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[CONCLUSA] ALEXANDRE "ROMAIN" DE LACROIX & LAZAR STEFANOVIĆ KHABAROV | STREETS - 21/02/2020 NIGHT

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    Lazar Stefanović Khabarov
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    Alexandre rise. Rise per una stronzata. Santo cielo se era tonto.
    Fortuna che era spietato con ciò che inquadrava come cibo, altrimenti quella reazione così tipicamente da persona introversa gli avrebbe chiuso lo stomaco. Per quanto attribuisse alle prime impressioni fondamentale importanza, Lazar non era solito giudicare troppo precocemente qualcuno. Altrimenti di Alexandre avrebbe detto che sembrava… una brava persona, ecco, una di quelle che non vorresti ammazzare, quando hai la possibilità di scegliere se liberare il mondo da un cancro umano o da una specie di cucciolo di panda goffo e tenero.
    Seguì i movimenti del rosso che si tirava su le maniche, mostrandogli le mani lisce e nivee, marchiate da cicatrici che Lazar non avrebbe mai potuto vantare nel corso della sua vita di ghoul. Aveva mentito spudoratamente, i gatti neanche ci riuscivano ad incidere la sua pelle... ma l’aveva fatto a fin di bene. Circa.
    “È comunque un gesto molto carino da parte tua. Altrimenti sarebbero... soli, o quasi, suppongo. Scommetto che ti ringrazierebbero più di quanto immagini se potessero parlare.”
    «Già... a nessuno piace sentirsi solo, immagino.» ricambiò il sorriso più per non rischiare alcuna crepa nella maschera di ragazzo simpatico che per effettivo divertimento, perché dentro cominciava a sentirsi irrequieto. Fino a un momento prima era così determinato a tessere quella ragnatela di bugie senza alcuna preoccupazione, ma più interagiva con Alexandre più sentiva quella stessa ragnatela bruciare di dubbi e incertezze.
    Come se la corsa non l’avesse accaldato abbastanza, l’assembramento nel vagone non favoriva il ricambio d’aria. Ogni tenue alito di vento che, all’apertura delle porte, si insinuava tra le pieghe del suo colletto era al contempo fonte di sollievo e preoccupazione: non vedeva l’ora di scendere e dimenticarsi quell’aria viziata, ma ciò avrebbe comportato lasciar scappare la preda - preda, non Alexandre - per la seconda volta.
    Perdere colpi in quel modo sarebbe stato umiliante per qualunque cacciatore, ma, nel caso specifico, Lazar aveva l’aggravante di un’autostima che nell’ultimo anno aveva imparato ad imbracciare la pala e scavare dopo aver toccato il fondo.
    Doveva prendere una decisione, e lui odiava prendere decisioni importanti. Per quanto sarebbe stato comodo scaricare quest’ennesimo difetto sull’influenza del suo segno zodiacale, la sua già citata scarsa autostima gli ricordò alacremente che no, astri e roba sovrannaturale non avevano alcuna colpa se era nato pivello e codardo.
    La conversazione con Viktoriya tornò alla ribalta nella sua testa con una prepotenza quasi destabilizzante, spazzando via la sfacciata sicurezza con cui aveva attaccato bottone con Alexandre. Avevano una missione da portare a termine, e questo Lazar non lo aveva mai dimenticato, aveva giurato a se stesso che avrebbe riportato il sorriso idiota di Alexey a casa anche a costo di perderci un arto, niente lo avrebbe cambiato. Aveva ragione Viktoriya. C’era già qualcosa che avrebbe dovuto occupare interamente i suoi pensieri: la sua missione, i suoi doveri, il suo ruolo…
    Il suo maledetto senso di colpa.


    Lazar sbatté le palpebre più volte del necessario, tradendo di essersi distratto. Per l’amor del cielo, per quanto tempo si era alienato? Le iridi azzurre saettarono sul display delle fermate: ne mancava una sola alla sua. Il tempo era finito e lui non aveva neanche deciso se seguire le direttive di Viktoriya o fare di testa sua. Aveva fallito. Tanto per cambiare.
    Chinò la testa, facendo finta di controllare l’orario sul suo orologio da taschino. Sul vetro si rifletté un viso che stava imparando a disprezzare, quello di un rammollito.
    Doveva prendere una maledetta decisione.
    «Comunque...» sulle prime la sua voce suonò incerta, decisamente meno squillante di prima; con un clac chiuse il coperchio dell’orologio, rimettendolo dentro il taschino prima di tornare a sorridere come se niente fosse successo. «Tra un po’ devo scendere. Grazie di avermi fatto compagnia, non mi capita quasi mai di, ecco... non fare l’effetto gigante gaijin spaventoso, diciamo. È stato bello.»
    Esitò. Lazar non era mai - mai - timido, ma nel pronunciare le parole successive fu esitante. Dall’esterno si sarebbe facilmente detto che temesse di suonare fastidioso, in realtà era oltremodo agitato dall’idea di andare contro Viktoriya, perché era quel che avrebbe fatto.
    Aveva scelto con la sua testa, e ora ne avrebbe pagato le conseguenze.
    «Se non faccio la figura del gigante gaijin spaventoso, posso… non so, ringraziarti con un caffè? Oppure presentandoti la mia congrega fuseggiante?»

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    Alexandre doveva ammettere a sé stesso che l'idea di esser stato invitato a prendere un caffè da una persona appena conosciuta - ed in metro - era un tantino inquietante. Forse perché sembrava l'inizio di una di quelle serie tv piene di destino e coincidenze non esattamente felici, e lui ne aveva viste un po' troppe per non potersi concedere il beneficio del dubbio, anche solo per ironizzarci mentalmente. Ma quanto sarebbe stato scortese rifiutare da uno a dieci? Dodici?
    Senza volerlo, vacillò un momento: si era incantato a guardare l'indicatore delle fermate, Lazar l'aveva riportato sulla terra e lui doveva avere la faccia di qualcuno che non è abituato a ricevere quelle proposte ed è appena caduto dalle nuvole. Le sue guance si colorarono leggermente di rosso e Alexandre si ritrovò a sperare di non dover scendere alla sua stessa fermata, perché sarebbe stato incredibilmente imbarazzante.
    Ma no, Lazar non faceva la figura del gajin spaventoso. Gajin di certo, ma definire spaventoso una persona così gentile dopo quello che gli era successo un paio di settimane addietro, faceva un po' ridere. Già. Del resto, dall'alto dell'ignoranza di persona che non sapeva non poteva immaginare altro, anzi, in quanto gajin a sua volta aveva pensato ovviamente di poterlo capire, anche se a lui mancava il fattore "gigante".
    «Oh, ehm, beh... immagino di doverne scegliere una? — chiese, una sfumatura di indecisione nella voce. In una situazione normale probabilmente avrebbe rifiutato ambe le opzioni, però... qualcosa gli disse di non farlo. Forse la consapevolezza che aveva davvero bisogno di distrarsi o le sue giornate sarebbero continuate nella monotonia più totale con lui che si lasciava sopraffare dai suoi pensieri e dalle sue insicurezze, come sempre. — A meno che non sia un problema se accetto entrambe.» continuò, prendendo un po' di coraggio, prima di socchiudere gli occhi e sorridere.
    Anche Chinatsu diceva di continuo che doveva uscire e staccare la testa; Alexandre non avrebbe saputo dire se aveva ragione o meno, ma si disse che per una volta darle ascolto non sarebbe stato un problema. E poi quello strambo ragazzo con i capelli blu sembrava quasi il tipo di persona adatta ad aiutarlo a non pensare a nient'altro. Forse era un pensiero leggermente egoista, ma era sembrato gentile, educato e simpatico: non sembrava avere nessuno strano secondo fine, se non quello d'incastrarlo ad aiutare con la colonia di gatti, cosa che non gli sarebbe dispiaciuta in ogni caso, quindi cosa aveva da perdere? Insomma, quella gli interessava davvero. Ed il caffè gli piaceva, quindi...
    In realtà trovava strano l'essere invitato perché si riteneva una persona oltremodo poco interessante, ma se Lazar aveva davvero trovato piacevole la sua compagnia - esatto, per quello era arrossito - lui non avrebbe detto assolutamente nulla, anzi, si sarebbe probabilmente crogiolato in quel complimento quando ne avrebbe avuto bisogno.
    La metro frenò di nuovo, erano praticamente in stazione.
    «Oh-! Io devo scendere adesso. — disse, fissando le sue iridi smeraldine sul paesaggio fuori dal vetro della metro. — Non credo avremo tempo di organizzarci, mi spiace un pochino. Posso lasciarti... uhm, non so, un contatto social?» propose, seppur rabbrividendo un po' alla consapevolezza di come il suo profilo non fosse proprio lo specchio dell'ottimismo e dell'allegria. Beh, dai, doveva solo scrivergli, mica... no, non importava, gli avrebbe dato una sistemata mentre si incamminava verso la sede della CCG.
    Era decisamente meglio.

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    Lazar Stefanović Khabarov
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    Errore, errore, errore.
    Ci avrebbe messo la mano sul fuoco che aveva commesso un errore, se lo ripeté decine di volte in quei brevi momenti che trascorsero tra la sua proposta e la risposta di Alexandre. Era la tipica situazione in cui anche una manciata di secondi sembrava dilatarsi in un interminabile stato di logorante attesa. Non era abituato a sentirsi così in agitazione per un semplice approccio amichevole, pregò che la cosa non cambiasse.
    Avrebbe semplicemente dovuto affondare i denti in quella maledetta gola quando ne aveva avuto la possibilità: l’esitazione di un minuto si era trasformata in un inferno per i suoi poveri nervi. Non avrebbe dovuto avere alcun tipo di relazione con qualcuno che aveva inquadrato come cibo, le leggi di Opera parlavano molto chiaro. Doveva sforzarsi di vedere le proprie azioni non attraverso il filtro dell’insubordinazione, ma come la fine strategia che aveva ordito per portare a termine la sua caccia prima che Viktoriya lo facesse sentire ancora una volta inadeguato. Certo, di fine non era rimasto praticamente nulla, ma l’occasione era quella che era e doveva accontentarsi di sembrare un po’ weirdo se non voleva lasciarsela scappare.
    E così, mentre lui veniva risucchiato da un tornado di pensieri negativi, sotto i suoi occhi Alexandre passò dal disorientamento all’imbarazzo, le sue gote a prendere di nuovo colore come se la proposta lo avesse lusingato più che inquietato.
    Già con una mano pronta a sollevarsi per ritrattare quanto detto, Lazar si bloccò appena prima di aprir bocca.
    “Oh, ehm, beh... immagino di doverne scegliere una? A meno che non sia un problema se accetto entrambe.”
    … l’ultima volta che si era sentito così galvanizzato per un sì era stato quattro anni prima, per merito di Rodion. Non aveva mai provato il brivido di essere accettato per una cosa banale come un caffè, per lui era praticamente scontato riuscire a far sempre buona impressione, catturare l’interesse del prossimo o suscitare la voglia di fare amicizia. Da quando era così insicuro persino in qualcosa che gli veniva naturale? Probabilmente da quando aveva deciso di addentrarsi nella zona grigia delle regole di Opera.
    «Chi ha detto che devi sceglierne una?» gli andò incontro, sperando di sciogliere un po’ di tensione.
    Aveva proprio l’aria di chi non è abituato ad uscire di casa o avere rapporti sociali, il che non stupiva neanche più di tanto Lazar: integrarsi in Giappone era dannatamente difficile, e se persino una persona come lui aveva difficoltà, non immaginava qualcuno che arrossiva per un caffè.
    La metropolitana si fermò di nuovo, mettendo la parola fine ai giochi con un inaspettato colpo di scena: a prendere l’iniziativa e proporre di scambiare i contatti fu proprio Alexandre, mentre Lazar, che i riflessi pronti doveva averli per causa di forze maggiori, pescava già dalla tasca del cappotto lo smartphone.
    «Certo, ci penso io ad aggiungerti. Dimmi solo che non hai un nome scritto coi kanji.»
    Il pollice era già pronto a cliccare sul muro di icone che occupavano la cartella Social, qualsiasi fosse contatto social Alexandre avrebbe voluto dargli: Facebook, VK, Twitter, Instagram, LINE, B-Social… quel russo era praticamente ovunque.

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    Edited by Yukari - 30/5/2020, 21:45
     
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    Alexandre si sentì stranamente leggero. Se quello di Lazar era un talento, rimpianse di non esser stato abbastanza fortunato da averlo ricevuto in dono alla nascita.
    Per un momento gli venne in mente la mole di investigatori e colleghi con cui interagiva giornalmente. Nessuno, nessuno ci provava mai a far sentire gli altri a suo agio. Era per quello che non aveva chissà quale grande confidenza con gli altri sul luogo di lavoro. Erano tutti troppo pieni di sé, chiusi nelle loro dannatissime bolle di orgoglio - lui compreso, probabilmente - e se nessuno tentava di farle scoppiare... beh, rimbalzavano semplicemente l'una sull'altra.
    Lazar ci era riuscito in meno di quindici minuti di tragitto in metro, il che significava che alle volte a mancare non era altro che la buona volontà di volersi aprire con gli altri. Quella che mancava a lui, eccome, nonostante poi fosse perfettamente in grado di andare d'accordo con chiunque altro.
    Un sospirò abbandonò le sue labbra. «Giusto, perdonami. Sono imbarazzante.» ammise, cercando di sgusciare fuori dal suo guscio di timidezza. Sì, Lazar avrebbe dovuto farci l'abitudine: se voleva davvero guadagnarsi la fiducia di Alex avrebbe dovuto imparare a convivere con le sue manie di auto persecuzione. Il che alla fine, poteva anche essere divertente, bastava prendere le frasi per la prospettiva giusta.
    Alla successiva richiesta del ragazzo dai capelli blu oceano, quell'espressione sconsolata si rilassò trasformandosi in un nuovo sorriso appena accennato. Quale straniero avrebbe scritto il suo nome interamente con i kanji? Sicuramente non lui. In realtà Alexandre aveva imparato anche a scriverli piuttosto bene, i kanji, in particolare quelli che si usavano in ambito scientifico, ma a scrivere nella sua lingua madre o in inglese era sempre una spanna avanti.
    «Decisamente no. — confermò, senza alcun timore. Non era mica un peccato. — B-social va bene, almeno puoi riconoscermi dalla foto profilo. Sono "ArsNova" con la lettera x al posto della o.» disse, cercando di spiegarsi decentemente ed omettendo che fosse proprio l'unico social in cui teneva una propria foto come immagine del profilo. Non voleva apparire più asociale di quanto non fosse apparso nei minuti precedenti.
    In quel momento esatto le porte della metro si aprirono, e le persone attorno a loro cominciarono a scendere riversandosi in stazione. Alexandre sperò che il ragazzo si fosse segnato il suo nickname, perché il pensiero di essere sul filo del rasoio per timbrare il cartellino della CCG era tornato a farsi persistente, e non aveva un minuto da sprecare. Chinò appena il busto verso Lazar, in segno di cortesia, come ormai aveva imparato a fare da anni, e lo ringraziò.
    «Beh, allora alla prossima. E grazie.» mormorò, prima di aggiungersi al resto delle persone che fiumavano fuori dalla metro sulla banchina. Si sarebbe girato una volta sola, e solo una volta messo piede sul solido cemento del pavimento della stazione, sorridendo nel caso in cui Lazar lo avesse guardato, per poi incamminarsi e prendere la direzione indicata dai cartelli della stazione per raggiungere l'altro binario.

    ---

    Alexandre aveva trovato la seconda corsa molto meno affollata della prima, tanto da essere persino riuscito a guadagnarsi un posto a sedere. Aveva rimesso le cuffie ed alzato il volume, lasciando scorrere le note della canzone con l'audio quasi al massimo.
    Si sentiva in modo decisamente strano. Felice? Forse. O forse no. Non riusciva a spiegarselo molto bene, perché insomma era solo stato invitato a prendere un caffè e ad accarezzare dei gatti da un ragazzo particolarmente simpatico e carino, cosa c'era da essere felici? Avrebbe scommesso le dita di una mano che a Chinatsu cose del genere capitavano un giorno sì e l'altro pure, e che lei gliene raccontava solo la metà per pietà della sua povera anima. Però si sentiva davvero bene. Come se quel poco di attenzione che era abituato ad etichettare come sgradita non fosse in realtà poi così male.
    Due settimane prima aveva rischiato di morire, era forse una lezione che la vita stava cercando di impartirgli?
    Gli stava dicendo di imparare ad apprezzare di più le cose che gli capitavano al posto di vedere il bicchiere sempre mezzo vuoto? Alla fine... cosa c'era di male nel sentirsi bene per una volta, dopo tanto? Nulla, Alexandre. Nulla.
    Convinto di non meritarselo fin nel profondo il ricercatore poggiò la testa al finestrino e socchiuse gli occhi, lasciando che un debole sorriso gli affiorasse sulle labbra. Chissà se sarebbe riuscito a concentrarsi in modo decente a lavoro.

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    Era fatta. Lazar stentava a crederci, ma era davvero fatta: il contatto social era suo. Non aveva la minima idea del perché l’avesse fatto, dopotutto i motivi che lo avevano spinto Echo a risparmiare Alexandre erano già decaduti, ma ormai era fatta.
    Aveva un nominativo: ArsNxva, e nell’udirlo qualcosa in fondo al suo cervello si accese, come se avesse già sentito o letto quella parola simile in passato, ma neanche con uno sforzo di memoria riuscì a ricordare in quale occasione. Probabilmente qualche slang su internet, in effetti sembrava una di quelle cose intellettuali made in Tumblr. Annuì con decisione, per far intendere che la barriera linguistica era stata superata a dovere, prima di digitare il nome utente nella barra di ricerca di B-Social; il profilo di Alexandre fece capolino nel menù a tendina quasi immediatamente.
    In quel momento Lazar si sentì molto affine a Light Yagami o qualunque altro sociopatico di anime o serie TV che, dopo tanto tribolare, finalmente ottiene ciò che desidera. Nel suo caso si trattava di una strada convenzionale per poter affermare di conoscere una persona.
    «Trovato!» alzò gli occhi al rosso, prendendosi un attimo per individuare qualunque traccia di pentimento sul suo volto, ma senza trovarne. Allorché il suo sorriso, praticamente immortalato, perse qualunque sintomo di insicurezza. «Allora ti aggiungo.»
    “Grazie per avermi dato il permesso di entrare.”
    Nel giusto contesto sarebbero state parole adatte a un vampiro che mette al muro la vittima. Non ci avevano addirittura fatto un film con quel titolo? La den rette komme inn?
    Le porte erano ormai aperte da un po’ e a breve si sarebbero richiuse, sancendo il definitivo ritardo di Alexandre. Il loro secondo incontro si concludeva specularmente al primo, con Lazar lasciato indietro e Alexandre che si allontanava a passo spedito.
    «Buona giornata!» Lazar fece immediatamente un passo indietro, regalandogli spazio per sfrecciare attraverso il vagone - se voleva fare una buona impressione fino in fondo doveva assecondarlo finché non si fossero separati in maniera definitiva, e i piccoli gesti erano quasi sempre un metodo efficiente e discreto di accattivarsi la simpatia delle prede.
    Lo salutò sventolando la mano libera prima che uno strattone gli ricordasse che era meglio la usasse per reggersi. Quei pochi secondi bastarono a cancellare la figura di Alexandre dalla banchina, lasciando Lazar da solo.
    Quando la metropolitana raggiunse la sua fermata, Lazar rimise piede per terra con le cuffie già nelle orecchie e una chiamata avviata: sul display capeggiava il nome di Rodion.
    «Scusa se ti ho svegliato.»
    Niente da fare, non riusciva neanche a modulare la voce per dare l’impressione che andasse tutto bene; all’altro capo della cornetta, difatti, bastò quello per allarmare Rodion.
    «No, no, sto bene! Il fatto è che, come dire, volevo un parere su una cosa. Credo, e sottolineo credo… di essere nella zona grigia delle regole.»

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