Lone Tower in the West

[CONCLUSA] Ryūji Yamazaki & Makoto Hirase | Shinjuku, Underground - 19/10/2021 NIGHT

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    Alla replica che ricevette dell’altro, Makoto scoppiò a ridere sommessamente. Per lui, tutto sommato, quella situazione non era poi tanto diversa da una rissa al bar, o nei vicoli lontano da occhi indiscreti dei passanti. L’unica differenza era che era il livello di controllo richiesto, e il livello di sicurezza adoperato per far si che niente andasse imparabilmente storto. In fondo, era ovvio a tutti che stavano giocando con il fuoco per il loro personale divertimento.
    Ricambiò quindi l’occhiataccia dell’altro con una semplice alzata di sopracciglia e un sorriso sornione sulle labbra, sempre divertito da tutto quella. Non si sorprese quando l’altro andò a parare il suo pugno deviandolo, anzi sarebbe stato più sorpreso se non lo avesse fatto. Un pugno in faccia non voleva prenderselo nessuno, specialmente se sei umano e non hai una sovrannaturale rigenerazione anti-lividi. Gli sarebbe dispiaciuto, alla fin fine, se tutto fosse finito troppo in fretta, sentiva che poteva resistere ancora per svariati secondi. Ne era convinto.
    Le urla d’incitamento arrivarono anche alle sue orecchie ma non ci prestò molta attenzione, non particolarmente interessato all’avanzamento di quel cronometro. Battere il suo record non era mai stata la sua priorità, anche se con qualcuno che non lo conosceva bene sarebbe probabilmente stato più facile. Qualcuno che ancora non conosceva ogni sua mossa. Il problema lì sotto era che ad una certa ci si iniziava a conoscere troppo bene, per cui il cercare di essere il meno prevedibili possibile era una skill che bisognava masterare.
    Invece, non distolse nemmeno per un istante lo sguardo da Corax, andando a borbottare con un ghigno un «Cos’è? Una dichiarazione? Vuoi essere così tanto il mio principe azzurro?». Quelle parole erano una presa in giro bella e buona, non c’era altro modo per interpretarle e Makoto lo sapeva bene. Quel che voleva era una qualsiasi reazione da parte sua.
    Quando Corax attuò la sua mossa Makoto era pronto, pronto a reagire come meglio poteva. Il ghoul aveva optato per tirargli un altro calcio, sempre diretto al punto che aveva colpito poco prima. Se ci fosse riuscito, sapeva bene che quel colpo gli avrebbe fatto ancora più male di prima. Con tutta probabilità un livido si era già formato nella stessa area e anche se al momento non gli faceva particolarmente male, sapeva che ben presto, quando l’adrenalina sarebbe scesa, avrebbe iniziato a sentire ogni botta.
    Senza perdere altro tempo, Makoto si buttò di lato, nel tentativo di evitare il colpo non essendo comunque stato bloccato in altro modo, mettendo invece distanza tra loro due tirandosi ancora un po’ più indietro, quasi al bordo del ring. Non fece altro, prendendo a camminare lateralmente, lo sguardo nocciola sempre puntato sulla figura dell’altro. In attesa, anche perché il cambio di espressione al clamore del pubblico non gli era sfuggito.
    «Oh~ io ti prendo molto seriamente» disse invece, in un tono sufficientemente alto per farsi sentire.
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    Per Ryuji, invece, quella era molto diversa da una rissa da bar. Forse perché in principio non era il tipo di persona che si metteva a far scoppiare le risse nei bar, preferendo andarci per bere, ascoltare musica o - nel peggiore dei casi - rimorchiare.
    Dopotutto il ghoul faceva parte di quella numerosa fetta di popolazione giovanile che si atteggiava tanto a "cattivo ragazzo" e se la tirava di conseguenza salvo poi non aver mai picchiato nessuno in vita sua. O meglio, non per un fine che fosse egoisticamente violento e non orientato al doversi procacciare la cena. E anche lì era una verità che faceva un po' acqua perché spesso le sue prede tendevano ad essere morte prima di avere la possibilità di protestare.
    Per arrivare a dichiararsi al suo avversario su un ring interrato nella ventiquattresima circoscrizione, tuttavia, doveva proprio essere arrivato alla frutta. Della serie che non riusciva a vincere lo scontro manco facendo uso di tutta la sua forza fisica e allora non gli restava altra scelta che vendere il suo corpo. E non fraintendiamoci, aveva assolutamente zero problemi con l'idea di vendersi, perché ad essere onesti c'era da ammettere che lo aveva già fatto, ma vedeva improbabile un simile esito, a meno che il Boss in persona non scendesse sul ring. Ma in quel caso era sicuro che se ne sarebbe fatto poco anche del suo corpo con dichiarazioni d'amore annesse, ecco.
    Quindi no, Deepcolor per il momento non aveva molte chance.
    «No, ma posso essere il tuo principe color cobalto, se vuoi.» ribatté, a tono, delicato quanto un martello pneumatico alle cinque di mattina.
    Il moro schivò il calcio abbastanza agilmente, ritirandosi verso il fondo della gabbia come un topolino inseguito da un gatto. Ironico, considerato le rispettive stazze, che fosse Ryuji a giocare la parte del gatto. Un gatto inseguito a sua volta dai secondi rossi del cronometro che lo separavano dalla sua promessa di soldi.
    Ryuji si sgranchì le nocche ed osservò Makoto cominciare a camminare a semicerchio.
    Aveva l'audacia di rispondergli così, eh?
    Fatti suoi, tra molto poco avrebbe avuto solo il fiatone.
    «Ora prendi anche qualcos'altro.» asserì.
    E no, signori. Per una volta, non era un doppio-senso.
    La folla abbaiò di nuovo, inferocita. Probabilmente si divertivano a vederli e a sentirli - chi poteva - battibeccare. Il corvino lanciò uno sguardo ad Hoshi. Non sembrava avere intenzione di fermarli in anticipo, quindi Ryuji lo prese come un via libera: si lanciò verso il ring e colpì. Teso, un primo pugno, diretto e rivolto alla parte inferiore del viso di Makoto, già coperto da cicatrici e taglietti che sembravano fatte apposta per istigare la vena sadica dei ghoul.
    Ormai conosceva la resistenza di quella gabbia e aveva le nocche fasciate, quindi anche se Makoto si fosse spostato e lui avesse finito per colpire l'acciaio, non si sarebbe fatto niente e quella non si sarebbe danneggiata. Se lo avesse preso bene, ma se il ragazzo si fosse spostato, Ryuji non gli avrebbe lasciato un attimo di respiro. Mancato il primo o il secondo che fosse, avrebbe seguito a tentare di colpirlo con una sequela di cazzotti a raffica, per lo più diretti all'addome, ai fianchi o a dove si sarebbe presentata l'occasione per colpirlo, fino a che non lo avesse effettivamente offeso. Più che fargli male, il suo scopo era quello di stancarlo e non lasciargli tempo di recuperare. Una volta che lo avesse visto abbastanza provato, gli avrebbe dato il colpo di grazia, lo avrebbe steso a terra, il ragazzo non si sarebbe rialzato e lui avrebbe vinto con un bel margine di addirittura cinque secondi.
    Meraviglioso, no?
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    Ed eccola lì, una reazione l’aveva infine ottenuta. Che fosse stato per la sua battuta o data dalla frustrazione che l’altro stava forse provando per l’inusuale resilienza dell’umano, a conti fatti non gli importava poi molto. Gli importava molto di più che Corax ci stesse mettendo ancora più impegno nel provare a buttarlo giù. Gli ultimi istanti erano quasi sempre quelli più intensi.
    Quel primo pugno diretto proprio al suo viso sfregiato lo vide arrivare chiaramente per cui, almeno quello, riuscì ad evitarlo senza troppi problemi. Non appena il rumore del pugno che incontrava la recinzione che aveva avuto dietro di sé arrivò alle sue orecchie, forte e chiaro come la forza che il ghoul ci aveva messo dietro, si spostò di nuovo lateralmente evitando di striscio il pugno successivo. Tuttavia, Corax non sembrava affatto intenzionato a lasciargli un attimo di respiro, di lasciarlo recuperare. Ma Makoto non desistette, con tutta l’intenzione di fargli perdere il più tempo possibile. Dopotutto, era il tempo il loro vero avversario. Quando tempo l’umano avrebbe resistito e quanto tempo il ghoul ci avrebbe messo a buttarlo giù con il solo aiuto delle sue stesse capacità fisiche, senza l’uso delle sue naturali abilità speciali.
    Sentiva le urla d’eccitamento del pubblico come fossero lontane, ovattate come se venissero da una stanza accanto. La sua concentrazione era tutta puntata sulla figura più bassa del ghoul con cui si stava scontrando su quel ring. E, a differenza dell’altro, non si era nemmeno ancora mai preoccupato veramente dei numeri che stavano scorrendo sul timer. Sarebbe stata una sorpresa, poi non voleva perdere il focus che aveva su di lui.
    Passarono altri lunghi e incessanti secondi in cui si scambiarono colpi su colpi, alcuni lo presero in pieno ai fianchi e all’addome, uno proprio nello stesso punto su cui era stato colpito all’inizio del round. Nonostante il sudore stesse scendendo dalla sua fronte e i lividi stavano spuntando sulle parti colpite in precedenza, Makoto stava sorridendo con quello che poteva sembrare quasi entusiasmo.
    Tuttavia, ad ogni preciso colpo infertogli, la sua resistenza stava a mano a mano calando. Bastò quindi un ultimo colpo ben assestato, per infine stenderlo. Si era accasciato a terra, cercando di riprendere il respiro ormai più che affannato. Tuttavia, cinque secondi passarono senza che mosse un muscolo o si rialzasse. E in quell’istante, Hoshi fermò quindi il timer che risuonò con uno scampanellio per le pareti di quello spazio sotterraneo insieme ai forti fischi d’eccitazione e al clamore degli spettatori presenti.
    I numeri rossi del timer che stavano lampeggiando, segnavano 47 secondi contati.
    «Ah, peccato» riuscì a borbottare un esausto Makoto quando era infine riuscito a mettersi seduto, lanciando un’occhiata di sbieco a quei numeri. Davvero un peccato, davvero, se solo fosse riuscito a durare per altri 7 secondi avrebbe potuto battere il suo stesso record. Pazienza, c’era sempre una prossima volta.
    «Ahia» gemette poi quando qualcosa andò a colpirgli la testa: era un pacco di ghiaccio che gli era stato lanciato da un sornione Rei che era sceso dalla sua postazione di guardia per andare a recuperarlo e a trascinarlo fuori dal ring e agli spalti per assestare i danni statogli inferti. Non appena Makoto si fu appoggiato alle spalle del biondo ghoul, si girò a salutare Corax con una sventolata di una mano e un leggero sorriso, facendosi infine portare via senza protestare.
    Ora che l’adrenalina era scesa, nonostante la sua tolleranza al dolore fosse più alta del normale, beh, non poteva che sentire chiaramente la fatica e i dolori che si erano accumulati e che aveva bellantemente ignorato fino a quel momento. Beh, almeno il giorno dopo non aveva niente d'impellente da fare, oltre andare a lezione, per cui poteva anche riposarsi e poltrire un po’ per recuperare. Divertito si era divertito quella sera, non poteva di certo negarlo. Dopotutto si era impegnato come suo solito e la conclusione era stata che doveva allenarsi di più, e trovare nuove tattiche per poter avere la meglio, non solo su un ghoul. Sai che noia se tutto sarebbe rimasto uguale, non voleva essere troppo prevedibile.

    ***

    Makoto quasi sobbalzò dalla sorpresa, troppo distratto dall’osservare un Rei che stava pulendo con furia il pavimento del locale sotto lo sguardo divertito di Yumie e degli altri membri dell’Underground Lagoon, quando un freddo bicchiere andò a toccargli una guancia. Lo prese dunque in mano, per poi voltarsi ad osservare la figura del Boss che si era seduto sullo sgabello accanto a quello in cui si era piazzato un po’ dolorante. Makoto spostò poi lo sguardo sul quel bicchierino e quel liquido scuro, un leggero sorriso appagato sulle labbra: quel bicchierino era una ovvia concessione, un modo come un altro per riferirgli anche senza parole che aveva fatto un buon lavoro quella sera. Insomma, per il Boss era ancora un ragazzino, lo stesso che aveva fatto entrare nel locale anni prima, e maggiorenne per lo stato giapponese ancora non lo era.
    «Ah! Non mischiare l’alcol con le medicine!» disse Rei all’improvviso, dopo aver lasciato cadere a terra il mocio e andando a sottrargli dalle mane il bicchiere «Chi sono io, la tua infermiera? Che te lo devo ricordare?» borbottò poi, bevendo lui il contenuto e lanciando un’occhiataccia al Boss che se la stava invece ridendo sotto i baffi. I due non erano partiti con il piede giusto ma rispetto ai vecchi tempi, nel vederli battibeccare, il Boss non poteva che esserne lieto.
    «Uhm~ non è il ruolo che ti ha dato il Boss?» commentò Makoto con uno sbuffo divertito, ricevendo un pizzicotto al fianco come furiosa risposta.
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    Edited by alyë - 22/3/2022, 20:50
     
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    RYŪJI YAMAZAKI
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    Chi troppo vuole, nulla stringe.
    No, non era il motto di Ryuji. Era il proverbio che gli si era appena ritorto contro. Ansante, il petto che si abbassava e alzava ritmicamente su e giù per consentirgli di riprendere fiato, faticava a capire dove avesse messo il piede in fallo. Anche perché quello steso a terra non era lui.
    A segnare la fine del match fu lo scampanellio del timer, immediatamente sovrastato dagli schiamazzi eccitati della folla tutt'attorno. Ryuji se ne rese conto solamente quando Hoshi lo prese per un polso e gli sollevò il braccio verso l'alto per decretarlo vincitore dello scontro.
    Degno di portare il suo nome, Deepcolor non poté far altro che cominciare a tirarsi su lentamente, e il giovane ghoul ebbe proprio bisogno di percepire la salda stretta della loro arbitra per impedirsi di scattare di nuovo a colpirlo in faccia. Era stato così focalizzato sul non lasciare un attimo di pace al suo avversario che il suo autocontrollo ne stava risentendo, lasciando spazio a quella blanda sensazione che era l'istinto.
    Ma era finita.
    E la sua ragione era solo annebbiata dalla stanchezza. Più che fisicamente era stanco mentalmente. Gli fischiavano le orecchie e percepiva il mondo circostante sbiadito e lontano, come se lo stesse osservando da dietro un vetro opaco che non permetteva di distinguere le cose in modo chiaro. Gli sembrava d'aver combattuto nella sua testa per quegli ultimi attimi e quello era il risultato.
    Aveva vinto. Eppure il cronometro segnava quarantasette secondi.
    Di sbieco scorse Zero piombare dall'alto degli spalti come un furbo avvoltoio a raccogliere ciò che rimaneva dell'altro pugile. Fu quello il frangente in cui tornò in sé, tornando a vedere a colori e realizzando di dover scendere a sua volta dal ring. Poi improvvisamente incontrò con lo sguardo il viso sagace di Deepcolor che lo salutava e realizzò.
    Ah. Forse alla fine ci era davvero andato troppo piano.

    [...]

    Una manciata di minuti più tardi, Ryuji era stravaccato a terra, di fianco alla propria borsa, con la schiena poggiata ad una delle luride pareti della galleria sotterranea. Era un'area un po' meno affollata del resto, quella che in gergo chiamavano gli "spogliatoi", ovvero dove i combattenti si preparavano a salire sul ring. Ora era quasi deserta perché gli scontri erano finiti, e rimanevano solo lui e un paio di altri ragazzi che stavano cercando di sbrigarsi.
    Aveva una bottiglietta d'acqua in mano e stava facendo la sua cosa preferita: autocommiserarsi.
    Aveva vinto. Eppure no, aveva perso su tutta la linea.
    L'altra mano nei capelli, non si sentiva così umiliato da... boh, probabilmente da quando i suoi genitori gli avevano bloccato la carta di credito?
    Aveva giocato a fare lo sbruffone e ora?
    Eccolo lì, un ragazzo distrutto dalla vita.
    Più ci pensava più non riusciva a togliersi l'espressione ghignante di Makoto dalla testa. Dubitava che sarebbe mai potuto andare d'accordo con un tipo del genere. Se lo sarebbe rivisto nei suoi incubi che si rialzava all'infinito, non importava quanti pugni gli tirasse.
    Quarantasette secondi.
    Era forse il tempo più lungo che avesse mai fatto!
    Che diavolo!
    Com'era possibile che gli ci volesse davvero così tanto a mandare al tappeto un umano? Stava perdendo colpi?
    Un sospiro scocciato gli sfuggì dalle labbra, ma comunque non si alzò. Tanto non è che doveva tornare a casa, eh.
    E in fin dei conti non era davvero colpa di Deepcolor.
    Era lui stupido che si era lasciato trasportare solo perché dopo un po' aveva trovato un avversario che gli aveva dato un po' di filo da torcere e... beh, rimaneva pur sempre un atleta. C'erano poche cose che davano soddisfazione come trovare qualcuno con cui intrattenere una sfida degna al tuo livello. Anche se Ryuji credeva d'aver dato al massimo il venticinque per cento della sua forza normale, complice non poter usare la kagune e il non poter strafare, era stato quasi come quando era al Dojo con il sensei.
    Per questo gli bruciava da morire!
    Si sentiva uno sfigato, ecco.
    In mezzo a tutti quei pensieri caotici, d'improvviso, una lunga ombra gli oscurò la luce proveniente dai neon più in alto. Il ghoul alzò il viso e lo sguardo topazio si fissò su una familiare sagoma maschile.
    Era Izumi. E ti pareva. Ci mancava solo lui.
    L'umano lo fissò a braccia conserte per qualche secondo, poi sorrise e gli tese qualcosa. Ryuji pensò che fosse una mano per alzarsi - anche se piuttosto che accettarla era pronto a staccargliela a morsi -, ma no. Erano soldi.
    "Ecco dove ti eri rintanato, moscerino."
    «Cosa stai...»
    "Sono i tuoi soldi."
    Ryuji lo guardò senza capire, e abbassando gli occhi dorati sulle banconote si accorse che i soldi erano molti di più di quanto gli aveva promesso all'inizio. Ma aveva perso. Per caso Izumi aveva guardato un altro scontro?
    «Sei stupido? Hai guardato un altro scontro? Ho perso e non ho bisogno della tua pietà, Izumi.»
    "Vero. Ma chi ti ha detto che avevo fatto una solo scommessa? Mi sentivo confidente che Deepcolor non avrebbe battuto il suo record. E non hai idea di quanti soldi io abbia vinto. Nemmeno una scala reale a poker! Sapevo che non mi avresti deluso, quindi te li sei meritati, toh!"
    Ryuji lo guardo sbalordito. Non sapeva cosa dire.
    E non aveva idea che Izumi sapesse giocare a poker.
    «Perché non...»
    Izumi espose un sorriso da schiaffi sulla faccia e intuì la domanda. «Oh dai, non sarebbe stato divertente se te lo avessi detto no?»
    «Ti odio.» replicò il ghoul, senza girarci intorno (non era vero, ma l'importante era crederci), e allungò la mano per agguantare il denaro che l'altro gli stava porgendo, ma quello glieli sottrasse prima che riuscisse ad afferrarli.
    «Ah-ah. Solo se prima prendi questa.» ribatté. E gli tese una mano per alzarsi.
    «Il giorno in cui ti incontro fuori da qui ti stacco la testa a morsi.»
    L'altro ricambiò con un occhiolino. Si vedeva lontano un miglio che non ci credeva, ma resse comunque il gioco.
    «Speriamo che non accada presto, allora.» e strinse la mano del ghoul.
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    Grazie per la role,, mi è piaciuta un sacco **
     
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