L’inverno a Tokyo era freddo. Sembra strano da dire, ma per qualcuno che ha vissuto buona parte della sua vita in un’isola dove la temperatura non scende sotto i 10 gradi, la capitale del Giappone è una città gelata. Takumi non aveva nemmeno mai visto la neve, se non su qualche cartolina o da qualche immagine online, perciò quando quella mattina guardò fuori dalla finestra e notò il paesaggio imbiancato il suo cuore fece un salto di gioia. Scese subito in strada ancora in pigiama, coprendosi con solo un cappotto, e si divertì a giocare con i cristalli bianchi, come un innocente bambino.
Le poche persone che passavano per quella via lo guardavano male oppure cercavano di nascondere le risate per la scena piuttosto buffa. Restò fuori per qualche minuto, tempo necessario affinchè il dolore che il freddo gli stava procurando alle gambe e alle mani non poteva più essere ignorato, e con la stessa fretta con cui era uscito, corse dentro l'abitazione.
Mentre preparava la colazione, notò il foglietto colorato che aveva appuntato al frigorifero, che recitava: “19 dicembre, 15:30, Sunrise Coffee Shop”. Non aveva ancora capito cosa avrebbe dovuto fare a quell’appuntamento, ma era sicuro che si trattasse di qualcosa relativo alla Coltre e sapeva che avrebbe fatto meglio a non mancare. Impostò una sveglia un’oretta prima dell’orario indicato, come ulteriore promemoria, il suo cervello era l’ultima cosa su cui fare affidamento in questi casi.
Non fece molto durante quella mattinata, guardò qualche episodio di varie serie tv sul pc,avvolto nelle coperte del letto, mentre mangiava qualche avanzo di cibo raccolto dal frigo. Lesse anche qualche pagina del suo manuale di informatica, ma lo abbandonò dopo pochi minuti, per dedicarsi ad attività per lui molto più producenti, come ad esempio schiacciare un pisolino sul divano.
Fu il fastidioso trillo della sveglia, che da buon ritardatario cronico aveva già rimandato due volte, a fargli aprire gli occhi. «Cazzo, ma perché mi riduco sempre all’ultimo?»
In pochi secondi era già fuori di casa, correndo verso la stazione della metro. Riuscì ad arrivare con soli 3 minuti di ritardo, e iniziò a guardare all’interno del locale, sperando che qualcuno lo avesse riconosciuto tra i clienti del bar.


«Parlato»
Pensato

Mentre camminava verso la 18°, la mente di Takumi era stracolma di paranoie.
Era il giorno giusto? L’ora era corretta? E se avesse sbagliato il posto dell’incontro?
Le domande continuavano ad assillarlo, ma d’altronde un po’ d'ansia quel giorno poteva concedersela. La Coltre aveva deciso di promuoverlo da recluta a membro effettivo, ma non si aspettava che avrebbero fatto una cerimonia. “Speriamo che accettino una felpa come vestito adatto”. Ficcò le mani nelle grandi tasche, chi avrebbe mai immaginato che avrebbe avuto tanta agitazione? Neanche un esame riusciva a smuoverlo così tanto. Si era dimenticato a casa gli auricolari, inveì contro sé stesso per quella dimenticanza, in quel momento la musica gli avrebbe alleggerito di certo il carico di pensieri.
Continuò a camminare con passo spedito,finché non giunse al luogo stabilito, uno dei bunker dell’associazione, nascosto in un vicolo apparentemente deserto, che aveva anche un’aria un po’ lugubre. Il posto non era una novità per lui, aveva già svolto qualche lavoretto lì, perciò andò senza esitazioni verso l’entrata.
Nella stanza, qualche ghoul stava ancora svolgendo il proprio incarico e Takumi iniziò a guardarsi intorno, nel tentativo di riconoscere la persona con cui si sarebbe dovuto incontrare. Una figura gli si avvicinò, era una ragazza, riconobbe dalla voce, dopo che lo ebbe salutato, e dalla piccola parte di viso rimasta scoperta.
Gli riservò un piccolo benvenuto, con qualche coriandolo e battito di mani, cosa che riuscì a sollevare non poco l’umore di Takumi, che si lasciò sfuggire un sorriso entusiasta.
«Grazie! Bah, non mi sembra cambiato molto»
Aveva tirato un gran sospiro di sollievo scoprendo che, almeno per adesso, non lo attendeva una pomposa cerimonia. Prese in mano gli oggetti che gli erano stati passati, fermandosi ad osservare la spilla dai bordi azzurri. “Carina, sembra quasi la nuvola del cloud"
«Per l’alias…mmh…mi piace il nome Kurage!»
Gli venne subito alla mente e sapeva che se ci fosse stato troppo tempo a pensarci avrebbe rischiato solo di essere eternamente indeciso tra una sfilza innumerabile di soprannomi.
Il nomignolo per lui non aveva alcun significato, se non quello dell’immagine di una medusa appunto. Stranamente lo trovava perfetto, gli ricordava la sua isola natale.
«Oh sì, grazie. Volevo chiederti qualcosa a proposito della cerimonia, tipo quando sarà, cosa devo fare, eccetera »
Si mangiò qualche parola, tanto veloce fu a pronunciare la frase, ma il pensiero di affrontare quella sorta di rito, gli stava facendo tremare le gambe.


«Parlato»
Pensato

Rise compiaciuto quando Swan accettò il suo invito, il fatto che lei non avesse rifiutato gli aveva alleggerito almeno un po’ il suo carico di preoccupazioni. Sarebbe stata piuttosto stravagante come amicizia, se mai ne fosse nata una, non conoscevano nemmeno i loro nomi, o meglio solo lei ne era a conoscenza. Ma il ragazzo non si era mai spaventato di fronte a delle imprese, soprattutto se prevedevano una lauta ricompensa come un amico in più, e considerando la sua cerchia sociale, anche una sola persona poteva fare la differenza. Per lui non era mai stato complicato stringere legami, ma trasferendosi in una grande metropoli come Tokyo si era accorto che le cose erano molto diverse rispetto alla piccola isola di Okinawa. La gente nella capitale sembrava così irreale, quasi robotica, fiumi di persone che scorrevano sulle strade, concentrate solamente a camminare più velocemente possibile per non arrivare in ritardo a qualche impegno. Era una delle cose che rimpiangeva della sua isola natale, la calma e l’armonia che c’era nella città di mare.
Dopo che Takumi si complimentò con lei per la bellezza dei suoi scatti, la ragazza iniziò a farfugliare un poco, probabilmente per l’imbarazzo causato da una frase tanto elogiativa.
Takumi sorrise appena sotto il tessuto, la ragazza gli dava una sensazione quasi di tenerezza, fin dall'inizio aveva capito che Swan non se la cavava egregiamente in eventi sociali, gli sarebbe piaciuto poterla vedere parlare serenamente, senza timori.
«Beh, sono sicuro che sarà mozzafiato, si vede che sei davvero ferrata in questo campo, e chissà magari un giorno sarai famosa per le tue foto!»



«Parlato»
Pensato