Don't stop me now

[INATTIVA] Maaya Shirogane&Tsukiko Kurosawa at Karaoke - 16/01/19 - 17:00

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    «Zankoku na tenshi no youni... shounen yo shinwa ni nare!!!»
    ...

    La settima circoscrizione era sempre fin troppo affollata... beh in realtà tutte lo erano per Maaya, ma durante i giorni lavorativi e quando il cielo decideva di non “lacrimare” ma trattenersi alle nuvole...la gente era più che mai ed iniziava a sentirsi un pelino a disagio. Dovette purtroppo spostarsi dalla sua “zona madre” per alcune faccende di lavoro e proprio per quelle, ne aveva approfittato per dar appuntamento ad una ragazza che l'aveva contattata tempo fa, per dei colloqui. No, niente che avesse a che fare con il Love Hotel, ma con il progetto della cantante virtuale in 2D a cui dava la voce: Megumi. Lei era... sorprendentemente una fonte redditizia secondaria niente male, oltre che la maniera con la quale si sfogava, sognava una carriera che non le si addiceva e... aveva modo di interagire seppur virtualmente, con tanti fan. Non era un'amante del contatto fisico, nonostante una chiacchierata non la negasse a nessuno, anzi, star sola per lei era tollerabile solo finché ad accompagnarla vi era un computer, altrimenti iniziava a mostrare le classiche fobie di una persona che viveva sola: furti, incendi ecc... e pensare che solitamente, sono le altre persone che avrebbero, giustamente, paura di lei.
    Ma oggi era stata la vittima, dato che durante il tragitto con i mezzi pubblici per spostarsi di circoscrizione, s'era imbattuta in un scippatore che approfittando della sua distrazione al telefono era riuscito a prenderle la borsa che penzolava dal braccio un po' troppo incautamente. Provò a scendere alla sua stessa fermata e rincorrerlo, ma c'era troppa gente e lei aveva captato in lui una sorta di odore ferroso ostile, di chi probabilmente o era un ghoul o un assassino, sporco di sangue da far venire quasi la nausea ad uno che di carne umana già ne mangiava di suo. L'istinto le diceva che avrebbe potuto creare guai in pubblico, così lo seguì anche grazie ad una spia collocata sempre dentro i suoi oggetti di valore, in questo caso nel borsellino all'interno della borsa. Il luogo in cui quel ladro aveva deciso di rinchiudersi era alquanto... insolito.
    Un karaoke.
    Sì, quei posti dove con gli amici ti metti a mangiare, bere e cantare per ore. Eppure mentre Maaya guardava il cielo ancora leggermente illuminato oltre le nuvole, si chiedeva come cavolo la gente passasse il tempo lì... da soli. Beh, non volle giudicare quel ladruncolo puzzolente, e decidette così di seguirlo mandando una mail di scuse alla ragazza con cui aveva appuntamento, chiedendole di cambiare location, che inizialmente era stata scelta in un bar. Sarebbe stato estremamente imbarazzante, ma voleva pensare che c'erano ipotesi ben peggiori.

    … Ed ecco perché si ritrovava lì, per attendere che quel cretino uscisse dalla stanza accanto alla sua, monitorato dal telefono che segnalava tramite la spia, il suo posizionamento... entrambi si trovavano in una stanza diversa ma dal medesimo aspetto: pareti imbottite di stoffa rossa e super isolanti, con tanto di divanetti neri a circondare un bel tavolo di legno lucido laccato sempre in una tonalità scurissima e per ora vuoto se non per l'opuscolo con i codici delle canzoni ed un microfono. Non c'era altro in quella stanza prenotata da Maaya, se non l'immancabile televisore che trasmetteva le parole da cantare e le casse su cui rimbombava il suono: aveva ancora cinque minuti di tempo per sfogarsi prima che arrivasse la tipa per l'appuntamento... sempre se non fosse uno di quei soggetti che arriva in anticipo o in ritardo. Una tremante Maaya ancora scossa dall'esser stata toccata da un idiota che a malapena aveva visto in volto e di cui ricordava solo all'olfatto la sua identità, tentava quasi invano di non pensarci, facendo qualcosa di divertente ma... teneva un po' troppo stretto il microfono, inoltre era ancora coperta in un lungo cappotto rosso in stoffa, con tanto di bottoni ben chiusi ed una sciarpa bianca a coprirle il candido collo. I suoi occhi azzurri erano circondati da un lieve rossore dato dallo spavento, mentre la chioma stretta in una semplice coda alta ciondolava insieme alla testa che seguiva il ritmo. Non si intravedeva altro se non dei jeans neri e stivaletti a mezzo polpaccio senza tacco di un bel rosso cremisi.
    Poteva anche essere un ghoul “targato” come molto pericoloso, ma quando un maschio qualunque la sfiorava senza permesso, finiva sempre male, malissimo. In questo caso fu la folla a salvarla da qualche stupidaggine, ma il nervosismo era tale da non ricordarsi nemmeno che era lì per una proposta di lavoro riguardante Megumi, e che soprattutto doveva fingere di essere solo... la sua manager.

    "L'immaginazione non ha problemi di costi e preventivi. È libera. Mettiamo da parte ogni preoccupazione [...] e sogniamo."

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    Edited by Mayoshi - 16/1/2019, 17:11
     
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    Tsukiko Hayashi Kurosawa
    Traduttrice / Insegnante / Disegnatrice
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    Nel bene e nel male, la mia vita è sempre stata legata a quella di mio cugino, che, per me, è sempre stato il fratello maggiore che non avevo mai avuto. Il piano di salvaguardia della prole ideato dai miei genitori e da mio zio aveva fatto sì che io e lui, seppur vivessimo in due città diverse, fossimo sempre in contatto, seppur con poca frequenza. Quando suo padre lo portava da noi, ci rinchiudevamo nella mia camera o in soggiorno a giocare e, nel caso in ci lui fosse venuto da noi in inverno, non passava una volta senza la quale noi due, insieme a mio padre, non avessimo costruito un pupazzo di neve vicino all'albero nel mio giardino. Quella tradizione era rimasta con noi, nonostante la crescita di entrambi. Era da un po' che non ne facevo uno. Nessuno dei due l'aveva più proposto all'altro dal giorno del mio trasferimento. Ne avrei fatto volentieri uno, in quel momento, per ricordare i miei, ma casa mia dava su un piccolo giardino condominiale che nessuno toccava per quieto vivere, nemmeno io.
    Fu proprio a casa di Ichigo che passai la vigilia di Natale, quell'anno. Anche lui viveva in un appartamento, quindi non ci fu nemmeno il pretesto per chiedere di fare come ai vecchi tempi. Tuttavia, aveva lui una domanda per me, che mi fece col tono di chi ha ricevuto una richiesta che è obbligato a riportare. Una decina di giorni prima della festa, stando al suo racconto, lui era andato a caccia e si era imbattuto in un altro ghoul, interessato alla preda da lui appena abbattuta. I due avevano combattuto per un po', ma, alla fine, il suo contendente aveva avuto la peggio. Ichigo era riuscito a finire il pasto, ma non senza riportare delle ferite, che avevano compromesso i suoi abiti da caccia, ormai strappati e sporchi di sangue. Tornato a casa, si accorse di quanto mal messi erano i suoi vestiti ed, il giorno dopo, li portò dalla ragazza che aveva fatto anche i miei. <<Avresti dovuto vederla.>> Aveva commentato lui, raccontandomi la storia, <<Non appena li ha tirati fuori, ha subito chiesto se tu ti fossi nuovamente travestita da me.>> Lì per lì ci rimasi male, ma decisi di continuare a starlo a sentire. <<Comunque, sai di quelle cantanti 2D di cui lei va matta? Ce n'è una, al momento, con cui è in fissa in particolar modo. Sai, pare che lei stia cercando un disegnatore per un manga. Akira mi ha letteralmente pregato in ginocchio di chiederti di dare un'occhiata all'annuncio sui suoi social.>>
    Il suo tono era quasi canzonatorio. In fondo, era fatto così: era un ghoul colto ed intelligente, ma con la tendenza a credere di avere sempre ragione e considerare risibile o assurdo tutto ciò che non era affine al suo pensiero, eventi o ragionamenti che combatteva sia con la forza, sia con la derisione. Tuttavia, lui sapeva essere un ottimo amico e, se ci si dimostrava testardi quanto lui, lo si poteva anche far ragionare. Lui non aveva mai avuto un interesse particolare nelle idols, seppure avesse sempre avuto un occhio di riguardo per l'animazione del nostro Paese d'origine. Io, invece, non mi ero mai data all'animazione, se non per qualche manga yuri o qualche opera disegnata particolarmente bene, secondo le recensioni. Entrambi trovavamo l'attaccamento a dei personaggi stupido ma, per quanto quella di Ichigo fosse una storia raccontata giusto per poter prendere in giro anche Akira, la mia costumista di fiducia, io vidi in quelle parole l'occasione per iniziare una carriera da disegnatrice, un'idea che mi sarebbe sempre piaciuto realizzare. Il venticinque dicembre, dopo una bella dormita ed una tazza di caffè, iniziai le mie ricerche.
    La prima cosa che feci, con la scusa di una leggera ricucita di cui la mia maschera non aveva troppo bisogno, fu andare a trovare la diretta interessata. Non appena iniziai ad accennare a ciò che mio cugino mi aveva detto la notte prima, lei iniziò a spiegarmi vita, morte e miracoli della ragazza animata, che scoprii chiamarsi "Megumi". Fu lei stessa a mostrarmi alcuni suoi video musicali ed a darmi i link di ogni sua pagina social, nel caso in cui fossi stata interessata. Akira mi aveva sempre trattata come un'amica di vecchia data, per quanto fosse Ichigo quello con cui aveva un legame da molto tempo. I due erano stati compagni nelle scuole medie, poi lei aveva deciso di studiare moda e lui era andato in una scuola di stampo scientifico. Tuttavia, i due non avevano mai smesso di vedersi e lei, una volta iniziata la carriera da costumista, aveva deciso di convincere mio cugino a farsi fare una maschera da lei. Le sue maschere erano resistenti e molto pratiche, per questo non ebbi troppi problemi ad usare quella di Ichigo, tempo addietro. "Inutile dire che non cambierei quella che ha fatto a me per niente al mondo!"
    Tornai a casa e, nell'arco di qualche giorno, mi misi a fare delle tavole preparatorie in stile manga, aiutandomi con i video di Megumi stessa e con delle fanart. Lavorai col mio laptop, aiutata da una tavoletta grafica, e feci qualcosa anche su cartaceo, sia in bianco e nero, sia a colori. Tutto il tempo che non dedicai a dei lavori di traduzione o a delle passeggiate, in quei giorni, venne assorbito dalla preparazione di quei disegni, atti a mostrare che cosa sapevo fare a chiunque avrei dovuto chiamare per ottenere un colloquio di lavoro. Una volta soddisfatta dei miei disegni, mandai un'e-mail all'indirizzo nell'annuncio delle varie pagine social dell'idol. Il giorno dopo, mi fu risposto di farmi trovare in un bar, il sedici di gennaio, verso le cinque del pomeriggio.
    Stava accadendo davvero. Non riuscivo a crederci, ma quello, se fosse andato in porto, sarebbe stato il mio primo vero lavoro da disegnatrice. Continuai ad occupare il mio tempo libero con altri disegni preparatori, come se il lavoro fosse già mio. I disegni riguardavano, più che altro, diverse pose dell'idol, aiutandomi con alcuni tratti della sua personalità che mi erano rimasti impressi dal mio incontro con Akira. Avevo abbastanza materiale da mostrare durante il colloquio, se mi fosse stato richiesto. "Spero solo che nel bar dove andremo ci siano dei tavolini o che il bancone sia pulito..." L'idea che Megumi, o la sua manager, avesse optato per incontrare una possibile futura dipendente in un bar mi aveva lasciata un po' perplessa, all'inizio, ma l'annuncio era apparso sui profili originali della cantante animata, quindi valeva la pena tentare.
    Finalmente, il giorno del colloquio arrivò. Ero piuttosto eccitata all'idea di tutte le porte che quel colloquio mi avrebbe potuto aprire ed ero pronta a mostrare alla manager di Megumi i vari disegni, cartacei e digitali, da me realizzati. Dopo una mattinata passata a continuare un lavoro di traduzione che avevo accettato il giorno prima, accompagnata dalla mia immancabile dose di caffè, mi feci una doccia e mi vestii con un cappotto nero, accompagnato da un paio di jeans dello stesso colore e da un maglione sempre nero, sotto il quale si trovava una maglietta rosso porpora, sello stesso colore di una sciarpa, una cuffia ed un paio di guanti che portai con me. Il mio immancabile orologio mi seguì, come in ogni altra occasione. Misi in uno zaino i miei disegni preparatori, raccolti in uno sketch book in formato A4, poi misi il mio laptop nello scomparto adiacente, un astuccio con una matita, una penna ed una gomma accanto ai disegni ed il portafogli e le chiavi di casa in una tasca segreta lì accanto.
    In seguito al suono di una notifica, controllai il telefono. "What the..." La manager di Megumi aveva cambiato la location dell'incontro all'ultimo minuto, organizzando il nostro colloquio in un karaoke del quartiere di Sumida. "Già il bar mi sembrava un posto un po' strano, per un appuntamento di lavoro..." La cosa m'insospettii leggermente, ma decisi comunque di andare. Quante erano le possibilità che la manager di un'idol che spopolava tra gli appassionati non avesse nemmeno un ufficio e dovesse ricorrere a posti come quello? Forse nessuna, ma valeva comunque la pena provarci: le possibilità erano molto allettanti ed il post era comunque comparso nei vari profili social della ragazza 2D. Mi presentai al locale con qualche minuto d'anticipo, per cercare di fare una bell'impressione su chiunque avrei trovato ad attendermi, e mi diressi quanto prima nella stanza indicata dalla mia possibile futura datrice di lavoro. Provai a bussare una volta, senza sapere se il mio modo di annunciarmi fosse stato sentito, per via della stanza, che avrebbe potuto essere coperta di materiale fonoassorbente, porta inclusa, o della musica, che avrebbe potuto essere in riproduzione. Attesi giusto il tempo di fare un bel respiro, poi entrai, annunciandomi nuovamente, dicendo, in un tono il più possibile professionale: <<Buonasera, sono qui per il colloquio di lavoro. Lei dovrebbe essere la signorina Shirogane, giusto?>>

    When you look at things from above, you realize how meaningless they are

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    Edited by Antoil69 - 18/1/2019, 06:36
     
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    Maaya Shirogane
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    Ritmo che accelera all'improvviso e poi si lascia cullare, una canzone che nonostante non richieda chissà quale sforzo vocale dopo un inizio d'impatto, riesce a calmare molte persone... forse anche per questo è una delle più utilizzate nei karaoke. Uno di quei brani che anche il più ignorante dei giapponesi conosce, un tormentone sempreverde forse un po' banale da eseguire ma... chi se ne frega? Insomma, Maaya dava l'impressione di essere parecchio concentrata su quello che faceva: cantare era uno dei modi per non pensare a ciò che le accadeva attorno, una cosa che suona comune come il pezzo che ha scelto di eseguire, una frase che si sente spesso ma... infondo è così, tirare fuori la voce serve quasi a spremere anche i sentimenti che si provano sul momento, ed essendo anche uno dei pochi talenti che Maaya credeva di avere, oltre che l'unico che non richiedesse il cervello e le dita per digitare su una tastiera codici indecifrabili... se lo godeva in ogni piccolo istante. Però era conscia di un piccolo dettaglio in tutta questa esibizione, un qualcosa che non poteva proprio permettersi di prendere sotto gamba, ovvero la sua voce.
    Se si fosse saputo che il suo “alter ego” Megumi era appunto SUO, ovvero che la voce di un personaggio 2D apparteneva ad una donna vicino alla trentina... sarebbe finito tutto. Maaya non credeva di essere poi così brutta, ma rimaneva una “straniera” ed una ghoul; sarebbe stato difficile anche solo far accettare ai fan che dietro ad una tenera ragazzina quindicenne ci fosse una donna adulta alta quasi un metro e ottanta con tutt'altro tipo di attributi estetici. Insomma, se voleva vivere in pace e soprattutto continuare a portare in alto questo progetto, poteva lasciare che a sapere la verità fossero pochi, pochissimi. Ed essendo sì credulona ma non di certo idiota, non appena udì una voce, senza nemmeno girare il capo verso l'entrata e domandarsi chi fosse a cercarla e se soprattutto se lo fosse solo immaginata o fosse realmente arrivato qualcuno...
    «Aoi kubisuji wo--- Tsukiakari ga utsu...SHITERO» alzò improvvisamente il suo registro, strinse le corde vocali e tirò fuori uno stridio terribile, una voce tutt'altro che piacevole, una graffiata di unghie su una lavagna, un suono simpatico come quello di qualcuno che corre al bagno e ci resta mezz'ora in preda alle coliche... una situazione molto spiacevole, in sintesi... ruppe l'armonia per apparire stonata come una campana e fingere per qualche istante di non essersi effettivamente accorta della presenza di nessuno, per poi chiudere la bocca, abbassare il microfono insieme al suo braccio destro e girare rapidamente il capo verso l'uscio con lo sguardo imbarazzato e le gote arrossate: non le piaceva per nulla l'idea di fingersi intonata come una gallina sgozzata e dunque questo si rifletteva sul suo colorito in viso ed il fare un pelino disagiato che stava ostentando.
    «Chiedo scusa! Chiedo scusa!» facendo qualche passo in avanti, finalmente con un tono di voce normale e con una parlata molto rilassante, chinò più volte il capo sprigionando ciocche di capelli chiarissimi che quasi andavano a danzare come una sorta di nevicata qua e là che mai cadeva però al suolo. Tornando poi dritta, si poteva notare che sotto quel folto ciuffo chiaro c'erano due occhioni curiosi e splendenti pronti ad attendere la povera Tsukiko, tant'è che venne naturale a Maaya di chinare un po' il busto in avanti per scrutarla meglio, mentre portava le braccia dietro la schiena e faceva apparire una piccola smorfia sulle labbra, dato che avendo perso ogni oggetto personale tranne il telefono, non aveva altro modo se non la testa, per ricordarsi con chi avesse appuntamento. Sicuro era una donna, dunque quella che aveva di fronte non poteva che essere lei o una dipendente del karaoke, ma di solito quelle non entrano finché non hanno il permesso, altrimenti commetterebbero sepukku per l'errore.
    «Kurosawa Tsukiko? Ah sì, su Kurosawa sarei sicura tra un milione, ha lo stesso cognome di Dia e Ruby?» CHI?
    Quando Maaya iniziava a parlare di cose da otaku iniziava a farlo velocemente, la sua parlata era più scorrevole e l'imbarazzo andava a farsi friggere iniziando a scodinzolare come un cane e dimenticarsi il reale obbiettivo delle cose. Questa osservazione sapeva che sarebbe stata alquanto prevedibile, ma astenersi dal far notare una coincidenza simile sarebbe andato contro natura.
    «Io sono Shirogane Maaya, diciamo che mi occupo di aiutare Megumi a cercare qualsiasi tipo di aiuto per il progetti, vedimi come una sorta di manager, anche se ovviamente questo non è il mio lavoro principale, è come un part time? Sì una cosa simile, infondo tutto questo è nato per gioco, non siamo ancora professionisti né in una grande impresa ahahaha » parlando in maniera un po' più chiara e lenta, presentò in poche parole sé stessa ed il progetto, andando a chinarsi di nuovo e poi spostandosi per poggiare il microfono sul tavolino e prendere un attimo in esame il suo telefono, con fare parecchio contrariato.
    Non era complicato immaginare che su quello schermo ci fosse proiettato qualcosa di altamente fastidioso. Parrebbe infatti che il suo amico ladro non si sia spostato di un centimetro, e la voglia di sfondare la porta della stanza accanto e prenderlo immediatamente non fa che lievitare, ma mantenere la calma era... essenziale.
    Se fosse saltato l'appuntamento, sarebbe saltata anche una delle occasioni per far crescere la fama di Megumi.
    Meno Megumi era famosa, meno soldi guadagnava.
    Meno soldi guadagnava, meno avrebbe potuto incidere, più il suo hobby sarebbe andato a quel paese.
    Un sospiro.
    Un altro.
    E via, poggiando il telefoto sul tavolino, fece cenno a Tsukiko di accomodarsi, con entrambe le mani a puntare il divanetto di fronte al suo: sapeva di doverle un sacco di spiegazioni, in più non aveva tanta voglia di mentirle riguardo al perché improvvisamente abbia spostato il luogo dell'incontro, così, candidamente...
    «Mi dispiace averti costretta a venire qui, so che non è il posto migliore per un colloquio, ma ho perso la mia borsa qui e dunque non potevo spostarmi senza. Non ti preoccupare però, presto vado a riprenderla, nel mentre puoi iniziare facendomi tutte le domande che ti servono per capire un po'...tutto? Ahahaha!» dava l'impressione di una persona che non si sentiva mai a disagio, anche se in realtà era terribilmente brutto doverle raccontare frottole. Ma se avesse confessato che un ladro le aveva preso la borsa, sicuro si sarebbe sentita rispondere “ehi, non sporgi denuncia alla polizia? Come pensi di riprendertela da sola?” perciò voleva evitare e sperare di beccare il ladro senza che nessuno se ne accorgesse... cosa che tra parentesi accadeva spesso, data la sbadataggine del soggetto in questione, che per fortuna aveva smesso di parlare e ridere come se tutta questa situazione fosse anche solo un briciolo divertente. Ne approfittò così per sfilarsi prima la sciarpa dal collo e poi sbottonarsi il cappotto, sistemandoli con cura sopra lo schienale di uno dei tre divanetti che circondavano il tavolino posto al centro. Aveva occupato quello alla destra, mentre si faceva un po' aria perché si era giusto accorta che stare così coperta in un luogo riscaldato non era da furbi. Addosso per fortuna s'era messa uno spesso maglioncino lilla con un piccolo scollo a v, senza alcun tratto distintivo, tutto sobrio ed aderente dalla punta dei piedi fino al collo, risaltando la lunghezza del suo corpo e le orgogliose tette che si ritrovava, ma di cui non è che avesse tanta voglia di sfoggiare... la realtà è ben diversa da quelle robe che sballonzolano negli anime e sembrano pesar piuma. L'unica particolarità, “boing boing” assente a parte, erano un paio di orecchini prima celati dalla sciarpa, ovvero due pententi in oro bianco con dei piccoli fiocchi di neve brillanti. Era una figura curata ma non troppo, di quelle che non amano né risaltare per eccesso né per trascuratezza. Eppure, rideva come una cretina e con un tono di voce altamente infantile sebbene fosse così educata da aspettare l'ospite prima di sedersi.

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    Avevo addosso una leggera tensione per via dell'incontro che stava per incominciare: non ero una fan sfegatata di Megumi, a differenza di Akira, ma quella era la mia occasione per iniziare a lavorare grazie ai miei disegni ed avrei fatto quanto in mio potere per far andare bene l'incontro, nonostante non fossi nemmeno un'aficionada dell'animazione orientale. Certo, avevo avuto la mia dose di manga ed anime, ma mi ero spinta poco oltre lo yuri, il mio genere preferito da adolescente. Alleviai un po' la mia ansia pensando a quanto fosse stereotipata l'immagine di una lesbica che non fa altro che leggere manga a tema omosessuale femminile e ridendo un po' di me stessa per aver rispecchiato a pieno quel cliché. "Complimenti, Tsukiko!"
    Tuttavia, ogni singolo sforzo fatto per alleviare la tensione andò a farsi benedire quando, aprendo la porta, sentii uno stridio quasi metallico provenire dalle casse della stanza in cui entrai. Per un istante, il mio intero corpo s'irrigidì, per poi, una volta capita l'origine del segnale, tornare a rilassarsi. Avevo davanti a me quella che sembrava essere una figura femminile molto alta, che mi dava le spalle e cantava come se le stessero tirando il collo. Starla a sentire era un vero dispiacere e, per quanto sapessi poco di musica, non potei trattenermi dal pensare che il suo non saper cantare aveva oltrepassato quella sottile linea che divideva l'oggettivo dal soggettivo. Per fortuna, le mie parole non furono totalmente coperte dalla musica e, dopo un po', la donna che avevo di fronte si girò, con le gote rosse dall'imbarazzo, e mi chiese scusa. La sua altezza e le sue scuse mi riportarono alla mente una lezione d'inglese che avevo fatto un mese prima ad un ragazzo altrettanto alto, che si era scusato per un abbigliamento molto casual. A lui avevo prontamente risposto di stare tranquillo, in quanto avevo visto di peggio, ma dirlo anche a lei sarebbe stato disonesto, in quanto non sapevo, fino in fondo, se davvero avessi sentito qualcun altro cantare così male. Evitai di risponderle, dunque, per non sembrare scortese e non rovinare un incontro che avrebbe potuto fare la differenza tra una carriera nel mondo dell'animazione orientale e la saltuaria traduzione qualche di anime o manga comprato da qualche società occidentale. Molta gente, seppur non ai miei livelli, eseguiva gratuitamente quello che mi facevo pagare per fare. Certo, alla fine non sarebbe importato se io fossi rimasta una delle tante traduttrici o se fossi diventata una disegnatrice, ma volevo farlo e ciò bastava a motivarmi abbastanza per creare qualcosa di mio, aiutando anche qualcun altro a fare lo stesso.
    <<Kurosawa Tsukiko? Ah sì, su Kurosawa sarei sicura tra un milione, ha lo stesso cognome di Dia e Ruby?>>
    "Who?" Non riuscii a trattenere quel pensiero, seguito da una logica domanda che posi a me stessa: "Dovrei conoscere costoro?" La mia interlocutrice mi aveva posto quella domanda e, dato che avevo ignorato il suo primo tentativo di discussione, per non dire qualcosa d'interpretabile, era il caso che le rispondessi. Il solo problema era che non avevo la minima idea di chi fossero le due persone che avevano il "mio" stesso cognome. Poteva star parlando di qualche disegnatrice o di qualcuno legato al mondo dell'animazione. A me interessavano solo le storie tra le varie protagoniste di ciò che guardavo, non chi le aveva ideate o disegnate. L'unica cosa che importava, per me, era immedesimarmi nelle fortune amorose di qualcuna che trovava una bellissima e dolcissima partner con cui sfogare istinti amorosi che nemmeno sapeva di avere. Era bello vedere come determinate storie finivano bene e mi piaceva pensare che, prima o poi, qualcuna sarebbe arrivata anche per me... Quei personaggi mi avevano insegnato ad accettarmi così com'ero: vedere due donne tenersi la mano mi aveva fatto capire di non essere anormale solo perché, a differenza delle ragazze che avevo intorno, non avevo né un ragazzo, né interesse ad averne uno. Non avevo una gran cultura otaku alle spalle, ma sapevo quale valore poteva avere un personaggio. Il tutto cambiò quando il mio studio dell'inglese passò dalla lingua alla letteratura: iniziai a preoccuparmi di più degli autori ed abbandonai, a poco a poco, la letteratura yuri, affascinata da personaggi che poco centravano con l'amore e che, molto spesso, non facevano una bella fine. Dorian Gray ed il suo ritratto, che più volte avevo disegnato intorno ai miei diciott'anni, presero il posto di qualche donna molto più felice di Sybil Vane. I personaggi di alcuni libri inglesi mi piacevano talmente tanto da farmi rileggere, nel mio tempo libero, gli stessi testi che avevo analizzato minuziosamente tempo prima, solo per il gusto di godermi la storia un'altra volta, cosa che nessuno yuri era stato in grado di farmi.
    "Chissà se anch'io, nella sua stessa situazione, userei quel tono veloce per chiedere ad un tale Leonard Gray se il suo cognome è lo stesso di Dorian..." Probabilmente no, ma dovevo comunque rispondere a colei a cui il mio pensiero era tornato a rivolgersi. Come evitare una possibile figuraccia con una perfetta sconosciuta che poteva star parlando di una scrittrice, una musicista o un personaggio in maniera tale da non lasciarmi intendere chi fossero Dia e Ruby Kurosawa? <<Non ho mai controllato i Kanji ma, volendo, potrei fare una ricerca.>> Decisi di non tenere conto dell'umanità di quelle due persone e di concentrarmi sui loro meri nomi. Con un po' di fortuna, nel caso in cui lei mi avesse chiesto di cercare il cognome delle due, avrei potuto cercare direttamente costoro e vedere chi fossero. Sperai che questo bastasse a salvarmi all'ultimo minuto ed a far iniziare un po' meno male l'incontro.
    <<Io sono Shirogane Maaya, diciamo che mi occupo di aiutare Megumi a cercare qualsiasi tipo di aiuto per il progetti, vedimi come una sorta di manager, anche se ovviamente questo non è il mio lavoro principale, è come un part time? Sì una cosa simile, infondo tutto questo è nato per gioco, non siamo ancora professionisti né in una grande impresa ahahaha >> La donna presentò il progetto con una notevole umiltà. Avevo dato poco peso a quanti followers avesse Megumi sui vari siti in cui era attiva: i soli fatti che lei avesse raggiunto Akira, mettendosi in cima alla sua classifica di idol 2D, e potesse permettersi di pubblicare un manga, che, supposi, sarebbe stato comprato da qualcuno e dalle cui vendite si sarebbe potuto pagare un disegnatore ed avere comunque un profitto, mi erano bastati per supporre che la sua fan base fosse numerosa. "A quanto pare, non hai fatto i compiti a casa, Tsukiko..." Sembrava che ci fossero molte cose che non avevo preso in considerazione, presa com'ero dall'euforia per via del mio primo lavoro con la tavoletta grafica che, puntualmente, avevo lasciato a casa. Certo, non credevo che mi potesse servire, ma era una delle cose che avevo dimenticato, oltre al numero di followers effettivi di Megumi ed alle due signorine Kurosawa. Avrei avuto un bel po' di cose da controllare, sempre se fossi stata presa nonostante quella prima parte del colloquio, che non credevo fosse andata così bene.
    Apprezzai, inoltre, il fatto che la signorina Shirogane non avesse nascosto ai miei occhi un disagio, quello dato dall'aver perso qui i suoi effetti personali, che la rese un po' più umana ai miei occhi. In concomitanza con la sua risata, che mi aiutò a rilassarmi ed a non pensare all'imbarazzo per la mia ignoranza o per le sue scuse, alle quali non avevo risposto, accennai ad un lieve sorriso, che sperai non potesse essere male interpretato. <<Capisco.>> Dissi, togliendomi il cappotto, la sciarpa ed i guanti, nonché la cuffia e posandoli sul divanetto indicatomi dalla donna, <<Una volta finito qui, volendo, potrei aiutarLa a cercarla.>> Non lo feci per guadagnare "punti persona" e facilitarmi la vita con la donna: lei aveva rinunciato, almeno in parte, alla sua posizione da manager serio e severo per mostrarmi un po' del suo lato personale, aggiungendosi un piccolo dettaglio capace di renderla un po' più umana. Era stata gentile o, forse, nemmeno le importava, ma ciò mi aveva aiutato a rilassarmi, mentre lei avrebbe potuto essere in ansia per la sua borsa perduta, adirata o chissà in quale stato d'animo. Fatto sta che mi aveva reso le cose più facili e che avrei volentieri ricambiato il favore. Probabilmente, al suo posto, non avrei detto nulla, ma fui contenta del fatto che lei avesse agito diversamente.
    Mi accomodai nel divanetto subito a sinistra rispetto al suo, tenendo lo zaino che avevo portato accanto alle mie gambe, pronta a tirar fuori il materiale cartaceo da me creato. <<Non sapevo che cosa portare, a dire il vero, né se ci sarebbe stata una selezione tra vari candidati, nonostante supponga di sì.>> Il mio pensiero relativo a quella supposizione fu dato dai miei pregiudizi su Megumi: "Avendo lei una discreta fan base..." pensai, "... è impossibile che mi sia presentata solo io." In fondo, non mi aveva chiamata il giorno stesso o quello dopo per un colloquio: tutto il tempo trascorso avrebbe potuto essere stato occupato dalle interviste ad altri candidati come me, tutti interessati a disegnare lo stesso manga per il quale Akira, desiderosa, forse, di leggerlo quanto prima, mi aveva chiesto di propormi.
    Tirai fuori, quindi, lo sketch book e lo misi sul tavolo, aprendolo in modo che la mia interlocutrice potesse vedere un paio di disegni preparatori fatti per l'occasione. <<Ho preparato un paio di disegni, giusto per non venire qui senza qualcosa da mostrare. Ne ho anche qualcuno in digitale, nel caso in cui li voglia vedere.>>
    Cercai di mettermi comoda, senza però rinunciare alla schiena dritta ed alla compostezza d'obbligo per qualcuno in un colloquio di lavoro. <<Se fosse possibile, vorrei chiedere qualche chiarimento relativo allo svolgimento del progetto. Suppongo che, se state cercando un disegnatore, la storia che vorrete narrare sia già stata scritta. In quanti volumi vorreste dividere l'opera? Quanti sono i capitoli da disegnare? E, soprattutto, con quale frequenza vorreste far uscire ogni capitolo?>> Iniziai con una serie di domande relative alla lunghezza del progetto. Certo, ne avevo anche altre, ma a che pro fargliele tutte insieme? Cercai di essere professionale e di parlare lentamente, nonché di essere pronta ad ascoltare tutto ciò che la mia interlocutrice avrebbe avuto da dirmi.

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    Mentre dava il tempo a Tsukiko di sistemarsi, andava a contemplare con aria un po' infastidita, il suo telefono. L'idea che improvvisamente avrebbe potuto essere costretta a muoversi per andare a cacciare un ladro non le faceva piacere, la sua unica consolazione era che dentro la borsa non si portava molti soldi né la carta di credito, per evitare le tentazioni.
    Quali fossero queste tentazioni era facile supporlo solo se la si conosceva, altrimenti rimaneva semplicemente una ragazza tranquilla, giusto un po' più appariscente.
    Non era la più professionale delle persone, ma tentando di darsi un contegno e rivolgere le sue attenzioni alla ragazza che oggi s'era presentata per quel piccolo colloquio, allungò un po' lo sguardo verso la sua sinistra mettendo le braccia conserte sotto il seno e riflettendoci su gonfiando un pelo le guance, come se non fosse sicurissima di ciò che stava per dire, o forse di come porsi. Era evidente che la sua -pessima- battuta sulle sorelle Kurosawa non avesse centrato il bersaglio, ma forse era meglio così, data la reputazione del fandom da cui venivano le due ragazze.
    E visto che Maaya era un soggetto terribilmente, ma davvero eccessivamente sincero fin quando non le si ribaltava tutto contro... non ebbe alcuna esitazione a spiegarle cosa ci fosse sotto a quel cognome.
    << Strano che nessuno te lo abbia mai detto... forse avete davvero dei kanji diversi. In pratica sono due personaggi di anime e videogiochi, due School Idol di Love Live! Ma siccome è un brand principalmente per otaku repressi, non penso proprio sia facile per una come te interessarti! A meno che tu non sia una accanita lettrice di dojinshi yuri, dato che loro sono tipo le paladine dell'omosessualità ahahahaha >> iniziò a sbattere una mano contro lo sterno mentre rideva a singhiozzo; il povero Love Live in Giappone non era quasi mai ben visto, seppur la ghoul dai capelli chiari ne aveva parlato negativamente solo per farsi due risate su quanto fosse assurdo il giro che c'era dietro le Idol, pieno di uomini con glowstick alla mano ed una quantità abnorme di merchandising otaku addosso, pronti a spendere milioni di yen per la “waifu”.
    Dopo una manciata di secondi a ridere di cose in cui c'era pure lei di mezzo la sua postura tornò più rilassata, poggiando gli avambracci lungo la superficie del tavolino, sbirciando senza pietà tra le cose di Tsukiko.
    Alla richiesta di aiutarla con la borsa persa, fece semplicemente un cenno negativo con la testa.
    L'aria s'era fatta davvero gelida in quei pochi istanti, come se Maaya potesse rilasciare una sorta di aura negativa solo al pensiero di ciò che era accaduto, una rabbia palpabile che forse era meglio non far accrescere oltre, dato che si trovava già abbastanza nervosa a fare un colloquio priva di tutta la concentrazione necessaria.
    Voleva decisamente tornare a casa, ma purtroppo era troppo grande per fingere un mal di pancia e svignarsela andando a piagnucolare sbattendo i pugni sul cuscino del suo letto.
    << Sìsì, mostrami tutto quello che vuoi, è un modo per farmi un'idea di come hai interpretato il personaggio. Se non ti dispiace farò anche qualche foto con il telefono: le manderò a chi si occupa di disegnare Megumi per i video musicali e le locandine. Credo che abbia voce in capitolo sulla questione quanto se non più di me >> spiegò aggiustandosi qualche ciocca di capelli ribelli dietro il capo con un bel sorriso sul volto, nonostante le dita delle mani sembrassero così dannatamente rigide e prese dal nervosismo.
    Trovava in quella possibile aiutante una persona tranquilla e sobria, di buon aspetto e dalle maniere educate, e per tale ragione non voleva a sua volta mandare ondate di negatività o ancora peggio, di maleducazione.
    Con un piccolo broncio sul volto, ascoltò le sue domande, che trovò davvero poche ma sensatissime: si aspettava chissà quale mattone di perplessità lanciatole addosso, ma sembrava proprio che per oggi le andasse tutt... ehm quasi tutto bene.
    << Il progetto di Megumi è nato in maniera amatoriale da una persona, quella che si occupa di dare la voce al personaggio. Pian piano io ed altri ci siamo uniti al progetto ed abbiamo creato canzoni e piccoli video musicali, perciò siamo ben lontani dall'essere ai livelli professionali. Conta che persino le testate di manga più grandi non programmano la quantità di volumi, ma seguono l'ondata di popolarità >> inizia a spiegare un po' le differenze tra amatori e professionisti con qualche piccolo gesticolio delle mani << Per ora è nostra intenzione capire cosa il pubblico vuole, pubblicando una one-shot a tema Mahou Shoujo molto “easy”, nel senso che potremmo etichettarlo come capitolo pilota o no... dipende da come la prenderanno i suoi fan. I nostri finanziamenti vengono da loro, dunque finché non guadagneremmo abbastanza per fare qualcosa di testa nostra, in maniera più rischiosa... dovremmo volare basso. Penso che se la prima one-shot andrà bene ne pubblicheremo altre sempre con lo stesso illustratore, cambiando appena il genere così da capire quale ha avuto più successo. Dopo aver fatto una cernita di cosa è più gradito, si inizierà a pensare al progetto più grande, una serie vera e propria. Siccome non è per nulla sicuro quanto e quando pubblicheremo, era intenzione di tutti assumere l'illustratore per ogni singolo progetto, mano a mano, e pagarlo non per singola pagina disegnata ma offrendogli una percentuale sul guadagno totale del volumetto. Il primo verrà venduto solo in formato digitale: in parole povere, è un azzardo >> per fortuna, a differenza di quando parlava di robe otaku, si era trattenuta dal velocizzare la parlata, andando a spiegare tutto con tranquillità e scandendo bene le parole, dato che non era abile nei discorsi troppo complessi e non voleva che nessuna delle due finisse con un bel mal di testa.
    Alla fine per quanto ci guadagnasse sulle spalle di Megumi... beh restava pur sempre un progetto creato da una persona qualunque: se mai un giorno un'etichetta l'avesse contattata in maniera convincente, forse sarebbe salita di qualche gradino nell'impero delle idol 2D che contano, ma per ora stava più che serena nel reame dei “non professionisti” dove nessuno poteva torcerle un capello.
    Dopo l'ennesima occhiata al telefono sempre con lo schermo acceso su cui si poteva notare una sorta di mappa nera con una grossa spia rossa eternamente ferma ma lampeggiante, alzò il muso verso il telefono della stanza, posto su una parete, e poi schiarendosi la voce rauca a causa della gola rinsecchita dal troppo parlare, provò a rompere un po' il ghiaccio con Tsukiko prima che cercasse di comportarsi troppo come una tipica giapponese ad un colloquio... cosa vera, ma a sentirsi un gradino sopra, Maaya, aveva una grossa ansia: necessitava di scendere ad un livello più basso e non venir trattata troppo da datore di lavoro o chissà cos'altro.

    “Ah... forse doveva andare al colloquio vestita in maniera più ridicola...”


    Questo era uno dei suoi tanti pensieri stupidi.
    << Vuoi qualcosa da bere o mangiare? Posso ordinare qualcosa nel mentre che mi fai vedere cosa hai portato, infondo avevamo appuntamenti in un bar, perciò non preoccuparti ad ordinare qualcosa. Per il conto me la vedrò io anche senza borsa, conosco chi ci lavora>> sorrise cercando di essere il più cordiale possibile anche se aveva le guance arrossate dalla paura di venir rifiutata... perché non si dovrebbe dare troppa confidenza al proprio futuro capo... ciò l'avrebbe fatta sprofondare nella disperazione. Crede?!?
    Ah, ovviamente essendo un ghoul avrebbe anche dovuto fingere di aver già mangiato e bersi solo un bicchiere d'acqua: era all'oscuro che pure la ragazza seduta vicino a lei fosse di altrettanto avviso, e non voleva metterla di certo in difficoltà... dannata educazione che ti rende sempre spontaneo l'offrire qualcosa al prossimo. E non si può offrire di certo carne umana così, a caso.

    "L'immaginazione non ha problemi di costi e preventivi. È libera. Mettiamo da parte ogni preoccupazione [...] e sogniamo."

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    Tsukiko Hayashi Kurosawa
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    Credevo di essermi salvata all'ultimo, per quanto riguardava le mie due "omonime" ma, a quanto pare, la mia ignoranza era più che evidente. La spiegazione più che esauriente della mia interlocutrice mi mostrò chi fossero quelle due, alludendo anche alla fama del loro brand di provenienza. Quelle nozioni lasciarono il tempo che trovarono: erano semplici fatti che, forse, avrei fatto meglio a ricordare, ma niente di più. Fu, invece, l'allusione ai dojinshi yuri che stuzzicò la mia curiosità, lasciandomi un po' perplessa. Mentre lei rideva, cercai di sforzare la mia memoria per tornare a quando leggevo quasi esclusivamente manga, per di più a sfondo lesbico, alla ricerca di una qualunque nozione di quei nomi o di qualche immagine da associarci. Dovetti, però, rassegnarmi al fatto di non avere ricordi di una certa Dia o Ruby. "È possibile che io abbia evitato proprio quei manga?" Pensai, non credendo nemmeno io alla domanda da me stessa formulata. Se davvero quelle due erano comparse in abbastanza opere yuri da meritare il titolo di "paladine dell'omosessualità", allora, forse, c'erano enormi possibilità che qualche loro manga non ufficiale mi fosse passato tra le mani, se la serie fosse stata abbastanza datata da averlo concesso. Negli ambienti che avevo frequentato fino alla laurea era più probabile che qualcuno avesse letto Frankenstein, Il Crimine di Lord Arthur Saville o, Il Paradiso Perduto, piuttosto che Love Live. Forse, l'interesse comune aveva sempre spinto tutti a parlare solo di letteratura inglese o, forse, abbandonavo io le persone prima di poterle conoscere troppo a fondo. Forse, alcuni dei miei conoscenti del periodo universitario erano fanatici di anime del genere e non l'avevo mai scoperto. "Chissà..." Ormai, però, era troppo tardi per domandarselo: forse non l'avrei mai saputo.
    Presa un po' dai miei pensieri ed un po' dalla mia posizione sociale, che non mi permetteva di abbandonarmi troppo al riso con la mia possibile futura datrice di lavoro, abbozzai un semplice sorriso durante la sua risata. In fondo, non sapevo nemmeno se stesse ridendo dell'anime o degli yuri ed, in quest'ultimo caso, a seconda della parte di tali opere di cui stava ridendo, avrei potuto offendermi pesantemente. Decisi di concederle il beneficio del dubbio, seppur avessi deciso di non ridere con lei. In ogni caso, decisi di tentare con tutte le mie forze di tenere la mia lingua a freno e non peggiorare ulteriormente la situazione: avevo dimostrato di dover ancora fare determinate ricerche, che avrei eseguito dopo quel colloquio e che non trattavano di stili di disegno. Un abbozzo di cultura otaku mi avrebbe fatto comodo per lavorare al progetto di Megumi.
    Scoprii, poco dopo, di non essere l'unica a saper stare in silenzio durante una conversazione. Il semplice cenno della signorina Shirogane fu più eloquente di mille parole e bastò a far desistere ogni tentativo di darle una mano. "Che mi è passato per la testa?" Pensai, imbarazzata dalla mia proposta di aiuto non andata a buon fine. Avevo parlato prima di pensare, dimenticandomi totalmente del fatto che la mia interlocutrice ed io fossimo due perfette sconosciute. Come avrei reagito io ad una simile domanda? Forse, nemmeno io avrei accettato. Anzi, avrei certamente rifiutato una proposta del genere, anche a costo di rimanere qualche ora a cercare la borsa perduta. Avevo avuto più ragioni per stare zitta che per parlare. Eppure, avevo aperto la bocca. Avevo parlato a sproposito e, come un bambino dopo essere stato schiaffeggiato per un comportamento cattivo, imparai la lezione e stetti zitta.
    La situazione mi stava sfuggendo di mano ed ero certa di non star facendo una bella figura con la signorina Shirogane. La mia unica ancora di salvezza, l'unica cosa che stava andando bene fino a quel momento era il mio linguaggio del corpo: ero rimasta composta, cercando nel divanetto in cui mi ero seduta un po' di comodità che, al minimo segno di scompostezza, sacrificavo pur di non perdere la mia postura. Fui contenta di sentire che la manager di Megumi volesse fare delle foto ai miei disegni, per mandarle al curatore dell'immagine della idol. <<Certamente.>> risposi, con un tono il più possibile calmo, <<Faccia pure tutte le foto che servono. Nel mentre, Le mostro anche i disegni che ho realizzato in digitale.>> Presi dallo zaino il mio laptop, un 2 in 1 dalle sembianze di un tablet, e lo accesi, per poi aprire la cartella nella quale tenevo qualche disegno fatto per l'occasione. Lasciai, poi, il mio computer sul tavolo, affinché lei potesse guardare i miei vari lavori. <<Per quanto il mio computer possa fungere anche da tablet...>> Iniziai a dire, quasi come se stessi cercando di confutare un eventuale dubbio prima che sorgesse, <<... i disegni sono stati eseguiti con una tavoletta grafica.>> Avevo dimostrato già abbastanza la mia mancanza di conoscenze, ma non avrei mai, per nessun motivo al mondo, eseguito un disegno che avrebbe potuto farmi avere un posto da disegnatrice con tablet e penna digitale. Utilizzai i miei mezzi migliori per realizzare le opere che lei stava visionando e non ci misi poco impegno. Avrebbe potuto essere la mia occasione e l'ambito artistico di quel colloquio era quello che avrei potuto controllare meglio... nonché quello che, forse, stava andando meglio; più che altro perché gli altri, almeno secondo me, stavano andando a rotoli. Sperai solo che le foto che la signorina Shirogane aveva intenzione di fare arrivassero davvero al curatore d'immagine di Megumi e che lei non le stesse facendo solo per cortesia.
    Presa com'ero dai miei pensieri, non mi accorsi nemmeno che la mia pronuncia inglese, curata da mia madre, dalle mie varie docenti e, in seguito, anche dalla sottoscritta, aveva cambiato il mio accento nei termini di origine straniera che avevo usato nel discorso di prima. Forse, nemmeno sotto pressione, qualcuno sarebbe mai riuscito a farmi dire "taburètto", o, almeno, mi piaceva pensarlo. <<Potrei inviarLe i disegni in digitale tramite e-mail, se preferisce.>> Fu con questa frase che mi accorsi che la mia pronuncia della lingua di Keats era rimasta quella che doveva essere. In un'altra occasione, mi sarebbe piaciuto abbozzare un sorriso orgoglioso, dato dal non aver detto "imèiru", ma preferii evitare, dato che non mi sentivo né autorizzata ad esternare tali emozioni, né a mio agio, dato che non credevo che il colloquio stesse andando troppo bene.
    Ascoltai con interesse la spiegazione esauriente che la signorina Shirogane mi fece, in seguito alle mie domande, che, a quanto pare, palesavano ignoranza su più cose di quante mi era sembrato. "C'è qualcosa, in questo colloquio, che sta andando bene?" Ricapitolando: avevo fatto fare una figuraccia alla mia sempre meno possibile futura datrice di lavoro, assistendo ad una sua esibizione canora da dimenticare; avevo mostrato evidenti lacune nella mia inesistente cultura otaku; avevo fatto la proposta d'aiuto peggiore di questo mondo e nemmeno avevo centrato il bersaglio con le domande. Avevo, però, guadagnato delle informazioni notevoli sul lavoro delle testate produttrici di manga, che io avevo visto solo una volta ultimato, o quasi. <<Capisco.>> Le risposi, con l'umiltà propria di un alunno nei confronti del proprio docente, <<Suppongo, quindi, che l'opzione full colour, già rara di suo nei manga che ho avuto il piacere di leggere, non sia nemmeno da prendere in considerazione. Tuttavia, vorreste aggiungere anche qualche pagina colorata? Intendo, ad esempio, una copertina o qualche pagina all'inizio o alla fine del volumetto.>> Una parte di me già prevedeva una possibile reazione della donna con la quale stavo discutendo: l'ennesima spiegazione, fatta come se dovesse impartirmi una lezione e non assumermi, pronta a rendere ancora più lampante la mia ignoranza.
    <<Vuoi qualcosa da bere o mangiare? [...]>> Quella domanda mi colse alla sprovvista. Era forse una specie di test? Non ne avevo la minima idea, né, tanto meno, sapevo che cosa risponderle. La seconda opzione, essendo io una ghoul, era da rifiutare categoricamente, a meno che la mia interlocutrice non avesse della carne umana, portata qui chissà come. In ogni caso, mi sarei astenuta dal cibo, nonostante, in altre occasioni, avrei accettato volentieri un piccolo snack per me commestibile. Tuttavia, la prima opzione rendeva il tutto più complicato. Mi sentivo dentro il test della Kobayashi-Maru, pronta a scegliere, con la calma che ci si sarebbe aspettata da un cadetto spaziale della serie, di che morte morire. Se avessi scelto di non bere, avrei potuto offenderla, rifiutando la sua ospitalità. Tuttavia, oltre ad un caffè o ad un bicchiere d'acqua, che cosa avrei potuto chiedere? Avrei potuto ordinare un po' d'acqua, giusto per non rifiutare l'offerta, ma chi avrebbe pagato? Lei non aveva la sua borsa e, stando a ciò che aveva detto, non aveva nemmeno dei soldi con sé. Avrei potuto dirglielo ma, data la reazione che aveva avuto in precedenza, con annessa figuraccia della sottoscritta, non mi sarebbe convenuto tirare fuori l'argomento nuovamente. Avrei preferito prendere qualcosa e pagare io ma, se l'avessi fatto, avrei potuto ottenere gli effetti negativi di tutte le opzioni precedenti. "Una combo che vorrei evitare..." Che cosa avrei potuto fare? Certamente, prendere qualcosa da sola sarebbe stato inaccettabile, per me, dal momento che lei avrebbe voluto pagare. Se avesse preso qualcosa anche lei, glielo avrei lasciato fare. Altrimenti, avrei badato a me stessa: mi disturbava non poter badare da sola alle mie esigenze, soprattutto a quelle nutritive. Mio cugino, senza il quale non sarei stata lì, in quel momento, aveva imparato quanto io potessi essere testarda e, probabilmente, nemmeno la signorina Shirogane mi avrebbe potuto fermare. "Posso badare a me stessa e lo farò da sola." In fondo, il colloquio stava già andando a rotoli. Tuttavia, salvare il salvabile era un obbligo, per me. <<Lei prende qualcosa?>> Iniziai a dirle, per cercare di non risponderle subito di sì o di no, <<Io sarei apposto con un bicchiere d'acqua, ma non vorrei essere l'unica ad ordinare.>> Lasciare a lei la decisione mi sembrò la scelta migliore, anche perché, così, avrei avuto meno possibilità di apparire come una scroccona o come una maleducata. Sperai solo di aver fatto la mossa giusta e che essa non venisse male interpretata.

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    Edited by Antoil69 - 31/1/2019, 12:38
     
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