo un freno alla curiosità e ricordandole che, in quanto ex atleta e futura agente della CCG, immergersi in certe situazioni non le avrebbe fatto bene.
    A frenarla ulteriormente c'erano sempre stati altri tipi di pensieri, come la paura di trovarlo piacevole e diventarne dipendente, cosa che l'avrebbe fatta stare solo male. Così, ogni volta che vedeva da vicino un pacchetto di sigarette, forzava il suo sguardo ad interessarsi ad altro, per non indugiare su quella sua normale curiosità.
    «Nessun problema, fai pure» gli rispose con estrema tranquillità, mantenendo quel sorriso rilassato a troneggiare sul proprio volto.
    Aveva provato una sigaretta elettronica, però. Una di quelle a vapore completamente sprovviste di nicotina, dalla cartuccia con chissà quale gusto strambo e... l'esperienza non la ricorda affatto felicemente. Il sapore di cioccolato, stucchevole da fare schifo, le aveva impastato la bocca al punto che si era dovuta buttare su una bella porzione di ramen istantaneo piccante pur di far scomparire quel saporaccio.
    Era stato orrendo. Da quel momento aveva completamente bollato come inutilmente disgustosa l'idea di provare altri sapori. Se il cioccolato era nauseante, non osava immaginare gli altri.
    Fortunatamente il venticello fresco che soffiava in quella tiepida giornata di Maggio era stato sufficiente ad interrompere quella catena di pensieri sul fumo. Pensarci troppo non avrebbe condotto a nulla di positivo.
    Felice che Makoto avesse accettato di buon grado la sua proposta, il passo di Shinobu si fece più leggero, trattenendosi dal saltellare come una ragazzina solamente perché non voleva fare l'ennesima strana impressione su una persona che conosceva troppo poco.
    Ma ci pensò Makoto stesso ad interrompere, anche se non intenzionalmente, la sua camminata, quando le domandò se volesse che portasse lui il suo zaino.
    Arrestata la camminata, Shinobu strinse debolmente le mani attorno alle bretelle dello zainetto, sbattendo le palpebre e lasciando che le labbra si schiudessero, abbandonando il sorriso cordiale in favore di un'espressione completamente schiava dello stupore.
    Makoto non dava per niente l'impressione di essere chissà quale ragazzo ben educato e cortese, eppure...
    «Makoto, ma tu... tu sei un gentleman!»
    A proposito delle figure barbine. Ma non era proprio riuscita a trattenere quel commento, era stato più forte di lei: era capitato, casomai, che fosse lei ad offrirsi di portare le borse a qualcuno, ma in quel caso erano le vecchiette che tornavano a casa dopo essere passate al supermercato o al mercato della frutta. In quanto ragazza giovane e con un fisico allenato, non le era mai capitato che qualcuno si premurasse di porgerle quella domanda.
    Shinobu riprese a camminare, accelerando il passo per rimettersi al fianco del compagno, tirando un sospiro divertito.
    «Scusa» mormorò, ridacchiando, «è stato più forte di me. Ma ti ringrazio per l'offerta, anche se la declinerò garbatamente: non pesa affatto.»
    Lo guardò con la coda dell'occhio, per poi riprendere a guardare davanti a sé.
    «Piuttosto, posso farti una domanda?»

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    "Pensato"
    HUMAN
    19 Y.O
    CCG academy's student
    ex-volleyball player
  7. .
    Darien 💕

    Online

    Darien 💕 @holydari_en

    A. @dus_ali

    Anche il tuo culo farà kaboom se non prendi più seriamente questa [...]

    Oh nooo che paura!! Una ghoul che non sa fare la ghoul al punto da aver chiesto il mio aiuto mi minaccia di far esplodere il mio culooooo!! Qualcuno mi salviiiii 😖
    17/04/2021, 13:32

    Darien 💕 @holydari_en

    A. @dus_ali

    È un testimone che ha dichiarato il falso rovinando la vita di mio pa[...]

    La mia non era curiosità, era solo buonsenso. 😒 E comunque grazie per le info, ma mi domando, perché devo andare io a far cantare l'uccellino? Gli piace il cazzo?
    17/04/2021, 13:32

    Darien 💕 @holydari_en

    Ah no, ora ho capito. Sei un cesso a pedali e temi di non riuscire ad attrarlo... comprensibile. 😌
    17/04/2021, 13:33

    Darien 💕 @holydari_en

    Quindi? Come hai intenzione di pagarmi? Cosa devo fare e cosa mi dai in cambio per il mio servizio espresso eccellente? ✨
    17/04/2021, 13:33

  8. .
    Darien 💕

    Online

    Darien 💕 @holydari_en

    E tu sei peggio di quei buzzurri chiamati "uomini" che non sanno prendersi cura di loro stessi. 😌 Essere paragonato ad una donna è un complimento.
    17/04/2021, 13:22

    Darien 💕 @holydari_en

    E comunque io le mie finanze le so gestire e i miei impegni sono molto più importanti della via della vendetta che hai deciso di perseguire. Non è un mio problema se la tua famiglia ha fatto KABOOM. 😗
    17/04/2021, 13:22

    Darien 💕 @holydari_en

    Tornando a noi, almeno dimmi chi cazzo è questo e che cazzo di lavoro fa. Mi dici che lo devo intortare fino a fargli sputare il rospo, ma così non accendi la mia curiosità, sai... 😒
    17/04/2021, 13:23

  9. .
    Setsuna Aozaki
    L'assistente Sakamoto era discreto e serio nel suo lavoro. Per quanto Setsuna fosse una persona estremamente alla mano e socievole, una di quelle che apprezza le persone loquaci, l'impegno che il ragazzone stava mettendo nella ricerca fu ammirevole.
    Non li aveva archiviati lui, quei rapporti. Così le aveva comunicato, aggiungendo che per quel motivo stava facendo un po' di più fatica. Sul volto di Setsuna, quasi istintivamente, apparve un sorriso a metà tra l'intenerito e il sornione.
    «Non preoccuparti, non c'è nessuna fretta. Oggi è il mio giorno libero, quindi non devo scappare: ho tutto il tempo che ti serve~»
    La marpiona che era in lei avrebbe aggiunto un sempreverde dolcezza alla fine della frase, ma per una volta s'impose di essere un minimo professionale. Non poteva far cadere la faccia dopo dieci minuti di conversazione, si trovava a lavoro. E non aveva voglia di piangere tra le braccia di Kaya per aver superato i limiti del socialmente accettabile, facendo una vera e propria figura di merda. Così continuò a sorridere, finché le sue labbra non inglobarono l'ultimo pezzo di macaron rimastole in mano, gustandoselo per bene. Chiunque li avesse fatti, aveva delle mani magiche.
    Rimase in silenzio per tutto il tempo che rimase, finché non vide l'altro cominciare a muoversi per attivare la stampante. Gli occhi scuri di Setsuna passarono dallo schermo del computer alla schiena dell'uomo stampante, osservandolo mentre le spiegava che avrebbe stampato i risultati della sua ricerca perché potesse conservare il cartaceo.
    Quell'uomo era un angelo.
    «Ah che tesoro, grazie mille!»
    Ecco perché, prima di parlare, Aozaki Setsuna aveva l'abitudine di contare fino a dieci: si trattava di un meccanismo necessario per evitarle uscite di quel calibro.
    Le labbra furono serrate in una linea retta, precisa e sottile, in pochissimi istanti, specchiando l'imbarazzo e il pentimento da cui il suo volto sembrò uscire sconfitto.
    Sprofondando contro lo schienale della sedia da ufficio, Setsuna prese i fogli che l'uomo le porse con sguardo sconfitto, che presto sfumò in un'espressione decisamente più seria e concentrata. Mentre Sakamoto le parlava, spiegandole in soldoni a cosa facessero riferimento i rapporti che aveva selezionato, Setsuna leggeva ogni riga di quei fogli come se da ciò dipendesse la vita dell'umana stirpe. E, beh... era un po' vero.
    Con i fogli letti nella mano sinistra e i fogli da leggere nella mano destra, lo sguardo concentrato di Setsuna non abbandonò per un solo istante quei fogli, focalizzata sui caratteri impressi in modo da apprendere tutto ciò che era necessario ed importante.
    «Disperazione... o forse crudeltà o ancora, mera preferenza» rispose seria, staccando lo sguardo dall'ultimo foglio rimastole per guardare l'assistente. «Qualsiasi sia la ragione, ciò che conta è che quelle bambine siano sane e salve.»
    Si permise di sistemare i fogli battendo il lato corto inferiore sul tavolo per allinearli, appoggiandoli poi sulle gambe.
    «Leggendo e ascoltandoti, mi è venuto naturale soffermarmi sul bikaku... questa cosa dei "compari" non mi sconfinfera. È plausibile che, con tutti i casi dell'ultimo periodo, sia sfuggito al personale di avvisare e cercare negli archivi, ma dopo una dichiarazione del genere avrebbero dovuto allertarci, no?»
    Almeno era come la vedeva lei. Se avesse condotto un interrogatorio e un ghoul avesse dichiarato che ha un intero squadrone di compagni là fuori, lei avrebbe allertato gli investigatori e così si sarebbe dovuto farei. Perché, invece, non era stato fatto? Perché nessuno l'aveva avvisata?
    Setsuna incrociò le braccia sotto il seno, con fare pensieroso.
    «A meno che non abbiano abbassato la guardia una volta schedato il grado, il che avrebbe un po' di più senso... ma parliamo di un gruppo di ghoul, di cui uno catturato dopo aver tentato di aggredire due bambine, mi sembra assurdo.»
    L'investigatrice si lasciò andare ad un religioso silenzio, come se stesse cercando di pensare. Aveva senso, ma al tempo stesso non lo aveva. I gruppi di ghoul venivano trattati con molto più riguardo ed estrema cautela, spesso le indagini sugli esponenti e sulla cattura di tutti veniva priorizzato, un po' come se si trattasse di un singolo ghoul di grado decisamente più alto e pericoloso.
    Più ci pensava, meno ne veniva a capo.
    La donna sospirò sconsolata, preferendo buttarsi su un altro macaron piuttosto che continuare a spremersi su quel dettaglio. Ci avrebbe pensato più tardi.
    «Ammesso e non concesso che siano davvero un gruppo e che la loro pericolosità possa crescere a vista d'occhio con la cattura di un loro esponente, è corretto pensare che alcuni dei casi schedati siano collegati a questo. Hai trovato qualcos'altro?»
    Meno male che quando il vero lavoro iniziava, l'agente Aozaki metteva da parte la goliardia in favore dell'efficienza. Voleva andare a capo di questo caso e i dati raccolti fino ad ora si erano dimostrati tanto interessanti da averle fatto sparire tutto il precedente malumore. Forse un piccolo spiraglio di luce aveva cominciato a fare capolino tra i nuvoloni grigi e carichi di pioggia che coprivano il cielo di Tokyo in quei giorni.

    «Parlato»
    "Pensato"
    QcEHn2Z
    investigatrice
    post: 03
    24 Y.O
    quinque: Etō (koukaku)
    secondo grado
  10. .
    Setsuna Aozaki
    Quell'uomo era decisamente ben oltre l'essere alto. Essendo lei la prima ad essere abituata a guardare dritto nelle palle degli occhi gli uomini, superando di un po' la media d'altezza delle donne giapponesi, ritrovarsi quel bell'imbusto di... quanto, un metro e novantacinque? davanti fu abbastanza scioccante.
    Il momento jawdropping, comunque, venne lasciato da parte in favore di un sorriso un po' più cordiale.
    Sakamoto Atsushi sembrava un tipo alla mano e disponibile, uno di quelli che faceva della gentilezza il proprio tratto distintivo, il che avrebbe potuto differenziarlo facilmente dalla stragrande maggioranza degli uomini giapponesi che lavoravano in un ufficio. Era sempre pieno di musi lunghi, introversi e persone difficilmente approcciabili, che usavano il sorriso più standard di sempre come moneta di scambio in ogni conversazione, cosa che Setsuna non era mai riuscita a digerire. Le piacevano molto di più le persone spontanee, le macchine dispensatrici di cordialità per dovere erano quanto di più lontano potesse esistere nella sua vita.
    Con quella constatazione, l'investigatrice si sentì un po' più leggera ad essere stata tanto incauta nei confronti dell'uomo. Abbandonatasi sulla sedia da ufficio come se fosse la cosa più normale del mondo, Setsuna attese che anche Atsushi tornasse al suo posto prima di tornare a parlare.
    «Non c'è davvero bisogno che ti scusi, non hai fatto nulla, ma... approfitterò della gentilezza, grazie!» cinguettò lei in risposta, affondando delicatamente le mani nella scatola dei macarons per pescarne uno che aveva tutta l'aria di essere al gusto matcha. Dopo averlo osservato per una manciata di secondi, lo morse, tenendo una mano a conca poco sotto il mento per raccogliere tutte le briciole del biscotto, molto friabile nonostante la morbidezza.
    Finì di masticare e mandare giù il boccone, prima di prendersi la briga di avvicinarsi di più al collega, allungando il collo in direzione dello schermo per controllare effettivamente cos'avrebbe dovuto dirgli, specialmente se si sarebbe dovuta soffermare più sulle parole chiave che sul fare un discorso vero e proprio. Capendo ben poco di come funzionasse il sistema di ricerca dei server della CCG, decise di lasciar perdere.
    «Uhm, allora... koukaku, rank B. La maggior parte degli avvistamenti sono stati fatti tra le circoscrizioni di Koto, Chuo e Taito. Agiva sempre da solo e per questo è stato facile catturarlo dopo pochissimi mesi di attività segnalata, nella prima metà di giugno.»
    Setsuna prese un altro morso del macaron, prendendosi una pausa dal discorso.
    «Preferiva le donne giovani, tra i quindici e i vent'anni d'età. Poi... ah sì, maschera completamente anonima, indossava sempre vestiti scuri, felpe oversize con cappuccio e maschera ccompletamente nera.»
    Finì il macaron, tentennando appena sul se prenderne un altro o meno. Considerato il poco allenamento degli ultimi mesi e il tanto riposo affrontato per via della convalescenza, decise di non prenderne altri, per non rischiare che il proprio fisico ne risentisse.
    «Non so se ti sei occupato tu di aggiungere il caso e poi archiviarlo ma... ho bisogno di tutti i file possibili che abbiano a che fare con un ghoul koukaku, che agisce tra le zone segnalate e che indossi quegli esatti vestiti, specialmente la maschera anonima nera. Nonostante la cattura pressoché recente ci sono stati degli avvistamenti di ghoul identici e vogliamo capire se ci sono state delle differenze, anche minime, nei rapporti precedenti che non ci hanno permesso di intuire che non era solo un ghoul.»
    Setsuna spostò lo sguardo dallo schermo del computer ad Atsushi, sorridendogli pacata.
    «Nonostante l'attività segnalata che abbiamo saputo collegare a questo ghoul sia molto recente, sarebbe il caso di ampliare il raggio di ricerca da sei mesi a due anni.»

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    Edited by yumæchu` - 28/8/2023, 19:00
  11. .
    Setsuna Aozaki
    Da quando in città era riapparso un ghoul con le stesse caratteristiche di quello catturato poche settimane prima da Setsuna e il suo collega di ronda, l'investigatrice era stata sommersa di incarichi e, tra questi, c'era stato quello di ricontrollare ogni singolo rapporto effettuato prima e dopo la cattura del ghoul, per accertarsi che non ci fossero stati disguidi.
    Possibile che quel misterioso koukaku dalla maschera anonima, in realtà, facesse squadra con qualcuno? Si era finto qualcun altro perché potessero continuare a fare il loro lavoro senza che la CCG se ne accorgesse?
    Persa nei suoi pensieri, Setsuna venne risvegliata dalla voce tonante del suo superiore che, nel tentativo di richiamare l'attenzione della ragazza, aveva alzato un po' di più i toni.
    «Muoviti e vai a ricontrollare tutti i fascicoli su di lui.»
    «Agli ordini» bofonchiò lei in risposta, cercando di trattenere il fastidio provato in quel momento. Chiusa la chiamata, Setsuna non fece in tempo a tirare un sonoro sbuffo che fu seguito immediatamente dal cellulare che le trillò tra le mani. E chi altri poteva essere se non lo stesso capo? Almeno era stato abbastanza decente da indirizzarla verso qualcuno: “Rivolgiti a Sakamoto, voglio che tu ci vada domani.”
    Setsuna roteò gli occhi e inforcò le bacchette con rabbia, fino a che non furono repentinamente tuffate nel brodo del ramen che si stava gustando con piacere prima che Mr. Antipatia interrompesse il sacro momento della cena. I noodles afflosciati dalla troppa attesa erano diventati una melma viscida e disgustosa, al punto che doverli mandare giù fu una sofferenza indescrivibile. Mr. Antipatia era persino riuscito a rovinarle la cena.

    [ ... ]

    Come se la notizia di un ghoul identico ad uno catturato in precedenza non fosse già stato abbastanza, la giornata successiva cominciò con la discesa del diluvio universale. L'umidità della stagione delle piogge la metteva ancor di più di cattivo umore, ma fortunatamente avrebbe dovuto passare la giornata, almeno la mattina, in ufficio.
    Nonostante fosse il suo giorno libero.
    L'espressione da funerale che aveva in volto quando mise piede dentro gli uffici non lasciava spazio a fraintendimenti. Era decisamente di pessimo umore.
    Salutati un paio di colleghi, Setsuna si diresse laddove sapeva avrebbe trovato il suo obiettivo: Sakamoto-san.
    Non sapeva nemmeno che faccia avesse, Sakamoto. Passava la maggior parte del tempo a fare le ronde e in ufficio era semplicemente abituata ad incrociare gli sguardi con gli altri colleghi, sorridere e dimenticare le facce già dal giorno successivo. Non avendo una memoria poi così affidabile, cercare Sakamoto era più facile a dirsi che a farsi.
    Finché non si arrese, chiedendo aiuto a qualcuno del reparto di assistenza, cosicché avesse modo di associare, finalmente, una faccia a quello che era stato solo un nome fino a quel momento. Quando la ragazza, gentilissima, le disse che "Sakamoto Atsushi è il ragazzo alto con la benda sull'occhio destro", Setsuna ebbe finalmente conquistato la prima vittoria della giornata. Ringraziata la collega per l'informazione, Setsuna si mise a cercare per l'ufficio qualcuno che corrispondesse alla descrizione dell'uomo e, una volta trovato, decise che era arrivato il momento di mettere da parte il pessimo umore e comportarsi com'era solita fare. Indossato un sorriso raggiante, quindi, si avvicinò di gran carriera al ragazzo seduto nella sua postazione, trattenendosi dall'appoggiargli una mano sulla spalla come prima cosa ― l'ultima cosa che avrebbe voluto fare era spaventare quel pover'uomo.
    «Salve! Sakamoto-san, giusto?» lo salutò radiosa, non prima di essersi schiarita la voce. «Sono l'investigatrice Aozaki, piacere. Uno dei capi dovrebbe averti informato circa il motivo per cui sono qui... il ghoul, i dossier da controllare, queste cose burocratiche di cui io non so molto.»
    Come suo solito, Setsuna dimostrò fin da subito quanto poco avvezza fosse alla professionalità, e molto più propensa al cosiddetto "buttarla in caciara". L'ordine non era il suo stile, era un po' come se potesse considerarsi la principessa del caos ― solo perché regina era un filino troppo esagerato.
    «Ti dispiace se prendo una sedia?» aggiunse solo dopo averne presa una libera, trascinandola per lo schienale e, poco dopo, mettendovicisi seduta, con lo schienale della sedia rivolto verso la scrivania dell'uomo a far da appoggio al braccio destro di Setsuna.
    «Spero non sia un disturbo» mormorò infine, resasi perfettamente conto che, forse, era stata un po' troppo precipitosa. Già dal fatto che si fosse permessa di dare del tu ad un potenziale sconosciuto.
    La principessa del caos, proprio lei.

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  12. .
    Hotaru Shinkai
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    Parlare con qualcuno, seppur si trattasse di una figura sconosciuta e, per lei, sicuramente autoritaria, le aveva davvero fatto bene, anche se di primo acchito non l'avrebbe notato nessuno, nemmeno la più acuta delle persone. Lo sguardo di Hotaru tornò a guardare Elke solo dopo che ebbe finito di bere un nuovo sorso d'acqua, ora mostrandosi leggermente sorpresa dal tono decisamente più amichevole che la voce della ghoul aveva assunto.
    Hotaru, impressionata da quel cambio repentino, sbatté le palpebre truccate per qualche secondo, stringendo debolmente la presa attorno alla bottiglia di plastica, che produsse un leggerissimo suono. Avvertì la plastica dell'etichetta raggrinzirsi sotto il suo tocco e, conscia dell'azione istintiva che aveva fatto per la sorpresa, allentò di nuovo la presa, tornando a guardare prima la bottiglia, poi le proprie gambe, coperte da un finissimo strato di tessuto.
    Alle parole ammonenti della ghoul, la scrapper annuì, conscia di quanta ragione avesse: effettivamente non avrebbe dovuto abbassare così tanto la guardia, era pur sempre una scrapper in un ambiente in cui quelli come lei erano visti come bamboline che si muovevano solo secondo gli ordini dei propri padroni. La vita delle persone come lei non valeva così tanto e un comportamento del genere sarebbe stato sicuramente punito se solo avesse beccato la persona sbagliata a cui confidare una simile realtà. La maggior parte delle famiglie di ghoul che frequentavano il ristorante, d'altronde, non erano buone e magnanime come la sua. Quasi nessuno, in quell'ambiente, aveva il cuore buono come quello di mamma, papà e Kazu-nii.
    Un altro sospiro abbandonò le labbra leggermente screpolate, che inumidì poco dopo passandoci velocemente la lingua.
    «Ha ragione, sono stata sciocca a parlare in questo modo» aveva deciso di dire, sollevando lo sguardo e rivolgendolo di nuovo ad Elke, «ma la ringrazio per avermi comunque ascoltata. Ora sto―»
    Fu interrotta dall'applauso che si alzò alle sue spalle, il clamore con cui venne accolta la fine di uno spettacolo che, basandosi dal fragoroso suono delle mani battute, sembrava aver entusiasmato il pubblico. Poco dopo la porta alle loro spalle si aprì, mostrando la figura di un ragazzo vestito in un completo bianco, macchiato dalle chiazze di sangue umano. Alcune gocce cadevano a cadenza irregolare dai vestiti, sporcando il passaggio.
    Era perfettamente intatto. Non un capello fuori posto, non un vestito stropicciato. L'unica nota stonata erano le chiazze di sangue, che a pensarci bene erano perfettamente normali visto ciò che era appena accaduto oltre la porta da cui il suo "collega" aveva fatto ritorno.
    Hotaru lo osservò scendere i gradini e si spostò pure per non essere d'intralcio, alzandosi dal gradino sul quale era seduta per lasciare spazio ai due.
    Li sentì parlare in una lingua a lei sconosciuta, lingua che suppose fosse europea, ma decise giustamente di farsi gli affari suoi, non prestando troppa attenzione ai due e, per sua fortuna, non notando come il ragazzo le avesse riservato solo occhiate sgradevoli. Inconsapevole di non essere stata una presenza gradita da Katchen, lasciò che lui si dirigesse negli spogliatoi, guardandolo defilarsi oltre le porte.
    Lo sguardo di Hotaru tornò rivolto ad Elke, rimanendo in silenzio per qualche istante. Il silenzio era sempre stato un suo grande alleato, ci aveva convissuto per così tanto tempo da non averlo mai considerato una cosa negativa, ma in quel momento si sentiva quasi in imbarazzo all'idea di rimanere così, a guardarsi, senza dire nulla.
    «Mh...» bofonchiò, andando a giochicchiare con l'etichetta della bottiglietta, «grazie per aver parlato con me. Ora sto meglio.»
    Ed era davvero meglio così. Anche perché, se non avesse placato quella sgradevole sensazione di ansia che l'aveva trattenuta fino a quel momento, non avrebbe fatto un buono spettacolo e avrebbe fatto sfigurare gli Shinkai. E, con tutto ciò che avevano fatto per lei, non si sarebbe mai perdonata un simile scenario.

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    Shinobu Hanyuu
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    Lasciò a Makoto il tempo di riflettere sulla risposta più corretta, sistemandosi a gambe incrociate e premendo con le mani sull'incrocio tra le caviglie e, una volta che il ragazzo ebbe modo di rispondere, gli mostrò un sorriso solare, allontanando la mano destra dalla caviglia per fargli il segno dell'okay.
    «Risposta corretta! Più una kagune rinkaku, in realtà, ma è giusto~»

    [ ... ]

    Il tempo era trascorso decisamente in fretta. Shinobu, per quanto fosse una ragazza molto studiosa a cui piaceva mettere il muso sui libri per imparare cose nuove, non apprezzava particolarmente quando arrivava il momento dello studio. Era più una persona che si crogiolava nel senso di tranquillità e pace che la lettura poteva darle, ma quando doveva applicarsi per imparare le nozioni accademiche, partiva sempre controvoglia e il tempo non volava mai come ogni volta sperava che accadesse.
    Tuttavia aveva appena scoperto che studiare in compagnia di qualcun altro era tutt'altro che noioso. Anzi, a dire il vero lo aveva riscoperto. Quella sensazione di pace e benessere non l'aveva più provata da quando Maya era scomparsa, perché l'unica compagna di studio che avesse mai avuto era proprio stata la sua migliore amica. Ma ora poteva dire di aver riaffrontato il problema, riprendendo un'attività che aveva smesso di praticare da diverso tempo, dandosi una nuova possibilità grazie a quel piccolo, breve progetto delle coppie-studio. Si trattava di una cosa troppo intima e personale per farne parola con una persona come Makoto, con cui al momento condivideva solo il fatto di essere entrambi cadetti in quell'accademia, ma anche solo aver avuto il modo di riaffrontare un problema che per un po' aveva deciso di lasciare da parte la rendeva felice. E, ovviamente, più leggera.
    Quando erano venuti a sollecitarli di abbandonare la stanza che avevano affittato per quel tempo di studio, Shinobu si sorprese al punto da guardare più volte l'orario, sia dall'orologio che portava al polso, sia dal cellulare, che sfilò rapidamente dalla tasca della divisa.
    Una volta raccolto tutto ciò che avevano usato e rimesso ogni cosa al loro posto, quindi, i due s'incamminarono fuori dall'aula, imboccando il corridoio e diretti... beh, non sapeva di preciso dove, per "abitudine" aveva semplicemente seguito Makoto fuori dall'aula.
    Era quasi ora di pranzo, quindi avrebbe volentieri fatto sosta alla mensa per mettere sotto i denti qualcosa: lo studio prosciugava un sacco di energie, a differenza di chi invece lo negasse.
    «Permettimi di offrirti qualcosa per ringraziarti, c’è un localino non male non troppo lontano da qui. Ti va un po’ di ramen, o hai voglia di altro?»
    Aaaaah, ora era tutto più chiaro. L'idea non le dispiacque affatto, al punto da annuire energicamente, sistemandosi con vigore lo zaino che portava con sé sulle spalle. Il sorriso che le spuntò in volto poco dopo anticipò quanto l'idea le avesse messo il buon umore.
    «Molto volentieri! Mi affido a te, allora» replicò, stringendo tra le mani le cinghie dello zaino e camminando di gran carriera in direzione dell'uscita della struttura. Da quando era a Tokyo e viveva lontana dai genitori aveva imparato come fosse più economico intrufolarsi in un modesto ristorante e ordinare qualcosa al volo, piuttosto che cucinare il proprio cibo in casa, perciò si era abituata all'idea di mangiare fuori anziché preparare da mangiare in casa. La mensa dell'accademia le veniva incontro sulle spese mensili, mantenendo nel portafogli quanti più soldi poteva, da dedicare a qualche sfizio ogni tanto, per cui l'aveva sempre trovata una manna dal cielo, seppur il cibo non fosse decisamente al livello di un buon pasto fatto dalle sapienti mani di chi nel settore della ristorazione ci lavorava da anni.
    Per questo motivo, Shinobu era al settimo cielo per quell'offerta. Normalmente non apprezzava farsi offrire le cose, ma comprendeva le motivazioni di Makoto, per cui aveva deciso di rispettare la sua decisione ed accettare di buon grado la gentilissima offerta.
    «Anzi, ti ringrazio~ alla prossima occasione ti offrirò qualcosa io!» aggiunse con il tono di chi non avrebbe accettato un «no» come risposta.
    E così, dopo il solito tragitto nei corridoi dell'accademia, finalmente furono fuori dall'edificio. Shinobu inspirò a pieni polmoni, contenta di non respirare più solo l'aria dei condotti dei condizionatori e, dopo aver tirato un sospiro felice, rivolse lo sguardo a Makoto, in attesa di sapere quale sarebbe stato questo locale di cui le aveva accennato.

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    Hotaru Shinkai
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    La ragazza aveva ragione, e quella risposta la colpì come fosse stato un treno in corsa, investita a piena velocità.
    Si sentì sciocca, come se non fosse già stata lì tante altre volte, come se non lo avesse fatto un numero non quantificabile di volte.
    Ancora, la scrapper abbassò lo sguardo, come se guardare la gonna del suo abito potesse darle le risposte che cercava. Probabilmente il panico le aveva offuscato la mente, così tanto da non averle dato il tempo di pensare, prima di porre quella domanda innocente.
    Ovviamente accompagnava un altro scrapper, qualcuno come lei. Ed era proprio il ragazzo che stava dando spettacolo proprio in quel momento.
    L'umana prese un respiro profondo e poi un altro sorso d'acqua, poiché sentiva ancora la gola secca. Il disagio che in quel momento le aveva preso la bocca dello stomaco, chiudendola inequivocabilmente, sembrava essersi originato da una ragione diversa dalla precedente: se prima si sentiva sola e improvvisamente fragile di fronte alle aspettative dei suoi "cari", adesso quella sensazione di imbarazzo la poteva ricondurre solo ed esclusivamente alla gaffe appena fatta.
    «Oh― s-sì, ha ragione. Mi perdoni.»
    Almeno aveva abbastanza sale in zucca da rispettare la "gerarchia". Fintanto che se ne stava in famiglia avrebbe potuto rivolgersi agli Shinkai senza essere formale, ma in quel contesto lei era una scrapper, non era accompagnata da qualcuno e ricopriva il gradino più basso di quella piramide di ruoli a cui si era faticosamente abituata.
    Dopo gli umani che erano lì per diventare cibo.
    «Io... i miei padroni si fidano, mi lasciano sola già da qualche mese.»
    Non avrebbe potuto dire che era in tutto e per tutto un membro della famiglia Shinkai, altrimenti chissà che cosa sarebbe potuto accadere alla reputazione della sua famiglia... perciò non fu troppo difficile trovare le parole giuste per spiegare il motivo per cui una scrapper gironzolasse liberamente nel retroscena, senza nessuno a controllarla.
    Forse era per quello che si sentiva così irrequieta. Probabilmente ancora non si era del tutto abitutata all'assenza della sua famiglia, che in un momento tanto fragile era sempre stata di enorme supporto per la psiche di Hotaru. Ma doveva farsene una ragione: si fidavano, e non era sicura che dir loro di avere paura e ansia avrebbe potuto cambiare le cose.
    Forse era anche perché non c'era nessuno che stesse lì con lei, facendola sentire normale messa a confronto con gli altri scrapper, che si sentiva soggiogare da quelle emozioni negative.
    «Spero di non averla disturbata» commentò poco dopo, sempre con un filo di voce. In realtà dubitava che avesse qualcosa da fare mentre attendeva la fine dello spettacolo dello scrapper che accompagnava, però occuparsi di una scrapper sconosciuta che si era appena sentita male forse non rientrava nelle cose che avrebbe voluto fare.
    Ancora, si stava solamente fasciando la testa prima di rompersela. Probabilmente era solo l'ansia che le stava giocando brutti scherzi, e per questo strinse la presa con le mani attorno alla bottiglia che la ragazza le aveva dato, senza mai rialzare lo sguardo.

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    Shinobu Hanyuu
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    Per Shinobu era fondamentale mantenere un clima sereno, talvolta giocoso, quando aveva bisogno di studiare. Lo studio era una noia, e il silenzio di cui si circondava quando aveva bisogno di memorizzare tutto ciò che doveva imparare diventava inquietante quanto la fredda morsa dell'ansia che le prendeva sempre la bocca dello stomaco in situazioni di totale isolamento. Per questo cercava di fare la buffona anche di fronte agli altri: il gioco era un modo divertente per passare il tempo, senza però dimenticare l'obiettivo principale che li aveva portati ad occupare quella stanza, ovvero lo studio.
    Non poteva certo sapere se avrebbe avuto un effetto positivo anche su Makoto, di cui conosceva ben poco, ma un tentativo spontaneo e genuino non avrebbe nociuto a nessuno dei due. Al massimo le sarebbe stato detto di smetterla e di riprendere un minimo la serietà perduta.
    Ma con sua enorme sorpresa, Makoto non le disse nulla in merito, piuttosto rimase ancorato dove stava e aveva preso a risponderle.
    Un sorriso compiaciuto le curvò gli angoli della bocca, per poi annuire debolmente alle parole di Makoto: seppur avesse commesso un primo errore nella sua risposta, si era subito ripreso, completando il discorso aggiungendo piccoli dettagli che immaginò ricordasse da una qualche lezione. Per quanto Makoto avesse evidenti difficoltà con lo studio e a ricordare ciò che ascoltava o leggeva, quella risposta dimostrava che, in fin dei conti, non era uno svogliato che non aveva voglia di impegnarsi. Anzi, tutt'altro. Non poteva dire con assoluta certezza che tipo di persona fosse Makoto, ma in quel tentativo di rispondere trovò davanti a sé una persona che aveva voglia di contrastare le sue difficoltà, superandole e lasciandosele alle spalle.
    «Esatto, è la difesa» disse, abbassando lo sguardo dal volto di Makoto al libro per cercare il punto preciso in cui venivano descritte in linea generale le koukaku. «Vedi, qui ― gli indicò con un dito ― dice "tra tutti i tipi di Kagune, le Koukaku posseggono una maggiore robustezza, dovuta all'alta condensazione di cellule RC, rendendole particolarmente adatte alla difesa." Come dicevi tu, di contro, la pesantezza di questo tipo di kagune è il loro punto debole, perché rende i possessori meno agili, rallentandoli.»
    Finito di leggere, quindi, Shinobu rialzò lo sguardo, rivolgendo un sorriso morbido al compagno.
    «Tenendo conto di queste caratteristiche» proseguì, senza muoversi dalla pagina del libro, ma coprendone il testo alla bell'e meglio con le mani, «in un contesto ottimale, sapresti dirmi quale tipo di quinque converrebbe utilizzare, per battere la difesa di un ghoul koukaku?»
    Si stava divertendo a fare quella sottospecie di quiz, era come guardare uno di quei programmi con il montepremi a gettoni in tv, mentre testava ciò che Makoto conosceva, per capire cos'avrebbe davvero dovuto cercare di riempire con le spiegazioni, otturando le lacune.

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